Scarica Massimo Carboni: La Mosca in 'La Passione di Giovanna D'Arco' e la Fotografia: Barthes e i e più Appunti in PDF di Teoria Del Cinema solo su Docsity! Nel suo libro, “La mosca di Dreyer”, Massimo Carboni dedica attenzione a un capolavoro della cinematografica mondiale, “La passione di Giovanna D’Arco” (1928) di Carl Theodor Dreyer, un film che presentava scelte stilistiche alquanto radicali: inquadrature oblique, decentrate, e soprattutto elevata frequenza di primi e primissimi piani che seguono in modo quasi ossessivo il volto e gli stati d’animo della protagonista, interpretata dall’attrice Renée Falconetti. Se osserviamo attentamente, ci accorgiamo che per ben due volte, in due distinte inquadrature del celebre La passione di Giovanna d’Arco del regista danese Carl Theodor Dreyer, una mosca si posa e zampetta per qualche secondo sul viso dell’attrice Renée Falconetti. Inesplicabile ed imprevisto, un frammento di reale – in tutta la sua immediatezza, in tutta la sua singolarità – fa a suo modo ingresso permanente nell’immagine. Il regista non taglia in montaggio le due inquadrature, lascia che questo minuscolo, insignificante incidente resti per sempre integrato nella sua opera. Non si tratta affatto di una programmatica accettazione del caso. Dreyer non è un dadaista né un surrealista; è un autore rimasto celebre per il suo rigore formale, per la sua capacità di controllo e di dominio sul linguaggio filmico. La mosca compare improvvisa in due scene importanti del film. Una prima volta durante l’interrogatorio che si svolge nell’aula ove si celebra il processo. La seconda, quando viene offerta alla Pulzella l’estrema unzione il cui prezzo è l’abiura. Occorre quindi considerare come nient’affatto futile e impertinente il dettaglio della mosca, perché esso incarna il contingente che non può non mostrarsi, l’inintenzionale che si dona, l’evento inaspettato. Quasi a sigillare il “cerchio magico” di queste coincidenze (inattese esattamente come la mosca cui ruotano attorno), bisogna osservare che il regista parla – a proposito del piccolo incidente accaduto durante le riprese – di un «dono del cielo» arrivato sul set. E guarda caso l’argomento in campo nel primo momento in cui irrompe la mosca è la grazia; nel secondo, un sacramento, l’estrema unzione. Una mosca, una stupida mosca, insetto tra l’altro legato alla sporcizia e alla decomposizione, forièra di un caposaldo teologico della cristianità? In effetti è così, ma rispondere articolatamente a questa domanda ci porterebbe lontano dal tracciato che ci siamo imposti. La camera chiara. Nota sulla fotografia (La chambre claire, Paris 1980) è un saggio scritto dal critico francese Roland Barthes nel 1980. L'opera in questione contiene digressioni e riflessioni sull'arte della fotografia. Barthes distingue tre elementi fondamentali dell'arte fotografica: • L'operator ovvero l'operatore, colui che fa la foto. • Lo spectator ossia il fruitore, lo spettatore. • Lo spectrum vale a dire il soggetto immortalato. L'autore distingue inoltre due modi che ha lo spectator di fruire una fotografia: • Lo studium è l'aspetto razionale e si manifesta quando il fruitore si pone delle domande sulle informazioni che la foto gli fornisce (costumi, usi, aspetti). • Il punctum, è invece l'aspetto emotivo, ove lo spettatore viene irrazionalmente colpito da un dettaglio particolare della foto. Il saggio La camera chiara è un testo fondamentale anche nell'indagine sul rapporto tra realtà e immagine, comunicazione e rappresentazione fotografica.[ La foto restituisce ciò che fotografa, il suo Referente, e lo fa attraverso la LUCE. «Una specie di cordone ombelicale collega il corpo della cosa fotografata al mio sguardo: benché impalpabile, la luce è qui effettivamente un nucleo carnale, una pelle che io condivido con colui o colei che è stato fotografato».