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Argomenti storia moderna, Appunti di Storia Moderna

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Scarica Argomenti storia moderna e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! RIVOLUZIONE FRANCESE Cause: la Francia era un paese ricco di contraddizioni, era il paese più ricco e più popolato d’Europa ma questa ricchezza era in mano di pochi. La società francese era una società rigida, divisa in classi sociali (antico regime) in cui c’erano ceti privilegiati (nobiltà e clero) e un terzo ceto (commercianti, intellettuali, contadini, popolazione cittadina povera, proprietari terrieri) che era la maggioranza. L’evento scatenante è che il bilancio dello stato era a rischio bancarotta. Così Luigi 16 avendo necessità di avere nuove entrate vuole imporre una tassa sulla terra, che va a colpire nobili e clero; e quindi gli si oppone il parlamento che rifiuta categoricamente (perché il parlamento era controllato dai nobili). A questo punto, il 5 maggio 1789 il Re convoca gli Stati Generali (cioè un’assemblea dei tre ordini: nobiltà, clero e terzo stato). Il voto negli Stati Generali era di norma dato per ordine, ma il terzo stato per questa volta chiese di fare il voto per testa, ovvero per singola persona, ma il Re rifiuta questa richiesta. Così, il terzo stato si autoproclama Assemblea Nazionale Costituente, giurando di non sciogliersi fino a che non fosse stata votata una Costituzione. Così inizia la rivoluzione. La borghesia aveva paura di un attacco all’assemblea costituente, così formò un esercito, la Guardia Nazionale ed attaccò la Bastiglia, simbolo del potere monarchico (14 luglio 1789). La rivolta divampa nelle città e nelle campagne della Francia, l’Assemblea rendendosi conto della situazione risponde al malcontento abolendo i privilegi feudali, i privilegi fiscali e dichiarando che l’accesso alle cariche pubbliche avviene per merito. Il 26 agosto 1789 scrivono la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e del cittadino, in cui si afferma l’uguaglianza giuridica dei cittadini. Partendo da questo momento verrà elaborata la costituzione del 1791 (stabilisce che la Francia è una monarchia costituzionale; la popolazione elegge l’assemblea che esercita il potere legislativo e i giudici che esercitano un potere giudiziario, non vengono eletti ma rimangono in carica il Re e i ministri che esercitano il potere esecutivo, che però hanno diritto di bloccare le leggi approvate dall’assemblea. Inoltre si stabilisce che tutti i francesi benestanti godono dei diritti civili, tranne i neri delle colonie, sono aboliti i dazi e le dogane interne e viene stabilito di espropriare i beni della Chiesa, ciò fece nascere degli scontri religiosi). Il Re formalmente giura fedeltà alla costituzione, ma tenta la fuga e viene arrestato. L’assemblea legislativa del 1791 istituisce un nuovo parlamento, che ha due aree politiche, la destra (perché stavano alla destra del presidente, costituita dalle persone più moderate che volevano la monarchia costituzionale) e la sinistra (costituita dai più radicali, che voleva una repubblica democratica, composta da più gruppi, tra cui i Giacobini, comandati da Robespierre e Danton). La crisi finanziaria e le sconfitte militari fanno sì che cresca il potere dei Sanculotti, ovvero i popolani. I loro obiettivi erano: il suffraggio universale, l’uguaglianza, la lotta contro i privilegi e la lotta contro i nemici della rivoluzione. Il popolo a questo punto, assale Palazzo Reale e costringe la Convenzione a -deporre il Re(che viene arrestato) e ad indire elezioni a suffragio universale maschile, x costituire una nuova assemblea costituente, chiamata Convenzione, che il 21 ssettembre 1792 proclama la Repubblica francese. La convenzione però non è unita, la maggior parte sono giacobini, di orientamento democratico e repubblicano, divisi in 2 gruppi: i Girondini (moderati, favorevoli alla borghesia, contro i sanculotti, contro le misure economiche che limitano il mercato, contro l’uccisione del Re ed erano capeggiati da Jacques-Pierre Bissot) e i Montagnardi (radicali, favorevoli ai sanculotti, favorevoli all’uccisione del Re e capeggiati da Robenspierre). Il 21 gennaio 1793 il Re venne ghigliottinato contro il parere dei girondini. Le continue sconfitte dell’esercito francese e l’aggravamento della crisi economia, fecero scoppiare una rivolta contro il governo rivoluzionario e quindi viene istituito il Comitato di salute pubblica, cioè 9 membri scelti dalla Convenzione con potere esecutivo; i Girondini si oppongono perché lo vedono come un primo passo verso la dittatura e tutti coloro che si oppongono vengono arrestati. Il Comitato di salute pubblica era dominato Robespierre che eserciterà una vera e propria dittatura. Il Comitato prende provvedimenti eccezionali, sia sul piano economico sia su quello politico. Attuano il blocco dei salari e dei prezzi, requisiscono i beni di prima necessità e comincia la vendita di piccoli terreni dello stato; vengono sospesi i diritti civili, eseguiti processi sommari per sospettati di essere contro la rivoluzione, emanate migliaia di condanne a morte. A un certo punto però Robenspierre perde tutti gli appoggi e nel 1974 la Convenzione abbatte il governo giacobino, i membri furono arrestati e ghigliottinati, compreso Robespierre. La convenzione rimane in carica fino al 1795 e prende provvedimenti importanti: ripristina la libertà di stampa, libera i detenuti politici, ripristina i diritti civili, abolisce i controlli sull’economia ed emana una nuova Costituzione. Questa nuova costituzione stabilisce il potere in questo modo: la popolazione elegge le due camere dei deputati, il consiglio degli anziani e il consiglio dei 500, le camere dei deputati esercitano il potere legislativo e nominano i membri del direttorio che esercitano il potere esecutivo ed infine c’è il potere giudiziario esercitato dai giudici, sempre eletti dai cittadini. A livello sociale dalla rivoluzione francese ci sarà un abolizione dei privilegi e l’uguaglianza di fronte la legge. 3 COSTITUZIONI RIVOLUZIONARIE 1791, 1793, 1795. La Costituzione del 1791 fu elaborata e approvata dall’Assemblea Nazionale Costituente nata il 9 luglio 1789 e composta dai rappresentanti di clero, nobiltà e Terzo Stato. La Francia cessava dunque di essere una monarchia assoluta e si trasformava in monarchia costituzionale. Ispirandosi ai principi di Montesquieu sulla divisione dei poteri il potere esecutivo venne assegnato al re che era anche capo dello Stato. Il sovrano trasmetteva il potere ereditariamente e governava lo Stato attraverso i ministri da lui nominati entro la compagine politica uscita vincente dalle elezioni. Il re aveva anche il potere di veto sospensivo sulle leggi votate dall’Assemblea Nazionale Legislativa alla quale spettava il potere legislativo. Il potere giudiziario venne invece affidato a giudici popolari eletti tra i cittadini. Il 20 settembre 1792 fu eletta una Convenzione per redigere una nuova Costituzione e il 21 settembre 1792 fu proclamata la Repubblica. Il 24 giugno 1793 fu approvato il nuovo testo che non entrò mai in vigore. Fu però avviato il nuovo calendario repubblicano che partiva dalla proclamazione della Repubblica. Il potere legislativo fu affidato alla Convenzione Nazionale di 749 deputati eletti ogni due anni. La Convenzione Nazionale nominava un governo con potere esecutivo. Vennero introdotti il suffragio universale e il referendum. La sovranità apparteneva al popolo; le libertà erano precisate con maggior dettaglio e alle garanzie liberali se ne aggiungevano alcune sociali( assistenza). Un colpo di Stato porta alla Costituzione del 1795. La nuova Costituzione era preceduta da una Dichiarazione dei Diritti che ridusse l’enumerazione delle libertà e a queste affiancò i doveri. Venne mantenuta la separazione dei poteri per evitare prevaricazioni. Il potere legislativo fu affidato a due Camere: il Consiglio dei Cinquecento che proponeva le leggi e il Consiglio degli Anziani che approvava o respingeva le leggi proposte dai Cinquecento. Il potere esecutivo spettava al Direttorio, composto da cinque membri che decadevano a rotazione ogni anno ed erano scelti dal Consiglio degli Anziani su una lista predisposta dal Consiglio dei Cinquecento. Il Direttorio era coadiuvato da un certo numero di ministri. Il potere giudiziario era affidato a una magistratura elettiva. L’Alta Corte di Giustizia giudicava i membri del Direttorio per i delitti commessi nell’esercizio delle loro funzioni dopo essere stati messi in stato d’accusa dai Consigli. Il suffragio diventava di nuovo censitario. 1 RIVOLUZIONE INGLESE La rivoluzione inglese è quella serie di eventi che portarono a una limitazione del potere assoluto, stabilendo un nuovo sistema di governo: la monarchia costituzionale. Nella monarchia assoluta il Calvino farà sue alcune delle filosofie protestanti, e in certi punti radicalizzerà alcune delle teorie di Lutero. Sarà un grande fautore della concezione del vecchio testamento, e (visione abramica di dio, ovvero un dio onnipotente ) calvino cercherà di ripristinare questa visione di onnipotente, di una figura totalmente trascendentale, diversa dall’uomo e che lo comanda, tanto che calvino radicalizzerà tantissimo il discorso della predestinazione, arriverà a sostenere che l’uomo non ha volontà: tutto è già scritto. L’unico modo con cui noi possiamo sapere di essere salvi è quello del successo nella propria vita (il discorso del lavoro assume un ruolo fondamentale: il lavoro è una preghiera, qualcosa di sacro.) Il successo per calvino significa essere benedetti dal signore, ricevere un segno della sua predilezione. Questo coincide con la nascita della nuova borghesia, mercanti e imprenditori ottengono il loro successo grazie al lavoro. Calvino governerà la città di Ginevra e lì vi instaurerà quasi una tirannia di stampo teologico durissima. GIUSEPPE II Essendo un discepolo molto attento dei filosofi illuministi, egli credeva nell’onnipotenza della ragione: la sua logica molto rigorosa gli faceva disprezzare l’attaccamento alle tradizioni ed il rispetto degli interessi privati anche se legittimi. Cercò di continuare e perfezionare l’opera unificatrice intrapresa dalla madre ma la fretta ed il rigore con cui volle attuare le riforme suscitarono delle opposizioni violente. Pretese, per questo, di applicare le stesse leggi in tutti gli Stati dell’Impero, facendo del tedesco l’unica lingua ufficiale. Solo un anno dopo la morte della madre, promulgò un decreto con cui aboliva la servitù personale, permettendo così alla classe contadina di realizzare dei grandi progressi. Sulla scia della madre, incoraggiò l’industria, il commercio e si interessò dell’istruzione pubblica. In campo religioso il suo intervento si differenziò notevolmente da quello di Maria Teresa. La madre era sempre rimasta fedele alla religione cattolica, mentre Giuseppe II accordò la libertà di culto ai protestanti con un apposito editto, l’Editto di Tolleranza e prese anche delle misure nei confronti della libertà di culto a favore degli Ebrei.. Senza prendere accordi preventivi con il Papato, volle anche riformare la chiesa cattolica, sopprimendo molti conventi e lasciando solo quelli che si dedicavano all’insegnamento e ad opere caritatevoli. Convinto della necessità dell’indipendenza del potere temporale e della sua supremazia sul potere spirituale, proibì la pubblicazione delle bolle papali ed ogni forma di corrispondenza dei prelati austriaci con Roma. Preoccupato, il Papa Pio VI si affrettò a recarsi a Vienna, ma tutto fu utile, perché Giuseppe II rifiutò di discutere con lui e il tentativo di sottoporre la Chiesa cattolica alle dipendenze dello stato (= giuseppismo) trionfò. Tutte queste riforme, forse attuate in modo un po’ troppo frettoloso, furono causa di rivolte in Ungheria e nei Paesi Bassi. Tuttavia, la sua opera non fu inutile perché con le sue misure economiche e sociali Giuseppe II aveva assicurato il rinnovamento della società nei diversi stati che facevano parte dell’Impero asburgico e preparato i nazionalismi che caratterizzeranno il XIX secolo. RICHELIEU Nel 1624, il cardinale Richelieu entra a far parte del Consiglio della Corona. Richelieu si pone un obiettivo: fare della Francia un moderno stato assoluti in cui il re avrebbe detenuto tutti i poteri svincolato da ogni forma di condizionamento da parte dell’aristocrazia. Innanzitutto occorreva che la politica estera francese fosse più decisa, soprattutto nei confronti degli Asburgo, nemici tradizionale della Francia. ln politica interna tre furono gli obbiettivi: 1. lotta contro gli Ugonotti 2. riduzione all’impotenza degli aristocratici 3. stroncare le rivolte dei contadini 1. Con l’Editto di Nantes, Enrico IV aveva concesso agli Ugonotti (= i protestanti francesi) delle fortezze che avevano finito per costituire uno Stato dentro lo Stato. Richelieu dette ordine di ridurre all’impotenza gli Ugonotti e fece assediare l’ultima fortezza che restava in mano loro: quella di La Rochelle. Tuttavia gli Ugonotti conservarono la loro libertà di culto. 2. L’azione di Richelieu fu particolarmente dura nei confronti dei nobili; per rafforzare l’autorità reale, molti furono condannati a morte. 