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Arte dal 1900. Modernismo, Antimodernismo, Postmodernismo, Schemi e mappe concettuali di Storia Dell'arte

Riassunto per storia dell'arte contemporanea

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2017/2018

Caricato il 08/09/2018

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Scarica Arte dal 1900. Modernismo, Antimodernismo, Postmodernismo e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! Arte dal 1900 Modernismo,Antimodernismo,Postmodernismo Paul Cèzanne muore nel sud della Francia; con la morte di Cèzanne proietta il Postimpressionismo nel passato storico, con il Fauvismo come suo erede. Dopo la morte di Van Gogh,Seurat e Gaugin per Matisse e i suoi compagni era urgente fare i conti con tutti loro. In questo contesto, le pennellate atomistiche di Cèzanne(un colore per pennellata,ognuno mantenuto separato) erano ritenute un contributo importante che ribadiva il divieto di mescolare i colori che era stata la pratica comune durante l’impressionismo. L’assioma cardine del Postimpressionismo, che si deve organizzare la sensazione secondo la celebre di Cèzanne arrivò dritta a Matisse. Matisse comprese i quattro postimpressionisti principali avevano tutti sottolineato che per celebrare colore e linea, per valorizzare la loro funzione espressiva, dovevano diventare indipendenti dagli oggetti che rappresentano. Questi artisti mostrarono dunque a Matisse che l’unico modo per affermare questa autonomia degli elementi di base della pittura era prima di tutto quello di isolarli e poi ricombinarli in una nuova sintesi. È il momento per Matisse di mettersi alla guida dei fauves Fu il soggetto idilliaco a sedurre in particolare Signac- cinque ninfe nude fanno il picnic sulla spiaggia sotto gli occhi della signora Matisse seduta vestita e di una bambina avvolta in un asciugamano. Il Favismo fu tra le rivoluzioni del XX secolo quella meglio preparata ma fu anche una delle più brevi: durò una sola stagione. La maggior parte dei fauvisti si era frequentata per anni e aveva a lungo considerato il più anziano Maqtisse come suo leader. Matisse fu molto orgoglioso della sua opera “Lusso,calma e voluttà” 1905 ma fu subito sconvolto dalla violenza coloristica dell’opera di Vlaminck. I risultati di questa campagna furono le opere chiave di quello che presto si sarebbe chiamato Fauvismo. Le tele fauve di Matisse, in particolare “Donna col cappello”, dipinto poco dopo il ritorno da Collioure, provocò l’ilarità della folla come nessun’altra opera dall’esposizione dell’”Olympia” di Manet 1863. Non solo i compagni di Matisse beneficiarono dell’improvvisa fama, ma l’idea che egli fosse alla testa diventò un modello. Il 1905 segnò il momento in cui finalmente portò a termine la sintesi delle quattro vie del Postimpressionismo che lo avevano incantato e preparò il terreno per il suo sistema, la cui prima manifestazione pittorica pienamente matura sarebbe stata “La gioia di vivere”. Roger Fry (1866-1934) e il gruppo di Bloomsbury Il sostenitore più appassionato della pittura francese d’avanguardia nel mondo anglofono del XX secolo fu l’artista e crtico inglese Roger Fry. Fu lui che con la sua mostra su Manet introdusse per primo i Postimpressionisti. Fry fu uno dei più importanti membri del Gruppo di Bloomsbury , una comunità di artisti e scrittori nella Londra del primo decennio del XX secolo che includeva la scrittrice Virginia Woolf. Il sistema di Matisse Ciò che colpisce innanzitutto nella produzione fauve di Matisse è il progressivo abbandono della pennellata divisionista. Matisse mantenne l’uso del colore puro e l’organizzazione della superficie pittorica attraverso i contrasti di coppie di complementari ma abbandona il tocco puntinista e la pennellata costruttiva. Altri importanti caratteri del Postimpressionismo vennero invece convocati: da Gaugin a Van Gogh le stesure piatte e non modulate di colore non mimetico e i contorni spessi dotati di ritmo proprio. Lavora molto su tutte le zone del quadro insieme e distribuisce i contrasti di colore in modo che echeggino in tutta la superficie. Nella “finestra aperta” forse la tela fauve ora più celebrata, è facile cogliere le coppie di colori complementari che la strutturano e costringono il nostro sguardo a non fermarsi mai su nessun punto.ciò che conta di più con i colori sono i rapporti. Grazie ad essi e solo grazie ad essi un disegno può essere intensamente colorato senza bisogno di colore reale. Un parricidio in pittura La gioia di vivere, il quadro più grande e ambizioso che aveva dipinto da tempo, costruì l’unica sua opera presentata al Salon des Indèpendants del 1906. Matisse progettò con cura la sua composizione nel modo più accademico, stabilendo dapprima la scena a partire dagli abbozzi realizzati e poi disponendovi , ad una ad una, le figure o i gruppi di figure che aveva studiato separatamente. Non erano mai state usate superfici di colore puro su così vasta scala, con tanti violenti urti di toni primari; mai contorni così spessi, mai anatomie erano state così deformate, corpi fusi l’uno nell’altro come fossero di mercurio. Al di là della fantasia delle ninfe che si divertono il quadro ha un risvolto oscuro. Perché se il genere pastorale a cui la tela si riferisce stabiliva un legame diretto tra la bellezza fisica, il piacere visivo era anche basato su in solito ancoraggio della differenza sessuale , qualcosa che, sconvolge. Il pastore col flauto, l’unica figura maschile del quadro, era stato precedentemente concepito come nudo femminile; gli attributi sessuali maschili sono stati soppressi. Il culmine di questo attacco sadico al corpo è fornito dalla coppia che si bacia in primo piano, due corpi- uno di sesso indeterminato- virtualmente fusi come un’unica testa. L’immagine fa apparire una serie di pulsioni sessuali contraddittorie corrispondenti alla sessualità polimorfa infantile scoperta da Freud(narcisismo, autoerotismo,sadismo,esibizionismo). I danzatori di “la gioia di vivere” celebrano la caduta definitiva dell’autorità temuta, quella del canone accademico introdotto dalla Scuola di Belle Arti. 1907 Con le incoerenze stilistiche e gli influssi primitivisti di “Les Demoiselles d’Avignon” Pablo Picasso lancia l’attacco più formidabile contro la rappresentazione mimetica. “Les Demoiselles d’Avignon” è diventato un mito, un manifesto dell’arte moderna. È soprattutto un’opera sullo sguardo,sul trauma generato da un appello visivo. Il quadro non ebbe quasi pubblico per trent’anni. Nel 1937 venne portato immediatamente a New York, venne acquistato dal Museo d’Arte Moderna, dove diventò il pezzo più prezioso del museo: fine della vita privata di Les Demoiselles. Alfred H.Barr iniziò il processo di canonizzazione di Les Demoiselles. La visione di Barr non venne mai contrastata fino al 1972 non apparve il testo di Leo-Steinberg(nato nel 1920) il bordello filosofico. Nessun testo precedente ha fatto tanto per cambiare lo statuto di Les Demoiselles e tutti gli studi seguenti non sono che sviluppi di esso. La discrepanza