Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

ARTE: TINTORETTO, CARAVAGGIO, BERNINI, BORROMINI, VERONESE, PALLADIO, Appunti di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

Appunti di arte riguardanti i principali autori del sedicesimo secolo

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 12/05/2021

eugenio.salvalaggio
eugenio.salvalaggio 🇮🇹

4.9

(7)

15 documenti

1 / 8

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica ARTE: TINTORETTO, CARAVAGGIO, BERNINI, BORROMINI, VERONESE, PALLADIO e più Appunti in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! JACOPO TINTORETTO. Figlio di un modesto tintore nasce a Venezia nel 1518 e fin dalla giovane età la sua maturazione artistica viene influenzata dal contatto che ha con Tiziano e dalla scuola di disegno fiorentino-romana, avvenuta nella città natale. Può essere considerato un predecessore della sensibilità barocca in quanto utilizza il colore soprattutto per accendere il disegno di luce e creare degli effetti molto particolari. Lavorò per le confraternite di San Marco e San Rocco e divenne il pittore più richiesto per i cosiddetti “ritratti di naturale”.Muore nel 1594 dopo due settimane di febbre. MIRACOLO DELLO SCHIAVO, Il dipinto con il quale Tintoretto si impone per la prima volta all’attenzione dei contemporanei è il miracolo dello schiavo, conservato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Si tratta di un grande olio su tela realizzato tra il 1547 e il 1548 per la sala del Capitolo della Scuola Grande di San Marco. Il dipinto si rifà al miracolo di San Marco che secondo la tradizione interviene rendendo invulnerabile uno schiavo, il cui padrone lo aveva condannato alla morte. La scena, ricca di luci e di movimento si svolge come un allestimento teatrale, sotto una sorta di pergola bordata di edera, tra un edificio colonnato e delle rovine, con sullo sfondo una piazza sulla quale dietro vi è un recinto con un rigoglioso giardino. La linea d’orizzonte è abbastanza alta, metà fra terra e cielo, come se un osservatore guardasse la scena da una posizione privilegiata. Tre sono i punti di interesse principali: a terra vi è lo schiavo rappresentato di traverso fra i tre torturatori (vestiti uno di blu, uno di arancio e uno di verde) e gli strumenti del martirio spezzati (accetta, mazzetta) In cielo appare San Marco in posizione ancora arretrata visibile solo a chi osserva il dipinto, a destra, al vertice di un’immaginaria piramide vi è un giudice, colto in un atteggiamento di stupore mentre la folla che assiste alla scena è percorsa da un moto violento. I personaggi a sinistra si sporgono verso destra, per osservare meglio, mentre quelli di destra si ritraggono. Il colore nei primi piani e violento e pastoso per conferire volume ai corpi mentre sullo sfondo diventa più tenue e incerto. La vera protagonista è la luce, che si intervalla diventando cupa, vivace o, addirittura innaturale. ULTIMA CENA La stanza nella quale si svolge la scena sembra essere l’interno di un osteria. A parte il pavimento decorato finemente il resto dell’arredo non ricorda le sontuosità di un palazzo nobiliare. Lungo un lato della lunga tavola sono distribuiti Cristo e gli apostoli mentre intorno a loro si affrettano a servire i domestici e sul soffitto vi sono delle figure di angeli. Il modellato dei personaggi è realizzato con zone di colore uniforme molto contrastanti tra luce ed ombra. Infatti le luci non descrivono i volumi ma ritagliano le forme dal fondo scuro. L’illuminazione della sala nella quale si svolge la cena è molto contrastata. L’atmosfera che emerge è drammatica e mistica grazie alle figure lumeggiate in chiaro che volteggiano contro il soffitto a cassettoni. Infatti le forme sono modellate con un deciso chiaroscuro. Solo alcune parti dei personaggi sono illuminate in modo diretto dalla lampada