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Arte. Una storia naturale e civile. Vol. 3: dal Quattrocento alla Controriforma., Schemi e mappe concettuali di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto MOLTO dettagliato del libro "Arte. Una storia naturale e civile." Vol. 3, Dal Quattrocento alla Controriforma. contiene tutte le opere e gli autori citati.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

In vendita dal 22/06/2022

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Scarica Arte. Una storia naturale e civile. Vol. 3: dal Quattrocento alla Controriforma. e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! ARTE. UNA STORIA NATURALE E CIVILE. Dal Quattrocento alla Controriforma Salvatore Settis; Tomaso Montanari Il Gotico Internazionale Lo stile delle corti europee 1. Le miniature - Fratelli de Limbourg, Les Très riches heures du Duc de Berry, 1413-1416, libro miniato. Allegorie dei mesi dell’anno, visione idealizzata. Minuzia nella rappresentazione della realtà. Ripetizione dei medesimi elementi. Cielo atmosferico. 2. La pittura: uno stile cortese Il linguaggio delle miniature rispecchia uno stile cortese. Carattere laico e profano in funzione dei suoi committenti. Minuziosa attenzione per l’indagine della natura e scarsa per la tridimensionalità dello spazio. Questi elementi hanno alle spalle il Gotico francese, per questo è definito anche Tardogotico. - Simone Martini, Madonna dell’umiltà, ca. 1340, lunetta affrescata, Avignone. La Vergine col bambino è seduta a terra in una perfetta sintesi dell’immaginario cortese. All’epoca, mattini lavorava ad Avignone, la più importante corte d’Europa. Questo soggetto si diffuse, e a favorirne il successo fu forse il fatto che si potesse arricchire con elementi profani. - Pisanello, Madonna della Quaglia, ca.1420, tempera e oro su tavola, Verona. Estremizza l’eleganza della figura. Posa tipicamente gotica. Circonda Maria di uccelli e fiori. Le predilezioni sono le stesse: preziosità, raffinatezza e attenzione per la natura. 3. Il Gotico fiorito e l’architettura flamboyant - Cà d’oro, ca. 1424-1431, Venezia. Passione per il mondo vegetale e la decorazione che scala le altezze. Nella facciata, i vuoti dei “fioriti” dominano sul pieno delle murature, dando l’effetto di una struttura leggera. In origine era impreziosita da colori e dorature. Più che in Italia, la versione architettonica del Gotico internazionale ebbe fortuna nel resto d’Europa, dove le nervature si moltiplicano senza ragioni strutturali. Un esempio è la King’s College Chapel, 1446, Cambridge anche se la volta venne costruita nel ‘500, mentre in Italia fioriva il Rinascimento maturo. 4. La Scultura di Claus Sluter - Claus Sluter, Il pozzo dei profeti, 1395-1403, pietra dipinta e dorata, Digione. Sluter è il maestro del Gotico internazionale in ambito scultoreo. È una parte di una Crocifissione andata distrutta e rappresenta personaggi dell’Antico Testamento. Possente monumentalità. Sono figure che tendono al tutto tondo e si distinguono per il vigore delle espressioni. La scultura del Gotico internazionale fu sempre policroma. - C. Sluter e Claus de Werve, Monumento sepolcrale di Filippo l’Ardito, 1381-1410, marmo e alabastro, Digione. Il monumento si erge isolato, e lungo i fianchi corre una galleria di pleurants, figure a tutto tondo incappucciate e piangenti. Sono antinaturalistiche: affogano il corpo in un oceano di pieghe, eppure danno il senso di un sentimento naturalissimo. Gian Galeazzo Visconti e il ruolo della Lombardia 1. Il Ducato di Milano Negli ultimi decenni del Trecento il Gotico internazionale si impone come linguaggio artistico del Ducato di Milano. La corte di Gian Galeazzo Visconti diviene un polo culturale importante, che ebbe sede a Pavia. 2. Michelino da Besozzo - Michelino da Besozzo, Elogio funebre di Gian Galeazzo Visconti di Pietro da Castelletto, 1403, miniatura. Gian Galeazzo appare incoronato da Gesù bambino in paradiso. Non c’è traccia dello sconforto di un funerale. Figure bidimensionali, sfrenato impulso per la decorazione che converte in un linguaggio personale. Figure quasi incorporee. 1 Angelica Copes - Michelino da Besozzo, Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria, con i santi Giovanni Battista e Antonio Abate, ca.1403-1410, tempera e oro su tavola, Siena. Dipinto a fondo oro. Manca concretezza spaziale. Figure esili e guizzanti. Utilizza una tecnica da orafo per impreziosire il dipinto: sapiente uso della pastiglia dorata. 3. Il cantiere del Duomo di Milano Nel 1387 Gian Galeazzo diede inizio alla fabbricazione del Duomo di Milano. Pianta a cinque nacare, forme gotiche e uso del marmo bianco. Terminato solo nell’ottocento. È pensato come un edificio “fiorito” di decori e sculture. Nella zona absidale le pareti sono alleggerite da finestrini ad arco acuto, guglie e pinnacoli. Vide il coinvolgimento di un numero smisurato di maestranze. - Jacopino da Tardate, Papa Martino V, post 1420, marmo. Collocata nel deambulatorio. Pontefice in posa benedicente e austera posa frontale. Veste animata da sottili pieghe: indole gotica. 4. Filippo Maria Visconti: fiabe e tarocchi Signore di Milano che seppe rilanciare il Ducato. - Zavattari, Cappella di Teodolinda, 1441-46, Duomo di Monza. Racconta la vita della sovrana longobarda in un ciclo di affreschi dispiegato sulle pareti della cappella che ne conserva le spoglie. La biografia è trasformata in un romanzo cavalleresco. Sono rappresentate scene di corte. Fondale dorato. Non c’è rigore spaziale. Lezione di Michelino da Besozzo. Per soddisfare le esigenze della corte, i pittori lombardi decoravano anche oggetti di uso comune come le carte da gioco, in particolare quelle dei tarocchi. Tre artisti in viaggio: Gentile da Fabriano, Pisanello e Jacopo della Quercia 1. Gentile da Fabriano: da Pavia a Venezia Il Gotico internazionale si diffonde dalla Lombardia a tutta la penisola. Gentile da Fabriano (1370-1427) si formò a Pavia. - G. da Fabriano, Madonna col Bambino, i Santi Nicola, Caterina d’Alessandria e un donatore, 1400, Berlino. Pala con le più tipiche componenti del Gotico visconteo: prato fiorito, eleganti figure femminili, fondo oro, forme guizzanti. - G. da Fabriano, Polittico di Valle Romita, ca. 1410, tempera e oro su tavola, Pinacoteca di Brera. Dal 1408 Gentile è attestato a Venezia. Nel registro principale c’è l’Incoronazione della Vergine, negli scomparti laterali i santi Girolamo, Francesco, Domenico e Maria Maddalena. Sopra di loro ci sono quattro scene. La cornice, pur rimandando al linguaggio gotico, è novecentesca. Nel martirio di Pietro da Verona non c’è posto per il dolore: il pittore è più attento ai colori. 2. Gentile a Firenze e Roma La parabola di Gentile ebbe il suo vertice a Firenze, dove fu dal 1420 al 1425. - G. Da Fabriano, L’Adorazione dei Magi, 1423, tempera e oro su tavola, Galleria degli Uffizi. Fu commissionata da Palla Strozzi. Ha un coronamento con archi gotici ma presenta una narrazione unica che inizia in alto a sinistra. In primo piano si compie l’epilogo. È una scena di corte che accoglie attori vestiti alla moda, tra cui Palla e il figlio. Non c’è interesse per una resa tridimensionale. Nella predella sono narrate tre storie, tra cui la Fuga in Egitto, dove si dispiega un cielo azzurro, novità eclatante. Sul finire del 1425 si trasferì a Roma. 3. Il miglior allievo di Gentile: Pisanello Pisanello (1395-1455) nasce a Verona e si forma con Gentile. - Pisanello e Nanni di Bartolo, Monumento sepolcrale di Niccolò Brenzoni, 1426, marmo policromo e affresco, Verona. Pisanello si occupa delle pareti dipinte a finta tappezzeria, con l’Annunciazione. La lezione di Gentile si riconosce nella tenerezza delle carni e nella raffinatezza cromatica. - Pisanello, Storia di San Giorgio e la principessa, ca. 1426, affresco, Verona. Rappresenta Giorgio di fronte alla principessa, prima di andare a sconfiggere il drago. Privilegia il registro cavalleresco rispetto a quello devoto. Edifici gotici sullo sfondo. Alterna registro avventuroso e cortese. 4. Pisanello e la “medaglia rinascimentale” L’ultima fase della sua carriera si svolte prima a Mantova, poi a Ferrara e infine a Napoli. - Pisanello, Medaglia di Giovanni VIII Paleologo, ca. 1438, bronzo, Museo Nazionale del Bargello. Si ritiene il più antico modello di medaglia rinascimentale che, utilizzata come dono diplomatica o memoria, si impose dalla metà del Quattrocento. Nel diritto indossa un copricapo alla greca, nel rovescio è accompagnato da un cavaliere. - Pisanello, Ritratto di Lionello d’Este, 1444, bronzo, Museo Nazionale di Capodimonte. 5. Due cantieri di Jacopo della Quercia: Lucca e Siena 2 Angelica Copes - F. Brunelleschi, Basilica di San Lorenzo, post 1421, Firenze. Tre navate con copertura piana al centro e volte nei corridoi. Il vocabolario dell’architettura è radicalmente nuovo. Masaccio e i suoi 1. Masaccio e Masolino A raccogliere in pittura la lezione di Brunelleschi e Donatello fu Masaccio (1401-1429) che ebbe una carriera racchiusa negli anni Venti. Il ritardo nella pittura venne colmato. Masaccio si mise in società con un pittore più anziano, Masolino da Panicale (1383-1436). - Masolino e Masaccio, Sant’Anna Metterza, ca. 1424-25, tempera e oro su tela, Galleria degli Uffizi. A Masaccio spettano l’angioletto in alto a destra e la Madonna col Bambino, che si distinguono per la solida volumetria, fondata sui nuovi ideali. A dispetto del fondo oro, il gruppo manifesta concretezza tridimensionale. Lo studio dell’anatomia del Bambino è molto moderno. 2. La Cappella Brancacci Masolino (legato ancora alla cultura del Gotico, vedi Madonna col Bambino di Brema) e Masaccio rappresentavano mondi diversi. Lavorarono insieme alla Cappella Brancacci in Santa Maria del Carmine a Firenze dal 1424 al 1426, che apparteneva al mercante Felice Brancacci. Non portarono mai a termine il loro impegno, che prevedeva un ciclo di Storie di San Pietro. - Masolino, Tentazione di Adamo ed Eva, ca.1424-25. Sono ritratti nudi, in modo bidimensionale, galleggiano contro un fondale neutro. - Masaccio, Cacciata dal Paradiso terrestre, ca. 1424-25. Si trova di fronte all’opera di Masolino. L’angelo ha uno sguardo truce. Paesaggio brullo e concreto. Violenza espressiva e carnalità estrema. Sono figure tormentate da un dolore estremo. Apparentate a Donatello, Profeta Abacuc, ca. 1423-35, Campanile di Giotto. - Masaccio, Tributo, ca. 1424-25. Narra il pagamento della gabella, la tassa d’ingresso alla città di Cafarnao. Tre momenti: al centro Cristo indica a Pietro di andare a prendere la moneta nella bocca di un pesce; a sinistra Pietro esegue l’ordine e a destra paga l’imposta. La scenografia è unica e tridimensionale, applica le novità brunelleschiane. Cielo atmosferico. Costruzione prospettica con punto di fuga sulla testa di Cristo. Aureole in scorcio. Straordinaria invenzione delle ombre proiettate a terra. - Masaccio, San Pietro che risana con la propria ombra, ca.1424-25. Spoglio paesaggio urbano in prospettiva. È una via della Firenze del tempo. Le ombre sono protagoniste - Masaccio, Battesimo dei Neofiti, ca. 1424-25. Sconcertante verismo. Monti in prospettiva. Corpi indagati nelle anatomie e nelle sensazioni. Naturalismo intenso. 3. Il Polittico di Pisa Il polittico era per la cappella dedicata ai santi Giuliano e Nicola, ma ci è giunto in frammenti. Su richiesta del committente, dipinse la pala di formato gotico e con il fondo dorato. - Masaccio, Adorazione dei Magi, dalla predella, 1426, Berlino. Nella predella vi erano cinque scenette. Paesaggio montano e cielo atmosferico, ombre, aureole in scorcio. I Magi si presentano con una severa solennità. Evidente differenza con l’Adorazione dei Magi di Gentile. - Masaccio, Madonna col Bambino e angeli, 1426, National Gallery VS Gentile da Fabriano, Madonna col bambino e angeli, dal Polittico Quaratesi, 1425, National Gallery. Linguaggi antitetici. Gentile: sfarzo ed eleganza; assenza di terza dimensione. Masaccio: fortissima luce, scordi, contrasto tra parti in ombra e illuminate. - Masaccio, Crocifissione, 1426, Museo Nazionale di Capodimonte. Importanza della luce. Poderoso gesto della Maddalena piangente, che allarga le braccia di spalle. 4. La Trinità di Santa Maria Novella - Massaccio, Trinità, 1427, Santa Maria Novella. Dovette affrescare sulla parete un’architettura illusionistica che finge un’intera cappella. Un Padre eterno sorregge la croce mentre la colomba dello Spirito Santo si getta verso lo spettatore. Ai piedi della croce la Vergine e San Giovanni. Sulla soglia pregano Berto di Bartolomeo e la moglie. Nel registro inferiore (sotto l’altare): uno scheletro che allude a quello di Adamo. Un’iscrizione recita: “io fu’ già quel che voi siete, e quel c’hi’ son voi ancor sarete”. Scardina la tradizione medievale di rappresentare i committenti sottodimensionati e li rappresenta in prospettiva. Per l’architettura usa elementi antichi; paraste scanalate, colonne con capitelli ionici, arco a tutto sesto, volta a botte decorata a lacunari. Dopo questa esperienza si ricongiunge a Roma con Masolino, dove muore nel 1429. 5. Sulla scia di Masaccio: Sassetta, gli esordi di Beato Angelico e di Filippo Lippi 5 Angelica Copes - Stefano di Giovanni detto il Sassetta, Sant’Antonio battuto dai diavoli, 1423-24, Pinacoteca Nazionale. Cielo atmosferico. I demoni danno senso allo spazio. Conservano sottigliezza gotica. - Beato Angelico, Trittico di San Pietro Martire, ante 1429, Firenze. Riecheggia la lezione masaccesca. Formato gotico della carpenteria, fondo dorato. I santi laterali hanno una statuaria solida. - Filippo Lippi, Madonna dell’umiltà e santi, 1429-1432, Pinacoteca del Castello Sforzesco. Soggetto gotico tradotto in termini masacceschi. Fondo azzurro e figure salde. 6. Paolo Uccello: condottieri e battaglie Paolo Doni detto Paolo Uccello (1397-1475) si innamorò della prospettiva. - P. Uccello, Monumento equestre di Giovanni Acuto, 1436, Santa Maria del Fiore. Sulla lezione della Trinità simula un complesso scultoreo. Resa spaziale della cassa e accentuato plasticismo. - P. Uccello, Battaglia di San Romano, ca. 1438, National Gallery / Uffizi / Louvre. Vengono raccontate le principali fasi della battaglia tra fiorentini e senesi del 1432, Raffigurano Niccolò da Tolentino alla testa dei Fiorentini, il Disarcionamento del condottiero senese Bernardino della Carda, e Michele Attendolo guida i Fiorentini alla vittoria. Ossessione per gli scorci difficili. Geometriche volumetrie delle figure. Contrasto tra battaglia e scenette dei paesaggi, in cui echeggiano le preziosità gotiche. Pittura di luce 1. Domenico Veneziano: il maestro di Piero della Francesca Una nuova generazione di artisti mosse dall’esperienza di Masaccio per mettere a punto una pittura fondata sul rigore prospettico e sulla scelta di un registro cromatico vivace e luminoso. Quest’arte è stata chiamata “pittura di luce”, ebbe origine nella Firenze degli anni Trenta per impulso di Domenico Veneziano e si diffuse grazie al suo allievo Piero della Francesca. Ha i suoi cardini nella prospettiva, nell’elaborazione di una composizione essenziale e lineare, in una ordinata narrazione e nell’utilizzo di colori chiari e luminosi. - D. Veneziano, Adorazione dei Magi, ca.1439-40, Berlino. Domenico Veneziano è documentato a Firenze dal 1439 alla morte, nel 1461. Il prato fiorito e la ricchezza degli abiti sono elementi tardogotici. Popoloso corteo. Accorta tridimensionalità del dipinto. Cielo azzurro. A Firenze questi tondi erano usati per decorare gli interni delle dimore più ricche, con intento devozionale. - D. Veneziano, Madonna col Bambino e i Santi Francesco, Giovanni Battista, Zanobi e Lucia, ca.1445, Galleria degli Uffizi. Pala per la chiesa di Santa Lucia de’ Magnoli a Firenze. Adotta il formato quadrato. Concreto spazio di un loggiato definito dalla prospettiva. Gli archi sono gotici. I colori sono chiari come non si erano mai visti. Affreschi perduti della chiesa fiorentina di Sant’Egidio: palestra per i pittori “di luce”. 2. Andrea del Castagno Andrea del Castagno (ante 1419-1457) fu uno dei primi seguaci della “pittura di luce”. - A. del Castagno, Ultima Cena, 1447, Museo del Cenacolo di Sant’Apollonia, Firenze. Scatola prospettica. Edificio all’antica illustrato praticamente in sezione. Effetto prospettico esagerato grazie a pavimento e soffitto. Sala sfarzosa. Gli apostoli si ergono statuari. La luce è intensissima. Pareti ricoperte da marmo colorato. - A. del Castagno, Dante, Petrarca, Boccaccio, dalla Villa Carducci di Legnaia. Figure monumentali. Ciclo profano: tradizione di raffigurare uomini illustri quali modelli di virtù. I personaggi si affacciano da un’illusionistica loggia all’antica. - A. Del Castagno, Monumento equestre di Niccolò da Tolentino. Modellata sull’opera di Paolo Uccello. Concepita in gara con la scultura: ne proietta in parete la monumentalità. 