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Arte Romana M.Papini, Appunti di Archeologia

Riassunto arte romana M. Papini

Tipologia: Appunti

2021/2022
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Caricato il 16/03/2022

Adelaide98
Adelaide98 🇮🇹

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Scarica Arte Romana M.Papini e più Appunti in PDF di Archeologia solo su Docsity! L'Italia centrale e Roma nei secoli X-V a.C l'arte romana almeno fino al II secolo non è sempre ben distinguibile nelle dinamiche della produzione centro italica; Roma divenne un crogiolo di esperienze accogliendo anche artefici e stimoli di varia origine. come suggerito anche dall'antica letteratura, Cultura laziale: dopo l'età del bronzo finale (1100-1020) le specificità della cultura laziale emergono sin dal X a.C con la produzione ceramica e bronzistica nota dai corredi funerari. Dalla fine dei secoli IX-VIII a.C si assiste a un salto qualitativo e tecnologico nella ceramica; fu introdotto ad esempio il tornio veloce. Nel Lazio si sviluppò una produzione di beni di prestigio poi disposti nelle tombe principesche, suddivise in base alla ricchezza dei corredi in membri dell'aristocrazia; i nuclei sepolcri importanti sono nei centri di Custumerium, Tivoli, Gabii, Roma, Lavinium, Praeneste. Le esigenze cerimoniali della committenza emergono nella produzione di bronzi laminati e decorati a sbalzo e nell’introduzione di forme di vasi per nuove abitudini come il vino per il banchetto. Roma spicca poi nella fabbricazione di vasellamene di impasto inciso e dipinto a copertura bianca e pittura rossa- Le prime copie a Roma: Plinio il Vecchio e Plutarco, attribuiscono al secondo re di Roma, Numa Pompilio (715-672), la prima organizzazione di artigiani in collegi e le prime testimonianze della bronzistica a Roma a partire dai dodici ancilia, scudi di intaglio sinuoso custoditi nella Regia dal collegio sacerdotale dei Sali: si narrava che Veturio, artigiano, fosse riuscito a fabbricarne 11 identici a uno caduto dal cielo per salvare la città in un anno di pestilenza; le copie avevano la funzione di rendere impossibile il ladro di trovare l'originale. Oppure in Etruria, in una necropoli di Veio (VIII) sono stati trovati 6 dischi di bronzo decorati piccoli e altri 4 più grandi posti sul corpo del defunto; in Etruria è stato trovato anche un cratere (VII) firmato da Aristonothos è decorato in vernice nera con ritocchi bianchi, decorato su un lato con l’accecamento di Polifemo. Roma dei Tarquini (616-509): La nascita di strutture statali portò al consolidamento di una compagine urbana tra le maggiori dell’occidente Mediterraneo con utilizzo del foro romano, livellato come luogo di rilevanza politica religiosa; erezione della cinta muraria; investimenti negli edifici pubblici; produzione di rivestimenti fittili; sparizione del lusso privato e cambiamento nell’ideologia funeraria; comparsa di documenti incisi su bronzo pietra come il cippo del lapis Niger, al foro romano (metà VI), con iscrizioni recante il regolamento per i sacrifici da eseguire nel santuario forse di Vulcano. Architettura sacra: Nel VI a.C il tempio si definì come categoria architettonica autonoma; templi tuscanici e templi etrusco-italici: Templi tuscanici: pianta tendente al quadrato, a tre celle; un esempio: Tempio di Giove Capitolino (avviato da Tarquinio Prisco e completato da il Superbo) Il primo grandioso progetto di un tempio tuscanico della triade capitolina (Giove, Giunone, Minerva), le celle erano dotate di un pronao, con al centro quella dedicata a Giove, affiancato nelle laterali da Giunone e Minerva. Il tempio era areostilo (ampi intercolunni); la statua del dio in terracotta, era seduta con un fulmine nella destra. Il tempio conobbe vari rifacimenti che però non intaccarono sulla pianta dell’edificio; nel 149 fu eseguita una nuova pavimentazione delle celle con scaglie di pietra; dopo l’incendio dell’83 il tempio fu riconsacrato nel 69 e fu ricoperto da tegole di bronzo dorato e la cella potè ospitare una nuova statua di Giove in oro e avorio, realizzata da Apollonio. Si susseguirono altri incendi quando il tempio fu sottoposto a una doratura integrale; furono staccate alcune lamine d’oro. Templi etrusco-italici: pianta a rettangolo allungato, podio elevato (enfatizza l’edificio isolandolo dall’area circostante), accesso frontale da una gradinata. Tra i tempi etrusco italici si distinguono: ad alae: con la cella centrale affiancata da due corridori aperti periptero sine postico: con colonne solo in facciata e sui lati Gli edifici (o tuscanici o etrusco-italici) inizialmente avevano un frontone aperto senza timpano e lo spazio vuoto era solo in parte riempito da lastre di rivestimento in terracotta inchiodate alla trave centrale. A partire dal IV i templi adottarono un frontone chiuso, decorato con soggetti mitologici esempio: tempio ad alae della dea del Mattino e dell’Aurora del 580, lungo la riva sinistra del Tevere, destinato ad Aurora la dea del mattino, vantava un frontone greco di tipo chiuso con una decorazione formata da due felini ai lati di una Gorgone in corsa). Dalla seconda metà del secolo VII a.C, le coperture fatte di paglia furono rimpiazzate da tetti di nuova generazione, fittili; i fregi figurati raffigurano processione di carri a carattere trionfale , corse dei cavalieri, banchetti che esaltano la mentalità eroico-cerimoniale. Architettura domestica (case ad atrio): Le più antiche tracce di edilizia abitativa Roma risalgono ai secoli IX-VIII a.C, con edifici lignei; la prima struttura in muratura nell’Urbe, e stata identificata come una casa con corte ritrae una scena del mito degli Argonauti; e una Nike alata. Tre statuette in bronzo, collegate fra di loro tramite le braccia allargate, decorano la cima del coperchio e hanno la funzione di manico. Seconda metà del IV secolo a Roma vi sono grandi novità nei monumenti e nell’artigianato a causa degli assetti politici e economici; con la conquista della Sabina (290) o la vittoria su Taranto (272, uno dei vettori più importanti di trasmissione in Italia di modelli figurativi) i romani conobbero la ricchezza terriera; vi fu una grande crescita economica e demografica; Apparizione della moneta; Afflusso di manodopera schiavistica. I comandanti poterono a crescere le proprie fortune tramite il voto e la dedica di templi e monumenti; furono ricostruiti gli spazi. Foro romano: è un'area archeologica di Roma racchiusa tra il Palatino, il Campidoglio, Via dei Fori Imperiali e il Colosseo; era il punto d'incontro ufficiale dei cittadini romani, che si recavano lì per partecipare (o anche semplicemente per assistere) agli affari amministrativi, politici, economici e religiosi che riguardavano la comunità a cui appartenevano. Roma è diventato centro produttivo soprattutto di ceramica; Officine del Gruppo dei piccoli Stampigli: piattelli decorati a figure rosse con teste femminili di influenza italiota; più stretta diffusione invece vasi a vernice nera, a volte con decorazione policroma sopradipinta, con iscrizioni che rappresentano il nome di una divinità seguito dalla parola pocolom. Compaiono anche decorazioni con elefante (in relazione con la spedizione nell’Italia meridionale del re d’Epiro Pirro 275 dopo con la vittoria da Benevento). Coroplastica votiva: il boom della religiosità popolare italica e latina (IV-III) portò un’intensificazione della pratica di dedicare nei santuari anche doni in terracotta (ex voto anatomici). Criniera leonina alla Alessandro: testa con motivi prassitelici e lisippei. Stili pittorici: tecnica a macchia nella tomba dell’Esquilino; gli affreschi nella necropoli di Spinazzo a Paestum mostrano invece figure con contorni marcati e tecniche greche come nella riproduzione di effetti di luci; sepolcri di Tarquinia (IV-III) il sarcofago delle Amazzoni (sarcofago di tipologia architettonica, riproducente un tempietto, con i quattro lati decorati da pitture di artisti greci, raffigurano l’Ammazzomachia); tomba di François di Vulci (spazio pseudo domestico con decorazioni mitologiche e storiche riferite alle violente lotte in corso tra gli Etruschi e i Romani. Statua di Giove: celebrazione del potere e della religione statale; realizzata dopo la vittoria sui Sanniti 293 ricavata da corazze, elmi dei nemici sconfitti; con i residui della limatura il trionfatore fece realizzare la propria statua posta ai piedi di quella del