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Arte nel tempo volume 1 tomo 1, Sintesi del corso di Storia dell'arte medievale

Sintesi dei capitoli 4 e 5 della parte ll di Arte nel tempo volume 1 tomo 1.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 19/01/2023

i.ammarzia
i.ammarzia 🇮🇹

4.6

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Scarica Arte nel tempo volume 1 tomo 1 e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'arte medievale solo su Docsity! Arte nel tempo Tomo 1 1. L’arte medievale dai Severi a Costantino Trasformazione della spiritualità e ritratti imperiali Nei primi anni del III secolo, dopo la morte dell’ultimo imperatore della dinastia dei Severi, Severo Alessandro, si assiste a una frenetica successione di imperatori che dura per tutto il IV secolo (più importanti fra loro: Diocleziano, Costantino, Teodosio), e segna in maniera indelebile quest’ultima fase della storia del mondo antico. Questo periodo fu chiamato per lungo tempo “decadenza”. Si capisce alla perfezione l’idea che si aveva di questo periodo storico dal dipinto presentato a Parigi nel 1847 chiamato “I Romani Della Decadenza” di Thomas Couture, la decadenza qui è rappresentata in vari personaggi in pose cosiddette lascive, il vizio ha preso il sopravvento sul mos maiorum che ha dato origine al mondo romano. La decadenza è però anche artistica, la storia dell’arte vedeva in questo periodo una crisi della concezione classica, una rottura con la forma naturalistica dell’arte greca presente nella precedente arte romana, anche se si può notare come esisteva una tendenza antigreca parallela alla tradizione greco-ellenistica, che veniva definita plebea. Una svolta arriva nel 1901, quando Alois Riegl pubblica “Arte tardo-romana”. Riegl riteneva che ogni periodo storico avesse una Kunstwollen (volontà d’arte), quindi ogni fase storica esprimeva i suoi pensieri attraverso il linguaggio artistico, di conseguenza ogni tipologia di arte è degna di essere studiata e analizzata in quarto espressione di determinati contenuti storici. Con Riegl inizia la rivalutazione del periodo cosiddetto della tardoantichità, che oggi viene inteso come passaggio tra mondo antico e mondo medievale. Infatti il quadro storico di quel periodo è molto movimentato e in continua evoluzione, l’Impero sosteneva lotte sui mai pacificati confini orientali e settentrionali e Roma aveva ormai perso il suo carattere di città al centro del potere, infatti con la Costitutio Antoniniana emanata da Caracalla nel 212 d.C. furono dichiarati cittadini romani tutti gli uomini liberi abitanti sul territorio dell’impero, facendo cadere così i privilegi che godevano coloro che abitavano nella città di Roma. Si ha un enorme mutamento anche del quadro religioso, si inizia un avvicinamento verso nuove forme religiose, lo possiamo evincere dalla filosofia di tipo neoplatonico emanata da Plotino (204 - 270), che ci parla del mondo come emanazione dell’Uno, del Dio, l’uomo deve tentare di tornare a Dio risalendo attraverso la conoscenza le tappe della trascendenza. Tutto il periodo fu dominato dalla tendenza verso forme di culto monoteiste (come il culto del Dio Bolide Sole di Emesa (sol invinctus) a cui erano fedeli i Severi). Ebbe il sopravvento il culto Cristiano, diffusosi inizialmente tra le classi più povere ma poi sostenuto anche della classi sociali più elevate. Quando le 313 Costantino rese legale la libertà di culto nell’Impero fu evidente come la maggior parte dell’Impero fosse ormai Cristiano, già dalla metà del III secolo i testi persiani come la Cronaca di Seert parlano dell’Impero Romano come stato Cristiano. Tutta questa evoluzione storica contagia anche l’arte di quel periodo, a cominciare dai ritratti imperiali. LA TESTA COLOSSALE DI GORDIANO III Il giovane imperatore (posto sul trono a 16 anni nel 238 e ucciso tre anni dopo) è caratterizzato da uno sguardo intenso che attrae l’attenzione dell’osservatore, caratteristica sottolineata dalle folte sopracciglia, lo sguardo suggerisce l’abitudine alla meditazione. I capelli a calotta sono resi tramite tagli nel marmo come i baffi adolescenziali, il volto leggermente pingue (“grassottello”) è in contrasto con la serietà dello sguardo. Ne risulta quindi un’immagine di un ragazzo pensieroso e precocemente maturo come i pueri senes lodati dalla letteratura di quel periodo. ———————————————————————————————————————— ——— Questa tendenza di idealizzare la raffigurazione è parallela alla trasformazione che ha subito la figura del “principe”. Già Eliogabalo (altro imperatore fanciullo della dinastia dei Severi) aveva inserito tra le cerimonie imperiali l’adoratio del princeps. Il mutamento esprimeva l’esito della lotta secolare tra Senato e principe, colui che era Primus Inter Pares posto a capo della Res Publica, era diventato dominus, in grado di esercitare un potere illimitato. LA TESTA DI COSTANTINO E IL SUPPOSTO RITRATTO DI