che brucia in alto. Dal soffitto poi si diffonde una luce mistica a partire dagli angeli. A queste due illuminazioni si aggiungono anche le aureole intorno al capo di Cristo e a quelli degli apostoli. I colori sono tendenzialmente freddi. La prospettiva è data soprattutto dalla decorazione del pavimento, dalla fuga prospettica del lungo tavolo, dai cassettoni del soffitto e tutte le figure sono dimensionate in accordo con lo sviluppo dello spazio interno Nell’inquadratura il tavolo è posizionato a sinistra del dipinto e obliquo rispetto al piano della composizione. Il punto di vista inoltre pone l’osservatore più in alto rispetto alla scena. Infine la composizione è fortemente asimmetrica. Un certo equilibrio nella masse delle figure si ottiene dalla raffigurazione delle grandi immagini degli inservienti a destra. Questi personaggi in piedi e impegnati nel servizio riescono a restituire una giusta densità formale nella metà di destra. Giuda è raffigurato senza aureola davanti a Gesù, mentre sono presenti anche un cane disteso e un gatto che guarda dentro una cesta in cerca di cibo. BAROCCO, Il seicento, il secolo della controriforma, è un secolo dove l’arte assume un ruolo importante e l’artista ha lo scopo di stupire e suscitare emozioni nell’osservatore. Viene gradualmente abbandonata l’armonia dell’arte classica e viene prediletto uno stile in cui gli elementi decorativi diventano i veri e propri protagonisti dell’opera più dell’opera stessa. Ad esempio, per quanto riguarda l’architettura, la facciata perde la sua funzione architettonica e ne acquisisce una più celebrativa. CARAVAGGIO. (1571-1610) Michelangelo Merisi nasce e si forma a Milano intorno alla fine del 1600; fin dalla giovane età è influenzato dai pittori veneti, ai quale deve in parte la sua sensibilità per le luci e le ombre. Fu conosciuto soprattutto per la bravura nel dipingere “nature morte”, vale a dire composizioni con soggetti inanimati. Allo stesso tempo, oltre ad essere un artista esemplare, fu un uomo violento e irrequieto, dal carattere fiero e ribelle, coinvolto spesso in loschi affari e risse in seguito a una delle quali fu costretto a fuggire da Roma e a rifugiarsi a Napoli. All’interno delle sue opere nessuna scena viene idealizzata ma, anzi, viene rappresentata con una grande attenzione per il realismo. TESTA DI MEDUSA. Su commissione del Cardinal Del Monte Caravaggio dipinge la Testa di Medusa, un olio su tela posto su uno scudo di legno. In questa tela viene rappresentato con realismo la testa mozzata e sanguinante di Medusa, che al posto dei capelli ha un acconciatura formata unicamente da dei serpenti. L’espressione viene colta nel momento subito antecedente all’istante in cui viene colpita a morte infatti si nota molto chiaramente un’espressione di sgomento e allo stesso tempo di paura, con la bocca spalancata nell’ultimo grido di rabbia e di stupore e gli occhi che roteano come se stessero ancora vivendo. Il ritratto è crudo e impietoso e rappresenta il tema mitologico della morte di Medusa per mano di Perseo. CANESTRA DI FRUTTA. Come per la testa di medusa, anche la Canestra di frutta viene commissionata dal Cardinal del monte a Caravaggio. Si tratta di un olio su tela di piccole dimensioni in cui viene rappresentata una semplice canestra di frutta attraverso la quale Caravaggio riesce a mettere in luce tutti i dettagli in modo minuzioso e a rappresentare meticolosamente la realtà. Sebbene possa sembrare semplice da pensare, la composizione in realtà è studiatissima in quanto si tratta di una visione perfettamente frontale e occupa un ideale semicerchio che esalta la profondità dell’opera, che viene data soprattutto dalla leggera sporgenza della base della canestra, la quale sembra avvicinarsi all’osservatore. Lo sfondo passa quasi in secondo piano e la sua luce calda permette di risaltare