dio. L'impatto dei monumenti testimoni del potere di Roma poteva crescere in occasioni delle spettacolari processioni funerarie o trionfali. Nel mondo romano l'uso di seppellire i defunti con il rito dell’inumazione comportò l’utilizzo di sarcofagi, spesso riccamente scolpiti. Sarcofago di Scipione Barbato: (inizio III) in peperino (roccia magmatica) il più antico e monumentale tra i sarcofagi del sepolcro della potente famiglia repubblicana degli Scipioni e accolse le spoglie del suo probabile fondatore, Lucio Cornelio Scipione Barbato; il lato anteriore presenta una sobria decorazione con metope figurate del console nel 298 con l'iscrizione con il nome del defunto. Bruto Capitolino: statua onoraria in bronzo; con occhi in avorio e pasta vitrea, conservata nei Musei Capitolini a Roma; la testa unica parte trovata è un esempio di ritrattistica romana; La raffigurazione del personaggio è caratterizzata dalla barba, resa in ciocchette diseguali, e da una capigliatura che ricade senza un ordine sulla fronte; (primo quarto del III secolo a.C)., che coincide nella storia romana con un momento di grande espansione culturale e politica. In quello stesso periodo, quando la città si era avviata ormai al predominio di tutta la penisola, si è infatti riscontrato anche un particolare entusiasmo nella spinta alla ricerca di documenti del passato a sostegno della politica imperialista ormai avviata. Nel 264 a.C mutò il rapporto tra Roma ed Etruria poiché Roma era diventata il centro da cui dipendevano tutte le città etrusche; Fulvio Flacco, eresse un grande donario nel santuario di Fortuna al foro Boario: ne rimangono tre basi, una circolare e due rettangolari, una delle quali conserva le impronte di trenta piccole statue. II secolo 212 a.C, presa di Siracusa: Claudio Marcello trasferì nell’Urbe statue, quadri, in occasione del suo trionfo (211). Plutarco presenta il condottiero come l’incarnazione della conciliazione tra virtù ed educazione, poiché in precedenza l’Urbe avrebbe avuto un aspetto rude perché piena di armi; Marcello era orgoglioso di averla abbellita; da lì a poco ornare la città con opere sottratte ai nemici divenne prassi e ogni trionfatore fu “costretto” a superare il precedente. Non sempre committenze di prestigio portano con sé opere di alta fattura ; Esempio: Altra tomba dell’Esquilino (Arieti): chiamata così dallo scopritore; presentava una decorazione interna costituita da affreschi raffiguranti scene di battaglia con personaggi in nudità eroica (III-I); la povertà delle figure può essere sintomo dell’involuzione di alcuni settori dell’artigianato (deducibili appunto in alcune tombe dell’Esquilino). Già dai secoli V-IV, i romani conoscevano la ricchezza; ciò è dimostrato da rinvenimenti di alcune residenze aristocratiche come la villa dell'auditorium famosa per la sua grandezza e il suo design Statua della Giunone Cesi: Statua femminile di dimensioni superiori al vero. La figura è impostata sulla gamba sinistra arretrata mentre la destra è avanzata; la testa è volta verso sinistra. La dea indossa una tunica (chitone) smanicata legata subito sotto il seno e un mantello che corre in due larghi e pesanti risvolti dai bordi frangiati a coprire la metà inferiore della figura; piuttosto che ipotizzare un bottino di guerra, si potrebbe pensare ad una immagine di divinità scolpita su commissione da un artista microasiatico; si può datare al secondo quarto del II sec. a.C., per confronti con altre statue femminili pergamene panneggiate e per il volume più disteso delle vesti e dei panneggi. Sul piano figurativo Roma con corse a quel movimento “classicistico” chi è dalla prima metà del secolo II, in base al Mediterraneo andando a smorzare le precedenti esuberanze “barocche”; questo orientamento coinvolse officine greco-asiatiche che operavano contagiandosi a vicenda influenzando a loro volta le officine locali; ciò risulta verificabile dalla coroplastica dei templi oppure nei frammenti delle statue di culto esempio: Testa colossale Ercole di Policle (famiglia di Timarchide, Policle e Dionio, artefici attivi per committenze romane e greche). Statua Principe delle terme: scultura in bronzo, rappresenta un giovane nudo, in posa eroica, poggiato con la mano sinistra su una lunga asta; sul modello dell'Eracle del greco Lisippo; alcuni hanno ritenuto che sia il ritratto di un principe ellenistico (Attalo II). Fino dal II secolo in Italia le dimore signorili conobbero l’introduzione del peristilio (area circondata da un quadriportico perimetrale), di discendenza greca ma adottata nei palazzi reali come la casa del Fauno a Pompei. Negli Ritratti: Pompeo con una capigliatura simile ad Alessandro Magno, segno di combattente vittorioso, abbinato a una faccia carnosa di un uomo di mezza età con rughe, occhi piccoli e labbra sottili. Cesare capelli piatti e viso con rughe accentuate sul collo. Cicerone a bocca appena aperta, spicca la fronte altissima solcata da pieghe. Arringatore (Aule Meteli): (inizio I secolo) scultura bronzea, unica testimonianza integra pervenutaci di una grande scultura in metallo dell'epoca tardo-etrusca. Uomo togato rappresentato mentre compie un gesto volto a catturare l'attenzione degli astanti ed accingersi a compiere l'arringa. La mano destra, che si spezzò nel momento in cui la statua fu rinvenuta, è di dimensioni maggiori rispetto al resto del corpo per dare maggiore risalto al gesto. Sprechi: augumento di ricchezza, cattivo uso del lusso abitativo. I potenti avevano assoluto bisogno di una casa di rappresentanza consona alle proprie caratteristiche politiche e sociali. I gruppi dirigenti tentarono di bilanciare le opposizioni ma invano. Nella tarda repubblica, le colonne di marmo cominciarono a sostenere i tetti non solo dei templi, ma anche di atri, peristili o piccole edicole. Dagli imperatori giulio-claudi alla dinastia flavia In età tardo repubblicana il numero dei romani e degli italici ricchi era superiore rispetto alle classi dominanti greche. Possedevano Bari e proprietà con ville e abitazioni di lusso dove i proprietari facevano sfoggio della loro opulenza senza il pesante controllo sociale urbano. In campagna era concesso quel che a Roma non lo era; i proprietari volevano che gli ospiti si sentissero come in un olimpo privato, come.se le ville fossero le dimore degli dei. Sculture e decorazioni abbellivano l'interno ; Nacque e si sviluppò così una ricchissima produzione di manufatti. In Grecia il tempio e l'abitazione degli dei e di solito svolge solo la funzione di contenere la statua di culto e i doni destinati alla divinità; A Roma, al contrario, il tempio non ospita solo la statua del Dio ma è la sede di attività sacrali, luogo d'incontro di confraternite e spazio alternativo per varie riunioni politiche. Roma era soggetta di frequente a inondazioni e incendi; Augusto tentò di ridurre i rischi con una serie di provvedimenti (corpi di sicurezza incaricati a controllare il corso del Tevere; costituzione di gruppi di vigili del fuoco). Con l'aiuto dell'amico Agrippa, il principe rifornì l'acqua di risorse idriche e costruire restauro acquedotti. Inoltre Augusto attuò un programma di monumentalizzazione (ricevuto Roma di mattoni e lasciata di marmo). Il progetto principale prevedeva il ridisegno di una vasta area del campo Marzio fino ad allora deserta ma dominata da un imponente edificio funerario che Ottaviano aveva fatto costruire. Il Campo Marzio centrale fu monumentalizzata ricostruendo e costruendo edifici: Saepta Iulia (si tenevano le assemblee elettorali dei Romani); Terme di Agrippa (primo grande edificio termale pubblico a roma 25-12 a.C) Pantheon: (124 a.C) In epoca augustea, Marco Vipsanio Agrippa inserì i giardini, la basilica di Nettuno, le terme con il suo nome (primo grande edificio termale pubblico a Roma 25-12 a.C) e il Pantheon (costruito come tempio dedicato a tutte le divinità passate, presenti e future; fondato nel 27 a.C., architetto Aucto) La zona non edificata verso nord era dominata dal mausoleo di Augusto: (28-23 a.C) imponente monumento funerario a pianta circolare struttura a piani sovrapposti è determinata da un basamento in travertino alto 12 metri e forse terminato in alto da un fregio dorico a metope e triglifi, sul quale poggia l'edificio circolare composto da sette anelli concentrici. Nel 10 a.C fu eretto in onore di Sol un grande obelisco egiziano: simboleggiava il dio del sole Ra; il 23 settembre il