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Argomenti di diritto processuale civile (Paolo Biavati), Dispense di Diritto Processuale Civile

Capitolo VI (L'esecuzione forzata)

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 20/10/2021

MattiaAntonio.Salerno
MattiaAntonio.Salerno 🇮🇹

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Scarica Argomenti di diritto processuale civile (Paolo Biavati) e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! CAPITOLO VI ESECUZIONE FORZATA 96._Il processo esecutivo. Introduzione. Il titolo esecutivo e l'atto di precetto. | PROFILI GENERALI DELL’ESECUZIONE FORZATA. Tutto quello che si è studiato finora concerne l'accertamento del diritto fatto valere: è questo lo scopo del processo di cognizione, sia nella forma del rito ordinario che in quella degli altri modelli processuali. Poi abbiamo visto che i procedimenti cautelari servono, invece, a garantire che la realizzazione effettiva del diritto accertato si possa verificare. Vi è un momento però, a seguito della pronuncia, in cui l'effettiva tutela dell’avente diritto deve tradursi in un’ATTIVITA' MATERIALE, e si apre così la fase dell'esecuzione forzata. Mentre la cognizione riguarda cose e attività materiali, ed è inoltre sempre possibile, l'esecuzione ha per oggetto un giudizio, e NON è sempre possibile (il giudice della cognizione potrà sempre accertare che A ha ragione e B ha torto e quindi condannare B a pagare la somma X; il processo esecutivo che ne segue, però, non otterrà il suo scopo se B non avrà beni sui quali A possa utilmente rivalersi); quindi la cognizione è un giudizio, quindi un'attività logica e intellettuale, mentre l'esecuzione è un'attività materiale (seppur connotata giuridicamente). Va detto che esteriormente non sembra ci sia differenza tra l'esecuzione come giurisdizione (processo esecutivo) e l'esecuzione forzata come attività amministrativa, infatti la differenza è giuridica, in quanto la p.a. può procedere in autotutela, mentre i privati no. L'esecuzione viene affidata ad un ausiliario del giudice, ossia l'ufficiale giudiziario, sotto la direzione del giudice, detto qui giudice dell’esecuzione. Vi è un vero e proprio processo esecutivo, in cui NON si mira ad accertare chi abbia ragione, poiché ciò è già contenuto nella sentenza, ma si discute se vi sia o no corrispondenza tra il dritto di chi procede ad esecuzione e ciò che materialmente accade in attuazione forzata di quel diritto, e per questo motivo la dialettica non si ha più tra attore e convenuto, ma tra esecutante ed esecutato. Se A deve ottenere il pagamento di X a carico di B, l'attività esecutiva dovrà colpire beni di B in misura non superiore ad X e con modalità che non rechino a B un ulteriore pregiudizio Y. Quindi, non solo l'esecuzione forzata suppone un vero processo e una vera giurisdizione, ma anche a questa parte della materia si applicano i principi costituzionali del contraddittorio, del giusto processo, della ragionevole durata. Gli incidenti di cognizione sono fasi di accertamento che accompagnano e meglio definiscono l’iter del processo esecutivo. Esiste, come l’azione di cognizione, anche l’azione esecutiva, che ha per oggetto una realizzazione materiale, e si caratterizza sempre per i tre elementi; e parti (esecutante ed esecutato); + petitum(la realizzazione materiale voluta) * causa petendiotitolo (titolo esecutivo). ILTITOLO ESECUTIVO. L'art. 474 c.p.c. dispone che “esecuzione forzata NON può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile”. Dunque l'accertamento del diritto deve risultare da un provvedimento giudiziario o da un atto formato al di fuori del giudizio che lo indichi in modo chiaro, e inoltre il diritto deve essere anche esigibile, ossia non sottoposto a termini o condizioni. All'art. 474 vengono elencate tre categorie di titoli esecutivi: 1. le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti cui la legge attribuisce efficacia esecutiva: bisogna sottolineare che il provvedimento deve sempre essere di condanna, perché solo le pronunce di condanna vanno attuate forzatamente in caso di mancato adempimento spontaneo. Non si richiede, inoltre, che l'accertamento sia passato in giudicato, ma basta una decisione dotata di forza esecutiva (quindi rientrano nel novero dell'art. 474 n. 1 anche le sentenze e le ordinanze esecutive di condanna, i decreti ingiuntivi esecutivi, le ordinanze esecutive di sfratto e rilascio, i lodi arbitrali di condanna esecutivi...) 2. lescritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali e gli altri titoli di credito cui la legge attribuisce la stessa efficacia 3. gliatti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale: in questo caso la ragione dell’esecutorietà sta nella particolare garanzia che viene data dal pubblico ufficiale rispetto all’individuazione delle obbligazioni di cui si discute. Va sottolineato ancora una volta che questi titoli sono esecutivi anche se non sono stabili, ossia anche se non sono definitivi. Questo significa che l'esecuzione forzata può attuarsi finché il titolo rimane efficace, ma in sede di cognizione il titolo potrebbe vanificarsi, e in questi casi il processo esecutivo cade, perché cade il tipo esecutivo, che è la sua ragione giuridica d’esistenza. IL TITOLO GIURIDICO IN SENSO SOSTANZIALE E PROCESSUALE. Le tipologie di titoli esecutivi sopra citate costituiscono altrettante forme di titoli esecutivi, in quanto accertano il diritto che esprimono, e si parla quindi di titoli esecutivi in senso sostanziale o materiale. Per procedere all'esecuzione forzata l’esecutante deve potere esibire all'ufficiale giudiziario, a cui NON è richiesta ulteriore verifica, un documento cartaceo che confermi l’esistenza del titolo sostanziale, e si parla allora di titolo esecutivo in senso formale o processuale. Questa “formula esecutiva” è necessaria ex art. 475 per le sentenze e gli altri provvedimenti Il titolo esecutivo sarà la decisione italiana, ed è a questa decisione che viene apposta la formula esecutiva. A livello di Unione europea vi è però il tentativo di riuscire a rendere la dichiarazione di esecutorietà equipollente ad un ordine di esecuzione generalizzato, permettendo così all’esecutante di consegnarla semplicemente all’ausiliario di giustizia competente a farla eseguire, in qualunque altro Paese. Tutto questo avviene attraverso lo strumento dell’attestazione, nel senso che il giudice di un certo Stato membro attesta che la propria decisione è esecutiva, ed il procedente non è così tenuto a munirsi in Italia della formula esecutiva per avviare il processo di esecuzione, ma deve soltanto munirsi di una copia autentica della decisione e dell’attestazione, superando così la necessità dell’exequatur. Il sistema dell’attestazione ha cominciato ad essere applicato in alcuni settori specifici, e i primi casi di titolo esecutivo europeo si sono attuati nel quadro dei regolamenti n. 2201/2003 (competenza giurisdizionale e riconoscimento e esecutorietà delle decisioni in materia matrimoniale e responsabilità genitoriale), n. 805/2004 (crediti non contestati), n. 1896/2006 (procedimento di ingiunzione europea), n. 861/2007 (procedimento per le controversie di modesta entità) e n. 4/2009 (obbligazioni alimentari). Il regolamento n. 805/2004 suppone che a certe condizioni una decisione nazionale contente condanna al pagamento di un credito non contestato sia certificata titolo esecutivo europeo, e che venga trattata ai fini dell'esecuzione come se fosse stata pronunciata nello Stato membro richiesto (e viene per questo riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento). Il nuovo regolamento n. 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecutorietà delle decisioni in materia civile e commerciale, estende poi questo meccanismo alla generalità delle situazioni. Il titolo esecutivo europeo è comunque sottoposto ad alcuni controlli, ma bisogna evitare che i controlli siano così ampi da reintrodurre un procedimento di exequatur, e bisogna comunque regolare gli effetti, sull'esecuzione transfrontaliera, di eventuali modifiche al titolo nell'ordinamento a quo, e bisogna comunque lasciare pieno spazio alle opposizioni all'esecuzione nell'ordinamento ad quem. A questo proposito il regolamento n. 1215/2012 va distinto dai regolamenti che si occupano di settori specifici, infatti questi ultimi conoscono tre forme di controllo: 1. un riesame con eventuale revoca del provvedimento da parte del giudice che l’ha emesso in forza di circostanze eccezionali 2. un controllo del titolo, effettuato dal giudice del Paese dell'esecuzione e denominato rifiuto dell'esecuzione (che si ha quando vi è un contrasto tra il titolo e un preesistente provvedimento) 3. un potere cautelare attribuito al giudice del Paese di esecuzione, collegato alla presentazione della richiesta di riesame Per quanto riguarda invece il regolamento n. 1215/2012 la soluzione prescelta è stata quella dell’automatica esecutorietà della decisione straniera, che può però essere contrastata da tutti i classici motivi di opposizione al riconoscimento, con l’effetto di reintrodurre un procedimento di exequatur, anche se ad iniziativa dell’esecutato. 97. Le tipologie dell'esecuzione forzata. ESECUZIONE FORZATA PER ESPROPRIAZIONE Esistono tre forme di esecuzione forzata: 1. l'esecuzione per espropriazione; 2. l'esecuzione per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili; 3. l'esecuzione per obblighi di fare e non fare Le fonti della materia si trovano nel sesto libro del c.c., perchè la radice del potere esecutivo si innesta sul diritto sostanziale, rispetto al quale esso costituisce una forma di tutela. Il c.p.c. organizza poi le formalità con cui questo potere viene messo in pratica. L'art 2910 c.c. (dell'espropriazione) “precisa che il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal c.p.c., e che possono essere espropriati anche i beni di un terzo, quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perchè compiuto in pregiudizio del creditore”. L'esecuzione per espropriazione si definisce ANCHE esecuzione in forma generica, infatti essa si propone di realizzare diritti accertati a contenuto patrimoniale mediante l'assoggettamento del patrimonio del debitore, che, nel suo complesso, è destinato a garantire l'adempimento delle obbligazioni che questi assume: in pratica alcuni beni vengono sottratti all'esecutato e liquidati cioè trasformati in denaro, per attuare a favore dell'esecutante il pagamento, che il debitore non ha spontaneamente adempiuto. Si parla in questo senso di esecuzione individuale in contrapposizione all'esecuzione concorsuale, disciplinata dalle norme sul fallimento e sulle altre procedure concorsuali: * Esecuzione individuale: individuale alcuni creditori si soddisfano su alcuni beni del debitore, con la conseguenza che successivamente altri creditori potranno poi soddisfarsi su altri beni; * Esecuzione concorsuale: tutti i creditori del fallito si soddisfano su tutto il patrimonio del fallito, con la conseguenza che nessuno poi potrà presentarsi a rivendicare un proprio credito una volta che la procedura concorsuale sia chiusa. L'instaurazione di una esecuzione concorsuale, con le sue regole di rigorosa par condicio, impedisce che un creditore si avvantaggi sugli altri e comporta l'impossibilità di cominciare o di proseguire processi esecutivi individuali. La legge 3/2012 ha introdotto, accanto alle normali procedure concorsuali, una esecuzione concorsuale civile: il procedimento di composizione delle crisi da sovraindebitamento, con le quali il debitore non imprenditore può definire in modo globale la sua posizione debitoria nei confronti di tutti i creditori. Tutta l'esecuzione per espropriazione, è condizionata poi dal problema della capienza: cioè di trovare nel patrimonio del debitore, beni sufficienti per coprire i crediti degli esecutanti, ragion per cui l'attività esecutiva non è sempre in grado di conseguire i suoi obiettivi. L'ESECUZIONE FORZATA IN FORMA SPECIFICA. Con riferimento all'esecuzione per consegna o rilascio e a quella per obblighi di fare e non fare si parla si esecuzione in forma specifica. Qui NON è possibile una liquidazione del patrimonio dell'esecutato, ma occorre dare risposta alla pretesa del creditore con una prestazione determinata e per lo più non fungibile. Al riguardo l'art 2930 c.c. dispone che “se non è adempiuto l'obbligo di consegnare una cosa determinata, mobile o immobile, l'avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio forzati”. Analogamente, l'art 2931 c.c. prevede che “se non è adempiuto un obbligo di fare, l'avente diritto può ottenere che esso sia eseguito a spese dell'obbligato”. L'art 2933.1 sancisce che, “se non è adempiuto un obbligo di non fare, l'avente diritto può ottenere che sia distrutto, a spese dell'obbligato, ciò che è stato fatto in violazione dell'obbligo”. Qui si deve affrontare il problema dell'unicità della prestazione e talora dell'impossibilità di attuare il diritto accertato. Nessuno, infatti, può essere costretto a fare qualcosa. La stessa norma dell'art. 614-bis c.p.c., che prevede “una sanzione pecuniaria a carico del debitore che non attua l'obbligo di fare infungibile o di non fare, è un tentativo di forzare indirettamente il debitore alla prestazione, in modo da fargli diventare economicamente insostenibile il rifiuto”. Tuttavia, di per sé il debitore non è condannato a consegnare, fare o non fare, ma a pagare: l'obbligazione pecuniaria trasferisce la tutela sul piano patrimoniale, mentre un tempo se ne limitava libertà personale. LE FASI DELL’ESECUZIONE PER ESPROPRIAZIONE. L'esecuzione