i toni freddi delle foglie e dei frutti. Ogni elemento è rappresentato nella sua oggettività, privo di correzioni, infatti alcune foglie appaiono accartocciate o addirittura forate; emblematica sotto questo punto di vista è anche la mela al centro appare intaccata, e alcuni acini d’uva risultano schiacciati o mancanti. L’opera è quindi per Caravaggio una metafora della vita, caratterizzata dall’imperfezione e da l'incombere della morte. VOCAZIONE DI SAN MATTEO e CAPPELLA CONTARELLI Successivamente all’interdizione del cardinal del monte, viene commissionata a Caravaggio la decorazione della Cappella Contarelli all’interno della Chiesa romana di San Luigi dei francesi, dove realizza tre tele tra cui la VOCAZIONE DI SAN MATTEO. (olio su tela-1600) Il dipinto rappresenta il momento evangelico in cui Gesù sceglie Matteo come suo Apostolo. La scena è ambientata in locale oscuro e spoglio. A destra vi sono Cristo che tende il braccio verso il futuro Apostolo e San Pietro quasi di spalle. Matteo, seduto al tavolo con altre 4 persone, reagisce con un gesto molto naturale accennando interrogativamente a se stesso. Il vecchio in piedi con gli occhiali e l'altro giovane non si accorgono della venuta di Cristo perché impegnati a contare dei denari. La simbologia è chiara: la chiamata di Dio è rivolta a tutti gli uomini, ma ciascuno è libero di aderirvi o respingerla secondo la propria coscienza. La luce proviene da una porta che da sull’esterno dalla quale è verosimilmente entrato Cristo: si tratta di una fonte giallastra che contrasta la penombra, evidenziando la povertà e lo squallore del locale. Essa ha però anche una funzione simbolica, in quanto si irradia dalle spalle di Gesù che con il braccio teso sembra indirizzarla sugli altri personaggi. La rappresentazione non presenta chiari riferimenti sacri, sono appena percepibili, per questo spesso i suoi lavori vennero definiti “troppo laici” ALBRECHT DURER Fu il più grande degli artisti rinascimentali tedeschi. Soggiornò a Venezia e a Bologna dove potè approfondire lo studio della prospettiva. Qui entra in contatto con la cultura artistica rinascimentale italiana e alcuni grandi artisti come ad esempio Andrea Mantegna. Qui la sua arte prese uno stile più morbido e le sue forme si addolcirono. Negli ultimi anni di vita scrisse un trattato sulla prospettiva e sulle proporzioni del corpo umano. Morì nella sua città natale. IL CAVALIERE, LA MORTE E IL DIAVOLO Il forte significato simbolico dell’opera non è ancora stato completamente chiarito.è rappresentato un cavaliere a cavallo di un Imponente destriero che riempie lo spazio verticale. Ritratto di profilo, indossa una complessa armatura i cui particolari sono messi in risalto. Alla destra del Cavaliere sopraggiunge la morte, che cavalca un cavallo malato, E dal passo incerto con un campanello al collo la morte regge in mano la clessidra del tempo e a un volto barbuto e scarnificato privo di naso, indossa una corona, intorno alla quale si attorcigliano alcuni serpenti. Dietro il cavaliere segue il diavolo anche su un essere mostruoso con il muso di porco, zampe di caprone e un corno uncinato sulla testa. il cavallo appare come un vero e proprio monumento rinascimentale. L’incisione a bulino su lastra di rame ha consentito la realizzazione di tratteggi molto più netti e sottili di quelli fino ad allora realizzati.ciò ha reso possibile una ricca serie di chiaroscuri. L’effetto complessivo è una forte espressività e di grande equilibrio, in cui l’artista vuole mitigare l’ispirazione Fantastica i temi allegorici legati alla tradizione gotica con la ripresa di elementi di ispirazione classica. HIERONYMUS BOSCH Nacque nei Paesi Bassi intorno alla metà del 1400. Le notizie riguardanti la sua biografia sono scarse, E ciò che si sa è dovuto all’analisi delle sue opere. Incerte sono anche le tappe del