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Armando Petrucci - Scrivere Lettere | Libro introvabile!, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Le più antiche lettere della storia dell'uomo occidentale di cui si conosca l'esistenza sono poco meno di una decina di esemplari greci. La storia delle lettere arriva fino a noi compiendo una parabola lunghissima segnata da enormi trasformazioni tecnologiche e culturali. Dopo il suo approdo nel secolo della rivoluzione informatica, tuttavia, il genere epistolare si trasfigura profondamente. Dunque è giunto il momento di narrarne la storia plurimillenaria".

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 13/06/2019

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Scarica Armando Petrucci - Scrivere Lettere | Libro introvabile! e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Armando Petrucci Scrivere lettere Una storia plurimillenaria La storia della Lettera è plurimillenaria, ricostruirla non è sempre facile: il linguista Raffaele Simone rileva che la “terza fase” , quella attuale, ha “reso immateriale un immenso materiale comunicativo” e in futuro non rimarrà traccia delle consuetudini odierne. La storia della Lettera è al tempo stesso la storia di una: - pratica di scrittura, costituita da realizzazioni grafiche; - pratica materiale di strumenti e tecniche; - pratica sociale di individui di ambedue i sessi, livelli socio culturali e aree linguistiche diversi. Perchè l’uomo ha bisogno di scrivere lettere? Le cause sono sempre le stesse: questo conferma l’impressione di continuità dell’epistolografia nella sua plurimelleniaria durata. Sono state esaminate diverse fonti: 1- Lettere pervenute in originale, quindi testimonianze dirette . 2- Lettere pervenute in minute o in registrazioni in partenza dal mittente o in arrivo al destinatario (processo di fattura e conservazione) 3- Testi epistolari veri e propri 4- Raffigurazioni di lettere (disegnate, incise, dipinte, scolpite...) 1. Civilità greco-romana: le origini di una tradizione. Le più antiche testimonianze di lettere sono attribuibili al periodo tra il VI e il IV sec a.C. Si tratta di una decina di testi epistolari greci scritti a sgraffio su sottili lamine di piombo, rinvenuti in zone dell’Europa Mediterranea, dalla Spagna ad Atene. I testi sono brevi e disposti su una delle facce della lamina, mentre sull’altra vi è l’indicazione del destinatario. N.B sono completamente estranee alla tradizone epistolare del Vicino Oriente Antico in cui si usavano tavole di argilla. Il piombo e l’uso di arrotolare il messaggio rimanda a un messaggio di natura “magica”, quello delle tabellae defixionum, ovvero richieste di intervento a defunti o divinità. Sono testi autografi, i mittenti generalmente alfabetizzati. È possibile che ci sia stato il ricorso a delegati di scrittura, in grado di scrivere a sgraffio: lo si ipotizza per la buona impaginazione dello scritto e dal ricorso in una testimonianza al sistema bustrofedico (lettere scritte in senso rovesciato). Tra il 3000 a.C e l’età augustea si usano diverse tecniche esecutive, strumenti e materiali. Si può scrivere graffiando con uno strumento duro e appuntito (stilo) una materia scrittoria dura (piombo, legno), oppure il calamo (sottile ed affilato) su fogli di papiro o pergamena, ma anche terracotta - ostraca. Il calamo si impone largamente nell’uso comune. Abbiamo testimonianza della pratica epistolare anche nell’Iliade, in cui parla di una lettera scritta su tavolette lignee. Nell’Antico Egitto si ha una fitta produzione di documenti scritti per l’amministrazione dello stato. Il promemoria di un funzionario dice: “è necessario che tutto sia regolato per mezzo di ordini scritti”. N.B. la circolazione dello scritto è percepita come un fatto naturale e normale. Testimonianza: Zenone (2000 pezzi), periodo Egitto Ellenistico. Contiene 700 lettere, è il primo carteggio dell’epistolografia occidentale. Uomo greco, trasferitosi in Egitto dove svolge la funzione di segretario, uomo ricco e rispettato. Le lettere da lui ricevute sono scritte con inchiostro nero su singoli fogli di papiro. Il testo è disposto sul lato lungo, ad eccezione di una che presenta la disposizione su due colonne=uso librario. La facciata ospita solo l’indirizzo e a volte la data. Scritte con calamo a mo’ di penna o con la punta sfrangiata, come fosse un pennello secondo l’uso egizio. Il foglio viene piegato più volte su se stesso, l’indirizzo viene scritto all’esterno. Le lettere sono legate con un laccio e dotate di sigillo. La scrittura è greca, priva di punteggiatura, secondo il sistema antico della scriptio continua. La formula di saluto è breve ed essenziale, es “stai bene”. Molto spesso non sono autografe ma opere di scribi. Gli autori sono uomini e donne appartenenti a diversi ceti sociali. Tra i più alti si notano il ministro del