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Arte delle città, arte delle corti di Enrico Castelnuovo, Appunti di Storia dell'arte medievale

Riassunto del libro di Castelnuovo per esami di storia dell'arte medievale dell'Università degli Studi di Torino.

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Scarica Arte delle città, arte delle corti di Enrico Castelnuovo e più Appunti in PDF di Storia dell'arte medievale solo su Docsity! Castelnuovo, Arte delle città, arte delle corti. Capitolo 1 – opus francigenum Nel corso del Duecento in tutta Europa si sviluppa un nuovo modo di costruire, che viene definito oggi gotico, ma che contemporanei chiamavano opus francigenum (poiche il termine ‘stile’ non esisteva ancora), per indicarne il luogo in cui si svilupparono i particolari tecnici ed esecuzione (Ile de France). L’importanza di questo passaggio e data dal fatto che Giorgio Vasari faccia cominciare le sue Vite proprio da questo periodo, portando ad una consapevolezza dell’inizio di una nuova vicenda e dall’abbandono in scultura e pittura di modi da lui giudicati goffi e mostruosi; ma Vasari mostra anche la situazione fortemente differenziata del Duecento, apprezzando alcune opere e criticandone altre: non esiste, infatti, un dato che accomuni tutte le tecniche artistiche poiche lo stile gotico si basa su caratteristiche differenti. La prima disciplina in cui si manifesta il gotico fu l’architettura in cui si riconoscono alcuni elementi: - volte a crociera; - archi rampanti; - archi a sesto acuto; - distribuzione delle forze; - svuotamento delle pareti. Ma questi erano elementi che si potevano applicare solo nella costruzione edilizia. Per quanto riguarda pittura e scultura gli storici dell’arte utilizzano il termine gotico quando appare un determinato modo di trattare volti, panneggi, linee e atteggiamenti (ad esempio, l’allungarsi delle figure si paragona al verticalismo gotico). Benedetto Antelami fu il primo ad iniziare la produzione artistica gotica, con la sua scultura dell’albero di Isse sul portone del battistero di Parma. Gli elementi gotici vengono assorbiti in modi diversi a seconda di strumenti e tradizione. Ad esempio, in Italia, ci furono sia influenze bizantine (particolarmente forti a Venezia e nella Sicilia normanna) che nordiche (in Lombardia, anche se non si raggiunse la verticalita francese, comparvero precocemente le volte a crociera su costoloni, anche se non diedero origine allo stile gotico e rimasero isolate). Le prime chiese autenticamente gotiche, coerenti sia nella struttura architettonica che nella decorazione sono: - Il Battistero di Parma di Benedetto Anselmi - Sant’Andrea di Vercelli, 1219 Punto nodale del gotico italiano fu la nuova chiesa di San Francesco ad Assisi (figura 1). Fondata nel 1228, ma consacrata nel 1253, fu costruita su modello delle chiese occidentali a due piani. La Chiesa Superiore presenta soluzioni architettoniche nordiche (paragonabili con Notre- Dame). Gotico provinciale: presenza di archi troppo bassi e contrafforti esterni massicci e robusti. Integrazione al gotico di molte tecniche: pittura, architettura e vetrate. In particolare, le vetrate della Chiesa Superiore, con la loro ampiezza data dalla nuova Figura 1 Figura 3 Figura 2 distribuzione strutturale, furono le prime decorazioni: quelle dell’abside furono realizzate da maestri tedeschi, quelle delle navate da italiani e francesi (figura 3). Nel transetto settentrionale (figura 2) hanno lavorato inizialmente artisti nordici, ma sara Cimabue a dirigere e coordinare la decorazione insieme ad altri artisti del tempo, come Duccio di Buoninsegna, Torriti e il Maestro di Isacco (Giotto). L’architettura di questa chiesa si intreccia con i lavori di Guccio di Mannaia, autore del calice di Niccolò IV, in cui si testimoniano degli smalti traslucidi (figura 4) che combinano gli effetti dello smalto con quello dei bassorilievi, come quello di San Giovanni