suo ipotetico viaggio in Italia, ciò che sappiamo è che morì nel suo paese natale intorno ai primi del 1500. IL GIARDINO DELLE DELIZIE L’opera oggi conservata al museo del Prado di Madrid ed è l’opera più emblematica della produzione di Bosch.venne realizzata intorno al 1500 per Enrico III governatore d’Olanda. Si tratta di una struttura in legno di quercia richiudibile, composta da un pannello centrale quadrato e da due scomparti laterali. A scomparti chiusi il trittico assume una forma quadrata che compone l’immagine monocromatica della creazione del mondo, rappresentata simbolicamente come un enorme sfera trasparente piena dell’acqua degli oceani. Nello scomparto aperto di sinistra sono rappresentati Dio padre che in sembianze umane presenta Eva ad Adamo. sullo sfondo è presente un paradiso terrestre con piante animali e costruzioni con forme e colori improbabili e fantastici. Il pannello centrale che rappresenta il giardino delle delizie è una sorta di fantasiosa allegoria dell’umanità. Sono rappresentate figure nude maschili e femminili, nelle posizioni e nei contesti più impensabili. Sono inoltre rappresentati pesci e uccelli giganteschi oltre ad esseri inquietanti generati dalla combinazione di parti umane e parti animali. Lo scomparto di destra rappresenta una visione infernale dove esseri mostruosi si accaniscono contro uomini e donne nudi sparpagliati in un paesaggio di tenebre popolato da oggetti di proporzioni inusuali come ad esempio l’inquietante uomo-albero. Lo scopo di Bosch e quello di illustrare in maniera drammatica e impressionante il destino dei dannati in modo da riavvicinare i peccatori alla fede. PIETER BRUEGEL IL VECCHIO Viene considerato il maggior pittore fiammingo del 500 e anche che di esso non abbiamo molte notizie. Nacque forse a Breda e morì a Bruxelles dopo la metà del 1500. Anche lui viaggiò in Italia come molti artisti dell’epoca. La sua pittura si concentrava sulla natura che rappresentava in visioni fantastiche mescolando particolari realistici con ricordi dei suoi viaggi. LA GRANDE TORRE DI BABELE L’opera è oggi conservata Museum di Vienna, E rappresenta allegoricamente la società del suo tempo. Nell’opera è rappresentato l’enorme cantiere colmo di operai che allude alla multiculturalità della città mercantile di Anversa. La collocazione in riva al mare e simbolo di vitalità economica e commerciale. La torre è realizzata con un succedersi di strati grado nati sovrapposti, a forma di spirale, come avveniva nelle antiche Ziggurat. La struttura è puro frutto della fantasia dell’autore e si regge mediante una successione di arcate in muratura alternate con il nucleo centrale che richiama il Colosseo. In primo piano sulla sinistra si trova il re Nimrod che voleva erigere una torre capace di giungere fino al cielo, e questo desiderio del re rappresenta la superbia. Il dipinto è ricco di raffinati particolari come le grandi macchine per sollevare i materiali da costruzione e le impalcature, dai vari utensili dei lavoratori fino alle case della lontana città. Il senso che se ne ricava è solenne ma inquietante di una grandiosità in conclusa sulla quale incombe la terribile maledizione divina intuibile dalle nuvole che si stanno addensando nel cielo. ARTE E CONTRORIFORMA, ci troviamo in un periodo di transizione religiosa, con il Concilio di Trento la vita dei fedeli e dei vescovi subisce notevoli cambiamenti e si sviluppa una nuova concezione di fede e dei nuovi comportamenti da seguire per poter guadagnare la salvezza dopo la morte. Come per la religione, gli stessi artisti si trovano di fronte ad un cambiamento epocale, si sviluppa una nuova sensibilità per quanto riguarda la rappresentazione del corpo umano, che ora viene visto come qualcosa di profano. CHIESA DEL GESÙ, E’ uno degli edifici più emblematici del periodo della controriforma, venne