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Argomenti di diritto processuale civile (Paolo Biavati), Dispense di Diritto Processuale Civile

Capitolo V (La tutela cautelare)

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 20/10/2021

MattiaAntonio.Salerno
MattiaAntonio.Salerno 🇮🇹

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Scarica Argomenti di diritto processuale civile (Paolo Biavati) e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! CAPITOLO V LA TUTELA CAUTELARE 89. La tutela cautelare in generale. LA TUTELA CAUTELARE NELLA POLITICA DELLA GIUSTIZIA CIVILE. Negli ordinamenti processuali contemporanei è indispensabile approntare_ meccanismi di tutela urgente dei dritti, e ciò dipende dalla realtà del mondo economico di oggi, che richiede tempi di intervento e decisione rapidi, dipende anche dalla domanda della società civile, che tende non tanto ad ottenere pronunce con effetti di stabilità definitiva, quanto piuttosto a conseguire forme di utilità immediata, e dipende infine dal minimo effetto di deterrenza dall’azione giudiziaria quando si prospetta la possibilità di una pronuncia in tempi lunghissimi. Per questi motivi ha acquisito sempre più importanza la tutela cautelare, che ha subito un’accentuazione nella seconda metà del’900. Il codice del 1942 NON aveva dotato la tutela cautelare di adeguate garanzie di procedimento, poiché si pensava che essa potesse avere solo una funzione residuale. Non veniva per questo, ad esempio, offerta alle parti una possibilità di revisione della valutazione del giudice, e il provvedimento urgente poteva quindi essere rivisto solo al termine del giudizio di merito, dando così un grosso vantaggio strategico a chi ne otteneva la concessione. Venne allora emanata la legge n. 353 del 1990, con la quale si introdusse un procedimento uniforme ad hoc per regolare le misure cautelari, disciplinato dagli artt. 669 bis e 669 quaterdecies c.p.c. Con questa riforma si attribuì la competenza a decidere sulle misure cautelari al giudice del merito, e si istituì un meccanismo di controllo e di flessibilità del provvedimento cautelare, che diventato oggetto di reclamo immediato e sempre revocabile in presenza di nuove circostanze. Rimaneva invece organizzato secondo le disposizioni tradizionali il rapporto tra le misure cautelari e il giudizio di merito, infatti qualora il provvedimento cautelare non fosse stato seguito dapprima dall’instaurazione del giudizio di merito entro un termine perentorio, e poi da una pronuncia favorevole, era destinato a perdere efficacia. È però diventata sempre più forte la richiesta di liberare ad alcune condizioni il provvedimento urgente dalla necessità di instaurare la causa sul merito, e questo per ragioni pratiche date dal fatto che il successivo accertamento di merito era destinato a formarsi dopo molti anni, e non di rado restava dunque privo di utilità per le parti, che erano obbligate a continuare la lite su questioni già definite. Per questo, con la legge n. 80 del 2005 si è introdotto nel sistema italiano la figura delle misure anticipatorie, idonee a conservare la loro efficacia a prescindere dall’instaurazione di un successivo processo sul merito. Questo privilegio accordato alla tutela d'urgenza incontra però un’obiezione relativa al fatto che /a tutela urgente NON può essere accordata per tutti i diritti, ma solo per alcuni di essi, ossia quelli che verrebbero compromesso in modo irrimediabile nell'attesa della decisione del giudice secondo le regole ordinarie, e dunque se tutte le posizioni giuridiche collegati ai diritti fondamentali della persona possono trovare protezione, non si può dire la stessa cosa dei diritti patrimoniali, la cui tutela è limitata, e rispetto alla quale può normalmente ritenersi che il diritto leso sia passibile di risarcimento economico per equivalente. Dal momento che ne risulta una tutela differente, contraria all'art. 24 Cost. (per il quale tutti i diritti vanno tutelati senza distinzioni di alcun tipo), si deve auspicare una giustizia veloce per tutti e il superamento della tutela cautelare come unico percorso di tutela giurisdizionale rapida. In quest'ottica, accanto alla tutela cautelare hanno preso corpo: * Iutele sommarie: il procedimento in camera di consiglio su diritti; * Tutele semplificate: come il nuovo procedimento ex artt. 702 bis ss. c.p.c.. TUTELA CAUTELARE E ACCERTAMENTO DI MERITO: STRUMENTALITA' E PROVVISORIETA'. La tutela cautelare ha lo scopo di garantire lo status quo, per assicurare il buon esito della successiva decisione del giudice di cognizione o del processo esecutivo, ed essa dunque deve soltanto dare un assetto provvisorio al rapporto (infatti non si propone di conseguire un accertamento). La tutela cautelare è dunque strumentale rispetto al merito, poiché ha l’obiettivo di garantire che il risultato dell’azione che verrà poi spiegata non venga nel frattempo vanificato. La tutela cautelare, inoltre, non vuole naturalmente arrivare ad un risultato definitivo, ma solo, come si è detto, ad organizzare un assetto di interessi temporaneo e provvisorio. LA TUTELA ANTICIPATORIA. Le misure provvisorie possono dare luogo, fin dal momento della concessione, ad un risultato equivalente (ma mai superiore) a quello che si otterrebbe con un giudizio di merito, e sotto questo aspetto le misure cautelari si dividono in misure conservative e misure anticipatorie: * Provvedimenti cautelari conservativi: (es. sequestro conservativo) sono quelli che NON consegnano, a chi li abbia ottenuti, l'utilità finale della domanda giudiziale, ma solo un'utilità strettamente strumentale (che quindi non può essere autonoma rispetto ad un successivo accertamento di merito). Colui che ottiene il sequestro non soddisfa direttamente il suo credito, ma ha la certezza che, a pronuncia di condanna conseguita, i beni del debitore non sfuggiranno all'esecuzione forzata: * Provvedimenti cautelari anticipatori: (es. quelli che inibiscono il compimento di un'attività materiale lesiva per il soggetto istante) quelli che attribuiscono a chi li ha ottenuti un’utilità finale, ma provvisoria e che suppone una conferma di merito (e Il giudice, per ogni misura cautelare, deve