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ARTE. UNA STORIA NATURALE E CIVILE (VOL.4). Salvatore Settis, Tomaso Montanari, Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Riassunti completi e con immagini dei capitoli: 1, 2, 3, 4, 5, 7, 9, 11, 13, 14

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 17/05/2021

CamillaChecchi
CamillaChecchi 🇮🇹

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Scarica ARTE. UNA STORIA NATURALE E CIVILE (VOL.4). Salvatore Settis, Tomaso Montanari e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! CAPITOLO 1 LA VERA NATURA DI ANNIBALE CARRACCI E CARAVAGGIO 1) Caravaggio incontra Annibale Carracci Le intuizioni di Bellori Lo sguardo più lucido sui primi anni del 600 ce lo da Bellori nelle Vite dei pittori, scultori e architetti moderni, uscito nel 1672 a Roma, l’opera è costituita da una visione storica, in cui si racchiudono le storie dei protagonisti dell’epoca, in cui Bellori individua una spaccatura rispetto alla Maniera già negli ultimi anni del 500, con Caravaggio (1571-1610) e Annibale Carracci (1560-1609), con l’aggiunta un po' più tarda di Pier Paul Rubens. Tutto ciò ha come sfondo Roma, centro di uno sviluppo che va dal 1595 al 1672, ma che si estenderà in tutta Europa. Santa Caterina dei Funari a Roma 1599→ primo segno di rivoluzione Prima opera pubblica di Annibale → Santa Margherita Collocata nella piccola chiesa, prima opera che fece pensare all’inizio di una nuova epoca artistica. La figura è sola, monumentale e vibrate e si rapporta con lo spettatore guardandolo negli occhi. Già da qua si percepisce come Carracci produca un’arte che agisce direttamente sulla realtà. Infatti, la santa, tolto il diadema, la palma del martiro e il dragone che schiaccia con il piede, è una ragazza contemporanea, appoggiata con indolenza su un piedistallo antico e immersa nella campagna romana, e che diventa la vera protagonista del quadro. Tutto, dai colori alla composizione alla tensione dello sguardo parka del mondo reale. Si vede come ad accumunare Caravaggio e Carracci è l’avversione x il conformismo pittorico tardo-manierista e la volontà di fare una pittura che somigliasse alla realtà e alla natura. 2) Da Bologna a Roma: le origini della riforma dei Carracci Una pittura di “viva carne” Caravaggio scese a Roma nel 1592, Annibale nel 95, ma fra di loro erano presenti sostanziali differenze in quanto, Caravaggio ancora non era affermato nel campo, Annibale essendo di 15 anni più grande si, e nel 1582 fondò insieme al fratello e al cugino, Agostino e Ludovico, un’accademia. Quest’ultima proponeva ai suoi artisti una formazione improntata sul recupero della pittura dei primi anni del 500, concentrandosi sullo studio della natura, trasmettendo sia una sapienza in continuo rinnovamento che la materialità della pittura in se. La Macelleria di Annibale Carracci (1580) In quest’opera una scena quotidiana assume la solennità di una scena sacra. Siamo qua lontanissimi dalla pittura levigata e astratta del Manierismo, le figure assumono concretezza e vita vera tramite la rappresentazione della viva carne degli uomini. La figura a sx sembra quasi una parodia delle figure serpentine del manierismo e Annibale si autoritrae nel giovane macellaio piegato in primissimo piano. Da qui inizia una pittura che non aspira più a inventare un mondo astratto e immaginario ma che si costruisce con la carne e il sangue della vita reale. Un modello eseguito a matita rossa (1582-85) In questo disegno a matita rossa A ritrae un ragazzo, probabilmente un modello del suo studio nel momento in cui è addormentato nudo. In questo disegno gli espedienti + estremi del manierismo, come gli scorci arditi, sono messi a disposizione di un’imitazione della realtà che ci sbatte in faccia l’urgenza della vita vera. La Pietà di Annibale, “primo dipinto barocco” (1585) Nel 1585 A ricevette una commissione di pala d’altare x la chiesa dei Cappuccini a Parma. Egli realizza un’affollatissima Pietà la quale è stata definita “ il primo dipinto barocco”. Vediamo in basso la Vergine, riversa come fosse morta insieme al Figlio, che sta al centro di una scena teatrale carica di emozioni ed espressioni enfatiche alla quale lo spettatore è invitato ad unirsi attraverso un eloquente gesto di s Francesco. In alto vediamo gli angeli che animano la scena mentre portano in cielo un trionfo di luce e nuvole che corona un paesaggio naturalissimo. La preoccupazione di Annibale sta soprattutto nella resa credibile della materia dei corpi (si può notare in questo senso l’ombra creata dalle braccia di Francesco sulle gambe del Cristo). Ludovico Carracci: umanità ed espressività Negli stessi anni, il cugino di Annibale, Ludovico, seguiva la stessa strada: Visione di San Francesco (1584-85) in cui vediamo che l’artista si ispira ai notturni di Correggio per l’unica luce proveniente dalla Vergine → più grande. L’opera è inondata di un’estrema dolcezza e semplicità, i cui personaggi sono immersi nella natura. Pala dei Bargellini ( 