3. La crescente pressione fiscale aveva causato continue rivolte da parte dei contadini. La risposta di Richelieu fu spietata anche in questo caso. Da un lato invio l’esercito per sedare le sommosse e dall’altro i funzionari, accompagnati da reparti armati, furono inviati nelle varie province per procedere alla riscossione delle tasse imposte Sempre per dare lustro alla monarchia, egli favorì anche l’industria e il commercio e fondo l’Académie Française il cui scopo era quello di codificare e definire in modo preciso la lingua francese. In politica estera, l’azione di Richelieu fu caratterizzata dalla guerra dei Trent’anni. La guerra, iniziata per contrasti religiosi, ben presto interessò anche gli equilibri fra le varie potenze. Il conflitto partì dalla situazione dell’Impero tedesco, sotto il dominio degli Asburgo. Qui, i vari signori locali, che godevano, fra l’altro, di una certa autonomia, erano divisi a causa di tensioni religiose fra cattolici e protestanti. La scintilla che fece scoppiare il conflitto fu la nomina di Ferdinando di Asburgo a re di Boemia e di Ungheria. Essendo convinto sostenitore dei principi della Controriforma, egli prese iniziative a favore dei cattolici il che suscitò la reazione della nobiltà locale. Nel maggio 1618, alcuni inviati dell’Imperatore furono gettati giù da una finestra del Palazzo reale di Praga (= defenestrazione di Praga), fu formato un governo provvisorio e la corona fu offerta al principe del Palatinato che era calvinista. Il conflitto attraversò diverse fasi e vide intervenire anche il re di Danimarca ed il re di Svezia. La Francia intervenne nel 1634, dichiarando guerra alla Spagna e l’Austria per evitare cui essere accerchiata dalle due potenze. Nella battaglia di Rocroi, la Spagna fu battuta dai Francesi e nel 1648 fu firmata la pace di Westfalia, che, praticamente, pose fine al sogno degli Asburgo di dominare l’Europa. La Germania rimase frazionata in una miriade di staterelli autonomi dall’Imperatore asburgico, l’Olanda e la Svizzera ottennero l’indipendenza e all’interno dell’Impero fu riconosciuta la libertà religiosa. La Francia, con l’annessione dell’Alsazia, la Svezia e la Prussia ebbero dei notevoli vantaggi. L’obiettivo di Richelieu era stato raggiunto. Nel 1642 Richelieu muore e pochi tempo dopo anche Luigi XIII. Entrambi saranno rispettivamente sostituiti dal cardinale Mazzarino e da Luigi XIV. MERCANTILISMO Il mercantilismo è il sistema economico tipico degli stati assoluti puri come Francia, Spagna e Inghilterra. I mercantilisti (XVI-XVII) ritenevano che la ricchezza di una nazione andasse misurata nella ricchezza, quindi nella quantità di moneta, posseduta dallo stesso. Per assicurare un saldo positivo della bilancia commerciale (Esportazioni maggiori delle importazioni) i mercantilisti adottavano una politica economica di tipo protezionistico: la protezione del mercato interno era garantita da dazi doganali che colpivano l’importazione di merci provenienti dall’estero e da incentivi che incoraggiavano l’esportazione di prodotti all’estero. IL PARTITO DEI DEVOTI In Francia c’erano 2 partiti, i “devoti”: cattolici, conservatori, vicini a Maria de' Medici in contrapposizione ai “buoni Francesi”, fautori della politica di Enrico IV. UGONOTTI i protestanti francesi, soprattutto quelli calvinisti. Guidati dall'ammiraglio Gaspard de Coligny, costituivano un forte partito politico che rivendicava la libertà di religione e il rispetto di altri diritti civili. Si contrapponevano ai cattolici intransigenti, guidati dalla famiglia Guisa, che vedevano nelle richieste degli ugonotti una minaccia per la Chiesa e per l'assolutismo regio. Nel 1562 Francesco Guisa ordinò un massacro di ugonotti a Wassy. Dopo otto anni di guerra civile fu firmata una pace che assegnava agli ugonotti quattro città dove potevano praticare liberamente la loro fede. Durò solo due anni. Infatti, nella notte del 23 agosto 1572, per ordine di Enrico Guisa e di Caterina de' Medici, regina di Francia, i cattolici massacrarono senza distinzione di età e di sesso migliaia di protestanti a Parigi e in tutta la Francia (strage di S. Bartolomeo). Tra i primi a cadere, l'ammiraglio de Coligny. ENRICO IV Il sovrano che ristabilì la pace dopo la notte di s. Bartolomeo. Nel corso del Cinquecento la Francia fu lacerata da violente guerre di religione tra cattolici e protestanti: le divisioni religiose indebolirono la monarchia francese, minacciata dalla volontà espansionistica della Spagna. Enrico di Borbone, salito al trono con il nome di Enrico IV, riportò la pace in Francia e soprattutto ristabilì l’unità del paese e il prestigio della monarchia. Nel periodo di maggiore diffusione della Riforma protestante in Europa, in Francia si era diffuso il calvinismo. Enrico di Borbone era un ugonotto perché sua madre, diventata protestante, lo aveva educato al calvinismo. Enrico aveva appena nove anni quando nel paese scoppiarono le guerre civili tra cattolici e protestanti ed era ancora un ragazzo quando fu acclamato capo del partito ugonotto in lotta contro la potente famiglia cattolica dei Guisa, vicina ai re di Spagna e molto influente a corte. In quegli anni, infatti, la Francia era governata da un re giovanissimo, Carlo IX, salito al trono nel 1560 ad appena dieci anni. Tra il 23 e il 24 agosto (la notte della festa di s. Bartolomeo) del 1572 si scatenava a Parigi un terribile massacro contro gli ugonotti: voluto dai Guisa e da Caterina de’ Medici, madre di Carlo IX, provocò la morte di migliaia di persone. Enrico di Borbone si salvò perché sconfessò pubblicamente la sua fede calvinista. Tenuto prigioniero a corte per quattro anni, Enrico riuscì a scappare e a raggiungere le fila dell’esercito ugonotto di cui tornò a essere il capo. In una situazione sempre più incandescente il nuovo sovrano di Francia Enrico III, deciso a limitare anche con la forza il potere dei Guisa, strinse un’alleanza con Enrico di Borbone e lo nominò suo successore: Enrico III, infatti, non aveva eredi, né fratelli, né figli. Nel 1589 Enrico III fu ucciso in un attentato organizzato dai Guisa: con lui si estingueva la dinastia dei Valois di Francia. Enrico di Borbone saliva al trono con il nome di Enrico IV, ma la guerra continuava e le forze cattoliche francesi si riorganizzavano grazie all’intervento militare degli Spagnoli. Per guadagnarsi il favore del popolo Enrico IV, deciso a riunificare il paese e a cacciare gli Spagnoli, sceglieva di convertirsi pubblicamente al cattolicesimo, e, dopo la conversione, entrava trionfalmente a Parigi nel marzo del 1594. Dopo quarant’anni di guerre, il regno di Francia ritrovava la pace. Enrico IV voleva ricreare nel paese una forte coesione per rafforzare la monarchia all’interno e all’esterno, garantendo alla Francia una posizione di predominio in Europa. Per fare questo era necessario che le due fazioni religiose si ritrovassero entrambe unite nell’obbedienza alla monarchia e in un sentimento di comunità nazionale. L’Editto di Nantes, firmato dal re nel 1598, mise fine alle guerre civili e religiose: agli ugonotti era concesso di praticare liberamente il proprio culto, ovunque tranne e misericordia chi salvare tra gli uomini; per questo motivo Lutero criticava anche la devozione per la Madonna e i santi, che non potevano in alcun modo mediare tra dio e l’uomo. Anche il ruolo di mediazione della chiesa veniva criticato da Lutero, xkè sosteneva che tutti i credenti potevano conoscere il messaggio evangelico leggendolo direttamente dalle scritture, ecco perché Lutero ha tradotto la bibbia da latino al tedesco. Nel 1517, Lutero rendeva pubblico il suo disappunto verso la chiesa di Roma affiggendo sulle porte della cattedrale di Wittemberg le sue 95 tesi in cui negava la validità della vendita delle indulgenze e affermava che l’autorità del papa doveva essere secondaria a quella delle sacre scritture. Inoltre rifiutava la validità di 5 dei 7 sacramenti della Chiesa di Roma: battesimo, cresima, eucarestia, penitenza, unzione degli infermi, ordinazione sacerdotale e matrimonio, Lutero sosteneva che solamente del battesimo e dell’eucarestia ci fosse traccia nella bibbia. A seguito di tutto questo, il papa leone x con la bolla exurge domine del 1520 scomunicò Lutero che però era sostenuto da Federico il savio, principe di Sassonia. Nel 1521 venne riunita la dieta di Worms dove Lutero veniva invitato a ritrattare le sue critiche dottrinali e teologiche verso la chiesa, ma Lutero si rifiutò di farlo e Carlo V, imperatore del sacro romano impero lo dichiarò fuorilegge. Il principe di Sassonia decise di nascondere Lutero in un castello per proteggerlo dai pericoli, nel frattempo la chiesa di Roma reagì di fronte alla diffusione delle idee protestanti. L’iniziativa di Lutero ebbe una forte risonanza: le 95 tesi vennero tradotte in tedesco e stampate, la bibbia fu tradotta in tedesco, il pensiero di Lutero circolò in tutta la germania grazie alla stampa di volantini. Gran parte del popolo tedesco aderì alla riforma luterana insieme a molti principi ecclesiastici di germania ( anche per ragioni politiche ed economiche). Il popolo tedesco di ribellò ai signori, ma Lutero nel timore di perdere l’appoggio dei principi fece sedare le rivolte da Carlo V e fece massacrare i contadini. A causa della riforma, tra Carlo V e i principi luterani scoppiò una guerra che si concluse con la pace di Augusta nel 1555, che stabilì il principio “cuius regio, eius religio” ovvero la religione dei cittadini di uno stato deve essere quella del loro sovrano, in tal modo la germania si divise tra stati protestanti e stati cattolici. La riforma di Lutero si estese anche al di fuori della Germania, Calvino e Zwingli la diffusero in svizzera, il primo a Ginevra e il secondo a Zurigo. Calvino sviluppò la teoria della predestinazione: gli uomini non possono fare nulla per la propria salvezza perchè solo dio può salvarli. In Inghilterra la riforma si diffuse per ragioni politiche, e per opera di Enrico 8, il quale non avendo ottenuto dal papa Clemente 7 l’annullamento del suo matrimonio con caterina d’aragona da cui non aveva avuto eredi, la lasciò per sposare anna bolena. Il papa rispose scomunicandolo, ed enrico 8 con l’atto di supremazia nel 1534 sancì la separazione dalla chiesa di roma la nascita della chiesa anglicana, di cui egli stesso si autoproclamò il capo religioso. Solo più tardi con Elisabetta 1 vennero attuate riforme di tipo religioso come l’adesione al luteranesimo ed economico, come la confisca di tutti i beni appartenenti alla chiesa cattolica. Ruolo della religione nello scoppio della rivoluzione inglese DOVE STAVANO GLI STUART? Scozia DOPO GIACOMO 1? MOTIVO DI SCONTRO TRA CARLO 1 E PARLAMENTO? Dopo Giacomo 1 salì al trono Carlo 1 nel 1625; Dal punto di vista governativo, però aveva una visione decisa e pulita della corte, non ammettendo scandali e disordini vari e cercando di rimettere ordine alle casse ridotte al minimo dal precedente governo. Si capisce subito che vuole governare in maniera assoluta, sottovalutando quindi sia il Parlamento e sia l’opposizione delle religioni non anglicane. Introdusse delle nuove tasse ai suoi sudditi, senza osservare il vecchio principio che era stato stabilito dalla Magna Carta e cioè quello di non introdurre nuove tasse senza il consenso del Parlamento. Nominò due tribunali speciali: la corte di alta commissione e la camera stellata, che servivano per placare il disaccordo religioso e politico. Il Parlamento cercò di opporsi ma ottenne soltanto il suo scioglimento che durò solo 2 anni, perché nel 1628 Carlo I fu costretto a convocarlo per ottenere dei nuovi prelievi fiscali per sponsorizzare le campagne militari in Europa. Gli anni dal 1625 al 1630 erano anni di guerra con la Spagna per sostenere la causa protestante. Ricordiamo che Carlo I aveva sposato Enrichetta Maria, sorella di Luigi XIII di Francia. Il Parlamento presentò la “Petition of Right” dove chiedevano a re Carlo I di riconoscere l’illegalità delle misure prese da lui stesso. A questo punto visto la necessità Carlo I fu obbligato a firmare questa petizione, ma subito dopo che ottenne quello che voleva sciolse di nuovo nel 1629 il Parlamento. Dopo questa data, riuscì a risanare i bilanci, risistemare l’ amministrazione e riorganizzare il Consiglio della Corona. Il Parlamento rimase sciolto per oltre 11 anni , dal 1630 al 1640; con la sua tirannia Carlo I ottenne solo una grande ostilità sia da parte della borghesia cittadina e sia da parte della gentry delle campagne. L’ opposizione al Re da parte dei parlamentari più in vista come John Pym, sir Edward Coke, Sir John Eliot, non fu mai troppo convinta. Nel 1637 Carlo I era all’ apice della propria potenza e con lui tutto il sistema amministrativo-burocratico e fiscale aveva raggiunto livelli organizzativi e di efficienza mai toccati prima. La svolta avvenne in campo religioso. Nel 1638 gli scozzesi insorsero contro l’Arcivescono Laud (protetto da Carlo I ) che aveva cercato di imporre alla chiesa presbiteriana il Book of Common Prayer anglicano (il libro delle preghiere della chiesa anglicana) e che sembrava ai più favorire un ritorno alle pratiche cattolico-romane. Laud inoltre spingeva per restaurare il potere dei vescovi, dei tribunali ecclesiastici e del clero parrocchiale, propugnando la restituzione delle terre e delle ricchezze tolte alla Chiesa da Enrico VIII. Questa rivolta si ingrandì costringendo Carlo I a portare in campo i militari. L’esercito inglese fu sconfitto dagli scozzesi, che però non si fermarono, e invasero l’ Inghilterra, arrivando fino ad occupare Newcastle. Quindi Carlo I fu un’altra volta costretto a riconvocare il Parlamento. Il Parlamento obbligò a Carlo I ad un lungo Parlamento che esso accettò; rimase in carica fino al 1653 opponendosi in maniera dura al re. Il parlamento fece condannare a morte l’arcivescovo Laud, accusandolo di appoggiare il ritorno della religione cattolica e del papismo; nel 1640 obbligò a Carlo I una diminuzione del suo potere togliendoli il diritto di sciogliere il Parlamento e abolì i tribunali fatti dal re. La prima guerra civile durò dal 1641 al 1646; lo scoppio fu improvviso e ancor oggi è difficile stabilire una data esatta, tanto furono confusi e forse non voluti gli atti che portarono tutto a un tratto il paese nel conflitto e nel caos più assoluto. La scintilla nel 1642 fu il tentativo maldestro del Re di entrare in parlamento con le forze armate per fare arrestare 5 membri del parlamento. Le conseguenze che vedremmo forse non furono nemmeno immaginate lontanamente all’ inizio delle dispute tra parlamentari, Re, popolo, nobili, proprietari terrieri, contadini,… Nel 1648 scoppia la seconda guerra civile o meglio riprende vigore la prima che mai si era sopita del tutto. Questa volta Carlo aveva contato sui malumori dei contadini e dei sempre più poveri cittadini; anche la Scozia era dalla sua parte. Fu nuovamente sconfitto e catturato Nel gennaio 1649 Carlo I venne processato e condannato a morte. Il 19 maggio 1649 l’ Inghilterra era proclamata Repubblica ( Commonwealth ). Dal 1649 al 1653 il paese è governato da un’ assemblea sovrana unicamerale ( Rump Parliament), epurato da realisti e moderati. A comandare era in realtà una oligarchia militare comandata da Oliver Cromwell che agiva in maniera assoluto e tirannica. ASCESA DI CARLO VIII 8 L’Italia alla fine del Quattrocento si presentava come un Paese florido dal punto di vista culturale ma debole da quello politico, poiché mentre in Europa avanzavano le monarchie nazionali, in Italia vi era una situazione di equilibrio fra Stati regionali mantenuta dall’abilità diplomatica e dall’autorevolezza di Lorenzo il Magnifico. Questi era salito al potere nel 1469, affiancato dal fratello Giuliano che però fu ucciso nel 1478 durante la congiura dei Pazzi, famiglia rivale dei Medici appoggiata dal papa Sisto IV della Rovere. Lorenzo morì però nel 1492 e la situazione, già complicata da scontri interni ai vari stati, precipitò a causa di una crisi interna del ducato di Milano. Nel 1476 una congiura nobiliare aveva portato la morte del duca Galeazzo Maria Sforza. Gli era succeduto il figlio Gian Galeazzo II, sposato con una nipote del re di Napoli Ferrante, da cui aveva avuto un figlio. Il vero detentore del potere era però lo zio, Ludovico il Moro che, privo del potere formale, era minacciato dalle mire del re Ferrante che rivendicava il governo al legittimo erede. Così Ludovico chiamò in aiuto il re di Francia Carlo VIII facente parte della casata degli Angioini, cacciati da Napoli nel 1442, affinché facesse valere le pretese angioine sul regno. Carlo VIII fu incoraggiato anche dai baroni napoletani esuli in Francia dopo la congiura del 1485 contro Ferrante. Carlo era un sovrano potentissimo e la sua discesa inaugurò le guerre d’Italia, un lungo periodo di conflitti tra grande potenze europee per il controllo della penisola. La discesa di Carlo iniziò nel 1494 e grazie a un esercito forte e dotato di un’artiglieria moderna, fu rapida, poiché gli eserciti regionali erano molto più deboli. Egli fu ricevuto a Milano con onori trionfali e raggiunse Firenze dove Piero dei Medici lo accolse con un servilismo al quale i fiorentini si ribellarono con la cacciata dei Medici e l’instaurazione della Repubblica. L’esercito francese arriva a Napoli dove sbaraglia il successore di Ferrante Ferdinando II, costretto a rifugiarsi in Sicilia. La facilità di conquista di Carlo preoccupava però gli Stati italiani e lo stesso Ludovico il Moro creò una coalizione antifrancese a cui parteciparono Venezia, il papa, l’Impero e la Spagna. A questo punto Carlo temeva di rimanere imprigionato in Italia, per cui decise di rientrare in Francia. Si scontrò nel 1495 a Fornovo sul Taro contro l’esercito della coalizione e, pur rimanendo sconfitto, riuscì a tornare in Francia. Sul trono di Napoli si insediò nuovamente Ferdinando II. COME EMERSE SAVONAROLA A FIRENZE Nel 1482 Lorenzo il Magnifico chiamò il Savonarola a Firenze in qualità di lettore nel convento di S. Marco. Le sue doti di abile oratore e persona colta affascinavano il signore fiorentino, tuttavia, a dispetto delle attese, le sue prime prediche non ottennero molto successo, tanto che fu costretto a recarsi altrove. Tra il 1485 e il 1489 si trovò a Bologna, Ferrara, Brescia e Genova dove, nei quaresimali, non fece altro che riproporre la necessità di una generale penitenza, unica condizione per poter ottenere la salvezza. La fama di Girolamo Savonarola cominciò a diffondersi. Lorenzo, allora, su espresso invito di Pico della Mirandola, lo richiamò a Firenze. Il frate cominciò quindi un ciclo di prediche sull’Apocalisse che stavolta riuscirono a conquistare i fiorentini, tanto che, a partire dal 1491, lo vollero a predicare addirittura in una chiesa prestigiosissima come Santa Maria Novella. I suoi seguaci si organizzarono nella setta penitenziale dei “piagnoni” (così detti per le lacrime versate durante i sermoni di Savonarola). Fustigatore di corruzione e decadenza della Chiesa, Girolamo Savonarola acquisì sempre più prestigio fino a divenire priore di S. Marco, convento in cui era iniziata la sua “avventura fiorentina”. A poco a poco il popolo, in forza delle sue potenti prediche, si orientò concretamente verso un modello di vita più austero. In seguito all’ avvento di Carlo VII I, alla cacciata di Piero dei Medici e alla conseguente fondazione della repubblica, il prestigio del Savonarola aumentò ancora. Alcune sue prediche parvero a molti vere e proprie profezie, il popolo lo vedeva sotto una luce diversa, quasi mistica. Tutto ciò permise all’intraprendente frate di divenire arbitro della vita pubblica fiorentina in appoggio al gonfaloniere Pierantonio Soderini. Il suo innegabile carisma influenzò nella sostanza la riforma della costituzione della Repubblica, tanto che Firenze fu sottoposta a un vero e proprio regime demo-teocratico. Con la nuova costituzione non mutava solo l’assetto politico della città ma anche la stessa vita civile: il Savonarola propose infatti l’abolizione del lusso e dell’usura tramite i cosiddetti roghi della vanità (cioè di opere d’arte, libri e strumenti musicali) la creazione di un Monte di Pietà e l’istituzione di una imposta fondiaria. Non solo: anche chi conduceva una vita disordinata sarebbe stato passibile di giudizio. Inoltre Savonarola ottenne un allargamento del esplicitamente questi diritti. I documenti basati sui diritti erano una caratteristica della legge britannica e anche della Costituzione degli Stati Uniti recentemente adottata. L'Assemblea ha formato un comitato per redigere una Carta dei diritti. Il 26 agosto 1789 approvò la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. Questa dichiarazione divenne un documento fondamentale della Rivoluzione francese e, secondo alcuni storici, la sua più grande eredità. La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino è servita da preambolo a tutte e tre le costituzioni rivoluzionarie. Lo sponsor principale della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino era il Marchese de Lafayette. Il luglio 11th, tre giorni prima del attacco alla Bastiglia, Lafayette ha pronunciato un discorso all'Assemblea, sostenendo la necessità di un documento costituzionale che garantisse i diritti delle persone. Lafayette è arrivato al punto di presentare il proprio progetto di dichiarazione dei diritti, preparato in consultazione con Thomas Jefferson. Nonostante l'entusiasmo di Lafayette, c'era una notevole divisione nell'Assemblea sulla necessità di una dichiarazione dei diritti. Il più conservatore e i monarchici costituzionali hanno respinto l'idea. Hanno accettato che il governo reale aveva bisogno di riforme e limitazioni al suo potere, ma consideravano una carta dei diritti un passo non necessario. I deputati più radicali dell'Assemblea la pensavano diversamente. Il dibattito è continuato per tutto luglio e fino ai primi giorni di agosto. Il 4 agosto i deputati hanno raggiunto un consenso sulla redazione di una dichiarazione dei diritti. La responsabilità di ciò è stata data al comitato costituzionale dell'Assemblea. Per sei giorni, la commissione ha emesso una dichiarazione sui diritti. Alla fine sono emersi con una bozza di dichiarazione dei diritti, contenente un preambolo e 24 articoli. Su 26 di agosto lo hanno riportato a articoli di 17. Il comitato ha quindi votato per sospendere le deliberazioni e accettare il progetto così com'era, con l'intenzione di rivederlo dopo la messa a punto di una costituzione. Nacque così la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. La Dichiarazione era una cristallizzazione degli ideali dell'Illuminismo. La Dichiarazione era un breve documento, contenente solo un preambolo e 17 brevi articoli. Questi articoli proteggevano numerosi diritti individuali: libertà, proprietà, libertà di parola e di stampa, libertà di religione e parità di trattamento davanti alla legge. Affermava anche il concetto di sovranità popolare: l'idea che legge e governo esistessero per servire la volontà pubblica, non per sopprimerla. I suoi diritti e le sue idee si applicano a tutte le persone, non solo ai cittadini francesi. La Dichiarazione è stata approvata dall'Assemblea Nazionale Costituente e consegnata a Luigi XVI per l'approvazione. Ha rifiutato il suo assenso fino al 5 ottobre, ma ha firmato la Dichiarazione per placare folle arrabbiate a Versailles. Trasformata in legge, la Dichiarazione è diventata una pietra angolare della rivoluzione. L'Assemblea della Costituzione nazionale ha adottato la Dichiarazione come preambolo del Costituzione di 1791. IL CONCILIO DI TRENTO Il Concilio che si tenne a Trento dal 1545 al 1563 avrebbe dovuto mettere fine alla frattura tra Cattolici e Protestanti, ma si risolse in una serie di rigide affermazioni con cui si sconfessarono le teorie di Lutero. Dal Concilio di Trento presero forma la riforma della Chiesa cattolica e la Controriforma. Dopo la Riforma protestante, iniziata nel 1517 in Germania e continuata in tutta Europa, nel mondo cattolico si fece forte l'esigenza di un rinnovamento. Da questa esigenza presero corpo la Riforma cattolica, tesa a eliminare i mali della Chiesa di Roma, e la Controriforma il cui obiettivo era reagire alla teoria protestante. Fu papa Paolo III a inaugurare il rinnovamento della Chiesa romana con provvedimenti come la nomina di nuovi cardinali sensibili alle necessità di riforma e la creazione di un consiglio cardinalizio incaricato di individuare i mali della Chiesa. Il consiglio creò nel 1536 un progetto chiamato Consilium de emendanda ecclesia nel quale si proponevano cambiamenti nelle istituzioni ecclesiastiche e nei costumi del clero come:  La riforma della curia  L'obbligo di risiedere nella parrocchia per i parroci  Il rafforzamento del potere dei vescovi  Interventi contro l'immoralità dei preti Ai progetti di riforma si affiancò la necessità di plasmare organismi di controllo che non permettessero la diffusione di idee pericolose. Nel 1542 il papa creò il Sant'Uffizio, una congregazione di cardinali con cui si concentrarono a Roma tutti i processi per combattere il dissenso religioso. I provvedimenti di Paolo III non furono sufficienti: da tempo tutta la cristianità chiedeva di convocare un concilio per ricomporre la frattura tra Cattolici e Protestanti e per riformare ciò che non andava. Nel 1517 Martin Lutero fu il primo a chiedere, nel pieno dell'opera di riforma, un concilio che risolvesse il contrasto con il Papa. La sua richiesta fu sostenuta dai Cattolici più sensibili all'idea di rinnovamento e dall'imperatore Carlo V, che nel concilio vedeva uno strumento per migliorare la Chiesa, ma anche per aumentare il potere imperiale. Il papa, che temeva di essere messo sul banco degli imputati dai delegati luterani e che Carlo V divenisse più potente, non poté più rimandare e nel 1545 convocò a Trento, città consigliata dall'imperatore perché vicina ai suoi territori, un concilio ecumenico, una riunione di tutti i vescovi cattolici del mondo: il Concilio di Trento suscitò grandi speranze nella cristianità. Il Concilio di Trento si svolse dal 1545 al 1563 tra Trento e Bologna. Iniziato da papa Paolo III fu continuato da Giulio III (dal 1551 al 1555), Marcello II (aprile- maggio 1255) e da papa Paolo IV, che concluse nel 1563 i lavori. CONTRORIFORMA E INQUISIZIONE La Controriforma iniziò sostanzialmente per impedire la diffusione del protestantesimo; quest’ iniziativa venne attuata dalla Chiesa di Roma per riorganizzarsi (internamente) e per proporsi (esternamente) con alcuni cambiamenti per poter così riaffermare sui credenti un certo controllo. I NUOVI ORDINI RELIGIOSI nel XVI secolo vi fu un desiderio di intervenire nella società e di modificare la moralità del clero Ciò portò alla formazione di nuovi ordini, i quali volevano avvicinare i fedeli alle pratiche di culto e dare un’ istruzione religiosa adeguata. Ci furono diversi ordini: * Teatini (1524): vita ascetica * Capuccini (1528): predicazione popolare * Somaschi o Compagnia dei Servi (1534): assistenza * Barnabiti (1530): istruzione * Orsoline (1535): istruzione * Padri dell’ Oratorio (1575): guida per i giovani * Camillini (1582): curarono i malati * Scolopi (1617): creazione Scuole Pie l’ ordine che ebbe maggior rilievo fu senza dubbio quello dei Gesuiti: il fondatore dei Gesuiti fu il nobile spagnolo Ignazio di Loyola. Durante un viaggio a Parigi decise, con alcuni amici, di fondare un ordine chiamato Compagnia di Gesù. Tale ordine venne riconosciuto e reso ufficiale nel 1540 con la bolla di Paolo III. Il primo impegno preso da Loyola e dai compagni era quello di partire per Gerusalemme e di convertire gli infedeli. I Gesuiti svolsero adeguatamente i propri compiti, fino a diventare la colonna portante della Controriforma. La Compagnia di Gesù si preoccupò anche della formazione dei più giovani e a questo proposito fondarono dei collegi in grado di fornire loro un’ adeguata preparazione. Fecero diverse opere: lotte contro i protestanti, fondarono collegi, riorganizzarono la cultura cattolica (basandosi sul pensiero filosofico di S.Tommaso)...L’ organizzazione dei Gesuiti venne fissata dallo stesso fondatore con la Formula Instituti e con le Costituzioni. La struttura dell’ Ordine era gerarchica e centralizzata: * Preposito generale (unico responsabile, eletto a vita, grazie ai suoi poteri venne soprannominato "papa nero") * professi (erano impegnati direttamente nel proselitismo) * coadiutori_temporali (dirigevano le case e i collegi) _spirituali (dirigevano le case e i collegi) l’ obbedienza era una tra le regole principali oltre alla castità e alla povertà. IL CONCILIO DI TRENTO la convocazione di un Concilio era stata sollecitata: * dai protestanti (per far valere le proprie argomentazioni sulla Scrittura) * dagli evangelisti (per proporre una rigenerazione della Chiesa) * da Carlo V (per rimarginare i dissidi religiosi e politici all’ interno dei suoi territori, che li rendevano mal governabili) dopo alcune insicurezze, Paolo III convocò il Concilio nel novembre del 1542 a Trento. Il suo sviluppo avvenne in tre periodi distinti per diversi fattori (inizialmente scoppiò un’ epidemia di peste, comparvero