dare: 1. Giudizio di ammissibilità: idoneità astratta di una data domanda cautelare a raggiungere lo scopo voluto 2. Giudizio di merito: idoneità concretaNOZIONE DI SEQUESTRO 90. / sequestri. LA NOZIONE DI SEQUESTRO. | sequestri sono i più tradizionali fra i provvedimenti cautelari tipizzati. Sequestro significa che un determinato bene è provvisoriamente sottratto alla disponibilità giuridica di un soggetto, per essere custodito da terzi, in attesa di una pronuncia di merito sui rapporti che ineriscono a quel bene o dell'attuazione di un procedimento esecutivo. Colui che subisce il sequestro (sequestrato) NON perde i suoi diritti su quel bene; colui che ottiene il sequestro (sequestrante) NON può soddisfarsi su quel bene. Si tratta di un equilibro instabile destinato a rompersi a favore dell'una o altra parte quando interverrà un efficace atto giurisdizionale di cognizione o di esecuzione. Il c.p.c. distingue tre forme di sequestro: 1. il sequestro giudiziario 2. il sequestro conservativo 3. il sequestro liberatorio IL SEQUESTRO GIUDIZIARIO. Solitamente si afferma che con il sequestro giudiziario si intende assicurare la fruttosità del futuro giudizio di cognizione. In realtà questo mira ANCHE alla realizzabilità della successiva esecuzione in forma specifica (e specialmente per consegna). L'art. 670 c.p.c. prevede che il giudice possa autorizzare il sequestro giudiziario: 1. dibeni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea. Allude alle situazioni di diritto sostanziale (azione di rivendica, di petitoria hereditatis, di riduzione ecc) in cui due o più soggetti siano in lite circa l'attribuzione di determinati beni e sia necessario compiere un'attiva opera di gestione (nel caso di un'azienda contesa, è essenziale, nell'interesse di chiunque vinca, che l'azienda continui a lavorare in modo efficace). 2. dilibri, registri, documenti, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto all'esibizione o alla comunicazione ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea. Concerne i casi in cui si deve conservare, determinati documenti importanti per la loro funzione probatoria. È richiesta l'esistenza del fumus e del periculum. Nel sequestro giudiziario è opinione prevalente che quest'ultimo requisito sussista quando appaia l'opportunità di custodire i beni, a motivo che vi sia in concreto la possibilità che si determinano situazioni tali da pregiudicare l'attuazione del diritto controverso. Tuttavia, la valutazione del giudice della cautela deve tenere conto se appaia verosimile o l'alienazione o la sottrazione dei beni o il perimento o l'alterazione dei medesimi anche per cattiva gestione di chi li detiene. Nel disporre tale sequestro il giudice (art. 676 c.p.c.) nomina sempre un custode, stabilendo i criteri e i limiti dell'amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a rendere più sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti, per assicurarsi che al termine della lite il bene sarà a disposizione del vincitore nelle migliori condizioni possibili. Per questo, il giudice può anche nominare custode quello dei contendenti che offre maggiori garanzie e dà cauzione. Il custode della cosa sequestrata ha gli obblighi e i diritti previsti dal terzo libro del codice civile per il custode dei beni pignorati. IL SEQUESTRO CONSERVATIVO. Il sequestro conservativo è orientato a proteggere una futura esecuzione per espropriazione. Secondo l'art. 2905 c.c., il creditore può chiedere il sequestro conservativo dei beni del debitore, precisando che il sequestro può essere chiesto anche nei confronti del terzo acquirente dei beni del debitore, qualora sia stata proposta l'azione per far dichiarare l'inefficacia dell'alienazione. Ciò è concretizzato dall'art. 671 c.p.c. in base al quale il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento. Quindi tale sequestro è strettamente legato ad un futuro pignoramento di cui rappresenta una sorta di anticipazione. L'art. 686 c.p.c. razionalizza tale legame disponendo che i/ sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento in cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva e che se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata. Anche gli effetti del sequestro sono parametrati su quelli del pignoramento. Una volta attuato il sequestro, infatti, non sono opponibili al creditore sequestrante le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto la cosa sequestrata (art. 2906 c.c.). La differenza però è importante perchè mentre nel caso del pignoramento il creditore agisce sulla base di un accertamento ottenuto, vale a dire il titolo esecutivo, nel caso del sequestro agisce sulla base di un provvedimento cautelare e provvisorio. La diversa natura e funzione dei due sequestri si riflette sulle modalità della relativa esecuzione (cui si rimanda): * sequestro giudiziario si esegue nelle forme dell'esecuzione specifica per consegna o rilascio (art. 677 c.p.c.) * sequestro conservativo segue le regole dell'esecuzione per espropriazione (art. 678 e 679 c.p.c.). È comune ai due sequestri l'art. 675 c.p.c. secondo cui “il provvedimento che autorizza il sequestro perde ogni efficacia se non è eseguito entro 30 giorni dalla pronuncia”. Se la cosa sequestrata è deteriorabile può essere venduta. Si deve notare come nel sequestro la strumentalità rispetto al merito è totale, nel senso che non esiste alcun interesse autonomo del sequestrante ad un indefinito protrarsi del tempo con stabilizzazione degli effetti, del sequestro ottenuto. In relazione al procedimento cautelare uniforme, il sequestro conservativo contiene una disposizione ulteriore, speciale rispetto alle regole generali sulla revoca. Infatti, il sequestro conservativo può essere revocato da giudice su istanza del debitore, con ordinanza non impugnabile, se il debitore presta idonea cauzione per l'ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate (art. 684 c.p.c.): infatti, se il debitore ottiene ad esempio un'idonea garanzia bancaria, con l'impegno di un istituto di credito a pagare al creditore la somma per cui è causa in caso di sentenza a sé sfavorevole e favorevole per il creditore, non solo non vi è ragione per il