edificata a Roma tra il 1568 e il 1571 per mano di Jacopo Barozzi detto il Vignola, la sua città natale e fu commissionata dall’ordine dei Gesuiti. Essa si compone di una grande aula coperta con una volta a botte che si conclude con un'abside a pianta semicircolare. E’ presente un’unica vasta navata affiancata ai lati da alcuni cappelle che però non sono presenti sopra il presbiterio, coperto da una cupola. Successivamente il progetto venne rivisto, infatti dove il Vignola aveva armonizzato la facciata attraverso un ordine di colonne e paraste, Giacomo della Porta decide di appiattire la facciata e di interrompere l’armonia tra la parte superiore e quella inferiore. VERONESE, Nasce a Verona nel 1528, figlio di un modesto scalpellino, il soprannome gli viene attribuito quando intorno al 1553 decide di trasferirsi stabilmente a Venezia, città che diventerà la sua nuova patria. Da giovane entra in contatto con il classicismo di Mantegna, il manierismo di Giulio Romano e le invenzioni pre-barocche di Correggio. Nei suoi dipinti l’artista predilige la giustapposizione di più colori piuttosto che la graduazione di un’unica tinta ottenendo un risultato più luminoso e più acceso. Muore a Venezia nel 1588. CENA IN CASA DI LEVI, venne originariamente dipinto per il refettorio dei Domenicani a Venezia ma oggi è custodito alle Gallerie dell’accademia. La cena in casa Levi è il titolo del grande olio su tela che rappresenta in realtà l’episodio del Vangelo detto Ultima cena. Il Veronese fu costretto a cambiare il titolo al dipinto perché il suo lavoro venne contestato dal Tribunale dell’Inquisizione. I funzionari del temuto organo di controllo cattolico contestarono alcune figure inserite nella scena. A suscitare contrarietà furono cani, pappagalli, uomini ebbri e nani. I personaggi vengono rappresentati sotto un ricchissimo porticato di gusto rinascimentale, infatti spiccano decorazioni, bassorilievi, colonne e capitelli decorati e, per i loro atteggiamenti e abiti è possibile dire con chiarezza che si tratta dei più ricchi patrizi di Venezia. La prospettiva non è univoca e, anzi ci sono almeno tre punti di fuga ma comunque si allineano tutti in corrispondenza di Gesù. Il dipinto fu realizzato attraverso l’utilizzo di colori chiari e luminosi, infatti il chiaroscuro è quasi del tutto assente e per differenziare le forme dei diversi personaggi il Veronese utilizza dei colori complementari. Nonostante il processo di fronte alla Santa Inquisizione, Veronese riuscì a salvare l’opera e a salvare anche sè stesso affermando che il pittore, come il poeta, ha la licenza di agire in modo più istintivo che razionale dimostrando di non voler creare volontariamente un’opera profana. L’artista ebbe tre mesi per correggere i suoi errori ma si limitò semplicemente a cambiare il titolo dell’opera senza però alterare il suo contenuto. ANDREA PALLADIO, Nacque a Padova nel 1508 ma fin dalla giovane età inizia a lavorare nella città di Vicenza come Manovale. Durante la sua vita effettua molti viaggi a Roma assieme ad un amico Gian Giorgio Trissino e proprio durante questi viaggi prenderà il soprannome da Palladio con cui poi sarà universalmetnte noto. A roma ebbe modo di vedere le architetture di Bramante, di Raffaello e di Michelangelo e riuscì a studiare i classici. Svolse la sua attività soprattutto nella città di Vicenza ma lavorò anche presso Venezia dove assunse la carica di architetto ufficiale della Serenissima BASILICA DI VICENZA, è nota anche come Palazzo della Ragione, fu la prima affermazione di notevole rilievo dell’architetto veneto e lo scopo principale era quello di dare un nuovo aspetto alla sede delle magistrature pubbliche della città, un palazzo tra Piazza dei Signori e piazza delle Erbe. Palladio rispetta la posizione dei varchi e delle aperture preesistenti e ciò che rivoluziona realmente è la