compleanno di Augusto, la sua ombra puntava verso l’Ara Pacis: altare monumentale fatto costruire da Augusto nel 9 a.C; intende simboleggiare la pace e la prosperità raggiunte. Costituita da un recinto quasi quadrato in marmo, elevato su basso podio, nei lati minori del quale si aprivano due porte; la superficie del recinto presenta una raffinata decorazione a rilievo, esterno e interno con fasce a meandri, piccoli animali, ornamenti naturalistici. I due pannelli figurati del lato principale, dal quale si accedeva all'altare, rappresentano il Lupercale e il Sacrificio di Enea ai Penati. Sull'altro lato si trovano i rilievi della Personificazione di Roma, quasi completamente perduto, e della Saturnia tellus. Sui lati lunghi è raffigurata la processione per il voto dell'Ara. Tempio di Apollo Medico: pseudoperiptero sine postico (prostilo con semi colonne sui lati lunghi senza colonnato posteriore) Utilizzo del mamo; lo spazio è ritmano dalla presenza di colonne a doppio ordine di marmo africano. Il soffitto era di stucco dorato e il pavimento era in opus sectile (tecnica a marmi policromi). Decorazione: fregio figurato raffigurante scene di battaglie legate al triplice trionfo di Ottaviano nel 29 a.C.; l frontone del tempio era decorato con sculture raffiguranti una amazzonomachia; La decorazione architettonica presenta diversi motivi "insoliti" (un esempio sono le scanalature dei fusti delle colonne). Utilizzo del mamo; lo spazio è ritmano dalla presenza di colonne a doppio ordine di marmo africano. Il soffitto era di stucco dorato e il pavimento era in opus sectile (tecnica a marmi policromi). Foro di Augusto: il secondo foro in ordine cronologico; inaugurato nel 2 a.C. Appariva come uno spazio porticato quadrangolare con alti attici e con tempio sul fondo (Tempio di Marte Ultore); aveva un pavimento in lastre di marmo africano e alle pareti un doppio ordine di colonne ; Altrettanto fastosa la decorazione dei porticati che oltre alle colonne di giallo antico avevano pavimenti a lastre di africano e giallo antico; vi erano le statue dei re di Alba Longa; e le statue dei grandi magistrati che avevano esaltato Roma con le loro imprese. Una sorta di edicola centrale sporgente dal fondo, conteneva i due gruppi principali: Enea che conduce in salvo da Troia il padre Anchise e il figlio Ascanio, nell’altra Romolo con il trofeo della vittoria sui Ceninensi. Il portico settentrionale terminava in un vasto ambiente in marmi policromi ospitante una statua colossale (forse del genio di Augusto). Augusto scelse come sede per le sue abitazioni il Palatinato (lì si trovava la capanna di Romolo, primitiva dimora). La domus non comprendeva solo un’abitazione, ma più case collegate tra loro, a esse connesso il grande santuario di Apollo Palatino (dio protettore del principe). Al complesso palaziale augusteo erano forse pertinenti la casa di Augusto, la casa di Luvia e l’Aula Isiaca. Erano strutture costituite da una semplice eleganza, senza sfoggio di ricchezze. Vi erano due biblioteche e spazi distinti di rappresentanza. Aula Regia: 30m, contenenti sculture colossali, in pietra con colore simile al bronzo; due di esse un Apollo e un Ercole; la copertura era in legno, nascoste da un soffitto a cassettoni di stucco. Aula Ottagonale: progetto di Rabirio, un ingresso alla parte chiamata domus Flavia, con pareti scandite dalla presenza di un doppia fila alternata da esedre rettangolari con copertura con volta a cupola. Villa della Farnesina: ai bordi del Tevere, fu costruita con una grande esedra affacciata sul fiume, con peristili, porticati e ambienti con raffinate decorazioni, inserita in un giardino con più padiglioni abitativi. Claudio nel 43 d.C consacrò l’ara Pietas: monumento strutturalmente simile all'Ara Pacis, noto da monete, costituito da un'ara rinchiusa in un recinto ornato da sculture che riproducevano in rilievo scene di sacrifici, forse quelli fatti per impetrare dagli dèi la guarigione della Augusta. Nerone (54-68 d.C) quando nel 64 d.C un incendio colpì una vasta aerea di Roma, coinvolgendo alcuni monumenti, decise di riplasmare una porzione di città, inserendogli una gigantesca dimora imperiale. Supplizio di Dirce: conosciuto anche come Toro farnese; Commissionata alla fine del II secolo, attribuita forse ad Apollonio e Taurisco, artisti di Rodi è un gruppo scultoreo ellenistico in marmo, la più grande scultura dell'antichità mai ritrovata, rinvenuta nelle terme di Caracalla a Roma. Unico blocco di marmo, rappresenta il supplizio di Dirce, con i figli di Antiope che, desiderosi di vendicare gli insulti alla madre, hanno legato a un toro selvaggio Dirce. Nella scena appaiono altri personaggi secondari, aggiunti nel '500 o nel '700: un cane, un bambino e una seconda figura femminile, quest'ultima raffigurante forse Antiope. Composizione piramidale. Nelle figure associa elementi della più pura tradizione patetica con altri di tradizione classica e altri derivati dalla tradizione idillico-sacrale. Tiberio nel 2 d.C, prima di essere adottato da Augusto e diventare così l’erede, abitò gli horti di Mecenate. Iniziò i lavori per ampliare la villa a sua madre, a Spelorga, vicino una grande grotta naturale affacciata sul mare; qui Tiberio provvide ad assegnare ad artisti rodi varie realizzazioni di gruppi statuari con scene mitiche con protagonista Ulisse (al centro di un bacino d’acqua circolare, Scilla divora i compagni di Ulisse strappandoli dalla nave) opera di Agesandro, Atanodoro e Polidoro. Nel ninfeo di Punta Epitaffio a Baia (villa dell’imperatore Claudio) dominava nel fondo un gruppo raffigurante Ulisse che porgeva la coppa di vino a Polifemo. Zoilos si deve la rappresentazione di Aion, personificazione del tempo eterno; scultura di un vecchio pensoso seduto, appoggiato a un bastone, con mano accostata al volto tormentato. Rilievi statali dalla dinastia claudia alla dinastia flavia Altare monumentale dedicato a Claudio: la processione del fregio principale del recinto dell’altare (ara pietas), rappresentava il ritorno di Claudio a Roma nel 43 d.C; l’imperatore è ricevuto dai principali esponenti del Senato e dalla sua famiglia, che lo conducono attraverso un percorso tra i monumenti sacri (rappresentati sul fondo in modo dettagliato) fino al tempio di Marte, dove si svolge la cerimonia del sacrificio di un Toro; uno dei pannelli raffigura Iside su un carro con Trittolemo che sparge le sementi sulla terra, per simboleggiare il ritorno dell’età dell'oro col ritorno dell'imperatore a Roma. Il confronto con l’ara pacis, permette di riconoscere con maggiore chiarezza l'evoluzione del linguaggio nota dall'impostazione delle figure su più piani e da un contesto ambientale più articolato. Nell’arco di Nerone (58-62 d.C): noto da raffigurazioni su monete coniate a partire dal 64 d.C. dove è raffigurato in visione prospettica sul rovescio, l'arco era a singolo fornice ed era sormontato da una quadriga condotta dalle figure della Victoria e della Pax. Gli angoli dell'attico erano occupate da statue in bronzo di soldati romani. Altro stile i pannelli dell’arco di Tito: Nell’arco di Tito (82-30 d.C): monumento-simbolo dell'epoca flavia; La volta del passaggio conserva una ricca decorazione a cassettoni: al centro è raffigurato Tito portato in cielo da un'aquila, allusione alla sua apoteosi (divinizzazione dopo la morte); un piccolo fregio sull'architrave poi raffigura processione del Trionfo. I rilievi più interessanti sono i due pannelli che decorano i lati del fornice, che commemorano due fasi del trionfo di Tito dopo la cattura di Gerusalemme del 70; il pannello destro (lato nord) mostra l'imperatore Tito sulla quadriga trionfale, incoronato dalla Vittoria. La quadriga è condotta dalla personificazione della Virtus a piedi, mentre le altre due figure allegoriche a fianco del carro sono forse Roma e il Genio del popolo romano, o il Senato il popolo romano. Sullo sfondo si affollano le teste e i fasci dei littori. Ci sono delle novità come il maggiore affollamento delle scene, ma soprattutto la straordinaria spazialità data dalla variazione del rilievo secondo una precisa disposizione delle figure nell'atmosfera. Ritrattistica imperiale I primi ritratti di Ottaviano mostrano un viso magro con occhi piccoli e infossati, collo piegato di lato e una capigliatura agitata derivante da uno schema diretto da Alessandro Magno; un altro tipo di ritratto ha delle caratteristiche analoghe ma una