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Aristotele riassunto appunti della lezione, libro, video su YouTube, Schemi e mappe concettuali di Filosofia Teoretica

Aristotele riassunto appunti della lezione, libro, video su YouTube chiaro e facile

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

In vendita dal 08/02/2023

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Scarica Aristotele riassunto appunti della lezione, libro, video su YouTube e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Filosofia Teoretica solo su Docsity! Aristotele Introduzione pensiero Aristotele Aristotele nacque a Stagira nel 384 a.C e, a soli 17 anni, diventa discepolo di Platone entrando nella sua scuola dove vi rimase fino alla morte del suo maestro avvenuta nel 347 a.C. Quindi, praticamente Aristotele rimase nella scuola di Platone per ben 20 anni, un periodo di tempo molto lungo per imparare la filosofia del suo maestro e anche per realizzare la sua personale teoria filosofica che, in parte, si discosta dalla filosofia di Platone tant’è che, qualcuno ha addirittura puntato il dito contro Aristotele ritenendolo ingrato nei confronti del suo maestro. In realtà, Aristotele, pur facendo una sua personale filosofia rimase sempre molto legato a Platone a cui era molto grato. A dimostrazione di ciò c’è un pezzo dell’Etica Nicomachea in cui Aristotele dice: “l’amicizia e la verità sono entrambe care, ma è cosa santa onorare di più la verità”.  Aristotele fondò il LICEO: la parola liceo, arriva proprio dalla scuola che fondò Aristotele che era costituita da un edificio, da un giardino e da una passeggiata dove il filosofo e i suoi scolari potevano tenere lezioni, fare ricerche e riflettere sulla loro filosofia. Nell’epoca di Aristotele, assistiamo ad una crisi della pòlis, già presente durante Platone. La libertà nelle pòlis viene meno e i cittadini non vengono più coinvolti nella vita politica e, di rimando, perdono ogni interesse e passione nei confronti della politica dalla quale si allontanano. Gli interessi dei greci si spostano verso altro lontano dalla politica, verso l’etica e la conoscenza, due capisaldi dell’età ellenistica.  È stato l’ultimo dei grandi naturalisti σοφοι (sofoi) Le opere di Aristotele si suddividono in:  Scritti acroamatici o esoterici che sono gli scritti scolastici che Aristotele compose come aiuto nell’insegnamento, come appunti per le sue lezioni. Questi scritti comprendono diverse tematiche: logica, metafisica, fisica, storia naturale, matematica, psicologia, etica, politica, economia, poetica, retorica.  Scritti essoterici che sono scritti in forma dialogica e destinati al pubblico dove Aristotele fornisce in modo più approfondito le sue teorie grazie anche all’utilizzo di miti che, anche lui, come Platone utilizza per spiegare in modo chiaro ed esaustivo la sua filosofia. Di questi dialoghi, Aristotele riprese la forma letteraria utilizzata dal maestro scrivendo un suo:  Simposio,  Un Politico,  Un Sofista,  Il Protrettico (corrispondente all’Eutidemo) che è un’esortazione alla filosofia. In questo scritto dice: “O si deve filosofare o non si deve: ma per decidere di non filosofare è pur sempre necessario filosofare: dunque in ogni caso filosofare è necessario”. Inoltre, Aristotele afferma che la filosofia non è una serva, una schiava, non mira all’utilità o al vantaggio (come invece serviva per il potere politico dei sofisti), ma Aristotele definisce la filosofia come un scienza libera, finalizzata d un sapere interno. Confronto Platone e Aristotele Sia Platone che Aristotele sono appartenuti all’età classica ma, contrariamente a Platone, Aristotele era già proiettato verso l’epoca successiva, quella ellenistica. Aristotele visse in un periodo sociopolitico molto difficile per i greci caratterizzato dalla dominazione dei macedoni e dalla perdita di interesse politico da parte dei greci assoggettati ai macedoni. 