COSTANZO II Il volto è più semplice a livello plastico, capelli, barba, sopracciglia, baffi e ciglia sono resi da semplici incisioni del marmo e sono innaturalmente curati, gli occhi sono l’elemento centrale del ritratto, lo sguardo sembra fissare la realtà esterna da una dimensione extraterrena. Gli stessi elementi sono presenti nei ritratti monetali. IL PROFILO DI VALENTE II Conservato del Museo Romano di Brescia, ha gli stessi elementi del ritratto a tutto tondo, i lineamenti idealizzati, la pettinatura curata, l’occhio ingigantito con uno sguardo lontano. ———————————————————————————————————————— ——— La forte idealizzazione dei personaggi rende difficile l’identificazione di questi ultimi come nel caso della testa conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze che è stata attribuita o a Valente o a Valentiniano I. Con la propria idealizzazione viene espresso dall’Imperatore la santità del potere imperiale. Con il cristianesimo l’Imperatore perde la figura di divinità ma diventa estensione della divinità stessa. L’immobilità tipica dei ritratti imperiali di questo periodo riflette alla perfezione l’immobilità che caratterizza la figura del principe, ormai divenuto raffigurazione tangibile del divino _______________________________________________________________________________ Monumenti imperiali e rilievi celebrativi Nel III secolo Roma si arricchiva delle costruzioni volute dagli imperatori Severi, come l’arco costruito tra il 202 e il 203 d.C. (Come indicato dall’iscrizione) dedicato alle vittorie di Settimio Severio contro i Parti. L’arco è a tre formie ed era probabilmente ornato da grandi gruppi scultorei, attualmente scomparsi. È decorato con quattro grandi pannelli, due per fronte, posti sugli archi minori narrano gli avvenimenti principali delle guerre partiche. È molto particolare la disposizione degli episodi che si susseguono l’uno all’altro in ordine cronologico e vanno letti dall’alto verso il basso, probabilmente questo sistema è suggerito dalle opere della pittura trionfale che venivano portati durante i cortei trionfali degli imperatori, infatti sappiamo grazie a Erodiano (scrittore del tempo) che Settimio Severio aveva fatto arrivare terreno lo permette, si preferisce scavare nel tufo. Le catacombe prendono il nome o dal proprietario del terreno (catacomba di Priscilla) o da un martire lì sepolto. 2. Cimiteri in superficie Ambedue sono collocati sulle vie di accesso alla città, secondo la legge. Le catacombe diventeranno luoghi di pellegrinaggio per venerare i corpi dei Santi finchè, nel IX secolo, in seguito alla traslazione dei corpi dei Santi nelle basiliche, vengono abbandonate. Verranno riscoperte nel XVI secolo dagli archeologi. L’uso di seppellire i corpi nelle catacombe non è solo cristiano e non nasce come difesa dalle persecuzioni, infatti nelle catacombe non è raro trovare ipogei (mausolei privati o di una comunità o di una famiglia) pagani, come quello della Via Latina, del IV secolo, inoltre non è raro trovare pagani e cristiani sepolti insieme, come testimoniano le pitture che si alternano tra temi biblici e tra temi mitologici. Nel III secolo la Chiesa, ancora clandestina, divide la città di Roma in sette regioni controllate da sette diaconi (dal greco diakonos, servo o ministro del tempio), a ognuna di queste zone corrisponde una catacomba. Le catacombe sono formate da gallerie scavate in piani sovrapposti, sono mediamente larghi 80/90 cm e sono alte circa 2,50 m. Oggi vengono chiamati “ambulacri”, in antichità venivano chiamate criptae dai fossori (gli operai addetti allo scavo) come testimonia un’iscrizione trovata nella catacomba di Priscilla. Spesso ai lati delle gallerie si aprono delle camere poligonali riservate ai cristiani più facoltosi, sono i cubicoli (dal latino cubiculum che significa camera o stanza da letto, sempre riferendosi alla morte come riposo). Queste tombe, chiamate arcosoli, sono urne chiuse sormontate da un arco decorato a fresco. I sepolcri sovrapposti sono detti loci o loculi, mentre la sezione verticale della parte che li contiene è detta pila. La produzione artistica della prima cristianità a noi giunta è prevalentemente funeraria, quelle liturgiche delle domus ecclesiae sono andate distrutte. Sono giunti a noi gli oggetti legati al culto dei morti, come i vetri dipinti chiamati fondi d’oro (fondi di bicchieri o coppe decorati con una sottile lamina d’oro incisa alla quale viene sovrapposto uno strato di vetro trasparente) che erano infissi nella calce all’esterno dei loculi catacombali come probabile segno di riconoscimento del defunto. La loro diffusione va dal III al IV secolo, datazione elaborata dopo aver osservato i particolari tecnico-stilistici e gli elementi caratteristici del costume del tempo ma soprattutto tramite l’analisi comparativa delle pitture contemporanee cimiteriali e dei sarcofagi. Ci sono ulteriori oggetti che ci aiutano a comprendere le