maggiore distinzione dei tratti facciali. E’ il caso del tipo “Alcudia”. A Roma i ritratti prendono una maggiore caratterizzazione, nota nel torso di una statua equestre in bronzo rinvenuta nelle acque di Lemno, Nella quale il ritratto nel tipo “Alcudia” mostra una voluta somiglianza con il padre adottivo quasi a sottolineare i legami di sangue. Tra il 31 e il 29 a.C e datato il ritratto tipo “Louvre MA 1280”, in cui spicca la particolare acconciatura dei capelli (che diventa di moda in quegli anni), e la corona d'alloro gemmata posta sul capo; volto ormai di un uomo maturo, in espressione pensosa, con un equilibrio accentuato da una chioma non più ribelle ma con una frangia ben ordinata. L’ultimo ritratto creato quando Ottaviano assunse il nome Augusto mostra un volto giovanile, con una capigliatura vivace ma ordinata; alcuni associano il principe al doriforo di Policleto. Augusto dalla Villa di Livia a Prima Porta (20 a.C) in marmo pario, mostra il principe in atto di sollevare il braccio come in procinto di parlare agli istanti. Decorazione sulla corazza: raffigurazione della riconsegna ai Romani, personificati dal dio Marte, accompagnato al cane, con varie figure di contorno; in alto la quadriglia del Sole, Herse (personificazione della rugiada) e Aurora; scena centrale due personificazioni sedute di province sottomesse (forse Gallia e Spagna); più in basso Apollo su un grifo alato e Diana su una cerva; Tellus (dea dell’abbondanza) sdraiata. Le proporzioni del corpo sembrano derivare dal Doriforo di Policleto, ma né il volto, né la capigliatura sono lontani dal Doriforo. La tendenza a realizzare ritratti divenne consueto non solo in ambito privato ma anche dentro la famiglia imperiale; la moda del taglio dei capelli con frangia regolare sulla fronte si riscontra anche su una serie di opere attribuite a Marcello. Una testa rinvenuta nel foro di Augusto, mostra tratti facciali fortemente “realistici”, mentre l'unica testa rinvenuta a Merida, con barba e diadema sul capo risponde ai canoni della classicità augustea ripetendo l'acconciatura della frangia sulla fronte. Invece nei ritratti di Nerone sono accentuati gli elementi più specifici del volto, rodondeggiante con il collo pronunciato che mostra la volontà di costruire una sua immagine personalizzata, dominata da una nuova caratteristica che consiste in una frangia a gradini, divenuta di moda per i bambini dell’età di Claudio. Invece Vespasiano, nei suoi ritratti ha i lineamenti più addolciti, rendendoli più giovanili; il medesimo fenomeno in Tito e Domiziano. Decorazione parietale Suona magnifica parete della villa di Poppea a Oplonti, forse di età cesariana, dominato da un complesso porticato tetrastilo dietro il quale è collocato un ampio portale d’ingresso su un giardino; un muretto sovrastato da due pseudo-loggiati senza balaustra aperti verso giardino; vi è un paesaggio Marino con pescatori contadini e altri personaggi non definiti; degli specchi sembrano riflettere paesaggi nascosti; domina una strana quiete accentuata dalla presenza di simboli come il tripode di Apollo, la torcia sull'altare di Cenere, i pavoni di Giunone; inoltre gli dei non sono presenti albero ma tramite simboli. I romani volevano che l'atmosfera delle loro dimore fosse quasi sacrale, proponendo illusori ingresso ai giardini celesti. Fantasiosi capricci: elementi non uguale al vero , fuori dall'ordinario senza alcuna concretezza strutturale. (Decorazioni di Villa della Farnesina II stile) Le architetture parietali tendono a diventare decorazioni a carattere bidimensionale, intervallata dalla presenza di pannelli con rappresentazioni mitologiche e paesaggistiche. Paesaggi idillico-sacrali; immagini che fanno riferimento alla thopothesia (rappresentazione di un ambiente di fantasia). Nella Villa della Farnesina i colori sono bruno, verde, azzurro chiaro, giallo e in fondo vi è una sorta di pulviscolo, come un vento sabbioso, dal quale fuoriescono delle figure umane, animali, alberi, edifici. Ciò confonde l’occhio che non riesce a percepire immediatamente; particolare l’effetto in una stanza, verso l'alto. Adriano inoltre ripristino la basilica di Nettuno, molti templi, il foro di Augusto e le terme di Agrippa; fon do anche la città di Adrianopoli in Tracia e Antinopoli in Egitto. Adriano fece costruire un mausoleo: basamento quadrato di un imponente tamburo cilindrico con peristasi su podio e di una rotonda centrale chiusa, coronata sulla sommità dalla quadriglia bronzea dell’imperatore. Gli fu concesso il privilegio unico di una statua nella cella del partenone a fianco a quella di Atena parthénos. Completò l’Olumpieion inaugurato nel 131 d.C con una peristasi di centoquattro colonne. Nello stesso anno fondò il Panellenio: lega, organizzazione incentrata sull’amministrazione del culto di Adriano, sulla venerazione della divinità di Eleusi e sulla celebrazione di festività quadriennali ad Atene, con competizioni musicali e atletiche. Inoltre è adrianea la biblioteca al centro della città, vicino l’agorà; fortezza chiusa consistente in un enorme cortile delimitato da un alto muro, con all’interno un portico colonnato e due auditoria. Statua loricata di Adriano (117): rappresenta l’imperatore, in posizione stante, frontale, col peso del corpo poggiato sulla gamba destra e la testa lievemente rivolta verso destra; dalla spalla sinistra scende il mantello lungo il braccio e si avvolge intorno al gomito; la statua calza i calzari, decorati sul davanti con una testa di leone. Indossa la lorica, la corazza militare decorata a rilievo con alcune figure simboliche: due Vittorie tauroctone, ovvero raffigurate nell’atto di uccidere un toro. Al di sopra di esse la testa di gorgone sul petto, è un motivo decorativo particolarmente diffuso che si rifà al potere della testa di Medusa di pietrificare gli avversari. Seconda sofistica: movimento culturale basato sulla paideìa, intesa come educazione, strumento di prestigio sociale politico improntato alla collaborazione con il potere romano. Giulio Celso, console e nel 92, a Efeso, al tempo di Traiano, iniziò a costruire una biblioteca con una cella funeraria dove fu poi sepolto; quattro statue in facciata al piano terra personifica vano le virtù della sapienza, valore, senno e la scienza, mentre i pilastri ai fianchi degli accessi avevano i simboli del potere magistratuale. Le Muse nel II secolo d.C, si incontrano di frequente nelle ville di alto livello. Villa Adriana: residenza imperiale extraurbana, fatta realizzare presso Tivoli dall’imperatore Traiano su un territorio collinoso, nel luogo di un precedente impianto. Aveva fatto iscrivere i nomi delle province dei luoghi più rinomati cui si ispiravano le architetture; Accademia (scuola fondata da Platone); Pritaneo (edificio della Grecia di alta autorità); Pecile (portico al lato dell’agorà di Atene); Canopo (città dell’Egitto celebre per il tempo di Serapide) e incluse una riproduzione degli inferi. Piazza d’oro: in uno dei punti più elevati di Villa Adriana, e un edificio autonomo collegato al nucleo centrale del palazzo da un lungo portico colonnato. Il giardino attraversato da un canale con fontane presenta un quadriportico con doppio colonnato e con una serie di volte a crociera su lunghi corridoi. A sud vi è una grande sala centrale, in fondo c'è un ninfeo monumentale coperto a volta con delle nicchie per le statue e delle scalette; da lì si raggiungevano diverse sale punto un fregio con amorini in scene di caccia e corteo Marino è attribuito alla trabeazione della Corte del nucleo principale. Antinoo è stato un giovane greco noto per la relazione amorosa avuta con l'imperatore Adriano il quale lo divinizza o dopo la sua morte prematura. Statua di Antinoo (eroe protettore della soglia 130): Rinvenuta nel sacrario di Apollo delfico durante un'operazione di scavi. Traiano fece ordinare che tutta una serie di statue del bellissimo giovane, che aveva amato così appassionatamente, fossero erette in tutti i santuari e le città del suo vasto impero, come nel santuario di Delfi. La testa è inclinata da un lato come se lui stesso fosse in uno stato di profonda riflessione. Intorno alla sua folta capigliatura e magistralmente scolpita, che circonda il suo volto e cade sulla fronte e sulle guance, possiamo vedere diversi fori che sono stati utilizzati per fissare una corona in bronzo di alloro. Il suo corpo è scolpito in un modo che gli conferisce quel