re e un medico. Vi sono incertezze grafiche proprie dei livelli più bassi (coltivatori e donne). Bilancio: è una società complessa e articolata abituata allo scambio epistolare usato per risolvere problemi pratici. Con l’Impero romano cambia radicalmente il panorama: si vedono chiaramente il bilinguismo e il digrafismo. Cicerone definisce multitudo litterarum la rete epistolare che avvolge l’orbe romano. Cicerone scrive sia di propria mano sia dettando ai librarii, cioè i segretari al suo servizio. Scrive a familiari, amici e potenti. Vengono scritte su fogli di papiro e Cicerone stesso le distingue tra lettera maxima e minuscola, in base alla loro estensione. Si lamenta con Bruto di aver ricevuto un lettera di sole tre righe. Delle sue epistole colpisce la frequenza, quasi frenetica, paragonabile allo scambio epistolare tipicamente ottocentesco. A dettare i ritmi è la necessità di informazioni, di scambio di opinioni. La sua corrispondenza copre distanze lunghe ma anche gli spazi brevi di Roma, attraversata da “postini” ad ogni ora del giorno e della notte. Le lettere latine rimangono comunque in forte minoranza rispetto a quelle in lingua greca. Gli scriventi sono essenzialmente legati all’apparato statale amministrativo, giudiziario e militare. Nel I sec d.C con Traiano ed Adriano la documentazione si fa più ampia, lo sviluppo economico comporta la maggiore diffusione dell’alfabetizzazione e dell’uso scritto a tutti i livelli per tutti i fini: amministrativi, giudiziari, commemorativi, letterari e anche comunicativi. Ne dà testimonianza l’epistolario di Plinio il Giovane. Abbiamo testimonianze anche dalle province nordiche come la Britannia: sono soprattutto di origine militare. Non si trovano su fogli di papiro, ma su tavole lignee e ostraca. Trattano questioni umili come il rifornimento alimentare, affari militari ma anche familiari - qui il primo esempio di bilinguismo tra latino e greco. Vi sono lettere scritte su tavole lignee da ufficiali romani: uso veloce, sponaneo e quotidiano di brevi comunicazioni alle mogli. Tra III e IV sec si verificano evoluzioni delle forme grafiche greche e latine, che diventano più corsive. La scrittura latina nelle province occidentali resta l’unico sistema adoperato, mentre in quelle orientali vi è un misto tra latino e greco. Si segnala, in Egito, le scritture ieratica e demotica derivate da quella geroglifica. Abbiamo una testimonianza di una lettera, trovata in Spagna, scritta su una tegola in cui vi è un misto di forme grafiche maiuscole e minuscole. Nello stesso periodo appaiono le prime lettere considerate cristiane: per la prima volta irrompono in una lettera elementi ideologici e culturali che modificano non solo il linguaggio ma anche i modi della corrispondenza scritta. Vi è infatti sostenne la sua causa scegliendo le epistole come mezzo di diffusione, a tal punto presentare in forma di lettera una delle sue opere principali. Egli dava importanza alla sua produzione epistolare, tanto da pregare i destinatari di registrare la sua lettera in un libro purché ne rimanesse memoria. Sempre in questo periodo vi sono parecchi esempi originari di lettere con richieste di rivendicazioni di laici che scoprono lo strumento epistolare per raggiungere determinati fini. Nell’Europa un’altra tendenza è quella della conservazione ordinata delle lettere ricevute, che permette la sopravvivenza di depositi epistolari. Una conservazione voluta e non occasionale. Significativo è il caso di un ignoto archivista di Canterbury che definì epistola inutilis una lettera del vescovo di Londra. Nonostante questo è giunta a noi. Un'ulteriore segno della diffusione dell'epistolografia si ha nella formazione, a scopo retorico e stilistico, di raccolte esemplari di lettere a scopo retorico e scolastico. Erano ispirate sia ai modelli classici sia ai rapporti tra maestri e discepoli di varie scuole. Sono rimasti alcuni depositi archivistici, due tra i più significativi sono quello di Giovanni di Gaeta, cancelliere pontificio, che mostra una scrittura elegantemente e formalmente libraria, l'utilizzo di pergamena bianca e sottile e la disposizione del testo parallelamente al lato lungo su più righe fitte. Il testo non è eccessivamente esteso e si segnalano accurate procedure di piegatura, chiusura e sigillazione. Nell'altro caso ci sono due nuclei principali: uno riguarda i diritti dei canonici di Sant'Ambrogio, coinvolti in ripetute crisi giudiziarie e l'altro la corrispondenza di un canonico ambrosiano. Nel loro complesso mostrano un formulare linguistico, materiale e grafico. Si ha una comparsa sporadica del latino da parte di laici, relativa ad argomenti di natura politica e a realtà urbane avanzate come Pisa e Milano. A Pisa un gruppo di homines scrive una proclamazione per denunciare le violenze subite da parte dei feudatari, mentre a Milano un cittadino scrive