arti figurative cristiane di quel tempo: calici di vetro o legno, gioielli e cucchiai in argento con nomi cristiani incisi, lucerne in terracotta o argento aventi rappresentazione o del Buon Pastore (simbolo delle pietas cristiane (virtù)) o di Gioia (esempio di vita proba), che oltre a fungere da monito per il cristiano servivano anche a proteggere. _______________________________________________________________________________ Le persistenze: arte cristiana e arte pagana/arte cristiana e arte giudaica L’arte cristiana primitiva mira a trasmettere i contenti del messaggio evangelico adottando un linguaggio figurativo ispirato alla cultura pagana e alla cultura orientale giudaica. Nelle catacombe sono rappresentati episodi del Vecchio Testamento che rappresentano la salvazione dei giusti come il Diluvio e Daniele nella fossa dei leoni. Il rappresentare maggiormente il Vecchio Testamento è dovuto all’origine ebraica delle prime preghiere cristiane per i morti. Bisogna anche notare Cher in molte scene pagane l’eroe viene rappresentato come salvatore (Ercole che fa uscire Alcesti dagli inferi), cosa normale se si pensa a tutti gli elementi di affinità determinatisi sul piano spirituale tra mondo pagano e mondo cristiano. Il rapporto con la tradizione greco-romana è confermato sia dal mantenere iconografie della tradizione antica (soggetti pagani decontestatualizzati) e sia sul piano stilistico, vediamo una chiara analogia tra l’intento narrativo che caratterizza questo tipo di arte a partire dal IV secolo e i fregi istoriati delle colonne onorarie e degli archi di trionfi. È anche il decorativismo frutto della decorazione romana di età ellenistica che accomuna l’arte profana a quella cristiana. ———————————————————————————————————————— ——— Il periodo che va dal III al IV secolo è caratterizzato da profondi mutamenti socioculturali. Dopo la concessione della cittadinanza a tutti gli uomini liberi abitanti dell’impero (212 Constitutio Antoniniana), molte più persone arrivano a Roma dalle periferie portando con sé la loro cultura. Inoltre a Roma penetrano grazie alla dinastia dei Severi (193 - 235) nuove irrazionali dottrine improntate all’irrazionalismo filosofico religioso di matrice orientale. L’arte riflette la cultura quindi dobbiamo considerare, nello studio dell’arte del tempo, questi mutamenti culturali. L’arte cristiana primitiva viene definita arte romana cristianizzata, infatti si avvale di tutte le novità dell’arte romana del tempo fino al subentro dell’arte bizantina. L’altra corrente culturale arriva dalla matrice giudaico - orientale. Dobbiamo considerare che in oriente sono presenti pochissime testimonianze figuartive per via del forte aniconismo che rimane fino al III secolo per via della legge biblica: Non avrai alcun Dio all’infuori di me. Non ti fare nessuna scultura né immagine delle cose che splendono su nel cielo o sono sulla terra o nelle acque o sotto la terra. Ne nasce una sorta di compromesso, la nascita di immagini che alludono alla divinità senza rappresentarla, attraverso simboli. Proprio la diffusione del Cristianesimo nel III e IV secolo incoraggia la tolleranza ebraica verso l’uso di immagini che illustrino fatti biblici senza rappresentare la divinità, diversamente dall’arte cristiana. Nonostante queste piccole differenze c’è una unità stilistica tra la pittura ebraica e quella cristiana n corso del III secolo. Lo si può vedere confrontando gli affreschi della sinagoga di Dura Europos in Siria con quelli della catacomba della Via Latina. In ambedue l’espressione della realtà interiore prevale sulla realtà fisica, si rinuncia alla caratterizzazione fisionomica in favore della stilizzazione formale, le figure sono rappresentate in maniera frontale e bidimensionale con un tratto più sintetico, alludendo al mondo dello spirito a prescindere dalla vero somiglianza fisica delle forme. Questa maniera, tipica del mondo orientale, è utile all’arte cristiana per esprimere il distacco dal mondo terreno rispetto ai termini classici del naturalismo. _______________________________________________________________________________ Simbolismo e narrazione Simbolismo narrazione sono le due forme espressive proprie dell’arte cristiana primitiva: inizialmente, prima dell’ufficializzazione del culto, prevale la forma simbolica con allusioni al destino dell’uomo dopo la morte, parliamo di intento escatologico (dal greco eskatos, ultimo). La forma narrativa si sviluppa dopo l’editto di Costantino. Dal IV secolo forma simbolica e forma narrativa procedono parallelamente. In età tardo antica, infatti, la spiritualità pagana legata al culto delle divinità olimpiche andava perdendosi a favore dei culti orientali. La spiritualità cristiana porta una nuova attenzione verso l’infinito che l’arte prova esprimere attraverso il simbolo che cerca di cogliere la realtà metafisica (dal greco tà metà tà physica, oltre le cose fisiche, appartenenti