per espropriazione, a motivo della necessità di procedere alla liquidazione del patrimonio del debitore, è articolata in varie fasi: 1. Pignoramento: si individuano tra i beni del debitore quelli che devono essere destinati a soddisfare le ragioni del creditore: al tempo stesso si ordina al debitore esecutato di non compiere atti dispositivi su quei beni, tali da recare pregiudizio al diritto del creditore; 2. Vendita (o assegnazione): quei beni vengono venduti e liquidati, così da ricavare una somma di denaro destinata a soddisfare il creditore; Il problema della capienza è al centro dell'esecuzione per espropriazione. La tentazione del creditore è, naturalmente, quella di eccedere e, per garantirsi una liquidazione adeguata al credito, egli potrebbe dare luogo a degli abusi da parte dell'esecutante, che potrebbe moltiplicare le iniziative espropriative. Ad esempio, il creditore, per un credito di 100, potrebbe assoggettare ad esecuzione 2 immobili del debitore, del valore rispettivo di 400 e 600. Il solo fatto di aver subito un'iniziativa esecutiva costituisce un pregiudizio per il debitore, al quale, per esempio, gli istituti bancari potrebbero negare un prestito per timore di insufficienti garanzie. Varie norme del codice realizzano invece un doveroso equilibrio tra interesse del creditore e interesse del debitore: * Art. 483c.p.c.: che pur consentendo il cumulo tra diversi mezzi di espropriazione, affida al giudice dell'esecuzione, su opposizione del debitore, la facoltà di limitare con ordinanza non impugnabile, l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o în mancanza a quello che il giudice stesso determina. Se sono iniziate un'esecuzione immobiliare e un'altra diversa esecuzione, l'ordinanza limitativa è pronunciata dal giudice dell'esecuzione immobiliare. * Art. 489c.p.c.: le notificazioni e le comunicazioni ai creditori pignoranti si effettuano nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nell'atto di precetto; quelle ai creditori intervenuti, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nella domanda di intervento. Se manca l'elezione di domicilio, le notificazioni si possono fare presso la cancelleria del giudice competente per l'esecuzione. * Art. 490c.p.c.:intema della pubblicità degli avvisi sarà approfondito intema di vendita. AI riguardo si menzioni il fatto che la riforma del 2015 ha previsto la creazione di un apposito portale delle vendite pubbliche all'interno del sito del ministero della giustizia. Quanto alla competenza per territorio in materia di esecuzione forzata: competenza che a mente dell'art. 28 c.p.c. è inderogabile. L'art. 26 dispone che: e perl'esecuzione forzata su cose mobili o immobili è competente il giudice del luogo în cui le cose si trovano; * sele cose immobili soggette all'esecuzione non sono comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l'art. 21 dettato in tema di competenza territoriale per le cause su diritti reali; e perl'esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi è competente il giudice del luogo di residenza (o del domicilio, della dimora o della sede) del debitore; e perl'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il giudice del luogo dove l'obbligo deve essere adempiuto. Una delle conseguenze pratiche di queste norme è che se il debitore possiede beni distribuiti in varie località del territorio nazionale, occorre che il creditore moltiplichi i procedimenti esecutivi. La competenza nell'espropriazione forzata di crediti è attribuita dall'art. 26 bis NON più al foro del terzo, ma al foro della residenza (ovvero del domicilio, della dimora e della sede) del debitore. La competenza del foro del terzo debitor debitoris rimane solo quando il terzo è una PA. Questa differenza è razionale: l'esecutante non è costretto a moltiplicare le procedure esecutive per seguire tutti i debitori dell'esecutato, ma le concentra in un unico foro. Al contempo, la possibilità per il terzo di rendere la propria dichiarazione circa l'esistenza o no del credito senza dover necessariamente partecipare all'udienza, ma comunicando a distanza, non rende più indispensabile che il terzo sia chiamato davanti al proprio foro. In materia di incidenti di cognizione nell'ambito del procedimento esecutivo, infatti, può accadere che vi sono discrasie tra titolo esecutivo formale e quello sostanziale (es. dopo l'ottenimento del titolo da parte del creditore il debitore ha pagato una data somma riducendo così l'importo per il quale va svolta l'esecuzione) ovvero che il titolo non sussista (es. una cambiale falsa), o che l'ordine di distribuzione non sia quello corretto (es. l'ordine delle ipoteche). Ne possono sorgere molteplici controversie (fra debitore e creditori, ovvero fra più creditori) e queste controversie sono giudizi di cognizione che nascono e si innestano su un procedimento esecutivo. Il legislatore cerca di risolverle con procedimenti rapidi. ESECUZIONE FORZATA E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. La materia dell'esecuzione forzata conosce deroghe quando sia coinvolta la PA. Come soggetto esecutante, la PA gode di un potere di autotutela ad es in materia di riscossione delle imposte. Come soggetto esecutato, essa può fruire di numerosi benefici sia per quanto riguarda i tempi della procedura, sia che per quanto riguarda l'esenzione dall'espropriazione dei beni, denaro incluso, funzionali allo svolgimento dei suoi compiti. PROCESSO ESECUTIVO NELLA POLITICA DEL DIRITTO Le linee principali che si possono riscontrare nelle recenti riforme della materia dell'espropriazione forzata sono cinque: 1. laricerca di una maggiore efficacia dei procedimenti esecutivi 2. il miglioramento delle tutele per l'esecutato, come contrappeso di fronte a possibili abusi 3. latrasparenza e la pubblicità, specialmente in ambito di espropriazione forzata immobiliare, con ampio impiego delle forme di comunicazione e delle modalità informatiche e telematiche 4. la semplificazione dei procedimenti, specie con riguardo agli incidenti di cognizione 5. l'impiego sempre più intenso di forze e soggetti esterni alla macchina giudiziaria pubblica 98. Il pignoramento. Struttura, natura ed effetti. LA NOZIONE DI PIGNORAMENTO. Si è già detto che le norme fondamentali che riguardano l'esecuzione forzata si trovano nel codice civile e più esattamente nel sesto libro, dedicato alla tutela dei diritti. AI codice di procedura civile spetta poi di governare le modalità attraverso le quali l'esecuzione si può correttamente svolgere. Ora, giova ricordare che “// debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” (art. 2740 c.c.) e che “i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salvo le cause legittime di prelazione (privilegi, pegno e ipoteca 2741 cc)”. L'art. 2910 c.c. poi prevede “i/ diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata sui beni del debitore”. Il pignoramento costituisce la prima fase del processo di esecuzione, ossia è il primo atto dell'esecuzione per espropriazione (art. 491 c.p.c., tranne il caso in cui la cosa sia oggetto di pegno o ipoteca). Fino al pignoramento esiste un diritto (certo, liquido ed esigibile) del creditore formalizzato nel documento detto titolo esecutivo; esiste anche una intimazione ad adempiere, cioè l'atto di precetto, ma nulla si è modificato nella sfera giuridica del debitore. Il pignoramento abbraccia due elementi fondamentali: * individuazione di alcuni beni: permette di dire quali (e non altri) beni sono pignorati, ovvero soggetti all'esecuzione forzata; * intimazione a NON disporne in pregiudizio del creditore procedente e anche degli altri creditori intervenuti, con l'effetto di sottoporre questi beni ad un regime giuridico distinto da quello del restante patrimonio del debitore. L'intimazione a non disporre di quei beni, che l'ufficiale giudiziario rivolge al debitore, ne disegna il regime giuridico. Tuttavia si tratta di un regime provvisorio, perchè o il debitore paga il debito, estinguendo il processo esecutivo, o il processo esecutivo si estingue per altro motivo, oppure i beni saranno rivenduti o assegnati, con la conseguenza che l'esecutato ne perde la proprietà. Durante tale regime provvisorio va detto che il debitore esecutato rimane proprietario dei beni; egli ne è normalmente custode: cioè non gli è proibito di farne uso salva l'esigenza di conservarne la funzionalità economica nell'interesse del creditore. Ad esempio, se al debitore B è pignorato il televisore (ed egli ne è nominato custode), potrà utilizzarlo per guardare il Benevento Calcio, ma non potrà distruggerlo o comprometterne l'uso. risultato, nella seconda ipotesi si ha sempre un pignoramento (contro il quale potranno essere proposte le opposizioni all'esecuzione), ma che colpisce denaro e non i beni. Tuttavia entrambe tali fattispecie presentano un elemento comune: l'esecutato ha a disposizione il denaro per pagare. È invece frequente l'ipotesi in cui il debitore non sia materialmente in grado di versare subito il denaro, ma può provvedervi nel tempo, ratealmente: è il caso della conversione del pignoramento, in cui il legislatore deve stabilire l'equilibrio tra una ragionevole tolleranza per il debitore e la preoccupazione di evitare manovre finalizzate solo a ritardare il pagamento. Secondo l'attuale art. 495 c.p.c., modificato con la novella del 2015, i/ debitore una volta avvenuto il pignoramento, ma ovviamente prima che sia emesso un provvedimento che dispone la vendita o l'assegnazione dei beni, può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. Come cautela per il ceto creditorio, la norma dispone che insieme all'istanza, sia subito depositata, a pena di inammissibilità, una somma pari almeno ad 1/5 dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati negli atti di intervento, dedotti gli eventuali versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. Nasce così uno dei subprocedimenti del processo esecutivo: il giudice dell'esecuzione, ricevuta l'istanza e non oltre 30 giorni dal deposito della stessa, fissa un'udienza e, in contraddittorio fra le parti (debitore, creditore procedente e creditori intervenuti) stabilisce la somma complessiva da sostituire al bene pignorato. Nel contempo, modula lo sforzo economico dell'esecutato: quando le cose pignorate sono costituite da beni immobili o mobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di 36 mesi la somma determinata maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito o al tasso legale. In questa ipotesi, come contrappeso per i creditori che devono attendere più a lungo per l'incasso dei loro crediti, il giudice, anziché attendere la fine della procedura ogni sei mesi provvede al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore. Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e vi sia invece sottoposta la somme versata (se in unica soluzione), mentre se il pagamento è rateale, il pignoramento viene meno (e si trasferisce sulla somma) solo con il versamento, rata dopo rata, dell'intero importo. Il codice si occupa anche dell'ipotesi di debitore che inizi il procedimento di conversione, versando una parte del dovuto, ma poi non riesca a portare a termine il programma del saldo: infatti, qualora il debitore ometta il versamento dell'importo determinato dal giudice (in unica soluzione) o ometta o ritardi di oltre 15 giorni il versamento anche di una sola rata le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell'esecuzione su richiesta dei creditori dispone senza indugio la vendita. Ora anche se il meccanismo può sembrare abbastanza duro per il debitore (es. debitore che ritardi l'ultima rata), va comunque detto che dopo la vendita e soddisfatti i creditori l'importo residuo ritorna al debitore: questo non subirebbe quindi un detrimento economico ma solo la perdita del bene pignorato trovandosi in mano denaro liquido. Infine, l'art. 495 c.p.c. per evitare possibili speculazioni del debitore, prevede che l'istanza di conversione può essere avanzata una sola volta: una seconda istanza sarebbe inammissibile. LA RICERCA E L'INDIVIDUAZIONE DEI BENI DA PIGNORARE. Accade non di rado che i beni pignorati non siano sufficienti a coprire i crediti tutelati dall'azione esecutiva, cd. problema dell’incapienza. L'art. 492, che disciplina quello che la dottrina chiama pignoramento inquisitorio, prevede che quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiano insufficienti o per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione, l'ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano o le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione penale prevista dall'art. 388 c.p. per l'omessa o falsa dichiarazione. Nell'ipotesi che il debitore dichiari qualcosa se ne forma un processo verbale, che l'esecutato sottoscrive: e se sono indicate cose mobili, queste, dal momento della dichiarazione sono considerate pignorate a tutti gli effetti: il verbale della dichiarazione del debitore è l'elemento formale del pignoramento e se sono indicati crediti o cose mobili che sono in possesso di terzi, il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato dal momento della dichiarazione, ma occorre poi procedere nelle forme apposite per quanto riguarda i terzi. e Se sono indicati immobili, il creditore ha solo un vantaggio informativo ma poi deve procedere nelle forme del pignoramento immobiliare Qualora a seguito di intervento di altri creditori, il compendio pignorato sia divenuto insufficiente, il creditore procedente può richiedere all'ufficiale di procedere a svolgere le indagini inquisitorie, ai fini di poter indicare agli intervenienti altri beni su cui poter effettuare il pignoramento. La legge n. 162/2014 ha introdotto all'art. 492 bis con la rubrica “ricerca dei beni da pignorare con modalità telematiche” quello che è stato definito pignoramento telematico. La norma prevede che è sempre il creditore che deve domandare al presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, domicilio, dimora, o la sede, l'autorizzazione per l'ufficiale giudiziario ad effettuare la ricerca di beni con modalità telematiche. La richiesta non può essere formulata prima della decorrenza del termine di 10 giorni dalla notificazione dell'atto di precetto salvo i casi di pericolo nel ritardo. Una volta autorizzato, l'ufficiale giudiziario accede alle banche dati che appartengono o che sono accessibili alla PA ivi compresi gli enti previdenziali, dall'anagrafe tributaria al pubblico registro automobilistico. L'ufficiale giudiziario redige un processo verbale con indicazione delle banche dati consultate e dei risultati emersi: 1. L'ufficiale giudiziario se individua e trova dei beni li pignora (acquisendo, se del caso, copia del titolo esecutivo e del precetto dal fascicolo informatico): — sesiavvede che si tratta di beni ubicati al di fuori della sua sfera di competenza territoriale, trasmette il verbale al creditore che può chiedere di procedere all'ufficiale competente nel breve termine di 15 giorni, a pena di inefficacia. — se invece individua beni appartenenti al debitore, ma non li trova fisicamente, l'ufficiale intima al debitore di indicare l'ubicazione materiale del bene, sotto pena di sanzione penale. 