tratto di nudo eroico che ha caratterizzato le statue di dei ed eroi dell'antichità classica. Statue villa adriana: Statua due centauri: in marmo color bronzeo, scolpiti da Aristeas e Papias; rappresentano un’allegoria del sentimento amoroso nelle diverse età vita (gioventù e vecchiaia). Il centauro vecchio: nudo, con una pelle di cerbiatto sulle spalle, appare stanco e sofferente, nell’atto di volgere indietro la testa per le pene dell’amore. Il centauro giovane: nudo anch’esso con la pelle di cerbiatto, con il volto sorridente, sembra quasi in atto di danzare; nella mano sinistra tiene un piccolo bastone tipico dei satiri. Diverse statue dovevano trovarsi lungo i bordi dello specchio d’acqua; tra queste vi sono delle copie e riproduzioni come: Amazzone ferita: si fa risalire al modello scolpito da Fidia; in marmo. Il gusto delicato e luministico del panneggio avvicina questo tipo alle Amazzoni rappresentate nel fregio del Partenone. L'appoggio è sulla gamba destra, e anche il braccio destro è sollevato a trattenere l'arco. Adriano e caccia. Antonini Gli interventi degli Antonini (138-161), si concentrarono nel Campo Marzio centrale. Presso Montecitorio sono state trovate 4 strutture di forma quadrata, consistenti in un altare al centro di un cortile circondato da un recinto e da una balaustra; vi erano alcuni monumenti indicanti il punto in cui furono cremati i membri della famiglia. Le pire innalzate per il rituale imperiale erano spettacolari; adorni di drappi intessuti di fili d’oro, sculture in avorio e quadri, inoltre dalla sezione più alta veniva liberata un’aquila a Giove, segno di immortalità (salendo insieme alle fiamme secondi i Romani portava al cielo l’anima dell’imperatore). Antonio Pio, amante della pace; l’eco delle guerre stava per farsi sentire anche in Italia. I Marcomanni nel 169 d.C riuscirono ad oltrepassare il confine dell’Italia assediando Aquileia; fu un evento traumatico in cui Marco Aurelio chiamò indovini per compiere riti e purificare Roma con sacrifici di ogni genere. Le imprese belliche furono celebrate sulla colonna in Campo Marzio, definita centenaria. Colonna Aureliana: antico monumento di Roma, eretto tra il 176 e il 192. E’ formata da 27 enormi rocchi sovrapposti di marmo lunense; i rocchi sono scavati all'interno, così da formare una scala a chiocciola, che porta al "terrazzino" che si trova in cima. Sulla sommità vi era la statua in bronzo dorato di Marco Aurelio. Un fregio disposto a spirale, si avvolge intorno al fusto per 21 volte (nella colonna traiana i giri sono 23), in rilievo mostra scene di battaglia e schiere di nemici vinti (rappresentati per lo più morenti, sconfitti o in disperata fuga) durante le guerre combattute dai Romani contro i Germani Marcomanni e i Sarmati, popolazioni che si erano stanziate lungo il Danubio sotto il dominio dell'imperatore, per un totale di 116 scene. Traiano era visto in mezzo ai suoi soldati, Marco Aurelio è già su un piano più distaccato che ne sottolinea la maestà; appare di fronte. La narrazione si fa più drammatica e assume toni miracolistici nella rappresentazione del ruscellante Giove Pluvio ("pioggia miracolosa"), che salva l'esercito romano accerchiato dai Quadi, mentre stava per morire di sete. Stile nervoso, sommario, espressivo; pittoricismo chiaroscurale con profonde linee scavate; i volti, le chiome e le vesti delle figure dalle proporzioni più allungate; questo stile è stato qualificato come espressionismo barocco (stilwandel). Analogo stile si ripete sui sarcofagi dell'epoca, alcuni di questi hanno anche scene di battaglia come il sarcofago dei pressi di Portonaccio. Busto di Commodo: (180-193) in marmo. Rappresenta uno dei capolavori più celebrati della ritrattistica romana e ritrae l'imperatore sotto le spoglie di Ercole, del quale ha adottato gli attributi: la pelle di leone sul capo, la clava nella mano destra, i pomi delle Esperidi nella sinistra a ricordo di alcune fatiche dell'eroe greco. Il busto, straordinariamente ben conservato, poggia su una complessa gesto di preghiera e con il caduceo nella sinistra (simbolo di pace e prosperità); sul pannello occidentale Caracalla accompagnato forse dalla moglie e dal suocero; altri riquadri scene a carattere militare e sacrifici per sottolineare la pietas dei sovrani verso gli dei. La maggior parte dei personaggi sono raffigurati frontali, con gli occhi distolti dall’azione che le mani compiono. La fattura non è eccelsa; sproporzione delle figure tosse con teste, piedi e mani enormi, schiacciati contro il piano di fondo del rilievo. Arco dei Severi (Leptis Magna, Libia): eretto tra il 205-209 d.C; anch’esso non trionfale ma onorario. L'arco è costituito da quattro imponenti pilastri che sorreggono una copertura a cupola. Nel punto di intersezione tra la cupola e i pilastri si possono notare delle aquile con le ali piegate, simbolo della Roma imperiale. Sopra le colonne si trovano due bei pannelli che riproducono nei dettagli processioni trionfali, riti sacrificali e lo stesso Settimio Severo che tiene per mano il figlio Caracalla. Sulla facciata interna delle colonne sono riportate scene di campagne militari, cerimonie religiose e immagine della famiglia dell'imperatore. La prematura morta di Settimio lasciò alla guida dell’impero i gli Caracalla e Gela. I loro ritratti inizialmente era volutamente indistinguibili l’uno dall’altro. I loro volti inaugurano una nuova moda; barba e capello molto corti, in distacco con la tradizione antoniniana; conferendo all’uomo un’area rigida, inflessibile. Una volta eliminato il fratello, Caracalla operò un cambiamento di immaginale; il ritratto più diffuso dell’epoca, lo mostra estremamente energico (211 d.C) è raffigurato con l'insolita torsione del capo verso sinistra e con un'accentuazione dei caratteri psicologici, la testa è composta con forte cura alla composizione del volume, con capelli folti e raggrumati in corti ricci e una barba dall'andamento mosso e confuso. L'intensa espressione è evidenziata da alcuni tratti fisionomici dell'imperatore, quali la fronte corrugata a "V", gli occhi infossati, le ciglia increspate, le labbra serrate dal taglio lungo. Caracalla oltre a lavori di restauro al Colosseo, spicca sull'Aventino (area vicina al Circo Massimo) la costruzione delle terme antoniane, allora il più grande complesso termale mai eretto a Roma, inaugurato nel 216; l'impianto è celebre per la varietà dei pavimenti marmorei, musivi e per la decorazione statuaria (gigantesche sculture Farense, il Toro, la Flora e l’Ercole; busti degli Antonini, statue di Minerva, Venere e altre opere minori). Le potentissime donne della dinastia riuscirono a fare pressioni sulle legioni stanziate in Siria e leggendo il trono un giovanissimo cugino di Caracalla; conosciuto con il nome di Elagabalo, il dio siriano venerato. Durante il viaggio verso Roma dalla Siria, volendo abituare il Senato e il popolo ancora prima del suo arrivo, il principe fece dipingere una sua immagine molto grande insieme al simbolo aniconico del dio; il quadro fu esposto in mezzo alla curia in alto. Al culto del dio Elagabalo, fu riservato un complesso unito all’area dei palazzi imperiali; il complesso di Vigna Barberini: all'interno di un porticato accessibile per mezzo di un ingresso monumentale, vi era un tempio periptero di enormi dimensioni, in cui erano custoditi il simulacro della Grande Madre, il fuoco di Vesta, il Palladio e tutti gli oggetti di culto dei romani. Dopo pochi anni però il tempio fu ridedicato da Severo Alessandro a Giove vendicatore. Il breve regno del giovane Severo Alessandro si distinse per opere di pubblica utilità; il rifacimento del complesso delle Terme neroniane in campo Marzio, e la costruzione dell'ultimo grande acquedotto romano, in parte sotterraneo che giungeva fino in campo Marzio. In città le officine continuavano a fabbricare opere di alto livello come il ritratto di Elagabalo: il volto intenso, i capelli compatti, le basette sono lavorate in progressivi passaggi di piani fino a incidere delicatamente il profilo. Il busto di Sereno Alessandro presenta l’uso della toga contabulata (con elemento orizzontale che attraversa tutto il busto fino alla spalla opposta), pettinatura a ciocche e una barba cortissima. Anche la produzione di sarcofagi proseguiva Sarcofago Mattei I: conservato a palazzo Mattei di Giove a Roma e risalente al 220-230 d.C. circa. Si diffuse l'uso di sarcofagi con