1 Aristotele Queste importanti differenze portarono i due filosofi ad avere una concezione diversa della filosofia, del suo scopo e della sua struttura. Abbiamo visto che Platone crede fermamente nello scopo politico della filosofia tant’è che concepisce il filosofo come l’eletto che deve portare conoscenza ed educazione al popolo. Se Platone attribuiva alla filosofia un ruolo politico molto importante, in Aristotele invece non riscontriamo questa esigenza anche riversando le proprie riflessioni su altri argomenti quali l’etica e la conoscenza. Aristotele, quindi, vede la filosofia come conoscenza slegata dalla realtà, che si disinteressa ad essa. Il filosofo diventa un sapiente, un professore, uno scienziato della conoscenza, della sapienza e, per questo, focalizzato sull’insegnamento e la ricerca filosofica. In Platone la finalità è politica ed educativa mentre in Aristotele è conoscitiva e scientifica. Questa diversa finalità della filosofia causa, di conseguenza, un diverso modo di concepire la struttura del sapere e della realtà. Per Platone, il mondo è visto da un punto di vista verticale e gerarchico. Infatti, Platone distingue tra mondo delle cose e mondo delle idee e, all’interno del mondo delle idee, c’è una distinzione ben precisa. Inizialmente, Aristotele segue le orme del suo maestro ritenendo che l’oggetto della filosofia sia il divino ma poi cambia completamente prospettiva assumendo un punto di vista orizzontale e unitario dove tutte le scienze e tutte le realtà sono poste allo stesso livello, non esiste quindi più una gerarchia ma tutto è posto sullo stesso piano e assumere la stessa dignità gnoseologica. La sua visione unitaria della realtà prevede però anche una suddivisione di questa unità, ogni regione, costituisce l’oggetto di studio di un gruppo di scienze che hanno dei propri principi.  Dunque, La visione di Aristotele è una visione orizzontale e non verticale e gerarchica come quella di Platone che vedeva le scienze secondo un ordine prestabilito e inglobato all’interno di un sistema filosofico piramidale. Aristotele ridona pari dignità e autonomia a tutte le scienze che hanno una propria finalità e un proprio specifico settore di competenza. Partendo da questo presupposto, la filosofia diventa per Aristotele la scienza prima: è il collante che tiene insieme e che organizza tutte le scienze diventando quindi la regina delle scienze, colei che unifica e organizza tutte le scienze. La nomina “Teoria e sofia” e il τελος (telos), ciò a cui tende, è la verità Tipologie di scienze. Secondo Aristotele, esistono tre gruppi di scienze: 1. Le scienze teoretiche, 2. Le scienze pratiche 3. Le scienze poietiche o produttive. 1. Scienze teoretiche: sono quelle scienze che studiano ciò che è necessario ossia ciò che non può essere in altro modo diverso da come è. Le scienze teoretiche sono la metafisica, la fisica e la matematica. Scienze pratiche e scienze poietiche (da ποιειν, poiein che significa fare): questi due gruppi di scienze hanno lo stesso oggetto di studi, lo stesso metodo ma obiettivi distinti. Infatti, entrambe queste scienze hanno come oggetto di studio il possibile, ossia tutto ciò che può essere diverso da quello che è (contrariamente alle scienze teoretiche che abbiamo visto studiare tutto ciò che non può essere diversamente). Il metodo utilizzato non è dimostrativo. 