2. Può accadere che l'ufficiale giudiziario individui l'esistenza di crediti del debitore: questo caso, il processo di espropriazione che era nato con le forme del pignoramento mobiliare, si tramuta in pignoramento presso terzi. Infatti, l'ufficiale giudiziario notifica d'ufficio al debitore e al terzo il verbale (che specifica le banche dati consultati, i risultati emersi e quini i crediti scoperti): questa notificazione, che conterrà tutti gli elementi essenziali all'avvio dell'azione esecutiva, è idonea a dar luogo ad un efficace pignoramento dei crediti. 3. L'art. 492-bis apre una possibilità del tutto nuova a favore del creditore, che per il caso di individuazione di più beni, ha facoltà di scelta: sia scegliendo tra diversi beni dello stesso genere, che tra crediti o beni. Ovviamente la scelta rimane all'interno dell'ammontare del credito di cui al titolo esecutivo. L'art. 492 bis si applica alla generalità dei debitori. Se invece il debitore è un imprenditore commerciale vale ancora l'art. 492.8 secondo cui l'ufficiale giudiziario, sempre in caso di insufficienza o mancanza di beni da pignorare, e previa istanza del creditore procedente con spese a suo carico, invita il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritture contabili e nomina un commercialista, un avvocato o un notaio iscritto nell'apposito albo idonei a collaborare con l'ufficio giudiziario in materia esecutiva per il loro esame, per individuare cose e crediti pignorabili. Il professionista nominato può chiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogo di tenuta nonché sulle modalità di conservazione, delle scritture contabili indicate nelle dichiarazioni fiscali del debitore e vi accede ovunque si trovi richiedendo l'assistenza dell'ufficiale territorialmente competente. Il professionista trasmette apposita relazione con i risultati della verifica al creditore istante e all'ufficiale che lo ha nominato che provvede alla liquidazione delle spese e del compenso. Se dalla relazione risultano cose o crediti non oggetto della dichiarazione del debitore, le spese dell'accesso alle scritture contabili e della relazione sono liquidate con provvedimento che costituisce titolo esecutivo contro il debitore. Il creditore procedente può dare corso con la sua iniziativa al processo di espropriazione, ma se è chirografario, gli è preferito al momento della distribuzione il creditore privilegiato. A sua volta, il creditore privilegiato, non munito di titolo, non può attivare né dare impulso all'esecuzione ma è poi preferito in sede di riparto. La legge deve quindi trovare un equilibrio tra i diversi interessi (si pensi alla situazione in cui il creditore procedente si attivi per pignorare beni del debitore e, dopo aver compiuto un notevole sforzo, veda i beni assegnati ad un altro creditore, che non ha svolto alcuna iniziativa, ma che può vantare una causa di prelazione. La legge processuale non può sovvertire quella sostanziale, sulle cause di prelazione e il loro ordine, ma può solo disporre che i creditori privilegiati siano avvisati dell'inizio di una esecuzione su beni in relazione ai quali vantano una specifica causa di prelazione. Questi creditori prendono il nome di creditori iscritti nel senso che /a loro causa di prelazione ha rilievo pubblico ed è conoscibile. In questo senso provvede l'art. 498 prescrivendo che devono essere avvertiti dell'espropriazione i creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici registri. L'onere di dare l'avviso ricade sul creditore pignorante che entro 5 giorni dal pignoramento, deve notificare a ciascuno di essi un atto contenente l'indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede, del titolo e delle cose pignorate. Si parla di onere perchè se non è data la prova di questa notificazione, il giudice dell'esecuzione non può disporre la vendita o l'assegnazione. RAPPORTI TRA CREDITORI INTERVENUTI. La protezione del creditore attivo nei confronti dei creditori che ne sfruttano l'iniziativa viene realizzata in due modi: 1. L'art. 499.4 prevede che “ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante possa indicare, con atto notificato o all'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione, l'esistenza di altri beni del debitore pignorabili utilmente, e invitare gli intervenuti ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo 0 altrimenti ad anticipare le spese necessarie per l'estensione”. Questa facoltà vale come visto solo nei confronti dei creditori chirografari intervenuti tempestivamente: infatti, ai fini del futuro riparto, il creditore procedente è posticipato rispetto ai creditori privilegiati e comunque preferito rispetto ai creditori chirografari intervenuti tardivamente. Quindi la norma gli conferisce un vantaggio solo nei confronti degli altri chirografari intervenuti tempestivamente che concorrerebbero al riparto a parità di condizioni. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati entro il termine di 30 giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. 2. Per intervenire in causa i creditori devono procurarsi un titolo esecutivo. In tal modo, da un lato si ammettono solo creditori il cui diritto sia ragionevolmente accertato, dall'altro si escludono i creditori passivi, che cioè sfruttano l'iniziativa altrui. Al tempo stesso ciò limita, indirettamente, il principio della parità di condizione tra tutti i creditori. Questa esigenza di certezza (unita alla volontà di favorire le imprese in un'ottica che vede i ritardi nei pagamenti come ostacolo al corretto funzionamento del mercato), eccettua dall'obbligo di procurarsi un titolo come condizione per l'intervento quei soggetti che possono esibire una documentazione, non accertata giudizialmente, che tuttavia fa ritenere sussistente il credito vantato. Possono intervenire anche i creditori privilegiati. Il 1 comma dell'art 499 quindi ammette a intervenire nell'esecuzione: — icreditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato sul titolo esecutivo; — icreditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati o avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici uffici; — icreditori che erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'art 2214 (scritture contabili dell'imprenditore commerciale). Tuttavia, il titolo mancante deve essere in qualche modo surrogato, per suscitare l'eventuale opposizione del debitore tenuto a pagare chi è veramente creditore (il che risulta dal titolo) e non a chi pretende di esserlo. Perciò, il creditore privo di titolo esecutivo che interviene nell'esecuzione deve notificare al debitore entro i 10 giorni successivi al deposito, copia del ricorso, nonché copia dell'estratto autentico notarile attestante il credito se su di esso è basato l'intervento. Disporre di un titolo esecutivo è condizione non solo per iniziare l'esecuzione e per intervenire, ma anche per promuovere atti di impulso del processo esecutivo: è questa la funzione vicaria (vicaria rispetto all'iniziativa del creditore procedente) che spetta ai creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo. La disposizione è contenuta nell'art. 500 c.p.c. in base al quale “l'intervento dà diritto non solo a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, ma anche a partecipare all'espropriazione del bene pignorato e a provocarne i singoli atti”. Ora, i creditori che possono intervenire senza titolo esecutivo, nelle limitate ipotesi che si sono viste, restano esclusi dalla funzione vicaria e non possono quindi promuovere atti esecutivi. INTERVENTO TEMPESTIVO E TARDIVO. Il creditore terzo se vuole intervenire ha l'onere di farlo in un tempo ragionevole: l'art. 499 c.p.c. stabilisce che l'atto di intervento è un ricorso, da depositare prima che si svolga l'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione”, cd. intervento tempestivo. Un intervento proposto più tardi sarà tardivo e avrà ripercussioni nel momento della distribuzione. Sul piano procedurale, il ricorso deve contenere l'indicazione del credito e quella del relativo titolo, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. LA VERIFICA DEI PRESUPPOSTI PER L'INTERVENTO. Quanto al vaglio che il giudice dell'esecuzione deve compiere rispetto alla pretesa dei creditori privi di titolo esecutivo, con il provvedimento che dispone la vendita dei beni pignorati, il giudice, in base all'art. 499.5, fissa con udienza di comparizione davanti a sé del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, disponendone la notifica a cura di una delle parti. Tra la data dell'ordinanza e la data fissata per l'udienza non possono decorrere più di 60 giorni. All'udienza di comparizione, il debitore deve dichiarare quali crediti riconosce, in tutto o în parte, nell'ambito di quelli su cui si fondano gli interventi effettuati senza titolo. Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza del titolo esecutivo. Il riconoscimento rileva ai soli effetti dell'esecuzione, senza generare un accertamento suscettibile di giudicato e senza precludere un successivo eventuale accertamento negativo. | creditori intervenuti i cui crediti sono stati riconosciuti da parte del debitore partecipano alla distribuzione della somma ricavata per l'intero o limitatamente alla parte del credito per la quale vi sia stato riconoscimento parziale. Il mero riconoscimento da parte del debitore ammette questi creditori a partecipare alla futura distribuzione ma non attribuisce loro la funzione vicaria, che sussiste solo se vi sia un vero titolo esecutivo. Per i creditori intervenuti i cui crediti sono stati disconosciuti dal debitore, il codice dispone che da un lato essi abbiano l'onere di iniziare, entro 30 giorni dall'udienza l'azione di cognizione, necessaria per acquisire un titolo esecutivo e dall'altro su istanza di ciascuno di esse e con la prova che l'azione accertativa è iniziata, vengano accantonate le somme che ad essi spetterebbero se fossero poi effettivamente qualificati creditori. 100. La vendita forzata e il riparto. LA VENDITA FORZATA: NOZIONI ED EFFETTI. Una volta che determinati beni sono stati sottoposti all'esecuzione, devono essere monetizzati. Ciò avviene con la vendita forzata: cioè che avviene senza la volontà del proprietario espropriato a cui si sostituisce quella dello Stato. Infatti, il pignoramento NON toglie all'esecutato la proprietà dei beni: la vendita, invece, realizza questo. L'art. 2919 c.c. definisce gli effetti della vendita forzata precisando che “essa trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede (per i beni mobili non registrati)”. Inoltre, nel caso di vendita o di assegnazione di un bene gravato da pegno o ipoteca, l'aggiudicatario o assegnatario con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, può concordare col creditore pignoratizio o ipotecario l'assunzione del debito con le garanzie ad esso inerenti, liberando il debitore. In tal caso, nel provvedimento di vendita o di assegnazione si deve menzionare l'assunzione del debito (art. 508 c.p.c.). Si pensi al caso di un pignoramento immobiliare: colui che si è reso acquirente dell'immobile ovvero il creditore assegnatario diventa proprietario del bene, per un valore dato al prezzo dell'immobile detratto il debito garantito da ipoteca, assumendo a proprio carico il pagamento di tale residuo debito (es. un mutuo); l'immobile resta ipotecato, ma sarà l'acquirente ovvero il creditore assegnatario a completare il pagamento del mutuo. RIPARTO. Una volta liquidato e monetizzato l'oggetto dell'espropriazione, si giunge alla fase finale dell'esecuzione forzata: il denaro ricavato deve essere assegnato ai creditori, che conseguono così lo scopo perseguito. L'art, 509 c.p.c. specifica che la somma da distribuire è formata da ciò che si è ricavato, come prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, o come rendita o provento delle cose pignorate, o ancora di multa e risarcimento di danno da parte dell'aggiudicatario. Se vi è solo 1 creditore pignorante, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interesse e spese (510.1 c.p.c.). Se invece sono intervenuti nel processo di espropriazione più creditori, si apre una fase detta riparto, cioè divisione tra i più aspiranti della somma ricavata, ovvero della distribuzione di somme a taluni di essi, a preferenza di altri. L'ordine di soddisfazione è il seguente: 1. le spese di giustizia (comprese quelle anticipate ai fini dell'esecuzione) 2. i crediti assistiti da privilegio, secondo l'ordine dei privilegi: nella distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione non si tiene conto delle ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento, né dei privilegi per la cui efficacia è necessaria l'iscrizione, se questa ha luogo dopo il pignoramento, né dei privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento. Il pignoramento ha quindi l'effetto di rendere inefficaci gli atti costitutivi di diritti di prelazione ad esso temporalmente successivi. 