una lettera di otto righe con un intervento a favore dei canonici. Abbiamo poi un esempio di Mosè da Bergamo che scrive al fratello Pietro da Costantinopoli, simbolo di una catena epistolare con cadenza almeno annuale. A questa espansione della corrispondenza scritta corrisponde la tendenza opposta di carattere scolastico nata dalla necessità di limitare la comunicazione scritta. Infatti nel XII e XIII secolo si diffondono trattati di artes dictandi costituiti da regole compositive fitti di esempi rigorosamente in latino. Vediamo la ripresa dell'epistolarità in lingua latina, anche in aree del Mediterraneo in cui venivano usate altre materie scrittorie rispetto alla pergamena come il legno, la carta araba e il papiro. Abbiamo un deposito di testimonianze di lettere di mercanti ebrei che scrivevano su carta araba in scrittura ebraica ma in lingue diverse. Alcune di queste vennero scritte in città europee. Una in particolare è spedita da Benevento: l'età dell'oro del commercio nel Mediterraneo in Italia era abbinata a una produzione epistolare vivacemente attiva. Anche in Russia abbiamo testimonianze di lettere private scritte su tavole di betulla. Si tratta di brevi lettere di argomento familiare (Es. "Inviami anche una camicia"). Appaiono analoghi i ritrovamenti avvenuti in Norvegia con scrittura runica sempre su legno. 3. L'Europa reimipara a scriversi Tra 1100 e 1200 l'Europa si infittisce non solo di lettere, ma di documenti con valore giuridico pubblico semi pubblico e privato. Il notariato rilevante importanza nelle cancellerie a cominciare da quella pontificia e quella Imperiale di Federico II. Fa il suo ingresso in Occidente la carta araba, mentre in campo grafico si ha la comparsa della scrittura corsiva, che lega le lettere tra loro. Questo sviluppo si ha in concomitanza con la crescita economica e si parla di "un'Europa che imparò a riscriversi" perché si ebbe una crescita dell'alfabetismo e la scoperta delle lingue vernacolari (francese, spagnolo, inglese). Proprio in questo secolo nasce la categoria socio culturale dei "liberi di scrivere", che avevano bisogno di notizie, informazioni e quindi una scrittura semplice e comprensibile. Il campo epistolare ebbe una crescita così importante e priva di regolamentazione che abbiamo testimonianze tipologicamente ambigue, spesso pseudo-lettere, memoranda, promemoria. Ci sono testimonianze di una lingua che è un misto tra il latino è il volgare, come una lettera che San Francesco d'Assisi invia a frate Leone e una denuncia anonima. La comunicazione scritta presenta tre principali e rivoluzionarie caratteristiche: - l'uso del volgare - l'uso della carta italiana, prodotta a Fabriano - l'uso di nuova tipologia grafica non libraria A cambiare i canoni furono i mercanti delle aree economicamente sviluppate che per pratiche di necessità trasformarono la nuova lettera in volgare in un moderno agile e multiforme strumento comunicativo, costituendo addirittura libri di memorie e di ricordanze. Lo studioso Melis ha distinto due categorie specifiche: lettere mercantili (lettere spedite tra azienda e azienda i cui mittenti e destinatari sono dirigenti, di carattere politico, descrittivo e informativo) e lettere di mercanti ( carteggio privato e familiare scritta su fogli singoli di carta italiana in una tipologia grafica nuova, la cosiddetta mercantesca, caratterizzata da una forte corsività e rotondità delle forme). Sono scritte in un'unica lingua: il volgare italiano. Questa scrittura è propria di una categoria professionale tecnica e monolingue. Il testo inizia in genere con un invocazione a Dio, reca sempre una datazione ed è privo di formule di saluto elaborate tipiche dei dictatores. Si parla di "brachiologica conversazione" simile alla comunicazione telefonica. Molto interessante è la frequenza, lo scrivere è un bisogno un'esigenza. La corrispondenza scritta nelle lingue volgari non fu soltanto italiana, ma si ebbe un'investitura negli uffici pubblici delle cancellerie rege (Spagna e Inghilterra). Il francese rimaneva una lingua internazionale. Ovunque fuori dall'Italia la pergamena era la materia scrittoria adoperata maggiormente, affiancata all'uso di forme corsiveggianti (come la Bastarda Gotica) . A questo proposito sono stati ritrovati due importanti ritrovamenti archivi: 1) quello aretino di Francesco Datini 2) quello inglese della famiglia Pastons Entrambi si sono conservati per un'esplicita volontà di perpetuazione nel tempo del documento. Le ragioni possono essere individuate in cinque fattori: 1) la quantità dei documenti 2) il bisogno di rendere costantemente consultabile l'archivio per un'attività economica 3) l'interesse per le generazioni future 4) l'influenza delle pratiche di conservazione delle istituzioni pubbliche 5) gli affetti familiari e i legami di amicizia Questi carteggi hanno delle caratteristiche