stilistica tra la parte sinistra e quella destra del quadro era vista come dovuta al rapido luminosa. Dal 1912 Balla ha adattato i contorni ripetitivi caratteristici della cronofotografia alle proprie rappresentazione di oggetti. Il “Dinamismo di un cane al guinzaglio” è significativo per il modo letterale in cui iscrivono la simultaneità della percezione del movimento nell’organizzazione spaziale del quadro. Nel 1913 Balla fa il passo di abbandonare del tutto la rappresentazione cercando un modo più adatto per descrivere velocità,temporalità,movimento e trasformazione visiva portandolo a uno dei primi modelli validi di pittura non rappresentativa. Balla realizza una trasformazione dello spazio pittorico in uno spazio meccanico,ottico o temporale, attraverso strategie completamente non figurative. Nella scultura di Boccioni, “forme uniche nella continuità dello spazio” cerca ancora una volta di incorporare nel corpo scultoreo le tracce visibili nella cronofotografia di Marey. In “dinamismo di un cavallo in corsa + case” la sensibilità futurista all’adattamento illusionistico della fotografia del movimento è rifiutata a favore di un oggetto statico in cui gli effetti di simultaneità e di cinestesia sono prodotti dalla mera giustapposizione di materiali diversi e dal grado di frammentazione in cui si sono presentati. “Manifestazione interventista”di Carlo Carrà è un esempio centrale dell’estetica futurista. L’opera infatti contiene tutto ciò in cui il Futurismo era più coinvolto: l’eredità della pittura divisionista, la frammentazione cubista dello spazio percettivo tradizionale, l’inserimento di ritagli di giornali e materiali trovati dalla pubblicità e la suggestione della cinestesia attraverso una dinamica visiva resa dalla costruzione del collage. L’azione fonetica del linguaggio in Manifestazione interventista è in quasi tutti i casi onomatopeica. Essi continuano la tecnica del collage cubista ma trasformano questa estetica in propaganda della cultura di massa, la sua celebrazione della guerra è evocata dalle parole “Zang Tumb Tuum”, Una liberazione del linguaggio: le parole in libertà. Zang Tumb Tuum del 1914, la prima raccolta di “parole in libertà” di Marinetti era introdotto dal manifesto di poesia futurista “immaginazione senza fili, parole in libertà”. Lessico, produzione di significato, sintassi, grammatica, sono presumibilmente rotte a favore di un’ azione puramente fonetica, testuale, grafica. Fascismo e Futurismo La nascita del fascismo in Italia alla fine della Prima guerra mondiale mette al centro del Futurismo l’orientamento ideologico e politico. La celebrazione della tecnologia, la posizione antipassatista, la rigorosa condanna della cultura tradizionale, la deformazione violenta dell’eredità della cultura borghese. Ma ora venivano legati a un’altrettanto appassionata affermazione della necessità di integrare arte e guerra all’istanza più avanzata della tecnologia. L’adesione di Marinetti alla tecnologia industriale avanzata e all’estetica della macchina lo indusse a salutare lo scoppio della guerra come una grande purificazione . Marinetti dichiarò la propria guerra invitando all’abbattimento delle istituzioni culturali,sale da concerto teatri e biblioteche. 1910 La danza II e la musica di Henri Matisse vengono censurate al Salon d’Automne di Parigi: in questi quadri Matisse porta all’estremo il suo concetto di decorazione, creando un vasto e coloratissimo campo visivo difficile da guardare. Ricevette un responso negativo ad entrambe le opere.piuttosto che adattare il suo stile alla nuova commissione , Matisse fece una grande scommessa, portando all’estremo le sue caratteristiche, cioè la profusione decorativa. Un’”estetica dell’accecamento” Sia “Natura morta sivigliana” che “natura morta spagnola” sono opere difficili da guardare: chi le guarda non può fissarle a lungo a causa dei pullulanti arabeschi e dei lampi di colore intenso. Questi dipinti sembrano cambiare davanti agli occhi. Fiori, frutta e vasi scoppiano come bolle che si dissolvono nell’intricato e vorticoso sfondo non appena si cerca di isolarli. Ora paragoniamo questa turbolenza con “La musica”. Quando si è di fronte agli oltre dieci metri quadrati saturi di colore e al fregio dei suoi cinque musicisti distribuiti sulla superficie, ancora una volta ci si imbatte in un’aporia percettiva: o si prova a guardare le figure ad una ad una e non si riesce a farlo a causa del richiamo del colore puro del resto della tela; oppure , al contrario, si cerca di gettare uno sguardo sul vasto sfondo e allora non ci si può sottrarre alle vibrazioni ottiche causate dalle forme rosse delle figure contrastanti con lo sfondo blu e verde che deviano lo sguardo dal campo visivo. Figure e sfondo si annullano l’un l’altro e la nostra vista finisce offuscata, accecata per eccesso. Questa è l’estetica dell’accecamento. Matisse risponde al più giovane Picasso Intorno al 1908 si ebbe la competizione con Picasso. Nell’autunno del 1907 aveva visto Les Demoiselles d’Avignon, la risposta diretta di Picasso ai suoi “la gioia di vivere” e Nudo blu. Il quadro aveva messo a disagio Matisse, tra l’altro perché aveva portato il primitivismo più avanti di qualsiasi suo tentativo precedente e doveva dunque rispondere. La sua prima risposta fu la grande tela “Bagnanti con la tartaruga”, una delle sue opere più oscure e misteriose(il primitivismo del nudo in piedi nel centro è stato notato da tutti i commentatori.) . Il quadro non è la rappresentazione di una scena bucolica, né un’allegoria. Non si capisce il motivo delle loro azioni, si lascia che lo spettatore rifletta sull’espressione enigmatica del nudo in piedi o della sua vicina seduta. Ma nessun indizio è fornito dal contesto. Un paesaggio insignificante ci sta davanti, un mondo inabitabile in cui non siamo stati invitati. Il passo successivo fu “Armonia in rosso”, la prima realizzazione completamente riuscita di quello che sarebbe diventato il programma pittorico di tutta la sua vita. Una superficie così tesa che il nostro sguardo vi rimbalza sopra. Dopo ciò non ci sarà più richiesto di guardare ad una azione da una certa distanza, ma saremo confrontati a una parete dipinta che impone su di noi la saturazione dei suoi colori. Oggi il tipo di aggressività incarnata dalla sua arte è velata. Ciò che diventò evidente fu che la concezione di decorazione di Matisse apparve all’epoca come uno schiaffo in faccia alla tradizione, sia a quella della pittura che a quella del guardare. Decorazioni ipnotiche Il colore particolarmente forte era ovviamente una delle cause principali delle critiche, ma non avrebbe forse avuto quell’impatto se le opere non avessero avuto quelle dimensioni. Il principio dell’arte di Matisse è”un centimetro quadrato di blu è meno blu di un metro quadrato dello stesso blu”. Come Les Demoiselles di Picasso, questo quadrato è cominciato come scena generica: cinque musicisti(tra cui una donna) si guardano interagendo. Nella tela finale le figure, ora tutti uomini, sono sottoposte alla stessa rotazione di novanta gradi che Leo Steimberg ha notato nel quadro di Picasso. Matisse stesso si disse spaventato da quello che chiamò “il silenzio” di questa tela: in contrasto con il movimento irrequieto di La Danza II, in La Musica tutto sembra paralizzato. I buchi neri delle bocche dei tre cantori sono senza dubbio inquietanti (indicano quasi più la morte che il suono). Descrisse invece le figure di “la musica” come uomini-lupo ipnotizzati dalla melodia primordiale dei primi strumenti. Meno frenetiche delle tele di Siviglia, e molto più grandi, esplorano lo stesso universo isotropico in espansione. In “la natura morta con melanzane” la ripetizione pulsante del motivo floreale che invade pavimento e pareti e sfuma la loro stessa demarcazione, il riflesso nello specchio che mescola coloristicamente il paesaggio fuori dalla finestra e confonde i livelli di realtà; e le pose delle due sculture che rimano con gli arabeschi del pavimento. Le tre melanzane che danno il titolo all’opera sono nell’esatto centro della tela . 