3. i creditori chirografari tempesti intervenuti) e i creditori chirografari tardivi 4. se qualcosa avanza viene restituita al (creditore procedente e creditori tempestivamente debitore L'art. 510 commi2 e 3 coordina il riparto con le disposizioni che danno accesso al procedimento esecutivo solo ai creditori muniti di titolo esecutivo. Infatti, è previsto che vengono accantonate le somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore. L'accantonamento è disposto dal giudice dell'esecuzione per iltempo ritenuto necessario perchè questi creditori possano munirsi di titolo esecutivo e in ogni caso per un periodo di tempo comunque non superiore a tre anni. Decorso il termine fissato, su istanza di una delle parti o anche d'ufficio, il giudice dispone la comparizione davanti a sé del debitore, del creditore procedente e dei creditori intervenuti, con l'eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti, e dà luogo alla distribuzione della somma accantonata, tenuto conto anche dei creditori intervenuti che si siano nel frattempo muniti di titolo esecutivo. La comparizione delle parti per la distribuzione della somma accantonata è disposta anche prima che sia decorso il termine fissato, se vi è istanza di uno dei creditori la verifica della cui pretesa è stata posticipata e non ve ne siano altri che ancora devono munirsi del titolo esecutivo. LE CONTROVERSIE DISTRIBUTIVE. Non sempre dall'esecuzione per espropriazione si ricavano somme sufficienti a dare piena soddisfazione a tutti i creditori. L'art. 512 c.p.c. in questo senso governa i conflitti di cognizione che possono svilupparsi tra i creditori concorrenti o tra creditori e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione. Nasce, in questi casi, un giudizio di cognizione che costituisce una parentesi nell'esecuzione: si tratta di un incidente di cognizione. La causa viene governata ed istruita dal giudice dell'esecuzione, secondo modalità semplificate, che suppongono il rispetto del contraddittorio e il compimento delle attività istruttorie necessarie. La decisione è resa con ordinanza, impugnabile nelle forme e termini di cui all'art. 617.2 (vale a dire con le regole previste per l'opposizione agli atti esecutivi). Il giudice può anche sospendere, la distribuzione della somma ricavata, con ordinanza impugnabile con reclamo. Questo giudizio disciplina i conflitti tra le parti interessate guardando al merito delle posizioni, mentre il subprocedimento governato dall'art. 499.5 c.p.c. disciplina l'aspetto formale dell'intervento. Mentre là si stabiliva chi potesse partecipare al processo di espropriazione, qui si va a stabilire quale sia l'entità del credito all'interno del processo esecutivo o quale sia l'ordine di distribuzione. GLI EFFETTI DELLA DISTRIBUZIONE. La distribuzione è il momento finale dell'espropriazione forzata. Una volta che le somme realizzate dalla liquidazione dei beni pignorati sono state distribuite agli aventi diritto, nessuno può soddisfarsi su quei beni (che ormai appartengono a terzi) né su quelle somme. Può accadere che qualcuno abbia ancora effettivamente dei diritti di credito nei confronti del debitore, ma dovrà farli valere con un'altra esecuzione forzata, sempre che nel patrimonio del debitore vi sia capienza. 101. L'espropriazione mobiliare. IL PIGENORAMENTO MOBILIARE. L'espropriazione forzata assume profili diversi a seconda del tipo di bene che vi viene assoggettato. In tutte le varie forme si ripete: 1. scansione di pignoramento 2. vendita o assegnazione 3. distribuzione del ricavato L'espropriazione mobiliare ha per oggetto il pignoramento e la vendita forzata o l'assegnazione di cose mobili di proprietà del debitore. Il creditore esecutante non ha diritto a pignorare questo o quel bene ma solo beni di valore pari al credito, oltre che alle spese del processo esecutivo. Né può essere certo a priori dell'esistenza di beni disponibili. L'attività espropriativa è funzione dell'ufficiale giudiziario, sia pure su impulso del creditore e sotto la direzione del giudice dell'esecuzione. Il primo compito dell'ufficiale è quello di ricercare le cose da pignorare: munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti e anche sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro e in generale secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre l'assistenza della forza pubblica. Se alcuni beni del debitore di cui egli può direttamente disporre, si trovano in luoghi che non gli appartengono, il creditore può chiedere al giudice di autorizzare con decreto l'ufficiale a pignorarle. In ogni caso, l'ufficiale può sottoporre a pignoramento le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli; questa ipotesi è diversa di quella dell'espropriazione presso i terzi: infatti, in quella presso i terzi il bene appartiene al debitore, ma il terzo ne ha la legittima detenzione in forza di un rapporto obbligatorio; qui invece si parla di beni che si trovano sotto il diretto controllo del debitore, anche se allocati in luoghi a questi non appartenenti (si pensi al caso di un bene di particolare prestigio che il debitore abbia portato nel posto di lavoro). Se vi è possibilità di scelta tra più beni, si tratta di valorizzare lo scopo di una rapida soddisfazione del diritto del creditore. Così l'art. 517 c.p.c. prevede che il pignoramento deve essere eseguito sulle cose che l'ufficiale ritiene di più facile e pronta liquidazione, nel limite di un presumibile valore di realizzo pari all'importo del credito di cui all'atto di precetto, aumentato della metà. In ogni caso, l'ufficiale deve preferire il denaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito e ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione. Si deve escludere che il creditore procedente, che può partecipare alle operazioni, possa suggerire all'ufficiale il pignoramento di particolari beni, come ad es oggetti di particolare valore affettivo per il debitore, salvo il caso di beni individuati dopo la ricerca con modalità telematiche ex art. 492 bis c.p.c. necessario per portare via i beni, possono aprire porte, ripostili, e recipienti e richiedere l'assistenza della forza pubblica. UNIONE DI PIGNORAMENTO E PIGNORAMENTO SUCCESSIVO. Il carattere individuale dell'esecuzione per espropriazione non consente un coordinamento a priori fra diverse iniziative esecutive. Il codice però disciplina, perciò, i casi dell'unione di pignoramenti e di pignoramento successivo. L'unione di pignoramenti (art. 523 c.p.c.) si ha nel caso, in cui l'ufficiale recandosi presso il debitore, trovi un altro ufficiale che sta effettuando un pignoramento. In tal caso, viene redatto un unico processo verbale. Nel pignoramento successivo, invece, (art. 524 c.p.c.) si suppone che l'ufficiale trovi un pignoramento già compiuto. Se vi è altro da pignorare, redigerà un apposito verbale, descrivendo però i beni mobili già pignorati. Se invece non vi è più nulla di utilmente pignorabile, l'ufficiale ne dà atto a verbale. Ora, se il pignoramento successivo avviene prima dell'udienza fissata per la vendita o la presentazione dell'istanza di vendita dei beni già pignorati, l'ufficiale inserisce il verbale nel fascicolo del primo processo esecutivo e l'esecuzione si svolge in un unico processo: con la precisazione che se sono stati pignorati altri beni, si attua la riunione di due processi esecutivi autonomi mentre se i beni sono i medesimi, il secondo creditore assume il ruolo di un interveniente tempestivo, con funzione vicaria. Lo stesso schema si ripete se il pignoramento successivo avviene dopo l'udienza fissata per la vendita o la presentazione dell'istanza di vendita dei beni già pignorati. Infatti, se si tratta dei medesimi beni, il pignoramento successivo ha gli effetti di un intervento tardivo rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento, se invece colpisce altri beni, non si dà luogo alla riunione e per i nuovi beni si svolge un separato processo espropriativo. INTERVENTO DEI CREDITORI. L'intervento dei creditori nell'espropriazione mobiliare è tempestivo, se compiuto non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione (art. 525 c.p.c.). Se il valore dei beni pignorati è modesto, ovvero non superiore a 20000 €, il termine per l'intervento coincide con quello della presentazione dell'istanza per richiedere la vendita. Ovviamente, non è vietato un intervento che abbia luogo più tardi: ma la sanzione è quella di postergare le ragioni dell'interveniente tardivo (salvo che non sia un creditore privilegiato) che vengono collocate dopo quelle del creditore procedente, dei creditori privilegiati e dei creditori tempestivamente intervenuti (art. 528 c.p.c.). LA VENDITA. La vendita dei beni mobili pignorati è disciplinata dagli artt. 529 e ss. c.p.c. Nella logica dell'impulso di parte è previsto che il creditore pignorante o ogni creditore intervenuto munito di titolo e di funzione vicaria, se vuole conseguire il risultato pratico del processo di espropriazione, abbia l'onere di chiedere che i beni pignorati siano venduti. Questa richiesta si attua mediante ricorso o istanza al giudice dell'esecuzione (cd. istanza di vendita), da presentarsi non prima di 10 giorni e non oltre 45 giorni dal pignoramento (art. 497 c.p.c.). Nello stesso termine può essere chiesta la distribuzione del denaro eventualmente pignorato o l'assegnazione dei beni pignorati (art. 529 c.p.c.). All'istanza di vendita segue il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione fissa un'apposita udienza per deliberare, in contraddittorio con le parti, se dare luogo alla vendita e in caso affermativo con quali tempi e modalità (art. 530 c.p.c.). In questa udienza le parti devono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. Queste opposizioni non hanno ad oggetto il diritto a procedere ad esecuzione forzata, ma solo il concreto atteggiarsi delle modalità esecutive cioè i vizi di forma. In ogni caso, il giudice dispone con ordinanza la vendita o l'assegnazione; senza difficoltà se non ci sono opposizioni o dopo aver deciso il giudizio di opposizione. La vendita dei beni mobili fino alla modifica apportata con |. 119/2016 poteva avvenire solamente senza incanto o tramite commissionario; oggi invece come visto può avvenire anche con incanto, il quale come avviene ed avveniva già per i beni immobili può essere disposto solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene. Comunque sia l'ipotesi del commissionario è la più frequente. Il commissionario è di solito un apposito istituto per le vendite giudiziarie. Il c.p.c. si occupa dettagliatamente di questo ambito e stabilisce fra l'altro che con il provvedimento che dispone la vendita il giudice fissa un prezzo minimo (a tutela del debitore), detta disposizioni sul numero degli esperimenti di vendita (non superiore a 3), sui criteri per i ribassi in caso di mancata vendita e il termine che non può essere superiore a 6 mesi (prima della |. 119/2016 era non inferione a 6 mesi e non superiore a un anno), entro il quale la vendita va eseguita. Può accadere però che i beni restino invenduti: il soggetto incaricato, se non riesce a venderli con le modalità e nel termine fissato, deve restituire gli atti alla cancelleria, dando adeguata giustificazione dell'attività (inutilmente) svolta per reperire i potenziali acquirenti e dell'effettuazione della pubblicità prescritta dal giudice (art. 533.2 c.p.c.). In questo caso, i beni non venduti vengono restituiti al debitore e il giudice dell'esecuzione dispone l'estinzione del processo esecutivo. Si sottrae a questo sbocco solo il caso in cui vi siano nuove istanze di integrazione del pignoramento ex art. 540 bis. Ne nasce quindi una nuova forma di estinzione del processo esecutivo analoga, ma distinta da quella regolata dall'art. 164 bis dis. att.: qui il giudice deve verificare la sussistenza in concreto di una sproporzione tra le possibilità di ricavo e i costi collegati alla prosecuzione dell'esecuzione forzata; invece in base all'art 532,2 la chiusura anticipata del processo viene disposta automaticamente, sulla constatazione della mancata vendita. ESPROPRIAZIONE DI AUTOVEICOLI. La legge 162/2014 in primo luogo detta una disposizione ad hoc, in tema di competenza. Infatti l'art. 26.2 precisa che in caso di esecuzione forzata su beni in grado di spostarsi velocemente sul territorio è competente non il foro dove i beni si trovano, che può essere oggettivamente casuale, ma quello dove risiede o è domiciliato il debitore. Poi del tutto nuovo è l'art. 521-bis che detta regole specifiche per il pignoramento e custodia di questi beni. Il pignoramento si esegue con notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto che, oltre a contenere l'ingiunzione a non disporre in pregiudizio del creditore, indica esattamente i beni e i diritti che si vuole sottoporre ad esecuzione con gli estremi richiesti dalla legge speciale per la loro iscrizione nei pubblici registri. Al debitore è anche formulata l'intimazione a consegnare all'istituto vendite giudiziarie del foro del debitore, entro i 10 gg successivi alla notifica, i beni pignorati con documenti relativi alla proprietà e al loro uso. Quanto alla custodia essa è a carico del debitore fino al momento della consegna del mezzo. Può accadere che il debitore non consegni spontaneamente l'automezzo o che cerchi di occultarlo. In tal caso è compito della polizia stradale provvedervi. La legge 132/2015 ha introdotto qualche novità al riguardo: in primo luogo, la nuova modalità di pignoramento non è più esclusiva ma concorre con quella comune del pignoramento mobiliare: spetta al creditore decidere se avvalersi delle forme speciali o quelle del comune pignoramento mobiliare. In secondo luogo il termine (di perenzione) per presentare l'istanza di vendita è sempre di 45 gg che decorrono però non dalla data del pignoramento, ma dal data del deposito, da parte del creditore, della nota di iscrizione a ruolo. 