1588): Ludovico qui adotta lo schema trasversale della Pala di Pesaro di Tiziano. • Madonna col Bambino → presentata di scorcio. • S Domenico ce la presenta tramite il gesto con le mani e guardando verso di noi, • allo stesso modo s Francesco presenta la donatrice (Bargellini, cognata del papa Gregorio XIII) che cattura lo sguardo di Gesù. • A dx → Maddalena porge il vaso dell’unguento. La scena è ambientata sotto i portici di Bologna, con gli angeli che volano sul paesaggio urbano, con le due torri sullo sfondo, tra le quali sta nascendo il sole. funzione si stessero allontanando l’una dall’altra, avviando un processo di trasformazione dell’arte figurativa che porta dritto fino a noi. 5) Storie di carne: la Galleria di Palazzo Farnese Opera commissionata dal cardinale Odoardo Farnese in occasione del matrimonio tra suo fratello Ranuccio e Margherita Aldobrandini 1600. Tema → potenza dell’Amore e il rapporto tra Amor terreno e Amor celeste. Per celebrarlo Annibale crea una struttura complessa divisa su vari livelli: • la sala appare coronata da un belvedere, immaginato come un’architettura antica. • Primo ordine → scandito da telamoni di marmo separati da medaglioni bronzei e quadri che raffigurano episodi degli amori degli dei tratti dal mito antico. Questo ordine è popolato da ignudi e puttini che sorreggono festoni di frutta. Ai quattro angoli si apre una loggia circondata da balaustre e lì si affrontano l’Amor celeste e terreno. • S econdo ordine → composto dalla volta tra cui spicca al centro il trionfo di Bacco e l’incontro tra la Venere celeste e terrena. La libertà e la sensualità delle scene indicano come fosse tornata a spirare l’attenzione per l’antico e il Rinascimento: ES → Giove e Giunone, di fortissima carica erotica nonostante sia una scena di amore coniugale. In ogni caso non furono tanto i soggetti quanto la pittura il vero dato r ivoluzionar i o: è i l carat te re i t a l i ano ciò che colpi sce l ’opera . Annibale qui fu colui che + di ogni altri ha saputo metabolizzare la lezione del Rinascimento romano e toscano in quanto vediamo che: • Studio della scultura antica → Volta della Cappella Sistina → MICHELANGELO • Luce e sensualità → TIZIANO • Morbidezza → CORREGGIO CAPITOLO 2 Nel 1606 CARAVAGGIO dovette fuggire da Roma a causa dell’ennesimo coinvolgimento in una rissa conclusa con la morte di una persona. Egli iniziò una fuga verso sud → due viaggi a Napoli che introdussero la stagione naturalista aperta da lui insieme a Carracci. - Sette opere di misericordia, 1607- Napoli : PRIMO SOGGIORNO NAPOLETANO • Tema astratto che diventa n una narrazione concentrata di episodi della Bibbia che si fondono a scene riprese dal vivo. Riprese dal vangelo di di Matteo, sette sarebbero il numero di richieste fatte da Gesù per ottenere il perdono dei peccati ed accedere al Paradiso. • la vita di strada qua viene innalzata a scena sacra, sulla quale plana la Madonna madre di misericordia, mentre gli angeli le stendono un manto che si confonde con i panni stesi ad asciugare nel vicolo. + un cadavere è portato a braccia fuori dal carcere, illuminato dalla luce rossa di una torcia. - La decollazione di s Giovanni Battista, Caravaggio 1607-8: l’Ordine di Malta → qui si potè rifare una vita → nel 1608 ottenne l’ammissione nell’Ordine dei Cavalieri di Malta. In quei giorni egli dipinse il suo capolavoro maltese che può essere considerato anche il vertice tragico dell’intera pittura europea del ‘600. • What? C. immagina un grande spazio vuoto e angosciante = cortile del carcere dove Erode ha fatto rinchiudere il Battista dove avviene la sua esecuzione che non ha nulla di eroico • Il boia che non è stato capace di decapitare il condannato con un colpo netto, tiene in mano una un pugnale per ucciderlo definitivamente. • il corpo così affoga nel suo stesso sangue → OB ; come finisce chi si oppone al potere che sorveglia e punisce i corpi per controllare e reprimere il dissenso. • descrizione del “la banalità del male” alla quale nessuno si oppone. -La resurrezione di Lazzaro, Caravaggio 1609: dopo l’ennesima rissa C venne imprigionato → fugge in andare in Sicilia. • novità → Per la prima volta il miracolo evangelico non viene presentato dal punto di vista di Cristo(=dei vivi) ma di Lazzaro (=dei morti) • Il Signore stende la sua mano fuori dal sepolcro ma Lazzaro è come restio → si capisce dal gesto che fa con la mano → non vuole tornare in vita per morire di nuovo -Davide con la testa di Golia, 1610 : SECONDO SOGGIORNO A NAPOLI •Opera; dipinta x il nipote del papa = Scipione Borghese • una sorta di autoritratto: il volto di Golia è quello di Caravaggio = come se stesse scontando la pena che gli sarebbe dovuta essere stata inflitta e si tagliasse la testa • Davide invece non esulta ma sembra essere malinconico • anche Giorgione si fece un autoritratto nelle vesti di Davide con la testa di Golia su un parapetto → Caravaggio capovolge i ruoli → rappresenta il momento della decapitazione con la bocca aperta come per parlare e gli