al mondo della natura). Il ricorso al simbolo è anche determinato dal legame che l’arte cristiana primitiva ha con la tradizione giudaica, e con il divieto di quest’ultima di rappresentare la divinità. Il simbolo rimanda sempre a un oggetto diverso da sé: per esempio l’agnello sacrificato è metafora del sacrificio di Cristo. Successivamente alle rappresentazioni di Cristo come l’agnello o come il buon pastore, si affiancano le raffigurazioni dirette: il Cristo imberbe tra gli apostoli, il Cristo barbato, il Cristo del banchetto eucaristico. Si acquista questa libertà di rappresentazione per via della natura stessa del Cristo, contemporaneamente divina e umana. Cristo si è incarnato, quindi umano e divino si sono fusi lui e possono convivere in una forma rappresentabile. È il verbo si è fatto carne e abitò fra noi, e noi fummo spettatori della sua gloria (Giovanni 1,9 -14) L’immagine viene utilizzata per trasmettere il messaggio evangelico, diventa strumento della narrazione dei fatti della vita del Cristo. Tale forma narrativa, però, cresce d’importanza soprattutto perché l’Impero attua una politica di glorificazione del Cristo. Diventa sempre più stretto il rapporto tra impero e chiesa, soprattutto dopo il V secolo quando la cristianità sarà usata come sostegno del mondo civilizzato contro i barbari, cambia di conseguenza l’iconografia, abbiamo rappresentazioni di Cristo con le insegne reali che riprende l’iconografia imperiale romana della traditio legis (consegna della legge). Nonostante ciò, la controversia dottrinale tra iconismo e aniconismo si supererà nel IX secolo, quando le immagini sacre non saranno più temute come idolatria. _______________________________________________________________________________ Dipinti e rilievi cristiani tra il III e IV secolo L‘evoluzione delle arti figurative avviene per la volontà di non limitarsi alla rappresentazione della realtà fisica. I primi documenti dell’arte cristiana primitiva risalgono al III secolo, 200 anni dopo la morte di Cristo. Mancano testimonianze figurative per via del divieto giudaico di rappresentare le divinità, al quale inizialmente il cristianesimo attinge. Le testimonianze più consistenti della pittura parietale affresco sono conservate nei luoghi di sepoltura. Solo a partire dal IV secolo la decorazione parietale a mosaico si diffonde. Nela loro fase iniziale le pitture conservano il decorativismo di origine greca e romana: nella catacomba di Pretestato gli uccelli dell’arcosolio della camera superiore mostrano un tratto pittorico più rapido con schemi compositivi più rigidi. Questa rapidità disegnativa è molto evidente nell’episodio della samaritana in San Callisto, il tratto appare schizzato quasi impressionistico. La frequente ispirazione dell’arte cristiana ai motivi dell’arte romana è confermata nella catacomba dei santi Pietro e Marcellino, il banchetto eucaristico è la trasposizione cristiana dell’agapè (in greco significa carità e per estensione convitto fraterno) della tradizione pagana. voglia di abbinare il proprio nome alla nuova sede fece bocciare la scelta delle residenze delle residenze imperiali nei Balcani come nuova capitale. Si scelse una cittadina che affacciava sul Mar di Marmara, fondata da Settimio Severo nel 196 d.C., luogo facilmente difendibile, con ottime vie di comunicazione verso tutti i territori dell’Impero. La città venne quadruplicata, le mura (completate nel 328) partivano dal Mar di Marmara fino ad arrivare al Corno d’Oro ( circa 2,5 Km), l’Ippodromo avrebbe ospitato più di 50.000 spettatori. Alla morte di Costantino (337) la città non era completata ma gli impianti essenziali erano già in funzione (Acquedotti, Mura, Palazzo Imperiale, Rete Stradale). La popolazione era di 90.000 abitanti circa. L’unico edificio che non ha ricevuto successive modifiche è l’Ippodromo che ebbe priorità assoluta nel programma di costruzione, era considerato essenziale in quanto luogo della ”epifania imperiale”,l’Imperatore presidiava ai giochi dalla tribuna imperiale e veniva accolto dalla folla mostrandosi come un Dio (L’ippodromo di Costantinopoli era lungo 450 m e largo 120 m). Il Foro era collocato su una altura, come il palazzo imperiale, l’Ippodromo e la basilica di Santa Sofia. IL FORO È a pianta circolare, racchiuso da colonnati a doppio ordine, al centro presenta una colonna con alla sommità una statua bronzea di Costantino come Helios, la colonna si mergeva su uno zoccolo alto 5 m a sua volta racchiuso in un piccolo edificio - santuario all’interno del quale si celebrava la messa e si innalzavano preghiere all’Imperatore. Ma il culto imperiale doveva raggiungere il culmine in una delle chiese da lui fatte erigere oltre quella dedicata alla Sapienza Divina (Santa Sofia) che sarebbe divenuta cattedrale. SANTA SOFIA A COSTANTINOPOLI Iniziata nel 326 e completata 360, venne poi ricostruita da Giustiniano nel 532. Le fonti dell’epoca di Costantino