Evangelista. Figura 4 Capitolo 2 – “Rappresentare ciò che esiste com’è” Altro centro importante fu la corte degli Svevi nell’Italia meridionale. Federico II voleva comunicare una certa immagine politica attraverso le opere che commissionava e fu uno straordinario costruttore di edifici sacri, di citta e di molti castelli. Egli voleva far rinascere lo stile classicheggiante, attraverso la riscoperta e l’utilizzo di modelli antichi e dietro questo gusto c’era un importante programma politico: la rinascita dell’Impero, che si manifesta nelle augustali (prime monete d’oro in Occidente con il profilo dell’imperatore coronato d’alloro) e nella Porta di Capua (1234-1239), ornata di sculture classicheggianti (in particolare una statua che rappresentava l’imperatore trionfante, distrutta, figura 5) e anche sull’incisione di gemme e cammei (figura 6). Un tema ricorrente era la rappresentazione dell’imperatore, che appare molto importante per la nascita del ritratto, punto di forza del Mezzogiorno ghibellino (esistono anche dei criptoritratti, ovvero immagine di persone antiche con le sembianze di una persona del presente). Questo utilizzo politico della propria immagine, unito agli interessi naturalistici e alla volonta di rappresentare “cio che esiste come e ”, sono segni di un mutamento nell’atteggiamento verso l’individuo. L’imperatore fece anche costruire un importante numero di castelli in Puglia e in Sicilia, le cui piante e progetti dell’architettura gotica portarono al Mezzogiorno il connubio tra impero germanico e arti classiche che avrebbe poi dato alla scultura Nicola Pisano. Federico II era molto interessato alle scienze, in particolare quelle che riguardano gli animali: la caccia assume un ruolo fondamentale. Per questo scrive il De arte venandi cum avibus (figura 7), le cui illustrazioni della natura e comportamento degli animali sono rappresentate attraverso il filtro della caccia. Sempre nel Mezzogiorno lavoro l’illustratore della Bibbia di Corradino, che mostra un perfetto nesso tra i rapporti in scultura tra gotico e classico, che trovano una parallela dimostrazione tra modi gotici e bizantini. Figura 5, progetto porta Capua, Scultura testa di Zeus e scultura Iustita imperiali Figura 6 Figura 7 Capitolo 5 – “Dilettare gli occhi degli ignoranti” o “compiacere allo ‘ntelletto de’ Savi”: la pittura agli inizi del Trecento Le pitture murali nel sottotetto della cattedrale di Modena testimoniano la precoce penetrazione del gotico all’interno della pittura, raffigurando motivi architettonici. Solo nella seconda meta del Duecento la fusione di elementi gotici e tardo-antichi fara sì che la pittura domini la scena italiana e europea. Assisi e Roma furono i due centri principali dello sviluppo della nuova pittura, anche per via dei conflitti e contrasti politici e religiosi che si proiettarono in campo artistico: nella prima per le tensioni conflittuali e spirituali tra francescani, nella seconda per i contrasti tra famiglie aristocratiche e l’antiangioismo. Roma fu il luogo della sperimentazione: prelati del nord e artisti fiorentini (come Giotto e Cimabue) vi risiedono ed essa e luogo di importanti esperienze, dove e stato possibile l’incontro tra la spazialita antica e le capacita dinamiche ed espressive del disegno gotica. Il problema principale di questa nuova pittura era l’elaborazione dello spazio e la resa della tridimensionalita : Giotto porta le nuove soluzioni al piu alto grado di elaborazione, proponendo un paradigma destinato a trionfare, anche se rimane da stabilire se sia stato lui a dare per primo una soluzione. L’apice della produzione di Giotto avvenne nei primi del Trecento, dopo un’attivita assisiate, a Roma, proprio nel momento in cui vi era una crisi per lo spostamento della curia ad Avignone. Come Cimabue, Giotto ebbe influenze in tutta Italia e venne citato sia da Dante che da Boccaccio: le arti figurative si avvicinano alla dignita delle arti