alcuni esponenti protestanti...) e nei quali si trattarono argomenti differenti Primo periodo del Concilio: * Sacra Scrittura * Peccato Originale * Giustificazione * Sacramento Secondo periodo del Concilio: * Eucarestia * Estrema Unzione terzo periodo del Concilio: * Comunione * Messa * Purgatorio * Matrimonio * Sacramento dell’ Ordine L’ INQUISIZIONE E L’ INDICE L’ Inquisizione romana e l’ Indice dei libri proibiti furono i mezzi dei quali si servì la Chiesa per combattere le eresie. Il Sant’ Uffizio romano dell’ Inquisizione generale fu istituito nel 1542 da Paolo III su pressione di Loyola. La Chiesa voleva combattere gli eretici, ma anche chiunque potesse rappresentare un pericolo per il suo potere il Sant’ Uffizio: -formato da sei cardinali e da un cardinele (scelto dai Domanicani) -diretto da un inquisitore generale -organo supremo e permanente cui dovevano rendere conto i tribunali vescovili e le inquisizioni locali -Sisto V potenziò la centralizzazione dell’ Inquisizione con l’ istituzione della Congregazione del Sant’ Uffizio romano (1588) Il controllo della Chiesa aumentava sempre di più e grazie a quest’ ultimo documento riuscì a riportare sotto il suo controllo quei tribunali che erano più condizionati dal potere politico che ecclesiastico. Le vittime dei processi inquisizionali furono migliaia, ovviamente col trascorrere del tempo tali processi diventarono sempre più il risultato di rivendicazioni e complotti; infatti vennero arsi sul rogo anche numerosi intellettuali a causa delle loro idee e teorie considerate eretiche, per punire gli infedeli venivano utilizzate diverse condanne: esecuzioni capitali, torture di vario tipo, dati in pasto alle fiamme... alcune persone restavano appese alle chiese locali, come insegnamento per i fedeli ASPETTI DELLA VITA RELIGIOSA ITALIANA NELL’ ETA’ DELLA CONTRORIFORMA Urbano VIII conferma che Galileo ha difeso il copernicanesimo e che si deve far esaminare il Dialogo dal S. Uffizio. Il 28 settembre 1632 il Sant’Uffizio emette la citazione di comparizione di Galileo a Roma. Diversi sono i suoi tentativi di evitare di presentarsi a Roma. Privo della protezione del Granduca di Toscana, che non intende mettersi in urto con la Chiesa, il 20 gennaio 1633 parte per Roma in lettiga e vi arriva il 13 febbraio 1633. Arrivato a Roma è ospite a Palazzo Firenze dell’ambasciatore di Toscana Niccolini. Per due mesi non ha notizie dagli inquisitori e l’ambasciatore ottiene che Galileo, sofferente di artrite, possa, anche durante il processo, rimanere presso l’ambasciata toscana: gli viene concesso con l’eccezione del periodo tra il primo e il secondo interrogatorio, in cui viene trattenuto nelle camere del giudice nel Palazzo del Sant’Uffizio. Il processo a Galileo Galilei Il 12 aprile 1633 si presenta al Commissario del S. Uffizio Vincenzo Maculano, che è assistito dal procuratore padre Carlo Sincero. Il Commissario comincia ad interrogare Galileo sugli avvenimenti del 1616. Si vuole appurare la sua responsabilità nella trasgressione degli ordini ricevuti da Bellarmino e da Segizzi, sulla base del documento ritrovato al S. Uffizio. Galileo precisa che la decisione della Congregazione gli fu notificata dal Bellarmino, il quale: “Nel mese di febbraio 1616, il Sig.r Card.le Bellarmino mi disse che, per esser l’opinione del Copernico assolutamente presa, contrariante alle Scritture Sacre, non si poteva né tenere né difendere […] ma che ex suppositione si poteva pigliar e servirsene. In conformità di che tengo una fede dell’istesso S.r Card.le Bellarmino, fatta del mese di Maggio a’ 26” E Galileo consegna la copia della lettera, dichiarando di conservare l’originale in casa. Maculano domanda se gli fu rivolto un precetto (ossia un ordine che, se violato, avrebbe comportato una pena) alla presenza di testimoni, in cui “si conteneva che non poteva in qualsiasi modo (quovis modo) tenere, difendere o insegnare (nec docere) la detta opinione”. Risponde Galileo di non ricordare che nella dichiarazione del Bellarmino vi fossero le parole quovis modo e nec docere. Ma Galileo ammette di avere ricevuto un precetto da Bellarmino di non tenere né difendere l’opinione copernicana. Galileo commette un errore perché era un ammonimento e non un precetto. L’inquisitore, verbalizzando, dà per avvenuta l’intimazione del presunto precetto. Dopo aver risposto sulle vicende dell’imprimatur al suo Dialogo, sostiene di non avervi «né tenuta né difesa l’opinione della mobilità della Terra e della stabilità del Sole; anzi nel detto libro io mostro il contrario di detta opinione del Copernico, e che le ragioni di esso Copernico sono invalide e non concludenti». Con questa disperata difesa si chiude il primo interrogatorio. Il Dialogo è nuovamente esaminato da tre teologi (Oreggi, Inchofer e Pasqualigo) incaricati dal S. Uffizio. I tre confermano che Galileo ha effettivamente trasgredito il precetto del 1616. Il secondo interrogatorio del processo (30 aprile) è frutto del tentativo extragiudiziale di Maculano: il 27 in un colloquio privato Galileo ammette di aver commesso un errore e si decide di confessarlo nel processo. Tornato alle sue stanze, poco dopo ritorna dinnanzi all’inquisitore ribadendo ancora di non aver mai sostenuto “la dannata opinione della mobilità della terra” e di esser pronto a riscrivere il libro “dovendo io soggiungere una o due altre giornate, prometto di ripigliare gli argomenti già recati a favore della detta opinione falsa e dannata, e confutargli in quel più efficace modo che da Dio mi sarà somministrato”. Considerata la cattiva salute dello scienziato, Maculano gli concede il permesso di lasciare il palazzo dell’Inquisizione e di tornare all’ambasciata fiorentina. Il 10 maggio è richiamato al S. Uffizio. Galileo rilascia una sua difesa scritta e l’originale dell’attestato del 26 maggio 1616 del Bellarmino, rilevando che il contenuto di quella lettera corrisponde esattamente al decreto del 5 marzo 1616 della Congregazione dell’Indice, a parte le parole quovis modo e nec docere contenute soltanto nel precetto lettogli nel primo interrogatorio, che gli sono giunte “novissime e come inaudite”. Galileo sottolinea che non si può dedurre che gli sia stato fatto alcun precetto. Quindi non credeva necessario notificare al padre Ricciardi, quando chiese la licenza per la stampa del Dialogo, l’ammonimento ricevuto perché il decreto del 5 marzo 1616 era noto a tutti. Inoltre, non nega la possibilità che il precetto gli sia stato comminato, ma si scusa dicendo di aver dimenticato, nel lungo periodo intercorso, l’esatta formulazione di esso, tanto più che l’attestato di Bellarmino gli toglieva la preoccupazione di ricordare altri particolari. La condanna e l’abiura Nella seduta del S. Uffizio del 16 giugno, il papa e i cardinali prendono la decisione finale. Il 21 giugno si tiene l’ultimo interrogatorio circa l’intenzione che Galileo ha avuto scrivendo il Dialogo. Alla domanda se egli sostenga o avesse sostenuto la teoria eliocentrica risponde: “avanti la determinazione della Congregazione dell’Indice e prima che mi fusse fatto quel precetto io stavo indifferente e avevo le due opinioni, cioè di Tolomeo e di Copernico, per disputabili, perché o l’una o l’altra poteva esser vera in natura; ma dopo la determinazione suddetta, assicurato dalla prudenza de’ superiori, cessò in me ogni ambiguità, e tenni, sì come tengo ancora, per verissima e indubitata l’opinione di Tolomeo, cioè la stabilità della Terra e la mobilità del Sole” L’interrogante ribatte che: “era invece proprio dal libro, e dalle ragioni addotte in favore del moto della terra, che si presumeva che egli tenesse, o almeno avesse tenuto, al tempo [in cui aveva scritto il libro], l’opinione copernicana; e perciò se non si risolve a dire la verità, si ricorrerà contro di lui con gli opportuni rimedi di diritto e di fatto.” Galileo, continuando a mentire, dice: “Io non tengo né ho tenuto questa opinione del Copernico, dopo che mi fu intimato con precetto che io dovessi lasciarla; del resto, son qua nelle loro mani, faccino quello che gli piace.” Galileo si mostra irremovibile anche sotto la minaccia di tortura “Io son qua per far l’obedienza; e non ho tenuta questa opinione dopo la determinazione fatta, come ho detto”. Il giorno dopo, Galileo, obbligato a vestire il sanbenito (l’abito di penitenza), è condotto al convento domenicano di S. Maria sopra Minerva dove i cardinali e gli officiali del S. Uffizio sono riuniti in seduta plenaria. Ordinatogli di mettersi in ginocchio, ha inizio la lettura della sentenza di condanna: “Diciamo, pronunziamo, sentenziamo e dichiaramo che tu, Galileo suddetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo S.o Off.o veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per probabile un’opinione dopo esser stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura […] Dalle quali siamo contenti sii assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li suddetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma da noi ti sarà data. E acciocché questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione non resti del tutto impunito, e sii più cauto nell’avvenire e essempio all’altri che si astenghino da simili delitti. Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de’ Dialoghi di Galileo Galilei. Ti condanniamo al carcere formale in questo S.o Off.o ad arbitrio nostro; e per penitenze salutari t’imponiamo che per tre anni a venire dichi una volta la settimana li sette Salmi penitenziali”. A Galileo non resta che obbedire e, sempre in ginocchio, legge la formula di abiura che gli è presentata: “Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel Convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633. Io Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria”. La riabilitazione di Galileo Galilei La prima vera riabilitazione dello scienziato da parte della Chiesa cattolica si può datare al 1822 da parte del papa Pio VII con la concessione dell’imprimatur all’opera “Elementi di ottica e astronomia” del canonico Settele, che dà come teoria consolidata e del tutto compatibile con la fede cristiana il sistema copernicano. Nel 1835 in occasione della pubblicazione della nuova edizione dell’Indice dei libri proibiti, tutte le opere sul sistema copernicano vengono finalmente rimosse dall’elenco. La decisione è presa personalmente da papa Gregorio XVI, ma con la prescrizione che lo si faccia silenziosamente. Il 10 novembre 1979 papa Giovanni Paolo II auspica che l’esame del caso Galilei venga approfondito da “teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, […] nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano” per rimuovere “le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo”. Come seguito concreto di questa proposta, il 1° maggio 1981 è istituita un’apposita Commissione di studio. Dopo oltre 11 anni dall’inizio dei lavori e 359 anni dopo la condanna di Galileo, nella relazione finale della commissione di studio datata 31 ottobre 1992, il cardinale Poupard scrive che la condanna del 1633 fu ingiusta, per un’indebita commistione di teologia e cosmologia pseudo-scientifica, e arretrata, anche se viene giustificata dal fatto che Galileo sosteneva una teoria radicalmente rivoluzionaria senza fornire prove scientifiche sufficienti a permettere l’approvazione delle sue tesi da parte della Chiesa. Giovanni Paolo II, preso atto dei lavori della commissione osserva che “una tragica reciproca incomprensione è stata interpretata come il riflesso di una opposizione costitutiva tra scienza e fede”. DOPO ROBESPIERRE COSA ACCADE? Per qualche mese dopo la morte di Robespierre, la Francia cadde nel caos sociale più completo, e verso la metà del 1795 si instaurò un nuovo governo, un governo anti – giacobino, retto dai Girondini, che, per riportare l'ordine in Francia, instaurarono un nuovo regime di terrore, il periodo cosiddetto del Contro - terrore, che si scatenò in forme violente, con condanne violente contro i Giacobini, condannandoli spesso senza processo, distruggendo e incendiando le loro sedi. Anche i girondini si crearono numerosi nemici: in primis i Giacobini e i monarchici. Questi ultimi progettano un'insurrezione contro il governo anti-giacobino; in realtà fu più un colpo di Stato, organizzato per due motivi: 1. I monarchici volevano affondare la Francia nel disordine sociale, in modo da incolpare gli anti- giacobini per dimostrare che questi non erano in grado di governare e che era meglio la monarchia. 