parlano di un edificio a cinque navate (le laterali sormontate da gallerie) preceduto da propilei e da un atrio (modello ripreso dalle costruzioni costantiniane a Gerusalemme). SANTI APOSTOLI È l’unica chiesa iniziata e finita sotto Costantino ed è stata concepita come mausoleo di Costantino, era posizionata nei pressi della porta di Adrianopoli all’interno delle mura, venne poi ricostruita da Giustiniano e di nuovo modificata nel XV e XVIII secolo. Viene descritta dalle fonti dell’epoca come una costruzione a croce greca ed era posizionata all’interno di un cortile con portici colonnati, esedre e fontane ed erano annessi ad esso edifici termali e una vera e propria residenza imperiale. All’interno vi era la tomba dell’Imperatore, sopra la quale era stato disposto da Costantino che venisse celebrato quotidianamente il sacrificio eucaristico, la tomba era circondata dalle sacre stélai (cenotafi o lapidi) dei 12 Apostoli. Il recinto era progettato per ospitare una grande folla, le terme servivano per ristorare chi veniva da lontano, il palazzo imperiale doveva ospitare i successivi Imperatori che sarebbero andati in visita al mausoleo. Il luogo di sepoltura di Costantino sarebbe stato meta di pellegrinaggio, richiamava il sepolcro di Cristo a Gerusalemme. ———————————————————————————————————————— ——— La nuova capitale è articolata attorno ai tre luoghi del culto imperiale, l’Imperatore è manifestazione terrena di Cristo, grazie anche alla sua natura divina e in vista della missione divina di ricondurre l’umanità a Dio, concezione sviluppata dai teologò di corte, di cultura ellenistica, il che spiega l’identificazione con Helios, divinità che fino al III Secolo è stata abbinata a Cristo. Alla morte di Costantino, seguendo la traduzione, fu coniata una medaglia che celebrasse la sua consecratio, la sua assunzione tra gli dei, però la scena prova ad essere modificata in chiave cristiana: l’Imperatore di solito veniva rappresentato sul carro del sole alla sommità della pira funeraria, Costantino è rappresentato su una quadriga diretta verso il cielo da cui si tende verso di lui la mano di Dio, riferendosi all’immagine di Elia sul carro di fuoco. Nonostante l’importanza delle opere di Costantino la nuova capitale inizialmente non riuscì a competere con Roma ma, grazie al proseguimento dei lavori da parte di Teodosio I e dei suoi discendenti (Anastasio I (491 - 518), Giustino (518 - 527) e Giustiniano (528 - 565)), a partire dal V secolo, considerando anche il declino di Roma (saccheggiata dai Goti nel 410 e dai Vandali nel 455), divenne la più grande città in tutto il Mediterraneo. ———————————————————————————————————————— ——— Attualmente del palazzo imperiale ci restano solo poche parti (esempio: cortile con pavimenti a mosaici). Ci rimangono anche dei resti di altri due grandi palazzi risalenti all’inizio del V secolo (imponenti scalinate, sale a pianta circolare o poligonale distribuite in maniera simmetrica lungo due porticati) collocati a settentrione dell’Ippodromo ingrandito da Teodosio I. Accanto ai palazzi imperiali e agli edifici per l’amministrazione e dello Stato sono presenti (risalenti al V e VI secolo) mercati e strade porticate, le cisterne di Gerabatan Serai e di Bin bir Direk, e le mura di Teodosio II costruite per sostituire quelle di epoca costantiniana. Le mura sono parallele e realizzate parte in laterizi e parte in pietre squadrate, precedute da un fossato e da strutture a scopo difensivo, a sua volta rafforzate da 192 torri verso terra e 110 torri verso il mare. Per l’epoca erano imprese di vastissima portata, che gettarono le basi per le rivoluzioni che investirono anche l’architettura religiosa al tempo di Giustiniano. Giustiniano concepiva queste imprese architettoniche come instrumentum imperii, manifestazione della sacralità del potere imperiale. L’architettura religiosa di Giustiniano Caratterizzata da strutture a impianto centrale dominate da una vasta cupola, indipendentemente dalla pianta, in Santa Sofia la cupola sovrasta lo spazio rettangolare della navata centrale, nella chiesa sei Ss. Sergio e Bacco si eleva su 8 pilastri ricoprendo un vano centralizzato. È vero che edifici a pianta centrale non sono una novità nell’architettura religiosa (mausolei o martyria, cappelle palatine, battisteri) ma gli edifici Giustinianei applicano la pianta centrale a edifici di scala monumentale, costituiscono un nuovo tipo di costruzione religiosa in area orientale per oltre un millennio, rispettando sia la concezione teocratica del potere imperiale sia le forme di liturgia e devozione del Cristianesimo Orientale. ———————————————————————————————————————— ——— All’importanza della nuova capitale e delle sue architetture va a seguire l’affermazione di essa come centro di produzione artistica. L’arte tardo-antica è caratterizzata dal venir meno della determinazioni di chiari rapporti spaziali nel senso dell’organicità della