103. L'espropriazione presso terzi. NOZIONE E PRESUPPOSTI. Accade spesso che il debitore esecutato non abbia, presso la propria residenza, i beni mobili di valore sufficiente a fare fronte al credito portato dal titolo esecutivo, ma vanti, nel proprio patrimonio: ® Situazioni di credito verso terzi (es. egli è creditore degli stipendi che ogni mese gli devono essere pagati dal datore, o ha crediti verso clienti o è creditore verso una banca delle somme che si trovano su un conto corrente). ® Proprietario di cose mobili che si trovano presso terzi in base ad un rapporto obbligatorio (comodato, locazione) La legge prevede quindi che il creditore esecutante possa soddisfarsi anche su questi crediti o beni; ovviamente l'esecuzione è sempre contro il debitore, anche se coinvolge terzi. dell'assegno sociale; nel secondo caso, si applica la regola della non pignorabilità dell'importo dell'assegno sociale aumentato della metà e della pignorabilità fino a un quinto di ciò che supera tale somma. * perle ipotesi residuali di redditi da lavoro dipendente pagati brevi manu, rimane in vigore la vecchia regola per cui questi crediti sono pignorabili fino alla misura di 1/5 per ogni singolo creditore e non oltre la metà, nel caso di concorso fra più creditori, fatta salva ogni disposizione contenuta il leggi speciali. Per rafforzare tali disposizioni il legislatore ha previsto poi che il pignoramento eseguito al di fuori dei limiti di cui sopra detti è inefficacie e l'inefficacia può essere rilevata d'ufficio dal giudice dell'esecuzione, con ordinanza. Il debitore può proporre opposizione all'esecuzione ex art. 615.2 c.p.c. contestando la pignorabilità delle somme in questione, ma può anche stimolare l'intervento del giudice, rivolgendogli apposita istanza ex art. 486. In ogni caso, il giudice dell'esecuzione dovrà provvedere in contraddittorio con i creditori, fissando un'apposita udienza. IL MOMENTO PERFEZIONATIVO DEL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI. Se è vero che solo l'accertamento dell'esistenza o entità del rapporto obbligatorio perfezionano il pignoramento, va detto che l'effetto di protezione dei diritti dell'esecutante si realizza con la semplice notificazione dell'atto di pignoramento. Dispone in proposito, l'art. 546 c.p.c. che dal giorno in cui gli è notificato l'atto di pignoramento, il terzo è soggetto, relativamente alle cose o somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode. Il vincolo di indisponibilità a carico del terzo non riguarda tutto il credito se di importo maggiore, ma solo le somme indicate nel precetto aumentate della metà. Un’esecuzione presso terzi può avere effetti molto gravosi per l’esecutato, motivo per cui la legge prevede determinati strumenti per equilibrare gli interessi in gioco. Ad esempio il creditore, nell'incertezza di quali siano le banche che intrattengono rapporti con l'esecutato, può notificare l'atto di pignoramento contemporaneamente a molti istituti di credito terzi, sempre per il medesimo importo indicato in precetto. Di conseguenza, l'art. 546.2 c.p.c. dispone che nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, il debitore può chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti, o la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi; il giudice dell'esecuzione, convocate le parti, provvede con ordinanza non oltre 20 giorni dall'istanza. Si ottiene così il risultato di ristabilire una corretta proporzione tra l'importo pignorato e quello per il quale il creditore ha diritto di procedere. La stessa sottoposizione del terzo all'obbligo di custodia, limitata all'importo del credito precettato, aumentato della metà, ha un effetto di garanzia per il soggetto esecutato. Se A subisce una esecuzione per l'importo di 200 e sul conto corrente bancario ha un credito di 1000, la banca dovrà mantenere sul conto una somma pari a 300, lasciando il correntista debitore libero di operare sul resto. È soltanto la dichiarazione affermativa del terzo a perfezionare il pignoramento. Così il processo esecutivo può avere quattro possibili sviluppi: 1. dichiarazione affermativa: se il terzo conferma l'esistenza del rapporto obbligatorio (quindi dichiarazione affermativa) il pignoramento si perfeziona e l'esecuzione per espropriazione procede. dichiarazione negativa; mancata dichiarazione; dichiarazione (negativa o affermativa) contestata: se invece la dichiarazione è negativa il creditore esecutante può abbandonare l'iniziativa a cercare altri beni da pignorare (perché si convince della correttezza della dichiarazione negativa) e in questo caso il processo esecutivo si estingue LA MANCATA DICHIARAZIONE E L’ACCERTAMENTO GIUDIZIALE. Può accadere che ilterzo non renda la dichiarazione, oppure che su di essa sorgano contestazioni. In questi casi sino al 2012 se il creditore intendeva insistere, il pignoramento si poteva perfezionale soltanto mediante l'accertamento dell'esistenza del rapporto obbligatorio fra il debitore e il terzo, che il giudice stabiliva, con sentenza, al termine di un incidente di esecuzione, governato dalle norme sul rito ordinario. Oggi, invece, l'art. 548 c.p.c., modificato dalla legge 162/2014, prevede che quando all'udienza fissata con l'atto di pignoramento il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa una udienza successiva. L'ordinanza è notificata al terzo 10 giorni prima della nuova udienza. Se questo non compare alla nuova udienza, o comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso. Al medesimo esito si perviene se ilterzo compare già alla prima udienza, ma senza rendere la dichiarazione. La non contestazione ha quindi l'effetto che il credito pignorato si presume accertato, seppur solo ai fini del processo esecutivo, perciò il giudice con ordinanza assegna al creditore la relativa somma. Al terzo è data la possibilità di proporre l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617.1 c.p.c. contro l'ordinanza di assegnazione delle somme al creditore procedente ma solo per il caso in cui possa provare che la sua mancata dichiarazione è dovuta alla mancanza di tempestiva conoscenza del procedimento esecutivo per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (art. 548.4 c.p.c.). Con riguardo, invece, al caso in cui il terzo renda la dichiarazione, ma questa sia contestata, l'art 549 c.p.c. precisa che se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo, attraverso modalità procedurali sommarie. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi. Occorre considerare anche un'altra ipotesi intermedia, ovvero quella in cui l'atto di pignoramento (redatto già di per sé senza una completa conoscenza dei rapporti debitore- terzo) non consenta l'esatta identificazione dei crediti o dei beni del debitore in possesso del terzo e che la dichiarazione del terzo manchi o non sia univoca. Ovviamente, in tal caso, non si potrebbe riconoscere lo stesso effetto presuntivo, visto nel caso di mancata dichiarazione. Per questo motivo, l'ordinanza di assegnazione delle somme o dei beni al creditore può essere pronunciata solo se sussistono i requisiti di chiarezza (art. 548 c.p.c.). Se invece l'individuazione non è possibile, il regime di questa fattispecie si assimila a quello in cui vi sia una dichiarazione del terzo contestata. Pertanto, anche in questo caso il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte e previo il necessario accertamento in contraddittorio tra le parti e con il terzo, decide (sempre ai soli fini endo-esecutivi) con ordinanza (art. 549 c.p.c.). Ne segue che se non vi è istanza di parte e manca la chiarezza nell'individuazione, il pignoramento non si perfeziona (per incertezza dell'oggetto) e il giudice non può disporre l'assegnazione. Quindi l'interesse a chiedere l'accertamento è più che altro dei creditori anche se la norma di riferisce alle parti in genere). Anche nel caso di espropriazione presso terzi si può avere l'intervento di altri creditori (art. 551 c.p.c.), che è tempestivo purchè avvenga anteriormente alla prima udienza di comparizione delle parti. Il terzo potrebbe poi avere già ricevuto altri pignoramenti in relazione al rapporto obbligatorio che intrattiene con il debitore principale. In tal caso, è tenuto a indicarli e se gli altri pignoramenti sono eseguiti dopo che ha reso la dichiarazione, può limitarsi secondo l'art. 550 c.p.c. a richiamare la dichiarazione precedente e i pignoramenti ai quali si riferiva. L'interesse e l'efficacia dell'espropriazione presso terzi consistono nel fatto che se il terzo si dichiara (spontaneamente) o è dichiarato (per effetto della non contestazione o dell'ordinanza) debitore di somme di denaro esigibili immediatamente o in termini non maggiori di 90 giorni, il giudice dell'esecuzione le assegna in pagamento al creditore procedente e ai creditori intervenuti (art. 553 c.p.c.). Si evita quindi la necessità di una vendita forzata che rimane invece per il caso in cui il terzo debba restituire cose che aveva in detenzione (art. 552 c.p.c.). Resta naturalmente l'ipotesi di assegnare le cose al creditore. PIGNORAMENTO PRESSO TERZI D’UFFICIO. Le norme sui poteri d'indagine dell’ufficiale giudiziario aprono alla possibilità di un e non adempia agli altri obblighi che la legge pone a suo carico. Se autorizzato dal giudice dell'esecuzione, il debitore può dare in locazione l'immobile pignorato. Tutto questo non vale se il debitore non vive nell’immobile: in questo caso, il debitore è tenuto a liberare l'immobile al momento della nomina del custode o quando il giudice ne dispone l'aggiudicazione al momento della vendita o l'assegnazione. Occorre precisare che la nuova formulazione da un lato tutela maggiormente il debitore rispetto ad un bene primario come la casa, ma dall’altro potrebbe complicare la vendita dell'immobile e quindi ritardare la realizzazione del credito (del creditore esecutante e di quelli intervenuti). L'ordine di liberazione dell'immobile viene disposto — nei casi e nei momenti in cui è previsto — sentiti il debitore e il custode. La relativa attuazione spetta informalmente al custode, senza aprire una procedura di rilascio, ma dando luogo ad un semplice sub-procedimento interno al processo esecutivo per espropriazione. Il custode è incaricato dell'attuazione anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario se questi non lo esonerino. Infine, il giudice dell'esecuzione — quando dispone la vendita — detta anche le modalità per l'esercizio del diritto di visita degli eventuali interessati. Si tratta di un compito abbastanza complicato dato che gli occupanti (il debitore e la sua famiglia) non hanno alcun interesse a facilitare le visite dei possibili acquirenti. IL PROVVEDIMENTO CHE DISPONE LA VENDITA Il trasferimento coattivo del bene espropriato al terzo acquirente — ai fini della liquidazione richiesta dall’esecutante — necessita: — in primo luogo, il rispetto delle norme sostanziali sulla circolazione e sulla pubblicità dei beni immobili; — diassicurare forme di vendita: ® efficaci; e idonee adottenere un prezzo competitivo; ® trasparenti ed esenti da indebite forme di pressione. Le fasi che vanno distinte sono: a) il provvedimento che dispone la vendita; b) lo svolgimento della vendita; c) l'aggiudicazione al terzo acquirente; d) il trasferimento del bene all'acquirente Sotto il primo profilo l'art. 567 c.p.c. dispone: e alcomma1che trascorso il termine di 10 giorni dal pignoramento, il creditore pignorante e i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la vendita dell'immobile pignorato (c.d. istanza di vendita). e alcomma2che il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro 60 giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l'estratto del catasto, i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all'immobile pignorato. Tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali. e alcomma3che il termine detto può essere prorogato una sola volta su istanza dei creditori o dell'esecutato, per giusti motivi e per una durata non superiore ad ulteriore 60 giorni. Inoltre, un termine di 60 giorni è assegnato al creditore dal giudice, quando lo stesso ritiene che la documentazione da questi depositata deve essere completata. Se la proroga non è richiesta o non concessa, o se la documentazione non è integrata nel termine assegnato, il giudice dell'esecuzione anche d'ufficio dichiara l'inefficacia del pignoramento relativamente all'immobile per il quale non è stata