2. I monarchici volevano il potere, motivo per cui ricorsero al colpo di Stato. Napoleone Bonaparte Per sedare questa insurrezione, gli anti-giacobini furono costretti a chiamare l'esercito della repubblica. C'era un nuovo generale, simpatizzante robespierrista, molto abile, proveniente dalla borghesia. Era Napoleone Bonaparte, che nel novembre del 1799 riuscì a sedare il colpo di Stato dei monarchici. Fu la sua prima impresa, e ne uscì in modo brillante. Il Direttorio Sedata la rivolta dei monarchici, si instaurò un governo semi - provvisorio, diretto da un organo istituzionale composto da cinque membri, all'inizio, chiamato Direttorio, che aveva il potere esecutivo, porre cioè in atto le leggi e farle rispettare. Aveva il potere di nominare ministri, aveva piena libertà in politica estera, poteva cioè dichiarare guerra, e doveva garantire la sicurezza interna. In seguito, il Direttorio si trasformò in Consolato, composto da tre membri. Napoleone riuscì a farsi nominare un membro del Consolato, e con abilità strategica riuscirà a sostituire gli altri due consoli che lo affiancavano all'inizio con altre due persone da lui scelte, ovviamente, volutamente incapaci dal punto di vista politico, e succubi della sua forte personalità, in modo da far emergere le proprie doti e da poter decidere in prima persona. La fine della Guerra Ambigua Il Direttorio, che aveva tra i propri compiti anche quello di decidere le guerre, decise di impegnarsi su di un fronte alla volta, per poter affrontare degnamente i vari nemici, non bisogna infatti dimenticare che la Guerra Ambigua continuava dal 1792. Dapprima si concentrò contro la Prussia e la Spagna, riuscendo a sconfiggerle, tanto che questi due Stati chiesero un Armistizio e firmarono paci separate, uscendo così dal quadro del conflitto. Anche il Belgio subì una sorte simile; la Francia ne approfittò, aveva più di altri rappresentato la lotta dei cattolici in Francia. Dei tre “Enrichi” era rimasto in vita solo Enrico di Borbone. Egli, in quanto imparentato direttamente con i membri della famiglia reale, ottenne il trono e venne nominato Enrico IV. La presenza di un re calvinista sul trono di Francia aveva intanto scatenato la reazione della Spagna che, fedele sostenitrice della causa cattolica, aveva organizzato un intervento militare. Al tempo stesso, il papato si rifiutò di riconoscere come re un calvinista. Il 25 luglio 1593 Enrico IV abiurò il calvinismo e decise di convertirsi al cattolicesimo al fine di interrompere la catena di sangue che aveva fortemente indebolito il Paese. “Parigi val bene una messa” è una frase che, pur essendogli attribuita senza comprovate fonti storiche, ben illumina la sua volontà di sacrificare la scelta religiosa per ristabilire la propria autorità e affermare il proprio potere sulla Francia e su Parigi. Dopo la conversione, Enrico IV, il primo re della dinastia Borbone a regnare sulla Francia, fece un ingresso trionfale a Parigi. Anche il Papa, a questo punto, abbandonò ogni resistenza e lo riconobbe come sovrano. Le sanguinose guerre di religione giunsero a conclusione nel 1598. In quell’anno, Enrico IV non solo riuscì a raggiungere la pace con la Spagna che ritirò le sue truppe dal suolo francese, ma emanò nell’aprile un documento fondamentale, l’Editto di Nantes. Con questo documento, gli ugonotti ottennero alcuni diritti fondamentali:  la libertà di culto in alcune località stabilite (non a Parigi);  i diritti politici al pari dei cattolici;  potevano far parte delle organizzazioni alle quali spettava l’applicazione dell’editto;  potevano accedere alle cariche pubbliche;  ottennero numerose piazzeforti, tra le quali La Rochelle. Tale provvedimento fu alla base della pacificazione religiosa che Enrico IV perseguì e raggiunse durante il suo regno, caratterizzato da una ricostruzione economica e da un consolidamento del potere monarchico. FILIPPO II Figlio di Carlo V, Filippo II eredita dal padre vasti territori ma non il titolo imperiale e per una serie di combinazioni finisce con l’avere un impero vastissimo. Fu soprannominato re prudente. Stabilisce la sua sede a Madrid (un villaggio al centro della Spagna). Costruisce l’Escoriale a metà tra convento e reggia. Il suo regno comprende: Spagna , Fiandre (Olanda Belgio, Lussemburgo e una piccola parte della Francia), Le Americhe, L’Italia Meridionale e ducato di Milano . La decisione di stabilire la capitale del suo “impero” a Madrid non fu di certo azzeccata. Filippo II appariva al popolo come un re “celato” (organizzatore, amministratore), come un sovrano quasi inaccessibile. Rivista sotto l’ottica moderna l’idea di Filippo II appare alquanto sbagliata: chiuso nel suo palazzo scriveva ad inviava messaggi e dispacci (si pensa sia arrivato a scriverne 300 in un giorno) tramite corrieri in tutto il vasto regno; tuttavia all’epoca i mezzi di comunicazione erano rappresentati dalle strade romane o comunque risalenti al medioevo; di conseguenza la trasmissione risultava lenta e difficile: sarebbe convenuto, a questo punto, fissare la capitale in una città dotata di un porto marittimo, come Barcellona o Siviglia per sfruttare direttamente il mare. L’apparato burocratico era impressionante: un consiglio di Stato, sei dipartimentali, sei territoriali. Un re pio, austero, lavoratore (arrestò il figlio).Difensore dell’ortodossia. Non essendo però imperatore non si preoccupa di far conciliare le esigenze protestanti a quelle cattoliche, mette a completa disposizione del Papa la sua potenza. Mantiene l’uso dell’inquisizione, era più rigido della Curia Papale stessa, tutti i vescovi nominati in Spagna erano stati proposti da Filippo II. Malgrado dal Perù giunga un continuo afflusso di metalli preziosi il governo di Filippo II dichiarerà per ben tre volte Bancarotta per questi tre motivi: il costo altissimo dell’apparato burocratico; le spese sostenute per mantenere eserciti stabili nei vasti territori del regno; la scarsa volontà dei nobili spagnoli di investire i loro soldi in attività che potessero risollevare l’economia. Essi infatti spendevano i loro soldi importando esclusivamente prodotti finiti di lusso da nazioni spesso concorrenti ed erano restii ad usarli per finanziare attività artigianali poiché erano soliti credere che non si confacesse al loro rango. Anche l’economia delle colonie era allo sbando: erano costrette a spedire alla madre patria i loro prodotti ma questa non aveva nulla da mandar loro. Proprio questo fatto darà origine al fitto commercio illecito e al contrabbando tra le colonie stesse e nazioni concorrenti alla Spagna. Durante il suo regno si trova ad affrontare molti avversari interni ed esterni: le eresie, i privilegi e le iniquità sociali esistenti nella Spagna dell’epoca, la voglia d’indipendenza delle regioni lontane Internamente prende di mira i Conversos e i Moriscos. Per quanto riguarda i primi ovvero gli ebrei convertiti si pensava fossero falsi e che continuassero segretamente a praticare, contro di essi si apre una vera e propria caccia; i Moriscos, i musulmani stanziati a Granata, Valencia ed Aragona si ribellarono nel 1560. Rivolta sedata nel ’70 => i Moriscos vengono dispersi in tutto il territorio spagnolo mentre Granata, la città con la comunità islamica più grande viene ripopolata da spagnoli cattolici. E’ più importante ciò che deve affrontare nelle Fiandre: l’opposizione culturale religiosa, il calvinismo. I paesi Bassi avevano una notevole autonomia: il Gran Privilegio concesso loro da Maria di Borgogna. Filippo II intende limitare questa autonomia, si prende quindi il diritto di nominare i vescovi dei Paesi Bassi e manda lì la sorella Margherita d’Austria, per costituire una sorta di inquisizione. La nobiltà delle Fiandre, nel 1566, si rivolge alla corona con una petizione (il compromesso della nobiltà, firmato da 400 aristocratici) e la reggente revoca la legge. Filippo, non concorde con questa linea, affida un esercito al fedelissimo e tradizionalista Duca d’Alba che con esso occupa militarmente Bruxelles. Seguono repressioni, arresti, roghi. Tutti gli olandesi (di ogni ceto sociale) creano una resistenza guidata dal principe Guglielmo d’Orange. Ha inizio un conflitto che si protrarrà fino al 1648, dopo la guerra dei 30 anni. Nel ’72 la Spagna riconquista tutte le terre dei Paesi Bassi tranne Olanda e Zelanda. Nel ’75 assedio di Leida e gli olandesi hanno la meglio rompendo le dighe e isolando la città attraverso un’inondazione. Nel ’76 Filippo II dichiara bancarotta poiché non riesce a pagare i soldati i quali infuriati saccheggiano Anversa. Tra le province del sud (cattoliche) e quelle del nord (calviniste) da sempre in conflitto viene firmata la pace di Gand per fronteggiare il nemico spagnolo. Filippo invia allora Don Giovanni d’Austria, grande condottiero, per avere altri successi militari: li ottiene ma muore per un’epidemia di febbre. Allora viene mandato al nord Alessandro Farnese, duca di Parma e figlio di Margherita d’Austria, un abilissimo politico che invece di reprimere cerca alleanze promettendo a chi stava con lui la riattivazione del “privilegio”. Le province del sud, annoiate dai protestanti, subito si schierano al fianco della Spagna (1578). Quelle del nord si legano con l’Unione di Utrecht (1579) da cui nascerà, nel 1581, attraverso il Giuramento dell’Aia la Repubblica delle Sette Province Unite. Nel 1585 Alessandro Farnese conquista Anversa. A questo punto interviene Elisabetta I d’Inghilterra che con i suoi corsari, guidati da Francis Drake, permette ai protestanti di salvarsi. RIVOLUZIONE SCIENTIFICA Per Rivoluzione scientifica si intende quella fase della storia europea, tra la metà del XVI alla fine del XVIII secolo, in cui vi fu uno straordinario sviluppo in diversi campi della scienza, come l’astronomia, la medicina, la matematica e la filosofia. Gli storiografi indicano questo periodo come il momento della nascita della scienza moderna. Questo nuovo spirito critico mise in discussione ciò che gli antichi avevano affermato sulla natura, sull’uomo e sul significato del mondo. Per lungo tempo, gli studiosi in Europa adottavano una metodologia scientifica che seguiva il modello aristotelico: si ricercava il perché dei fenomeni naturali, indagando quale fosse la causa o il fine, attraverso l’osservazione empirica. Non a caso, la visione astronomica dominante in quel tempo era la teoria geocentrica-tolemaica, con la Terra al centro dell’universo e gli altri corpi celesti che le ruotano attorno, che ha radici proprio in Aristotele. Tuttavia, le radici della Rivoluzione scientifica affondano profondamente nelle trasformazioni culturali e mentali del Cinquecento: l’esperienza del Rinascimento e le nuove scoperte geografiche ampliarono notevolmente la conoscenza umana. Basti vedere come si dia come inizio della Rivoluzione scientifica il 1543, la data di pubblicazione Sulle rivoluzioni delle sfere celesti del matematico polacco Niccolò Copernico (1473- 1543), avanzando così la teoria eliocentrica, ovvero la centralità del Sole e del movimento della Terra attorno a esso. La Rivoluzione scientifica comportò una trasformazione radicale della concezione dell’universo fisico, lo sviluppo di nuovi metodi di indagine e una riconsiderazione degli scopi del sapere scientifico. I suoi caratteri principali furono: • Una nuova concezione della scienza. Non più considerata come sapere contemplativo, proprio della tradizione scolastica, bensì come sapere pratico. Una scienza che, dalla ricerca delle causalità e delle finalità dei fenomeni, mira alla descrizione del come avvengono gli eventi fisici e naturali, misurandoli e studiandoli oggettivamente. Questo modo di indagare il mondo naturale è chiamato concezione meccanicistica della natura. • Il miglioramento e lo sviluppo delle tecniche e della strumentazione cambiarono il modo con cui lavoravano gli studiosi, portando a nuove scoperte e invenzioni scientifiche. I costruttori di strumenti divennero il perno dell’attività scientifica e le loro botteghe si trasformarono in luoghi di riunione e di diffusione delle nuove idee, della fondazione delle accademie scientifiche. • La formulazione del metodo sperimentale, elaborata da Galileo Galilei, ovvero di un procedimento di indagine e di conoscenza nuovo. Le fasi di questo nuova metodologia sono: l’osservazione diretta e la raccolta dati di un fenomeno, la formulazione di un’ipotesi, verifica attraverso delle prove sperimentali e la dimostrazione in termini matematici. In questa maniera era possibile condividere i risultati del proprio lavoro in un linguaggio universale e oggettivo come quello matematico. • Il rifiuto del principio di autorità che derivano da modelli antichi o da dottrine religiose. Secondo Francis Bacon, il sapere scientifico si doveva basare solo sull’esperienza e la ragione, ritenute come uniche garanzie di verità, così da liberarsi dai pregiudizi non verificati del sapere tradizionale accumulati nei millenni. Vi è così una progressiva separazione tra la ricerca scientifica e quella teologica. Galileo Galilei (1564-1642) sostenne la teoria eliocentrica, con la pubblicazione nel 1632 del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, adottando calcoli matematici ma, soprattutto, basandosi su osservazioni dirette con il cannocchiale da lui perfezionato. Esaminando i moti di diversi corpi celesti comprese che la Terra non fosse il centro del cosmo e confermò la teoria eliocentrica avanzata precedentemente da Copernico, sostenuta poi da Giovanni Keplero (1571-1630). Inoltre, compì anche degli studi di fisica, come quelli sul moto del pendolo e sull’accelerazione lungo il piano inclinato. Con l’esperimento della caduta di oggetti dalla Torre di Pisa formulò la legge sulla caduta dei gravi. Le ricerche scientifiche portate avanti da Galilei incisero profondamente nella società intellettuale in cui viveva: i suoi studi innescarono un processo di cambiamento dell’idea che l’uomo aveva di sé stesso e del mondo circostante. Il contributo fondamentale che Galilei diede alla scienza cui il potere regio è limitato e regolamentato da una Costituzione promulgata dal sovrano che quindi riconosce l’esistenza di un altro centro di potere, il Parlamento. Questa forma monarchica si distingue da quella assoluta che si identifica interamente nello Stato e non riconosce altri poteri, ma anche da quella parlamentare in cui il Governo dipende dalla fiducia al Parlamento, e non dal re. La monarchia costituzionale costituisce una via di mezzo tra le altre due forme anche dal punto di vista storico, seguendo infatti quella assoluta, ma precede, evolvendosi, quella parlamentare. Il Parlamento era diviso in due Camere, quella alta o dei lord, composta dagli esponenti di nobiltà e ceti più elevati, nominati dal re, e la Camera bassa o dei comuni formata da deputati eletti attraverso suffragio ristretto. COSTITUZIONE CIVILE DEL CLERO APPROVATA IL 12 LUGLIO 1790 IN FRANCIA Il 12 luglio del 1790, in piena Rivoluzione francese, veniva approvata la Costituzione civile del clero, uno degli atti più significativi dell’Assemblea nazionale costituente, che modificava i rapporti tra lo Stato e la Chiesa. Li modificava non nel senso della separazione, bensì dell’assoggettamento della seconda al primo, poiché nella mentalità dei rivoluzionari lo Stato doveva plasmare ogni ramo della società e la Chiesa non sfuggiva a questa pretesa: anzi, in quanto istituzione divina, l’idea di una sua dipendenza dal potere statale diventava il simbolo della vittoria del pensiero di matrice illuminista e di un mondo nuovo, che si proponeva di recidere i legami con il passato e di fare a meno di Dio. Quel 12 luglio 1790 segnò di fatto uno spartiacque che portò a una lunga fase di persecuzioni in odio alla fede e di innumerevoli martiri, realtà che cozzano con l’idea che i principi di libertà, uguaglianza