figura e della resa del movimento, questo stile trova pieno riscontro negli artisti di Costantinopoli nel IV e VI secolo, co l’accentuarsi di aspetti apparentemente contraddittori ma determinati dai legami con la committenza di corte: si predilige nelle immagini ufficiali la frontalità ieratica di carattere sacrale / i fenomeni di renovatio e le riprese di impulsi naturalistici di natura ellenica. Nei rilievi alla base dell’obelisco portato a Costantinopoli da Karnak e collocato sulla spina dell’Ippodromo, l’imperatore Teodosio I è raffigurato nell’atto di assistere ai giochi da un palco, la rigida frontalità delle immagini ufficiali è in contrapposizione con i movimenti vivaci degli attori e delle attrici nell’arena. I rapporti prospettico - spaziali vengono meno in favore di una rappresentazione che privilegia rapporti di carattere gerarchico e impone dimensioni maggiori per il gruppo imperiali e inferiore per i danzatori e le danzatrici. Alcune caratteristiche simili sono presenti in opere non ufficiali ma sempre legate alla committenza di corte, come il Missorium (piatto argenteo) raffigurante Teodosio con Valentiniano II e Arcadio in occasione di una investitura di un alto dignitario., mentre un medaglione commissionato da Costanzo II raffigurante Costanzo sul recto e quella dell’imperatore con i figli sul verso mostra maggiore attenzione alla resa della figura secondo il canone classico, maggiore naturalismo. Nelle rappresentazioni imperiali di carattere ufficiale è possibile seguire un processo di graduale schematizzazione e di irrigidimento delle immagini tra IV e V secolo, mentre nel VI secolo, soprattutto negli avori e nell’oreficeria, sono più presenti gli effetti della renovatio, si fa più attenzione alla resa volumetrica del corpo e delle cadute del panneggio come alla profondità della cornice architettonica, nella raffigurazione dell’Imperatore Giustiniano come trionfatore sui barbari nell’Avorio Barberini che presenta un accenno di modellazione plastica e i particolari sono curati anche nei movimenti. Il significato più autentico della renovatio si coglie nell’arte profana, che riprende in maniera immediata i caratteri iconografici e stilistici di derivazione ellenistica differenziandosi nettamente dalle opere di soggetto religioso, nelle quali all’intensificarsi della gestualità e dell’espressività dei personaggi si accompagna una svalutazione delle suggestioni di profondità e volume. 3.2. Milano Milano, trovandosi al centro della pianura padana, era un punto strategico in quanto sorgeva al centro di tutte le strade che portavano ai centri più importanti in Italia e in Europa. È stata fondata dai Galli ma da sempre l’aspetto urbano antico più conosciuto è quello romano. Il foro era situato nell’odierna piazza San Sepolcro e la città era divisa dal cardo e dal decumano (e altre strade parallele e perpendicolari ad essi) secondo uno schema a scacchiera sul quale si sovrappose l’odierno sistema “a ragnatela”. Una cinta di mura raccoglieva un’estensione corrispondente all’attuale centro storico. Con la Tetrarchia voluta da Diocleziano la città divenne capitale Imperiale, di conseguenza, al tempo di Massimiano (286 - 305), fu ampliata. Nel 313, a seguito dell’Editto di Milano (libertà di culto all’interno dell’Impero), la città subisce ulteriori trasformazioni: venne costruita la basilica dedicata al Salvatore, conosciuta poi come Santa Tecla (IV secolo), i resti sono situati sotto l’odierna piazza Duomo (che diventerà il centro religioso urbano) e mostrano una basilica (45 x 68 m)a cinque navate, con divisione tra corpo longitudinale e presbiterio, chiusa sul fondo da un abside. A tre navate e aveva molti mosaici perduti a causa dei rimaneggiamenti, probabilmente raffiguravano i membri della famiglia imperiale teodosiana. Sono presenti due ambienti rettangolari (pastofori) alla fine delle navatelle e ai lati dell’abside, questo particolare (presente anche in Sant’Apollinare in Classe) si riferisce alla contemporanea architettura costantinopolitana. Mausoleo di Galla Placida Datato al V secolo è l’unica parte di un vasto monumento presente a nord - est. Si pensava inizialmente (ipotesi poi accantonata) che il palazzo imperiale fosse situato qui e quindi il complesso monumentale fosse palatino. Il mausoleo era collegato a un lato del nartece della chiesa di Santa Croce, sull’altro lato era presente un mausoleo corrispondente. Forse l’edificio era dedicato a San Lorenzo, come indicato da un mosaico al suo interno. La pianta è a croce latina, l’esterno è in laterizio. L’interno è riccamente decorato, sulla cupola è presente una croce circondata da stelle e sovrasta quattro lunette con figure di santi e apostoli (ogni braccio della croce termina con una lunetta decorata a mosaico, come le volte a botte dei soffitti). Le lunette a Sud e a Nord hanno rappresentate San Lorenzo e Cristo come Buon Pastore, Cristo è imberbe, seduto