depositata la documentazione. L'inefficacia è dichiarata con ordinanza, sentite le parti. Il giudice con l'ordinanza dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento e dichiara l'estinzione del processo esecutivo se non vi sono altri beni pignorati. Un aspetto importante che potrebbe dar luogo ad abusi è la determinazione del valore dell'immobile. È il mercato a fissare il valore dei beni immobili, tuttavia tale valore non deriva solo da elementi oggettivi (quali potrebbero essere la superficie, lo stato di manutenzione, l'ubicazione) ma spesso anche da profili soggettivi. Ad esempio, A potrebbe essere disposto a pagare per l'immobile X una somma maggiore rispetto a B, se quell’immobile si trova in un luogo adatto per le sue esigenze professionali o familiari. e Ildebitore ha interesse che la stima sia particolarmente alta, in modo da estinguere, con la vendita forzata, il maggior numero di debiti. Oppure potrebbe mirare ad una stima bassa, se un amico compiacente è disposto a investire denaro (ovviamente il meno possibile) per comprare l'immobile in sede giudiziaria e consentirgli di continuare ad occuparlo. ® creditori hanno interesse ad una stima che non scoraggi i possibili terzi acquirenti: un valore fuori mercato lascerebbe l'immobile invenduto. A tal riguardo l'art 568 c.p.c. — modificato dalla legge 132/2015 — stabilisce che il valore dell'immobile ai fini dell’espropriazione sia determinato da un esperto nominato dal giudice, in base al calore di mercato e tendo conto di tutti gli elementi che, nel libero mercato, concorrono a fissare il prezzo di un immobile: dalla superficie commerciale allo stato d’uso e di manutenzione, fino agli oneri per l'eventuale regolarizzazione urbanistica. A questo punto si passa alla fase di vendita. L'art. 569 c.p.c. sancisce: e alcommaliche il giudice dell'esecuzione — entro 15 giorni dal deposito del ricorso al quale sono allegati l'estratto del catasto, i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all'immobile pignorato (ovvero il certificato notarile) - nomina l'esperto che presta giuramento mediante sottoscrizione del verbale si accettazione e fissa l'udienza per la comparizione delle parti e degli eventuali creditori privilegiati non intervenuti. Non oltre 30 giorni prima dell'udienza, il creditore pignorante e i creditori già intervenuti depositano un atto, sottoscritto personalmente dal creditore e preventivamente notificato al debitore esecutato, nel quale è indicato l'ammontare del residuo credito per cui si procede, comprensivo degli interessi maturati, del criterio di calcolo di quelli in corso di maturazione e delle spese sostenute fino all'udienza. Se questa formalità viene omessa — agli effetti della liquidazione della somma in sede di istanza di conversione — il credito resta fissato nell'importo indicato negli atti di precetto o di intervento, maggiorato solo degli interessi al tasso legale e delle spese successive. e alcomma2che all'udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e devono proporre — a pena di decadenza — le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decaduti dal diritto di proporle. e alcomma3che nel caso in cui non vi siano opposizioni, il giudice dell'esecuzione dispone con ordinanza la vendita forzata: — fissando un termine (non inferiore a 90 e non superiore a 120 giorni) entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto; — stabilendo le modalità con cui deve essere presentata la cauzione (se la vendita è fatta in uno o più lotti); il prezzo base; l'offerta minima; il termine (non superiore a 120 giorni dall’aggiudicazione) entro il quale il prezzo deve essere depositato; — indicando l’udienza per la deliberazione sull’offerta e per la gara tra gli offerenti. e alcomma4che con la stessa ordinanza il giudice stabilisce — salvo che sia pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura — che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti, l'incanto (nei casi previsti) e il pagamento del prezzo siano effettuati con modalità telematiche. e alcommaSche se vi sono opposizioni (si apre il consueto incidente di cognizione) il Tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell'esecuzione dispone la vendita con ordinanza. ® alcomma 6che con la stessa ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale essa deve essere notificata ai creditori non comparsi. LO SVOLGIMENTO DELLA VENDITA: LA VENDITA SENZA INCANTO Tradizionalmente la vendita immobiliare si svolgeva soprattutto con il sistema dell'incanto e cioè con l’asta pubblica, in cui i potenziali acquirenti si presentavano in una apposita udienza, formulando offerte al rialzo rispetto al prezzo base. Vinceva colui che presentava l'offerta più alta, non superata da altre maggiori offerte in un determinato intervallo di tempo (necessario affinché si spegnessero tre lunghi fiammiferi — le c.d. candele vergini). Questo sistema è ancora possibile, ma è diventato residuale perché il legislatore favorisce la vendita senza incanto (ex art. 569 c.p.c.). Infatti, oggi, la vendita con incanto può essere disposta solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità permetta di conseguire un prezzo superiore della metà rispetto al valore di stima dell'immobile o del mobile (artt. 503 comma 2 e 569 comma 3 c.p.c.). L'immobile pignorato — di cui è stata ordinata la vendita — viene posto sul mercato, precisamente attraverso specifiche forme pubblicitarie, si informa che quel bene, con quelle miglior offerente. Infine, eventuali istanze di assegnazione prevalgono sulle offerte di acquisto inferiori al prezzo di stima (art. 573 c.p.c.). Per facilitare i potenziali acquirenti, l'art 574 comma 2 c.p.c. stabilisce che quando il pagamento avviene ratealmente — il che può realizzarsi sia nel caso di un'unica offerta, sia nel caso di più offerte — il giudice può autorizzare l'aggiudicatario ad occupare l'immobile prima di aver concluso il pagamento (quindi prima del decreto di trasferimento), purchè presti una fideiussione (rilasciata con modalità rigorose) di importo pari almeno al 30% del prezzo di vendita. LO SVOLGIMENTO DELLA VENDITA: LA VENDITA CON INCANTO Incanto significa asta pubblica, è una gara a cui tutti tranne il debitore possono partecipare, secondo modalità prefissate. Le vendite immobiliare e mobiliari possono farsi con incanto solo se il giudice dell'esecuzione ritiene che con questo sistema essa possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore di stima dell'immobile. L’art. 576 c.p.c. “contenuto del provvedimento che dispone la vendita” sancisce che il giudice dell'esecuzione, quando ordina l'incanto stabilisce (facendosi anche consigliare da un esperto): se la vendita si deve fare in uno o più lotti; il prezzo base dell'incanto determinato in rapporto alla stima; il giorno e l'ora dell'incanto; BWN il termine che deve decorrere tra il compimento delle forme di pubblicità e l'incanto, e le eventuali forme di pubblicità straordinaria ex art. 490 ultimo comma c.p.c.; 5. l'ammontare della cauzione in misura non superiore al decimo del prezzo base d'asta e il termine entro il quale tale ammontare deve essere prestato dagli offerenti; 6. la misura minima dell'aumento da apportarsi alle offerte; 7. il termine non superiore a 60 giorni dall'aggiudicazione, entro il quale il prezzo deve essere depositato e le modalità del deposito L’art. 579 c.p.c. prevede che ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte all'incanto. Le offerte devono essere fatte personalmente o attraverso un mandatario munito di procura speciale. | procuratori legali (gli avvocati) possono presentare anche offerte per persona da nominare. L’art. 580 c.p.c. stabilisce che per offrire all'incanto, è necessario aver prestato la cauzione disposta dal giudice. Se l'offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione è immediatamente restituita dopo la chiusura dell'incanto, salvo che l'offerente non abbia omesso di partecipare all'asta pubblica, personalmente o attraverso procuratore speciale, senza documentato e giustificato motivo. In tal caso la cauzione è restituita solo nella misura dei 9/10 dell'intero e la restante parte è trattenuta a tutti gli effetti come posta attiva dell'esecuzione (la ratio è quella di sanzionare comportamenti dilatori e abusivi). Con le Riforme del 2005/2006 la vendita con incanto è stata resa più difficoltosa attraverso una serie di disposizioni, come: — l'importo della cauzione (art. 576 c.p.c.); — lasanzione della non restituzione della cauzione versata in caso di mancata partecipazione della gara (art. 580 c.p.c.); — ilimiti posti all'istanza di assegnazione (art. 588-589 c.p.c.). L'art. 581 c.p.c. dispone che l’incanto si svolge davanti al giudice dell'esecuzione, nella sala delle udienze pubbliche. Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base o l'offerta precedente nella misura indicata nelle condizioni di vendita (ad esempio, rialzi minimi di 5000 €). Quando sono trascorsi 3 minuti dall'ultima offerta senza che ne segua un'altra maggiore, l'immobile è aggiudicato all'ultimo e quindi maggiore offerente. Ogni offerente cessa di essere tenuto per la sua offerta se essa è superata da un'altra, anche se poi questa è dichiarata nulla. L’ art. 583 c.p.c. sancisce che nel caso in cui l'aggiudicazione sia avvenuta a mezzo di un avvocato per persona da nominare, il legale deve dichiarare in cancelleria nei tre giorni dall'incanto il nome della persona per la quale ha fatto l'offerta, depositando il mandato. In mancanza l'aggiudicazione diviene definitiva al nome dell'avvocato. L'aggiudicazione non chiude definitivamente la vendita, infatti vi è la possibilità che un soggetto — anche se l'incanto sia già avvenuto — formuli un'offerta superiore di almeno 1/5 a quella vittoriosa. Dato che l’obiettivo è quello di ricavare il maggior prezzo possibile, l'art. 584 c.p.c. prevede che — anche dopo l'incanto — possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine perentorio di 10 giorni, ma esse non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di 1/5 quello raggiunto nell'incanto. Queste offerte possono riaprire la gara: devono essere assistite da una cauzione doppia di quella versata per la prima gara e se sono regolari danno luogo ad un nuovo confronto tra i potenziali acquirenti del bene. A questa nuova gara possono partecipare oltre agli offerenti in aumento e all'aggiudicatario, anche gli offerenti al precedente incanto purchè, entro il termine fissato dal giudice, abbiano integrato la cauzione. Se nessuno degli offerenti in aumento partecipa a questa nuova gara, l'aggiudicazione diventa definitiva e il giudice pronuncia a carico degli offerenti in aumento, salvo che ricorra un documento e giustificato motivo, la perdita della cauzione, il cui importo è trattenuto come attivo dell'esecuzione. Va detto che il giudice dell'esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto. Ipotesi limite che suppone una ripresa della fase di vendita. L’AGGIUDICAZIONE E IL TRASFERIMENTO All'esito della procedura di vendita — con o senza incanto — si individua il soggetto aggiudicatario del bene. Questi deve, come prevede l'art. 585 c.p.c., versare il prezzo nel termine e nel modo fissati dall'ordinanza che dispone la vendita e poi consegnare al cancelliere il documento che prova l'avvenuto versamento (si tratterrà normalmente di un bonifico, su un apposito conto corrente intestato alla procedura). Può accadere che l'aggiudicatario non versi il prezzo. In questo caso — secondo l’art. 587 c.p.c. — il giudice lo dichiara decaduto, pronuncia la perdita della cauzione, che resta acquisita come attivo dell'esecuzione e dispone la ripresa della vendita. Resta una sanzione ulteriore per l'aggiudicatario inadempiente: se dalla nuova procedura di vendita si ricava un prezzo che, sommato alla cauzione confiscata, resta inferiore a quello del primo incanto, l'aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza. Nel caso l'aggiudicatario inadempiente fosse stato ammesso al versamento rateale del prezzo, il mancato versamento anche di una sola rata comporta la perdita di tutte le rate già versate; inoltre, se tale aggiudicatario fosse già stato immesso nel possesso dell'immobile, il giudice dell'esecuzione gli ordina con decreto — che costituisce titolo esecutivo — di rilasciare l'immobile a mani del custode. L'ultimo passaggio dell'esecuzione immobiliare è il decreto di trasferimento: si tratta del provvedimento che definitivamente trasferisce la proprietà del bene dal debitore all'aggiudicatario. Questo anche se ha già pagato il prezzo acquista la proprietà del bene solo dopo il decreto di trasferimento (ex art. 586 c.p.c.). Il decreto di trasferimento: e è l’atto con cui lo Stato — esercitando il potere giurisdizionale — trasferisce il bene espropriato dal debitore esecutato (che fino a quel momento ne era intestatario) al soggetto aggiudicatario, che ora (e non prima) ne diventa proprietario; e che dovrà essere trascritto ai fini della continuità dei passaggi di proprietà immobiliare, ha tre contenuti: 1. identifica il bene, ripetendo la descrizione che di esso era stata fatta nell'ordinanza di vendita. Si tratta di un aspetto importante perché eventuali errori o omissioni (si pensi alla mancata indicazione di una pertinenza) si trasmettono di conseguenza. In altre parole, all'aggiudicatario è trasferito soltanto quello che è venduto così come indicato nell'apposita ordinanza. 