e fraternità si siano affermati grazie alla Rivoluzione, come tanti esponenti del laicismo continuano ancora oggi a sostenere. Nei mesi precedenti, l’Assemblea nazionale aveva già avviato una serie di riforme che colpivano la Chiesa. L’abolizione del regime feudale, decisa il 4 agosto 1789, si era accompagnata infatti alla soppressione delle decime, che il clero usava per finanziare le attività scolastiche e ospedaliere. Nel novembre dello stesso anno si votò la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici (da lì la prima decisione di dare uno stipendio ai parroci) e nel febbraio 1790 l’Assemblea decise di proibire per il futuro i voti religiosi e di vietare tutti gli ordini e le congregazioni, con l’eccezione di quelli impegnati a gestire scuole e ospedali. Con la Costituzione civile del clero si intendeva in sostanza continuare l’opera di demolizione del cristianesimo. Si stabilì così la soppressione di varie diocesi, il cui numero venne fatto coincidere con quello dei dipartimenti statali, riducendo di molto anche il numero delle parrocchie; la retribuzione degli ecclesiastici da parte dello Stato e l’elezione di vescovi e parroci - trattati alla stregua di funzionari civili - da parte di assemblee popolari, costituite su base censitaria e che rappresentavano meno dello 0.5% della popolazione. Molti vescovi condannarono come illegale il decreto, comprendendone le motivazioni politiche e gallicane che rischiavano di causare uno scisma, e chiesero ai rivoluzionari di attendere il pronunciamento del papa, il quale intanto aveva istituito una Congregazione per occuparsi della questione. Ma il 4 gennaio del 1791 la Costituente forzò ulteriormente la mano e decise che tutti gli ecclesiastici avrebbero dovuto giurare fedeltà alla Costituzione come funzionari civili, pena la perdita delle loro funzioni e dello stipendio. La maggioranza della Chiesa non si piegò. I due terzi dei membri del clero presenti nella Costituente, quasi tutti i vescovi e circa la metà del clero parrocchiale rifiutarono di giurare e, addirittura, alcuni chierici che avevano giurato in precedenza ritrattarono e furono perciò detti “refrattari”. Il 10 marzo 1791 si espresse ufficialmente anche Pio VI, che nel breve Quod aliquantum definì la Costituzione un atto “sacrilego”. La pressione anticristiana dei rivoluzionari si accrebbe e il 29 novembre si decretò che tutti i sacerdoti sarebbero stati accusati di avere “cattive intenzioni verso la Patria”, se non avessero prestato giuramento alla Costituzione entro otto giorni. In breve, preti e vescovi furono additati come nemici della Rivoluzione. L’atteggiamento totalitario proseguì per tutto il 1792, quando culminò in quelle che sono note come le Stragi di Settembre: la Chiesa conta 191 martiri, per la stragrande maggioranza sacerdoti (beatificati da Pio XI nel 1926), uccisi in odio alla fede cattolica tra il 2 e il 3 settembre in quattro diversi luoghi di Parigi, ossia l’abbazia di Saint-Germain-des-Pres, il convento dei carmelitani, la prigione di La Force e il seminario di Saint-Firmin. Da allora ci furono centinaia di altri martiri riconosciuti dalla Chiesa, vittime dei rivoluzionari. Quelle stragi segnarono infatti l’inizio di un’escalation giacobina che raggiunse il suo apice nel massacro operato nella Vandea, una regione dove il cattolicesimo era fortemente radicato. La sostituzione dei preti “refrattari” con i “giurati” fedeli alla Rivoluzione, la chiusura delle chiese (ottocento furono poi bruciate) e l’imposizione della leva obbligatoria da parte del Direttorio portarono alla ribellione dei vandeani, che combatterono per difendere i valori cristiani. ELISABETTA I Elisabetta I, ultima regina della dinastia dei Tudor, governò dal 1558 fino alla sua morte nel 1603 con astuzia e saggezza, trasformando l'Inghilterra in una nazione ricca, potente, votata ai commerci ma favorendo anche le arti e le opere di autori come Shakespeare. Elisabetta I nacque nel 1533 a Greenwich, un borgo di Londra. Figlia del re Enrico VIII Tudor d'Inghilterra e di Anna Bolena, seconda moglie del re sposata contro il volere della Chiesa di Roma, perse a tre anni la madre, fatta decapitare da Enrico VIII con l’accusa di stregoneria e incesto al fine di toglierla di mezzo per unirsi ad un'altra donna: Jane Seymour. Dopo la morte del padre nel 1547, durante i brevi regni dei fratellastri Edoardo VI e di Maria la Cattolica detta la sanguinaria, Elisabetta I visse momenti di grande difficoltà. La sorellastra Maria, che aveva sposato il re di Spagna Filippo II, per scongiurare la sua ascesa al trono la fece rinchiudere nella prigione della Torre di Londra e meditò di ucciderla nel corso del suo regno durante il quale si impegnò nell'opera di restaurazione del Cattolicesimo in Inghilterra perseguitando i Protestanti. Morta Maria, prematuramente e senza eredi, si aprì in Inghilterra una delicata questione di successione. Nel 1558 il Parlamento inglese proclamò regina Elisabetta I, che era di religione protestante. I Cattolici inglesi non vollero riconoscerla come erede perché nata da un'unione matrimoniale di cui il papa non aveva mai ammesso la validità e le contrapposero, senza successo, la cattolica Maria Stuart, regina di Scozia, cugina di Elisabetta I e moglie dell'erede al trono di Francia, Francesco II. Ma l'idea che, con l'elezione di Maria, la Francia potesse controllare il Regno inglese era inaccettabile per il Parlamento. Nei primi anni di governo Elisabetta evitò di adottare duri provvedimenti nei confronti dei sudditi cattolici con l'obiettivo di ricomporre quell'unità nazionale che era venuta meno durante il regno di Maria la Cattolica. Nel 1559 con l'Atto di uniformità rese obbligatorio l'uso del Libro delle preghiere comuni per i servizi religiosi. Il libro era una sintesi fra tradizione cattolica e innovazioni protestanti pensata per garantire da una parte l'uniformità religiosa e dall'altra un'ampia tolleranza di fedi. Nello stesso anno, con il secondo Atto di Supremazia dopo quello del 1534 emanato da Enrico VIII, stabilì che i pubblici ufficiali dovessero prestare giuramento alla regina e riconoscerla come capo della Chiesa Anglicana. Nel 1560 l'improvvisa morte del marito di Maria Stuart indebolì la già precaria posizione della donna, vittima del dilagare del Calvinismo entro i confini della Scozia e dell'ostilità di Elisabetta I, che temeva avanzasse pretese sul trono d'Inghilterra in quanto nipote della sorella di Enrico VIII. La condotta libertina di Maria Stuart, che sposò subito in seconde nozze il nobile Lord Darnley, finì per privarla del sostegno dei nobili di Scozia. Dopo il matrimonio tra Maria e James Hepburn, un avventuriero dalla pessima fama che assassinò il secondo marito della regina di Scozia, esplose in modo violento il malcontento dei sudditi. Maria fu costretta a rifugiarsi dalla rivale Elisabetta I dopo aver lasciato il trono scozzese al figlio Giacomo VI. Durante il soggiorno in Inghilterra, Maria divenne un punto di riferimento per gli oppositori della regina d'Inghilterra e pare che in più occasioni abbia lei stessa cospirato per uccidere la cugina. Elisabetta, pur controvoglia, decise di far giustiziare Maria nel 1587. Prima di essere decapitata, Maria rivolse al boia queste parole: «vi perdono con tutto il mio cuore, perché ora io spero che porrete fine a tutte le mie angustie». Nel corso del tempo e in seguito a una rivolta dei nobili cattolici nell'Inghilterra settentrionale, la politica della regina Elisabetta I assunse un carattere maggiormente anticattolico che le alienò le simpatie della Spagna, regno fortemente cattolico. Oltre ai motivi politici, alla base della guerra che l'Inghilterra combatté contro la Spagna nel 1588 ce ne furono anche altri:  L'uccisione della cattolica Maria Stuart, considerato un atto illegittimo;  Il rifiuto di Elisabetta di sposare Filippo II;  La decisione di Elisabetta I di aiutare nel 1585 i ribelli delle Province Unite che, nei Paesi Bassi, stavano combattendo per l'indipendenza dalla Spagna;  Il deterioramento dei rapporti tra le due nazioni a causa delle sempre più frequenti azioni compiute dalla flotta corsara inglese guidata da Francis Drake, pirata che assaltava le navi spagnole cariche d'oro di ritorno in Spagna dall'America e che in patria veniva ricoperto di onori; Nel 1588 Filippo II di Spagna decise che era giunto il momento di inviare una spedizione navale contro l'Inghilterra per sconfiggere una volta per tutte Elisabetta I la quale, per tutta risposta, di Filippo II disse: «non posso avere timore di un uomo che impiegò dieci anni ad imparare l’alfabeto». Filippo II mise insieme una flotta di centoquaranta navi, armata da 2.500 cannoni e con a bordo ventimila soldati. La flotta salpò dal porto di Lisbona e si diresse verso i Paesi Bassi dove vennero imbarcati altri uomini. La flotta spagnola, definita l'Invincibile Armata, era senza dubbio la più grande mai allestita, ma fallì miseramente. Terribili tempeste si abbatterono sui pesanti galeoni spagnoli che, appena entrati nel Canale della Manica, subirono l'attacco dei veloci vascelli inglesi dotati di un’artiglieria più efficacie. La flotta di Filippo II fu costretta a ritirarsi, ma solo la metà del corpo di spedizione riuscì a tornare in Spagna. L'Inghilterra era salva e il regno di Elisabetta I poteva proseguire incontrastato. Dopo la sconfitta della Spagna, l'Inghilterra visse un periodo florido, caratterizzato da una forte espansione economica e da un ricco fermento culturale.  Favorì l'agricoltura e l'allevamento;  Si sviluppò la produzione tessile, in particolare allo sviluppo della lana;  Tutto questo favorì l’aumento delle esportazioni;  favorì la nascita delle prime industrie che sfruttavano il ferro e il carbone presente nelle miniere inglesi;  nacque una potente flotta grazie all'espansione marittima e commerciale, fortemente voluta da Elisabetta I;  costruì un impero commerciale in America e in Asia; Nel 1584, in onore di Elisabetta I - che secondo la leggenda ebbe molti amanti ma non si volle mai sposare e per questo venne definita la Regina Vergine - fu fondata in America Settentrionale la colonia della Virginia. Anche la società inglese si preparava a grandi cambiamenti:  dal punto di vista religioso venne raggiunto un equilibrio: Elisabetta I spinse il paese verso il Protestantesimo, ma cercò di bandire ogni fanatismo religioso. nella colonia trovò nuovamente una situazione instabile, con parte dei coloni in rivolta contro il fratello. Riuscì a pacificare la ribellione e a convertire parte degli indigeni al cattolicesimo ma nel frattempo i suoi nemici in Spagna erano riusciti a convincere Ferdinando e Isabella che Hispaniola aveva bisogno di un nuovo governatore. E così, nel maggio del 1499, Colombo fu rimosso dal suo incarico e sostituito da Francisco de Bobadilla. Il nuovo governatore raggiunse i Caraibi il 23 agosto del 1500 e il suo primo atto fu arrestare e deportare in Spagna di Colombo e del fratello Bartolomeo. Giunti in Spagna al cospetto dei Re Cattolici, Isabella liberò e perdonò i due fratelli, li premiò per le loro scoperte, ma non acconsentì a rimetterli al comando della colonia. Ciononostante la regina Isabella era dalla sua parte ed ottenne nuovamente il suo sostegno per una nuova spedizione alla ricerca del passaggio che lo avrebbe portato in Asia. Stavolta ottenne solo quattro caravelle malridotte e gli fu vietato di fare scalo a Hispaniola. La spedizione partì da Cadice nel maggio del 1502 e la traversata dell'Atlantico avvenne in soli 21 giorni. Le sue navi avevano bisogno di interventi e riparazioni ma a Santo Domingo - dove era arrivato per ripararsi da un uragano - gli fu negata la possibilità di accedere al porto. Anche in questo caso la fortuna era dalla sua parte: la tempesta risparmiò Colombo ma distrusse quasi completamente le navi che riportavano in patria alcuni dei suoi peggiori nemici tra cui Bobadilla che nel frattempo era stato sostituito da Nicolás da Ovando. Si salvò solo la nave che trasportava l'oro che spettava da contratto a Colombo. Completate le riparazioni necessarie alla sua piccola flotta, Colombo ripartì costeggiando l'Honduras per altri sei mesi alla ricerca del passaggio per l’Asia che non troverà mai. Nel gennaio del 1503 sbarcò a Panama, dove creò un insediamento che dovette abbandonare per via dei problemi con i coloni e con gli indigeni. La spedizione intanto si era ridotta a due sole navi ma anche queste affondarono al largo della Giamaica il 23 giugno del 1503. Colombo inviò a Hispaniola una richiesta di aiuto ma i soccorsi arrivarono solo un anno dopo. I superstiti della spedizione – tra cui Colombo - furono imbarcati il 28 giugno 1504 verso Santo Domingo, da dove, il 7 novembre, raggiunsero la Spagna. Fu il suo ultimo viaggio perché pochi mesi dopo morirà. MORTE DI CRISTOFORO COLOMBO Gli ultimi mesi della sua vita furono segnati dalla malattia e dai tentativi sempre falliti - di farsi restituire da re Ferdinando i privilegi pattuiti. La regina Isabella, sua protettrice, ormai era morta e Re Ferdinando non lo vedeva con i suoi stessi occhi. Colombo morì per un attacco di cuore il 20 maggio del 1506 a Valladolid a soli 55 anni. Si pensa soffrisse della sindrome di Reiter i cui sintomi si ritrovano nei diari del famoso navigatore: congiuntivite, rigonfiamento e indebolimento delle ginocchia, dolore nell'urinare. ITALIA SPAGNOLA Con la divisione dell'impero decisa da Carlo V nel 1556, non solo Milano, lo stato dei presidi e il regno di Napoli con la Sicilia e Sardegna, ma anche Genova, la Toscana e il ducato di Savoia sono passati sotto l'egemonia spagnola. Resta indipendente solo la repubblica di Venezia, mentre lo stato della Chiesa è costretto ad un'alleanza con la Spagna a causa della comune lotta contro il protestantesimo. Nella seconda metà del Cinquecento, Venezia ha superato lo shock provocato dalla scoperta delle rotte per l'India e ha continuato a commerciare prodotti di lusso.La sua classe dirigente non ha capito che, dopo la scoperta dell'America, il Mediterraneo è sempre meno importante e si impegna in una costosissima guerra contro i Turchi in difesa