scene di caccia al leone, tra i quali il Mattei I è uno dei più antichi della serie, grazie alla predilezione di Caracalla verso Alessandro Magno e le sue cacce. In marmo bianco, il personaggio è raffigurato nell'atto di scagliare una lancia verso il leone a destra, mentre un altro leone morto è più in basso. Il leone si sta lanciando minaccioso su un cacciatore caduto. Dietro la personificazione di Roma-Virtus si trovano poi due divinità nude, forse i Dioscuri. Davanti al cavaliere si trovano infine un cavaliere con tunica e un'altra figura nuda a piedi. Anarchia militare Severo Alessandro fu assassinato nel 235 ; il cinquantennio che ne seguì fu chiamato anarchia militare. Fu proprio l' esercito a decidere l'ascesa al trono; malgrado la provata esperienza militare di tanti imperatori-soldati, gli anni che vanno dal 244-268 d.C, l'esercito romano subì pesanti sconfitte con Goti e Persiani. Solo con Claudio il Gotico (268) iniziarono le prime vittorie. Vi fu una grande frattura con i rapporti con il Senato. Ritratto Massimino il Trace (235): il primo imperatore non di rango senatorio, ma semplice cavaliere, regnò solo 3 anni; in marmo è caratterizzato dalla salda plasticità che si era diffusa nel decennio precedente (ritratto di Caracalla, ritratto di Severo Alessandro), Viso tozzo, mascella quadrata e il mento prominente. La capigliatura corta incornicia il viso, con piccole incisioni tipiche della ritrattistica di quegli anni, e profonde rughe espressive; l’espressione sembra contratta e poco serena (uomo al potere in tempi di grande instabilità) Abissale ormai la distanza dalle immagini degli imperatori precedenti. Ritratto di Traiano Decio (249): imperatore per soli 2 anni; segnato da profonde rughe e caratterizzato dal volto allungato, gli occhi grandi, le labbra grosse, la capigliatura e la barba corte e aderenti al cranio. L'espressione è malinconica (evidenzia un dolore morale). Il rilievo che adorna il fronte del sarcofago di Plotino è un interessante esempio del tema della dissertazione filosofica sui sarcofagi, che si diffuse nella classe senatoria romana al posto dei sarcofagi con scene di battaglia quando Gallieno privò i senatori dei comandi militari. Sarcofago di Plotino (260): (musei vaticani) Plotino era un filosofo greco; in marmo; La fronte mostra il defunto su un trono impegnato in attività intellettuale e nell'atto di srotolare un rotolo di papiro; due figure femminili ai suoi lati si atteggiano a Muse; ai lati si vedono due filosofi barbuti che guardano simmetricamente verso l'esterno; il lato posteriore mostra una caccia al leone (tema molto in voga, di ascendenza orientale) a basissimo rilievo e di qualità più scarsa. il sarcofago proseguiva in larghezza probabilmente con altre figure, che non ci sono pervenute. Lo sfondo è costituito da un tendaggio. Sarcofago di Acilia (235): frammentario in marmo, scoperto nel quartiere di Roma di Acilia; Il lato anteriore e i fianchi del sarcofago di Acilia erano occupati da figure al altorilievo; coppia di coniugi (cui era dedicato il sarcofago); 9 figure maschili con toga barbate, e 6 figure femminili. L’unico ritratto bene conservato è quello dell’imperatore Giordiano III (eseguito per il padre di Gordiano III, un senatore). Sarcofago di Balbino (238 forse): durante il suo regno, Balbino fece costruire questo sarcofago di marmo per sé e per la moglie; sul coperchio sono raffigurati Balbino e la moglie distesi, l'imperatore raffigurato in un ritratto espressivo; su uno dei lati del sarcofago l'imperatore è raffigurato in abiti militari. Sarcofago dell’Annona (280): è decorata da otto figure a rilievo sullo sfondo di un tendaggio, con al centro due coniugi che celebrano la stretta di mano tipica del matrimonio al di sopra di un piccolo altare. Alle loro spalle si trova, esattamente al centro, la figura allegorica di Giunone Pronuba, mentre la figura maschile dietro lo sposo sembrerebbe un tipo del Genius Senatus; all'estrema sinistra si trova la personificazione di Porto (con un faro nella mano destra e la prora di una nave e onde ai piedi); a destra si trovano la Fortuna Annonaria; e la personificazione dell'Africa, con spighe di grano in mano e spoglie di elefanti in testa (era la provincia frumentaria per eccellenza). Augusti, che doveva garantire la successione nell'Impero dopo i tumultuosi scontri alla morte degli imperatori durante l'ultimo secolo. Le quattro figure di imperatore hanno lo stesso abito, in un atteggiamento rigido e impassibile che ricorda le divinità orientali; le corazze erano anticamente abbellite da foglie d'oro; gli imperatori impugnano saldamente una spada riccamente adorna, la cui elsa è a forma di testa d'aquila, secondo un modello probabilmente di origine sasanide. Nelle due coppie l'imperatore che poggia la mano destra sulla spalla sinistra dell'altro è barbato, a voler probabilmente segnalare l'età più anziana dell'Augusto rispetto ai Cesari. Le teste sono simili, con gli occhi che ospitavano paste vitree. L'opera viene attribuita a maestranze egiziane, anche per la loro specializzazione nel trattare la durissima pietra del porfido. Il gruppo è considerato, oltre che il simbolo della tetrarchia stessa, un capolavoro della scultura tardoantica. Diocleziano ordina a quattro scultori cristiani, poi martirizzati, di scolpire con il marmo capitelli di colonne, vasi decorati con rilievi e statue di Vittorie, Cupidi e del dio Esculapio. Fu costruito un nuovo impianto termale, il più fastoso del mondo romano: le Terme costruite sul modello delle Terme antoniane si estendevano tra Viminale e Quirinale. Il nuovo complesso inaugurato nel 305 rese necessario l'ampliamento dell'approvvigionamento idrico. Si provvide alla risistemazione dell'area centrale del foro romano, in gran parte interessato da un incendio; oltre che al restauro dei singoli edifici, si provvide alla risistemazione dell’intera piazza, il cui spazio centrale, fu delimitato sui 4 lati da nuove quinte, per fungere da palcoscenico. Base dei Decennali: in ricordo del decimo anniversario del potere dei Cesari per quanto riguarda la Tetrarchia (303 d.C.). rappresenta due Vittorie alate che sostengono uno scudo dove è presente un'iscrizione dedicata ai dieci anni di regno dei Cesari; a est è rappresentata una processione di senatori; a ovest sono presenti un toro, una pecora e un maiale da sacrificare, accompagnati da inservienti e da un personaggio con la toga; sul lato meridionale è rappresentato Cesare come protagonista dell'intera scena: situato al centro e davanti a un altare nell'atto di fare una libagione, mentre una Vittoria vola per incoronarlo ; inoltre nella scena sono presenti un sacerdote con un copricapo a punta, una figura nuda con un elmo (Marte), e un personaggio togato e con la barba che molto probabilmente rappresenta Augusto. Dietro a Cesare si trova un personaggio con toga (che dovrebbe impersonificare il Senato), insieme alla dea Roma seduta e la testa radiata del dio Sole. Arcus Novus (293): situato sulla via Lata (attuale via del Corso), probabilmente eretto in onore degli imperatori Diocleziano e Massimiano. Il nome «Arco Nuovo» deriva probabilmente dal voluto collegamento con il precedente arco di Claudio, che sorgeva poco distante sulla stessa via. L'arco era decorato di rilievi reimpiegati da un grande altare di epoca giulio-claudia (probabilmente l'ara Pietatis), mentre due piedistalli di colonne decorati con Vittorie, barbari prigionieri e i Dioscuri. L'arco venne distrutto nel 1491 per ordine di papa Innocenzo VIII per favorire l'ingrandimento della basilica di Santa Maria in Via Lata. Nel 303 Diocleziano emanò un editto che scateno l’ultima grande persecuzione contro i cristiani; sottoposti a tortura, privati dei diritti civili e messi a morte, mentre si procedette alla distruzione delle chiese e all’incendio delle Sacre Scritture. Palazzo di Diocleziano (293): in Croazia (Spalato); Il palazzo, una sorta di grande villa fortificata, si presentava come una struttura autonoma, cittadella dedicata alla figura sacra dell'imperatore. Strutturata con la pianta tipica degli accampamenti militari romani: due strade perpendicolari, che si intersecano e dalle quali si dipartono numerose vie trasversali perpendicolari a scacchiera, aveva una forma leggermente trapezoidale, con un lato affacciato sul mare e quattro poderose torri quadrate agli angoli e il numero di colonne sono 50. A ovest erano presenti