materiali comuni: l'uso della carta, il ricorso a forme grafiche sempre più corsive, il sistema di chiusura mediante piegature ripetute, di sigillazione con la cera, la modalità di apposizione dell'indirizzo e la spedizione. Tutto questo dipende da un prestigioso modello comune non mercantile ma cancelleresco, i cui documenti erano in grado di influenzare direttamente o indirettamente le pratiche epistolari. Nel 1300 e 1400 le donne si fanno frequenti protagoniste dello scambio epistolare, spesso non in forma autografe ma mediate da un rapporto di delega grafica (caso clamoroso in ambiente mediceo: Contessina Bardi e Clarice Orsini fanno scrivere le lettere a Luigi Pulci e Angelo Poliziano). Le donne deleganti sapevano scrivere, ma in modo elementare. E' proprio nel carteggio di Datini che la moglie Margherita impara a scrivere da un notaio amico, soltanto per poter corrispondere col marito nei frequenti periodi in cui esso si trova fuori da Prato. Nello stesso periodo, eccezionalmente, Caterina da Siena compone le sue lunghe lettere piene di fuoco mistico. Le donne introducono una serie di importanti elementi innovativi: la spontaneità, l'espressione diretta, la repulsione per le formalizzazioni. E' importante che la lettera risulti comprensibile soprattutto per il destinatario: ogni processo epistolare si sviluppa su un rapporto equilibrato tra espressione grafica propria del mittente scrivente e comprensione del testo da parte del destinatario. Questo significa che all'interno di ogni comunità di corrispondenti si crea un codice grafico comune adottato da mittenti e destinatari. Questo è un aspetto fondamentale: nel 1314 Ghezzo, un fattore, invia al suo padrone senese una lunga lettera di 24 righe con scrittura incerta e soluzioni personalizzare (es. spostamento del secondo membro alla fine della parola come nel caso delle doppie, ebib per ebbi) che rendono difficoltosa la comprensione. Un altro esempio è rappresentato da una lettera in lingua latina che Enea Silvio Piccolomini inviò a un mercante che gli aveva scritto utilizzando la mercantesca corsiva. Si legge espressamente: "Non ho capito una sola parola". Lo scambio epistolare si inserisce in una polemica culturale tra un alto esponente della riforma umanistica e un mercante legato al suo mondo professionale. In realtà Piccolomini sapeva leggere correttamente, ma il suo spirito polemico affermava il contrario: voleva conclamare l'appartenenza a una diversa e superiore comunità di scriventi rispetto a quella dei mercanti. Si distinguono due circuiti di corrispondenza scritta che hanno: - due livelli linguistici diversi, a volte addirittura a due lingue: latino e volgare. - due raggi di espansione diversi: uno breve (familiari e amici) e uno ampio di carattere ufficiale ( es a soci in affari). A volte addirittura regionale e nazionale, come dimostra il carteggio di Michelangelo Buonarroti. - diversità di carattere materiale e grafico: per il primo scrittura trascurata, materiale cartaceo; per il secondo c'è una consapevolezza che costituisce modelli calligrafici. La nascita di questi circuiti è frutto della pressione degli strati bassi della società europea per la conquista di un più alto grado di istruzione. Era molto importante la capacità non tanto di leggere ma quella dello scrivere. Significativa è la scelta di Boccaccio il quale per scrivere una lettera in volgare a un suo conoscente utilizza una corsiva mercantesca, mentre per scrivere al suo maestro Petrarca usa la lingua latina. È proprio grazie a Petrarca che il quadro delle epistolarità italiana ed Le cause sono molteplici: 1) alfabetizzazione generalizzata - costruzione di nuove scuole elementari, l'insegnamento delle lingue volgari e la loro progressiva normalizzazione ortografica 2) adozione delle lingue volgari - da una parte sempre maggiore di liberi di scrivere 3) mobilità delle popolazioni - per cause diverse: guerre, crisi economiche...con la conseguente opportunità di ricorrere al mezzo epistolare per mantenere i contatti con la famiglia 4) partecipazione alla comunicazione scritta delle donne, anche di estrazione medio-bassa 5) pubblicazione e diffusione dei manuali di scrittura in lingue volgari 6) conservazione di carteggi ordinari, segno della considerazione del valore documentario delle epistole. In generale la produzione epistolare presentò caratteristiche di notevole novità rispetto a quella medievale: 1) si verificò la "caduta della cortina di pergamena" e la carta divenne l'unico supporto materiale con delle conseguenze: l'adozione di formati standard e l'uso generalizzato di sigilli di cera (quelli pendenti e metallici erano troppo pesanti) 2) l'uso di due diverse tipologie grafiche corsive (cancelleresca italica e la bastarda corsiva gotica) 3) un nuovo modo artefatto di sottoscrivere da parte dei sovrani 4) la formalizzazione delle lettere prodotte da cancelleria di Stato, con inchiostro oro 5) la presenza di personale specializzato nella produzione epistolare sia sul piano testuale linguistico che su quello grafico ovvero, i segretari 6) l'uso alternato delle due lingue latino e volgare, che secondo Quondam costituisce la formazione di due modelli autonomi, destinate a un'utenza separata. 