dell'isola di Cipro. Ciò determina il declino della Repubblica, contrassegnato da una intensa vita culturale, dalla costituzione di ville aristocratiche e da meraviglie pittoriche. Lo stato della chiesa ha perso la sua autorità sulla metà dell'Europa convertita al protestantesimo e non riesce più a svolgere la sua funzione diplomatica internazionale. Tuttavia la sua influenza sulle coscienze e sul ruolo centrale nella società italiana sono rimasti inalterati e influiscono negativamente sulla vita culturale e sulla libertà di pensiero nella penisola, come dimostrano la condanna al rogo di Giordano Bruno e il processo contro Galileo. Sul piano interno, i pontefici scelgono un modello assolutistico di governo, moderato da una politica paternalistica e assecondano le richieste dell'aristocrazia nera varando norme che riducono a pascoli vaste estensioni di terreno fertile. Ciò arresta lo sviluppo sociale ed economico e provoca il brigantaggio. L'amministrazione spagnola del regno di Napoli aggrava le condizioni di territori che, sfavoriti dalla scarsità di acqua, vivono solo di allevamento ovino mettendo in pericolo l'agricoltura. Inoltre, la proprietà della terra è costituita dai latifondi dei baroni del re di Spagna, i quali non vi apportano nessuna miglioria. A ciò si aggiunge una tassazione feroce dalla quale sono esclusi i baroni e il clero. La monarchia spagnola infine impedisce lo sviluppo di una libera imprenditoria nelle città e quindi di una dinamica classe borghese. Le rivolte urbane sono frequenti: la più pericolosa è quella di Masaniello che, nel 1647, solleva la plebe napoletana con esiti fallimentari. Nato nel Medioevo, nel corso dei secoli il ducato di Savoia si estende fino a Torino. Nel 1655, come difensori del cattolicesimo, i Savoia attaccano i valdesi di Torre Pellice e compiono una strage, nota come Pasque Piemontesi, che suscita lo sdegno di tutti i paesi protestanti e persino della cattolica Francia. Nei primi anni del Settecento, con Vittorio Amedeo II, i duchi ottengono dignità regia sulla Sardegna e il ducato si trasforma così in Regno di Sardegna, guidato dal Piemonte e formato anche dalla Savoia e Nizza. Il politico, filosofo e storico Antonio Gramsci disse che in Italia le classi al potere non volevano dirigere ma dominare, ovvero volevano deprimere e sfruttare le persone educandole all'ipocrisia e alla menzogna. La colpa più grave dei dominatori è stata quella di impedire l'unificazione dell'Italia nel Quattrocento, ma altre disgrazie hanno contribuito al declino: la Guerra dei Trent'anni, le epidemie di peste, il calo demografico e la perdita di importanza del Mediterraneo dopo la scoperta dell'America. L’IMPERO DI NAPOLEONE Napoleone Bonaparte nacque nel 1769 ad Ajaccio, in Corsica, da una famiglia della piccola nobiltà. Dopo aver frequentato la scuola militare di Parigi, divenne tenente d'artiglieria nel 1794. Di sentimenti repubblicani e divenuto generale, nel 1796 sposò Giuseppina, donna di sei anni più grande e già madre di due figli. A soli 26 anni, gli fu affidato il comando dell'armata francese impegnata nella Campagna d'Italia contro gli Austriaci, padroni dell'Italia del Nord dal Settecento e che facevano parte di una coalizione di potenze unite per sconfiggere la Francia rivoluzionaria. Napoleone attaccò la Repubblica di Genova e il Piemonte e nel maggio 1796 ottenne la Savoia e la contea di Nizza, prima di mettere in fuga l'esercito austriaco e di entrare da liberatore a Milano. Tra 1796 e 1797 Napoleone occupò l'Emilia e la Romagna e arrivò vicino a Vienna. Ottenuto un armistizio con l'Austria, guadagnò Avignone dallo Stato pontificio. Nell'Italia del Nord conquistata sorsero delle repubbliche, che furono abbandonate da Napoleone e governate sotto il pugno di ferro dell'occupazione militare francese. Presa l'Italia, il Direttorio affidò a Napoleone l'incarico di attaccare l'Inghilterra. Non potendo pensare a un'invasione attraverso la Manica, Napoleone scelse di occupare l'Egitto, possedimento turco, ma adatto per colpire gli interessi economici inglesi. Il condottiero preparò bene la campagna d'Egitto: scelse i soldati più pronti fisicamente a sopportare il caldo e allestì la flotta. Sbarcò in Egitto nel 1798 presentandosi come un liberatore e sconfiggendo i Mamelucchi nella battaglia delle Piramidi. La situazione politica in Francia continuava però ad essere instabile: la distruzione della flotta francese operata dall'ammiraglio inglese Horatio Nelson provocò una ripresa delle attività contro il Direttorio. A metà ottobre del 1799, mentre veniva creata la seconda coalizione antifrancese composta da Austria, Prussia, Inghilterra e Russia, Napoleone rientrò in Francia dove pose fine alla crisi politica con il colpo di stato del 18 Brumaio. Il Direttorio fu esautorato e la Francia fu affidata a un consolato di tre Membri: Napoleone, primo console, Charles-Maurice de Talleyrand, ex vescovo, e Joseph Fouché, ex Giacobino. Fondato sul ruolo avuto dall'esercito nel colpo di stato, il potere di Napoleone fu sancito dalla Costituzione dell'anno VIII, con la quale venne rafforzato il potere del primo console. Sconfitte le opposizioni più radicali composte sia dai sostenitori del ritorno della monarchia - e in particolare di Luigi XVIII, fratello del decapitato Luigi XVI - sia dai Giacobini, che nel 1800 cercarono di uccidere Napoleone con una bomba, il consolidamento del potere napoleonico restò legato alle vittorie militari contro la seconda coalizione antifrancese. Nel 1801 Napoleone firmò la pace con Austria e Inghilterra. Nello stesso anno, per rafforzare il potere, siglò il concordato con la Chiesa di Roma: il Cattolicesimo fu riconosciuto religione non di Stato, ma della maggioranza dei Francesi, e la Chiesa di Roma riguadagnò in Francia importanti privilegi. Nel 1802, attraverso un plebiscito, Bonaparte si fece eleggere console a vita, ma non bastava. Nel 1804 il popolo lo nominò imperatore. Si racconta che durante la cerimonia d'incoronazione nella cattedrale di Notre Dame a Parigi, Napoleone tolse la corona dalle mani di papa Pio VII, che stava per consacrarlo, ponendosela sul capo e affermando «Dio me l'ha data, guai a chi la tocca!». Il governo di Napoleone in Francia si fondò su:  Il senso di unità nazionale, rafforzato nella lotta contro le varie coalizioni antifrancesi che si formarono a partire dal 1800  La razionalità dell'opera di governo e l'accentramento del potere avviato attraverso la creazione dei prefetti, ufficiali che controllavano ogni distretto di Francia, e la redazione nel 1804 del Codice civile napoleonico, raccolta di leggi che affermava la centralità dello Stato e ribadiva i principi rivoluzionari di libertà personale e uguaglianza dei cittadini oltre alla laicità dello Stato  Un vasto consenso in grado di coinvolgere tutte le classi sociali anche attraverso la creazione di una scuola pubblica aperta a tutti. Dal 1804 al 1809 cinque anni di guerre sconvolsero profondamente la carta geografica d'Europa. Nel 1805 sconfitti gli Austro-Russi ad Austerlitz, il dominio napoleonico si estese al Veneto, in Istria e Dalmazia e nel Regno di Napoli. Lo stesso anno, la vittoria della flotta inglese di Nelson nella battaglia di Trafalgar segnò la rinuncia definitiva al progetto di invadere l'Inghilterra. Non potendo arrivare in Inghilterra, Napoleone decise nel 1806 di espandersi verso Oriente: creò la Confederazione del Reno e proclamò decaduto il Sacro Romano Impero. Dopo aver sconfitto la Prussia la inserì con l'Olanda nell'Impero in costruzione e, per minare la potenza inglese, proclamò il Blocco Continentale, che stabilì il divieto per i Paesi europei di commerciare con l'Inghilterra. Il 1807 segnò l'apice della potenza francese: la pace di Tilsit con la Russia fece dello Zar Alessandro I un alleato. Nel 1808 l'espansione francese trovò difficoltà in Spagna, ma l'anno seguente nuove vittorie sull'Austria portarono a nuove annessioni in Italia: Parma, la Toscana, l'Umbria e il Lazio caddero nelle mani dei Francesi, che trafugarono importanti opere d'arte, ma non la Gioconda, a differenza di quanto si crede, portata da Leonardo da Vinci in Francia nel 1517. Buona parte dell'Europa era guidata dall'Impero napoleonico, che si fondò sulla supremazia di un esercito composto da cittadini reclutati attraverso la leva obbligatoria. Negli Stati conquistati o annessi, affidati a membri della famiglia di Napoleone, fu esteso il sistema amministrativo e giuridico francese, mentre l'economia venne sottoposta alle esigenze della Francia, contribuendo, insieme a un forte controllo militare, a far crescere l'ostilità antifrancese. Il periodo relativamente pacifico tra il 1809 e il 1812 non portò a un consolidamento dell'Impero a causa dell'ostilità inglese e del papa e dalle nascenti opposizioni all'interno dei territori conquistati. L'alleanza con la Russia, rimasta indipendente, con un sistema di potere totalmente diverso da quello francese e che non aveva nulla da guadagnare dal Blocco Continentale, era in bilico. Nel 1812 Napoleone decise di costringere con quella Herbertista. Il loro interesse per la repubblica era minore rispetto a quella Giacobina, infatti sostenevano l'alleanza con le sezioni popolari, ma non rispettavano il bene della proprietà privata. Si rifecero, però, anche a Rousseau, con il quale condividevano la visione di uno stato pesante che dovesse ridistribuire la ricchezza, occupandosi dell'apparato statale. Tuttavia volevano abolire anche l'ultimo tassello della disuguaglianza umana: la proprietà privata. Tuttavia la congiura venne scoperta e Gracco Babeuf venne processato e giustiziato nel 1797. Buonarroti riuscì a fuggire e nei primi dell'Ottocento, a capo di una setta, organizzò una rivoluzione su scala europea a carattere sociale e repubblicano. Il manifesto degli Uguali: Babeuf pensa che la rivoluzione degli uguali debba andare oltre l'orizzonte politico entro il quale si era limitato il movimento dell'89. Il pensiero di Babeuf è che la rivoluzione francese sia l'avanguardia di una rivoluzione più grande: la congiura degli uguali, da lui chiamata l'ultima rivoluzione. C'è un abbozzo di comunismo, ma il concetto è tuttavia diverso da quello espresso successivamente da Marx. Infatti mancano le condizioni sociali ed economiche che si creeranno con lo sviluppo di industrie e di masse operaie. Il diritto principale per gli Eguali non è più quello della proprietà privata, ma il diritto dell'esistenza. Gerarchicamente era così divisa:  al vertice vi era un gruppo dirigente, chiamato direttorio segreto. Questo era l'unico a conoscere completamente il programma rivoluzionario.  sotto vi erano gli agenti rivoluzionari e gli agenti militari  infine i sostenitori del progetto: democratici, patrioti e sezioni popolari. Il direttorio segreto manifestava alcuni punti del progetto rivoluzionario solo ai democratici e ai patrioti ma non alle sezioni popolari, che servivano solo come forza d'appoggio. Una volta preso il potere, i rivoluzionari avrebbero preso il potere. Comunque ci sarebbe stato bisogno di un periodo di dittatura composta da una minoranza rivoluzionaria. Questa solo poteva garantire la messa in atto dei nuovi ideali; successivamente si sarebbe tornati ad una repubblica a suffragio universale. INDULGENZE Secondo la chiesa cattolica il peccato è costituito dalla "colpa" e dalla "pena". La colpa si cancella con il sacramento della penitenza, la pena è necessaria per soddisfare la giustizia divina offesa dal peccato. Quindi, oltre al pentimento, occorrono anche delle "prove" che attestino l'effettivo pentimento (ad es. al ladro si chiedeva di restituire la refurtiva o di donare una somma equivalente in beneficenza, oppure, se non disponeva di nulla, gli si imponeva un pellegrinaggio in luoghi santi o una scomunica temporanea). Le indulgenze erano una specie di "decreti di amnistia" scritti dal Papa, sulla base del cosiddetto "tesoro dei meriti" di Cristo e Maria, i quali avrebbero dato agli uomini più di quanto non occorresse per la loro salvezza (ma in questo "tesoro" sono inclusi anche i santi e i fedeli più devoti del paradiso, la cui grandezza superava, secondo la chiesa, le pene che meritavano per i loro peccati). In virtù di questo "surplus" di meriti, la chiesa si sentiva in diritto di diminuire o addirittura di cancellare la pena del peccatore (in vita o nel Purgatorio). Chi, pagando una certa somma, riusciva ad entrare in possesso del documento scritto (i vivi direttamente, i morti tramite i parenti ancora in vita), poteva ottenere uno "sconto" sulla pena (per i vivi anche sulle pene future), a prescindere naturalmente dalla fede personale di chi lo acquistava o di chi ne beneficiava. In tal modo i benestanti potevano facilmente mettersi la coscienza a posto. Il commercio delle indulgenze era assai diffuso in tutta Europa occidentale. Nel 1517 papa Leone X promulgò un'indulgenza plenaria, cioè un riscatto della totalità delle pene per tutti coloro che invece di recarsi in pellegrinaggio a Roma, avessero versato un obolo per la costruzione della basilica di s. Pietro. Interpretando questa iniziativa come un ennesimo abuso della chiesa romana, Lutero protestò, dando così inizio alla Riforma protestante. 