occhi bassi. nel 1610 Caravaggio convinto di aver ormai ottenuto la grazia papale si appresta a tornare a Roma. In circostante mai del tutto chiarite finisce sulla spiaggia del Monte Argentario, si ammala di febbri e muore a Porto Ercole. Caravaggeschi italiani ed europei Caravaggio esce di scena → nel mentre molti imitarono la sua maniera. •Caravaggio non forma una scuola nè allievi → conseguenza : il fenomeno del caravaggismo ebbe una fenomenologia assai variegata: generazioni diverse + ispirò partiti provenienti da nazioni diverse → tutto si traduce con l’adesione a temi e soluzioni stilistiche e compositive differenti • Molti artisti divennero caravaggeschi tramite l’imitazione; 1- alcuni seguendo una fase 2- altri per tutta la vita subentrando con stili diversi 3- altri colsero solo il nucleo morale della sua arte e non lo stile figurativo . Dunque, quando si parla di “caravaggismo” si parla di cose molto differenti tra loro. Si possono a questo punto vedere alcuni esempi della prima ondata di Naturalismo: ARTEMISIA GENTILESCHI (sx) Se si confronta la Giuditta e Oloferne di Caravaggio con quella di Artemisia Gentileschi (1620) troviamo nessi evidentissimi → ma Artemisia perde la concentrazione e la drammaticità di Caravaggio → usando l’orrore quasi “decorativo”. NAPOLI → luogo dove la lezione di Caravaggio si impose con maggiore forza e la lezione naturalista durò fino alla metà del secolo. GIOVAN BATTISTA CARACCIOLO (detto Battistello Caracciolo) Fu il primo passaggio a Napoli di C a innescare l’esplosione. (sx)nell’immacolata concezione (1607) di Carracciolo → rimase folgorato dalle opere di Car. e in questa opera fa una somma di elementi desunti dai suoi quadri. •non è solo imitazione→ Battistello dà prova di aver capito a fondo la lezione della luce caravaggesca nonché la sua drammaticità. • comprensione emerge meglio in opere dove il linguaggio diviene ancora più scarno→ (dx)Liberazione di s Pietro da carcere (1615): Cristo non è sospeso in aria ma passa camminando tra le guardie, il che conferisce a tt un aspetto non elevato, quasi si trattasse di un condannato che scappa dai suoi carcerieri. CARLO SELLITTO Egli fu uno dei più dotati proto- caravaggeschi napoletani. Vediamo nella Madonna e donatore (1608) come la Vergine, le nubi e i cherubini sono ancora immersi nella cultura manierista, ma il donatore in primo piano a mezza figura e con le mani giunte è una delle più acute interpretazioni della ritrattistica caravaggesca. JUSEPE DE RIBERA (detto Spagnoletto) A Napoli arrivò e divenne in poco tempo il principale pittore della città riuscendo a mantenere questo titolo fino alla morte. Uno dei suoi primissimi quadri napoletani fu il Sant’Andrea (1616). Per tutta la sua carriera egli sarà ossessionato dal tema dell’anziano a torso nudo, soggetto che gli permetteva di mostrare il contrasto tra l’inesorabile decadenza fisica di un corpo atletico e il persistere di una volontà ferma. • nel quadro si vede quindi il senso di un quadro scarno → è in modo essenziale e vicino ad uno studio di espressione e anatomia piuttosto che a un soggetto sacro. •Spagnoletto viene associato alla versione più crudele del naturalismo caravaggesco → una pittura capace di denudare anche il mito classico → es. supplizio di Issione (1632): non vediamo nulla in questo dipinto se non i corpi che si contorcono per il dolore. È quasi come se Ribera immaginasse le immagini del mito classico tramite l’iconografia dell’inferno cristiano e poi le rileggesse alla luce di una lettura crudissima della realtà tangibile. In altre opere comunque fu capace di esprimere un elevatissimo tono elegiaco, come nel Sogno di Giacobbe1639). BOLOGNA - Domenichino, Guido Reni e Guercino Negli stessi mesi in cui Caravaggio fu costretto a fuggire da Roma anche la stella di Annibale Carracci si stava spegnando. Egli cadde in una fortissima depressione che poi lo portò a una vera e propria malattia fisica, la quale lo accompagno fino alla morte nel 1609. Egli xo differentemente da C fu un maestri esemplare formando grandi artisti italiani dei primi del ‘600 (Domenichino, Francesco Albani, Giovanni Lanfranco ad es). Oltre a questi vennero formati dai Carracci (Ludovico in particolare) anche Guido Reni e Guercino. A differenza dei caravaggeschi che predilessero sempre come il loro ispiratore la pittura a olio, questi furono tutti grandi frescanti e anche grandi maestri, così che la scuola dei Carracci struttura il Barocco romano e italiano. Domenichino (1581- 1641) -L’ultima comunione di S Girolamo, 1614: (dx) è una delle opere più celebrate del ‘600 romano. Egli mosse dallo stesso soggetto realizzato da Agostino Carracci(a sx) creando un’opera dall’eloquenza compositiva, cromatica ed espressiva definibile proto- barocca. •scena= all’interno di una chiesa fiorentina, sullo squarcio della campagna romana •Il colore è luminoso • capacità di rivelare nei moti dei corpi e nelle espressioni gli affetti interiori che animavano ogni attore. •il vecchio dal corpo nudo, piega