creazione di un complesso di serliane doppie (arco con aperture) che occupano l’intero spessore del muro. Questo sistema permetteva a Palladio di aggiornare in modo decisivo l’ordine architettonico della Basilica mantenendo comunque gli elementi preesistenti. VILLA BARBARO, è un esempio emblematico di villa palladiana, risale alla metà del cinquecento, fu commissionata dai fratelli Barbaro a PALLADIO. Nel nuovo edificio lo spazio residenziale è costituito principalmente dal corpo centrale, la facciata viene trattata a bugnato dolce ed è retta da 4 colonne di ordine ionico gigante e sopra queste, l’imponente timpano da alla facciata l’aspetto di un vero e proprio tempio. La trabeazione è spezzata in due e gli stucchi che sono posti nel mezzo sono frutto del lavoro e del gusto di Veronese e lo stesso Barbaro. LA ROTONDA, venne commissionata dal canonico Paolo Almerico e costruita intorno alla metà del 16secolo sulla sommità di una collinetta poco fuori Vicenza. Viene concepita come una villa padronale, non solo come abitazione , ma anche come luogo di piacere e di intrattenimento ricordando, negli usi, le ville romane. Si tratta di un edificio a pianta quadrata con ripartizione simmetrica, oltre degli ambienti esterni, anche degli spazi interni, i quali sono si posizionano attorno ad un salone circolare coperto da una cupola.La villa, come quella romana, appare come sollevata su un podio e in ognuna delle quattro facciate si apre un pronao esastilo (spazio che precede le colonne) al quale si accede tramite una scalinata. CHIESA DI SAN GIORGIO MAGGIORE, Venne costruita nella seconda metà del 500 da Palladio, il problema principale che deve fronteggiare è quello di disegnare la facciata a tre navate e quello di una pianta che legasse un corpo longitudinale e uno centrico. La chiesa, inizialmente, venne concepita con un pronao, che poi non venne realizzato, la facciata è rivestita in pietra bianca d’Istria, presenta un unico accesso corrispondente alla navata centrale che è circondato da 4 semicolonne di ordine gigante poste su dei piedistalli. L’ambiente interno è suddiviso in più parti, la parte principale è rappresentata da un grande ambiente rettangolare dal quale si aprono due sporgenze semicircolari, vi è poi un presbiterio quadrato e infine sopra di esso vi è un profondo coro per i monaci che si conclude a semicerchio. L’interno si caratterizza soprattutto per le coperture con volte a botte della navata centrale, le pareti sono intervallate da semi colonne poste su dei piedistalli. Al centro dell’edificio, sulla crociera maggiore sono posti gli elementi che reggono il tamburo della cupola caratterizzato dalla presenza di ampie finestre a lunetta. TEATRO OLIMPICO, Nell’anno della sua morte, a Palladio viene incaricata la costruzione del teatro olimpico, una costruzione che coronava la sua passione per lo stile classico, infatti il tempio viene realizzato tenendo presenti i passi che Vitruvio aveva scritto nel suo trattato di architettura. La cavea, ossia l’insieme delle gradinate, è semicircolare ed è conclusa con un colonnato trabeato sormontato da alcune stautue. La cavea racchiude l’orchestra e fronteggia il palcoscenico dietro al quale vi è uno scenario architettonico fisso. In questo scenario la scena si struttura in due ordini sovrapposti (corinzio e attico). La struttura è coperta, a differenza dei teatri romani, i quali erano all’aperto; per questo motivo il soffitto viene dipinto simulando un cielo con delle nuvole. Una delle grandi innovazioni di Palladio sta anche nelle prospettive che crea sul retro della scena all’interno delle tre aperture facendo sì che questi spazi appaiano lunghissimi. Questi sono realizzati restringendosi via via che si allontanano dallo spettatore e ponendo il pavimento in leggera salita.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved