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Arte delle città, arte delle corti tra XII e XIV secolo, Castelnuovo, Appunti di Storia dell'arte medievale

Secondo e terzo capitolo del libro "Arte delle città, arte delle corti tra XII e XIV secolo" di Castelnuovo

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 08/08/2022

francesca-ci
francesca-ci 🇮🇹

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Scarica Arte delle città, arte delle corti tra XII e XIV secolo, Castelnuovo e più Appunti in PDF di Storia dell'arte medievale solo su Docsity! CAPITOLO II: Rappresentare ciò che esiste come è Un importante ruolo nella committenza di maestranze e modelli fu Federico II di Svevia, che ebbe prevalentemente sede al Sud Italia. L’imperatore conferì grande significato agli investimenti simbolici, proseguendo in modo da comunicare la sua strategia e il suo progetto di governo, dare una certa immagine di sé. Federico, erede svevo, dai quali non ereditò solo il nome, ma anche la grande passione per la committenza, fu un grande costruttore di chiese, monasteri, castelli, edifici sacri, grazie anche all'aiuto dell'ordine cistercense; egli promosse una ripresa classicheggiante nella scultura monumentale, la riscoperta e l'utilizzo di modelli antichi, insieme a una Corte cosmopolita. Era influenzato dall'utilizzo dell'arte che fecero i re Normanni e svevi, con le cappelle palatine e le chiese decorate di mosaici che sottolineavano la potenza e l'autorità del monarca coronato da Dio come un imperatore: le arti figurative sono strumento di potere. c'era anche l'influenza della dominazione islamica che aveva introdotto in Sicilia modi e abitudini di vivere molto raffinati poi continuati dai re Normanni. Dietro a questa scelta di gusto c’era la volontà di restaurazione dell’Impero che si manifestava nella realizzazione delle prime monete d’oro con l’effige imperiale coronato d’alloro e nell’esaltazione dell’imperatore tramite sculture classicheggianti: gli augustali. Pensiamo anche alla porta ponte di Capua che era anche arco trionfale con sculture fortemente classicheggianti che componevano un programma iconografico laico di esaltazione imperiale. Significativo è il caso delle gemme federiciane, il cui valore magico per la materia e le immagini vennero prese dagli antichi cammei, riutilizzati in oreficerie sacre, croci, e statue reliquiari. Questo atteggiamento favorevole verso le antichità non aveva solo motivazioni politiche, si tratta di rinnovare un linguaggio figurativo in modo da renderlo più adatto ad una diversa funzione; dunque, l’incontro tra esigenza e curiosità portò Federico a fare uso della propria effige, visibile anche scolpita sul pulpito della cattedrale di Bitonto, in atteggiamenti regali. La figura di Federico II appare molto importante per la rinascita del ritratto, un genere scomparso nei secoli, ma che in età moderna sarà segnato proprio dall’utilizzo della propria immagine da parte dell’imperatore. Abbiamo conservato un certo numero di sue rappresentazioni in sigilli e cammei nelle monete e alla statua proveniente dalla porta di Capua violentemente danneggiata in un episodio di iconoclastia. pensiamo che anche il busto di Barletta, probabile frammento di una più ampia composizione, e il Cavaliere di bamberga, statua equestre della cattedrale di bamberga siano suoi ritratti. Il ritorno del ritratto moderno avrebbe portato all'est statue di Carlo d'angiò scolpita da arnolfo di cambio, alle effigi di Bonifacio ottavo, del vescovo orso eccetera. Federico II seguì personalmente i cantieri e le erezioni degli edifici da lui commissionati, specialmente in Puglia e in Sicilia; alcuni, come il castello di Foggia, furono residenze preferite, altri furono centri di controllo o di guarigione, o residenze per la caccia; proprio quest’attività fu importantissima per l’Imperatore, tanto da scrivere lui stesso un manuale sulla caccia del falcone, De arte venandi com avibus, essenziale durante il Medioevo; il testo riscosse moltissimo successo in primis, poiché un testo imperiale, poi perché all’interno vi erano celati enormi segreti sul comportamento animale. Il codice venne copiato e miniato da moltissimi artisti che lavorarono alla corte del figlio Manfredi, con artisti che decorarono il testo con delle illustrazioni tratte da esso. abbiamo un celebre esemplare alla biblioteca apostolica vaticana. altri codici importanti di questo periodo sono la Bibbia di Manfredi, la Bibbia di Corradino dove vediamo come i rapporti tra scultura classica e gotica che si erano manifestati in scultura trovano qui accordo i miniatura tra modi gotici e bizantini. c'è una ripresa dell'iconografia profana, pensiamo in primis alla rinascita del ritratto e all'attenzione per il mondo naturale e