le ginocchia sostenuto dal manto rosso, le braccia e le mani sono cadenti e un giovane lo regge sotto braccio. -Paesaggio con Ercole e Caco, 1622: come aveva già fatto il suo maestro Annibale e come stavano facendo in tanti in quegli anni, anche D trattò il tema del paesaggio. Lo vediamo qua in uno dei paesaggi + belli degli allievi di Annibale, il quale non è solo naturale ma diviene anche storico. Guido Reni (1575- 1642) Egli si era formato con Ludovico Carracci e giunse a Roma nel 1601 quando era ormai un pittore formato e indipendente. • sensibile all’eredità di Raffaello e a quello che sarebbe stato poi chiamato “l’ideale classico”. → equilibrio tra imitazione e idealizzazione lo portò a creare veri e propri tipi iconografici capaci di dominare il gusto europeo fino alla rottura delle avanguardie storiche. • Egli fu il pittore più celebrato nel ‘600 (anche + di Caravaggio): -Aurora, 1614, affresco. Roma, Casino dell’Aurora Pallavicini: questa opera venne ad es riprodotta in una quantità enorme di copie. Egli la realizzò x il cardinal nipote Scipione Borghese. L’immagine occupa il centro di una sala del casino, la casa di villeggiatura estiva del cardinale. Qui egli non dimostra alcuna volontà di coinvolgere i sensi dello spettatore. La scena è composta come un rilievo antico nel quale l’aurora spargendo petali di rosa colora il cielo nel quale avanza il carro del Sole guidato da Apollo e circondato dalla danza delle Ore. Evidente è l’imitazione classica che xo non prende un singolo modello ma fa una sintesi di più fonti. - Atalanta e Ippomene, 1618: G congela quale in un immagine un passo delle Metamorfosi di Ovidio. I corpi seminudi della coppia danzano in un movimento geometrico ed astratto che rappresenta a un tempo desiderio e contesa, fuga e paura. Guercino (1591-1666) La pittura di questo artista era detta “temporalesca, maculata, bruscata”. -Aurora, 1621, affresco. Roma, Casino Ludovisi: anche lui come Reni dipinge sul soffitto di un casino suburbano di un cardinal nipote, in questo caso Ludovico Ludovisi. La sua pittura xo è molto distante da quella neoclassica di Reni. Qui un’antichità romanticamente in rovina introduce un cielo incendiato dal carro dell’Aurora che procede tirato da 2 cavalli pezzati. Sotto abbiamo le viste dei giardini di Roma nei quali dorme la personificazione della Notte. In quest’opera Guercino dà prova della sua capacità di illusionismo sensoriale e di seduzione dello spettatore. Pieter Paul Rubens (1577- 1640) Rubens fu in Italia x 8 anni (1600-1608), nei quali mise a frutto le sue doti di osservatore. Le opere romane di quel periodo sono in un certo senso aurorali (iniziali). Lo vediamo ad es nel: - Ciclo per la Cappella di Santa Croce in Gerusalemme: - Cristo deriso - Innalzamento della croce - Sant’Elena, 1601-2 Altra opera è la: personaggi sono piccoli e la storia pare quasi un pretesto per rappresentare il paesaggio. La Fuga in Egitto di Caravaggio (1595) Anche Caravaggio in alcune opere dimostra di condividere il nuovo modo di guardare la natura. Opera dove una scena sacra non appare ufficiale ma intima e quotidiana. Vediamo Giuseppe che smonta il sacco del bagaglio e il fiasco del vino, di fronte a lui un angelo che suona il violino e di fianco la Madonna e il Bambino che dormono teneramente in una posa decisamente intima, privata e naturale. Così facendo Caravaggio ci fa sentire come fossimo lì con loro. Le figure non sono le sole protagoniste e infatti ad imperare è la natura. Caravaggio rappresenta il momento in cui la sacra famiglia si riposa sulle rive del Nilo che prende l’aspetto del Tevere, così come la natura sembra quella romana. Comunque, nonostante ben nota, non è questo una natura particolarmente dolce, e sarà proprio questo accenno di inquietudine a influenzare il paesaggio dei caravaggeschi. La Fuga in Egitto di Orazio Gentileschi (1620-22) Giuseppe → riverso sul suo bagaglio in un sonno senza grazia né decoro Vergine → stesa in terra contro ogni consuetudine allatta Gesù nudo che guarda verso di noi. Il vero protagonista è il muro, spoglio e malandato senza nessuna gloria, nel quale si risolve tutto il paesaggio, solo la testa dell’asino e il cielo ci dicono che il paesaggio non termina lì. Forse questo è il caso più estremo del nuovo senso del paesaggio come ambiente dell’azione umana che scaturisce dalla rivoluzione naturalista. La Fuga in Egitto di Adam Elsheimer (1609) Questo artista tedesco raggiunse una delle massime vette poetiche dell’arte figurativa del ‘600. Egli qui rappresenta la scena della fuga in Egitto in un notturno dove rappresenta la Via Lattea in maniera differente rispetto a quanto fatto in passato. Essa infatti era sempre stata rappresentata come la mitica scia di latte fuoriuscita dal seno di Era quando aveva allattato Eracle, figlio illegittimo di Zeus. Adam invece la rappresenta così come è. Ha di nuovo qua il primato la natura che si sposa con una nuova capacità di osservare: questo non si risolve solo in una pittura scientifica ma in una meditazione profonda sul senso della perdita di centralità dell’uomo inghiottito in una notte esistenziale. La Caduta di Icaro di Carlo Saraceni, ( 1606) I paesaggi dei caravaggeschi non furono sempre e solamente notturni, in alcuni di essi domina anche il Sole che comunque non sradica un certo senso di sospensione drammatica come in quest’opera. Qui il mito classico perde monumentalità inghiottito da un paesaggio tessuto da luce e colore e abitato da figure abbigliate alla maniera contemporanea. Esso conserva tutta la sua capacità di parlare delle cose ultime, la vita, la morte, l’uomo. -Paesaggio con Ercole e Caco di Dimenichino (1622) Come aveva già fatto il suo maestro Annibale e come stavano facendo in tanti in quegli anni, anche Domenichino trattò il tema del paesaggio. Lo vediamo qua in uno dei paesaggi + belli degli allievi di Annibale, il quale non è solo naturale ma diviene anche storico. Qui rappresenta la scena mitologica della lotta fra Ercole e Caco, resa in territorio laziale in uno scenario composto da elementi naturali dal quale esaltano i personaggi in primo piano. CAPITOLO 4 Nasce il 7 dic. 1598 – scultore fiorentino e scoperto dal cardinale Maffeo Barberini, finendo sotto al servizio di Scipione Borghese •Primo incarico dato da Scipione → 3 personaggi di dimensioni monumentali per la sua villa suburbana IL RATTO DI PROSERPINA 1621 •rappresenta il rapimento della figlia di Cerere da parte del re degli inferi •figure esplodono nello spazio dello spettatore •Plutone= la sua testa ondeggia + la mano afferra le carni di Prosperina che si divincola disperatamente, piangendo lacrime di marmo e lanciando verso l’alto il braccio destro → che spezza il blocco di pietra e il suo limite virtuale. •per non sprecare il marmo decise di far acquistare un parallelepipedo iu alto delle teste dei due personaggio ed eliminarlo tutto tranne la parte necessaria per il braccio. •i due soggetti sembrano la ripresa di Annibale Carracci o dalla pittura di Rubens •gruppo pensato per esser visto frontalmente •capacità = fissare una frazione di secondo della realtà IL DAVID 1623 Commissionato da V a grandezza naturale ma morì dopo l’incarico – quindi fu rilevato da Scipione Borghese per la sua villa •novità nella rappresentazione ; Donatello e Verrocchio = il giovane non ha ancora decapitato Golia ≠ Michelangelo = calma atteso dello scontro ≠ Bernini = si trova esattamente nel pieno della lotta. → lo vediamo per questo proteso in avanti con forza e si concentra sul bersaglio del gigante Golia che vi viene contro ; stringe gli occhi e si morde il labbro •bernini studio sul proprio volto l’espressione del david •disposta centro una parete il piede sinistro è integrazione in gesso posta al centro della sala lo spettatore ha la sensazione di essere finito sul campo di battaglia •OB= cerca di far scattare emozioni più basse = paura e sorpresa IL RITRATTO DI PEDRO MONTOYA 1623 Bernini rinnovò completamente l’arte del ritratto Lo vediamo nel busto di Pedro M → destinazione funebre •sembra una footgrafia nel momento in cui abbassa la testa e guarda in basso, alla propria destra. Il busto è inserito Tradizionalmente nella nicchia ovale di un monumento funebre MA l’illusione è di esser sorpresi dal padrone di casa che si è improvvisamente affacciai alla finestra • ombra sotto gli occhi + baffi asimmetrici e disordinati + barba he ricresce lunga le guance e rughe che increpano •continue realizzazioni di superfici diverse → cancella l’impressione del biancore del marmo APOLLO E DAFNE 1622-5: B inizia un’altra opera per Scipione Borghese realizzando un episodio tratto dalle Metamorfosi di Ovidio dove si narra come Apollo, preso d’amore per la ninfa Dafne, cerchi di rapirla. Qui B rappresenta l’apice dell’episodio quando Apollo raggiunge Dafne e ne cinge un fianco, nello stesso momento però la ninfa, per fare fede al suo voto di castità, inizia ad essere trasformata in una pianta d’alloro. •Le sue mani stanno diventando rami e le sue gambe radici. Anche il dio porta la dx indietro scioccato da quello che sta vedendo. I personaggi paiono davvero di marmo e B riesce a fermare per sempre nel marmo un fotogramma estremamente dinamico. Bernini riesce quindi a infondere tensione spasmodica e compassione che si intrecciano nella storia di Ovidio. •forse il quadro è una ripresa di ATALANTA E IPPOMENE di Guido Reni •rappresentazione di un nuovo fenomeno ; L’AFFERMAZIONE DELLA POESIA VISIVA • Tiziano con i due capolavori ; BACCANALE DEGLI ANDRII E L’OFFERT DI VENERE che erano finiti a Roma nella collezione Ludovisi ne traggono profitto POUSSINE E DUQUESNOY , celebrandola poesia figurativa VAN DYCK Alievo di rubens e fu a roma tra il 1622 e 23 “Ritratto di Viginio Cesarini” •sguardo lucido e intenso + parole che sembrano uscire dalla bocca socchiusa e il gesto della mno destra – niente è diretto verso di noi, ma verso l’interlocutore. Eppure sembra che il momento sia bloccato per sempre.. BERNINI IN SANTA BIBIANA nel 1624 il ritrovamento del corpo di Santa Bibiana spinse Urbano VIII, intanto divenuto papa, a rinnovare l’antico sacello a lei dedicata. B venne incaricato, per la prima volta in ambito architettonico, e insieme gli venne commissionata una statua da porre nella nicchia sopra l’altare maggiore. Egli progetta una statua sacra pubblica, una figura vestita coperta da insenature che riflettono la luce. Il viso della santa è pervaso da individualità e intensità che esprimono l’olimpica accettazione del martirio con grande forza. Da questa statua di B si dipaneranno poi una serie di sante vergini per mano di altri artisti. •spazio della chiesa= B organizza questo come il palcoscenico di una storia nella quale Bibiana non è un’icona da pregare ma il personaggio di una narrazione complessa. → rappresentata nell’istante che precede il martiro, mentre appoggiata alla colonna sulla quale verrà flagellata guarda in alto verso Dio, estaticamente. La decorazione pittorica della chiesa viene ideata da Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona. Con quest’opera egli esce in pubblico ed emerge finalmente un pittore in grado di capire cosa Rubens aveva lasciato a Roma. È dunque in questa chiesa che B e da Cortona battezzarono ufficialmente il Barocco e la sua poesia sacra. 1655 ELETTO PAPA = ALESSSANDRO VII CHIGI – erede di Urbano chiese di risolvere i grandi problemi lasciati irrisolti da Urbano = l’abside e la piazza di fronte alla Basilica. - Estasi di s Teresa, 1647-51 - Cappella Cornaro, Santa Maria della Vittoria: sull’altare della • S.Teresa si abbandona all’estasi sulle nuvole e viene transverberata (ovvero trafitta con il dardo dorato) dell’amore di Dio, da un serafino. • Le due figure sono ricavate da un unico blocco fissato a un’edicola convessa e circondato da raggi di stucco dorato. • La luce, pensata come parte integrante dell’opera, arriva da un lanternino superiore nascosto, bagna il copro della santa che scompare nel panneggio •panneggio non obbedisce alle leggi della gravità e del vento ma solo a quelle dello stile. •Le pareti, le colonne e gli elementi architettonici sono realizzate in 17 diverse qualità di marmi colorati. Ai lati dell’altare abbiamo 2 palchetti si affacciano sulla scena 8 membri della famiglia • qua si afferma l’esistenza del miracolo. + fino a questo momento la scultura era stata considerata nella sua singolarità, mirata alla produzione di opere considerabili perfette guardandole da ogni lato. B ora invece secondo una sua idea di archietttura scenografica, impone un punto di vista privilegiato.= non si può girare intorno alla statua - Nel 1623 MAFFEO BARBERINI = PAPA = nome di URBANO VII Con lui alcuni artisti sperano nel rinascere dell’arte pagana del primo ‘500, rimettendosi così a studiare Tiziano e Giorgione. Per questo vediamo artisti come; 1- NICOLAS PUOSSIN (1594-1665) •per questo troviamo la figura di NICOLAS PUOSSIN, francese → FASE NEOVENETA • why? Nei dipinti di questo artista vediamo poesie senza azione né storia, un desiderio di comunione con la natura e una gioia di vivere che non si vedevano nell’arte italiana da almeno un secolo. -Ispirazione del poeta, 1629-30 • rappresenta= Apollo seduto sotto una pianta d’alloro, appoggiato alla cetra, mentre detta a un poeta che potrebbe essere Virgilio o un contemporaneo o anche nessuno un particolare. Egli è affiancato da una ninfa e il poeta viene cinto d’alloro da un putto. In terra vediamo l’Iliade, l’Odissea e le Eneide. Quando P dipinse però quest’opera il clima artistico era irrimediabilmente cambiato e si prospettava il momento dell’arte sacra. - ROMA BAROCCA → connotata principalmente da opere pubbliche, ma all’interno dei palazzi e degli edifici privati troviamo molte opere dal carattere decisamente più intimo → si sviluppa cosi la pittura di paesaggio che solo all’apparenza è naturalistica. → Poussin UNO DEI MAGGIORI ESPONENTI Come possiamo vedere ne La calma del 1650 il cui titolo dà conto della dimensione mentale, psicologica e astratta del soggetto rappresentato. P dunque scompone i paesaggi reali per creare paesaggi inventati che divenissero assoluti e si potessero associare a diversi stati d’animo. 2- Claude Lorrain (1600-1682) • paesaggio naturale come vediamo nella Veduta fantastica di un porto al tramonto del 1637. • porto gremito di navi con un grande edificio+ sole è prossimo ad inabissarsi nel mare incendiando il cielo di gialli e arancioni. → introduce in Europa il topos del sole che tramonta nel mare, il quale avrà grande fortuna. Lo scopo quindi non era di creare paesaggi reali ma di fissare sulla tela determinati momenti di luce, momenti precisi e irripetibili. non parlare delle cose ma degli uomini, in quanto è solo con l’occhio umano che si può dare senso a quadri così, intimamente soggettivi e poetici. 