due edifici rotondi, di uso sconosciuto, ed un tempio tetrastilo probabilmente dedicato a Giove; a est si ergeva l'edificio a base ottagonale del mausoleo imperiale (tomba di eccezionale monumentalità destinata all'imperatore), cinto da una serie di colonne (peristasi) e coperto a cupola, all'esterno protetta da un tetto piramidale. Dopo quasi un ventennio di guerre civili, solo nel 324 d.C, con la definita vittoria di Costantino su Licinio e la sua proclamazione a unico imperatore, si avviò un’altra epoca. Tardoantico (IV-VI d.C) Dopo Diocleziano, Massenzio (306-312) acclamato Augusto a Roma, ma dichiarato usurpatore, proseguì l’opera dei predecessori, volendo rivitalizzare la città. Al suo breve regno sono riferibili: ricostruzione del tempio di Venere e Roma con due celle ora absidate; l’edificazione della basilica Nova del tempio di Romolo (sulla Sacra Via); le terme nel palazzo imperiale e le terme sul Quirinale. Proprio a Massenzio si è collocato uno straordinario corredo di insegne imperiali (inizio IV secolo) che consiste in 3 scettri, 8 punte di lancia, 4 lance da cerimonia in materia preziosi. Costantino (306-337) dopo averlo sconfitto a Ponte Milvio nel 312 d.C, appose il proprio nome a opere incompiuto del predecessore, come la statua colossale all’interno della basilica Nova. Incessante fu l’attività edilizia a Roma, per la nuova religione cristiana, riconosciuta dall’editto di Milano (313) e con Teodosio I unica religione ufficiale. Edilizia cristiana -Basilica S.Giovani in Laterano: dedicata al Salvatore, costruita nel 324 da Costantino; 5 navate; innovazioni come la particolare enfasi posta all’abside di fondo, oltre al materie per i capitelli e colonne (in granito rosso nelle navate centrale e in verde antico nelle navate laterali); erano splendidi gli intarsi marmorei, soffitto dorato, arredi liturgici donati dall’imperatore (7 altari d’argento e un fastigio, parte terminale del coronamento di un organismo architettonico, in argento, con Cristo e i dodici apostoli) -Basilica di S.Pietro in Vaticano (333): sul luogo della sepoltura dell’apostolo; a 5 navate, un’aula trasversale destinata ad accogliere un monumento parallelepipedo sopra la tomba di Pietro; sono perduti i corredi decorativi originari (come il baldacchino a 4 colonne). -S Maria Maggiore su Cispio: prima chiesa dedicata alla Madonna; capitelli ionici e i colonnati sostengono una finta trabeazione, mentre la ricca decorazione interna costituita da mosaici che coprono l’abside, arco absidale, e riquadri sotto le finestre della navata centrale. -Basilica di S Paolo: restauro; ricca decorazione pittorica sulle pareti con due file di scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, mosaico con motivi tratti dall’Apocalisse sull’arco trionfale. -S.Stefano Rotondo: chiesa con pianta circolare ade ambulatorio; basilica tre cerchi concentrici, con una parete esterna, con un anello di 28 colonne su cui poggiano archi e con un secondo cerchio più interno diventi due colonne a sorreggere architravi; molto ricco era il rivestimento in marmo policromo su pareti e pavimenti. Dopo la caduta dell'impero d'occidente, più modeste chiese si installarono anche tramite la semplice aggiunta di arredi liturgici e decorazioni come: guerra di riconquista dell'Italia condotta da Giustiniano (imperatore bizantino 527-565). Arco di Costantino (315 d.C): dedicato a Roma dal senato, presso il Colosseo, in memoria della vittoria conseguita su Massenzio nel 312. Arco a tre fornici, di cui il centrale più ampio e con colonne libere sulla fronte; in marmo e materiali di reimpiego (materiali di spogli di monumenti di imperatori “buoni” del II secolo come Traiano, Andriano, Marco Aurelio); iscrizione di dedica che nomina il nemico Massenzio definito “tiranno” e elogia Costantino come forza divina immanente) enfatizzando il legame con Sole. Decorazione: otto statue traiane di Daci (sulla sommità delle colonne); Grande fregio: otto tondi con scene di caccia, otto rilievi aureliani, le teste degli imperatori; tondi con il Sole e la Luna sul carro; divinità fluviali; Vittorie con trofei; busti loricati di imperatori e divinità; e poi un susseguirsi di eventi: l'imperatore parte da Milano, ha sede a Verona e affronta Massenzio a Ponte Milvio; a est fa il suo ingresso a Roma su un carro privo di ogni caratteristica trionfale; sulla facciata tiene il discorso al popolo nel foro romano e in toga scura distribuzione di denaro al popolo. La composizione privilegia l'immediatezza espressiva e comunicativa; abbandono della concezione naturalistica a profitto di una simbolica; volti espressivi; rigidità frontale e assunzione di proporzioni gerarchiche belle figure a seconda dell’importanza. Lo spoglio di edifici più antichi a fini pratici, era una prassi regolata amministrativamente, dalla seconda metà del secolo III, frutto di una volontà di risparmio sui costi. Arco di Marco Aurelio: l’esistenza di un arco dedicato all'imperatore Marco Aurelio è ipotizzata sulla base di un ciclo di dodici rilievi (otto reimpiegati sull'arco di Costantino, tre conservati nel Palazzo dei Conservatori dei Musei Capitolini; 12 pannelli, che raccontano le imprese militari di Marco Aurelio durante le guerre marcomanniche e la presenza fissa, alle spalle dell'imperatore, di un personaggio indicato come il genero e, per un certo periodo, successore in pectore di Marco Aurelio, Tiberio Claudio Pompeiano, fa propendere per un'origine comune dei rilievi. Un monumento celebrativo della vittoria di Costantino su Massenzio è anche l'arco di Malborghetto sulla via Flaminia; riempiegava anch’esso materiale di spoglio e ha figure di divinità femminili (arcus divi Constantini). Ingente produzione di sarcofagi urbani in età costantiniana, dovuta all’ampliarsi della comunità cristiana e allo sviluppo delle relative aree cimiteriali. Si diffuse una tipologia di casse decorate a fregio continuo: Sarcofago Marco Claudiano (330-339 d.C): per uno degli uomini più distinti; in marmo bianco; L'opera è caratterizzata da una sapiente ed armonica composizione che non lascia spazi vuoti. Il rilievo delle figure crea un effetto di chiaroscuro, con variazioni di effetti, nei panneggi segnati da profondi solchi di trapano (affinità con il fregio costantiniano dell’arco); rappresentati i miracoli di Cristo ed episodi dalla vita di Pietro. La tipologia di questa opera scultorea, detta di Cristo e di Pietro, è tipica del periodo in cui la Chiesa, dopo l'istituzione della festività della Cattedra di San Pietro, rivendicava per sé il privilegio del battesimo e della promessa di vita eterna, grazie alla Resurrezione della carne, simboleggiata dal miracolo della Resurrezione di Lazzaro. L’impiego di sarcofagi in porfido nelle sepolture imperiali è testimoniato dalle fonti letterario e da pochi esemplari: sarcofago di Elena, dal mausoleo di Torpignattara (coperchio a 4 spioventi, con figure a tutto tondo di vittorie alate con ghirlande e eroti, mentre due leoni sdraiati occupano gli spioventi; sulla cassa, cavalieri romani caricano barbari in fuga); sarcofago di Costantina (con eroti vendemmianti); due frammenti rinvenuti a Istambul e Alessandria sembrano accreditare l’origine orientale dei manufatti. La statua colossale di Costantino (313): in marmo; fu rinvenuta nell'abside occidentale della basilica di Massenzio; la mancanza del corpo ha fatto supporre che fosse un acrolito. Della statua restano una mano e il braccio destro, i due piedi, il ginocchio e il femore destro, il polpaccio sinistro e la testa. Si presume che fosse rappresentato seduto. La testa, che originariamente era ornata da una corona metallica, è grandiosa e solenne. Presenta i caratteri dell'arte romana di quell'epoca, la plastica del volto è più squadrata, con capelli e sopracciglia resi con incisioni nel marmo molto raffinate ma del tutto innaturali; gli occhi sono grandi, quasi smisurati, mentre guarda verso l'alto; lo sguardo fisso dell'Imperatore sembra scrutare l'ambiente circostante e dà al ritratto un'apparenza di austerità ultraterrena; i capelli sono trattati come un'unica massa rigonfia; il naso è aquilino, le labbra lunghe e sottili e il mento prominente. La statua mostra un volto idealizzato. Un ritratto identificato con Arcadio (imperatore della dinastia di Teodosio 395-408), con un ricco diadema gemmato, esprime un distacco dall’immagine imperiale dell’epoca. La capitale della nuova provincia di