2 Aristotele Il compito dell’uomo è quello di vivere secondo ragione, di usare la ragione e l’intelletto che sono la massima espressione dell’essere umano e che ci contraddistingue dalle altre specie animali. Ecco che l’uomo potrà essere felice solo se utilizza la ragione e in questo consiste la virtù umana. Per Aristotele, i beni esteriori come la ricchezza, la bellezza e la potenza, sono solo degli aiuti per essere felici ma non determinano la felicità. Aristotele dice che esistono 3 tipi di vita, e all’interno di questi, la felicità è declinata in un modo diverso, collegati con la tripartizione dell’anima di Platone:  Vita dedita ai piaceri: veniva paragonato, come anche da Platone, ad un versare di liquidi in un vaso forato, che quando si versano immediatamente si perdono; il piacere sul piano filosofico è accostato al divenire, il bene ha un carattere ontologico ed è allo stesso tempo piacevole, il piacere invece non è necessariamente anche bene, può anche essere piacevole e male al tempo stesso, il bene è il carattere di ciò che ontologicamente stabile e identico a sé stesso. Non tutti i piaceri sono male di per sé, ma lo diventano nel momento in cui intercettano quel tratto del divenire che non è stabile e non contiene in sé la costanza del bene. Si ispira alla classe dei lavoratori della Repubblica  Vita fondata sull’ambizione, la vita del politico che non ha di mira il bene, ma l'interesse personale, è un tipo di vita che mira a soddisfare l’anima legata alla volontà, al coraggio personale, la sua virtù è data dall’ apparire valoroso, forte, coraggioso, si ispira alla classe dei guerrieri della Repubblica.  Vita contemplativa, dedicata al pensiero, allo studio e alle scienze, per Aristotele questo è il tipo di vita più elevato, perché se l’uomo è animale con logos, ovvero ciò che lo distingue dagli animali, allora l’aleté intesa come la sua eccellenza funzionale sta nell’esercitare al meglio la conoscenza, dunque nello scoprire le cose più vere. Ciò che ci fa distinguere sul piano teoretico, il piacere dal bene è il fatto che - Il piacere è soggetto al divenire infatti può essere buono o cattivo, - Il bene invece è qualcosa che ha il carattere ontologico dell'essere, di ciò che è sempre, da una parte essere (il bene) e dall’altra divenire (il piacere). La felicità si realizza nell’esercizio di quell’ ergon (= il suo compito proprio, è la realizzazione della felicità), di quella fazione che è la più propria dell’uomo, che per Aristotele è avere il logos, la funzione dell’uomo è quella di ragionare intorno a quello che lo circonda. Secondo il filosofo, la virtù così come la malvagità sono delle scelte che ogni essere umano fa con la ragione e quindi decide deliberatamente di essere virtuoso oppure malvagio. Ogni persona ha quindi i mezzi per poter scegliere liberamente della propria vita tramite la ragione. Infatti, Aristotele usa la parola libero per indicare chi ha in sé il principio delle proprie azioni ed è quindi, come dice lui, “principio di se stesso”. LE DUE VIRTÚ: ETICHE E DIANOETICHE La virtù o aleté è un termine che viene utilizzato come l'eccellenza funzionale di uno strumento, la virtù dell'uomo è portare a termine il proprio compito, cioè quello di esercitare al meglio la propria razionalità. Secondo Aristotele esistono due tipi di virtù:  Le virtù etiche, che sono il dominio della ragione sugli impulsi irrazionali,  Le virtù dianoetiche che consistono nell’esercizio proprio della ragione. 5 Aristotele  La principale virtù etica è la giustizia a cui Aristotele dà molta importanza visto che gli dedica un libro intero. È la principale perché l’uomo giusto, ossia colui che rispetta tutte le leggi e le norme dello stato, è un uomo virtuoso (Riferimento a Platone)  Veniamo ora alle virtù dianoetiche che sono appunto l’espressione della nostra ragione e sono, nello specifico: 1. L’arte, (tecne) 2. La saggezza, (fronesis) 3. L’intelligenza, (nuss) 4. La scienza (episteme) 5. La sapienza (sofia) L’arte è la capacità di produrre oggetti attraverso il nostro intelletto. La saggezza invece è la capacità di dirigere il nostro comportamento sempre attraverso la ragione che ci guida nelle scelte e nei comportamenti. L’intelligenza è la capacità di cogliere i principi primi di tutte le scienze. La scienza, invece, è la capacità di dimostrare le cose del mondo e gli eventi che avvengono nel mondo, ovviamente la dimostrazione può avvenire solo tramite la ragione. E infine abbiamo