1 CAPITOLO MANUALE Vedi su riassunti cartacei FRANCIA DEI VALOIS COME SI ARRIVA AL CONCILIO DI TRENTO ANABATTISMO Essi erano una confessione protestante che aveva come obiettivo la creazione del regno di Dio in terra, soprattutto attraverso l’abolizione della proprietà privata. Il loro nome deriva dal fatto che si battezzavano in età adulta in modo da essere consapevoli del dono ricevuto. Si dividevano in comunità che venivano perseguitate dalle autorità. Gli anabattisti predicavano anche il rifiuto di prestare giuramento alle autorità civili, perché si possono fare giuramenti solo a Dio. Alcune comunità anabattiste arrivarono a introdurre la poligamia perché nelle Sacre Scritture non si vietava e anche i patriarchi della fede cristiana ed ebraica avevano diverse mogli. La città tedesca di Münster vide la nascita di una vasta comunità anabattista, anche politica, in cui venne persino abolito il denaro e permessa la poligamia. Ma tutte queste scelte così radicali portarono i principi cattolici e luterani a un’alleanza contro Münster che venne assediata e sconfitta e gli anabattisti perseguitati e uccisi. I superstiti si rifugiarono in Olanda, dove c’era più libertà religiosa, dando luogo alla comunità dei mennoniti. Dopo l’abolizione della proprietà privata, la poligamia e il rifiuto di fare giuramenti alle autorità civili, la quarta caratteristica della professione anabattista fu la predicazione della non- violenza. FUGA DI VARENNES Il 20 giugno 1791 Luigi XVI si travestì da servo e cercò di fuggire dalla francia ma venne riconosciuto a Varennes e rispedito a Parigi. Ciò incrinò il prestigio della monarchia e accentuò la frattura sociale dello stato. Le fazioni rivoluzionarie si erano organizzate in club in cui ci si incontrava per confrontare le idee. Quello più importante fu qullo dei giacobini guidati da Maximilien de Robespierre fautori di una soluzione repubblicana, da cui si staccarono i foglianti con a capo La Fayette,fautori di una monarchia costituzionale. I cordiglieri erano il gruppo politico radicale guidato da Danton,Hébert e Marat e chiedevano la repubblica e gli aumenti salariali. La Costituzione del 3 settembre 1791 stabilì che non venisse accettata la Camera Alta proposta dai moderati ma che venisse accolto il diritto di veto da parte del re. Venne ripreso il principio della separazione dei poteri:quello legislativo andò all'Assemblea elettiva,quello esecutivo al re. La società fu divisa in cittadini passivi esclusi dal voto perchè poveri,cittadini attivi che potevano votare ma non essere eletti e quelli eleggibili ai quali era richiesta una proprietà terriera. Venne determinato l'organo competente a dichiarare guerra,l'Assemblea Legislativa,che fu il primo Parlamento frnacese composta da conservatori di destra,i proressisti di sinistra come i giacobini e al centro i moderati che erano intermedi.Le fazioni rivoluzionarie si erano organizzate in club in cui ci si incontrava per confrontare le idee. I atto della convenzione repubblicana ( è il processo al sovrano) dove robespierre si fece promotore per la sua condanna a morte COME FUNZIONAVA L’INQUISIZIONE ROMANA capitolo 7 (inquisizione Galilei e Giordano Bruno) SU QUALI TERRITORI AGIVA? Stato pontificio- Venezia- Firenze Il processo accusatorio, previsto dal diritto romano, consisteva nel pubblico confronto orale fra accusatore e accusato, al quale assisteva il giudice: l'onere della prova ricadeva sull'accusatore, che se non dimostrava le proprie accuse, era condannato dal giudice alla pena che avrebbe dovuto subire l'accusato in caso di riconosciuta colpevolezza. Il tribunale dell'Inquisizione adottò invece la procedura del processo inquisitorio – dal latino inquisitio, indagine – nel quale il giudice è anche accusatore: sulla base di una denuncia anche generica, egli è tenuto a raccogliere le prove della colpevolezza dell'imputato, conducendo indagini segrete e dirigendo il processo al quale, secondo quanto stabilito nel 1205 dalla decretale Si adversus vos di Innocenzo III, il pubblico non può assistere né è ammessa la presenza di un avvocato difensore; le testimonianze e le dichiarazioni dell'imputato sono verbalizzate. Per giungere alla condanna è sufficiente la testimonianza concorde di almeno due testimoni o la confessione dell'imputato, il quale viene detenuto in carcere durante lo svolgimento del processo, che non ha una durata predefinita e le cui udienze – i costituti – si svolgono a discrezione dello stesso giudice. Se la prova della colpevolezza non viene raggiunta e allo scopo di sciogliere le eventuali contraddizioni presenti nelle sue deposizioni, l'imputato è sottoposto a tortura - mezzo di coercizione legittimato dalla giurisprudenza fino al XVIII secolo - generalmente consistente nella corda: legate le braccia dietro la schiena, l'imputato, nudo, viene sollevato da terra dalla corda che scorre su una carrucola fissata al soffitto. Egli è tenuto in quella condizione per non più di mezz'ora, perché una durata superiore può comportare gravi conseguenze, dalle lesioni agli arti superiori fino al collasso cardiocircolatorio, ma spesso la tortura della corda avviene in altro modo: la corda viene lasciata e poi bloccata all'improvviso, in modo da provocare strappi muscolari e slogature delle spalle oppure direttamente si danno allo stesso scopo violenti strattoni alla corda con il torturato ancora a terra; talvolta all'imputato sospeso in alto si avvicinavano torce o candele alle gambe provocando forti ustioni. La tortura poteva essere reiterata più volte nel corso del processo, anche per cercare torture più efficaci ed invasive.Se ritiene che l'accusa di eresia sia stata provata (anche tramite la confessione estorta dopo ripetute torture), il tribunale chiede all'imputato di abiurare, cioè di rinnegare le proprie convinzioni. Abiurando, se non è recidivo, l'imputato evita la condanna a morte e viene condannato a pene diverse, dalle preghiere ai digiuni, dalla multa alla confisca dei beni, dall'obbligo di indossare, per sempre o per un determinato periodo, l'abitello – una veste gialla con due croci rosse sul petto e sulla schiena che lo identifica pubblicamente come eretico penitente – fino al carcere, anche a vita. Se è recidivo (magari anche solo per aver prima confessato sotto tortura e poi negato), relapso, l'imputato è condannato necessariamente a morte: pentendosi, viene prima strangolato o impiccato e il cadavere viene poi bruciato e le ceneri disperse; se è impenitente, viene bruciato vivo. La pena viene eseguita dall'autorità civile, il cosiddetto braccio secolare – al quale il tribunale dell'Inquisizione rilascia il reo – in quanto gli ecclesiastici non possono «spargere il sangue», come indicato dalla costituzione De iudicio sanguinis et duelli clericis interdictio del Concilio Lateranense IV del 1215; anche all'autorità civile il tribunale raccomanda di eseguire la sentenza evitando di spargere il sangue del condannato e la bruciatura sul rogo, con o senza strangolamento preventivo, evita appunto lo spargimento di sangue. [5] Machiavelli Nicodemismo L'origine del concetto di nicodemismo si deve a Calvino, che paragonò quei protestanti francesi che non avevano il coraggio di manifestare pubblicamente le propria fede al personaggio di Nicodemo (citato nel Vangelo di Giovanni), un fariseo che andava a trovare Gesù di notte, dissimulando la sua Il congresso di Vienna venne riunito dalle principali nazioni europee che avevano sconfitto Napoleone per risistemare l’assetto geopolitico della Francia dopo 25 anni di scempi rivoluzionari e napoleonici ma in realtà i protagonisti di tale congresso furono 4: i rappresentanti di Austria, Prussia, Russia ed Inghilterra, ai quali in seguito si aggiunse la Francia stessa perché il primo problema di grande importanza era quello francese, che poi sarà punita anche con clausole e danni quando tornerà Napoleone, ma che era necessario sentire perché se il popolo francese fosse stato lasciato in secondo piano non avrebbe di sicuro accettato le decisioni prese. Si preferì coinvolgere quasi da subito la Francia, che decise di inviare come rappresentante il diplomatico Talleyrand, che faceva parte di una delle 200 delegazioni presenti. Due problemi di ordine politico e geopolitico era stati sollevati dagli avvenimenti degli ultimi decenni, vale a dire la rivoluzione francese e Napoleone, ed il congresso doveva fornire a tal riguardo delle risposte esaurienti: chi governa lo stato e come deve essere divisa l’Europa. In effetti per quel che riguarda la prima questione mentre prima nell’ancient regime vi era una discendenza ereditaria e diretta del potere del sovrano, la rivoluzione francese aveva fatto un’azione di esplicita rottura con il passato andando ad eliminare un potere preesistente, e bisogna stabilire dei criteri a tal proposito. I due principi con cui vengono affrontate le problematiche sono quelli della legittimità e dell’equilibrio: questi due principi vengono sempre applicati integrandoli ma a volte prevale uno rispetto ad un altro. Il principio della legittimità stabilisce che il potere spetta al sovrano legittimo, anche se era stato detronizzato o spodestato e privato del potere: tale principio afferma che vi è un riconoscimento dall’alto del sovrano e non da parte del popolo. Uno dei casi in base al quale viene applicato il principio dell’equilibrio furono le manie espansionistiche di Napoleone che avevano fatto diventare la Francia una nazione troppo forte militarmente: di conseguenza la presenza nel centro dell’Europa di una nazione troppo forte avrebbe destabilizzato anche in futuro l’assetto dell’Europa e quindi si decide di ridimensionare lo stato francese, che perse anche le colonie e di far sì che i rapporti di forza tra le nazioni fossero equilibrati con l’applicazione di un principio di buon senso. Anche la decisione di ridimensionare la Francia, che in apparenza poteva sembrare ingiusta per il popolo francese, in realtà fu una vittoria di Telleyrand perché un primo proposito era quello di dividere la Francia in settori. L’applicazione del principio dell’equilibrio trova un suo esempio nella confederazione germanica: infatti, all’inizio delle guerre napoleoniche, esisteva ancora il Sacro romano impero germanico ma una volta che tale territorio fu conquistato da Napoleone, l’impero venne dichiarato deceduto. Il congresso non decide di ripristinare una tale struttura antiquata, ma opta per la formazione di una confederazione formata da ducati e principati indipendenti. Il proposito è quindi quello di impedire che ci sia una nazione forte proprio nel cuore dell’Europa: in effetti le quattro principali nazioni europee confinavano con la Germania. Tali principi vennero applicati anche in altri casi come quello della contesa nata tra Austria e Russia sul dominio della Polonia e della Sassonia. Nel congresso si applicò per la prima volta anche la teoria degli stati cuscinetto attorno alla Francia, con l’Olanda che ingloba il Belgio e il regno di Savoia rafforzato, anche se in Belgio vi era un legittimo sovrano e non vi fu l’applicazione del principio della legittimità. Queste furono le decisioni che vennero prese nel congresso e sembravano aver risistemato tutto l’assetto dell’Europa anche se vi potevano essere degli stati scontenti, delle ribellioni, come era accaduto con i 100 giorni in Francia e bisognava preoccuparsi di mantenere l’equilibrio perché chiunque poteva ribellarsi. Vi doveva quindi essere un pronto intervento delle principali nazioni europee nel caso di rivolte, una sorta di alleanza difensiva. Il primo a proporre un’alleanza fu lo zar che, quasi prendendola come una questione sacra e come se ci doveva essere una preoccupazione religiosa, decise di proporre l’alleanza all’Austria cattolica, e alla Prussia protestante, che insieme all’ortodossa Russia formarono la santa alleanza, che venne proposta sia all’Inghilterra, che rifiutò questo intento sacra, così come il papa che non voleva allearsi con i protestanti. In seguito però anche l’Inghilterra decise di aderire a tale alleanza anche se rifiutò nettamente qualsiasi riferimento sacra, optando per una più banale quadruplice alleanza. La risposta che il congresso aveva fornito sulla questione europea era stata però poco soddisfacente, in quanto aveva ignorato o aveva risposto in modo inadeguato alle questioni che avevano un connotato più caratteristico. Abbiamo così la delineazione di due questioni: quella politica, che riguarda nazioni che avevano da tempo completato la loro unificazione, ma che avevano problemi nel governo dello stato, soprattutto la Francia dove il popolo si era abituato ad avere un minimo di potere anche durante l’impero, e l’imposizione di una figura dall’alto non era stata ben accetta perché il popolo chiedeva di partecipare ai lavori pubblici. In due paesi invece vi era sempre il problema politico ma esso era subordinato al problema dell’unità nazionale: questi paesi erano l’Italia e la Germania. Di conseguenza in alcuni paesi si trova maggiormente accentuato il primo aspetto, ed in altri il secondo; ma nella sostanza in quasi tutti i paesi europei sussistono entrambi. GIANSENISMO E PIETRO LEOPOLDO Il giansenismo fu un movimento religioso, filosofico e politico che proponeva un'interpretazione del cattolicesimo sulla base della teologia elaborata nel XVII secolo da Giansenio. L'impianto di base del giansenismo si fonda sull'idea che l'essere umano nasca essenzialmente corrotto e, quindi, inevitabilmente destinato a commettere il male. Senza la grazia divina l'uomo non può far altro che peccare e disobbedire alla volontà di Dio; ciononostante alcuni esseri umani sono predestinati alla salvezza (mentre altri non lo sono)[1]. Con tale teologia Giansenio intendeva ricondurre il cattolicesimo a quella che egli riteneva la dottrina originaria di Agostino d'Ippona, in contrapposizione al molinismo (dal gesuita spagnolo Luis de Molina) allora prevalente, che concepiva la salvezza come sempre possibile per l'uomo dotato di buona volontà. Il giansenismo fu un fenomeno estremamente complesso: partito da un problema eminentemente teologico, entrò ben presto in campo etico, assunse posizioni ecclesiologiche estremiste e si mosse anche come una specie di partito politico; influenzò, infine, pratiche di religiosità popolare. Il movimento giansenista accompagnò la storia della Francia lungo tutta l'epoca dell'ancien Régime e conobbe anche un'importante ramificazione italiana nel Sette-Ottocento, di impronta giurisdizionalista e riformatrice. La Chiesa cattolico-romana condannò il giansenismo come eretico e vicino al protestantesimo, per il suo teorizzare la negazione del libero arbitrio di fronte alla grazia divina e suggerire l'idea di una salvezza predestinata. Il giansenismo fu quindi condannato dapprima dalla Congregazione dell'Indice nel 1641, poi con successive lettere pontificie, tra cui le bolle In eminenti (1642), Cum occasione (1653), Ad sacram beati Petri sedem (1656), Regiminis Apostolici (1664) e Unigenitus Dei Filius (1713).
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