su una roccia con le pecore rivolte verso di lui. Ci sono molti elementi che si riferiscono all’arte naturalistica antica, come la costruzione plastica dei corpi, i movimenti naturali, l’ambientazione definita. Ci sono anche riferimenti alla cultura cristiana, come le colombe e i simboli degli evangelisti. Il colore dominante è l’azzurro. La chiesa di Santa Croce La chiesa è stata distrutta, attualmente sappiamo solo che aveva una sola navata con una pianta a croce latina, con uno schema architettonico che si ricollega agli edifici milanesi (Basilica Apostolorum - San Nazaro, Basilica Virginum - San Simpliciano) che sono a loro volta riferiti a edifici orientali. (Ulteriore citazione all’architettura dell’Italia Settentrionale). ——————————————————————————————————————— Nel 476 il re degli Eruli, Odoacre, depose l’imperatore Romolo Augustolo, questo evento è convenzionalmente usato per dividere l’età antica dal medioevo. Il regno di Odoacre fu poi interrotta dall’ arrivo di Teodorico, re dei Goti. Teodorico è ostrogoto, completa la sua educazione a Bisanzio ed è di religione ariana. Viene inviato in Italia dall’imperatore di Bisanzio, Zenone, per combattere Odoacre, ottiene potere in Italia nel 493 con il titolo di Patrizio d’Oriente e re degli Ostrogoti, fu poi adottato da Zenone. Compie atti di bonifica intorno a Ravenna e organizza il suo regno in maniera tale da tenere sempre separati le due etnie dei Goti e dei Latini cercando di far convivere pacificamente i due popoli. Viene creato un nuovo quartiere per in Goti nella Regio Caesaris, con al centro il palazzo ampliato. Fece anche costruire altri edifici religiosi dedicati al culto ariano, come la basilica (oggi Santo Spirito) e il battistero (oggi detto degli Ariani) collocati vicino al quartiere dei Goti e vicino al palazzo fece costruire la basilica dedicata al Salvatore, edificata a inizio VI secolo (oggi Sant’Apollinare Nuovo), concepita come chiesa palatina. Sant’Apollinare Nuovo È a tre navate con abside poligonale all’esterno, cosa frequente nelle chiese ravennate (elementi di origine orientale). L’illuminazione è fornita da finestre che sono disposte anche nelle navatelle oltre che nella navata centrale (elemento orientale. Le colonne in marmo del Proconneso ha i capitelli corinzi che provengono da Bisanzio e presentano il pulvino (elemento posto tra capitello e attacco dell’arco a forma di tronco di piramide rovesciata, è di origine bizantina). La decorazione a mosaico è divisa in tre fasce, in quella più alta sono raffigurati episodi della vita di Cristo alternati da un motivo allegorico costituito da un padiglione con due colombe. In questi mosaici si inizia a notare un mutamento rispetto a quelli di Gallia Placidia, ad esempio nel riquadro raffigurante Cristo che divide le pecore dai capretti gli animali sono divisi per piani ma l'immagine risulta ieratica. Sono presenti anche riferimenti alla tradizione italica, come nell'Ultima cena, che ricorda alcuni rilievi funerari della corrente romana - provinciale, sono presenti, dall'arte plebea, anche le proporzioni gerarchiche. Il tutto è posto su fondo oro. Nella fascia intermedia sono presenti figure di santi o profeti. L'ultima fascia ha subito molti mutamenti. Della fase teodoricana sono il Porto di Classe e il Palazzo di Teodorico, rispettivamente a sinistra e a destra dell'ingresso, ambedue mostrano una prospettiva non naturalistica, il porto è rappresentato "a volo di uccello" per risaltarne l'ampiezza. Nel palazzo le regole di prospettiva saltano in quanto si mira a far vedere varie parti del palazzo, tra gli intercolumni comparivano delle figure oggi sostituite da tende, ne abbiamo la prova grazie alle mani appoggiate alle colonne visibili ancora oggi, probabilmente erano Teodorico e la sua corte. Gli altri mosaici furono rimossi in quanto probabilmente mostravano immagini di culto ariano, infatti dopo la morte di Teodorico (526) e l'avvento di Giustiniano sotto il vescovo Agnello, la chiesa fu convertita al culto cattolico dedicandola a San Martino di Tours (impegnato nella lotta contro gli eretici). Nel IX secolo diventa Sant'Apollinare, protovescovo di Ravenna. Mausoleo di Teodorico Fu costruito nella necropoli dedicata ai Goti, a nord - est, è realizzata in pietra d'Istria lavorata. È un edificio a due ordini (ispirato probabilmente ai mausolei romani a pianta centrale). Il primo ordine è esternamente ottagonale con nicchie rettangolari e all'interno cruciforme. Il secondo è più piccolo per lasciare lo spazio per un ambulacro, esternamente è decagonale e all'interno è circolare, qui forse venne sepolto Teodorico, il soffitto è costituito da una pietra monolitica, ingens saxum, trasportato per mare e issato sulla costruzione con dodici anse. La fascia di decorazione della cupola ha un motivo a tenaglia che trova riscontro nell'oreficeria gotica. Il mausoleo è un insieme di motivi artistici diversi, il tipo di