scientifico, che porta a mettere appunto una nuova immagine dell'uomo e del mondo. Con Federico II si innalza una floridissima stagione, non solo per l’architettura, ma anche per la cultura in generale. con lui l'antica tradizione architettonica classica e quella arcaizzante dell'impero germanico avevano trovato un connubio con l'architettura gotica; connubio che in futuro avrebbe portato alla scultura di Nicola pisano In Toscana. CAPITOLO III: Per man di quei me’ intagliasse in pietra Nell’XI canto del Purgatorio, Dante nomina due miniatori, Oderisi da Gubbio e Franco Bolognese, e due celebri artisti, Giotto e Cimabue, praticanti di un’arte meccanica messi a confronto con i letterati seguaci di un'arte liberale. Da questa evocazione si è fatta iniziare la letteratura artistica italiana. Dante guarda anche alla scultura, e dello scultore ne elogia i materiali, questo marmo bianco, pulito, il porfido fiammeggiante che ha l'aspetto di Gemma. contempla un'annunciazione con l'angelo, un bassorilievo policromo della giustizia di Traiano, atlanti e telamoni del vecchio stile romanico che si scontrano con quello nuovo soave e classico dell'angelo dell'annunciazione. Dante guarda a Nicola Pisano, senza mai nominarlo, perché a lui si rimanda l'immagine dell'angelo, pur nominando soltanto il classico termine di paragone di policleto; in generale questo suo interesse per la scultura e Letta in rapporto all'eccezionale importanza e novità della produzione plastica Toscana nella seconda metà del 200 a partire da Nicola pisano e da Giovanni. È questo un periodo in cui gli scultori firmano i propri lavori tramite iscrizioni. Ad esempio, nella cattedrale di Modena, gli scultori sono evocati tramite le lapidi marmoree, ne ricordiamo l’elogio a Lanfranco architetto, immerso tra i marmi bianchi scolpiti nella zona absidale, e quello per lo scultore wiligelmo. Anche in Francia abbondano le firme, prima di scomparire in favore delle firme degli architetti, il che ci fa capire l'organizzazione del cantiere e la preminenza assoluta dell'architetto. In Italia invece le firme degli scultori non spariscono durante il 200, anzi, portano a quelle superbe ed esclusive di Giovanni pisano, che si proclama migliore del padre. Le firme di Giovanni Pisano, da quella ripetuta sulla fontana di Perugia, a quella del pulpito di Pistoia, hanno carattere particolarmente di spicco. Con le ultime due iscrizioni della cattedrale di Pisa appaiono i maggiori problemi e le maggiori novità: nella prima, si pone la questione della creatività come dono di Dio; nella seconda è contenuta una sorta di apologia, alludendo alle statue che reggono il pulpito e sostengono la Gerusalemme celeste. Le incomprensioni, le tensioni e le rotture tra Giovanni e la committenza ci sono note, e lo testimonia anche l’abbandono da parte di Giovanni del cantiere di Siena. C'è la coscienza di se stessi, della propria capacità creativa sentita e vissuta come una missione, dell'accettazione da parte del pubblico e dei committenti. In Emilia, la scultura romanica, attraverso il suo rapporto privilegiato con gli elementi classici, avrebbe trovato modo di sfociare nello stile gotico senza provocare alcuna rottura; infatti, tra i capitelli di Wiligelmo per la facciata della cattedrale di Modena, troviamo un motivo decorativo che gli inglesi chiamano GREEN HEAD, una testa umana frammista con elementi vegetali, quali foglie e tralci ne vanno a formare la capigliatura, la barba e i baffi. Questo motivo, che sarà di gran voga tra XIII- XIV secolo nella produzione gotica, ha origine classica. Questo motivo avrà un grandissimo successo nella scultura gotica del 2 300, perché gli scultori gotici continuano così ad utilizzare i motivi vegetali che avevano prima disseminato sui capitelli e le varie membrature architettoniche. Dunque, alla teratologia romanica si sostituisce la botanica gotica, e Wiligelmo nei suoi capitelli ne ha anticipato lo stile attuando una deliberata scelta naturalistica confermata o ravvivata da elementi classici. Benedetto antelami sarà il primo scultore gotico italiano. In Toscana gli elementi gotici arrivano con maestri antelamici, da un artista che si firmerà con il nome di Nicola Pisano. Proveniente dal mezzogiorno federiciano, egli dovette giungere in Toscana prima della morte dell’Imperatore. Il suo primo soggiorno pare abbia aver avuto luogo a Siena e a Piombino, dove ha lasciato tracce nelle protomi animali che gli sono state attribuite e che appartenevano alla Fontana dei canali; e le teste e figure di animali di Siena. questo spostamento di artisti non era una diaspora, ma una strategia artistica che tramite l'irradiamento mirava ha un'egemonia culturale e a un rinsaldamento dei legami
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