liberali, tanto che gli artisti si riferiscono a loro stessi come doctor o docti, sebbene solo la menzione dei letterati poteva avere valore legittimante. Con Giotto la pittura supera le distanze con le altre tecniche che ne marcavano la condizione; egli innova su molti terreni rendendo desuete quantita di schemi, formule e convenzioni. A Siena Duccio di Buoninsegna accetta alcune innovazioni ed immagini precedenti vengono riprese, rifacendone il volto per renderle accettabili ai nuovi canoni. L’arte senese comincia ad essere conosciuta al di fuori della Toscana, anche la dove i modelli erano nordici o bizantini dovevano tenere conto dell’innovazione giottesca. Il Trecento fu un secolo di innovazione, il policentrismo, la varieta di tendenze, di preferenze, di caratteri, rivela la vitalita culturale ed economica dei centri italiani del secolo, una ricchezza che e il risultato di un arricchimento della pittura e del successo di tecniche come l’affresco o il polittico (esempio di Madonna Rucellai, Duccio di Buoninsegna, 1285 e polittico di Santa Caterina a Pisa di Simone Martini, figura 12 e 13). Ma Siena non fu il luogo dove l’innovazione fu subito accettata (vi era infatti una chiusura verso artisti forestieri), ma l’arte senese e apprezzata e ricercata in tutta Europa, grazie soprattutto ai suoi orafi. In questo secolo orafi, smaltisti, miniatori, architetti, pittori e scultori si esercitarono su schemi e forme del disegno gotico, arrivando a dominarle e compresero e utilizzarono le nuove forme della rappresentazione tridimensionale grazie a degli scambi interni per l’elaborazione di un linguaggio artistico che seppe coniugare le novita di Giotto con le migliori caratteristiche del gotico. Figura 12 Figura 13 Siena fu il principale centro di elaborazione e la su arte si espanse anche in altre citta , come Firenze e Avignone (piu aperte ad artisti stranieri), e altre anche politicamente lontane: di gusto guelfo o di gusto ghibellino (anche se la distinzione risulta impossibile). Durante la corte di Federico II, la pittura diventa strumento cognitivo della realta : si chiede agli artisti di andare sul posto prima di dipingerlo (resa del castello di Giuncarico, forse Duccio di Buoninsegna, figura 14) in modo che diventi riconoscibile. Secondo Ghiberti e Vasari la pittura senese del XIV secolo sarebbe ‘metereologica’ poiche per la prima volta i cieli azzurri medievali si sono offuscati e coperti di nuvole (in senso positivo). Ambrogio Lorenzetti in mancanza di esempi, se non letterari, della resa del paesaggio e dell’atmosfera dovette basarsi sull’osservazione diretta. Siena diventa la capitale dell’affresco e la pittura sacra si mescola a quella profana: affresco nella Sala del Mappamondo (figura 15), Vergine seduta in trono con i fedeli che diventano sudditi, sotto la sua tutela, mentre sulla parete di faccia vi sono rappresentazioni dei castelli acquisiti da Siena, con l’immagine equestre di un sigillo. Nella sala vicina saranno giustizia, sicurezza e buon governo a presiedere sulla citta (figura 16). Accanto all’affresco c’e la pittura su tavola: il polittico assume configurazioni monumentali (figura 12-13), evoca gli schemi del disegno architettonico gotico, esibisce apici, fioroni scolpiti, cornici ogivali e pilastri lavorati. Assume le forme di una struttura architettonica. I polittici si sviluppano anche a tergo, ponendo il problema del doppio pubblico (Maesta di Duccio). Spesso, pero , hanno problemi di conservazioni perche vengono smembrati. Capitolo 6 – L’Italia fuori d’Italia L’arte italiana si diffuse all’estero, grazie a personaggi che visitano l’Italia e chiamano artisti per produrre le opere nel loro paese (talvolta capita anche l’inverso: Guala Bicchieri, cardinale, aveva portato il gotico inglese a Vercelli). • Inghilterra. Nell’abazia di Westminster compaiono i nomi dei committenti (il re Enrico III e un cardinale) e dell’artista romano che realizzano il