2. ordina che si cancellino la trascrizione dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, anche quelle successive alla trascrizione del pignoramento. L’aggiudicatario diventa proprietario di un bene libero da ogni gravame, c.d. efficacia purgativa dell'esecuzione forzata sul bene. 3. contiene l'ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l'immobile venduto. Quindi il decreto costituisce il titolo esecutivo per il rilascio Quanto al rapporto tra professionista e giudice dell'esecuzione è bene sottolineare, che il potere giurisdizionale — in forza del quale avviene l'espropriazione — è e resta dello Stato ed è esercitato dal giudice. Il professionista è un delegato che esercita poteri non suoi, per tale ragione in caso di difficoltà il professionista è autorizzato a rivolgersi al giudice, ed è il giudice ad avere l'ultima parola. Si tratta di una delega di funzioni compiuta per ragioni organizzative, ma non di un pieno trasferimento dei poteri. Infatti il decreto di trasferimento è predisposto dal professionista, ma è emanato dal giudice dell'esecuzione. La norma precisa che — avvenuto il versamento del prezzo — il professionista delegato predispone il decreto di trasferimento, ma poi trasmette al giudice dell'esecuzione il fascicolo perché sia il giudice a firmare il provvedimento. Infine l'ultimo comma dell'art. 591-bis c.p.c. prevede che la delega venga revocata, sentito il professionista, se non vengono rispettati i termini e le direttive impartiti dal giudice a meno che queste inosservanze dipendano da causa non imputabile. L’AMMINISTRAZIONE PROVVISSORIA DELL'IMMOBILE Le procedure di espropriazione immobiliare nella pratica possono risultare particolarmente lunghe (sia per la loro complessità, sia per i molti casi di incidenti di cognizione). In tale lasso di tempo, è necessario amministrare l'immobile (artt. 592 - 595 c.p.c.). Questo compito è affidato dal giudice — per un tempo non superiore a 3 anni, ma prorogabile — a uno o più creditori o a un istituto a ciò autorizzato, o allo stesso debitore se tutti i creditori vi consentono. All'amministratore giudiziario si applicano le norme sul custode. Egli deve presentare rendiconti periodici (ogni trimestre) e il rendiconto finale (sulla cui approvazione possono sorgere contestazioni, con il relativo incidente di cognizione risolto dal giudice con ordinanza non impugnabile). Le eventuali rendite nel frattempo percepite possono essere assegnate ai creditori. L'amministrazione cessa quando scade il termine fissato dal giudice per l'amministrazione (salvo proroghe che comunque non possono portare il termine ad un periodo superiore ai 3 anni), o quando l'immobile viene venduto o assegnato. IL RIPARTO Salvo che vi sia un solo creditore, nel qual caso è a questi che devono essere assegnati gli importi ricavati nella procedura esecutiva, il giudice dell'esecuzione (o il professionista delegato) forma un progetto di distribuzione — anche parziale — contenente l'indicazione delle somme ricavate, l'elenco dei creditori e la loro gradazione, vale a dire l'ordine di preferenza in cui devono essere pagati (c.d. riparto). Il progetto di distribuzione, che deve essere redatto entro 30 giorni dal versamento del prezzo, viene depositato in cancelleria. Sia il debitore che i creditori lo possono consultare. Il giudice fissa, l'udienza per l'audizione delle parti. Per rendere meno gravosa l’attesa dei creditori l’art.596 c.p.c. consente al giudice dell'esecuzione di predisporre un progetto di distribuzione parziale delle somme ricavate, purchè non oltre il 90% delle somme da ripartire/dividere. Questa distribuzione può avvenire non solo a favore dei creditori accertati, ma anche a beneficio: 1. dei creditori intervenuti senza titolo esecutivo, ma in possesso di un sequestro già eseguito o di un titolo derivante da scritture private qualificate. Questi hanno diritto all’'accantonamento delle somme per cui si procede, in attesa di vincere la contestazione del debitore e procurarsi il titolo esecutivo che non hanno; 2. dei creditori che hanno in corso una controversia distributiva, se presentano una fideiussione autonoma, irrevocabile e rilasciata da un soggetto qualificato; 3. dai creditori che avrebbero diritto a soddisfarsi, se risultasse insussistente il diritto dei creditori menzionati nei due punti precedenti — sempre previa presentazione di fideiussione autonoma, irrevocabile e rilasciata da un soggetto qualificato. Una volta approvato il progetto (per effetto di un accordo tra le parti o anche implicitamente se nessuno compare in udienza) il giudice ordina il pagamento delle somme ai soggetti e nella misura indicata nel progetto. Quindi l'espropriazione è giunta al termine e i creditori hanno conseguito la soddisfazione richiesta. Nel caso in cui il progetto non sia approvato e sorgono contestazioni, possono essere discussi: — l'entità dei crediti dei creditori privilegiati, che non hanno dovuto conseguire un titolo esecutivo e la cui pretesa non è stata filtrata da un accertamento; — (ovvero) l'ordine di pagamento di alcuni creditori. Si presenta, quindi, il problema della capienza: ossia se dall'esecuzione forzata non sia risultato un ricavato sufficiente per tutti, alcuni restano esclusi con la conseguenza della inefficacia, nei loro confronti, del processo esecutivo. Le controversie sulla distribuzione vengono risolte secondo il meccanismo semplificato ex art. 512 c.p.c. 105. Le forme particolari di espropriazione. L'esecuzione in forma specifica. L’ESPROPRIAZIONE DEI BENI INDIVISI Il codice regola alcune forme particolari di espropriazione, la cui caratteristica sta nella loro situazione giuridica, che vede coinvolti soggetti terzi che non soggetti passivi dell'esecuzione ma che in misura diversa ne subiscono le conseguenze. Il primo caso è quello in cui si debba espropriare un bene appartenente a più comproprietari, dove però uno solo o solo alcuni dei quali sia il soggetto passivo dell'esecuzione forzata. In questo caso, il codice prevede varie fasi: 1. ai comproprietari viene dato avviso del pignoramento — a cura del creditore pignorante — e viene loro intimato di non lasciar separare la sua parte di cose comuni dal comproprietario debitore, senza ordine del giudice (art. 599 c.p.c.) 2. sitenta— ove possibile — di giungere alla separazione in natura della quota spettante al debitore (il che sarà facile in certi casi - ad esempio, un deposito bancario cointestato — e molto difficile in altri); 3. se questa via non è percorribile, si può tentare la vendita della quota indivisa (ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa), che però non è economicamente conveniente, perchè chi compra difficilmente accetta di trovarsi in comproprietà con estranei; 4. infine, come ultima soluzione vi è la divisione del bene, secondo le regole del codice civile (art. 600 c.p.c.) e nel frattempo l'esecuzione è sospesa (art. 601 c.p.c.): è chiaro che i comproprietari non debitori subiscono una compressione dei loro diritti, si trovano a subire una divisione forse non rispondente ai loro interessi. L’ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO Il secondo caso è quello dell'espropriazione contro il terzo proprietario. I diritti di prelazione sono caratterizzati dal c.d. diritto di seguito: i trasferimenti successivi del bene non estinguono i diritti di prelazione e quindi essi passano a carico del nuovo avente causa (ad esempio, se su un bene sono costituiti pegno o ipoteca e il bene viene alienato, l'alienazione comporta anche il trasferimento dell'ipoteca). Può accadere quindi che il creditore ipotecario, per soddisfare il proprio credito non debba agire contro il debitore originario, ma contro il terzo che è diventato proprietario del bene. Situazione identica, ai fini processuali, è quella dell'azione revocatoria: il creditore dell'alienante fraudolento può agire direttamente sul bene dell'acquirente fraudolento. L'esecuzione per espropriazione si svolge secondo le disposizioni comuni (art. 602 c.p.c.), ma con alcune particolarità: e il titolo esecutivo e il precetto devono essere notificati anche al terzo e nel precetto deve essere fatta espressa menzione del bene del terzo che si intende espropriare (art. 603 c.p.c.); ® ilterzo ne deve essere avvertito, non solo a tutela dei suoi diritti, ma anche a finalità pratiche (ad esempio, il terzo consapevole dell'esistenza di una ipoteca a garanzia di un dato credito sull'immobile, potrebbe aver pattuito con il debitore alienante un prezzo inferiore, per un importo pari a quello del credito, impegnandosi a pagare tale importo non appena il creditore lo avesse richiesto); e ovviamente, il bene da pignorare e poi da vendere è il bene del terzo. Ne segue che il pignoramento e gli atti di espropriazione si compiono nei confronti del terzo, al quale si applicano tutte le disposizioni relative al debitore, tranne una: vale a dire il divieto di fare offerte di acquisto; e Ilcontraddittorio nel processo di esecuzione è esteso al terzo che deve essere sentito ogni volta che deve essere sentito il debitore. L'ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA Al complesso meccanismo dell’espropriazione forzata si affianca la semplicità dei procedimenti di esecuzione in forma specifica. — inaltricasi, gli incidenti concernono la legittimità dell’esecuzione forzata: è questa in particolare la materia delle opposizioni. Il codice conosce tre tipi di opposizione: 1. Opposizione all'esecuzione (art. 615 c.p.c.) _ è l'opposizione con la quale si contesta il diritto dell'esecutante a procedere ad esecuzione forzata. Non si contesta l'esistenza di un valido titolo esecutivo, ma il diritto dell'esecutante a procedere, sulla base di quel specifico titolo: — all'espropriazione forzata per quel dato importo; — (0)all'esecuzione di quella certa prestazione di dare o di fare in forma specifica; nei confronti di un ben identificato esecutato per: ® ragioni che attengono a vizi di legittimazione attiva o passiva; e motivi di fatto sopravvenuti; e (o)altre situazioni/ragioni analoghe. In altre parole, tale opposizione è un'azione di accertamento negativo. Un motivo specifico di opposizione all'esecuzione è quello della non pignorabilità dei beni (art. 615 comma 2 c.p.c.): in questo caso viene contestato il diritto di procedere ad esecuzione — no in generale — ma in rapporto ad uno o più beni determinati. Vi è una diversità strutturale, all’interno dell'opposizione all'esecuzione, fra: — icasiin cui iltitolo si sia formato con un previo accertamento giurisdizionale o comunque con un procedimento che l'ordinamento considera equivalente; — icasiin cui iltitolo abbia origine privata. In particolare, nel caso dei titoli di credito, l’esecutato può contestare non soltanto il contrasto fra contenuto sostanziale del titolo e modalità realizzative dell'esecuzione, ma anche l'invalidità del titolo (si pensi all’assegno con firma falsa o alla cambiale nulla) 2. Opposizione agliatti esecutivi (art. 617 c.p.c.) _ è una tipologia di opposizione che critica le modalità di attuazione del processo esecutivo (non critica il diritto di procedere ad esecuzione), in particolare: — nell’ipotesi prevista dall'art 617 comma 1 c.p.c. viene contestata la regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto; — nell’ipotesi prevista dall’art. 617 comma 2 c.p.c. viene contestata la corrispondenza allo schema legale delle attività procedurali esecutive (e quindi, i vizi relativi alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto, ovvero ai singoli atti di esecuzione). L'art 617 è il contenitore che raccoglie le forme di reazione dell'avente diritto (il debitore, ma anche un altro creditore) nei confronti di questi vizi procedurali: quindi non si mette in discussione il diritto dell'esecutante di procedere, ma l'esercizio corretto dell'esecuzione. 3. Opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.) _ è un’opposizione svolta dal terzo che si pretenda titolare di un diritto soggettivo incompatibile con quello fatto valere dall'esecutante. A differenza dell'opposizione di terzo contro una sentenza, che è una rara impugnazione straordinaria, qui si tratta di un giudizio di accertamento (comune) che tende ad affermare che il bene oggetto dell'esecuzione non rientra nel patrimonio dell'esecutato ed è quindi sottratto all'azione del creditore. Le opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi sono proponibili nei confronti di ogni tipo di esecuzione: — sia peril caso di esecuzione per espropriazione; — sia peril caso di esecuzione in forma specifica. Si discute, invece, se l'opposizione di terzo sia proponibile anche nei casi di esecuzione in forma specifica. La valorizzazione del diritto prevalente del terzo lascia pensare ad un impiego ampio di questa opposizione anche se la giurisprudenza va in senso contrario. La competenza territoriale per i giudizi di opposizione è inderogabile. L'art. 27 c.p.c. stabilisce che per le cause di opposizione all'esecuzione forzata di cui agli artt. 615 e 619 è competente il giudice del luogo dell'esecuzione, salva la disposizione dell'art. 480 comma 3 per cui se nell'atto di precetto manca la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui il precetto è stato notificato. L'art. 27 comma 2 c.p.c. prevede poi che per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi è competente il giudice davanti al quale di svolge l'esecuzione. L’OPPOSIZIONE A PRECETTO E L’OPPOSIZIONE SUCCESSIVA Nell'ambito dell'opposizione all'esecuzione si distinguono 2 fattispecie regolate dall'art. 615 commi 1e 2 c.p.c., vale a dire: 1. OPPOSIZIONE A PRECETTO_ che si propone contro l'esecutante, quando questi ha già minacciato l'esecuzione con la notifica del precetto, ma non l'ha ancora avviata. Questa forma di opposizione viene anche chiamata preventiva, nel senso che si apre prima che l'esecuzione sia iniziata. L'atto introduttivo è un atto di citazione (se si è in materia di lavoro o se si utilizza il rito a cognizione semplificata, l’atto introduttivo è il ricorso) che si propone dinanzi al giudice competente, per materia, valore e territorio (cioè quello del luogo dell'esecuzione o della notificazione del precetto ex art. 27 c.p.c.). Nel contesto di questa opposizione non si applica l'art. 185 disp. att., con il suo sistema di udienza camerale. Infatti, l'art. 185 disp. att. si riferisce al "giudice dell'esecuzione" e menziona una udienza che si svolge davanti a questo giudice, ma abbiamo detto che con l'opposizione a precetto l'esecuzione forzata ancora non è iniziata e quindi un giudice dell'esecuzione non c'è ancora. Vi sarà quindi una normale prima udienza (con le forme dell'art. 183 c.p.c. ovvero in quelle del diverso rito applicato) e il processo proseguirà secondo le regole ordinarie. La riforma del 2005 ha introdotto la possibilità di chiedere la sospensione dell'efficacia del titolo esecutivo e la L. n.132/2015 ha precisato che, se il diritto a procedere all'esecuzione è contestato solo parzialmente (si pensi al caso di un pagamento parziale avvenuto dopo la formazione del titolo esecutivo), l'efficacia esecutiva del titolo può essere sospesa in relazione alla sola parte contestata. In ogni caso la sospensione (parziale o totale) in seguito all'opposizione a precetto è possibile se si verificano gravi motivi, che ricorrono in presenza di 2 elementi: ® possibile irreperibilità delle conseguenze dell'esecuzione forzata (una sorta di periculum in mora); e valutazione positiva sull'esistenza del diritto dell'opponente (quindi una sorta di valutazione sul fumus dell’azione esecutiva). In conclusione va detto che l'opposizione a precetto è un normale procedimento di cognizione, caratterizzato solo dalla possibilità di ottenere la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. 2. OPPOSIZIONE SUCCESSIVA (opposizione all'esecuzione già iniziata) _ è la più frequente tra le opposizioni all'esecuzione ed è detta successiva perchè suppone un processo esecutivo già avviato (con il pignoramento nel caso dell'espropriazione, con la notifica dell'apposito avviso nel caso del rilascio e con l'inizio delle operazioni materiali nelle altre ipotesi). Lo scopo pratico di tale opposizione è quindi paralizzare l'esecuzione forzata. AI procedimento si applicano gli artt. 616 e 624 c.p.c. L'opposizione all'esecuzione e quella relativa alla pignorabilità dei beni, si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione, che fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Nella prima udienza di comparizione (in camera di consiglio) si svolgono 2 attività: — Dec ione sull'eventuale richiesta di sospensione dell'esecuzione, in applicazione di quanto disposto dall'art. 624 c.p.c., il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi, decide con ordinanza sulla sospensione, nel contraddittorio delle parti. Si deve aggiungere che l'udienza viene fissata con decreto, e quindi il relativo termine non è quello dell'art. 163 bis, ma quello stabilito dal giudice a ragion veduta e quindi anche molto breve, nel caso di particolare urgenza. Contro l'ordinanza che provvede sull'istanza di sospensione è possibile proporre reclamo con le modalità regolate dall'art 669terdecies (in materia di reclamo cautelare) a cui l'art. 624 c.p.c. fa richiamo; — Dopoaver deciso sulla sospensione, il giudice assegna poi alle parti un termine per proseguire il processo. La riforma del 2006 ha innovato le modalità di trattazione dell'opposizione all'esecuzione: ® la causa di opposizione deve essere introdotta non dinanzi al giudice dell'esecuzione, ma dinanzi all'ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice dell'esecuzione: — seilproprio ufficio giudiziario è competente, il giudice dell'esecuzione fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito; — seilproprio ufficio giudiziario non è competente, il giudice dell'esecuzione rimette la causa all'ufficio competente, con assegnazione di un termine perentorio per la riassunzione della causa (ex art. 616 c.p.c.). LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO La sospensione del processo esecutivo già iniziato (riservata dall'art. 623 c.p.c. al solo giudice dell'esecuzione) può essere: 1. COLLEGATA ALL’OPPOSIZIONE (art. 624 c.p.c.) _il legislatore con le recenti riforme, ha istituito un collegamento tra l'opposizione all'esecuzione e la sospensione dell'esecuzione: la seconda strumentale alla prima finisce per governare l'esito. In caso di opposizione all'esecuzione o di opposizione di terzo il giudice dell'esecuzione può sospendere — su istanza di parte e concorrendo gravi motivi — il processo esecutivo, eventualmente disponendo che la parte, a favore della quale è concessa la sospensione, presti una cauzione. Contro l'ordinanza che provvede sull'istanza di sospensione è ammesso reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. (non è ammesso un autonomo ricorso per Cassazione). Nei casi di sospensione del processo esecutivo così disposta e non reclamata, ovvero disposta e confermata in sede di reclamo, il giudice che ha disposto la sospensione — su istanza dell’opponente — dichiara con ordinanza, a sua volta reclamabile, l'estinzione del processo esecutivo e la cancellazione della trascrizione dal pignoramento: tutto ciò a meno che non sia stato instaurato il giudizio di merito sull’opposizione, nel termine assegnato dal giudice in base all’art. 616 c.p.c. AI giudice dell'opposizione viene, quindi, chiesto non solo di sospendere il procedimento, ma di mettere in luce una sorta di prognosi sull'esito della decisione sul merito. La linea è quella dei provvedimenti a contenuto anticipatorio, che non suppongono necessariamente l'instaurazione di un giudizio di merito. Una volta ottenuta la sospensione, il debitore esecutato ha davanti a sé l'estinzione del procedimento e quindi la liberazione dei beni pignorati e non dovrà fare niente. È invece il creditore che, se non vuole perdere ogni efficacia della procedura esecutiva intrapresa si deve attivare: nella prospettiva, però, di una prognosi decisamente sfavorevole. L'art. 624 comma 3 c.p.c. “in tema di ordinanza di estinzione del processo esecutivo sospeso”, si applica anche nel caso di sospensione del processo in sede di opposizione agli atti esecutivi in quanto compatibile. Infatti, mentre nel caso di opposizione all'esecuzione e nell'opposizione di terzo si contesta lo stesso diritto del creditore a procedere esecutivamente, nell'opposizione agli atti esecutivi si discute solo della regolarità formale di un atto o di un episodio di un'attività esecutiva in sé legittima. 2. LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO PER ACCORDO (art. 624-bis c.p.c.) _II presupposto è quello di un debitore che — specialmente nelle espropriazioni immobiliari — si sforzi di pagare i creditori, ma non riesca a farlo se non con dilazioni nel tempo. Ne segue che i creditori possono ritenere utile non accelerare la prosecuzione del processo esecutivo, ma dare tempo al debitore. Si realizza così un generale accordo tra i soggetti interessati ad attuare un programma di rientro del debito. La norma prevede che il giudice dell'esecuzione su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo e sentito il debitore, possa sospendere il processo fino a 24 mesi. L'istanza è proponibile fino a 20 giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto, o nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo, fino a 15 giorni prima dell'incanto. Sull'istanza, il giudice provvede nei 10 giorni successivi al deposito e se l'accoglie dispone nei casi in cui oggetto dell'esecuzione siano beni immobili o mobili registrati di valore maggiore di 25.000 euro che nei 5 giorni successivi al deposito del provvedimento di sospensione lo stesso sia comunicato al custode e pubblicato sul sito internet sul quale è pubblicata la relazione di stima. La sospensione può essere disposta per una volta sola. Ovviamente occorre evitare manovre dilatorie da parte del debitore: se il debitore ha assunto determinati impegni e non rispetta le scadenze, la sospensione può essere revocata in qualsiasi momento, su richiesta anche di un creditore solo, ma sentito comunque il debitore. Come detto con l'ordinanza che accorda la sospensione, il giudice dell'esecuzione stabilisce un termine dopo il quale il processo o si estingue o riprende il suo cammino. Tuttavia, nel secondo caso ogni parte interessata deve presentare l'istanza per la fissazione dell'udienza in cui il processo deve proseguire, entro 10 giorni dalla scadenza del termine. Se l'istanza non viene presentata il processo si estingue; se viene presentata il procedimento esecutivo riparte dal momento in cui si è fermato. La norma detta poi specifiche regole che limitano l'istanza della sospensione: così nelle espropriazioni mobiliari l'istanza per la sospensione può essere presentata non oltre la fissazione della data di asporto dei beni ovvero fino a 10 giorni prima della data della vendita se questa deve essere espletata nei luoghi in cui essi sono custoditi e comunque prima dell'effettuazione della pubblicità commerciale, ove disposta. Nelle espropriazioni presso i terzi, l'istanza non più essere proposta dopo la dichiarazione del terzo. Dal punto di vista della forma dei provvedimenti del giudice, questi sull'istanza per la sospensione del processo provvede con ordinanza, sentite le parti. Nei casi urgenti però, il giudice può disporre la sospensione con decreto, ne quale deve fissare l'udienza di comparizione delle parti. Alla udienza provvederà poi con ordinanza (art. 625 c.p.c.). Per entrambe le fattispecie di sospensione vale la regola per cui quando il processo di esecuzione è sospeso, nessun atto esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell'esecuzione (art. 626 c.p.c.). NORME DI COORDINAMENTO FRA SOSPENSIONE E OPPOSIZIONE Vi sono poi alcune disposizioni che coordinano la sospensione con l'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi. Il processo esecutivo sospeso deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione e in ogni caso non più tardi di 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che rigetta l'opposizione (art. 627 c.p.c.). Infatti, se è stata accordata la sospensione (qui ci si riferisce all'ipotesi di cui all'art. 624 c.p.c.) e il creditore ha poi instaurato il giudizio di merito, riuscendo ad ottenere una pronuncia favorevole, si tratta di ridare impulso al processo di esecuzione. Il legislatore utilizza il consueto strumento della riassunzione a seguito della quale il giudice dell'esecuzione darà le disposizioni necessarie per proseguire. Il secondo modo di coordinamento è dato dall'art, 628 c.p.c.: l'opposizione ai singoli atti esecutivi sospende il decorso del termine di efficacia del pignoramento, fissato in 45 giorni dall'art. 497. La disposizione cautela il creditore e mantiene efficace il pignoramento anche se un dato atto esecutivo successivo dovesse risultare invalido e andasse quindi ripetuto. L’ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO Il c.p.c. prevede due cause di estinzione del processo esecutivo (parallele a quelle del processo di cognizione): 1. larinuncia agli atti_ l'art. 629 c.p.c. stabilisce che il processo si estingue se, prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo rinunciano agli atti, mentre dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti (in quanto possibile si applicano le dispozioni dell'art. 306 c.p.c.); 2. l'inattività delle parti_ l'art. 630 c.p.c. afferma che il processo esecutivo si estingue, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice. Ancora l'art. 631 c.p.c. (con netto parallelismo con l'art. 309 c.p.c.) prevede che se nel corso del processo esecutivo nessuna delle parti si presenta all'udienza, fatta eccezione per quella in cui ha luogo la vendita, il giudice dell'esecuzione fissa un'udienza successiva di cui il cancelliere dà comunicazioni alle parti. Se nessuna si presenta alla nuova udienza, il giudice dichiara con ordinanza l'estinzione del processo esecutivo. Nel 2015 è stata introdotta una nuova fattispecie di estinzione: se è stata omessa la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche, per causa imputabile al creditore procedente o al creditore intervenuto dotato di funzione vicaria, nel termine stabilito dal giudice dell'esecuzione, questi dichiara con ordinanza l'estinzione del processo esecutivo (art. 631 bis c.p.c.). La stessa norma prevede che tale drastica disposizione non si applichi quando la pubblicità sul portale non è stata effettuata, perché i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti: si ammette quindi in sede normativa la possibile inefficienza della PA. Sempre in analogia con il processo di cognizione, il codice stabilisce che l'estinzione opera di diritto ed è dichiarata anche d'ufficio con ordinanza del giudice dell'esecuzione, non oltre la prima udienza successiva al suo verificarsi. L'ordinanza è comunicata a cura del cancelliere, se è pronunciata fuori dall'udienza. Contro l'ordinanza che dichiara l'estinzione o rigetta la relativa eccezione è ammesso reclamo da parte del debitore o del creditore pignorante ovvero degli altri creditori intervenuti nel termine perentorio di 20 giorni dall'udienza o dalla comunicazione dell'ordinanza e con l'osservanza delle forme di cui all'art. 178 commi 3,4,5. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza.
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