Caria, ha restituito dalla metà del IV secolo, diverse statue di governatori e aristocratici, con folte chiome. Anche a Roma: come i due togati dall’area del tempio di Minerva Medica: Due magistrati togati: rappresentati nell'atto di dar inizio alle gare, nei quali un'ipotesi molto suggestiva riconosce Quinto Aurelio Simmaco e suo figlio Memmio; indossano una tunica con maniche e una toga drappeggiata. Eutropio (425-450 d.C): in marmo; è un ritratto romano proveniente da Efeso; era un console; volto lunghissimo, guance scavate, occhi fissi, con la capigliatura rigonfia e striata. La figura sembra smaterializzata per evidenziare i tratti più spirituali e anti-corporei. Splendore di domus e ville Nel Tardoantico il dispiego di ricchezza riguardò le dimore dell’élite ma anche le ville che si distinguono per un’ampia varietà tipologica per funzioni e livelli di benessere. Alcune ville si distinguono anche per dimensioni (Cercadilla in Spagna con un’aula basilicale centrale). La villa più nota è: Il casale di Piazza Armerina (Sicilia, Enna): risalente alla fine del IV sec. d.C. e appartenuta a una potente famiglia romana. Tra i resti della villa si individuano quattro nuclei separati; ingresso monumentale a tre arcate con cortile a ferro di cavallo; corpo centrale della villa, organizzato intorno ad una corte a peristilio quadrangolare, dotata di giardino con vasca mistilinea al centro; grande spazio, preceduta da un peristilio ovoidale circondato a sua volta da un altro gruppo di vani; complesso termale. La grande funzionalità era legata a un'esasperata ricerca degli effetti prospettici e delle planimetrie con linee curve (soprattutto nelle terme). Presenta con abbondanza, grandi mosaici geometrici/figurati; Lo stile di vita del proprietario della casa viene celebrato da questa serie di mosaici pavimentali e parietali: a stanza della “Piccola Caccia”, il corridoio della “Grande Caccia” e la stanza delle “Palestrite”; gli appartamenti padronali settentrionali con il mosaico di Ulisse e Polifemo e la stanza con Amore e Psiche e gli appartamenti padronali meridionali con il mosaico che raffigura il Mito di Arione e la stanza di Eros e Pan; il Triclinio e il portico; la Basilica (La funzione pubblica dell'aula, dove probabilmente il proprietario concedeva udienza e riceveva i visitatori, è resa inoltre evidente dalla originaria pavimentazione in prezioso opus sectile in lastre di marmi colorati e porfido). Molti diffusi specie in Italia, i rivestimenti marmorei in opus sectile, pavimentali e pareti. Esempio: Il dittico dei Simmachi e dei Nicomachi (388-401): è un dittico d’avorio scolpito; realizzato per celebrare un matrimonio tra membri di queste due influenti famiglie senatoriali pagane romane; ciascuna delle due valve ha caratteristiche esterne comuni, con un bordo decorato da un fregio di palmette e fiori di loto e il nome familiare, in alto. Il soggetto principale di entrambe è una figura femminile intenta a atti di culto. La valva dei Simmachi: meglio conservata, mostra una fanciulla nell'atto di mettere grani di incenso su un altare a base rettangolare decorato da ghirlande scolpite; dietro di essa si trovano una piccola inserviente che regge una brocca. La valva dei Nicomachi: è quella nelle peggiori condizioni di conservazione, essendo stata gravemente danneggiata in un incendio; è raffigurata una figura femminile con la testa china, il seno destro scoperto e con in ciascuna mano una fiaccola abbassata, a sinistra di un'ara rotonda; sullo sfondo si vede un albero dai rami nodosi dove sono appesi due cembali. Dittico sei Simmachi (scena di apoteosi IV-V): raffigura l’apoteosi di un imperatore; nella scena al centro, una pira, su cui si alzano in volo due aquile, coronata da una quadriglia guidata da una figura nuda; in alto lo stesso individuo, sorretto da due geni alati, atteso da cinque personaggi (filosofi forse), ascende al cielo, con dietro il Sole; in basso la processione che precedeva i giochi ufficiali tenuti dai circhi, il personaggio è rappresentato come una grande statua, sul un carro, tirato da quattro elefanti. Valva del dittico della famiglia dei Lampadi (V): in avorio; nel registro superiore è posto un personaggio di spicco, verosimilmente il senatore Lampadio, che regge in una mano lo scettro, e nell'altra la mappa con la quale dare inizio alle gare. Ai suoi lati, raffigurati in dimensioni decisamente inferiori, sono due altri funzionari, forse i due figli del senatore. I tre personaggi si trovano all'interno di una tribuna decorata con pannelli a motivi geometrici. Nel registro inferiore della valva è stilizzata una corsa di cavalli in un circo, con quattro quadrighe che corrono attorno alla "spina", al centro della quale si eleva un obelisco ricoperto da interessanti semplificazioni di geroglifici egizi, cosa che potrebbe ricondurre al Circo Massimo e ai suoi obelischi. Alle due estremità della spina sono inoltre riportati quelli che sembrano essere due gruppi statuari. Vista a volo d’uccello. Un cenno meritano i tessuti decorativi e le tappezzerie nelle necropoli egiziane. Le stoffe, principalmente di lana mista quasi sempre a seta; uso di tinture animali e vegetali permetteva di ottenere un’ampia gamma di colori; corredate da iscrizioni e frequenti scene di caccia e temi mitologici. I frammenti di tessuti superstiti appartengono ad abiti, coperte, tappe, tende. Una delle stoffe più celebri proviene dalla necropoli di Antinoe: scialle attorno al corpo della defunta Sabina, in tela rossa adorna da medaglioni, decorata con figure e scene mitologiche. L’uso dei ritratti di mummia o delle maschere funeraria, con l’editto del 391 d.C, fu proibito da Teodosio I, quanto espressione della superstizione pagana. Capitali tardoantiche Dopo la vittoria su Licinio ad Adrianopoli nel 324, Costantino inaugurò nel 330 d.C la nuova città dinastica, Costantinopoli. Costruita secondo lo schema e il modello dell’Urbe, “la nuova Roma” articolata in 14 regioni; alla morte di Costantino il cantiere era ancora incompiuto. Il complesso era costituito da nuclei comunicanti, disposti attorno a corti porticate concepite come elementi di collegamento tra i diversi settori, destinati a funzioni sia pubbliche che private; inoltre vi era il palazzo imperiale e l’ippodromo. Le fonti parlano di un million costantiniano nelle forme di un tetrapilo (monumento a pianta quadrata con passaggio incrociato a quattro porte, in forma di arco quadrifronte, posto in genere al punto d'incrocio di due vie che si intersecano ad angolo retto) riccamente decorato di statue e rilievi. Del foro circolare di Costantino non resta oggi che la monumentale colonna di porfido sostenente la statua colossale dell’imperatore. Il porfido (rocce eruttive derivate da magmi in genere acidi a struttura porfirica, famoso per la loro durezza), fu utilizzato fino alla metà del V secolo; a Costantino è stato attribuito il sarcofago, oggi nell’atrio di S.Irene, l’ultimo imperatore inumato in un monumentale sarcofago; benchè la pratica paia essere stata rinnovata sotto Teodorico. Dopo che nel 286 d.C la residenza imperiale di Massimiano Erculio fu stabilita a Milano, la città fu oggetto di trasformazioni e di un rinnovamento urbanistico, tanto da divenire luogo di residenza effettiva per molti imperatori. Personaggio di particolare spicco fu Ambrogio (vescovo della città), a lui si deve la costruzione e la cattedrale e del battistero di S.Giovanni in Fonte. Treviri fu scelta nel 287 d.C come capitale della parte occidentale dell’impero in occasione della riforma tetrarchica di Diocleziano nel 287. Tra gli edifici più noti, l’aula palatina, costruita da Costantino nel 310, con funzioni di basilica giudiziaria; una vasta sala rettangolare con abside un tempo ornata di statue e munita di pareti decorate con marmi. La città era ricca di edifici con pitture e mosaici. Galerio, Cesare d’oriente dal 293, aveva stabilito la propria residenza a Tessalonica; la cinta muraria fu allargata così da permettere l’installazione di un ampio complesso, comprendente il palazzo vero e proprio, un ippodromo, un arco e un grande edificio a pianta circolare. L’arco fungeva da ingresso al sistema palaziale, mentre a nord si accedeva a una via colonnata recante a un’ampia corte ottagonale, con una Rotonda la centro; la Rotonda fu decorata da splenditi mosaici nelle pareti e nella cupola.
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