edificio riporta all'arte tardo antica e romana ma la decorazione e la calotta monolitica fanno pensare al mondo germano - nordico (prima metà VI secolo). Alla morte di Teodorico si apre un periodo travagliato a livello politico, i rapporti tra Goti e Bisanzio si erano deteriorati a causa anche dell'intollerabilità degli imperatori bizantini nei confronti degli ariani. Quando sale Giustiniano nel 527 la situazione sfocia nella guerra goto - bizantina vinta da Giustiniano nel 553, gli imperi vengono uniti. Nel 554 Giustiniano costituisce la Prefettura d'Italia con capitale Ravenna, nonostante ciò è destinata a diventare l'avamposto di Costantinopoli. Nasce la necessità di cancellare il periodo goto, il vescovo Agnello (557 - 570) ricevette tutti o beni della chiesa ariana e riconciliò tutti gli edifici religiosi goti al culto cattolico ed epurò le immagini contenute in essi. L'ultima fascia dei mosaici di Sant'Apollinare Nuovo subì delle trasformazioni, vengono aggiunte le teorie di Santi Martiri che procedono verso Cristo in trono tra gli angeli (a destra guardando l'altare) e Sante Vergini che, guidate dai Re Magi, vanno verso la Madonna con il bambino tra gli angeli (a sinistra). Qui si notano le trasformazioni stilistiche che raggiungeranno l'apice in San Vitale. Le immagini sono più ieratiche e meno plastiche, sono poste su un fondo oro e mostrano modi tipici dell'arte bizantina (seconda metà del VI secolo). San Vitale Edificata tra il 522 e il 547 si trova a nord - ovest, vicino al mausoleo di Galla Placidia, probabilmente è stata iniziata nel periodo goto sotto il vescovo Ecclesio, su un sacello del V secolo, la costruzione prosegue sotto i vescovi Ursicino e Vittore e conclusa sotto Massimiano (546 - 556), fu finanziata da Giuliano l'Argentario, banchiere, spese ben 26000 solidi. La chiesa ha una pianta centrale, ottagonale e sono chiare le differenze sia nella pianta che nell'alzato rispetto alle precedenti costruzioni e si collega alle contemporanee architetture bizantine e orientali, ha elementi in comune con la chiesa dei Santi Sergio e Bacco a Bisanzio. È preceduta da un nartece o ardica, con due torri laterali, oltre il quale era presente un portico che proseguiva su tre lati. L'interno presenta un nucelo centrale separato dal deambulatorio da pilastri e colonne su due ordini. La cupola è impostata su un tamburo si eleva per un altezza superiore alle cupole orientali, risalta molto il presbiterio che si sviluppa su due ordini e conduce all'abside, fiancheggiata da due vani che danno accesso a due ambienti circolari, forse mausolei. L'interno è arricchito anche da marmi preziosi, da capitelli troncoconici prodotti da officine orientali e decorati con una ricca ornamentazione a traforo oltre che da mosaici. Questa decorazione e la concezione dello spazio che necessita di essere percorso e annulla il peso delle murature attraverso l'uso dei materiali preziosi è di chiara ispirazione bizantina. La tecnica costruttiva è però occidentale la cupola è costruita secondo una tipica struttura italica, mediante tubi fittili per alleggerirne la struttura. I mosaici sono di chiara ispirazione orientale, lo si vede nei riquadri che raffigurano Giustinano e Teodora con i loro seguiti, le figure sono frontali e organizzate tramite uno schema che riflette i rituali di corte, le immagini sono ieratiche e bidimensionali, la coppia riflette il loro ruolo semidivino nonostante un tentativo minimo di ricerca fisionomica. La stessa tendenza si riconosce nel catino absidale di Sant'Apollinare in Classe. Cattedra eburnea Datato al VI secolo è legata al vescovo Massimiano (546 - 556), la cattedra eburnea è attualmente conservata al Museo Arcivescovile di Ravenna. È coperta da decorazioni raffinati ed è un raro esempio di trono episcopale, posto di regola nell'abside della chiesa, simbolo della sapienza e dell'insegnamento cristiano che il vescovo da essa impartiva. La cattedra conserva ancora parte delle formelle eburnee della decorazione: tra motivi vegetali e immagini di santi sono raffigurate le storie di Cristo (anche riferendosi ai Vangeli Apocrifi) e alcuni episodi della vita di Giuseppe. Ancora oggi sono aperte le discussioni sulle origini e sulla provenienza dell'opera. Sul lato anteriore del trono appare un monogramma che probabilmente si riferisce al vescovo Massimiano e che fa risalire la cattedra alla metà del VI secolo. Molti la fanno coincidere con la cattedra eburnea donata dal doge Pietro Orseolo III nel 1001 a Ottone III che si trovava allora a Ravenna. Sono anche contrastanti le opinioni sulla bottega che ha prodotto la cattedra, si è parlato di artigiani alessandrini, cosmopolitani, orientali, siriaci e ravennati che avrebbero creato le varie parti della cattedra. Influenze diverse condizionano la produzione scultorea ravennate, ricca di sarcofagi, di oggetti e arredi liturgici.
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