3. Piero della Francesca in terra d’Arezzo Piero della Francesca (ca. 1414-1492) fu il vero profeta della “pittura di luce”. Elementi chiave: coerenza spaziale, colori chiari e luminosi, architetture all’antica, figure volumetriche. Trova origine in Domenico Veneziano, di cui fu allievo. Era giunto a Firenze da Sansepolcro (in terra fiorentina) che rimase per sempre la sua residenza). - P. della Francesca, Battesimo di Cristo, ca. 1443-45, National gallery. Traspare la formazione con Domenico Veneziano. Il solenne Cristo e la colomba sono il centro della composizione. Effetto di tridimensionale lontananza. Cielo cristallino. Visione serena e distaccata. Le figure sullo sfondo hanno un abbigliamento bizantino (Concilio di Firenze del 1439). Parte di un trittico 6 Angelica Copes - P. della Francesca, Madonna della Misericordia, 1445-1462, Museo Civico di Sansepolcro. Parte di un polittico. Sfondo dorato, ma il tutto è riletto in un linguaggio moderno. La Madonna sovradimensionata protegge i devoti con il manto, dando il senso di uno spazio definito. 4. Il capolavoro di Piero ad Arezzo: le Storie della Vera Croce Ciclo di storie nella Cappella Maggiore della chiesa di San Francesco ad Arezzo (Storie della Vera Croce), commissionato dalla famiglia Bacci. Gli affreschi raccontano la storia del legno della croce di Cristo seguendo la duecentesca Legenda aurea di Jacopo da Varazze. La storia inizia dalla lunetta destra, con la scena della morte di Adamo. Poi, la regina Saba si inginocchia di fronte a un ponte, con la preveggenza del fatto che si tratti del legno della croce, di fianco Saba incontra Salomone in un porticato all’antica. Usa uno spazio unico per molteplici episodi (Trinità), rendendo l’effetto di unificato sfruttando la colonna centrale. - P. della Francesca, Flagellazione, ca. 1445-50, Galleria Nazionale delle Marche. Virtuosistica prova di prospettiva. A sinistra ha luogo il supplizio, a destra tre personaggi sono disposti sul proscenio di un fondale urbano. Non c’è certezza sull’identificazione di costoro. Per il profilo di Pilato riprende l’effigie di Pisanello di Giovanni VIII Paleologo. Non concepito per uno spazio sacro. Alcuni particolari (gesti, piedi scalzi) e le vesti solenni invitano a vedervi personaggi precisi, di cui noi non sappiamo l’identità. La medaglia di Pisanello viene ripresa anche nella figura di Costantino che guida le sue truppe nella Battaglia di Ponte Milvio). Allusione a fatti di cronaca: nel 1453 Costantinopoli fu presa dai Turchi, proclamando la fine dell’impero. Nel ritrarre Costantino così, evoca una possibile rivincita cristiana e bizantina che nella realtà non vi fu. Impagina la battaglia come una parata. Nel Sogno di Costantino Piero rappresenta un notturno. Si riconoscono tutte le migliori qualità della pittura pierfrancescana: tridimensionalità, scorcio ardito, verità del cielo stellato, studio luministico. Fu la madre di Costantino, Elena, a ritrovare la reliquia della croce in Terrasanta: dapprima osserva il recupero delle tre croci e poi si inginocchia di fronte a quella che, con il solo contatto, aveva resuscitato un morto. Allude all’architettura di un antico tempio di Venere. Due episodi in uno spazio. Luca della Robbia e la fortuna delle “robbiane” 1. Le cantorie del Duomo di Firenze In parallelo alla pittura, anche la scultura si crea un nuovo linguaggio in cui colore e luce ebbero un ruolo decisivo grazie ad una nuova tecnica: la terracotta invetriata. Il merito spetta a Luca della Robbia (ca. 1400-1482). Negli anni trenta si scontrò con Donatello per la realizzazione delle cantorie per il Duomo di Firenze. Brunelleschi aveva previsto per la zona sottostante la cupola una coppia di cantorie, ovvero due balconi deputati ad accogliere il nuovo organo e i coristi della cattedrale, affacciandosi l’uno di fronte all’altro (la musica era importante nella liturgia). - Donatello, Cantoria, 1433-38, Museo dell’Opera del Duomo. Scellera la tensione espressiva del suo linguaggio e si discosta dallo stile composto di Brunelleschi, che trova un nuovo seguace in Luca. Richiamando il tema musicale, allestisce sul prospetto una danza di putti alati che volteggiano furiosamente ispirandosi ai rilievi antichi. Sono disposti entro uno spazio continuo di una galleria impreziosita da inserti musivi sul fondo e nelle colonne. Irrefrenabile vitalità che rifiuta la rigida composizione di Brunelleschi. - Luca della Robbia, Cantoria, 1431-38, Museo dell’Opera del Duomo. Popolato da fanciulli che si applicano a suonare, cantare, ballare. Lo spunto è un Salmo che si legge nell’iscrizione della cornice che invita a lodare Dio al suono della tromba. Domina sempre un’armoniosa serenità. Inflessibile ordine architettonico scandito su due registri dalle mensole e da coppie di paraste. 2. Pittura come scultura: Filippo Lippi e Domenico di Bartolo Il linguaggio di Luca della robbia trova un parallelo in pittura in Filippo Lippi e Domenico di Bartolo. - Filippo Lippi, Trittico con la Madonna col Bambino, quattro angeli, il donatore, San Giovanni Battista e San Giorgio, 1430-34, Cambridge. Dagli esordi masacceschi, le pieghe si fanno più pacate. Fondo dorato ma timpano all’antica con stemma del committente. Costui compare in abisso, ovvero con metà del corpo tagliata. - Domenico di Bartolo, Madonna dell’Umiltà, 1433, Pinacoteca Nazionale di Siena. Aggiornata sulle novità fiorentine. Fondo oro ma niente ornati gotici. Centrata sulla possente figura di Maria. Bambino solido e aureola in scorcio. 3. La terracotta invetriata e la sua fortuna 7 Angelica Copes della moglie che venerano due santi. Le sculture die santi, come la soprastante Annunciazione, sono rese a trompe-l’oeil secondo la lezione eyckiana. - Rogier van der Weyden, Filippo il buono riceve le Chroniques de Hainaut, 1446-48, Bruxelles. Si occupò di realizzare una miniatura per il frontespizio per un manoscritto. Scena di corte in cui l’offerta del libro sottintende un atto di vassallaggio. In ginocchio vediamo il committente. A ricevere il dono è Filippo il Buono. Non c’è volontà di ostentare una particolare magnificenza. Clima di intimità, fedeltà al vero nei ritratti. - R. van der Weyden, Deposizione di Cristo nel sepolcro, post 1450, Uffizi. A metà del Quattroce to fu in Italia. Il modello del Beato Angelico è tradotto nei termini di un verismo fiammingo, che sottolinea il dolore degli attori. 5. Hans Memling: un protagonista del secondo Quattrocento Hans Memling fu allievo di van der Weyden. - Hans Memling, Giudizio universale (Trittico Tani), 1473, Danzica (Polonia). Non arrivò mai in Toscana (per raggiungere il committente). Jan van Eyck (documentato dal 1422 al 1441) e Rogier van der Weyden (ca. 1399-1464). VS Giudizio di Beaune: riduce gli scomparti a tre compattando la composizione. Alla corte celeste è riservato lo spazio centrale. La composizione più dinamica e le forti accensioni cromatiche evidenziano lo scarto generazionale con van der Weyden. - H. Memling, Trittico Donne, ca. 1478, National Gallery. Trittico di devozione privata. Si allinea al più tipico verismo fiammingo. Volontà di aprirsi alla pittura italiana: unifica lo spazio. Al centro Madonna con Bambino con santi, angeli e committenti. Ai lati Giovanni Evangelista e Battista. Camera per sottolineare la tridimensionalità: pavimento. Luce tenue. - H. Memling, Ritratto d’uomo con moneta romana, 1473-74, Anversa. Predilezione per il paesaggio: novità nel ritratto nordico, in cui il fondo scuro viene sostituito da un sereno fondale. Campagna verdeggiante. Uomo in nero effigiato a mezzo busto e di tre quarti. Leggerezza della capigliatura, perfezione delle carni. Presenta una moneta con l’effigie di Nerone: omaggio alla passione per l’antico in voga in Italia. Tra Francia e Italia: Barthélemy d’Eyck e Jean Fouquet 1. Non solo Fiandre: le esperienze francesi 2. Renato d’Angiò, Barthélemy d’Eyck e la scuola provenzale Barthélemy d’Eyck (documentato dal 1444 al 1469) fu per molti decenni al servizio di Renato d’Angiò. - B. d’Eyck, Ricostruzione del trittico per la cattedrale di Aix-en-Provence, 1443-45, Bruxelles. Le figure si stagliavano isolate con la forza della scultura di Sluter. Centrale è un’Annunciazione entro un solenne edificio gotico. Luce fiamminga. A lato i profeti Isaia e Geremia. Sopra ogni profeta, uno scaffale colmo di libri e oggetti. - Enguerrand Quarton, Incoronazione della Vergine, 1453-54, Francia. Il ritorno in Provenza di Renato favorì il crescere di una scuola che trovò una figura di spicco in Quarton (1415-1478). Ordinata rigorosamente secondo una gerarchia che ingigantisce i personaggi al centro. Totale assenza della prospettiva. Paesaggio (tra Roma e Gerusalemme) osservato a volo d’uccello. Non è un paesaggio realistico, le città sono entità simboliche. - Konrad Witz, Pesca miracolosa, 1444, Ginevra. Ambientato nel lago ginevrino. Il panorama padroneggia la scena. 3. Jean Fouquet: un francese e l’Italia Soggiornò in Italia, e le conseguenze sono evidenti nelle opere che seguono il rientro. - Jean Fouquet, Dittico di Melun, ca. 1452, smembrato. Piccolissimo tondo dalla cornice, un mezzo busto di tre quarti. Le ante richiamano le novità italiane. Lume nitidissimo, salvezza dei personaggi, netta definizione delle teste: convergenza con la pittura del Beato Angelico. La diffusione del Rinascimento in Italia Sotto il dominio di Francesco Sforza Milano si apre al Rinascimento. A Napoli, nel 1442 Alfonso d’Aragona prese la città, creando un dominio che durò fino alla fine del secolo. Nella sua corte, dove era fervente la passione per le arti, la pittura fiamminga ebbe particolare successo. La cultura umanistica prosperò, coinvolgendo anche gli uomini di Chiesa. Nel 1453 Costantinopoli fu conquistata dai Turchi del sultano Maometto II, segnando la fine dell’Impero d’Oriente. Fu un secolo di espansione per la Repubblica di Venezia: la città era a capo di uno Stato multiculturale e multiterritoriale. 10 Angelica Copes Paesaggio e città nel Quattrocento 1. La città e la campagna Il paesaggio inizia ad essere apprezzato per i suoi valori estetici. Nella cosiddetta Tavola Strozzi (ante 1487, pittore fiorentino) vediamo una dettagliata veduta della città di Napoli. Le metropoli del tempo erano circondate dalla campagna subito al di fuori delle mura. 2. Solide mura e luoghi di fede Nella seconda metà del Quattrocento si iniziò ad escogitare nuove forme di sistemi difensivi. Alle torri medievali si sostituirono possenti bastioni a pianta circolare o poligonale. Le esigenze delle guerre cambiarono l’aspetto delle città e del paesaggio. La progettualità dell’uomo ha inserito nel paesaggio nuovi centri urbani studiati nelle loro piante: per questa ragione si parla di “città ideali”, tema di interesse nella seconda metà del secolo. Loreto (Marche) è una delle mete di pellegrinaggio più importanti d'Europa. Tra Quattrocento e Cinquecento benne costruito il santuario da Donato Bramante. Loreto fu per anni uno dei maggiori cantieri d’Italia. Frequenti furono i casi di chiese innalzate per rendere onore a immagini miracolose, di norma mariane. Spesso sono santuari nella campagna, piuttosto vicini alle mura delle città (Cortona, Montepulciano..). Verso una Roma moderna: Filarete, Beato Angelico e Leon Battista Alberti 1. Il rinnovamento della città pontificia A seguito della cattività avignonese e dello Scisma d’Occidente, Roma non era più un centro artistico di prim’ordine. 2. Filarete e la Porta di San Pietro - Filarete, Porta, 1433-1445, bronzo, Basilica di San Pietro. Filarete si formò con Lorenzo Ghiberti e fu a Roma per realizzare i battenti della Basilica di San Pietro. Non seppe aggiornarsi sulla nuova visione dell’antico elaborata da Donatello. I rilievi appaiono privi di profondità e le scene risultano affollate, gli ornati sono ispirati all’antichità. La libertà della fantasia domina sul rigore prospettico. 3. Beato Angelico a Roma Fu a Roma dal 1445 al 1449. - Beato Angelico, Cappella Nicciolina, 1447-48, Roma. Rappresenta le Storie dei Santi Stefano e Lorenzo. Seppe rendere solenne uno stile austero. Nella scena con Lorenzo è consacrato diacono da Sisto II, il pontefice compie un rito di consacrazione, ed è ritratto con le sembianze di Niccolò V. In Sisto II affida a Lorenzo i tesori della Chiesa, uno spazio unico mette in scena una duplice sequenza. Luce netta e volti ben caratterizzati. 4. Leon Battista Alberti e l’antico Niccolò V promosse una politica culturale e artistica focalizzata sul rinnovamento della città pontificia. Grande attenzione fu riservata al miglioramento della cinta muraria e degli acquedotti e al rinnovamento della basilica costantiniana di San Pietro, pianificata dal fiorentino Bernardo Rossellino. Un ruolo decisivo lo ebbe Leon Battista Alberti (1404-), a Roma dal 1432. - Leon Battista Alberti, Autoritratto, ca. 1435, bronzo, National Gallery di Washington. Placchetta metallica in cui si ritrae come un imperatore romano. Il De re aedificatoria è un trattato volto a definire i principi tecnici ed estetici di una nuova generazione di edifici, corrispondenti ai gusti umanistici. Rimini e il cantiere del Tempio Malatestiano 1. Sigismondo Pandolfo Malatesta e il Tempio Malatestiano A Rimini, il secolare dominio della famiglia Malatesta ha lasciato memoria nel Castel Sismondo e nel Tempio Malatestiano, voluti da Sigismondo Pandolfo Malatesta. Dopo aver ristrutturato nel 1447-48 le cappelle sulla parete di destra per farmi il luogo della propria sepoltura, decise di trasformare l’intero edificio. L’esterno della chiesa richiama alla mente le forme di un tempio antico. All’interno, l’ampio spazio della navata è affiancato da sei cappelle gotiche. La differenza è conseguenza di due progetti diversi: uno di Leon Battista Alberti e uno di Matteo de’ Pasti. 2. Il ruolo di Matteo de’ Pasti e quello di Leon Battista Alberti 11 Angelica Copes - Interno del Tempio Malatestiano (su disegno di Matteo de’ Pasti), post 1449. Ricchissimo edificio celebrativo. Navata unica con sei cappelle decoratissime da un apparato scultoreo eseguito dalla bottega di Agostino di Duccio. Il fasto di esse contrasta con la copertura a capriate della navata e con l’essenzialità del transetto e del coro. Queste parti non furono mai completate. - Facciata del Tempio Malatestiano (su disegno di Leon Battista Alberti), ca. 1453-57. Anche l’esterno è incompiuto. Ha l’aspetto di un’architettura antica. Involucro di marmo bianco spartito da colonne e archi a tutto sesto. Al centro della facciata il portale è sormontato da un motivo che richiama il romano opus sectile (decorazione a marmi policromi). L’involucro albertiano è utilizzato solo ai fini di ornato e non c’è spazio per alcuna decorazione; si espande anche sulla parete laterale destra. 3. L’affresco di Piero della Francesca - P. della Francesca, Sigismondo Pandolfo Malatesta di fronte a San Sigismondo, 1451. Nel tempio, la scultura domina a scapito della pittura. Scena di corte ambientata in uno spazio prospettico di un’aula chiusa. Sigismondo spicca di profilo nel centro, accanto a lui si erge San Sigismondo. Richiama ai diritti di Sigismondo sulla città. A ciò rimanda anche loculo prospettico illusionistico. Retaggio degli studi masacceschi riletti con il lume chiaro di Veneziano. 4. Agostino di Duccio scultore Agostino di Duccio (1418-1481) si formò nella bottega di Donatello. I soggetti pescano nella letteratura antica e tardomedievale. Sono per lo più i temi raffigurati nei pilastri o sugli altari a dare il nome alle cappelle del Tempio. Adotta lo stiacciato senza interesse per la tridimensionalità e la concretezza delle forme. Bidimensionalità e mancanza di consistenza. Uno degli scultori di frontiera tra Gotico e Rinascimento. Leon Battista Alberti e Firenze Il ricco mercante fiorentino Giovanni Rucellai si rivolge a Leon Battista Albert. 