la sapienza (sophia per l’appunto che è il grado più alto della scienza) e che è la capacità di conoscere i principi e le dimostrazioni e di studiare le realtà più alte e sublimi. Infatti, rispetto alla saggezza che riguarda le cose del mondo, la sapienza guarda più in alto, verso realtà più alte e universali. In questo c’è un distacco netto con Platone che riteneva che saggezza e sapienza coincidessero e invece per Aristotele c’è una netta differenza. La saggezza guarda verso le cose del mondo mentre la sapienza guarda più in alto, verso l’essere in quanto tale. È proprio nella sapienza che risiede la felicità più alta. La filosofia non è un sapere volto ad un conseguimento di un’attività, poiché si cerca la verità per amore di conoscere: la verità è un fine, cioè il Telos a cui si tende, il termine ultimo. Per tale ragione Aristotele afferma che la filosofia non è una schiava e non deve servire. L’oggetto della filosofia è l’essere.  L’essere per Aristotele non è univoco. Per univoco si intende che l’essere è sempre uguale in tutte le sue occorrenze, ossia in tutte le volte in cui l’essere è. C’è un filosofo che ritiene che l’essere sia univoco ed è Parmenide che ritiene che si può definire essere solo ciò che è mentre tutto il resto non può definirsi tale. Per Aristotele questa posizione è assurda e, quindi, per lui l’essere non è univoco ossia non è uguale in tutte le sue occorrenze.  Inoltre, l’essere non è equivoco perchè, come suggerisce la parola, non è interpretabile ogni volta in modo diverso a seconda del contesto perché questo genererebbe il caos. Quindi da un lato abbiamo una visione restrittiva, dall’altro una visione troppo dispersiva. Quindi, secondo Aristotele, l’essere è polivoco perché, come sostiene lo stesso filosofo, “si dice in molti sensi”. Aristotele vuole trovare un compromesso tra le due visioni che abbiamo visto prima, sostenendo che l’essere deve essere concepito in parte in modo univoco e in parte in modo diverso a seconda del contesto. Gli aspetti supremi dell’essere che Aristotele ha raccolto in una apposita “tavola” sono 4: 1. L’essere come accidente 6 Aristotele 2. L’essere come categorie (o “essere per sé”) 3. L’essere come vero 4. L’essere come atto e potenza, Le categorie dell’essere per il filosofo sono quelle caratteristiche fondamentali e strutturali dell’essere che lo rendono tale e che non può fare a meno di avere. Le categorie sono 8: 1. La sostanza 2. La qualità 3. La quantità 4. La relazione 5. L’agire 6. Il subire 7. Il dove (il luogo) 8. Il quando (il tempo) Dobbiamo a questo punto distinguere due punti di vista: quello ontologico e quello logico. 1. Dal punto di vista ontologico, le categorie sono quelle caratteristiche fondamentali e supreme dell’essere. Fondamentali perché non possono essere altrimenti. E supreme perché sono il massimo livello di categorizzazione dell’essere. 2. Dal punto di vista logico, invece, le categorie sono viste come i modi in cui l’essere si manifesta nelle cose. Ad esempio, di un uomo possiamo dire che è bello o brutto (qualità), che è alto o basso (quantità), che è vicino o lontano (relazione), che si trova in quel luogo e in quella situazione (luogo e tempo). Ritornando alle nostre categorie, la sostanza è la categoria suprema perché tutte le altre categorie la presuppongono perché la qualità è sempre qualità di una sostanza, la quantità è sempre quantità di una sostanza, e via dicendo. La sostanza è, quindi, il punto di riferimento, il collante di tutte le altre categorie. Quindi che cos’è la sostanza? Per prima cosa, la sostanza siamo noi, è l’uomo, è il singolo individuo che sia un soggetto reale (noi siamo reali) e sia un soggetto logico di predicati.  Se, per esempio, io dico "quell’uomo", io sto intendendo quello specifico uomo, una persona specifica che è un soggetto logico di predicati. Per esempio, un predicato può essere “quell’uomo è alto” oppure “quell’uomo lavora” e via dicendo. Per delineare meglio l’individualità della sostanza, Aristotele utilizza il termine tòde ti, ossia “questo qui”. Tutte le cose del mondo che hanno una propria autonomia e sono dotati di caratteristiche categoriali (qualità, quantità, ecc.) sono sostanze. E ogni sostanza forma quello che viene chiamato “sinolo”, ossia un’unione indissolubile di due elementi: la forma da un lato e la materia, dall’altro. Chiariamo subito che per forma il filosofo in intende la forma esterna delle cose, di come appaiono in apparenza. Per forma, Aristotele intende la sua natura, la sua struttura che la rende quello che è. Per noi uomini, la forma è la nostra specie, la specie alla quale apparteniamo. Per materia, invece, il filosofo intende ciò di cui una cosa è fatta, il suo quid. Se io ho un tavolo di legno, la materia del tavolo è il legno. 7 Aristotele Rispetto agli altri tre movimenti che non mutano la sostanza, il movimento sostanziale va ad intaccare la sostanza perché la sostanza nasce o muore: Cambiamo semplicemente piano d’essere. E per poter spiegare meglio questo concetto del divenire nel piano dell’essere, Aristotele conia due nuovi concetti: quello di potenza e quello dell’atto.  La potenza è quella possibilità che la materia prenda forma. La materia è ciò di cui è fatta la sostanza mentre la forma è l’essenza stessa della sostanza, l’essere in quanto tale. Quindi, la potenza è la possibilità che la materia assuma una determinata forma.  L’atto è la realizzazione di questa potenza ossia la concretizzazione di una materia che prende una determinata forma. Il passaggio non è dal non essere all’essere, ma dalla potenza (che comunque è perché è materia) all’atto (che è la forma). Aristotele chiama l’atto “entelechìa” che in greco significa “realizzazione” o “perfezione attuata” ed è per lui ontologicamente superiore alla potenza perché ne rappresenta la causa, lo scopo. Mentre la potenza è la dynamis, ossia la materia che è potenzialmente in grado di assumere una forma. Tutte le cose del mondo sono movimento e sono mosse da qualcos’altro un po’ come un effetto a catena, ma non all’infinito perché, secondo Aristotele, c’è un primo motore immobile che è fa partire tutto il movimento che è, appunto Dio. Lui è il principio primo di tutto. 1. Dio è atto puro senza potenza, poiché la potenza è soggetta al divenire, mentre Dio non è soggetto al divenire, Dio è sempre e comunque, è atto puro. 2. Dio non ha materia ed è quindi pura forma o sostanza incorporea proprio perché non ha materia. 3. Per il fatto che Dio non è soggetto al divenire, egli è eterno ed è la causa di tutti i movimenti. Come fa Dio, che abbiamo detto essere un motore immobile, a muovere le cose del mondo? Aristotele risponde a questo problema dicendo che Dio non è la causa efficiente , ma è la causa finale ossia lo scopo, l’obiettivo ed è oggetto d’amore. Nella concezione aristotelica, non è Dio che forma il mondo, ma è il mondo che, aspirando a Dio, si auto-determina attraverso le varie forme del mondo. 2. I quattro significati dell’essere ed esame dell’essere accidentale Successivamente, nel secondo paragrafo Aristotele afferma, quanto già detto, ossia che l’essere, inteso in generale, ha molteplici significati: 1. L’essere come accidente 2. L’essere come categorie (o “essere per sé”) 3. L’essere come vero 4. L’essere come atto e potenza, Il filosofo prende in esame, in particolare, l’essere come accidente. L’accidente è una qualità che una cosa può avere o non avere. A prescindere dal fatto che quella cosa abbia o non abbia quella qualità, essa non cessa di essere quella determinata cosa o sostanza. L’accidente è una caratteristica casuale o fortuita della sostanza ed è quindi da distinguere con la forma che è, invece, l’essenza della sostanza . Oltre a questo tipo di accidente, Aristotele parla anche di accidente non-casuale (anche detto accidente “eterno” o accidente “per sé”) che è una qualità della cosa che, anche se non appartiene alla sostanza di una cosa, è strettamente correlata con questa e origina necessariamente dalla sua definizione. Prendiamo la definizione di triangolo. Il triangolo è un poligono con tre lati e tre angoli. Il fatto che un triangolo abbia un angolo retto non fa parte della definizione di triangolo ma è un accidente non-casuale perché alcuni tipi 10 Aristotele di triangolo hanno un angolo retto. Contrariamente agli accidenti casuali, gli accidenti non-casuali fanno parte della scienza perché sono, per l’appunto, non-casuali. Aristotele aggiunge che Platone ha ragione nel considerare le sofistica come scienza del non-essere, poiché loro discorsi sono basati sull’accidente (sulla particolarità), in tal senso, l’accidente risulta simile al non- essere. Ritornando alla metafora del cuoco, anche se ha di mira il piacere, potrebbe guarire qualcuno, ma non in base all’arte culinaria; perciò, diciamo che questo è accidente, e il cuoco, fa sì, questo, ma non in senso assoluto: degli accidenti non c’è arte, ne alcuna potenza produttiva determinata . Dell’accidente non c’è scienza. Ogni scienza, infatti, riguarda ciò che è sempre, deve potersi determinare come esistente sempre. Dunque, bisogna distinguere:  La predicazione essenziale, in quanto riguarda una dimensione sempre vera, non è basata sulla particolarità. Es. se dico uomo tutti penseranno alla figura di uomo;  La predicazione riguarda il particolare, ma non determina e definisce un qualcosa. Es. Socrate è bianco, ma se prenderà il sole si abbronzerà e di conseguenza diventerà scuro. Attraverso questo concetto, si capisce come il linguaggio sia fondamentale, per determinare ciò che vero da ciò che non lo è. Per Platone, Il nostro linguaggio si fonde sulla volontà di comprenderci reciprocamente, e questo avviene dando significati determinati alle parole che si dicono: questo principio è il principio della determinatezza semantica, Aristotele riprende tale concetto affermando che attraverso la formazione e la negazione che sono il modo con cui noi ci pronunciamo, noi possiamo coprire o svelare la natura delle cose. Questo principio viene denominato, principio della non-contraddizione: questo è l’assioma fondamentale della filosofia, quello di ridurre la molteplicità dei significati dell’essere in un solo e unico significato. Aristotele afferma: "è impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca alla medesima cosa e secondo il medesimo rispetto". (Metafisica, IV, 3) Per spiegare questa formula facciamo il classico esempio con le frasi: “l’uomo è un animale sociale” e “l’uomo non è un animale sociale”. Una frase esclude l’altra perché la seconda è la negazione della prima. Quindi, se una delle due frasi è vera, necessariamente sarà falsa l’altra. Questa formula spiega dal punto di vista logico che è impossibile affermare e al tempo stesso negare lo stesso predicato. Inoltre, afferma: "è impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia". (Metafisica, IV, 4) Questa formula non guarda più il livello logico ma quello ontologico, quello dell’essere perché se una cosa è non può non essere. Se l’uomo è un animale sociale allora la socialità è una sostanza dell’uomo, fa parte del suo essere: se l’uomo è un animale sociale io escludo che esista anche solo un uomo che non lo sia perché cadrei in contraddizione, se negassimo che un solo uomo non sia un animale sociale, allora affermeremo che quell’uomo non sia un uomo, poiché tale frase ingloba tutti gli uomini. Secondo Aristotele, dimostra l’efficacia del principio di non-contraddizione attraverso una dimostrazione confutatoria che non dimostra direttamente il principio ma che nega invece che il principio di non- contraddizione possa essere negato: Lui parte dalla sua negazione, ossia lui nega che il principio di non- contraddizione non è il “principio più saldo di tutti” ma se una cosa non può essere negata, per forza bisogna affermarla. O è una cosa è un’altra. Quindi, lui tramite la negazione arriva ad affermare che il principio di non-contraddizione è il “principio più saldo di tutti”. Soltanto un folle riuscirebbe a negare coerentemente il principio di non-contraddizione mentre per tutti gli altri il principio di non-contraddizione rappresenta il fondamento imprescindibile del discorso e di tutta la razionalità in generale. 11 Aristotele 3. Esame dell’essere nel significato di vero e conclusioni sui primi due significati Quindi, quando una cosa è vera? La verità per Aristotele e Platone si cerca nel logos e non si decide a maggioranza come credevano i sofisti. Il sapere insegnato dai sofisti, dunque, mira all’utile, finalizzato in vista dell’acquisizione di un potere. Ha un fine esterno a sé, rappresentato dall’utile. Aristotele, nell’argomentare il vero e il falso, e quindi nel ragionare, tratta della DIALETTICA, διαλογος, dialogos o Per Platone la dialettica è la scienza più alta che il filosofo utilizza per mettere in discussione i principi di tutte le altre scienze. o Per Aristotele, invece, la dialettica non solo non è la scienza più alta ma è anche un ragionamento debole e non dimostrativo poiché le premesse sono deboli perché sono solo probabili e non certe, come invece avviene con le scienze. Secondo Aristotele, i ragionamenti dialettici servono per fare esercizio sul ragionamento, oltre che per i discorsi politici (es. sofisti che volevano influenzare la folla) e forensi. LA RETORICA Anche la retorica appartiene al mondo del probabile esattamente come la dialettica perché non è scientifica. C’è però da dire che la retorica, a differenza della dialettica, tratta anche argomenti al di fuori del razionale. Infatti, molti dei discorsi della retorica vanno al di fuori dell’ambito razionale occupandosi, per esempio, anche di sentimenti visto che la retorica non può non tenere conto degli uditori ossia di coloro che ascoltano il discorso e che sono quelli che vanno convinti del discorso stesso. Infatti, la retorica viene utilizzata per produrre discorsi persuasivi ossia che siano in grado di convincere una o più persone di una determinata cosa. La retorica viene utilizzata prevalentemente in ambito forense (ossia dagli avvocati) e in ambito politico.  Aristotele, conclude l’epsilon 4 , trattando del tema della verità: dell’essere come vero ed il non- essere come falso: entrambi riguardano la siuntesis (sintesi, la connessione) e la diaresis (la divisione) di nozioni, l’uno e l’altro abbracciano le due parti della contraddizione.  Il vero è l’affermazione di ciò che è realmente connesso (syuntesys) e la negazione di ciò che realmente diviso (diaresis);  Il falso è la contraddizione di questa affermazione e questa negazione. Il vero e il falso non stanno nelle cose, ma nel pensiero: l’unione e la separazione sono nella mente e non nelle cose. Aristotele definisce l'essere come vero ossia un'affezione della mente. Verità e falsità si trovano solo nei giudizi affermativi o negativi. Bisogna però aggiungere che esistono negazioni vere e negazioni false, non tutte le negazioni sono false e tutte le affermazioni sono vere.  Teta 10 e differenza con Epsilon 4 Nel teta 10 Aristotele afferma che non può esserci una verità solo verbale o solo delle cose, ma esistono delle cose sempre unite che non sono divisibili, esse sono sempre vere o false.  L’essere consiste nell’essere unito e nell’essere uno;  Il non-essere consiste nel non essere unito e nell’essere molteplice;  Afferma, inoltre, che l’opinione può essere sia vera che falsa: accade che talvolta si affermi il vero e talvolta si affermi il falso, questa dunque è la predicazione accidentale. Questo riguarda per gli esseri composti. Conferma, dunque ciò che aveva affermato nell’epsilon 4. 12
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