3- Salvador Rosa (1615-73) Altro artista a trattare il tema del paesaggio. Egli era un napoletano che vedeva il paesaggio non come un giardino incantato come fece Lorrain ma come un misto di orrido e di domestico. Si parla con Rosa di “estetica del brutto” non a caso. Questo è uno degli inaspettati esiti del Barocco italiano, e questo tipo di estetica giunge fino alla modernità e all’arte di oggi. CAPITOLO 5 L’ITALIA PARLA BAROCCO 1) TORINO Torino era in questi anni una città piccola composta da un quadrilatero romano, su cui insisteva la città cinquecentesca, e da una “città nuova” costruita nel ‘600. Tra questa 2 parti faceva da cerniera Piazza San Carlo costruita sul modello delle places royale parigine circondate da una cortina di edifici uniformi e dotate di portici e su quello della sontuosità romana, evidente nelle chiese gemelle (Piazza del Popolo). In questi anni Torino inizia a dare nuova importanza a giardini e piazze come luoghi di una nuova socialità. Il tratto fondamentale della Torino barocca e moderna è la sua fortissima capacità di pianificazione che tiene insieme rappresentazione del potere ducale e collegamento strategico e funzionale, unificando le preesistenze e la progettazione unitaria delle componenti urbane. GUARINO GUARINI (1624-83) Architetto fondamentale per la progettazione barocca di Torino fu Guarino Guarini, il quale fu connotato da una irrituale individualità. Egli nacque a Modena ma si formò a Roma assorbendo le suggestioni e i risultati della stagione barocca così forte nella città papale. Egli rimase particolarmente colpito dalla lezione del Borromini del quale approfondì e radicalizzò la lezione. Terremoti e distruzioni hanno distrutto in gran parte le costruzioni di Guarini, ma a Torino ne rimangono 3 di grande importanza: -Cappella della Sindone, 1667-90: egli racchiuse la reliquia del sudario che avvolse il corpo di cristo in un enorme reliquiario di marmi neri: una cappella grande come una chiesa e contigua all’abside della cattedrale. L’incendio del ’97 fece sì che la cappella che vediamo oggi sia solo un pallido riflesso dell’opera creata da Guarini. La cappella ha diretta derivazione da sant’Ivo di Borromini e questo si vede soprattutto nella cupola conica formata da archi sovrapposti le cui dimensioni diminuiscono via via che si sale in un’illusione di inarrestabile ascensione il cui impatto è aumentato dalla luce che filtra dagli archi. - San Lorenzo, 1668-87: la vicina chiesa di s Lorenzo è giocata sulla doppia copertura a cupola. Egli non previde un intradosso continuo ma una smaterializzazione della cupola maggiore che si presenta come un cono diafano di luce attraversato da un sistema di nervature che si incrociano formando una stella a 8 punte e che a sua volta contiene un ottagono regolare, allusione alla pianta della chiesa. - Palazzo Carignano, 1679-85: è un edificio di mattoni rossi, cosparso di stelle e mosso da improbabili volute. 2) GENOVA L’instabilità spagnola, impero sotto il quale Genova si trovava, dal terzo decennio del secolo misero in ginocchio anche questa città. La crisi politica fu il primo frutto di quella economica. Nel 1648 la flotta francese cannoneggiò la città e l’anno successivo il doge costretto a un umiliante viaggio a Versailles. Tutto questo è la spiegazione per la timidezza edilizia di Genova durante il ‘600 rese possibile che in questa città non esista una parte barocca sul piano urbanistico. L’artista Antoon Van Dyck ritrasse anche l’oligarchia genovese. Egli fece un Ritratto di Anton Giulio Brignole Sale nel 1627. Egli utilizza qua la tipologia imperiale e in ogni caso tipicamente militare realizzando un ritratto equestre monumentale. Il soggetto si toglie il cappello e con la mano dx e ci saluta sorridendo e mostrando così una profonda umanità, la stessa che caratterizza anche il voto della moglie, Paolina Adorno, ritratta sempre da Antoon nel costume delle dame genovesi e sulla loggia aperta sul mare della sua dimora. In questa città vennero realizzati i due più grandi monumenti questi di tutta l’Europa da Francesco Mochi. Egli ritrasse il duca di Parma, Ranuccio Farnese e il padre Alessandro partendo dalle conoscenze delle opere di Giambologna e dagli esempi del Gattamelata di Donatello e il Vincenzo Colleoni del Verrocchio. Egli con queste opere supera il celebrale astrattismo manierista per ricondursi al naturalismo primo Rinascimentale, reinterpretando l’antico alla luce della pittura contemporanea. Egli realizza cosi la prima vera statua equestre barocca dove vediamo il duca unito al cavallo in un unico slancio dinamico, il vento tira indietro i capelli, il mantello e la criniera in una composizione dall’elevato pathos esaltato da un estremo naturalismo che nega la natura stessa di una statua statica su un piedistallo. Sassuolo A Sassuolo si trovava la reggia di un altro duca, Francesco I di Modena che nel 1651 venne ritratto da Bernini. Egli immagina il duca mentre si volta verso la propria dx conferendo un’importanza inconsueta agli elementi secondari come la parrucca e il mantello il quale è forse il vero protagonista del busto; nasconde il taglio delle braccia e del torace. L’opera si risolve in una sontuosa eleganza e la vitalità sopperisce al fatto