1911 Pablo Picasso restituisce le teste iberiche prese in prestito al Louvre, trasforma il suo stile primitivi sta e insieme a Georges Braque inizia il Cubismo analitico. Il giovane furfante Gèry Pieret chiedeva regolarmente agli artisti e scrittori amici di Apollinaire se volevano qualcosa dal Louvre. Lui intendeva proprio il museo, dal quale aveva già rubato alcuni oggetti nelle sezioni meno frequentate. Pieret offrì due teste iberiche arcaiche a Pablo Picasso e “le teste di Pieret” divennero le basi per i tratti dei tre nudi sulla sinistra di Les Demoiselles d’Avignon. Lo sviluppo dell’analisi Alla fine del 1911 la distanza artistica che separava Picasso dal primitivismo a cui le teste erano state di ispirazione era ormai grande. Analisi fu la parola applicata anche alla frantumazione della superficie degli oggetti e alla loro fusione con lo spazio quando Daniel-Henry Kahnweiler scrisse il primo resoconto attendibile del movimento, “l’ascesa del Cubismo” 1920. Così il termine analitico venne legato al Cubismo e “Cubismo analitico” divenne la rubrica sotto cui mettere la trasformazione che Picasso e Braque avevano realizzato nel 1911. Guardando a qualsiasi opera della fase analitica del Cubismo per esempio Daniel-Henry Kahnweiler di Picasso del 1910 o il “Portoghese”(l’Emigrante”) di Braque del 1912 si notano molte caratteristiche importanti. Il quadro di Braque è tutto ocra e terre come una fotografia virata in seppia; quello di Picasso è argento con riflessi di rame; vi è un estremo appiattimento dello spazio visivo. Data la sua propensione per la geometria ad avere determinato l’appellativo di cubista. Esso consiste in piani poco profondi posti più o meno paralleli alla superficie del dipinto, la leggera inclinazione resa con chiazze di luce e ombra tremolanti sull’intero campo. Sia i critici che gli scrittori tentarono di giustificare questo allontanamento dal realismo sostenendo che ciò che l’osservatore ricavava era un maggiore e non una minore conoscenza dell’oggetto rappresentato. Facendo notare che la visione naturale è limitata in quanto non possiamo mai vedere per intero l’oggetto tridimensionale da ogni punto di vista(il massimo che vediamo di un cubo per esempio sono tre facce) , sostenevano che il Cubismo superava questo handicap rompendo con la prospettiva unica per mostrare simultaneamente fronte e retro. Le leggi della pittura in quanto tale Chi decide?. La prima scritta nel 1913 è una domanda programmatica: “Si possono realizzare opere che non siano opere d’arte?”. Duchamp ha cominciato ad indagare un’arte di nominare, cioè che nomina una data immagine od oggetto come arte, equivalente all’arte di fare . il primo readymade fu una ruota di bicicletta posta sottosopra su uno sgabello. Come dobbiamo interpretare questa ruota?come arte? Dunque come opera (benché non comporti quasi lavoro da parte dell’artista?). Lo scolabottiglie 1914 spinse ancora più avanti la questione dell’uso. Resta sia un oggetto utilitario sia una pura merce, e così induce a considerare i complessi rapporti tra valore estetico, valore d’uso e valore di scambio. Il readymade più famoso è stato un orinatoio intitolato “Fontana” che combina le domande provocatorie degli altri readymade con l’evocazione scandalosa del gabinetto. Duchamp scelse l’orinatoio a New York da un’esposizione di una fabbrica di sanitari, lo ruotò di novanta gradi, lo firmò R.Mutt(R sta per Richard, gergo per uomo ricco, e Mutt in riferimento sia a Mott che a Mutt, un personaggio dei fumetti del tempo)lo pose su un piedistallo e lo sottopose alla Società americana degli Artisti Indipendenti in occasione della sua prima esposizione nell’aprile del 1917. In una famosa rivista si legge: “ che il signor Mutt abbia fatto o meno la fontana con le proprie mani non ha importanza. L’Ha SCELTA. Ha preso un normale articolo quotidiano, l’ha posto in modo che il suo significato utilitario scomparisse sotto il nuovo titolo e punto di vista, ha creato una nuova idea per quell’oggetto. 1915 Kasimir Malevic espone i suoi quadri suprematisti alla mostra 0.10 a Pietrogrado, dando forma ai concetti di arte e di letteratura del Formalismo russo. Quando apparve Zaumnaya gniga a Mosca nel 1915 poco cambiava da alcuni libri illustrati dagli amici d’avanguardia. Benché la moglie di Malevic, Rozanova, era uno dei membri più creativi del movimento suprematista lanciato da Malevic nel 1915, le sue illustrazioni per Zaumnaya gniga appartengono a una fase precedente dell’avanguardia russa detta neo-primitivista. Il concetto di zaum significava al di là della religione. Il Suprematismo di Malevic: il grado zero della pittura. Un tentativo zaum consisteva nel collage di interi oggetti reali, come un termometro o un francobollo che trasformano il quadro in una busta, come in “Combattente della Prima Divisione”, Mosca del 1914. In entrambi i casi l’enfasi ironica è posta sulla tautologia: l’unico segno puramente trasparente è quello che si riferisce alla parola in sé, all’oggetto in sé. Sono queste superfici di colore che Malevic isolerà dando vita alla propria versione dell’astrattismo, che chiamerà Suprematismo. Il momento fondante del Suprematismo fu nel dicembre 1915, alla mostra 0.10 a Pietrogrado; la mostra doveva il suo titolo al fatto che i dieci partecipanti cercarono tutti di definire il “grado zero”, il centro irriducibile, il minimo essenziale della pittura o della scultura. Malevic affermò che la condizione “zero” della pittura nella cultura del suo tempo è di essere bidimensionale e delimitata. È nota l’enfasi di Malevic per il quadrato, una forma da tempo concepita come risultato di uno dei più semplici atti geometrici di delimitazione. Dalla identificazione della figura del quadrato con lo sfondo dell’immagine stessa, per esempio il “Quadrato nero” di Malevic. Molti quadri esposto sono quadri indicali, in cui cioè la divisione della superficie del quadro e i segni che contiene non sono determinanti dall’interiorità o dallo stato d’animo dell’artista ma dalla logica del grado zero: si riferiscono direttamente allo sfondo materiale del quadro stesso che essi disegnano. Straniare il colore ciò che più lo interessava infatti era l’intuizione. Una delle strade più sicure per raggiungere questo modo non verbale, non articolato, di comunicazione in pittura era il colore, la pura espansione delle superfici di pigmento saturo. La passione di Malevic per il colore ebbe un ruolo importante nella sua rapida evoluzione dal Cubismo all’astrattismo. Egli giunse presto alla conclusione che il colore non è mai isolato e percepito come tale(cioè non regna mai supremo) senza prima essere liberato da qualsiasi legame di contenuto che non sia la sua stessa radianza. Fu questo desiderio di esplorare il colore in sé, di scoprire il suo grado zero, a permettergli di congedarsi dalla struttura deduttiva. Dopo lo zero.. Le opere in questione sono vari quadri in cui una forma bianca fluttua sullo spazio bianco della tela. Questi quadri “bianco su bianco” erano talvolta anche esposti su un soffitto bianco, evidenziando così la loro potenziale sparizione nello spazio architettonico. Come Mondrian, Malevic pensava che ogni arte vada definita nella propria essenza eliminando le convenzioni ritenute non necessarie e che ogni opera d’arte, nel suo percorso evolutivo, debba costituire un passo più avanti della precedente. 1916 Nasce a Zurigo il movimento internazionale del Dadaismo in duplice risposta alla catastrofe della Prima guerra mondiale e alle provocazioni del Futurismo e dell’Espressionismo. L’idea dadaista di un assalto anarchico a tutte le convenzioni artistiche prese subito fuoco. Ebbe non meno di sei importanti basi operative: Zurigo, New York, Parigi, Berlino, Colonia e Hannover. Il dadaismo prese di mira la cultura borghese che incolpava del macello della guerra. I dadaisti combatterono contro ogni norma, anche e soprattutto quelle al loro interno (Dada è anti-dada” era uno dei ritornelli preferiti) e lo fecero a Zurigo con bizzarri spettacoli, esposizioni e pubblicazioni. Una farsa del nulla Il Cabaret Voltaire era il quartier generale dei dadaisti. Il Cabaret fu fondato il 5 febbraio 1916 come scherno degli ideali della cultura e dell’arte. Circondati dai poster espressionisti e dai quadri primitivisti di Janco e Richter , questi provocatori recitarono manifesti contraddittori sia futuristi che espressionisti, poesie in francese, tedesco e russo, escogitarono concerti con macchine da scrivere, timpani e rastrelli. I dadaisti misero in scena i disagi dell’esilio ma formarono anche una comunità di artisti impegnati in politiche internazionaliste e linguaggi universali. Per Balli il termine Dada teneva insieme tutte queste caratteristiche: “in rumeno dada significa sisi, in francese cavallo a dondolo. Per i tedeschi è un’indicazione di ingenuità ebete, la nutrice e il passeggino.” Come i futuristi quali Marinetti, i dadaisti come Ball volevano liberare il linguaggio dalla sintassi e dalla semantica convenzionali in un suono bruto. Balli infatti guardò al dadaista come a un mimo traumatizzato che assume le terribili contraddizioni di guerra, rivolta ed esilio e li esagera in una parodia buffonesca. Il suo modello di promotore d’avanguardia era Marinetti: Tzara non solo accentuò gli aspetti futuristi del Dadaismo, ma organizzò Dada come Marinetti aveva fatto con il futurismo, con manifesti, una rivista,una galleria. Il dadaismo zurighese dunque diventò più un miscuglio caotico di altri stili che un movimento artistico con uno proprio. Una giustapposizione di dispositivi d’avanguardia La figura chiave della seconda fase del Dadaismo zurighese fu Hans Arp. Arp adattò il collage cubista ai fini dadaisti facendolo diventare un medium meno di analisi semiotica e più di composizione casuale. Egli lavorò contro l’ampollosità degli dei della pittura(espressionisti) come affermò Ball, cioè contro il senso di autorialità degli artisti espressivi. Arp guardò ai propri collage come una negazione dell’egoismo umano. Qui infatti sono in atto non solo il collage e il caso, ma anche il readymade(nella carta commerciale). Per Arp questi dispositivi servirono a spostare la volontà dell’artista a una condizione di anonimato. Un sublime in miniatura È la tensione verso l’astrazione che fa da motore a un’opera come “Una volta emerso dal grigio della notte..” . Nei suoi quadri tunisini Klee aveva usato macchie rosa e ocra giustapposte per evocare le forme della Casba o le geometrie dei muri colpiti dal sole. Qui rifiutò di usare qualsiasi somiglianza visiva per evocare un’esperienza del mondo reale. Usa l’astrazione per rappresentare ciò che non è rappresentabile cioè il sublime, quella combinazione di ansia e stupore e liberazione. Nell’”Angelus Novus” 1920 l’angelo della storia guarda al passato e ci vede il disastro(che è il progresso) mentre una tempesta lo trascina verso il futuro. La spinta dell’arte modernista all’astrazione non testimonia il suo ritiro dal reale quanto il ritiro del reale da essa, cioè dalla capacità dell’arte di rappresentare una realtà trasformata dalla tecnologia e dalla guerra. Il termine “sublime” venne usato per descrivere una combinazione di ansia opprimente e di esaltato senso di liberazione, uniti nel rimando a un’immensità che va al di là della comprensione umana. I quadri con testo di Klee espressero la prima di queste condizioni in una sorta di sublime in miniatura. L’arte non rappresenta il visibile, rende visibile. 1917 Dopo due anni di intensa ricerca, Piet Mondrian apre una propria via all’astrattismo, evento immediatamente seguito dal lancio di De Stiji, prima rivista d’avanguardia dedicata alla causa dell’astrattismo in arte e in architettura. Mondrian diventò presto cosciente che proprio ciò che Picasso e Braque temevano di più (l’astrazione e la bidimensionalità) era precisamente ciò che egli cercava, perché si accordava alla categoria di universale. Adottò un punto di vista frontale e una rigorosa versione ortogonale della griglia cubista. Tutto può essere ridotto a un denominatore comune; ogni figura può essere digitalizzata in uno schema d unità orizzontali e verticali e così disseminata sulla superficie; ogni gerarchia può essere abolita. La funzione dell’immagine ora diventa quella di rivelare la struttura del mondo, intesa come riserva di opposizioni binarie. In “la composizione con linee” 1917 l’opposizione fotomontaggio, facendone il veicolo di un medium stampato e dunque uno strumento di cultura di massa. Heartfiled rappresenta Adolf Hitler come una marionetta, una figura falsa e artificiale che segue gli interessi del capitale. Nella prima, “Adolf, il Superuomo. Inghiotte oro e sputa stupidaggini” il corpo di Hitler è visto ai raggi X con una svastica al posto del cuore, una Croce di ferro invece del fegato e la colonna vertebrale composta di monete d’oro, illustrando chiaramente l’idea politica che era la classe imperatrice tedesca a finanziare il Partito nazista per scongiurare ed eventualmente liquidare la rivoluzione proletaria iniziata nel 1919 con la formazione del primo Partito comunista in territorio tedesco. La seconda immagine, “il significato del saluto di Hitler: il piccolo uomo chiede grandi regali. Motto: Milioni venite a me!” rende questo punto ancora più evidente per cui Hitler è rappresentato come una figura in miniatura che sta davanti a un enorme e anonima figura di “grassone” che passa un mazzo di banconote nella piccola mano alzato dell’ometto. Dalla semiosi alla comunicazione Una serie di fotomontaggi e manifesti che Klutsis realizzò tra il 1928 e il 1930 in cui la metonimia di una mano alzata è usata come emblema di partecipazione politica. Sostituendo il corpo intero con una sua parte, la mano chiaramente “ sta per” il soggetto che la alza, così come la singola mano nei cui contorni si vede una moltitudine di altre mani simili, “sta per” l’unità di intenti prodotta da un singolo rappresentante che parla per un intero elettorato. Heartfield e Klutsis con il fotomontaggio diventarono i primi membri dell’avanguardia a invocare la propaganda come modello artistico. 1921 I membri dell’Istituto d’Arte e Cultura di Mosca definirono il Costruttivismo come logica risposta alle esigenze della nuova società collettivista. L’artista sovietico come intende giustificare la propria esistenza una volta che ha abbandonato volontariamente ogni attività artistica ma non ha una conoscenza artistica adatta alla produzione industriale? L’artista non sarà di nessuna utilità all’industria finché non acquisirà una qualche istruzione. “Il primo monumento senza barba” La nascita del Costruttivismo venne come risposta diretta al modello del “Monumento alla terza internazionale” di Vladimir Tatlin, spesso detto “La Torre”. Il monumento finito doveva essere un’enorme costruzione di metallo e vetro alta più di 33 metri, un terzo della Torre Eiffeil. L’elemento più singolare del famoso progetto di Tatlin era la sua struttura inclinata consistente in due spirali coniche inserite l’una nell’altra e una complessa trama di assi oblique e verticali che incorniciavano quattro volumi geometrici di vetro sospesi l’uno sull’altro nel suo interno inclinato. Ognuno di questi volumi doveva essere una costruzione indipendente ospitante una parte del Comintern (l’organizzazione sovietica incaricata di diffondere la rivoluzione negli altri paesi ) e ognuno doveva ruotare a una velocità diversa. Tatlin e i suoi amici svilupparono tre argomenti a favore della costruzione reale del monumento nella grande scala progettata. Primo , rispetto ai pugni nell’occhio eretti in varie piazze a commemorare la Rivoluzione, esso era assolutamente moderno. Secondo,era un oggetto produttivi sta interamente funzionale. Terzo,come ogni monumento pubblico, era concepito come un faro simbolico: illustrava il dinamismo come ethos della Rivoluzione. La costruzione era basata su un metodo o un’organizzazione scientifica che non ammetteva nessun materiale o elemento superfluo; o per dirla in termini semiotici, una costruzione era un segno motivato, la forma e il significato solo determinati dal rapporto tra i suoi diversi materiali . Un addio all’arte Un evento chiave è la loro partecipazione alla seconda mostra dell’Obmokhu(Società dei Giovani Artisti) nel maggio 1921, che consistette principalmente di costruzioni spaziali. Le sculture sospese di Rodcenko e la serie di Croci spaziali furono concepite come dimostrazioni di un metodo scientifico: non c’erano concezioni a priori , ogni aspetto dell’opera era determinato dalle sue condizioni materiali. 1924 Andrè Breton pubblica il primo numero di “La Rèvolution surrèaliste” stabilendo i termini dell’estetica surrealista. La sua definizione affermava: “il surrealismo è automatismo psichico puro dettato dal pensiero, con assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione; al di là di ogni preoccupazione estetica e morale. Le vie tracciate dal manifesto per catturare i prodotti dell’automatismo furono: 1) il tipo di scrittura automatica 2) i racconti irrazionali dei sogni. Il primo atto del nuovo movimento fu infatti quello di creare un ufficio centrale in cui raccogliere tali racconti (forniti dai suoi giovani adepti) e una rivista, la rèvolution surrealiste, in cui pubblicarli. Insistendo che l’automatismo psichico può infatti venire anche dal pennello o dalla matita, Breton diede il benvenuto alla produzione senza controllo dei disegni automatici e ai dipinti di sabbia di Masson, ai “quadri di sogni” sgocciolati e spruzzati di Mirò e ai frottages da trance di Ernst. È questa schizofrenia stilistica che ha reso il Surrealismo così ambiguo per molti storici dell’arte. Da un lato, una tendenza iconografica, guardando all’eterogeneità del movimento, ha dato una lettura tematica delle sue opere raccogliendole sotto varie categorie: alcune hanno riferimenti psicanalitici, come l’angoscia di castrazione e il feticismo; altre si rapportano alla bruciante esperienza della Prima guerra mondiale, come la desolazione e il disorientamento in trincea o le fisionomie grottesche dei feriti o il desiderio di regredire a uno stadio primitivo di umanità. I “quadri sogni” che dipinse Mirò fino al 1925 erano reinterpretazioni erotiche dell’opera di Matisse del 1911, con quelle campiture di colore intenso sparso liberamente ovunque. In Mirò il disegno è una sorta di calligrafia che convertiva tutti i corpi nella trasparenza e assenza di peso della scrittura. Il senso di questo segno grafico è di unire le due cellule in un contatto erotico. La semiosi del Surrealismo Breton racconta che andò al mercato delle Pulci a Parigi e portò a casa un cucchiaio di legno con una scarpetta scolpita all’estremità. Improvvisamente iniziò a vedere il cucchiaio come una serie di scarpette, ognuna il doppio della precedente. Egli intende questa struttura in cui un oggetto è rispecchiato da un altro, il doppio facendo da rappresentazione del primo; la vede come un segno. Il cucchiaio-scarpetta è allora il mondo condensato in un segno. Se il segno del mondo è strutturato attraverso il doppio, anche l’inconscio opera in base allo stesso principio. Il fatto che la fotografia sia una funzione del doppio, non solo rispecchia il suo oggetto ma le sue stampe sono dei multipli, ne fece un veicolo perfetto per il Surrealismo. Il primo numero della rivista conteneva diverse fotografie di Man Ray in cui era in opera il doppio. I fantasmi sono dei doppi del vivente, ed è quando i corpi viventi sono doppiati da quelli senza vita che assumono l’aspetto perturbante di fantasmi. Il trattamento che ne fa Bellmer dimostra che il modo in cui la bambola appare allo spettatore dipende dalle operazioni sia del sogno sia del caso oggettivo, e inoltre la proietta,attraverso il doppio fotomeccanico, come emblema dell’angoscia di castrazione: femmina tumescente raddoppiata come organo maschile. 1937a Il 19 luglio 1937 si aprì nella base culturale del nazismo a Monaco la mostra “Arte degenerata”: il giorno prima Hitler aveva inaugurato La grande arte tedesca nella gigantesca nuova Casa dell’Arte Tedesca. La prima mostra avrebbe dovuto rappresentare la degenerazione dell’arte modernista intrinsecamente ebrea e bolscevica, la seconda la purezza dell’arte tedesca intrinsecamente ariana e nazionalsocialista. Si arrivò a dire che l’arte degenerata insulta la sensibilità tedesca, distrugge o confonde la forma naturale o rivela l’assenza di un’adeguata abilità manuale e artistica. L’arte nazista era invece presentata come la sua antitesi; esaltava la sensibilità tedesca, ipertradizionalista nello stile, rivestiva la forma naturale di una guaina neoclassica. Rigettava perciò l’arte dei primitivi, dei bambini e dei folli, cui l’arte modernista fu associata in segno di condanna, oltre ad essere accusata di oltraggio alla religione, al mondo femminile e militare. Politiche del corpo Il modernismo era aborrito per molti aspetti perché andava contro le tradizioni e la borghesia. In un primo tempo Mussolini aveva abbracciato il Futurismo per la sua ideologia della distruzione e tutti questi regimi tentarono di sostituire i vecchi legami di cultura e classe sociale con nuove identificazioni con il leader, il partito e lo Stato. L’arte modernista era pericolosa perché privilegiava l’individuo in termini di visione originale , stile singolare, redenzione personale e così via. Il ritratto reale diventò il ritratto del capo del partito conservando la sua tendenza alla deificazione; la pittura di storia divenne il soggetto storico-rivoluzionario, conservando la tendenza alla mitizzazione di capi, martiri del partito descritti come creatori della storia. I nazisti elaborarono un neoclassicismo potente che poneva la Germania ariana come erede dell’antica Grecia, mentre i fascisti ne produssero uno elegante che rendesse l’immagine dell’Italia fascista come moderno revival dell’antica Roma. L’accademismo kitsch dell’Unione Sovietica era ancora diverso: il suo Realismo socialista era incentrato sull’ideologia del presente per educare i lavoratori nello spirito del comunismo. Alcuni di questi conflitti vennero a galla durante l’Esposizione Universale di Parigi nel 1937. Benché fosse intesa come una fiera internazionale votata alla pace, l’Esposizione Universale era dominata da una guerra culturale che stava per prendere forma militare. Lo scontro ebbe luogo all’altezza del Pont d’Ièna, dove il padiglione sovietico fronteggiava il padiglione tedesco. L’architetto tedesco ammise di essere stato influenzato dal padiglione sovietico. I due padiglioni erano ugualmente considerati mezzi di propaganda. La struttura sovietica serviva da piedistallo cinetico che spingeva in avanti le due statue “L’operaio” e “la contadina comunicare il sé dell’artista; allo stesso tempo però sostiene che gli stati d’animo registrati sono umani e dunque universalmente accessibili. Il testo di Schapiro conferma la spontaneità come categoria che converte l’inconscio e ignoto ad un concetto di libero arbitrio soggettivo: vi è dunque uno spostamento dall’automatismo all’autografo. Ciò al contempo determina due conseguenze: -Da un lato la pretesa di spontaneità lasciò il posto ai principi di bella composizione; -Dall’altro il gesto autografo divenne come un marchio di fabbrica immediatamente riconoscibile; subisce cioè una canonizzazione. Questa canonizzazione si legge in alcuni artisti, come nel caso delle tele in bianco e nero di de Kooning e degli sviluppi recenti di Pollock, che dal dripping si spostano ad un più stretto controllo del pennello, in cui le sgocciolature erano rese con nervosi movimenti di polso ma del tutto intenzionali. —>Esempio di autografo come logo è dato da Motherwell, nella serie Elegia alla Repubblica spagnola, basata su un disegno a inchiostro concepito nel 1948. •Alle cinque di sera, 1949, Motherwell qui adatta quello stesso disegno su una grande tela. -Altri esempi furono Kline che elabora pennellate energiche e grandi su enormi tele e quello diventa il suo marchio personale. •Cardinale, 1950, Kline -Rothko e le sue suddivisioni orizzontali di quadri verticali •Numero 3/N.13 (Magenta, nero, verde e arancio), 1949. —>In breve alla fine la seriali dell’Espressionismo astratto quasi rievoca quella del movimento che ne ha accelerata la fine, la Pop Art. Rauschenberg e Johns mantengono infatti l’enfasi su processo della creazione insito nell’Espressionismo astratto. 1953 Rauschenberg realizza tre opere. •Disegno di de Kooning cancellato, 1953 •Impronta di pneumatico d’automobile, 1953 •Quadro bianco, 1953 Il filo conduttore che lega queste opere è chiaramente l’ostilità nei confronti dell’espressionismo astratto e del significato che questo movimento conferisce al gesto autografo dell’artista e al quadro come espressione della sua identità. -A differenza di ciò che si può pensare, quei tre oggetti non derivavano da puro nichilismo: i quadri bianchi ad esempio erano in linea con le posizioni sviluppate in quel periodo dal compositore sperimentale americano John Cage: come quest’ultimo aveva composto un pezzo, 4’ 33’’ che consisteva in puro silenzio, così che gli unici suoni udibili erano quelli dell’ambiente circostante e del pubblico, così i quadri bianchi riflettevano le cangianti impressioni ambientali e captavano le ombre circostanti. I due approcci sono similmente indirizzati alla non-composizione e la non-autorialità, e in questo hanno in comune Duchamp e la poetica del segno indicale, l’opera come traccia di un processo e consistente in quello stesso processo. Ellswoth Kelly ebbe un percorso simile a Rauschenberg, ma il suo nemico non era l’Espressionismo astratto, bensì l’astrattismo geometrico e l’idea della composizione equilibrata di parti geometriche come metafora poi di una futura utopia di armonia sociale. -Kelly iniziò allora a dipingere forme di vecchi edifici e ponti: invece di rappresentare il contenuto di ciò che vedeva, o l’interpretazione, decise di presentare gli oggetti così come apparivano in realtà. •Finestra, Museo d’Arte Moderna, Parigi, 1951, ne è un esempio; non è come il ready made; Kelly vi si riferiva come ad “already made”, nel senso che non c’era nemmeno l’atto della scelta, che comunque cela l’identità autorizzate; l’oggetto era lì, trovato, e trasferito sulla superficie come indice. -Nell’estate del 1949 Kelly incontrò Cage, che lo introdusse alle possibilità del caso. •Colori per grande parete, 1951, è una griglia modulare in cui il caso risiede nel principio di ready made della griglia, ossia essa è stata trovata già fatta, di conseguenza anche i colori sono accostati dal caso. Cy Twombly si ispira invece ai dripping di Pollock, ma per attaccare lo stesso espressionismo astratto. Egli riproponeva con incisioni a matita o con altri strumenti sul pigmento della tela i suoi grovigli di segni, trovando nell’idea di graffito la negazione del principio del segno autografo, perché il segno graffito è un resto, residuo di un’azione compiuta in precedenza. Di conseguenza più che la presenza di un autore, ne sancisce l’assenza, un po’ come accade nel disegno cancellato di de Kooning. E’ un’altra strategia del non comporre. •A ruota libera, 1955 1960a Il critico francese Pierre Restany riunisce a Parigi un gruppo di artisti eterogenei nel 1960, dando vita al Nouveau realisme. Il manifesto consisteva in una singola frase: Nouveau realisme= nuove percezioni del reale. -Questo movimento riconosce programmaticamente la condizione ambigua della neoavanguardia, a cavallo tra una critica nei confronti dell’industria culturale e allo stesso tempo la sua collocazione all’interno dell’industria culturale stessa e l’appropriazione degli stessi suoi strumenti. -I membri del gruppo riciclarono e rivoluzionarono i paradigmi modernisti di ready- made (Arman), monocromo (Klein), scultura cinetica (Tinguely) e collage (Dufrene, Hains, Rotella, Villegle). Caratteri del Nouveau réalisme: -Estensione dell’oggetto artistico dallo spazio intimo e privato a quello pubblico, ossia ad un contesto istituzionale e commerciale, o allo spazio della strada. •Il vuoto, 1957, Klein, espone una galleria completamente vuota •Il pieno, 1960, Arman, realizza una vetrina riempita di spazzatura •Omaggio a New York, 1960, TInguely, un’installazione autodistruttiva •Muro di barili, cortina di ferro, 1962, Christo e Jeanne-Claude, allude al muro di Berlino recentemente costruito. -Uso rivoluzionario del collage, che viene trasformato in decollage, ossia ottenuto staccando frammenti più ampi, presi dai cartelloni pubblicitari. •Ach Alma Manetro, 1949, Villegle e Hains -Principio collaborativo tra artisti •La colazione di Kishka, 1969, Spoerri, egli propose un brevetto per far produrre i suoi tableaux pieghe a qualunque artista. -Uso di operazioni simili a quelle dei suoi antagonisti, l’Internazionale lettrista e l’Internazionale situazionista (che rimproveravano il gruppo per la sua corruzione nell’uso di strumenti propri dell’industria culturale capitalista). Per esempio deriva e detournement hanno molto a che fare con il decollage, che consiste di fatto nella trasformazione della realtà. Klein e ill monocromo: L’artista trasforma questo espediente tipicamente astrattista in un metalinguaggio concettuale. •Mostra d Milano del 1957, in cui espone undici monocromi blu identici ma con prezzi diversi; l’enfasi sulla pittura come produzione, sull’ordine gerarchico imposto a tele seriali, marca la differenza con le precedenti forme di astrattismo, come se volesse insinuare che la pittura in fondo ormai è concepita solo in vista di un’esposizione pubblica. •Il vuoto, 1957, ritornasse concetto enfatizzando ancora il rapporto tra spiritualità dell’arte astratta e consumismo, e dichiarando che la prima era destinata al tracollo, o per lo meno ad un travestimento farsesco nella cultura del consumo. Arman e il ready-made: egli unisce al ready-made altri due principi chiave del modernismo, la griglia e il caso. •Primo ritratto-robot di Yves Klein, 1960: la disposizione della materia segue le leggi di gravità, quindi il caso. -Rispetto alle avanguardie e a Duchamp, il quale comunque suggeriva la persistenza della soggettività dell’artista attraverso la relazione con gli oggetti materiali, Arman è più pessimista. Egli ha capito che la scultura contemporanea si sarebbe dovuta situare all’interno dei meccanismi espositivi della merce. •Il pieno, 1960, un accumulo di spazzatura in una vetrina, rimanda ad una sorta di tensione tra passato e futuro: si evoca infatti la logica del consumismo che getta via gli oggetti dopo poco, ma anche la catastrofe ecologica imminente dovuta all’accelerazione della cultura consumista. 1960b Clement Greenberg pubblica La pittura modernista -Egli precedentemente aveva messo a punto un vocabolario descrittivo delle nuove caratteristiche dell’arte del dopoguerra. •Allover: uniformità di superfici di alcuni quadri dell’espressionismo astratto, come Pollock. Pone enfasi su bidimensionalità e frontalità, e si oppone al quadro da cavalletto. •Rappresentazione homeless: pittura astratta che paradossalmente propone quel genere di rilievi e avvallamenti usati per dare l’illusione di un oggetto tridimensionale, e si oppone all’idea dello spazio-colore, inteso come una luminosa apertura (Newmann). Ne La pittura modernista egli affermava che l’arte per crescere doveva sapersi rinnovare nel segno di una tradizione pittorica continua, mentre l’avanguardia aveva finito per prendere una posizione puramente sovversiva. -L’evoluzione storica dell’arte infatti segna un percorso attraverso il quale le varie discipline cercano di raggiungere la purezza, eliminando da sé ciò che avevano preso in prestito dalle altre arti. -In seguito è venuta l’avanguardia, inizialmente come progetto per opporsi ai valori di un’arte borghese e materialista, cercando nuove forme culturali adatte ad esprimere quella stessa società borghese, ma in modo differente. -Qui si è entrati nel modernismo, l’enfasi sull’obbiettività, la materia, il metodo e la 1968a Bernd e Hilla Becher espongono i loro lavori legati ad un progetto fotografico che li impegnerà tutta la vita: la registrazione sistematica dell’architettura industriale. -Il loro stile emerge dalla Nuova oggettività, in particolare dal tedesco August Sander, con il suo progetto Volti del nostro tempo, 1929, nel tentativo di costruire una rappresentazione della società della Repubblica di Weimar. -I loro metodi furono la tipologia, una serie di immagini dello stesso tipo di struttura architettonica, come nove fornaci o dodici torri; e lo sviluppo, ossia una serie di immagini in cui una particolare struttura era descritta da una serie di punti di vista diversi. -Miravano a costruire una duplice continuità: con la cultura di Weimar (tentando di resuscitare la tradizione della Nuova oggettività), e con un sistema di pratiche della rappresentazione alternativo all’espressionismo astratto e alla pittura americana e francese che si stava diffondendo in Germania. L’insistenza sulla continuità con la cultura di Weimar tuttavia risulta problematica: la cesura storica e politica creata dalla Seconda Guerra Mondiale infatti rendeva difficile ricostruire un’identità artistica che si ponesse in continuità con la tradizione nazionale. La malinconia che aleggia nelle immagini dei Becher infatti, deriva da un’esclusione quasi fobica del soggetto dal campo visivo, forse indizio di questa difficoltà. -Lo loro fotografia deriva da un desiderio di conservazione, quasi per salvare gli edifici industriali dalla loro imminente scomparsa; è una sorta di archeologia industriale che non ha nulla a che vedere con i tentativi di estetizzazione delle rovine dell’industria. -L’enfasi sulla ripetizione, la serialità, la descrizione minuziosa determinò la ricezione della sua opera come minimalista, e di conseguenza attirò l’attenzione di Andre, che interpretò il loro lavoro come ripetizione seriale compulsiva interna all’estetica minimalista. -Un’altra ricezione fu come opera concettuale, per il fatto di sostituire delle strutture materiali con la loro documentazione fotografica. Tuttavia l’opera dei Becher si distingue dall’arte concettuale per l’importanza attribuita all’abilità tecnica, alla realizzazione artigianale dell’oggetto fotografico (linee, inquadratura, luce). Dalla scuola dei Becher derivano Ruff, Struth, Gursky e Hofer. -Le opere di Struth e Ruff sono caratterizzate dalla stessa assenza della figura umana che caratterizzava le opere dei Becher; Struth si sposta però dall’oggetto industriale al tessuto urbano, mentre Ruff si concentra sul ritratto secondo i modelli tradizionali. Le loro opere restano dunque connotate da un impulso antimodernista, distante dal modello di avanguardia e dal suo legame con la tecnologia da un lato, ma anche con le riflessioni sulla ricostruzione della memoria nella Germania postbellica dall’altro. Le opere di questi artisti mantengono quindi dei limiti storici. 1968b Arte concettuale nasce dalla convergenza di due grandi tradizioni del modernismo: 1)Il ready-made elaborato dal Fluxus e Pop Art: In Ruscha questo si riflette nell’importanza del medium fotografico; in Morris nell’insistenza sull’impossibilità dell’autonomia estetica. 2)L’astrattismo minimalista di Frank Stella, Ad Reinhardt e Donald Judd. Critica alcuni aspetti del modernismo, come l’otticità, la concretezza fisica e l’autonomia estetica. •Quadrato rosso, lettere bianche, Sol Lewitt, 1963, offre un modello performativo che contrasta con quello puramente visivo, ottico: lo spettatore è chiamato a leggere ad alta voce, e a quel punto cade l’oggetto d’arte come visivo ed autonomo, ma diventa performativo e dunque contingente, legato al contesto di ricezione. •Dichiarazione di ritrattazione estetica di Morris, 1963, analogamente, legando lo statuto dell’opera d’arte al pagamento del collezionista, distrugge il concetto di autonomia estetica, poiché lo fa dipendere da una serie di convenzioni legali o amministrative di tipo contingente, legate cioè al contesto. Queste convenzioni fanno parte di quella che l’artista chiama estetica del supplemento. •Scatola con il suono della sua fabbricazione, Morris, 1961, l’estetica del supplemento risiede nel far fuoriuscire i suoni del processo di fabbricazione del cubo dal cubo stesso: questi suoni sono il supplemento, che vengono in tal modo dichiarati non esterni ma necessariamente parte dell’opera d’art. Questo fa crollare ancora una volta il principio di autonomia estetica, di oggetto come puramente visivo, ottico, separato dalla quotidianità. Contingenza e contestualità sostituiscono otticità e autonomia estetica. Prima mostra nel 1968 organizzata da Seth Siegelaub: egli gioca in particolare sul valore scioccante del supplemento, manifestando in modo spettacolare la rottura tra l’arte concettuale e i metodi tradizionali di produzione artistica e visualità. •Dichiarazioni, Weiner, libro che conteneva opere divise in quelle di dominio pubblico, “generali” e quelle private, “specifiche”. In tal modo dichiara ancora una volta che è il contesto della ricezione a determinare lo statuto dell’opera: il destinatario ha sul futuro dell’opera lo stesso potere di chi la produce, perché quelle opere potrebbero idealmente essere realizzate da chiunque. Altro importante filone dell’arte concettuale è quello fotografico, che fonde strategie minimaliste, tardo-moderniste e pop influenzate dalle implicazioni del ready-made duchampiano. Questa fotografia soppianta sia la tradizione documentarista americana, sia la fotografia artistica europea e americana. •Case per l’America, 1966, Graham, è un’opera che riconosce le geometrie alla base delle ripetizioni seriali tipiche della scultura minimalista nelle semplici architetture del New Jersey, che funzionano da oggetti trovati, ready-made. •Questo non è da guardare, 1968, Baldessari, riflette con grande humour antiartistico le provocazioni di Duchamp con opere provocatorie. Kosuth elabora opere secondo un progetto che definiscee “di indagine sulle basi del concetto di arte così come è intesa oggi”. •Una e tre sedie, 1965, usa ancora una volta il ready-made per frammentare un concetto e risolverlo in tre relazioni, oggetto, segno linguistico e riproduzione fotografica. 1969 La mostra Antiillusione: procedure/materiali a New York espone l’Arte processuale; al contempo prima a Berna e poi a Londra, la mostra Quando le attitudini diventano forma offre un quadro di pratiche postminimaliste. -L’arte processuale dunque si può assimilare ad un gran numero di pratiche eterogenee che condividono tra loro la sperimentazione con nuovi medium e materiali, dovuta alla crisi definitiva dell’idea di medium data dal minimalismo. Tali pratiche sono anche chiamate post-minimaliste. -L’Arte concettuale cerca un nuovo modo di fondare l’arte, diverso dai tradizionali; quindi continua ad esercitare un impegno critico nei confronti dei media tradizionali. Era centrale superare le opposizioni tra figura e sfondo, forma e contenuto, mezzi e fini. Per questo fonda l’arte sul processo: il processo dell’opera è esso stesso opera, esso tesso il prodotto. Morris: indaga l’effetto di campo, ossia ricrea con le sue accumulazioni di materiali un’immagine che chiede allo spettatore non di focalizzarsi su un oggetto specifico ma disperdersi nel campo visivo. Attua una de-differenziazione della visione, che si disperde nello spazio, decentrata, ma al contempo origina dalla massa di materia. •Progetto continuo cambiato giornalmente, 1969, Morris: passa tre settimane a manipolare vari materiali senza dargli mai una forma finale. Questo mette in evidenza il suo rifiuto dell’ordine arbitrario degli oggetti minimalisti, poiché esso rivelava al soggettività, l’intenzione dell’artista, mentre egli voleva dimostrare la materialità dell’opera resistere all’ordine, unita al suo processo di produzione e legata al caso. •Feltro marrone, 1968, Morris: altra opera legata al concetto di negazione dell’intenzionalità, in questo caso l’opera si crea totalmente attraverso la gravità. Richard Serra: fonda la sua arte sulla logica dei materiali nel tentativo di attaccare la convenzionale distinzione tra figura e sfondo nei media di pittura e scultura. •Gettare, 1969, è parte di una serie in cui egli aveva compilato una lista di verbi dai quali generò diverse opere; è questo un esempio paradigmatico di arte concettuale perché qui il processo viene interamente identificato nel prodotto. Eva Hesse indaga invece la corporeità in modo nuovo, come materia disturbata da fantasie e ossessioni, desideri e pulsioni. La sua opera evoca un corpo opposto a quello anonimo e neutrale del minimalismo. Contemporaneamente cerca uno spazio intermedio tra scultura e pittura: •Appendere, 1966, E’ una cornice vuota appesa ad una parete con una corda ad anello che occupa il nostro spazio. Afferma e svuota allo stesso tempo le convenzioni della pittura (delimitata, dipinta, appesa), ma l’opera sembra anche quasi rappresentare la pittura in balia delle sue ossessioni, evocano le nostra. Mentre in Morris e Serra i nostri corpi sono coinvolti solo fisicamente con un oggetto o un campo che dissolve ogni purezza e stabilità della forma, Hesse attua una dissoluzione anche psicologica. 1984a Victor Burgin nel suo saggio “L’assenza della presenza” tronca con modernismo
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