creditore di ottenere la garanzia cautelare, ma si ottiene anche lo scopo di evitare una futura esecuzione forzata sul bene sequestrato con immediata monetizzazione del credito. IL SEQUESTRO LIBERATORIO. Il sequestro liberatorio è regolato dall'art. 687 c.p.c. secondo cui il giudice può ordinare il sequestro delle somme o delle cose che il debitore ha offerto o messo a disposizione del creditore per la sua liberazione, quando è controverso l'obbligo o il modo del pagamento o della consegna, o l'idoneità della cosa offerta. Come è noto il debitore può liberarsi dalla propria obbligazione mediante l'offerta reale. Tuttavia, ciò suppone che il debitore si riconosca tale. Può invece accadere che il (presunto) debitore pur ritenendo di non dover adempiere o di dover adempiere secondo certe modalità, voglia tutelarsi di fronte al rischio di una futura soccombenza o conseguenze di essa. Di qui, l'interesse a che somme di denaro o beni siano sequestrati, in attesa del compimento dell'accertamento giudiziale sulla materia controversa. * l'esposizione sommaria delle domande e delle eccezioni alle quali la prova è preordinata. Il presidente del tribunale o il giudice di pace fissa, con decreto, l'udienza di comparizione delle parti, stabilendo il termine perentorio per la notificazione del decreto (art. 694 c.p.c.). All'udienza, il presidente o il giudice di pace, assunte, quando occorre, sommarie informazioni, provvede con ordinanza NON impugnabile e, se ammette l'esame testimoniale, fissa l'udienza per l'assunzione e designa il giudice che deve procedervi; se dispone l'accertamento tecnico preventivo, nomina il consulente tecnico e fissa la data per l'inizio dell'espletamento delle operazioni (art. 695 c.p.c.). Come in ogni procedimento, è ragionevole supporre che vi sarà una controparte, che contesterà qualcuno dei presupposti per l'assunzione dell'istruttoria preventiva: vuoi l'urgenza, vuoi la rilevanza nel futuro giudizio, vuoi la stessa ammissibilità della futura domanda. Perciò all'udienza di comparizione, in contraddittorio, il giudice dovrà valutare se dare corso o no all'incombente istruttorio. In caso di eccezionale urgenza, il presidente del tribunale o il giudice di pace, può ammettere l'espletamento della prova con decreto inaudita altera parte; in tal caso può nominare un procuratore, che intervenga per le parti non presenti all'assunzione della prova, del cui espletamento dovrà poi essere data notificazione a queste ultime (art. 697 c.p.c.). Se l'attività di istruzione preventiva viene ammessa, essa si svolge sotto il controllo del giudice e, per quanto possibile, nel rispetto delle norme del c.p.c. sull'assunzione delle prove nel giudizio ordinario, ma senza ulteriori sbocchi. Si otterrà la verbalizzazione delle deposizioni del testimone o la relazione peritale del consulente. Questo materiale non è destinato ad avere vita autonoma, ma ad essere poi utilizzato nel successivo giudizio. Circa l'utilizzabilità di tali materiali nel giudizio di merito, tuttavia, secondo l'art. 698 c.p.c. l'assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza e non impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito. Inoltre il codice precisa che i processi verbali delle prove non possono essere prodotti, né richiamati, né riprodotti in copia nel giudizio di merito, prima che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili in quella sede. Tutte queste precisazioni vanno lette sotto il principio di ragionevole durata (es. se una prova è stata assunta in contraddittorio, è molto difficile ammettere la sussistenza di ragioni che ne giustifichino la rinnovazione). Inoltre così come le altre misure cautelari, anche l'istruzione preventiva può essere proposta in corso di causa. In questo caso, il problema di dimostrare il raccordo con una causa futura non esiste e anche la valutazione di rilevanza è più semplice perchè affidata al giudice del merito. Semplicemente può accadere che si presenti una situazione d'urgenza, di quelle sopra descritte, prima che l'assunzione della prova possa aver luogo nell'iter normale del processo. L'art. 699 la prevede anche nel caso della sospensione o dell'interruzione del processo, cioè fasi processuali in cui non può essere svolta l'attività: il giudice, in contraddittorio, pronuncia con ordinanza. LA CONSULENZA TECNICA PREVENTIVA. La consulenza tecnica preventiva ai fini di conciliazione della lite è un’altra modalità di impiego dell'anticipazione che si colloca fuori dalla tutela cautelare in senso stretto. Essa è regolata dall'art, 696-bis c.p.c. introdotto con riforma 2005. In base al 1 comma, l'espletamento di una consulenza tecnica preventiva può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di urgenza di cui al 1 comma dell'art. 696 ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede con modalità analoghe a quelle previste per la nomina del consulente nell'ambio dell'accertamento tecnico preventivo. Il consulente prima di provvedere al deposito della relazione, tenta la conciliazione delle parti. In forza del comma S se la conciliazione non riesce ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito. LA CONSULENZA TECNICA PREVENTIVA FRA ACCERTAMENTO DEI FATTI E CONCILIAZIONE. Il nodo principale sulla natura della consulenza tecnica preventiva discende dalla sua connotazione bifronte; da un lato, metodo di istruzione preventiva e dall'altro istituto che tende a facilitare la conciliazione della lite. AI riguardo, è necessario stabilire quale finalità sia quella prevalente ed essenziale, e quale, invece, sia eventuale e accessoria. In primo luogo, la sua collocazione sistematica: l'articolo rientra nella sezione 4 del capo 3 del titolo 1 del codice rubricata “dei procedimenti di istruzione preventiva”. In secondo luogo la norma dice con chiarezza che l'espletamento di una consulenza tecnica può essere richiesto "ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito": il testo della norma pone come finalità della consulenza non la conciliazione, ma l'accertamento e la determinazione dei crediti. Inoltre, il 1 comma dice che "il consulente prima di provvedere al deposito della relazione, deve tentare ove possibile la