7) la formalizzazione grafica materiale e testuale Con il '500 l'aumento della corrispondenza scritta prodotta e conservata fu molto forte soprattutto in tre aree: Francia, Spagna e Italia. L'Italia mantiene un ruolo di guida per le opere di trattatistica e la presenza della più grande cancelleria d'Europa, quella della Chiesa Cattolica e all'attività nel più importante centro di produzione libraria a stampa, Venezia. La previdenza italiana si deve anche alla presenza di segretari professionisti. Naudè afferma che per l'epistolografia "è assolutamente necessario ricorrere agli italiani". Il primo evento da segnalare è l'adozione del volgare italiano come seconda lingua ufficiale della corrispondenza scritta. Il ceto professionale dei colti fece ricorso alla diglossia servendosi frequentemente della lingua altra - il latino - per corrispondere con amici e colleghi. L'uso contemporaneo delle due lingue era legato all'argomento, all'occasione o al gusto della pura ostentazione linguistica. Il più grande esempio di bilinguismo in ambito privato e pubblico fu Bembo, il suo merito maggiore risiedette nell'opera di codificaziore con "Le prose della volgar lingua" della struttura ortografica e sintattica dell'italiano scritto. Un altro fenomeno che si rileva in Italia è il digrafismo, oltre alla corsiva di usava la mercantesca. La corsiva cancelleresca corrisponde sul piano grafico all'italiano unificato della riforma linguistica proposta dal Bembo. Tutto ciò almeno nelle apparenze, poichè questa tipologia grafica poteva essere eseguita in modi assai diversi rispetto alla norma calligrafica: Michelangelo stesso passa da un'artificiosa mercantesca a una corsiva italica. Con il Concilio di Trento e la pubblicazione dell'Indice Romano dei libri proibiti si hanno ricchi scambi epistolari, che mostrano anche tipologie di mercantesca molto diverse tra loro: a Napoli vi era una situazione grafica arretrata. Nel 1561 Turchi nel suo manuale delle "Lettere facete e piacevoli" deplora tutti quelli che sanno (vedi cit) "leggere e formare i caratteri dell'alfabeto ma anche quelli che sono più deboli di ingegno e non sanno né l'una né l'altra cosa si vengono tutto il giorno a scrivere e dettare". La frenetica attività epistolare provoca in Italia due reazioni di ritorno all'ordine sia sul piano grafico che su quello testuale: nacquero nel corso del XVI secolo libri a stampa contenenti esempi di lettere volgari presentati come degni di essere imitati, cioè le ben note "carte messaggiere" e dall'altra trattati di scrittura con esempi di tipologie grafiche da imitare e riprodurre. Ai livelli più alti della produzione la scrittura si venne trasformando in calligrafia. Il letterato italiano che per primo ebbe l'idea di pubblicare le lettere volgari fu Pietro Aretino, che nel 1538 fece stampare dell'editore Marcolini il primo libro delle sue lettere a cui seguiranno fino al 1557 altri 5 volumi. Egli fu considerato il creatore della lettera moderna. Scalzini nel 1581 pubblicò "Il segretario" con la proposta di una cancelleresca corsiva funzionale nella sua rapidità di esecuzione. In Italia tra il 1588 e il 1680 libri e libretti di tipo xilografici tendevano a mostrare modelli, non ad insegnarli. Fa eccezione l'opera dello Scalzini. La corrispondenza privata dal 1570 vede una contrapposizione tra due sistemi di produzione grafica: uno pubblico professionale e l'altro privato dilettantesco a cui appartengono le donne e gli uomini semialfabeti. L'ambiente in cui si riferisce la buona parte delle lettere scritte da donne è quello familiare. Presentano una forte carica emotiva riflessa nell'evidente disordine scrittorio. La sintassi delle emozioni è spesso sintassi dell'eccesso, come scriveva Conte "le donne irruppero nel quadro dell'epistolografia" con sconvolgenti novità. Una donna senese ci ha lasciato delle testimonianze drammatiche che riflettono un disagio esistenziale, un disordine dell' impaginazione, un evidente esempio della fatica di scrivere. Queste caratteristiche si ritrovano anche in una lettera di Lucrezia Medici, costellata da macchie e correzioni. La situazione degli altri paesi europei non è molto diversa: in Spagna nel corso del XVI secolo vive il suo secolo d'oro. La sua influenza politica in Europa sollecita una necessità di comunicare anche Oltreoceano. Tale necessità viene avvertita in particolar modo da Carlo V e Filippo II. Era talmente fondamentale che a Milano ci si rende conto dello smarrimento che si prova perché da 4 mesi non