1. La facciata di Santa Maria Novella - Facciata di Santa Maria Novella (su disegno di Leon Battista Alberti), 1470, Firenze. È una chiesa domenicana medievale. Rivestimento di marmi bianchi e verdi ispirati ai motivi decorativi del Romanico fiorentino. Completare l’opera apponendo nell’architrave sottostante il timpano il suo nome. Alberti doveva armonizzarsi con quanto era già stato fatto. Raccordare la predilezione per l’antico con un’attenzione al recupero della tradizione architettonica tardomedievale. La cornice del portale principale, le quattro colonne e il formato del timpano richiamano l’antico. Ciò è ornato da motivi geometrici e decorativi suggestionati dagli edifici del Romanico fiorentino. 2. Palazzo Rucellai e il recupero degli ordini antichi - Palazzo Rucellai (su disegno di Leon Battista Alberti), ca. 1455-1465, Firenze. Intervenire su edifici preesistenti per accorparli in maniera razionale. La direzione del cantiere fu affidata a Bernardo Rossellino. Prospetto suddiviso in tre piani, a prima vista simile a quello di Michelozzo. Per la scansione dei livelli recupera gli ordini vitruviani dell’antica architettura romana. Finestre bifore con arco a tutto sesto inquadrate da lesene decorate da peducci. La forma di questi ultimi varia dal basso verso l’alto: dorico, ionico, corinzio; sul modello del Colosseo. 3. Moderni sepolcri “all’antica”: Bernardo Rossellino e Desiderio da Settignano Due sepolcri a Santa Croce a Firenze riflettono il gusto antiquario di Alberti. - Bernardo Rossellino, Monumento sepolcrale di Leonardo Bruni, 1445-1450. Monumento sfacciatamente all’antica, impostato sul modello di un arcosolio, ovvero un sepolcro inserito entro una nicchia sormontata da un arco a tutto sesto, affiancato da lesene scanalate ed elementi decorativi di gusto archeologico. Solo nella lunetta soprastante c’è spazio per il tema cristiano. Rigoroso classicismo albertiano. - Desiderio da Settignano, Monumento sepolcrale di Carlo Marsuppini, ca. 1459-60. Interpretazione più espressiva e virtuosistica nella cura dei dettagli. Vasari lo definisce un imitatore della maniera di Donatello. Urbino e la corte di Federico da Montefeltro 1. Il Palazzo Ducale Urbino divenne uno dei centri artistici di maggiore rilievo del Rinascimento perché il suo signore fu uno dei più grandi condottieri del tempo. Federico da Montefeltro (1422-1482) raccoglie a Urbino una corte costituita anche da uomini di lettere, matematici e artisti, accolti nella dimora di Federico: 12 Angelica Copes - A. Mantegna, Orazione di Cristo nell’orto, ca. 1455-60, National Gallery. Sorta di variante della predella. Curiosa Gerusalemme che, dentro le possenti mura, alterna architetture venete e romane, omaggio alla passione antiquaria del pittore. Mantova e i Gonzaga: Mantegna pittore di corte 1. Un intellettuale di corte Nel 1460 Mantegna si trasferisce a Mantova presso la corte del marchese Ludovico Gonzaga, e vi risiederà fino alla morte. - A. Mantegna, Morte della Vergine, ca.1460-64, Museo del Prado. Versione singolare con Maria distesa circondata da un gruppo di apostoli donatelliani per il vigore. In prospettiva si apre una finestra che mostra una realistica veduta: scorcio dell’antico ponte di San Giorgio. Fu il comune a far costruire il ponte per riorganizzare il corso del Mincio allo scomodi far si che Mantova non fosse più circondata da una palude ma da cinque laghi. 2. La Camera degli Sposi Negli anni Trenta il padre di Ludovico aveva fatto dipingere a Pisanello un ciclo cavalleresco ispirato alle tendenze del Gotico internazionale. Alle temperie rinascimentali si ispirano gli affreschi che Mantegna realizzò tra il 1465 e il 1474 nella cosiddetta “camera picta” o Camera degli Sposi. Concretezza del racconto di quotidiane scene di corte illustrato tramite un finto loggiato coronato da festoni. In una scena vediamo Ludovico di fronte alla corte che riceve una lettera da un segretario. È una celebrazione dinastica corredata da un gruppo di servitori. 3. Il soffitto della Camera degli Sposi e il prodigio degli scorci - A. Mantegna, Volta con busti di cesari e oculo prospettico, 1465-74. Soluzione prospettica innovativa. Finge elementi architettonici e una sequenza fastosa di busti clipeati. I medaglioni fanno da contorno all’idea di sfondare il soffitto con un oculo prospettico da cui si affacciano degli spiritelli. Felicissimo espediente illusionistico. - A. Mantegna, Cristo Morto, 1475-80, Pinacoteca di Brera. Eccezionale capacità prospettica dell’artista. È su tela e non su tavola (peculiare). Compianto sul Cristo morto: i dolenti si fanno di lato, quasi solo delle teste piangenti. Il corpo di Gesù monopolizza la scena. Attento studio dell’anatomia. Atmosfera cupa, colori spenti, effetto scultoreo. 4. Leon Battista Alberti a Mantova: San Sebastiano e Sant’Andrea Fu a Mantova in occasione del concilio del 1459. - San Sebastiano, post 1460. Aspetto classico del prospetto poi alterato. Originale struttura rialzata su una cripta e concepita a pianta centrale. Predilezione per la croce greca (conciliare cerchio e quadrato). - Sant’Andrea, post 1470. Frutto di un altro soggiorno. Completata solo nel XVIII secolo. Facciata ispirata a un tempio antico. Interno a pianta basilicale. Compattare il prospetto: uso delle lesene. Ferrara e gli Estensi: tre pittori e un progetto urbanistico 1. Nella Ferrara di Lionello e Borso d’Este 2. Lo stile rovente di Cosmè Tura - Cosmè Tura, Musa (Calliope?), 1458-63, National Gallery. Con Borso d’Este nasce una vera e propria scuola di pittura ferrarese, che ebbe il primo protagonista in Cosmè Tura (ca. 1433-95). Originariamente era parte di una serie destinata a decorate lo studiolo di Belfiore, una residenza degli Estensi. Temperamento estroso. Riconosciamo diversi artisti: Pisanello nel tono cortese; Piero della Francesca nella saldezza strutturale, la luce tersa il panneggio aderente. Le cromie accese e la precisione descrittiva sono fiamminghe. Il risultato è un linguaggio eccentrico: fantasia del trono che ricorda la bottega di Squarcione. 3. I Mesi del Palazzo Schifanoia Palazzo Schifanoia sorge per godersi le gioie della vita. Nel Salone dei Mesi troviamo il ciclo allegorico dei mesi affrescato intorno al 1469 sulle novità di Tura. Il solo nome documentato è quello di Francesco del Cossa (1436-1478). Il tema dei mesi si dipana su tre registri: in alto il trionfo della divinità mitologica; in centro il segno zodiacale e le sue figure allegoriche; in basso uno scorcio della vita di corte. Del Cossa rilegge lo stile di Tura in un tono meno rovente e più disteso. Nel mese di Settembre sono stati riconosciuti gli esordi del terzo protagonista della pittura Ferrarese del Quattrocento: Ercole de’ Roberti (ca. 1450-96). È più vicino al lessico di Tura. 4. L’evolversi della pala d’altare 15 Angelica Copes Lo stile eccentrico ebbe fortuna anche sugli altari delle chiese. - Cosmè Tura, Pala Roverella, ca. 1476-79, National Gallery. Nonostante le cornici citino la struttura del polittico, lo spazio della pala vuole essere unico grazia alla prospettiva e alle arcate. - F. del Cossa e E. de’ Roberti, Pala Griffoni, 1470-73, smembrata. Trittico di formato rinascimentale. Alla predella lavora de’ Roberti. - E. de’ Roberti, Pala di Ravenna, 1479-81, Pinacoteca di Brera. Maturando, stempera le propensioni per il Tura per un gusto più quieto. Formato moderno, spazio unificato, quadripartito all’antica. 5. Un precoce progetto urbanistico: l’”addizione erculea” di Biagio Rossetti Interesse degli Estensi per una razionale organizzazione dello spazio urbano. Intorno al 1484 l’architetto Biagio Rossetti disegnò il progetto che venne realizzato tra 1492 e 1510. L’”addizione erculea” prendeva spunto dal modello romano degli assi viari ortogonali. Le due arterie si intersecano nel Palazzo dei Diamanti, progettato da Rossetti nel 1492. È un edificio rinascimentale i cui prospetti sono decorati con un bugnato marmoreo in forma di punta di diamante. Gli Sforza e il primo Rinascimento a Milano 1. Filarete: realtà e fantasia Nel 1447 Filippo Maria Visconti morì senza eredi, e la figlia sposò Francesco Sforza, che dal 1450 si impose come nuovo duca di Milano. La famiglia Sforza ha marchiato il paesaggio urbano di Milano con il Castello Sforzesco. Per proteggerne l’ingresso venne innalzato un torrione di gusto gotico per mano del Filarete, trasferitosi nel 1451 alla corte sforzesca, di cui oggi vediamo una ricostruzione. Durante questo soggiorno, Filarete scrisse un trattato dedicato alla progettazione di Sforzinda, una città ideale che non venne mai realizzata. La maggiore impresa del maestro è l’Ospedale maggiore, fondato nel 1456. Cultura ibrida tra Gotico e Rinascimento (compresenza di bifore con arco acuto e loggiato con arco a tutto sesto). 2. Vincenzo Foppa: solidità rinascimentale e verismo nordico Cappella provata del fiorentino P. Portinari nella chiesa domenicana di Sant’Eustorgio. Non si sa chi sia l’autore dell’architettura ma si coglie l’ispirazione alla razionalità brunelleschiana. Vincenzo Foppa, autore del ciclo nelle lunette e negli Marconi con Storie di San Pietro Martire e della Vergine nella Cappella Portinari, può essere considerato il primo grande interprete della pittura rinascimentale a Milano. 3. Zanetto Bugatto: il mistero di un lombardo a Bruxelles - V. Foppa, Madonna col Bambino, ca.1465, National Gallery. Chiara dipendenza dalla pittura fiamminga nell’atmosfera domestica e nell’impostazione. Nella bottega di Wan der Weyden lavorò il lombardo Zanetto Bugatto. Napoli capitale aragonese: da Colantonio ad Antonello 1. Alfonso d’Aragona, signore di Napoli Nel golfo napoletano c’è un chiaro segno della dominazione aragonese: Castel Nuovo. Nel 1443 Alfonso d’Aragona entra a Napoli e prende il posto di Renato d’Angiò. Il Castel Nuovo che vediamo oggi è frutto di una ristrutturazione di una vecchia fortificazione angioina. Le possenti torri rispondono a nuove esigente delle guerre (armi da fuoco). L’arco all’antica rivolto verso il centro urbano risponde ad un gusto albertiano, anche se c’è ancora qualcosa di gotico. Al centro dell’arco superiore era previsto un monumento equestre di Alfonso. Donatello, a cui fu richiesta la statua, non laterminò mai: rimane una Testa di Cavallo (ca. 1455), che impressiona per il verismo. Affacciato sul Mediterraneo, Napoli era un grande centro internazionale. La corte impazziva per la pittura fiamminga. 2. Colantonio: il maestro di Antonello Le ignote presenze fiamminghe a Napoli sono fondamentali per capire il linguaggio di Colantonio. - Colantonio, Pala di San Lorenzo Maggiore, ca.1445-50, Museo Nazionale di Capodimonte. In basso c’è San Girolamo nello studio, in alto San Francesco consegna la regola. Non c’è nulla di rinascimentale. Panneggi nordici, i volti hanno un’aria catalana. I libri di san Girolamo sono riprodotti con grande attenzione del reale (fiamminghi). 3. Verità fiamminga e spazialità italiana: Antonello da Messina Nella bottega di Colantonio si formò Antonello da Messina (ca. 1430-1479). 16 Angelica Copes - Antonello da Messina, Crocifissione di Sibiu, ca. 1460, Romania. Nelle figure guarda modelli fiamminghi, ma nello sfondo propone una veduta dilatata dello Stretto di Messina. - A. da Messina, Ritratto d’uomo, 1460-70, Cefalù. Rendere la realtà di un volto. Come i fiamminghi è specialista nel ritratto. Adotta la luce fiamminga e la pittura a olio (personaggio di tre quarti su fondo scuro). - A. da Messina, Polittico di San Gregorio, 1473, Messina. Gli era nota la pittura di Piero. Consapevolezza spaziale e tridimensionale: crea uno spazio unificato nonostante l’astratto fondo oro grazie al basamento del trono. Forme volumetriche. - A. da Messina, Annunciazione di Palazzolo Acreide, 1474, Siracusa. Interno domestico. Amalgama la definizione e la luce fiamminga con un’efficace resa tridimensionale. Giovanni Bellini e l’origine della pittura veneziana 1. Gli esordi di Giovanni Bellini: sulle orme di Mantegna Alla metà del Quattrocento Venezia cominciò ad aprirsi al Rinascimento. Antonello da Messina passò in Laguna, e la luce e il colore divennero gli strumenti di una rappresentazione della realtà peculiare della pittura veneziana, che presto avrebbe adottato su larga scala la tecnica dell’olio su tela. Principale protagonista fu Giovanni Bellini, detto il Giambellino (ca.1430-1516), la cui carriera si estende su un lungo periodo. La sorella sposò Mantegna e in famiglia erano pittori. - G. Bellini, Pietà Correr, ca. 1460, Venezia. La prima fase è connotata da uno stile padovano. Intenerisce le durezze squarcionesche e mantegnesche con una luce calda che leviga le forme. Il paesaggio è rischiarato da un cielo crepuscolare. Raffigura un borgo che arricchisce con architettura all’antica. - G. Bellini, Orazione di Cristo nell’orto, ca. 1460-65, National Gallery. VS Orazione di Mantegna. Cerca di intenerire le durezze attraversi la luce calda che rischiara il cielo. - Trasfigurazione Correr VS Trasfigurazione di Capodimonte. La prima, degli anni ’50, è narrata alla maniera di Mantegna. Nella seconda, del finire degli anni ’70, le asperità mantegnesche sono circoscritte alla sedimentazione rocciosa; la superficie brilla di un’eccezionale luce estiva. La campagna veneta è protagonista. Pittura a olio, colore e natura sono i cardini di questa nuova pittura veneziana. 2. Antonello da Messina a Venezia e le conseguenze su Bellini - A. da Messina, Pala di San Cassiano, 1475-76, Vienna. Resta solo un lacerto. Gruppo della vergine col Figlio in trono su un basamento attorniati da santi entro un’architettura di un’abside spaziosa: tipologia di pala che ebbe molta fortuna. - G. Bellini, Pala di San Giobbe, ca. 1480, Venezia. Riprende modello, qualità illuministiche e naturali delle figure e degli oggetti. Corrispondenza nelle soluzioni iconografiche e nello stile. Abside spaziosa in prospettiva. - A. da Messina, San Girolamo nello studio, ca. 1475, Palermo. Lo dipinge come fosse un umanista. Si svolge al di là di una sorte di finestra illusionistica. Rigorosa prospettiva italiana. Architettura gotica con volta a crociera. Particolare uso della luce e cura per i dettagli che parlano un linguaggio nordico. - Ritratto di Giovane con veste rossa, A. da Messina VS G. Bellini. Tre quarti su fondo scuro. Stesso identico schema. Cartellino con firma. - A. da Messina, Vergine Annunciata, ca. 1475, Palermo. Malinconica ed essenziale. Guarda umilmente verso di noi cercando l’angeli che l’ha distratta dalla lettura. Il libro da un senso di tridimensionale. - A. da Messina, San Sebastiano, ca. 1476, Dresda. Era parte di un trittico. Comignoli veneziani, perfetta scansione spaziale. Il plasticismo ricorda Piero. Le esperienze avanzate della Penisola sono assorbite e armonizzate da Antonello. Enfatizza le linee prospettiche nella pavimentazione. 3. Resistenze gotiche: Carlo Crivelli e Alvise Vivarini Soprattutto a Venezia e nei suoi domini il Gotico era duro a morire. Nelle Marche si stabilì un allievo di Squarcione, Carlo Crivelli, che ebbe successo con colossali polittici di formato gotico. La bottega familiare dei Vivarini mantenne la propria base in Laguna. Il capostipite fu Antonio Vivarini, seguirono poi il fratello Bartolomeo e il figlio Alvise, che nel polittico per un convento francescano nel Montefeltro dimostra di aver ben assimilato le novità padovane. 4. Il gusto albertiano a Venezia: Giovanni Bellini, Mauro Codussi e Pietro Lombardo - G. Bellini, Pala di Pesaro, ca. 1473-75, Pesaro. Incoronazione della Vergine con quattro santi. Interpreta un soggetto associato alla forma del polittico gotico in modo inedito. Unica scena in 17 Angelica Copes La fortuna del Neoplatonismo si associa al nome di Sandro Botticelli e a due dipinti forse destinati in origine a Palazzo Medici e commissionati da Lorenzo di Pierfrancesco. Soggetto profano e mitologico, linguaggio di gusto estetizzante (tende alla raffinatezza e alla bellezza). - S. Botticelli, Primavera, ca. 1478-1482, Uffizi. Al centro c’è Venere accompagnata da Cupido bendato; alla sua sinistra Zefiro rapisce per amore la ninfa Clori che, unitasi al vento, rinasce nella forma di Flora, personificazione della Primavera. A destra danzano le tre Grazie mentre Mercurio scaccia le nubi. Immagine gioiosa che richiama la poesia di Poliziano. - S. Botticelli, Nascita di Venere, ca. 1482-85, Uffizi. Venere approda su Cipro sopra una conchiglia e sospinta da Zefiro abbracciato a una figura femminile. È accolta da un’ancella che le porge un manto fiorito. È un episodio raccontato nelle Metamorfosi. Illustrano temi cari al circolo neoplatonico. Rinuncia alle predilezioni prospettiche e propone scene in cui la resa spaziale viene di fatto elusa. Riproduce dettagliatamente specie botaniche e le onde del mare. Le figure appaiono bidimensionali e prive di rigore plastico: rinuncia alla materialità proponendo la visione di un paradiso divino e ideale. 6. Il compimento della Cappella Brancacci La Cappella Brancacci era palestra per la formazione dei giovani pittori fiorentini. - Filippino Lippi, Crocifissione di San Pietro, ca. 1477-78, Torino. Filippino Lippi (1457-1504) era figlio di Filippo. Negli anni Ottanta ultimò le Storie di San Pietro lasciate incompiute. Fece il suo apprendistato con Brunelleschi, da cui dipendono le sue opere più antiche. 7. Ghirlandaio e Filippino: le influenze della pittura fiamminga e l’antico Nel tardo Quattrocento vi furono grandi cicli destinati a cappelle familiari in edifici pubblici. - D. Ghirlandaio, Cappella Sassetti, Storie di san Francesco e Adorazione dei Pastori, 1482-85, Firenze. Domenico Ghirlandaio (1449-1494) elabora un linguaggio affabile, chiaro e sereno. Ambienta qualche episodio a Firenze. Al centro della cappella vi è una sorta di trittico, una pala con l’Adorazione con i committenti inginocchiati. Nel formato, le lesene della capanna palesano espliciti richiami all’antico. Spiccato verismo dei pastori e dei committenti: omaggio alla pittura fiamminga, in particolare al cosiddetto Trittico Portinari (ca.1477-78, Hugo van der Goes) che illustra la Natività e che conferma i continui scambi tra Firenze e le Fiandre. - Filippino Lippi, Apparizione della Vergine a San Bernardo da Chiaravalle, ca.1484-85, Firenze. Carica di suggestioni nordiche nella definizione dei dettagli e nel realismo del committente raffigurato in abisso. - D. Ghirlandaio, Cappella Tornabuoni, Storie della Vergine e di San Giovanni Battista, 1485-90, Firenze (Santa Maria Novella). Nella Natività della vergine si sofferma sulla qualità illusionistica della stanza. Descrive una scena cogestrice con le donne di casa Tornabuoni. La camera è riccamente arredata come una camera fiorentina. Una stanza simile ma più austera torna nella Nascita di San Giovanni Battista. nell’Annuncio dell’angelo a Zaccaria il registro antiquario è esaltato grazie alla scenografia ispirata a un arco romano. Ci sono alcuni membri della famiglia medicea. - Filippino Lippi, Cappella Strozzi, Martirio di San Giovanni Evangelista, 1487-1502, Firenze (Santa Maria Novella). Il pittore andò a Roma dal 1488 al 1493: studiando l’antico dette al suo linguaggio una svolta in senso archeologico. Il protagonista è immerso in un pentolone di olio bollente da cui uscita illeso. Si distingue dal Ghirlandaio per la natura appassionata e la carica espressiva dei personaggi, ma anche per il ridondante gusto antiquario. 8. Il Giardino di San Marco, gli esordi di Michelangelo e la scultura Michelangelo Buonarroti (1475-1564) e si formò nella bottega del Ghirlandaio. La sua vera formazione si realizzò grazie alla protezione di Lorenzo il magnifico e alla frequentazione del “Giardino di San Marco”, ovvero un giardino in cui le figure antiche e pitture erano una sorta di accademia per giovani pittori. Anche il giovane Michelangelo si esercitò disegnando le figure affrescate nella Cappella Brancacci. - Michelangelo, Madonna della Scala, ca. 1490-1492, Firenze. Evidente ispirazione donatelliana nell’uso dello stiacciato, nei panni aderenti e nelle forme della grande Vergine, nelle figure dei bambini (muscoloso Gesù e motivi donatelliani sullo sfondo). - Michelangelo, Battaglia dei centauri, ca. 1490-92, Firenze. Linguaggio distante da quello donatelliano. Il tema della battaglia è un espediente per studiare le pose dei corpi e richiamata soggetti cari alla scultura antica. Dal Giardino Michelangelo usciva con una solida formazione sull’antico. Rinunciando allo stiacciato donatelliano, fece emergere dal fondo delle figure solide, volumetriche e carnose. - Michelangelo, Crocifisso di Santo Spirito, ca. 1493, Firenze. Inizia a tagliare i ponti con la tradizione brunelleschiana e donatelliana. Forme piene e levigate segno della lezione di 20 Angelica Copes Benedetto da Maiano. Perfezione della descrizione anatomica (aveva studiato i cadaveri). Nell’elegante scarto delle gambe annuncia la sua futura “maniera”: movimenti innaturali ma energico vigore. La corte di Roma: dalla Cappella Sistina alla scoperta delle grottesche 1. Melozzo da Forlì: un affresco per la biblioteca di Sisto IV - Melozzo da Forlì, Sisto IV nomina il Platina direttore della Biblioteca Vaticana, ca. 1477, Pinacoteca Vaticana. Nel 1475 papa Sisto IV fondò la Biblioteca Vaticana, che da allora divenne una vera e propria istituzione. Venne nominato bibliotecario Bartolomeo Sacchi detto il Platina. È una scena di corte di carattere celebrativo ambientata sul proscenio di una navata coperta da un soffitto a cassettoni sostenuto da pilastri quadrati e arcate a tutto sesto, secondo un linguaggio architettonico rinascimentale. Organizzazione gerarchica e “genealogica” che vede il papa come un vero e proprio sovrano. Fu eseguito da Melozzo da Forlì (1438-1494): vi è un muto dialogo tra le figure monumentali, dipinte con impressionante corrispondenza al vero. La Roma sistina stava cambiando: si ristrutturavano edifici in forme nuove. Per volere di Sisto IV fu ristrutturata la chiesa di Santa Maria del Popolo. 2. La Cappella Sistina: un cantiere affollato A Sisto Iv si deve l’idea di corredare il palazzo apostolico di una nuova cappella. Uno spazio assai esteso, un poderoso e austero involucro in mattoni contiene una grande aula rettangolare coperta da una volta. Un’architettura semplice che si deve a Baccio Pontelli, innalzata intorno al 1477-81. Alla severità dell’esterno si contrappone un intero pieno di colori completamente affrescato intorno al 1481-82 su vari registri. In basso sta uno zoccolo di finti arazzi, poi una serie di riquadri narrativi, infine alcune figure di papi entro nicchie illusionistiche. Sul soffitto, al posto delle Storie della Genesi, stava un medievale cielo stellato. Sisto IV arruolò una folta équipe di pittori, e Lorenzo il Magnifico promosse la partecipazione del Ghirlandaio e di Botticelli. - Ghirlandaio, Vocazione di Pietro e Andrea, 1481-82. Serena veduta del lago di Tiberiade. Atmosfera ordinata che unisce il rigore masaccesco alla pittura di luce. - Botticelli, Punizione dei ribelli, 1481-82. Gli furono affidate tre scene. Sottolinea la pena riservata a chi non rispetta l’autorità ecclesiastica. Lago lacustre dell’Italia dominato da un arco di trionfo antico. Mosè è al centro e diffonde i ribelli che finiscono per essere cacciati agli inferi. Storia concitata con figure più bidimensionali che volumetriche, spesso lumeggiate d’oro. 3. Perugino e il nuovo stile umbro - Pietro Perugino, Consegna delle chiavi, 1481-82, Cappella Sistina. San Pietro ebbe da Cristo le chiavi del Paradiso: a entrambi fu riconosciuto un primato di autorità sul popolo. Scena ben ordinata: Pietro si inginocchia davanti a Gesù sotto lo sguardo degli altri apostoli (aureole). Ampia piazza pavimentata con lastre che individuano la fuga prospettiva indirizzata sull’edificio a pianta centrale che allude al tempio di Salomone. Lo affiancano due archi antichi che richiamano quello di Costantino. In lontananza un quieto paesaggio, in secondo piano sono narrati due ulteriori episodi evangelici: il tributo della moneta e la tentata lapidazione di Cristo. Risaltano ordine e precisione della composizione prospettica, scandita su luce nitida e chiarissima. Pietro Vannucci detto il Perugino (1450-1523) è il vero regista del ciclo sistino. Si formò nella bottega del Verrocchio (trova conferma nelle figure della Consegna, che sembrano ispirate al gruppo di Orsanmichele e nel modo di accartocciare i mantelli, le cui pieghe sono evidenziate dalla luce cristallina. Nella Cappella Sistina ebbe numerosi assistenti, primo fra tutti Bernardino di Betto detto il Pinturicchio (1456-1513), che si sarebbe presto affermato nel centro Italia rielaborando in modo personale alcune soluzioni del maestro. - Pinturicchio, Funerali di San Bernardino, ca. 1484-86, Roma (Santa Maria in Aracoeli). Derivazione dalla Consegna del Perugino. - Perugino, Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista e Sebastiano, 1493, Uffizi. Proseguì la sua carriera tra Perugia, Roma e Firenze (dove stabilì la sua bottega) e maturò un nuovo linguaggio. Serenità del paesaggio umbro. Semplice e severo loggiato. Piedistallo ornato di un motivo antiquario. Figure languide, aggraziate, solenni. 4. I muscoli di Luca Signorelli Nel cantiere della Cappella Sistina lavorò anche Luca Signorelli. Al linguaggio equilibrato e sereno del Perugino preferisce la possanza e il movimento dei corpi. Era stato in gioventù allievo di Piero, ma era poi entrato in contatto con la bottega del Verrocchio. - Luca Signorelli, Flagellazione, ca. 1482-84, Pinacoteca di Brera. Nello stesso soggetto, all’assoluta saldezza di Piero, Signorelli preferisce una composizione più agguerrita, nel 21 Angelica Copes movimento e nelle torsioni del corpo di Gesù (la carne si gonfia dall’energia dei muscoli). Omaggio all’antichità nella colonna centrale sormontata da una statua. - Luca Signorelli, Cappella di San Brizio a Orvieto, 1499-1505. Svolse la narrazione delle storie della fine del mondo e del Giudizio finale in forme drammatiche, riempiendo le scene di nudi attentamente studiate nelle anatomie e negli scorci. l’Inferno è un vero e proprio trionfo di nudi colti nelle pose più complicate: un precedente imprescindibile per la pittura di Michelangelo. Alla base delle pareti vi erano immagini di illustri letterati tra cui Dante, corredato da quattro medaglione i e motivi con decorativi detti “grottesche”. La partitura denominata “grottesca” richiama quella di alcune sale della Domus Aurea, l’antica villa urbana dell’imperatore Nerone riscoperta sul finire del Quattrocento. Le decorazioni pittoriche romane conservate ebbero immediato successo: questa tipologia di ornamento estrosa, fatta di figure esili e mostruose, intrecciate o simmetriche, svelte e fantasiose, continuò a essere usata per quasi tutto il Cinquecento. Di definivano “grottesche” perché la Domus Aurea era stata interrata con il tempo, dunque i suoi accessi si aprivano in forma di grotte agli artisti che vi si calavano con le corde. 5. Filippino Lippi, Pinturicchio e il culto per l’antico - Filippino Lippi, Cappella Carafa, 1488-93, Santa Maria sopra Minerva. Secondo Vasari, il primo ad usare le grottesche fu Filippino Lippi. La parete principale della cappella presenta una soluzione curiosa. Al centro c’è una pala d’altare ad affresco, che rappresenta l’Annunciazione alla presenza del cardinale inginocchiato. La Vergine è protagonista della pala ma anche della vasta Assunzione popolata di figure bizzarre. Per incorniciare , filippino finse ad affresco delle paraste ornate a grottesche. Composizione ariosa e costruita sapientemente, con continui rimandi all’antico. Il Pinturicchio unì alle tenerezza umbre una vera e propria ossessione per l’antico, favorita dagli studi nella Domus Aurea. - Pinturicchio, Appartamento Borgia, 1492-94, Città del Vaticano. Papa Alessandro IV si rivolse al Pinturicchio per affrescare il suo appartamento. Lo fece con una pittura estremamente decorativa, ridondante d’oro, di colori e di grottesche, come si vede nella Resurrezione. Gusto cortese. 6. Antonio del Pollaiolo e due monumenti sepolcrali in bronzo I fratelli Pollaiolo si trasferirono definitivamente a Roma. Antonio vi fu dal 1484. - A. del Pollaiolo, Monumento sepolcrale di Sisto IV, 1484-93. Tra le imprese di Sisto IV vi fu, nella Basilica di San Pietro di allora, una cappella personale (oggi andata distrutta9: la tomba proposta da Antonio è su tutti i lati, e al centro vi è Sisto IV effigiato con grande naturalezza, affiancato da rilievi con stemmi araldici e figure di virtù- suo dati concavi del basamenti vi sono le immagini allegoriche delle Arti liberali (tra cui la Prospettiva). - A. del Pollaiolo, Monumento sepolcrale di Innocenzo VIII, ca. 1493-97. Fu successore di Sisto IV. Più tradizionale schema parietale. Compare due volte: disteso sul letto di morte e seduto in posa benedicente. Accompagnano le quattro virtù cardinali e le tre teologali. 7. I cicli ad affresco di Perugino e Pinturicchio - Perugino, Sala delle udienze del Collegio del Cambio, 1496-1500, Perugia. La volta è un tesoro di grottesche. Nelle lunette inferiori c’è un ciclo con Natività, Trasfigurazione, Profeti e Sibille, Virtù e Eroi antichi. Sdolcinato stile maturo. Consueto paesaggio. Linguaggio facile e attraente. - Pinturicchio, Libreria Piccolomini, 1502-08, Siena. Vasto spazio che si apre nel Duomo. Soffitto con grottesche. Dieci finestrini in cui sono narrate le vicende di Enea Piccolomini. Vera e propria biografia dipinta. 8. Gli inizi umbri di Raffaello Raffaello Sanzio (1483-) nacque a Urbino. Perugino lo accolse nella sua bottega: nelle prime opere umbre appare come un alter ego del maestro. - Raffaello VS Perugino, Crocifissione. Il dipinto corrisponde alla pittura di perugino nella composizione ordinata, negli equilibrati accordi cromatici, nella svenevole tenerezza delle figure, nel quieto paesaggio. - Raffaello, Sposalizio della Vergine, 1504, Pinacoteca di Brera. Raffigura il momento in cui prende come sposa Maria. Si muove ancora sulle orme del maestro (pavimento prospettico che conduce al tempio a pianta centrale). Le forme dell’edificio spiccano con maggiore evidenza poiché ha alzato il punto di vita e atteggiato i personaggi in primo piano con maggiore libertà. 22 Angelica Copes grandi tele cucite, dipinte e montate su articolati telai. Fu così che a Venezia la pittura a olio su tela iniziò a diffondersi in tutta Europa, finendo per soppiantare quella su tavola. Gentile divenne il pittore ufficiale della Repubblica, che tra 1479 e 1480 lo mandò a Costantinopoli. A Venezia, le confraternite erano dette Scuole. Erano istituzioni ispirate da fini di devozione, ma non sottoposte a controllo della Chiesa, e a Venezia contribuivano alla coesione sociale. Furono travolte dalle soppressioni di Età napoleonica, e i loro arredi spesso dispersi. - G. Bellini, Processione in Piazza San Marco, 1496, Venezia. La Scuola Grande di San Giovanni Evangelista fu decorata con una serie di teleri. L’episodio si riferisce a un miracolo: le Scuole sfilavano con le reliquie. Assistendo alla scena, un mercante pregò per la guarigione del figlio e questo fu sanato. Realistica veduta della piazza. Stile nitido e ritrattistico. Descrive la fastosa processione. Sembra una scena laica, il miracolo occupa un ruolo marginale. - Vittore Carpaccio, Miracolo della reliquia della croce al ponte di Rialto, 1494, Venezia. Moltitudine di comignoli alla veneziana. Moro che conduce una gondola: segno di una Venezia multietnica. Riempire la scena di spiritosi momenti di vita, che rende l’idea dell’attivismo di Venezia. Un ossesso viene liberato dal demonio. Scena trecentesca trasposta al tempo di Carpaccio. - Vittore Carpaccio, Scuola di Sant’Orsola, 1490-95, Venezia. Narra la leggendaria storia di Orsola, principessa cristiana di Bretagna, che si recò con lei in pellegrinaggio a Roma. Nel viaggio di ritorno li seguì il papa, ma furono massacrati dagli Unni. Ne l’Incontro e partenza di Orsola ed Ereo, vediamo un racconto vivace con aneddoti curiosi. Si affaccia su una marina con due paesaggi: Inghilterra con fortificate architetture medievali e una Bretagna con gli edifici di Venezia. Sul fondo la coppia si imbarca. Impressionante numero di ruoli e comparse. Ne Sogno di sant’Orsola c’è un tono intimo e fiabesco. Visione dell’angeli che annuncia il martirio. Camera veneziana in ogni dettaglio. Luce di retaggio fiammingo. 4. Scultura all’antica: da Pietro a Tullio Lombardo A fine Quattrocento Venezia aveva imboccato la strada del Rinascimento. Due architetti importanti furono Pietro e Tullio Lombardo. Dalla Firenze di Savonarola ai primi successi romani di Michelangelo 1. Il misticismo di Botticelli e il gusto dei “piagnoni”. Nel 1494 la Repubblica di Firenze rischiò di essere sottoposta a una teocrazia, cioè a un governo che aspirava a seguire la volontà divina ed era ispirato a Girolamo Savonarola. Ciò ebbe grandi conseguenza sulle arti figurative, poiché Savonarola detestava le sculture antiche, in quanto pagane, e raccomandata immagini devote. Gli oggetti che non rispondevano ad un’esigenza di culto meritavano di finire sul rogo. La scelta di una vita austera e le continue pratiche penitenziali avevano guadagnato ai suoi seguaci l’appellativo di “piagnoni”. Botticelli passò dal Neoplatoniamo al misticismo. - Botticelli, Compianto sul Cristo morto, 1495. Mantiene il carattere bidimensionale. Figure di dolenti avvilite nel pianto. Aspetto cupo e funereo che rispecchia il clima creato da Savonarola, che i fiorentini avrebbero tollerato fino al 1498, quando il frate fu giustiziato. Per corrispondere alle esigenze di spiritualità di Savonarola, la pittura fiorentina intraprese anche una strada meno tetra - Pietro Perugino, Crocifissione, 1494-96. Essenziale e senza orpelli decorativi. Narra con chiarezza. Spazio rigoroso scandito da una severa cornice. Baccio della Porta (Fra Bartolomeo) adottò un linguaggio simile nelle sue prime opere, come l’Annunciazione del 1497. Il pavimento disegna un reticolo prospettico preciso. Sfondo di paese alla fiamminga. Scena domestica. 2. Michelangelo a Bologna e a Roma - Michelangelo, Arca di San Domenico, 1494-95, Bologna. Si trasferì per lavorare al monumento sepolcrale del fondatore dell’ordine realizzato da Nicola Pisano. Dovette scolpire le immagini del patrono di Bologna san Petronio, del martire san Procolo e un angelo ceroforo. Sul finire del 1495 vendette a Roma un Cupido come fosse un reperto archeologico. La truffa venne scoperta, ma Michelangelo partì con la fama di artefice capace di imitare alla perfezione l’antico. - Michelangelo, Bacco, 1496-97, Firenze. Lo scolpi appena giunto nell’Urbe. Appare come una statua di assoluto gusto archeologico (aveva studiato l’antico). Studiato nell’anatomia. Superficie levigata. 25 Angelica Copes - Michelangelo, Madonna di Manchester, ca. 1497, National Gallery. Il modo in cui le pieghe si gonfiano hanno un precedente nell’Angelo ceroforo. Non mancano le somiglianze con il Bacco. Si astiene da qualsiasi ornato e sfondo architettonico. Le figure si ergono su una superficie neutra, come fossero sculture. Attenzione alle forme volumetriche. Convinto del primato della scultura sulla pittura. Incompiuto. - Michelangelo, Pietà, 1498-99, Città del Vaticano. Il soggetto della Madonna con il Cristo morto sulle ginocchia non era particolarmente diffuso nella scultura italiana: deriva dai Vesperbilder nordici. Pienezza di forme. Michelangelo non ambiva a essere al pari della natura, ma anche degli antichi scultori. Quando venne scoperto il Laooconte, nel 1506, era evidente che quello dell’ex uno lapide era soltanto un tópos, e che la scultura era solita in più parti con le commettiture ben nascoste. Nello scolpite la Pietà, Michelangelo fece lo stesso, facendo capire che il tópos era già vivo. È l’unica opera che reca la firma. Al culto per la bellezza ideale del Neoplatonismo laurenzio si richiamano i voti avvenenti (la Madonna è raffigurata giovanissima. La Pietà chiudeva un secolo e annunciava una nuova stagione, quella della Maniera moderna, che sia sarebbe aperta a Firenze con il ritorno in patria di Michelangelo. La Maniera moderna Dapprima l’Italia era divisa principalmente in cinque Stati: il Papato, Napoli, Venezia, Milano e Firenze. Con l’arrivo dei Francesi, i destini degli Stati italiani furono decisi dagli eserciti dei sovrani dei grandi Stati nazionali. All’apertura del secolo Milano passò ai Francesi, e il regno di Napoli alla corona aragonese di Spagna, stessa sorte che toccò poi alla Repubblica di Venezia. Giuliano della Rovere diventò papa con il nome si Giulio II nel 1503 e si distinse come mecenate e come bellicoso capo di uno Stato secolare. Grazie alla creazione della Lega santa (1511) riuscì ad ampliare i domini della Chiesa. Leone X (al secolo Giovanni de’ Medici) divenne papa nel 1513 e si distinse per il mecenatismo. Con lui i medici furono riammessi a Firenze. Nel 1517 Martin Lutero appose le sue 95 tesi, con le quali contestava la vendita delle indulgenze da parte della Chiesa di Roma. Iniziò uno scontro con il papato: le guerre di religione tra i sostenitori della Riforma e quelli del Papato avrebbero sconvolto l’Europa fino alla metà del Seicento. Carlo V nel 1519 fu eletto imperatore del Sacro Romano Impero (era anche re di Spagna e di Napoli - e a ciò si aggiungevano le terre del Nuovo Mondo). Per più di trent’anni sarebbe stato un protagoniste della politica europea contrastando l’avanzata della Riforma in Germania, combattendo i Turchi nel Mediterraneo e scontrandosi con il re di Francia Francesco I. Alla morte di Leone X gli succedette Clemente VII, sotto il cui pontificato Carlo V conquistò Roma nel 1527. Firenze all’inizio del Cinquecento: Leonardo, Michelangelo, Raffaello 1. Il David di Michelangelo: un simbolo della Repubblica Vasari chiamò la “Maniera moderna” la fase più matura del Rinascimento, distinguendo i suo campioni in Leonardo (che vi dette principio), Raffaello e Michelangelo. La Maniera moderna rappresenta il momento culminante, quello in cui i maestri riescono a superare gli antichi e la natura stessa. A Venezia i protagonisti furono Giorgione e Tiziano; in Emilia Correggio e Parmigianino; ma il vero motore fu la Roma di Giulio II e Leone X. La miccia era stata innescata a Firenze, dove, agli inizi del secolo, Leonardo, Michelangelo e Raffaello avevano convissuto per un breve lasso di tempo. - Michelangelo, David, 1501-04, Galleria dell’Accademia. Nel 1501 venne commissionata a Michelangelo una statua del David da collocare su uno dei contrafforti del Duomo. Il blocco di marmo era alto più di 5 metri. Fu collocata davanti a Palazzo Vecchio, da dove fu spostato nel 1873 e trasferito alla Galleria dell’Accademia. La scelta della collocazione era giustificata dal significato politico della statua, eletta a simbolo della Repubblica: come David aveva difeso il suo popolo e governatolo con giustizia, così doveva fare chi governava Firenze. La figura era cara alla città, tanto che già Donatello e il Verrocchio lo avevano effigiato in statue di bronzo. Nelle figure quattrocentesche appare come un adolescente trionfante. Michelangelo raffigura un giovane atletico dal fisico perfetto. David non ha ancora vinto, è pronto alla tenzone. La posa appare carica di energia: la posa richiama al contrapposto della scultura antica. 2. La Battaglia di Anghiari e la Battaglia di Cascina: Leonardo e Michelangelo Decorazione della Sala del Consiglio Grande in palazzo Vecchio (sala poi nota come Salone dei Cinquecento). Le pareti dovevano essere dipinte con scene di battaglia per ricordare le passate 26 Angelica Copes affermazioni militari della Repubblica. Di questi due enormi affreschi, nessuno è giunto fino a noi; ciò che vediamo oggi è opera di Giorgio Vasari. - Leonardo, Battaglia di Anghiari, 1503-05. Nel 1440 i Fiorentini sconfissero l’esercito milanese. Evidente passione per i cavalli e moti dell’animo: la scena si focalizzava su un gruppo di cavalieri che si azzuffavano. Dopo aver eseguito un cartone preparatorio, sperimentò una tecnica a encausto ispirata alla pittura romana: fu un fallimento. Oltre ad alcuni studi restano alcune copie: importante il movimento, le pose ardite, le escrezioni. - Michelangelo, Battaglia di Cascina, 1504. I Fiorentini sconfissero i Pisani nel 1364. Ridusse l’episodio a uno studio di nudi in movimento. Raffigura il momento in cui i Fiorentini, avvertiti dell’arrivo del nemico, stavano facendo i bagni nell’Arno. A causa della sua partenza per Roma nel 1505 il cartone preparatorio non venne mai tradotto in affresco. Fu smisurata la fama del disegno. Ad Aristotile da Sangallo di deve una fedele copia che testimonia l’energia della composizione, con corpi energici colti in scorci arditi e movimenti innaturali. 3. Scultura in pittura: il Tondo Doni Le pitture di Michelangelo ci appaiono come fossero traduzioni bidimensionali delle sue voluminose statue. - Michelangelo, Tondo Doni, ca. 1507, Uffizi. I dipinti tondi ebbero buona diffusioni nelle case fiorentine abbienti del Rinascimento. La commissione venne dal banchiere Angelo Doni. Il dipinto è dominato dal gruppo scultoreo della Sacra famiglia, colto in una posa innaturale. La Vergine muscolosa è a terra e si volta a prendere il muscoloso Bambino. Complicato esercizio di equilibrio cui assiste san Giovannino, in secondo piano dietro una trincea, che a sua volta separa il fondale roccioso popolato da una serie di nudi (predilezione per la purezza della figura umana). In alcuni nudi sembra omaggiare l’Apollo del Belvedere e il Laooconte. Si crede che il dipinto serva a celebrare la nascita di Maria Doni. Sicuramente, preannuncia quanto avrebbe fatto sulla volta della Sistina anche nei colori acidi, nel paesaggio spoglio e nelle figure dei protagonisti. - Michelangelo, Tondo Pitti, ca. 1505, Firenze. Identica carica di energia potenziale. Vergine costretta nelle dimensioni troppo piccole del formato. Gioca sugli effetti della materia. San Giovannino è scolpito in stiacciato. 4. Pittura in scultura: i bronzi di Giovan Francesco Rustici Per Leonardo il primato andava alla pittura, mentre la scultura è un’arte meccanica. La pittura prevede maggior fatica “di mente”. Nella Firenze di primo Cinquecento: rinnovare i gruppi scultorei per coronare le porte del Battistero. La commissione andò a Giovan Francesco Rustici, che nel realizzare l’impresa ebbe a fianco Leonardo. 5. Il giovane Raffaello matura con Leonardo, Michelangelo e Fra Bartolomeo. Raffaello fece tesoro delle novità di Leonardo e Michelangelo quando soggiornò a Firenze tra 1504 e 1508, dove dimostrò di evolvere rispetto alla tradizione del maestro Perugino. - Leonardo, Madonna col Bambino, sant’Anna e un agnellino, post 1503, Louvre. Tra le opere ammirate da Raffaello vi fu questa. Tipici caratteri leonardeschi: paesaggio roccioso, disposizione piramidale, resa sfumata, gestualità accentuata che allude ai moti dell’animo. - Raffaello, Madonna del cardellino, ca. 1506, Uffizi. Presenza dell’uccellino. Paesaggio umbro ma si discosta dal Perugino per l’impostazione piramidale e, in generale, lo studio di Leonardo è evidente. Conoscenza di Michelangelo (testa di Maria e fattezze del Giovannino). - Raffaello, Sacra famiglia Cangiani, ca. 1507, Monaco di Baviera. Composizione piramidale. Vergine accovacciata (riflesso del Tondo Doni), interazione tra le figure e moti dell’animo sulla lezione di Leonardo. - Raffaello, Ritratto di Agnolo Doni e Ritratto di Maddalena Strozzi, ca. 1506, Uffizi. Sono i committenti del Tondo Doni. Di tre quarti e a mezza figura. Balcone che affaccia sulla campagna toscana nello stile del Perugino. La formula era stata elaborata da Memling e si era diffusa in Italia, trovando un ottimo interprete nel Perugino. Concretezza del corpo e degli indumenti maggiore che nel Perugino. Nell’impostazione vediamo un omaggio alla Gioconda. - Leonardo, Gioconda, post 1503, Louvre. È il ritratto di Lisa Gherardini, moglie del fiorentino Francesco del Giocondo. Elementi della pittura di Leonardo: sfondo montuoso e nebbioso solcato da corsi d’acqua, attenzione al dettaglio naturale, uso accuratissimo dello sfumato, espressività intesa a rendere i moti dell’animo. - Baccio della Porta (Fra Bartolomeo), Apparizione della Vergine a San Bernardo, 1504-07, Uffizi. Esprime la devozione attraverso una composizione bilanciata e un gusto per il colore denso e ricercato con un gusto leonardesco per gli squarci di paesaggio. - Leonardo, Deposizione Baglioni, 1507, Galleria Borghese. Alludere alla grafica vicenda della famiglia Baglioni. Più che una deposizione pare un trasporto al sepolcro. La donna che si volta a 27 Angelica Copes da una cupola ispirata a quella del Pantheon e da quattro cupole più piccole. Ogni elemento avrebbe parlato antico, a partire dalla facciata simile ad un pronao classico. Per portare a termine il cantiere ci sarebbe voluto più di un secolo, e chiaramente Bramante morì prima. La cupola innalzata era stata disegnata da Michelangelo. Molti architetti si sarebbero succeduti alla direzione della fabbrica. - Bramante, Santa Maria del Popolo, 1505-10, Roma. Soluzione monumentale e rigorosa. Costruì un nuovo coro culminante in una solenne abside all’antica. Gli affreschi sono del pinturicchio. Vi sono due monumenti sepolcrali. - Andrea Sansovino, Monumento sepolcrale del cardinale Ascanio Maria Sforza, 1505-09, Santa Maria del Popolo. Realizzò due tombe gemelle. Aspetto tripartito che richiama la forma di un arco trionfale romano ornato da motivi antiquari. Ascanio appare reclinato sul fianco con la testa appoggiata su un braccio, allo scopo di far vedere meglio il defunto. Sansovino asseconda la frenesia per la scultura antica. Nel 1506 avvenne una scoperta archeologica importantissima: il Laooconte. Il gruppo raffigurava con notevole vigore espressivo il sacerdote troiano Laooconte che fu strangolato con i figli da due serpenti marini inviati da Atena, perché aveva cercato di convincere il suo popolo a rifiutare il cavallo lasciato ai greci. L’opera finì nelle mani del papa, che incaricò Bramante di allestire un “cortile delle statue” nel giardino del Belvedere, nel complesso del Vaticano. È proprio al Cortile del Belvedere che si fa risalire l’origine degli attuali Musei Vaticani. Quelle pose ed espressioni cominciarono ad essere modelli per scultori e pittori. Era stato proprio Michelangelo ad accorgersi che il Laooconte non era scolpito in un solo blocco di marmo, come aveva invece affermato Plinio. Egli, infatti, usava un tópos per esaltare la qualità dell’opera; ma i moderni erano ormai in grado di superare gli antichi: il David è uno ex lapide. 2. Raffaello e la Stanza della Segnatura Nel 1507 Giulio II decise di stabilirsi al secondo piano del Palazzo Vaticano, in degli ambienti che fece ristrutturare da Bramante e che dal 1508 vennero decorati da un’affollata équipe di maestri. Raffaello vi fu coinvolto e dimostrò il suo valore, al punto da conquistarsi poi l’intera commissione. Affrescò dunque le quattro stanze oggi note come “Stanze Vaticane”. - Raffaello, Stanza della Segnatura, 1508-11, Palazzi Vaticani. Venne chiamata così perché dal 1540 avrebbe ospitato il supremo tribunale ecclesiastico. In origine ospitava la biblioteca, pertanto le immagini alludono alle discipline che si studiavano nelle università. Raffaello, secondo consuetudine, cominciò dalla volta, che ha un assetto all’antica. L’ottagono centrale, con lo stemma del papa e gli spiritelli è di mano del Sodoma, ed è un dettaglio mantenuto da Raffaello che intorno vi dipinse in dei tondi quattro figure allegoriche: la Teologia, la Giustizia, la Filosofia, la Poesia. Al di sotto di ognuno di esse ha illustrato il medesimo tema attraverso una scena centrata su un amalgama tra Cristianesimo e mondo classico. Ne La disputa del Sacramento (1509) si nota la perfezione del pavimento prospettico. Sull’altare è disposto un ostensorio, ed intorno si raccolgono santi, pontefici, ecclesiastici e personaggi illustri che gesticolano con enfasi, esaltando il Sacramento. All’estrema sinistra riconosciamo Bramante. Vi sono anche Dante, Giulio II, Sisto IV, sullo sfondo un accenno alla fondazione della nuova San Pietro. In alto, Cristo siede al centro sulle nubi, e sopra di lui Dio Padre, sotto la colomba dello Spirito santo. Intorno, su due registri, drappello di patriarchi, profeti e santi. Si sente l’insegnamento del Perugino e quello leonardesco nella gestualità e nel rigore della composizione. Ne La Scuola di Atene (1510-11) il rigore prospettico è ancora maggiore. L’episodio si svolge in un enorme edificio all’antica che evoca la Basilica di Massenzio, mostrandoci come Bramante aveva immaginato l’interno di San Pietro. Le pareti fingono nicchie con abbondante corredo statuario. Questo contesto antiquario accoglie personaggi che dialogano o disputano, con la gestualità tipica di Raffaello. Al centro obediamo Aristotele e Platone. Tra gli altri, riconosciamo Euclide, Epicuro (..). si autorappresenta. In primo piano, solitario, siede Eraclito, che in verità è un ritratto di Michelangelo. Il Parnaso (1511) è il monte della Grecia consacrato ad Apollo e alle nove Muse protettrici delle arti. Non usufruisce dell’intero spazio (finestra). In centro Apollo suona una lira affiancato dalle Muse. Ai lati, una carrellata di poeti antichi e moderni, tra i quali si riconoscono facilmente Saffo, Dante, Omero e Virgilio. 3. Michelangelo: la tomba di Giulio II e la volta della Cappella Sistina Dal 1505 Giulio II aveva chiamato Michelangelo a Roma con l’idea di commissionargli il suo monumento sepolcrale nella Basilica di San Pietro. La vicenda vide una successione di varianti al progetto originario. 30 Angelica Copes - Il primo progetto. Prevedeva un monumento isolato di dimensioni ragguardevoli. Pianta rettangolare, ogni parte fornito di statue e altre statue “legate”: allo stesso modo del papa defunto, anche le arti erano imprigionate. Sopra questo registro sarebbero dovute esserci quattro grandi statue tra cui il celebre Mosé. In cima l’arca sosteniti da due angeli. Giulio II avrebbe trasformato la principale chiesa della Cristianità nel suo mausoleo personale. Dopo che litigarono, si riappacificarono nel 1506. Nel 1508, però, Michelangelo era impegnato nella Cappella Sistina. - Michelangelo, Volta della Cappella Sistina, 1508-12. Anche qui interpretò la pittura come scultura. La decorazione è articolata e ambiziosa, e si raccorda con il ciclo sistino di Storie di Mosé e di Cristo tramite la raffigurazione di scene dell’Antico Testamento. Lo spazio è scandito da una struttura architettonica dipinte, nella quale non ci sono ornati. Nella parte centrale si cono nove Storie della genesi, agli angeli serie di figure di nudi (venti). Nei sottostanti scomparti verticali siedono dodici Veggenti (sette Profeti e cinque Sibille). Le vele e le lunette illustrano un ciclo di Antenati di Cristo; nei pennacchi angolari quattro Storie dell’Antico Testamento. Sapientissima correlazione compositiva. Cromia acre e cangiante. - Storie della Genesi. Creazione di Adamo: il paesaggio è quasi inesistente. Perfezione anatomica del corpo nudo del primo uomo. Si toccano le dita e nasce la vita, resa attraverso le forme statuarie dei protagonisti. Peccato originale: viene creata Eva. Possenza dei corpi. La posa della donna è contorta all’innaturale. Le figure di Michelangelo hanno delle volumetrie energiche. Spazio che non ha bisogno della prospettiva. - Sibille e Profeti. Le figure femminili hanno corpi voluminosi come quelli maschili: emblematiche è la Sibilla Delfica per l’efficace scarto della testa rispetto al resto del corpo. Nei Profeti come Geremia appare il sentimento malinconico nella storia dell’arte europea. - Michelangelo, Mosè, 1513-16, monumento sepolcrale di Giulio II. Sta a sedere in atteggiamento percosso. Quando Giulio II morì il progetto del monumento sepolcrale venne rilanciato, modificando il progetto originale. Sepolcro parietale su più registri. Abolita la camera mortuaria. Nel 1516 un nuovo progetto semplificò ulteriormente il monumento. In quegli anni per il sepolcro realizzò anche due “prigioni”. Le pose sono contorte (omaggio al Laooconte). Altre furono solo abbozzate e mai finite. La differenza tra la figura del Louvre e quelle all’Accademia è evidente nello stato di finitura: all’Accademia vediamo una figura che sta cercando di liberarsi dalla materia che la ricorrere. Sovrumana tensione, che mostra con quale vigore Michelangelo aggredisse il blocco di marmo per far emergere la figura al suo interno. Vera e propria lezione di figura “per via di levare”. 4. L’antico e la Maniera: Andrea Sansovino e Raffaello in Sant’Agostino - Andrea Sansovino, Altare di Giano Coricio, 1512, Sant’Agostino (Roma). Le novità della sistina ebbero effetti immediati. All’origine dell’altare c’è la volontà di dare sepoltura a una cortigiana. Finì per essere trasfigurato in un culto per Sant’Anna. Il gruppo scultoreo raffigura Sant’Anna e la Madonna col Bambino. Prese spunto dal soggetto leonardesco. Passione per l’antico: Maria come matrona romana. Fortuna immediata. - Raffaello, Isaia. Al di sopra della nicchia dell’altare Raffaello raffigurò il profeta Isaia. Corre una somiglianza importante con le opere di Michelangelo. Isaia srotola una pergamena scritta in ebraico. Alle sue spalle due graziosi putti ispirati a un modello antiquario. 5. Raffaello e la Stanza di Eliodoro - Raffaello, Stanza di Eliodoro, 1511-14, Stanze Vaticane. Questa stanza era riservata alle udienze pontificie. Il programma iconografico ha una forte valenza politica, narrata altra verso episodi di una storia millenaria in cui la Chiesa o gli eroi biblici che ne prefigurano la funzione si salvano da varie minacce. Non mancano allusioni a quanto stava accadendo a Giulio II con il re di Francia Luigi XII. Adotta un linguaggio inedito: intensamente drammatico e segnato dalle novità di Michelangelo e della pittura veneziana. Nella volta vediamo quattro Storie dell’Antico Testamento allestite come fossero finti arazzi. La Cacciata di Eliodoro dal Tempio (1511-12) è un episodio apocrifo dell’Antico Testamento. A destra, un cavaliere travolge un uomo in armatura, mettendo in fuga il suo seguito. Dettaglio michelangiolesco: vaso rovesciato, che ci fa capire che si tratta di Eliodoro, emissario del re di Siria incaricato di profanare il tempio di Gerusalemme. A metterlo in fuga è il cavaliere inviato da Dio grazie alle preghiere del sacerdote che vediamo inginocchiato di fronte alla menorah. La navata del tempio fugge in prospettiva. Architettura diversa: a quella antiquaria si contrappone una passione per una resa vitale della realtà. A sinistra entra in scena Giulio II su un trono mobile, davanti a cui c’è un corteo di vedove e orfani. Il messaggio è che la chiesa difende i deboli. Questo ingresso trionfale parla veneziano (colore). Raffaello è capace di fare propria ogni suggestione e aggiornare costantemente il suo stile. La Messa di Bolsena 31 Angelica Copes (1512) è il miracolo che diede origine alla festa del Corpus Domini. Allude alla difesa dell’eresia: durante la messa in cui un prete dubitava della trasformazione del pane e del vino in corpo e sangue di Cristo, l’ostia iniziò a gettare sangue. Atmosfera tenebrosa. Giulio II è inginocchiato di fronte all’altare. Nelle carni, nelle stoffe, nei bagliori tutto parla veneziano. La Liberazione di san Pietro dal carcere (1512-13) avviene grazie all’apparizione di un angelo. Allude anche alla liberazione dei territori della Chiesa dalla minaccia francese. Tre momenti: al centro l’angelo appare dentro la cella di san Pietro dormiente; a destra i due se ne vanno mentre i carcerieri dormono; a sinistra la fuga è stata scoperta (terrore nelle guardie). Eccezionale luminismo. Il ciclo si completa con l’Incontro tra Attila e Leone Magno (1513-14) concluso quando a Giulio II era succeduto Leone X. 6. La villa di Agostino Chigi: Peruzzi, Raffaello, Sebastiano del Piombo e Sodoma Uno dei più illustri committenti di Raffaello fu Agostino Chigi, imprenditore e nacchere che gestì òe finanze pontificie sotto Giulio II. La sua dimora appartiene oggi all’Accademia dei Lincei e nota come Villa Farnesina. La villa suburbana si trova appena fuori dal centro di Roma, in una posizione strategica. Il progetto fu affidato all’architetto senese Baldassarre Peruzzi. È un modello nuovo: appare come un palazzo a due piani che si apre con una loggia a cinque arcate e due ali aggettanti verso il giardino. In origine aveva le pareti esterne dipinte all’antica, ma tale decorazione non è giunta fino a noi. - Sala di Galatea. Il gusto all’antica si riconosce anche negli interni affrescati. Raffaello, Trionfo di Galatea, 1511-12 rappresenta il trionfo della ninfa del mare, che appare su una conchiglia trainata da due delfini in mezzo alla sua corte. Il tema antico e d’amore è reso con figure “ingrandite” alla luce della sistina. La storia vuole che la ninfa si innamorò del giovane Aci, ucciso poi da Polifemo, a sua volta innamorato di Galatea. A sinistra, il Polifemo di Sebastiano del Piombo guarda Galatea tranquillo, mentre lei sembra voler fuggire. Il suo linguaggio è veneziano nel paesaggio e nel colore, ma nella possanza della figura dimostra di conoscere le novità michelangiolesche. A Sebastiano spettano anche le lunette con “poesie” mitologiche tra cui Dedalo e Icaro e Giunone. Sensualità e ampie campire di colore puro dalla pittura veneziana. Nel soffitto Baldassarre Peruzzi aveva raccontato l’oroscopo di Agostino Chigi in una complicata serie di personificazioni di pianeti e costellazioni nelle vesti di divinità antiche. - Sala delle prospettive. Intorno ad Agostino orbitava una vasta corte: lo spazio davanti alla loggia era utilizzato come scena teatrale. Gli incredibili apparati scenografici non sono arrivati fino a noi, ma Baldassarre Peruzzi affresca questa sala intorno al 1518, rendendo protagonista la pittura illusionistica attraverso la quale le pareti fingono nicchie con statue e un loggiato aperto su un paesaggio romano. - Sala delle Nozze. Verso il 1516-18 Agostino si sposò con Francesca Ordeaschi, e in quest’occasione chiese al Sodoma di affrescare nella camera da letto un paio di Storie di Alessandro Magno. Fra queste, Nozze di Alessandro e Rossane: raffigura una ricca camera dove Rossane siede sul letto seminuda e Alessandro si volta verso di lei. Cercò di ricostruire un perduto dipinto dell’antichità. L’episodio avviene al di là di una balaustra aperta al centro, come se si potesse partecipare alla scena. 7. L’Incendio di Borgo, le Logge e la bottega di Raffaello - Raffaello, Stanza dell’Incendio di Borgo, 1514, Stanze Vaticane. Nel 1513 fu eletto papa Giovanni de’ Medici con il nome di Leone X. Interpreta l’episodio come fosse una scenografia. Nell’847 nel quartiere di Borgo (davanti al Vaticano) divampa un incendio che vediamo ai lati della lunetta, che appaiono come quinte architettoniche popolate di figure che fuggono. Al centro obediamo la facciata dell’antica basilica paleocristiana di San Pietro e, più avanti, la loggia da cui si affaccia Leone IV, che placa miracolosamente l’incendio (allude alla politica pacificatoria di Leone X. Anche nelle altre storie è protagonista un pontefice di nome Leone, e sono state in gran parte affidate alla bottega di Raffaello. - Raffaello e bottega, Logge vaticane, 1518-19. Nel secondo decennio del Cinquecento Raffaello era impegantissimo: alla morte di bramante gli venne affidato il cantiere della nuova Basilica Vaticana. Nel 1515 iniziò un ciclo di dieci arazzi con Storie dei santi Pietro e Paolo per il registro inferiore della Sistina (i cartoni sulla base dei quali vennero fatti gli arazzi). Tutto ciò gli impose di organizzare una bottega che accolse giovani di talento. Tra le principali imprese compiute troviamo la loggia del secondo piano del Palazzo Apostolico e la Loggia di Psiche nella Villa Farnesina. Inoltre, vi fu la decorazione delle Logge Vaticane: una galleria di tredici campate ornate ad affresco e stucco che illustrano le Storie dell’antico e del Nuovo Testamento. La Loggia di Psiche racconta la Storia di Amore e Psiche, pensata per richiamare il matrimonio di 32 Angelica Copes 2. Ludovico Ariosto e Dosso Dossi Alfonso d’Este fu protettore del poeta Ludovico Ariosto, che scrisse l’Orlando furioso. Giovanni Luterai detto Dosso Dossi (ca. 1486-1542) fu al servizio di Alfonso nel 1514. Lavorò alle decorazioni della “via coperta” e mise a punto uno stile fantasioso che rispecchia gli ideali di corte estensi e il gusto ariostesco. - Dosso Dossi, Melissa, ca. 1520, Galleria Borghese. Raffigura un personaggio dell’Orlando furioso, ovvero Melissa. La libertà cromatica di Tiziano appare arrangiata a un registro cortese. Risalta la preziosità dell’abito. Paesaggio di matrice gigionesca in una visione onirica e fantastica. Novità a Firenze: la scuola dell’Annunziata e Michelangelo 1. Andrea del Sarto: Pontormo e Rosso nel chiostrino dell’Annunziata La chiesa della Santissima Annunziata ha un ingresso al modo delle antiche basiliche romane: è preceduta da un cortile porticato detto “chiostrino dei voti”, costruito nel Quattrocento su disegno dei Michelozzo, e appare come una severa galleria di gusto brunelleschiano. Tra il primo e il secondo decennio del Cinquecento accolse il più importante ciclo della Firenze del tempo, e vide il confronto tra Andrea del Sarto e i suoi allievi Pontormo e Rosso Fiorentino. Questi affreschi tracciavano una nuova strada nella pittura fiorentina, un linguaggio complesso in cui i modelli di Leonardo, Raffaello e Michelangelo erano riletti. La Maniera moderna si faceva così “maniera”, ovvero lo stile del Rinascimento maturo mutava in qualcosa di più complicato ed eccentrico. Una volta superati gli antichi e imitata alla perfezione la natura non si poteva che andare oltre, essere originali in una pittura in cui l’artificio diventava la regola. Nella pittura fiorentina la passione per l’antico era ormai finita. - Andrea del Sarto, Natività della Vergine, 1514, chiesa della Santissima Annunziata. Andrea del Sarto (1486-1530) nacque a Firenze. Spazio grandioso, clima intimo. I gesti delle figure sono memori della lezione leonardesca, presente anche nello sfumato. Gioacchino (seduto) sottolinea che conosceva le novità romane di Michelangelo. La grazia dei volti viene da Raffaello. Scena equilibrata. Nella bottega di Andrea del Sarto si formarono due apprendisti: Jacopo Carrucci detto il Pontormo (1494-1557) e Giovanni Battista di Jacopo, detto il Rosso Fiorentino (1494-1540). - Pontormo, Visitazione, ca. 1514-16, chiesa della Santissima Annunziata. Si svolge sul proscenio di un emiciclo. Elisabetta si inginocchia a Maria. Pittura morbida, dolce e sfumata di effetto naturale, figlia dello studio di Leonardo. Il tono cromatico sui colori dell’arancio, rosso e malva è una volontà di guardare alla pittura romana. L’ancella seduta sulle scale è michelangiolesca (ma svuotata di energia). Rompe con la pittura fiorentina del Quattrocento proponendo una personale vena caratteriale, come notiamo nell’aspetto malinconico di certe figure. - Rosso Fiorentino, Assunzione della Vergine, 1513-14, chiesa della Santissima Annunziata. La rottura con la tradizione è ancora più evidente. Non ebbe successo. Non ci sono architetture o paesaggi, è tutto giocato su due gruppi di figure. In alto, la Vergine assunta circondata da angioletti. In basso, gli apostoli a osservare. Queste figure tendono a essere irriverenti. L’insieme è stravolto dalla macchia verde del mantello che deborda. Manca il sarcofago in mezzo gli apostoli. Rosso va oltre il maestro: pare voler coniugare i moti dell’animo con la conoscenza delle incisioni nordiche di Dürer. 2. Tre pale d’altare - Andrea del Sarto, Madonna delle Arpie, 1517, Uffizi. La Vergine col figlio è posta su un piedistallo ortogonale sul quale vi sono delle arpie (corpo di donna e volto di uccello). Figure solide e statuarie. Composizione equilibrata. Studiata alternanza tra luce e ombra. Schema piramidale caro a Leonardo. San Francesco con panneggio con pieghe abbondanti. A destra san Giovanni scrive il Vangelo. - Pontormo, Pala di San Michele Visdomini (Pala Pucci), 1518, Firenze. Colori vivaci cifra caratteristica. Gli angioletti agli angoli superiori aprono il tendaggio nel quale si mostra Maria seduta in un contorto contrapposto. La sacra conversazione è animatissima e volutamente sgangherata. Sguardi visionari. Rimandi al Mosè di Michelangelo. - Rosso Fiorentino, Pala dello spedalingo di Santa Maria Nuova, ca. 1518-19, Uffizi. Insuccesso del dipinto. Sacra conversazione con impostazione piuttosto tradizionale. Colori vivaci, spazio un po’ compresso. Resa di figure molto espressive. No attenzione alla creazione di una scatola prospettica. Attori stravaganti e spigolosi, con le mani che sembrano artigli, gli occhi attoniti e un'aria crudele. 35 Angelica Copes 3. Rosso Fiorentino a Volterra - Rosso Fiorentino, Deposizione della Croce, 1521, Volterra. Dopo gli insuccessi. Firenze, Rosso si spostò a lavorare per centri periferici. Intonazione cupa. Croce solida e geometrica. Paesaggio desolato come quelli michelangioleschi. Cielo azzurro astratto. A calare il corpo sono tragiche maschere teatrali che si arrampicano su tre scale dipinte in modo essenziale, che rendono la composizione instabile nella loro asimmetria. Sotto esplode il dolore. Come Michelangelo, punta tutto sulla figura umana, ma rinuncia al plasticismo dei corpi. La sua umanità è scheletrica, esasperata, diabolica. I volumi tendono ad un’accentuata geometrizzazione. Linguaggio modernissimo. Solo con il Novecento le potenzialità di questo dipinto vennero comprese. 4. Michelangelo e Leone X: San Lorenzo e la Sagrestia Nuova Con l’elezione di Giovanni de’ Medici come papa Leone X, a Firenze furono riammessi i Medici. Negli anni successivi diede avvio a due grandi progetti per la sua città. - San Lorenzo, facciata. La chiesa era stata scelta dai Medici per le proprie sepolture. L’incarico di completare la facciata venne affidato a Michelangelo, e sappiamo cosa avesse in mente grazie ad un modello ligneo: facciata su due registri che nascondesse le differenti altezze delle navate. L’effetto sarebbe stato simile a quello di un palazzo maestoso. Non fu mai completato. - Biblioteca Laurenziana. Il progetto di San Lorenzo si arenò perché a Michelangelo venne affidato il progetto di allestirà una biblioteca vicino alla chiesa stessa nel 1519. La sala di lettura fatta su disegno di Michelangelo. - Michelangelo, Sagrestia Nuova, 1520-24, San Lorenzo. Costruzione di un nuovo mausoleo in cui collocare le tombe dei Magnifici (Lorenzo e Giuliano): una cappella autonoma da innalzare alla fine del transetto destro, a fare da pendant alla Sagrestia vecchia. Sorse su pianta quadrata e fu chiusa da una cupola: omaggio al modello della Sagrestia Vecchia evidente. All’interno notiamo il ripetersi del gusto brunelleschiano, nel contrasto bianco e grigio. Nella struttura delle tombe e nell’architettura è chiaro come Michelangelo superi la devozione per l’antico e proponga un nuovo modo di pensare. È impossibile dire dove l’architettura si fa scultura e viceversa - Michelangelo, Tombe gemelle di Lorenzo e Giuliano de’ Medici, 1520-34, San Lorenzo. Rompe con la tradizione dei monumenti funerari precedenti. Strutture massicce per profondità e altezza. Tripartite e divise in due registri. In alto tre nicchie in forma di finestre, due vuote e in quella centrale una statua del defunto. In basso il sarcofago, sul cui coperchio ci sono due volute anticlassiche su cui poggiano due figure che alludono al tempo che consuma tutto e poter alla morte. Sono, infatti, su di uno il Giorno e la Notte, sull’altro l’Aurora e il Crepuscolo. Sentimento malinconico. Figure possenti in pose difficili. - Michelangelo, Madonna col Bambino, 1520-34, San Lorenzo. Non portò mai a compimento la decorazione della Sagrestia. Nel 1534 abbandonò Firenze, infatti alcune statue appaiono non finite (come le allegorie die monumenti sepolcrali): la loro complicatissima torsione è un emblema della Maniera. Questo gruppo della Madonna col Bambino fu pensato per stare al centro del monumento di Lorenzo e Giuliano, ma non fu mai innalzato. Oggi la vediamo su un semplice basamento. Dal Sacco di Roma alla Controriforma Nel 1526 nasce la Lega di Cognac, che coinvolge il Papato, le Repubbliche di Firenze e Venezia e la Francia di Francesco I. Nel frattempo, Giuliano de’ Medici era stato eletto papa con il nome Clemente VII. In risposta alla Lega, l’esercito dei lanzichenecchi di Carlo V conquistò Roma nel 1527. Nel 1529 si raggiunse la pace di Cambrai. Nel 1559, Filippo II (figlio di Carlo) avrebbe ratificato con Enrico II di Francia il trattato di Cateau-Cambrésis, che segnava la fine delle guerre d’Italia. Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna erano in mano agli spagnoli. La Chiesa conservava il dominio temporale su gran parte del centro Italia, dove Firenze aveva ottenuto il territorio della Repubblica di Siena. Solo Venezia restava una Repubblica autonoma. Nel 1534 a Clemente VII succedette Alessandro Farnese con il nome di Paolo III, che adottò una politica di difesa dalla minaccia protestante, approvando nel 1540 la regola dei Gesuiti, riorganizzare l’inquisizione e aprire il Concilio di Trento nel 1545. Il concilio si chiuse solo nel 1563 con Pio IV, dando avvio all’ ”Età della Controriforma”, una stagione segnata dall’applicazione delle disposizioni conciliari. Il concilio riaffermò l’assoluta autorità spirituale e temporale della Chiesa di Roma. Le arti figurative rappresentarono uno strumento fondamentale: vennero proposte immagini sacre dal linguaggio semplice e comprensibile, con una rinuncia degli artifici della Maniera. La Chiesa trovò un paladino in Filippo II. Nel 1571 la Lega santa (Spagna, Papato, Serenissima e altri stati) arrestò l’avanzata dei Turchi. l’Inghilterra era ormai protestante: dal 1533 Enrico VIII aveva dato vita alla Chiesa 36 Angelica Copes anglicana, che accoglieva alcuni principi luterani e riconosceva come capo supremo il re. Aveva creato uno Stato laico capace di evitare le violente guerre civili che insanguinavano gli altri Paesi. Novità nel paesaggio: ville, giardini, montagne sacre 1. Le ville: tenute agricole e luogo di svago Si affermano nuove forme di interazione tra l’uomo e il paesaggio. Già Leon Battista Alberti sottolineava la duplice fusione della villa: residenza per l’ozio e lo svago intorno alla quale esercitare l’agricoltura per sostenere la propria famiglia. Si trattava di trasportare in campagna gli agi della vita urbana, articolandone i ritmi in una calcolata simbiosi con la natura. - Giorgio Martini e/o Baldassarre Peruzzi, Villa Chigi delle Volte, 1505, Siena. Prototipo per eccellenza della villa rinascimentale. Pianta a ferro di cavallo. Intima relazione con il paesaggio. L’edificio è isolato rispetto agli annessi agricoli. - Andrea Palladio, Villa Emo, 1556-59, Castelfranco Veneto. Rielaborazione ordinata e razionale dei canoni antichi. Integrare la villa con gli annessi agricoli, detti “barchesse”. Il corpo centrale si distingue per il pronao all’antica ed è simmetricamente affiancato da due lunghi edifici con loggiato. - Palazzo Pitti. Villa in città. Pianta a ferro di cavallo. Costruito nella seconda metà del Quattrocento, ciò che vediamo oggi è frutto di una ristrutturazione voluta da Cosimo I. Integrazione dei paesaggi urbano e agreste. 2. Paesaggio agrario, giardini e fontane - Giusto Utens, Lunette con possedimenti medicei, 1599-1602. Scrupolose vedute a volo d’uccello che descrivono il paesaggio agrario alle spalle della relativa villa. In Belvedere con Pitti, in basso vediamo il palazzo senza l’ampliamento secentesco e il corridoio vasariano. In alto, il Forte di Belvedere. Vasti giardini alle spalle. L’assetto del giardino di Boboli era conseguenza di specifici progetti di veri e propri architetti di giardini. È in questo contesto che nasce il giardino all’italiana: un giardino che traduce in termini monumentali l’ordine e le simmetrie dell’hortus conclusus medievale, prevedendo un’organizzazione razionale degli spazi realizzata attraverso l’utilizzo di arbusti e siepi sempreverdi. Si usava anche dare forme particolari alle piante. Un ruolo fondamentale lo ricopre l’acqua, in forma di vasche o fontane. - Giambologna, Appennino, 1580, Villa di Pratolino, Firenze. Scultura colossale. Deciso intervento dell’artista sul paesaggio. - Sacro bosco di Bomarzo, Viterbo. Noto anche come Parco dei mostri, è una sorta di percorso con gruppi scultorei mostruosi ed edifici stravaganti. Volontà di strabiliare il visitatore. In origine vi erano anche giochi d’acqua. 3. Luoghi di fede: i Sacri Monti e le certose - Sacro Monte di San Vivaldo (Firenze). I Sacri Monti nascono con funzione devozionale, allo scopo di ricostruire un percorso che riproducesse i luoghi della Terrasanta rappresentandoli in forma convenzionale. Diventò un vero e proprio genere che si articola attraverso cappelle dedicate a un episodio della vita di Cristo. Vivere l’esperienza di un pellegrinaggio. La costruzione fu iniziata nel 1500. Venticinque cappelle decorate con gruppi scultorei in terracotta policroma con una tecnica che richiama le robbiane. - Sacro Monte di Varallo (Vercelli). Compiuto solo nel Seicento. Quarantotto cappelle con affreschi e popolate da 800 statue. Crocifissione: sorta di museo delle cere infervorato di sentimento. Gli ordini monastici segnano il passaggio con nuove fondazioni o ristrutturazioni. L’ordine certosino venne fondato in Francia nel 1084. Ci sono diversi esempi di certose. - Certosa di Pavia. - Certosa del Galluzzo (Firenze). Posta su un’altura. Appare quasi come un castello: oltre a chiese, chiostri e celle comprende un palazzo merlato (residenza laica). - Certosa di Serra San Bruno (Calabria). Non ci è arrivato integro, è frutto di una ristrutturazione. - Certosa di Padula (Salerno). Frutto di una ricostruzione. L’età di Clemente VII e il Sacco di Roma 1. Gli eredi di Raffaello e la Roma di Clemente VII Raffaello morì nel 1520. 37 Angelica Copes - Beccafumi, San Michele scaccia gli angeli ribelli, Siena. Allude alla capacità della Chiesa di difendersi dalla Riforma. La versione del 1524 mostra l’arcangelo in alto attorniato da una gran confusione di figure. Predilezione per il nudo michelangiolesco, interpretato con iridescenti sbattimenti di luce. È incompleto. La versione del 1528 propone una composizione più ordinata, con Dio Padre circondato dagli angeli. Sotto di lui san Michele alza la spada per sconfiggere Lucifero. Mirabolanti effetti luministici. - Beccafumi, Sala del Concistoro, 1529-36, Palazzo Pubblico di Siena. Manifesto di valori repubblicani da mostrare a Carlo V. Volta all’antica spartita in riquadri con al centro le figure allegoriche della Giustizia e dell’Amor di Patria. Al di sotto una serie di eroi e storie antiche rappresentato con uno stile brillante di colori e di movimento e un attento rigore spaziale. Ciclo chiaramente politico. Nella scena del Sacrificio del re Codro, al centro l’ultimo re di Atene si sveste e traveste da vecchio, andando a provocare dei soldati che lo uccidono. Il suo sacrificio permettere ad Atene di vincere la guerra, passando da monarchia a Repubblica. 8. Bizzarrie padane: Parmigianino alchimista Durante il Sacco fuggi per qualche anno a Bologna e poi tornò definitivamente a Parma nel 1531. - Parmigianino, Catino absidale della chiesa di Santa Maria della Steccata. Unica parte completata della decorazione della Steccata: il sottarco. Dominato da colori accecanti e un assetto architettonico giocato su lacunari all’antica circondati da festoni di frutta. Alla base dell’arcane due coppie di nicchie con figure monocrome di personaggi biblici e due terzetti di eleganti figure femminili. Felice ed elegante interpretazione della figura serpentinata. - Parmigianino, Madonna dal collo lungo, ca. 1534-39, Uffizi. Eleganza aristocratica. Allunga esageratamente le figure. È incompleta. San Girolamo srotola un papiro. Embelmatica della tarda attività del pittore, contraddistinta da una grazia estrema nei colti e dalle acconciature di impareggiabile finezza. 9. Le peregrinazioni di Rosso Fiorentino Dal Sacco Rosso scappa prima a Perugia e poi a Sansepolcro. - Rosso Fiorentino, Compianto sul Cristo morto, 1527-28, Sansepolcro. Torna a essere demoniaco: atmosfera tenebrosa, ricompare la croce con le scale. Clima di dolore ed eccentrica tensione. Al centro è il Vesperbild: Maria, velata e svenuta, tiene sulle gambe il corpo del figlio scheletrico. Giovanni ne sostiene le spalle e la Maddalena si dispera. Angosciante afflizione. Tra i soldati uno è bestiale, con il volto di una scimmia. Nel 1530, dopo un breve soggiorno a Venezia, se ne andò in Francia alla corte di Francesco I. Anche Leonardo aveva trascorso gli ultimi due anni al suo servizio, morendo nel 1519. Fin dal 1532 Rosso fu impegnato in un cantiere prestigiosissimo: il castello di Fontainebleau, fortemente ispirato alla Maniera italiana. Adotta uno stile più sereno, scene della vita del sovrano ed episodi tratti dall’antico come il Bagno di Pallade, un trionfo di figure serpentinate. I principali esponenti della cosiddetta “scuola di Fontainebleau” ebbero un ruolo centrale nella diffusione della Maniera italiana in Francia. 10. Benvenuto Cellini in Francia Nel cantiere del castello arrivò nel 1540 Benvenuto Cellini (1500-1571), che si confrontò anche con la scultura monumentale in bronzo: decorazione plastica della Porte dorée, della quale oggi rimane una lunetta con una ninfa in posa michelangiolesca. Dietro di lei un cervo a ricordarci uno dei principali svaghi della corte. Cellini è anche famoso per i suoi capolavori di oreficeria, come la saliera che realizzò per Francesco I, icona dell’artificio della Maniera. Sono il Mare (Nettuno) e la Terra seduti e nudi. Roma dopo il Sacco: dall’ombra di Michelangelo al colore di Barocci 1. Michelangelo pittore: il Giudizio universale Nel 1534 Michelangelo abbandonò Firenze per trasferirsi a Roma, dove sarebbe rimasto per il resto della sua vita. Papa Clemente VII chiese a Michelangelo di riaffrescare il la parete principale della Cappella Sistina, ma morì prima. Michelangelo lo eseguì dunque per Pio III (Alessandro Farnese). Venne distrutto il ciclo quattrocentesco cui, fra gli altri, contribuirono il Perugino e lo stesso Michelangelo. Il Giudizio universale sarebbe stato scoperto al pubblico nel 1541. Il ciclo porga alle estreme conseguenze il linguaggio giocato sullo studio di nudi possenti e articolati, che ripropone con inaudita libertà. Le figure sono protagoniste e articolano la struttura della rappresentazione. È facile seguire la narrazione. Tutto ruota intorno a Cristo giudice; a destra la figura serpentinata della Madre con intorno una moltitudine di santi. Tra questi, san Bartolomeo tiene il coltello con il quale fu scuoiato e la propria pelle, nel volto della quale Michelangelo si è autoritratto. Nelle lunette, 40 Angelica Copes gruppi di angeli senza ali. Sotto suonano le trombe del Giudizio. A sinistra vediamo la resurrezione dei corpi dalle viscere della terra, a destra l’inferno e il tormento. In mezzo un fiume con Caronte, il traghettatore di anime. È un omaggio alla Commedia dantesca, e non è l’unico: al margine degli inferi troviamo Minosse che appare come un’orribile creatura avvinghiata nella sua stessa coda. Il volto è quello di Biagio da Cesena, che biasimò il Giudizio. La moltitudine di nudi era critica ricorrente. L’inarrestabile dinamismo domina nell’organizzazione spaziale, gli angeli non hanno ali o aureole, ci sono personaggi del mondo pagano. Chiuso il Concilio di Trento nel 1564, anno della morte del Buonarroti, a Daniele da Volterra fu affidato il compito di nascondere le oscenità del Giudizio, cosa che fece con grande discrezione. Il Giudizio ebbe enorme fortuna tra gli artisti e si erse a vero e proprio manifesto della Maniera. 2. Gli ultimi affreschi di Michelangelo: la Cappella Paolina - Michelangelo, Cappella Paolina, 1542-45, Roma. Dimostra che il linguaggio del Giudizio si può adattare ad altri soggetti. Cappella intitolata ai santi Pietro e Paolo: Conversione di Paolo e Crocifissione di San Pietro. Figure grandiose, paesaggio scabro, colori dai toni abbassati. Contrasto tra cielo e scene. Dispone in tralice i protagonisti: Pietro inchiodato a testa in giù e Paolo disarcionato a terra - questo perché alle pareti ci si approccia in modo obliquo. 3. Michelangelo docet: Daniele da Volterra e il cantiere della Sala Paolina Le novità del Giudizio si diffondono grazie ad una nuova generazione di maestri, come Daniele da Volterra (1509-66). - Daniele da Volterra, Deposizione, 1545-47, Roma. Si converte alla maniera michelangiolesca. La costruzione ricorda l’opera di Rosso (croce poggiata alle scale). I colori richiamano l’acidità michelangiolesca. Gioca sui grovigli di figure muscolosissime. - Perin del Vaga e bottega, Sala Paolina, 1545-47, Castel Sant’Angelo. Morì nel 1547 e Marco Pino e Pellegrino Tibaldi continuarono la committenza. 4. Michelangelo scultore: la Tomba di Giulio II, la Pietà Bandini e la Pietà Rondanini - Michelangelo, Monumento sepolcrale di Giulio II, 1542-45, San Pietro in Vincoli. Venne cambiato il luogo e usati marmi già lavorati. Tomba parietale su due registri. In alto, al centro, un gisant, sopra una Madonna col Bambino e una sibilla e un profeta ai lati, opra di altri artisti. Sul registro inferiore le opere di Michelangelo: il Mosè con ai lati due figure femminili dell’Antico Testamento, ovvero Rachele e Lia, che sarebbero andate in spose a Giacobbe. Allegorie della vita contemplativa (Rachele) e della vita attiva: contrasti tra la Riforma luterana e la Chiesa sulla salvezza dell’uomo. - Michelangelo, Pietà Bandini, ca. 1547-1555, Firenze. Voluminoso gruppo con cristo, la Vergine, la Maddalena e Nicodemo. Intreccio di figure: coerenza con quello che fa in pittura. Cristo casca. Volle ritrarsi in Nicodemo ma non finì l’opera. Nel 1555, infuriato, prese il gruppo a martellate. Fu un suo allievo a rimettere insieme i pezzi. - Michelangelo, Pietà Rondanini, ca. 1552-64, Castello Sforzesco. Il corpo di cristo scivola sotto il peso della morte, la Madre lo sostiene. Decise di stravolgerla in corso d’opera, infatti vediamo un braccio isolato. Intima fusione delle figure: la testa di Cristo nasce dalla spalla di lei. È un “non finito” che appare di una modernità sconvolgente. 5. Michelangelo architetto: il Campidoglio e la cupola di San Pietro Paolo III incaricò Michelangelo alla soprintendenza dei Palazzi Apostolici dal 1535. Negli anni successivi aveva avviato un intervento di riqualificazione di uno dei più insigni spazi di Roma: il Campidoglio. Fu costruito il Palazzo Senatorio e il Palazzo dei Conservatori. La soluzione adottata fu quella della piazza di Pienza (spazio trapezoidale). Palazzo Nuovo fu costruito solo nel Seicento, edificio gemello di Palazzo dei conservatori. Si distinguono per il profondo porticato, l’ordine gigante delle palestre e la balaustra di coronamento (architettura michelangiolesca). Al centro è accolta la statua di Marco Aurelio (copia). - Michelangelo, Palazzo Farnese (dimora di famiglia). Monumentale facciata con cornicione concepito come scultura. Finestrone centrale con stemma pontificio. Vertice della genealogia dei palazzi rinascimentale, che ha come precedenti quelli fiorentini. - Cupola di Michelangelo, Basilica di San Pietro. Visione ciclopica dell’architettura. Enorme cupola a sesto rialzato come quella di Firenze. Fu completata alla fine del secolo. 6. Tiziano a Roma Tiziano giunse nella Roma Farnesina nel 1545. - Tiziano, Danae, 1544-1546, Museo Nazionale di Capodimonte. Dipinta per il cardinale Alessandro Farnese. Prima versione di un soggetto mitologico. Nudità femminile con forme corpulente (aggiornate su Michelangelo). Colore liquido, vibrante e luminoso della pittura veneziana. 41 Angelica Copes - Tiziano, Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese, 1546, Museo Nazionale di Capodimonte. Vecchio papa ingobbito. Il cardinale Alessandro ci guarda con autorevolezza. Verismo estremo. Colori accesi e intonazione cupa. Raffigurazione chiara del fenomeno del nepotismo. Il suo passaggio in città non ebbe effetto sulla Maniera romana. 7. Fasti farnesiani: la Villa di Caprarola Il cardinale Alessandro acquisto la villa appartenuta ad Agostino Chigi (detta appunto la Farnesina). Alessandro fece inoltre costruire una villa nel borgo di Caprarola (vicino a dove proveniva la famiglia). Ciò che oggi vediamo è frutto del lavoro dell’emiliano Jacopo Barozzi da Vignola. Esibizione del potere farnesiano che domina il paesaggio. È una villa in campagna ma anche una fortificazione geometrica a pianta pentagonale. Organizzato intorno a un cortile circolare e una scala elicoidale. Ambienti affrescati con grottesche e illustrazioni celebrative del casato. Il salone principale è detto dei “Fasti farnesiani”. 8. La Controriforma: Jacopo Vignola e Scipione Pulzone Nel 1563 si concluse il Concilio di Trento. Alla Maniera si sostituì uno stile più austero. Le chiese divennero più spaziose e accoglienti, vennero eliminati i tramezzi. I cambiamenti ebbero diffusione capillare sulle aree che mantennero la fede cattolica. Guardiamo al tempo innalzato a Roma quale chiesa madre della compagnia di Gesù, ordine fondato nel 1534 per difendere e diffondere la fede cattolica. La Chiesa del Gesù fu innalzata sia progetto di Jacopo da Vignola, architetto di fiducia del cardinale Farnese. Pianta longitudinale con a croce latina con ampia navata affiancata da cappelle. Navata aperta per non ostacolare il rapporto tra il clero e il popolo. Austera monumentalità per imporre rispetto e devozione. - Scipione Pulzone, Compianto sul Cristo morto, 1593, Metropolitan Museum. Scipione Pulzone (1540-1589) propone una pittura molto diversa da quella di Maniera. Contenuto chiaro, composizione ordinata, linguaggio diretto. Colori non troppo accesi. Atmosfera devota e pietistica. Persuadere il popolo ad abbracciare la religione. Corrispondendo ai precetti della Controriforma, la pittura di Scipione appare come un’arte senza tempo, pensata per essere oggetto di culto in ogni epoca. 9. Il colore di Barocci e la devozione di san Filippo Neri Nel 1575 Gregorio XIII concesse la chiesa di Santa Maria in Vallicella al sacerdote Filippo Neri (1515-1595). Filippo fondò la Congregazione dell’Oratorio e viveva la Controriforma con uno spirito di allegria, coinvolgendo il popolo e in particolare i giovani. - Federico Barocci, Madonna del gatto, ca. 1575, National Gallery. Linguaggio coloratissimo. Composizione ordinata e serena in cui la pittura di Raffaello e del Correggio sono reinterpretata attraverso colori vivacissimi e con una estrema dolcezza di atteggiamenti, gesti e fisionomie. Immagine tenera, allegra e quotidiana. Intorno al 1583-86 Barocci dipinse una Visitazione per la chiesa di Santa Maria in Vallicella. Santa Elisabetta abbraccia la Vergine, e san Zaccaria esce per abbracciarla. 10. La Roma di Sisto V Roma cambiava molto grazie a papa Sisto V (al secolo Felice Peretti). Affidò la maggior parte dei lavori all’architetto ticinese Domenico Fontana (1543-1607), che propose un’organizzazione urbanistica moderna e razionale. - Acquedotto. Costruzione dell’acquedotto detto Acqua Felice, riutilizzando l’antico acquedotto alessandrino. - Strade. Prevedeva che le principali basiliche fossero legate da vie monumentali e diritte. Santa Maria Maggiore fu il fulcro intorno al quale andarono a tigrare tre nuovi rettifili. - Obelischi. Volle lasciare un segno indelebile riutilizzando monumenti antichi per sottolineare il trionfo della Chiesa controriformata. Roma era tornata a essere una degna capitale dello Stato della Chiesa. La Repubblica di Venezia 1. La gloria di Tiziano Tiziano ebbe enorme fortuna a Venezia e in tutta Europa dagli anni Venti alla morte (1576). - Tiziano, Pala Pesaro, 1519-26, chiesa dei Frari. Estremamente innovativa. Vivacità cromatica. Immagine costruita in diagonale. Podio monumentale. L’uomo con il turbante è un prigioniero turco: il committente fu il condottiero che li sconfisse. Il soldato ha lo stemma deciso nell’arme di papa Borgia e quello della famiglia Pesaro. Di fronte a Jacopo sono ritratti altri personaggi della famiglia (estrema verosimiglianza). Gioco di accordi cromatici, colpiscono le due colonne che alludono ad uno spazio ancora più grande. 42 Angelica Copes - Vasari, Salone dei Cinquecento, 1567-71, Palazzo vecchio. Questa sala era stata uno dei simboli della Repubblica, e Cosimo volle farne una sala di rappresentanza che celebrasse le sue stesse glorie. Il soffitto a cassettoni è decorato con quarantadue tavole che mostrano al centro dell’apoteosi Cosimo. Sulle due pareti lunghe vengono illustrate la guerra contro Pisa e quella contro Siena. L’effetto d’insieme è grandioso, ma le immagini non si possono dire dei capolavori. Le forme serpentinate di Michelangelo e i cavalli di Leonardo sono tradotti in un lessico fumettistico. - Vasari, Studiolo di Francesco I, 1570, Palazzo Vecchio. Dal Salone si accede a questo studiolo (appendice dell’appartamento di Francesco I). Si tratta di una Wunderkammer in cui il collezionista conservava curiosi reperti. I dipinti della volta compongono un ciclo allegorico centrato sui quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco). Ù - G. Vasari, Perseo e Andromeda, 1570, Studiolo di Francesco I. Lo studiolo contiene una trentina di dipinti realizzati da vari artisti. Lui stesso dipinse su un supporto di lavagna Perseo che libera Andromaca. Eleganza sopraffina, fantasia smisurata, dovizia di particolari e tutto l’artificio della Maniera. 3. Bronzino: un pittore glaciale Angolo di Cosimo detto il Bronzino (1503-72) fu allievo del Pontormo e si affermò presso la corte medicea. Negli anni Quaranta dipinse una serie di ritratti di corte con tono aristocratico, adatto a celebrare il granduca e la sua famiglia. - Bronzino, Ritratto della duchessa Eleonora di Toledo e del figlio Giovanni de’ Medici, ca. 1545, Uffizi. La donna è seduta. I due sono in posa e l’etichetta impone che non ci siano sentimenti. Figure impenetrabili che ci osservano da un mondo lontano. Fredde tonalità di colore e suprema eleganza. Pittura glaciale perfetta per esprimere l’alterigia. - Bronzino, Cappella di Eleonora di Toledo in Palazzo Vecchio, 1540-45. Mette insieme la formazione con il Pontormo e la maniera michelangiolesca. San Michele Arcangelo è una figura serpentinata. Nel Compianto sul Cristo morto manca il dolore, non cede al sentimento. Anatomie ben studiate cristallizzate nei colori freddi. 4. Il Perseo di Cellini Nel 1545 Benvenuto Cellini tornò definitivamente nella natia Firenze. Si presentò al duca dichiarando la volontà di eseguire una statua per Piazza della Signoria. L’opera sarebbe andata sotto la grande ovvia, prestandosi ad un immediato confronto con altre opere. Donatello rappresentò per Benvenuto un modello costante. - Benvenuto Cellini, Busto di Cosimo I, 1545-48, Museo Nazionale del Bargello. Ritratto tridimensionale che lo rappresenta come un imperatore antico. Terribile nello sguardo, accuratezza dei tratti del volto e della capigliatura. - Benvenuto Cellini, Perseo, 1545-54, bronzo e marmo, Loggia della Signoria. La figura di Perseo si erge trionfante sul corpo della Medusa, mostrando orgoglioso la testa. Indossa i calzari alati che aveva ricevuto da Mercurio. Basamento marmoreo a pianta quadrata con una nicchia su ogni lato per contenere i bronzetti di altri protagonisti della vicenda. Si intravede la volontà di Cosimo di paragonarsi a Perseo. L’impresa fu lunga perché si trattò di una fusione vera e propria. Posa elegante e serpentinata, perfetta anatomia e finzione di ogni dettaglio. Esempio della scultura della Maniera. 5. Giambologna: un fiammingo alla corte di Cosimo Cellini morì nel 1571, mentre a Firenze si stava affermando un nuovo scultore: Giambologna (1529-1608), nome con cui era noto lo scultore fiammingo Jean de Boulogne. Elaborò un linguaggio capace di condurre a estreme conseguenze il movimento e le contorsioni della Maniera attraverso figure che preferivano un’atletica snellezza alla possenza michelangiolesca. - Giambologna, Mercurio, 1578-80, Museo Nazionale del Bargello. Statua in bronzo del messaggero degli dei, con l’elmo e i calzari alati. Attributo del caduceo (il bastone alato con due serpenti attorcigliati). Colto mentre spicca il volo. Venne replicata in numerosi esemplati. Capace di vincere il peso della materia: tocca a terra solo la punta del piede. Accuratamente equilibrata. - Giambologna, Ratto della Sabina, 1580-83, Loggia della Signoria. Colossale vorticoso intreccio di tre figure nude in movimento scolpite in un solo blocco di marmo. Concepisce una posizione elicoidale e continua, che invita lo spettatore a girarvi intorno. È il massimo traguardo possibile. 6. Fontane di Nettuno tra Firenze e Bologna Cosimo i prestò particolare attenzione al problema delle acque. Fece costruire a Firenze un nuovo acquedotto e volle innalzare la prima fontana pubblica in Piazza della Signoria. - Bartolomeo Ammannati, Fontana del Nettuno, 1560-75, Piazza della Signoria. Vi fu una feroce competizione che prevedeva la costruzione di un modello in terracotta, ed ebbe la meglio 45 Angelica Copes Bartolomeo Ammannati. Al centro vi è un colossale Nettuno, che non mostra nulla di nuovo. Ricco corredo di statue marine. - Giambologna, Piazza del Nettuno, 1563-66, Bologna. Giambologna prese parte alla competizione per Firenze. Prevede un ciclopico Nettuno, quattro arpie agli angoli del basamento e gli emblemi araldici. Rispetto a quella di Firenze, nonostante abbiano la stessa posa, alla ridìgidezza di Ammannai su contrappone un nuovo modo di intendere il movimento. La mano sinistra invita il pubblico a girare intorno alle acque. Terre imperiali: la Sicilia, Napoli, Milano, la Spagna 1. Messina: le fontane di Montorsoli - Giovanni Angelo Montorsoli, Fontana del Nettuno, 1547-53, Messina. La Maniera continua a diffondersi in forma sempre più elaborate. Si erge come se uscisse dal mare a placare Scilla e Cariddi, i mostri che incutevano timore ai naviganti dello Stretto. La fontana era l’ennesimo omaggio a Carlo V, volendo alludere ai suoi successo. - Giovanni Angelo Montorsoli, Fontana di Orione, 1547-53, Messina. Orione era il mitico fondatore della città. Sovrapporsi alla vasca di due tazze circolari di dimensioni sempre più piccole e coronata dalla statua di Orione. Sotto abbondano putti e creature marine. - Niccolò Tribolo, Bartolomeo Ammannai e altri, Fontana di Ercole e Anteo, post 1538, Firenze. Tazze sovrapposte. 2. Un michelangiolesco a Napoli: Marco Pino Stile giocato sull’artificio delle figure serpentinate. - Marco Pino, San Michele Arcangelo, 1573, Napoli. Posa contorta dell’arcangelo che sconfigge Lucifero. Colori vivaci. Gestualità michelangiolesca. 3. La Maniera a Milano: Pellegrino Tibaldi Anche Pellegrino Tibaldi muove dalla Maniera di Michelangelo. È uno dei maggiori artisti della Milano Spagnola. - Pellegrino Tibaldi, chiesa di San Fedele. Corrispondente meneghino della chiesa del Gesù du Roma. Interno pensato per favorire la predicazione e il coinvolgimento dei fedeli. Unica navata. - Simone Peterzano, Deposizione di Cristo, 1573-78, San Fedele. Fu alunno di Tiziano. Immagine austera e devota. Luce netta. Corrisponde alle esigenze della Controriforma. - Tiziano, Cristo coronato di spine, 1542-43, Louvre. Linguaggio più aderente al vero, era a Santa Maria delle Grazie. 4. Fedeltà all’Impero: Giuseppe Arcimboldi e Leone Leoni Giuseppe Arcimboldi fu alla corte del Sacri Romano Impero. Gusto per il bizzarro. Deve la sua fama alla pittura di stranissime teste allegoriche composte tramite un accostamento di fiori, frutti, verdure, come vediamo in Autunno (1573), parte di un ciclo delle Quattro stagioni. Cuoco (1570) è osservabile anche capovolto. Alle spalle c’è una particolare predilezione di Leonardo. - Leone Leoni, Ritratto di Carlo V, ca. 1555, Vienna. Artista di punta della Milano spagnola. Gli si devono due strabilianti ritratti di Carlo. - Leone Leoni, Casa degli “Omenoni”, 1562-66, Milano. Presenza nella facciata di due ordini delle grandiose figure di telamoni realizzate in stile grottesco da Antonio Abbondio. - Leone e Pompeo Leoni, Escorial di Madrid. Vennero coinvolti nella decorazione della principale cappella della chiesa del monastero dell’Escorial, un grande complesso voluto da Filippo II. Abissale differenza con Fontainebleau, con torri angolari e austero paramento in pietra. Solenne e severa fortezza. 5. Un Greco italiano e spagnolo Domenico Theotocopulos detto El Greco (1541-1614) si traferì a Venezia nel 1567 e la sua pittura si trasfigurò nel fuoco deformante dell’arte di Tintoretto. Nel 1570 andò alla corte del cardinale Alessandro Farnese. - El Greco, Ragazzo che soffia sul fuoco, ca. 1570, Museo Nazionale di Capodimonte. Una sua invenzione che conosciamo in più versioni. Annuncia i risultati della pittura caravaggesca. Raffinato naturalismo. - El Greco, Cacciata dei mercanti dal tempio, ca. 1575, Minneapolis. Concentrato di ciò che aveva imparato: affollarsi michelangiolesco, colore di Tiziano, passione di Tintoretto, architettura del Palladio. - El Greco, Sepoltura del Conde de Orgaz, ca. 1586, Toledo. Andò a vivere nella Spagna di Filippo II. Durante i funerali appaiono i santi Stefano e Agostino. Nero confine tra la terra e il cielo. Poesia struggente. 46 Angelica Copes - El Greco, Laooconte, ca. 1610-14, National Gallery di Washington. Notare il cielo. Le figure si contorcono. La Troia sullo sfondo ha le sembianze di Toledo. 6. Gli albori di Caravaggio: la pittura della realtà in Lombardia In Lombardia emerge il filone di un’arte semplice e concreta, che guardava al mondo degli umili caro a Loro. Riflettere la sobria quotidianità della vita di un tempo. Importante il rilievo che tale filone ebbe per la formazione di Caravaggio. - Girolamo Romanino, Cena in casa del fariseo, ca. 1540-50, Castello del Buonconsiglio a Trento. L’atmosfera è seria e la luce gioca un ruolo fondamentale. Risalto al mantello della Maddalena. - Moretto, Cena in casa del Fariseo, 1550-54, Brescia. Non c’è ostentazione della ricchezza: pareti scabre. Figure imponenti e solide. Impressionante accuratezza fotografica. - Giovanni Girolamo Savoldo, San Matteo e l’angelo, ca. 1534, Metropolitan Museum. Incredibili doti luministiche. Notturno con tre fonti di luci diverse: naturale della luna; fuoco acceso al di là della porta; candela in primo piano. - Giovan Battista Moroni, Ritratto di Sarto, 1565-70, National Gallery. Fu allievo del Moretto e divenne celebre per i suoi ritratti. Elegante sarto in atto di tagliare un pezzo di stoffa. Nulla di idealizzato, culto per la realtà nuda e cruda da cui prenderà le mosse Caravaggio. 47 47 Angelica Copes
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