conciliazione". Ora, la conciliazione viene tentata “ove possibile” e ne discende che l'impossibilità di giungere alla conciliazione può dipendere solo da atteggiamenti soggettivi delle parti dato che l'esperibilità della consulenza non può abbracciare diritti indisponibili. Ne segue che la conciliazione, ancorché auspicabile, non è un esito necessario del procedimento. Si aggiunga che la norma prevede che il consulente deve tentare la conciliazione prima di provvedere al deposito della relazione: quindi ciò implica che il consulente abbia già effettuato la sua attività accertativa e valutativa e predisposto la relazione, quanto meno in pectore: e solo a questo stadio, in possesso degli elementi necessari, che appunto, ove possibile, si può tentare la conciliazione. Infine, se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito: da ciò deriva che la conciliazione può anche non riuscire e nonostante ciò l'attività del consulente mantiene efficacia tanto da poter essere acquisita nel processo che ne dovesse seguire. Da tutto ciò deriva che la finalità conciliativa è presente ma eventuale. Si aggiunga, inoltre, che in caso di accordo tra le parti, si forma processo verbale della conciliazione, a cui il giudice attribuisce efficacia di titolo esecutivo ai fini dell'espropriazione e dell'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. LE CONDIZIONI DI AMMISSIBILITÀ DELLA CONSULENZA TECNICA PREVENTIVA. Un esame in limine circa le condizioni di ammissibilità di un ricorso per consulenza tecnica preventiva da parte del giudice (il presidente del tribunale) a cui è rivolta l'istanza è doveroso. 1. Verifica che OGGETTO della consulenza sia ciò che è previsto dalla norma. Quindi l'accertamento e la relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. 2. Verifica del COLLEGAMENTO tra consulenza e giudizio di merito: da un lato è evidente che il processo non potrebbe mai nascere per varie ragioni (es. per effetto dell'intervenuta conciliazione; o perché un qualsiasi altro elemento emerso dall'indagine preventiva potrebbe indurre il potenziale attore a non proseguire), dall'altro la relazione del consulente deve poter essere utilizzabile in un giudizio civile tra le parti in questione (ferma restando l'ovvia inopponibilità ai terzi). Si deve trattare di un giudizio che rientri nella giurisdizione del giudice ordinario. Un'istanza volta ad ottenere l'espletamento di una consulenza tecnica preventiva non è ammissibile quando la giurisdizione sulla lite appartenga al giudice amministrativo, o ad un giudice straniero o nel caso in cui il giudizio di merito sia governato da un patto di arbitrato. Occorre poi prendere in esame una tesi, diffusa nella prassi di taluni uffici giudiziari, che suggerisce l'inammissibilità della consulenza tecnica preventiva quando dall'atteggiamento delle parti non emerga almeno una ragionevole disponibilità a tentare la conciliazione (elevando la conciliazione ad elemento essenziale). Questa tesi è infondata perchè abbiamo detto che l'esito conciliativo è uno sbocco possibile Gli artt. 703 e ss. c.p.c. delineano per le azioni possessorie, un procedimento autonomo, che ricalca la struttura del procedimento cautelare uniforme. Il punto di fondo è qui quello di stabilire il rapporto tra la tutela possessoria urgente e quella di merito. La prima consiste nell'immediata reintegrazione; la seconda nell'accertamento con efficacia di giudicato, della sussistenza del possesso. Su un terzo piano, si pone l'azione petitoria, volta ad accertare il diritto di proprietà. L'orientamento prevalente prima della riforma del 2005 era nel senso della struttura bifasica del giudizio possessorio: ogni azione possessoria supponeva una duplicazione di azione. Dapprima la fase urgente che stabiliva chi per l'immediato, dovesse aver il possesso del bene e poi la fase di merito che doveva accertare chi fosse il legittimo possessore del bene, il cd. merito possessorio. Si trattava però di duplicare il medesimo accertamento, con le stesse prove, ma con effetti diversi. La riforma del 2005, così, non ha eliminato le due fasi ma ha reso eventuale la seconda. Infatti utilizzando il meccanismo della tutela anticipatoria senza necessario successivo giudizio di merito, il legislatore ora prevede che il giudice debba fissare l'udienza per la trattazione (secondo il rito ordinario) del merito possessorio solo se una delle parti ne faccia richiesta (art. 703.4 c.p.c.). La richiesta deve essere formulata entro 60 giorni dal provvedimento che decide sulla tutela possessoria urgente o se proposto reclamo, dalla decisione sul reclamo contro quel provvedimento. Per il resto, l'art. 703 NON si discosta dalle regole comuni. La norma precisa che è competente a conoscere delle azioni possessorie il giudice del luogo in cui è avvenuta la violazione del possesso, che coincide con quello dove si trova il bene immobile, se la questione possessoria concerne, questo tipo di bene. Si applica il procedimento cautelare uniforme in quanto compatibile, e l'ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile, nelle forme del reclamo cautelare. La misura possessoria interinale perde efficacia se viene accertata l'inesistenza del possesso in sede di merito. I RAPPORTI TRA POSSESSORIO E PETITORIO. Con riguardo ai rapporti fra tutela possessoria e le azioni in materia di proprietà, l'argomento è affrontato dagli artt. 704 e 705 c.p.c.: 1. può accadere che mentre è in corso un giudizio petitorio (volto ad accertare la proprietà di un bene) sorga per una delle parti l'esigenza di proporre azioni possessorie, a tutela dello stato di fatto. Le domande possessorie devono essere proposte dinanzi al giudice del petitorio; tuttavia la reintegrazione nel possesso può essere domandata al giudice competente per le domande possessorie (se diverso), che ha il compito di dare i provvedimenti 93. Il temporanei indispensabili, cioè governare il possessorio urgente. Ciascuna delle parti poi può proseguire se crede il giudizio sul cd. merito possessorio dinanzi al giudice del petitorio. Se viceversa, inizia un giudizio possessorio, il convenuto non può proporre a sua volta un giudizio petitorio, finchè il giudizio possessorio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita. L'ipotesi è quella in cui una parte chiede la tutela del fatto del possesso e l'altra si difenda opponendo il suo diritto di proprietà o altro diritto reale, tuttavia, il convenuto può proporre l'azione petitoria se dimostra che l'esecuzione del provvedimento possessorio non può compiersi per fatto dell'attore ovvero se (come da sent. Corte cost. 25/1992) al convenuto ne possa derivare un danno irreparabile. rocedimento cautelare uniforme. LINEE GENERALI DEL PROCEDIMENTO CAUTELARE UNIFORME. Le linee essenziali del procedimento cautelare uniforme sono: Il giudice del procedimento cautelare è tendenzialmente il giudice del merito: in questo modo le decisioni provvisorie sono assunte da chi potrà poi governare il giudizio di accertamento; il procedimento si svolge normalmente in contraddittorio, ma in forme adattate alle esigenze del singolo caso; l'efficacia della misura è diversa se cautelare o anticipatoria: A. Cautelare: occorre una rapida instaurazione del giudizio di merito 8. Anticipatoria: gli effetti si stabilizzano (pur senza dar luogo ad un giudicato). contro il provvedimento è ammessa una forma di riesame detta reclamo: il provvedimento positivo può sempre essere modificato o revocato sulla base del mutamento delle circostanze. Il procedimento cautelare uniforme ha poi un ambito di applicazione ampio, ma NON universale. 1 secondo l'art. 669-quaterdiecis, esso si applica ai sequestri (per i quali rimangono in vita talune disposizioni autonome), alla denuncia di nuova opera e danno temuto, ai. provvedimenti d'urgenza. NON si applica ai provvedimenti di istruzione preventiva salvo l'art. 669-septies (vale a dire la regola per cui la dichiarazione di incompetenza o di rigetto non preclude la riproposizione della domanda) e dopo la sent. Corte Cost. 26/2010 l'art. 669-quinques (con la possibilità di chiedere un accertamento tecnico preventivo quando la controversia deve essere devoluta ad arbitri). 3. si applica poi, in quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal c.c. e leggi speciali e ai procedimenti possessori. Quest'ultima dizione apre ad una serie di problemi perché la definizione di provvedimento cautelare non è data dalla legge e quindi, caso per caso, occorre verificare se un dato istituto non regolato dal cpc rientri o meno nello spazio applicativo delle norme uniformi. DOMANDA CAUTELARE E GIUDIZIO DI MERITO. La domanda cautelare, che ex art. 669-bis si propone con ricorso depositato presso la cancelleria del giudice competente, può essere proposta SIA prima che dopo l'instaurazione della causa di merito. Infatti, il legislatore non spinge la protezione della strumentalità del cautelare rispetto al merito, fino al punto di assicurarsi che l'azione principale sia già stata radicata; però per evitare che la strumentalità sia aggirata, dispone che eventuali misure ottenute al di fuori del giudizio di merito siano caducate, in relazione alle vicende di tale causa. Particolare attenzione è data alla fissazione della competenza. Secondo l'art. 669 ter, “prima dell'inizio della causa di merito, la domanda si propone al giudice competente a conoscere del merito”, (quindi secondo le comuni regole di competenza per materia, valore e territorio), con due precisazioni: 1. se competente per la causa di merito è il giudice di pace, la domanda si propone al tribunale, perchè il legislatore diffida del giudice non togato per questa materia; 2. se poi in relazione alle regole di giurisdizione internazionale ed europea, il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, la domanda si propone al giudice, che sarebbe competente per materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare. Invece ex art. 669 quater, quando la causa di merito è già radicata, la domanda cautelare è proposta dinanzi al giudice del merito, anche qui con qualche precisazione: 1. se la causa pende davanti al giudice di pace, la domanda si propone al tribunale 2. se vi è una sentenza e sono pendenti i termini per proporre l'impugnazione, la domanda si propone al giudice che ha pronunciato la sentenza 3. se la causa pende davanti al giudice straniero, e il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, la domanda si propone al giudice, che sarebbe competente per materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare 4. identica soluzione sub c) nel caso in cui l'azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale, salva l'applicazione del 2 comma dell'art 316 c.p.p. Istruttoria: fermo restando che non variano le regole sull'onere della prova, che vige il principio dispositivo e che non è consentito un ampliamento dei poteri officiosi del giudice rispetto al rito ordinario, il giudice del cautelare può assumere informazioni anche senza il rispetto delle regole che governano l'istruttoria formale: non si dimentichi che l'obiettivo non è accertare il merito, ma è quello di cogliere d'urgenza un dato verosimile. Tuttavia, l'espletamento di un'istruttoria pienamente rispettosa delle regole ordinarie permetterà poi un impiego dei materiali raccolti anche nel giudizio di merito, che va favorita nell'ottica dell'economia processuale. Inoltre non ogni tipo di istruttoria è compatibile con l'urgenza: se il ricorrente chiede l'ammissione di una complessa consulenza tecnica, il giudice dovrà valutare se, dandovi corso, potrà decidere con la necessaria rapidità. Il ricorrente deve vantare un'immediata verosimiglianza del proprio diritto, e se sono necessarie lunghe prove, si può ritenere che questa verosimiglianza non sussista. L'art 669sexies parla di atti di istruzione indispensabili: ciò significa che il giudice può e deve svolgere tanta attività istruttoria quanta è necessaria per decidere, tenuto conto che oggetto dell'indagine non è il merito, ma solo la verosimiglianza del diritto vantato e l'effettiva urgenza. Complessità del procedimento: nel silenzio della legge, la giurisprudenza è orientata ad ammettere l'intervento volontario di terzi, la chiamata di terzi per ordine del giudice, la proponibilità di domande riconvenzionali (quanto meno a condizioni che per esse sia competente il giudice cautelare). Può accadere, inoltre, che si tratti di litisconsorzio necessario e occorra quindi integrare il contraddittorio. Preclusioni: in linea generale, dato il disposto dell'art. 669sexies non si può parlare di applicazione stringente di preclusioni interne al procedimento. La giurisprudenza è ostile all'idea di domanda cautelari nuove all'interno di un cautelare già proposto, ma non si vede perchè non possono effettuarsi le modificazioni consentite nel rito ordinario (fatta salva la compatibilità con l'urgenza nel decidere). Di certo non vi sono preclusioni che dal procedimento cautelare rifluiscano sul successivo giudizio di merito: sia per quanto concerne le domande che per quanto riguarda le prove. Se adesè stato sentito un testimone su una data circostanza nel giudizio cautelare, se ne possono indicare altri, anche sulla stessa circostanza, nel giudizio di merito. Invece, vi possono essere preclusioni che, dal giudizio di merito, incidono sul cautelare, nel caso di una domanda cautelare proposta in corso di causa. IL CONTRADDITTORIO NEL PROCEDIMENTO. Il procedimento uniforme rispetta il contraddittorio. La discussione sulla domanda cautelare avviene in udienza, con la presenza del difensore costituito secondo le regole ordinarie. Vi è però un'eccezione ex art. 669sexies comma 2, ovvero quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento, il giudice provvede con decreto motivato assunte, ove occorra, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a 15 giorni, assegnando all'istante un termine perentorio non superiore a 8 giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza, il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto. La ratio di questa disciplina sta nel fatto che a volte l'urgenza è tale che il provvedimento deve essere emanato prima che la controparte abbia tempo di sottrarsi materialmente ai suoi effetti. Stabilire se e quando il giudice possa prescindere dal contraddittorio per emanare una misura cautelare è questione delicata. Il criterio corretto è quello del bilanciamento di due interessi contrapposti: il diritto alla difesa del convenuto e il rischio che un seppure breve ritardo o la mera comunicazione dell'esistenza di una iniziativa giudiziaria, comportino conseguenze tali da pregiudicare per sempre il diritto del ricorrente. La procedura deve tutelare il diritto sostanziale, tuttavia se il rispetto dello strumento dovesse pregiudicare la garanzia della sostanza occorre poter prescindere anche dal diritto di difesa. Ora data la rilevanza costituzionale del principio del contraddittorio, l'efficacia di un provvedimento reso inaudita altera parte è limitata neltempo. Così entro 15 giorni dall'emanazione della misura deve svolgersi un'udienza, all'esito della quale si avrà una decisione presa con maggiori garanzie. Proprio perchè caratterizzato da una breve efficacia, il decreto emanato senza contraddittorio non è oggetto di autonomo reclamo, mentre sarà reclamabile l'ordinanza che ne segue. Si aggiunga che le modalità di attuazione del contraddittorio appartengono alla discrezionalità del giudice. Infine, un cenno occorre per le situazioni anomale. Certamente il procedimento cautelare si può estinguere: ad es in caso di mancata comparizione delle parti. Peraltro, se neppure il ricorrente si presenta, è chiaro che la domanda potrebbe anche essere respinta per carenza del requisito dell'urgenza. Non dovrebbe essere applicabile la sospensione, che contrasta in ogni caso con la celerità della materia, anche se non mancano i precedenti giurisprudenziali nel senso qui criticato. Non si applicano neppure le norme sull'interruzione, ma il giudice nella sua gestione del contraddittorio, avrà cura di facilitare la piena difesa delle parti. IL PROVVEDIMENTO CAUTELARE. Il giudice, all'esito della cognizione, decide se emettere o no la misura cautelare richiesta. In questa materia si cerca di rendere sempre modificabile l'assetto (provvisorio) di interessi, come regolato dal giudice. In primo luogo, va detto che NON viene qui deciso il merito della causa. Quindi il provvedimento decisorio NON è una sentenza ma un'ordinanza. Quando il provvedimento sia negativo (e cioè la domanda cautelare è respinta), l'art. 669septies prevede che l'istanza possa essere riproposta. Infatti da un lato l'ordinanza di incompetenza non preclude la riproposizione della domanda, dall'altro l'ordinanza di rigetto non impedisce la ripresentazione dell'istanza per il provvedimento cautelare quando si verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove regioni di fatto o di diritto. Se l'ordinanza di incompetenza o di rigetto è pronunciata prima dell'inizio della causa di merito, con essa il giudice provvede definitivamente alle spese del procedimento cautelare. La condanna alle spese è immediatamente esecutiva. Quando il provvedimento è positivo, le relative determinazioni non sono in sé stabili, ma possono essere costantemente corrette. Secondo l'art. 669 decies, il giudice della causa di merito (che deve essere necessariamente avviata, a motivo del carattere strumentale della tutela cautelare) ha un ampio potere di revoca. Inoltre va segnalato l'art. 669 undecies secondo cui con il provvedimento di accoglimento o di conferma o di modifica il giudice può imporre all'istante valutata ogni circostanza, una cauzione per l'eventuale risarcimento dei danni. 94. Misure cautelari e anticipatorie. Ineffiacia e attuazione delle misure cautelari. LA DISCIPLINA DELLE MISURE ANTICIPATORIE. La riforma del 2005 ha modificato molto il sistema del rapporto di strumentalità tra misure urgenti e giudizio di merito. Si affiancano oggi una disciplina comune e una speciale: * Comune:le misure cautelari possono essere accordate sia prima che dopo l'instaurazione della causa di merito. Esse perdono efficacia se la sentenza di merito non le conferma e (nel caso di quelle concesse ante causam) se il giudizio di merito non viene instaurato in un termine fissato dal giudice e comunque non superiore a 60 giorni (art. 669nonies e octies). Ne segue che chi abbia conseguito un provvedimento favorevole deve in ogni caso e laprimaè che la misura urgente NON dà luogo ad un accertamento definitivo sulla controversia e che è sempre possibile per ciascuna delle parti attivarsi per ottenere una pronuncia giurisdizionale, che contrasti o rovesci quella provvisoria, ma stabilizzata dalla legge; e lasecondaè che il provvedimento anticipatorio è privo solo della forza del giudicato ma salvo questo limite, ha ogni altra efficacia possibile. Ad esso vanno riconosciute una valenza storico-persuasiva per altre questioni analoghe o collegate sorte tra le parti; ha forza esecutiva e infine è dotato un effetto di imperatività. Obiettano i fautori della tesi riduzionista che se la parte interessata vuole conseguire queste utilità può farlo a condizione che vinca la causa nel merito. A questa obiezione si può rispondere affermando che la logica del legislatore è quella di offrire al cittadino un risultato spendibile, rispetto al quale corre un solo rischio: che la controparte instauri un giudizio di merito, il cui esito travolga la misura urgente. Però il senso è quello di risolvere un conflitto in modo stabile: è la parte che non accetta l'assetto di interessi che consegue alla decisione anticipatoria a doversi attivare per rovesciarla. Quindi alla luce di ciò, la decisione assunta in sede di cautela non è una pronuncia di minore momento: al contrario, il provvedimento anticipatorio è la verità giudiziaria sulla controversia, anche se si tratta di una verità non definitiva e che potrebbe essere smentita da un giudizio di cognizione piena. Infine l'art 669octies comma 7 prevede che “il giudice, quando emette un provvedimento che qualifica anticipatorio, prima della causa di merito, statuisce sulle spese della fase cautelare”. L'INEFFICACIA DELLE MISURE CAUTELARI. In base all'art. 669octies, quando viene emesso un provvedimento cautelare positivo (nel senso stretto appena visto) è necessario instaurare il giudizio di merito, se la domanda sia stata proposta prima dell'inizio della causa (è ovvio che se la misura è chiesta in un giudizio pendente, il nesso con l'accertamento di merito è garantito). L'ordinanza di accoglimento deve quindi fissare un termine perentorio non superiore a 60 giorni per l'inizio del giudizio di merito. In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di 60 giorni, decorrente dalla pronuncia dell'ordinanza, se avvenuta in udienza, o altrimenti dalla sua comunicazione. La norma poi detta alcune disposizioni specifiche per alcune controversie: e perle controversie individuali relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle PA, escluse quelle devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, il termine decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o in caso di mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, decorsi 30 giorni e nelcaso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi precedenti, deve notificare all'altra parte un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, alla nomina degli arbitri Per quanto riguarda il rapporto tra misure cautelari e arbitrato, il giudizio arbitrale non va necessariamente avviato, in caso di concessione di un provvedimento anticipatorio. Ciò vale anche per l'arbitrato irrituale. Così ne segue che in caso di misura anticipatoria, le parti possono instaurare un procedimento in una controversia governata da un patto di arbitrato irrituale, il cui prodotto è una decisione di natura contrattuale. Ne segue, ancora che si ha una ipotesi di misura anticipatoria radicalmente autonoma, anche senza un successivo processo giurisdizionale di merito, che, nel caso dell'arbitrato irrituale, per definizione non può sussistere. Dunque eccettuate le peculiarità delle misure anticipatorie, i provvedimenti cautelari sono soggetti a possibile inefficacia quando chi ne ha beneficiato NON consegue una decisione favorevole nel merito: sia perchè questa decisione non aveva diritto (sconfessando a posteriori la valutazione di verosimiglianza fatta dal giudice cautelare) sia perchè non ha esercitato il suo dovere di impulso processuale. In base all'art. 669 novies il provvedimento cautelare perde la sua efficacia se: A. il procedimento di merito non è iniziato nel termine perentorio di 60 giorni; B. successivamente al suo inizio si estingue; C. nonè stata versata la cauzione di cui all'art. 669Undicies; D. con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale il provvedimento era stato concesso. Inoltre, in casi particolari, quando la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato italiano o estero, il provvedimento cautelare perde efficacia anche: E. se la parte che l'aveva richiesto non presenta domanda di esecutoritetà in Italia della sentenza straniera o del lodo arbitrale entro i termini eventualmente previsti a pena di decadenza dalla legge o dalle convenzioni internazionali; F. se sono pronunciati sentenza straniera, anche non passata in giudicato, o lodo arbitrale che dichiarino inesistente il diritto per il quale il provvedimento era stato concesso. Ora con riguardo al chi e come pronuncia tale inefficacia: in caso di mancata tempestiva instaurazione del giudizio di merito, di estinzione del giudizio instaurato o di inefficacia collegata ad un giudizio estero o a un procedimento arbitrale, il giudice che ha emesso il provvedimento, su ricorso della parte interessata, convocate le parti con decreto in calce al ricorso, dichiara con ordinanza dotata di efficacia esecutiva, se non c'è contestazione, che il provvedimento è divenuto inefficace e dà le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente. In caso di contestazione, l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento cautelare decide con sentenza provvisoriamente esecutiva, salva la possibilità di emanare in corso di causa eventuali provvedimenti di revoca della misura concessa. Se invece l'inefficacia dipende da omessa prestazione di cauzione, essa viene dichiarata con ordinanza a seguito di ricorso al giudice che ha emesso il provvedimento; se deriva dalla soccombenza nel merito della parte che aveva ottenuto il provvedimento, la statuizione è pronunciata nella stessa sentenza o in mancanza con ordinanza a seguito di ricorso al giudice che ha emesso il provvedimento. L'ATTUAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI E ANTICIPATORIE. A rigor di termini, non si può parlare di esecuzione forzata di una misura urgente. Tuttavia, proprio per il suo carattere strumentale, il provvedimento cautelare deve essere messo in atto, altrimenti non avrebbe ragion d'esistere. La tipologia delle forme di attuazione è variegata: e in alcuni casi il contenuto della misura cautelare può essere self-executing (es. nel caso di un provvedimento a carattere autorizzatorio); e inaltri occorre imitare le forme dell'esecuzione forzata (es. sequestri); e inaltri ancora come quelli che ha per oggetto la dazione di una somma di denaro, si mutueranno le forme del pignoramento mobiliare. In generale le misure cautelari (specialmente quelle atipiche) hanno per oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare. In queste ipotesi, la legge prevede lo strumento dell'attuazione: la realizzazione della misura avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità e ove sorgano contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti. Così precisa l'art 669duodecies, secondo il quale ogni altra questione va proposta nel giudizio di merito. L'attuazione può essere conseguente non solo ad un provvedimento cautelare positivo, ma anche a seguito di una dichiarazione di inefficacia, o ad una revoca, in cui si tratti di riportare una data situazione in pristino. Quanto ad eventuali errori o illegittimità compiute durante l'attuazione, la parte lesa o ilterzo ingiustamente coinvolto, possono utilizzare lo strumento del reclamo. Infine, secondo una condivisibile opinione prevalente, l'attuazione delle misure cautelari, specialmente quelle di carattere inibitorio, può essere rafforzata da una misura di coercizione indiretta a carico della parte obbligata, a mente dell'art. 614bis c.p.c. (sanzione pecuniaria). NON può essere proposto il ricorso straordinario per Cassazione contro l'ordinanza che decide il reclamo: infatti, il ricorso ex art. 111 Cost., è ammesso solo contro provvedimenti che siano in grado di incidere sulle situazioni sostanziali con efficacia di giudicato. Non è questo il caso delle decisioni sul reclamo, la cui efficacia è temporanea e subordinata all'instaurazione e all'esito del giudizio di merito. La conclusione non cambia per i provvedimenti anticipatori: la parte che li vuole contestare ha l'onere di proporre il giudizio di merito e non può impugnarli direttamente per Cassazione. Il reclamo NON ha effetto sospensivo dell'esecuzione del provvedimento: tuttavia, il presidente del tribunale o della Corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell'esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione. A seguito dell'introduzione del reclamo, la giurisprudenza si è orientata ad escludere l'ammissibilità, prima consentiva, del regolamento preventivo di giurisdizione all'interno del procedimento cautelare. LA REVOCA. Per la revoca dispone, invece, l'art. 669 decies il quale prevede che, salvo che sia stato proposto reclamo ex art. 669 terdecies, nel corso dell'istruzione, il giudice della causa di merito, su istanza di parte, può modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare, anche se emesso anteriormente alla causa, se si verificano mutamenti nelle circostanze o si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tal caso l'istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza. Quando il giudizio di merito non sia iniziato (es. perchè si trattava di misura anticipatoria) o sia stato dichiarato estinto, la revoca o modifica dell'ordinanza di accoglimento, esaurita l'eventuale fase del reclamo proposto ai sensi dell'art. 669terdecies, possono essere richieste al giudice che ha provveduto sull'istanza cautelare se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tal caso, l'istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza. Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato, o se l'azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale, i provvedimenti previsti dalla norma devono essere richiesti al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare. I RAPPORTI TRA REVOCA E RECLAMO. La riforma del 2005 introducendo un provvedimento cautelare tendenzialmente stabile, accanto a quello tradizionale di tipo rigorosamente strumentale, è intervenuta sulla disciplina della revoca e del reclamo per offrirne una possibilità di controllo non solo efficace, ma anche flessibile e costante nel tempo. Come detto l'innovazione più importante (introdotta nel 2005) consiste in una modifica dei contenuti del reclamo disciplinati dall'art. 669 terdecies comma 4; il reclamante, infatti, ora può non soltanto contestare la legittimità della decisione del giudice (sia che abbia assunto un provvedimento cautelare, sia che lo abbia assunto in forme sgradite all'istante, sia che abbia respinto la domanda) ma anche proporre critiche basate su circostanze e motivi sopravvenuti, produrre ulteriore documentazione e sollecitare al giudice l'assunzione di nuove informazioni. In tal modo si è venuta a creare un'area di sovrapposizioni fra reclamo e istanza di revoca o modifica, specie con riguardo ai fatti anteriori all'emanazione del provvedimento, dei quali si è avuta conoscenza solo in un momento successivo. La differenza così fra i due istituiti si è attenuata, e lo stesso vale per il carattere impugnatorio del reclamo, nel cui ambito si può ora svolgere attività istruttoria nuova. Per quanto riguarda il profilo temporale, il reclamo, che è un controllo sulla legittimità e la correttezza del provvedimento, si colloca anteriormente rispetto alla revoca: infatti le circostanze sopravvenute dopo l'originaria ordinanza cautelare vanno proposte in sede di reclamo. Solo i fatti successivi al giudizio di reclamo (o meglio, successivi all'udienza in cui si è discusso sul reclamo o alla scadenza del termine per proporlo) possono essere dedotti in sede di revoca. Si deve, infine, sottolineare che anche il provvedimento emesso in sede di reclamo è suscettibile di modifica o revoca: in questo caso, giudice competente per la revoca è l'organo giudiziario nella composizione che ha deciso il reclamo (e quindi solitamente il collegio).
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