pervenivano lettere dalla corte di Carlo V: "Aspettavano le sue lettere più che gli Giudei la venuta del Messia". La documentazione manoscritta divenne strumento di controllo del territorio, iniziò ad essere conservata per rendere sempre visibile il potere pubblico. Alla corte di Madrid questa tendenza è particolarmente evidente, soprattutto nel lungo periodo di regno di Filippo II, maniaco della comunicazione scritta. Tendeva ad esercitare al massimo la sua autobiografia, una disordinata corsiva cancelleresca. Scriveva tanto intensamente da essere definito definito il "re papelero". In Spagna la situazione liguistica era complessa perchè vi era la presenza di più lingue volgari: Castigliano, Catalano, Gallego, Portoghese. Inoltre l'eredità grafica tardomedievale era difficile da decifrare e rese necessaria l'emanazione di due ordinanze ufficiali per proibirne l'uso. Questo finì per favorire la diffusione della cancelleresca italica. Anche in Spagna si creò una fascia di scriventi semi analfabeti che con la scrittura di "biglietti" diedero vita a una corrispondenza essenziale, rapida e a raggio breve. Ne abbiamo testimonianza anche in nel Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes: Teresa moglie di Sancho Panza fa eseguire a maestro uno di questi biglietti. La Francia è l'altra grande monarchia europea territorialmente e linguisticamente compatta. Il materiale è che finora si è esaminato rivela una produzione interamente cartacea e vi è una netta contrapposizione tra tipologie grafiche di ascendenza medievale e tipologie ispirati alla cancelleresca italica. Il ceto curiale fu rappresentato a livello più alto della figura del Segretario tanto che in Francia la parola secretaire divenne il termine usato anche per indicare una raccolta di modelli epistolari. Nel 1564 era stato pubblicato il primo trattato destinato a illustrare la figura professionale del segretaria, ad opera di Francesco Sansovino che godette di grandissima fortuna (ebbe 13 ristampe) - cit. "dignità del segretario è tanto importante che i teologi l'hanno paragonato agli angeli più vicini a Dio perché egli è prossimo al principe". Il segretario divenne in età moderna il principale gestore della pratica di supplica, di petizioni dirette ai sovrani. 6. Dall'enfasi dell'epistola Barocca alla sobrietà della lettera Borghese Nel 1583 il maestro di scrittura Gagliardelli pubblicò a Firenze un libretto composto da tavole dal titolo "Soprascritte appartenenti ad ogni grado di persone" contenente 236 esempi di sole formule di indirizzo. Il libretto ebbe successo e se ne ebbe una seconda edizione. L'opera è importante perchè: 1) esalta l'aspetto esteriore delle lettere 2) per la prima volta presenta i tratti, cioè i gruppi grafici con funzione puramente ornamentale 3) è diretta a ogni grado di persone e evidenzia l'estensione sociale e il successo generalizzato dell'epistolografia Il genere a fine Cinquecento ebbe un immediato successo, tanto che i due maggiori incisori professionisti di calligrafia Giacomo Franco e il fiammingo Van Buyten sfruttarono pubblicando raccolte di esempi calligrafici. Questi volumetti si trasformarono in esempi di abilità grafica, e un oscuro letterato fustigò le esagerazioni di linguaggio dei maestri di scrittura italiana definendoli "ghiribizzi". Uno degli aspetti più caratteristici è l'invadente presenza dei tiri cioè di disegni antropomorfi e zoomorfi fantastici o del tutto astratti, rigorosamente eseguiti con un solo tratto di penna. L'introduzione di tali vezzi è dovuta all'influenza dell'arte ornamentale islamica, che presenta la logica grafica della linea e del ritmo. A questo elemento ornamentale se ne aggiungono altri per creare quella che si è definita l'enfasi dell'epistola barocca: 1) scrittura fortemente inclinata verso destra 2) la posizione alla fine di una sorta di monogramma 3) formalità esteriore significativa sul piano simbolico, sembra derivare da un processo imitativo di documenti pubblici solenni 4) uso di inchiostro dorato 5) alla minuscola cancelleresca corsiva italiana si aggiungono forme curve allungate e legamenti complessi corsiva inglese, una mise en page ordinata e regolare. Atteggiamenti espressivi più liberi compaiono nella corrispondenza femminile e in quella di personaggi di importanza pubblica liberi da ogni costrizione formale, come Delacroix che inserisce disegni. A parte si pone l'esperienza di Victor Hugo che scrive con una corsiva fortemente personalizzata. L'Italia aveva perduto il suo ruolo di guida innovativa dell'invenzione grafica. Questo avvenne anche per i colti: Luigi Maria rezzi ex gesuita, nel suo carteggio ricco documenta un periodo drammatico della storia italiana in particolare della soppressione del suo Ordine dei Gesuiti nel 1773. Tutte le lettere sono ripiegate e chiuse con sigillo, vi è largamente usata la carta cilestrina, i