pavimento del presbiterio, in cui porfidi e serpentini portati da Roma si accostano al marmo locale. Un artista romano, Pietro, si occupa sia della tomba di Edoardo il Confessore, sia (forse) della tomba di Enrico III, con l’immagine giacente del re in bronzo realizzata da uno scultore inglese (William Torel), mostrando la divisione dei compiti: intarsio e disegno marmoreo ai romani, scultura agli inglesi. Echi italiani anche in vetri dipinti. Il nuovo modo di concepire la pittura in uno spazio bidimensionale ebbe ripercussioni straordinarie e ricche di conseguenze in tutta Europa. • Francia. Filippo il Bello manda a Roma il suo pittore (1298) e tra il 1304 e il 1322 sono documentati molti artisti romani che giungevano in Francia a lavorare per il re (come Figura 14 Figura 15 Figura 16 Nicola de Marsi che lavorera a Saint-Denis). Nella Francia meridionale (cappelle dello Spirito Santo e di Santo Stefano) sono conservati affreschi ad opera di artisti romani. Dopo lo spostamento della curia papale ad Avignone il papa Clemente V ebbe alle sue dipendenze un orafo senese (Tauro) e molti artisti toscani dovevano esserci giunti gia prima dell’arrivo di Simone Martini (1336), come il Maestro del Codice di San Giorgio (probabilmente fiorentino). L’emergere di Avignone come centro artistico e la diffusione della cultura senese costituiranno un salto di qualita nell’irraggiamento europeo dell’arte toscana, anche per il fatto che vi e stato Simone Martini e tutto il suo clan famigliare. I grandi lavori di decorazione del nuovo palazzo erano orientati al gusto gotico. Si svilupparono nuove formule nell’ambito del ritratto: il ritratto individuale privato nasce ad Avignone (Laura e Napoleone Orsini ad opera di Simone Martini). Figura di spicco di Avignone fu Matteo Giovannetti che impose un linguaggio artistico che seppe sviluppare aspetti del gotico espressivo e lineare accanto a ricerca complesse nell’ambito della rappresentazione dello spazio. Avignone fungeva da exemplum e aveva echi nelle altre capitali. Certo non si puo definire la fisionomia di Avignone in base a Siena, la citta , infatti, non e solo un centro di diffusione senese, ma di tutta la Toscana. A Parigi la figura dominante e quella di Jean Pucelle, che disceso in Toscana impara a dominarne i modi della rappresentazione spaziale e li impiega nel Breviario di Belleville, la cui decorazione era stata commissionata da Carlo V. Nell’esemplare Mirecles de Notre- Dame prova la rappresentazione di castelli e altre architetture toscane. Si puo parlare di un’accettazione della pittura italiana nella corte francese. Le vetrate parigine del XIV secolo sono andate perdute, ma si puo leggerne lo sviluppo in alcune normanne: vetrata di Saint-Ouen a Rouen rappresenta San Girolamo nello studio con un complesso leggio tridimensionale che riprende una pagina di Pucelle. Altro punto di riferimento delle influenze italiane e Strasburgo: nella cattedrale le vetrate con le opere di Misericordia sotto la torre meridionale, ci potrebbe essere un’influenza di Pucelle, ma in realta probabilmente sono due fenomeni paralleli • Austria. Nella zona a nord dell’arco alpino, nelle vetrate di Ko nigsfelden in cui sono rappresentate scene della vita di Cristo, figure e leggende di santi ricche di elementi architettonici tridimensionali, mensole aggettanti che mettono in evidenza il trattamento grafico dei personaggi. Su modelli italiani si basa l’antependium, sempre a Ko nigsfelden con la rappresentazione della Passione, il cui artista e probabilmente lo stesso delle quattro tavole dell’altare di Klosterneuburg in cui abbondano citazioni giottesche. Sempre in Austria l’antependium di Pettau mostra un disegno complesso che alterna quadrilobi sovrapposti e negli spazi da essi delimitati vi sono venti storie di Cristo di formula gotica italiana, con una lunga iscrizione dei committenti e degli artisti.
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