formati sono diversi ma non ci sono ancora inchiostri colorati. Nelle lettere coeve di Pietro Giordani, invece, vediamo l'assenza della firma, la libertà dei formati e all'uso di inchiostro nero non più bruno. In questo stesso periodo si colloca l'attività epistolare della famiglia Leopardi, del padre Monaldo e della sorella Paolina. Il padre, di educazione settecentesca, mostra una grafia serrata. Giacomo invece scrive lettere pienamente ottocentesche, chiarissime e comprensibili. Esprime preoccupazioni costanti per la scarsità di carta adatta all'uso epistolare e la mediocre funzionalità del servizio postale. Le lettere di Paolina sono scritte in una pulita e ordinata corsiva, su carta dei colori diversi (bianco, rosa, azzurro, verde e giallo). Un'altra donna borghese, Teresa Fioroni, artista nella produzione di ritratti, si trasferisce a Monaco di Baviera e scrive in modo particolarmente intenso il suo carteggio, perché rimane in contatto con la famiglia rimasta a Roma. Il suo italiano è approssimativo, a volte cosparso di forme dialettali romanesche, arrabbiature, spaventi e disperazione. Nel XIX secolo le poste francesi svolgono un'inchiesta che rivela una sempre più forte diffusione del mezzo epistolare, corrispondente alla espansione dell'alfabetizzazione: - nel 1821 1,69 lettera per ogni abitante - nel 1846 3,24 - nel 1874 9,41 - nel 1981 19. I modelli seguiti sono diversissimi in base all'appartenenza alle differenti collocazioni socio-culturali. Per i borghesi e gli intellettuali i modelli erano autoreferenziali, per i livelli medi e bassi scolastici. Si evidenzia la maggior diffusione del pennino metallico in concorrenza con l'antica penna di volatile, che rimarrà ancora in uso soprattutto nel ceto dei colti. Il pennino metallico nel XIX secolo costituì la grande novità scrittoria: consiste in una piccola allungata lamina metallica, appuntita, curvata e sagomata, tagliata in punta, da inserire in una cannuccia da immergere in un calamaio. Era di minimo costo, resistente e capace di conservare una quantità di inchiostro più lungo della penna di volatile. Sempre nel XIX secolo ci furono due mezzi nuovissimi che ebbero grande fortuna nel panorama comunicativo: 1) il telegrafo, che prevede un testo scritto da trasmettere secondo l'alfabeto morse ideato nel 1843 2) la cartolina postale preaffrancata. Hanno in comune la brevità del messaggio e la facilità d'uso, soddisfavano l'esigenza di ceti diversi. A questa novità si affacciò la cartolina illustrata. Avevano però dei difetti: assenza di riservatezza e breve spazio di scrittura. Per i professionisti dello scrivere e la utile trovare uno strumento da non dover intingere continuamente nell'inchiostro e che fosse facilmente trasportabile, capace di tracciare segni duraturi ed indelebili al contrario della matita. Nasceva allora la penna stilografica, inventata negli Stati Uniti, dove il bisogno di scrittura. In Francia la legge Ferry impose la scolarizzazione obbligatoria con la corsiva inglese, che rimane per sempre l'unico modello scolastico. Dall'altro lato ci sono intellettuali come Marcel Proust, che adopera una corsiva legatissima, inclina le righe, non rispetta gli spazi (esempio della progressiva decomposizione del tessuto grafico). In Italia il modello epistolare borghese resistette più lungo che in Francia. Confrontando una lettera di Gramsci con una di Leopardi, a distanza di un secolo, abbiamo lo stesso rispetto sul piano grafico e impegnativo. 8. Il mondo di ieri Il periodo che va dalla Prima Guerra Mondiale alla nascita delle nuove forme di scrittura informatica è un secolo breve, anche se denso di eventi e cambiamenti. Nel 1977 Carlo Romeo utilizza lo slogan "Scrivere meno scrivere tutti", uno slogan per i tempi rivoluzionario. Gli sconvolgimenti bellici e sociali accompagnati dall'alfabetizzazione di massa contribuirono all'aumento del bisogno non solo di scrivere, quanto di scriversi. La produzione industriale mise sul mercato nuovi strumenti scrittori del Novecento: la penna stilografica e la macchina da scrivere. La prima acquisì prestigio sociale assai alto perché posseduta da esponenti politici che la utilizzavano in occasioni di pubbliche firme. La macchina da scrivere, nata negli Stati Uniti, fu adottata negli studi professionali da cui derivò la nascita di un nuovo mestiere, quello della dattilografa. La ditta produttrice italiana fu la Olivetti. Fu adottata anche dai singoli privati e soprattutto dagli appartenenti al ceto giornalistico. Si diffuse anche la penna a sfera rotante, inventata dall'ungherese Birò. Era uno strumento di facile uso e trasporto. Si affermò generalmente la corsiva inglese, mentre in Germania, Austria e Svizzera si utilizzava la corsiva di stile gotico, fino all'assurda proibizione del suo insegnamento da parte Hitler che la riteneva di creazione ebraica. In Italia si testimoniano scritture volutamente deformate da due personaggi, D'Annunzio e Mussolini. E' proprio con un fitto e continuo scambio di lettere che i maschi capofamiglia borghesi modificarono e mantennero il loro governo intrafamiliare, mediante alleanze matrimoniali, scambi di proprietà e rafforzamento dei rapporti. Due eventi sociali sconvolsero le vite delle masse popolari: 1) l'emigrazione di milioni di italiani Oltreoceano 2) la Prima Guerra Mondiale e l'arruolamento di militari Esiste quindi un legame tra la pratica epistolare e la crescita della consapevolezza della morte. Tra i colti si ha uno scambio di lettere che lasciano testimonianze di sè, di argomento autobiografico, tese ad esorcizzare la paura dello scrivente dalla scomparsa fisica. Caratteristiche sono la lunghezza spropositata di ciascuna lettera, le recriminazioni per mancanza di spazio e la preoccupazione ossessiva per la qualità della carta. Marcel Proust e Thomas Mann sono esempi di questo vero e proprio genere letterario. Proust, di agiata famiglia ebraica, omosessuale, asmatico, vive in una costante sofferenza fisica, tanto da lamentarsi quando non può scrivere e pregando un amico di strapparla appena l'avesse ricevuta perché egli sarebbe arrossito se qualcuno l'avesse letta. Thomas Man ci lascia la più grande e rappresentativa testimonianza epistolare colta del XX secolo. I carteggi italiani del 1900 possono appartenere a due diverse categorie: - quella di un rapporto ineguale, cioè la dipendenza di un corrispondente dall'altro - quella relativa a un rapporto basato sulla stima reciproca Nel primo caso si avrà una ripetitività delle lettere dell'inferiore al superiore e della rarità, al contrario, delle risposte del superiore. Esemplare è il carteggio tra Luigi Russo e Benedetto Croce. Il loro rapporto ha una traumatica conclusione per ragioni ideologiche e politiche. Un altro esempio analogo è quello di Giovanni Gentile e Guido Calogero. Dal punto di vista formale si nota l'uso dell'autografia e il ricorso a carta da lettera intestata a stampa, simbolo ostentato di personale dignità. 9. Crisi, sofferenze, paure. Gli intellettuali Occidentali amavano scriversi molto e si fecero interpreti sensibili di un sentimento di ansia e timore incombente di una nuova crisi. Il bisogno di comunicare e confrontarsi non aveva come finalità quella di portare sollievo, ma esclusivamente quella di rimanere in contatto. Questo bisogno si comprende benissimo da come Walter Benjamin rimase profondamente turbato dalla perdita della sua penna stilografica. Anche il ricco carteggio tra Sigmund Freud e Arnold Zweig testimonia come lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale abbia turbato i loro animi. La lunga e continua concatenazione epistolare si rafforzò anche in età postbellica, perché alimentò un senso di appartenenza a una categoria di professionisti. Agli eventi di natura politica si va delineando una diffusa epistolarità letteraria sofferente e sofferta, molto spesso sincera come quella di Pier Paolo Pasolini, che è particolarmente rivoluzionaria perché molto originale e non paragonabile ad altre coeve. L'arte della sopravvivenza spinge alla creazione di autobiografie e a sfogarsi con persone con cui si è fatto un tratto di cammino e si sono condivise certe illusioni. Abbiamo carteggi anche di intellettuali prigionieri, del "resistere e del fare", come quelle di Gramsci. Le "Lettere dal carcere" sono di grandissimo rilievo nella storia della cultura, sono 218, sono profondissime e quest'uomo le scrisse separato dal mondo MA del mondo e al mondo. Le indirizzò anche i suoi figli, educandoli mediante lo strumento epistolare. Si hanno anche "Lettere straordinarie", composte e spedite in condizioni anomale da persone per diverse ragioni sofferenti, sradicate dalla famiglia o che vivono in condizioni di angoscia. Sono molto espressive, ricche di elementi narrativi, descrittivi, torrentizi e oscillanti tra i due estremi dell'entusiasmo e della disperazione. Appartengono a questa categoria le lettere dei soldati che presentano uguali caratteristiche linguistiche e anche materiali (cartoline e matite). Lo studio di queste si deve al grande critico linguistico Leo Spitzer che dimostrano come la scuola elementare insegnava ovunque, ma in maniera incostante e incompleta. "Quando mi ritrovo con un minuto di tempo non faccio che scrivere", afferma un soldato spagnolo alla moglie. Gli stessi contenuti si trovano nelle coeve lettere che i soldati statunitensi nella guerra irachena inviano a familiari e conoscenti. Rilevanti sono anche le "Lettere della morte" scritte da condannati, soprattutto i protagonisti della Resistenza e della Repubblica Sociale Italiana, ma anche quelle vergate da Aldo Moro durante la sua prigionia. Dal punto di vista formale le lettere dei Partigiani
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