che Bernini non era potuto entrare in profondità nella psicologia del personaggio, non avendolo mai incontrato. Bologna Qui l’influenza di Roma si vede chiaramente nella chiesa di S Paolo nella quale l’altare maggiore venne pensato come una grande edicola e venne realizzato da Bernini per commissione della famiglia Spada. Il gruppo scultoreo contenuto nell’edicola poi fa riferimento al capofamiglia, Paolo Spada, in quanto ritirare san Paolo apostolo mentre sta x essere decapitato con una spada, oggetto araldico della famiglia. Sul piano pittorico poi a Bologna aveva lasciato il segno la scuola dei Carracci e anche l’arte di Guido Reni, tenendo viva una produzione di notevole 6) FIRENZE Firenze dal punto di vista urbanistico e architettonico non è una città Barocca, gli interni dei suoi edifici, xo, nascondono alcune opere di chiara ispirazione barocca romana. Cappellone dei principi: questo è il massimo monumento 600esco a Firenze, un enorme pantheon celebrativo della dinastia granducale dei Medici. La cappella, comunque, non ha nulla a che fare con l’architettura barocca essendo principalmente ispirata al Manierismo. Quello che è stupefacente è la preziosità dei materiali utilizzati, ovvero preziosissime pietre dure. Tutt’oggi il mausoleo rimane incompiuto. Con questa opera si dimostra quanto l’arte fiorentina di questi anni non puntasse sull’innovazione formale ma sulla preziosità dei materiali e quelle abilità necessarie x lavorarli. Baldassarre Franceschini e Carlo Dolci Baldassarre Franceschini divenne il maggiore pittore del Barocco fiorentino. Don Lorenzo de’ Medici lo aveva inviato a studiare in Italia settentrionale facendogli probabilmente terminare il suo viaggio a Roma. Uno dei primi risultati fu l’affresco fattogli realizzare da Don Lorenzo nella propria villa di Castello il quale rappresenta “la Viglianza e ‘l Sonno”. La scena è inquadrata in una cornice, dunque ben lontana dalla libertà compositiva romana ma comunque non si trova più alla diligenza fiorentina: le nuvole sono morbide, le cromie notturne e le figure naturali e vitali. Vi furono poi altri artisti capaci di percorrere la strada del Barocco romano senza rinunciare alle peculiarità della loro formazione fiorentina, rinascimentale e manierista. ES → Carlo Dolci, realizzò immagini sacre impregnate di una retorica sentimentale e patetica e ornate spesso da nature morte (es Gesù bambino con una ghirlanda di fiori). Cappella Feroni Fu Cosimo III a capire che ormai l’arte era cambiata x sempre e a fondare un’accademia fiorentina a Roma dove venivano mandati i più promettenti giovani fiorentini x imparare con i grandi maestri barocchi romani. Uno dei primi risultati di questa formazione fu questa cappella commissionata dal mercante Francesco Feroni il quale desiderava qualcosa di nuovo. Si rivolse così a Giovan Battista Foggini facendogli costruire uno dei primi microcosmi figurativi interamente barocchi a Firenze. Egli fuse l’architettura dell’altare con la finestra retrostante trasformando la cappella nella scenografia di un’azione sacra e popolando la cupola di angeli in stucco che accolgono l’immagine di s Giuseppe. Troviamo qua anche grande cura nei dettagli. Si può dire che alla fine del secolo il Barocco berniniano aveva ormai espugnato anche una roccaforte tradizionalista come Firenze. 7) NAPOLI Napoli nel panorama ‘600esco europeo ha un ruolo centrale. Essa è una città barocca sia urbanisticamente che architettonicamente. Ma in questa città vediamo convivere fasto estremo e povertà profonda. Cappella del Tesoro di s Gennaro Questo è il più impressionante esempio barocco a Napoli. In questa cappella si accede tramite la navata dx del Duomo e fu costruita x custodire le reliquie del santo patrono, s Gennaro. Essa si configura come una monumentale chiesa a sé, che si staglia sulla città grazie alla sua alta cupola e accompagnata all’esterno dalla Guglia di s Gennaro, un segno urbanistico destinato ad avere grande fortuna nell’arte napoletana del ‘6-‘700. La Guglia è in forma di colonna o obelisco ma assunse una forma lontana da ogni paradigma classico grazie all’architetto e scultore Cosimo Fanzago. Importante è il grande cancello di ottone che separa la cappella dalla Cattedrale, la chiesa dalla città. Su di essa, al centro, troviamo il busto di Gennaro che si ripete su entrambi i lati in un gioco concettuale tipicamente barocco che riprende il nome del santo derivante da Giano, dio romano con due facce. Quando si entra, poi, sulle nostre teste si apre il paradiso in un turbinio di nuove e santi, un popolo di statue di argento e bronzo e una serie di storie colorate che si snodano sulle pareti, realizzate da Domenichino che qua perviene al risultato + spiccatamente barocco della sua opera. Ai pennacchi affrescati da questo si sovrappone la cupola decorata invece da Giovanni Lanfranco con una scena del Paradiso realizzata come una gran macchina rotante di nubi e figure e che divenne paradigma delle cupole barocche napoletane. Vennero poi dipinte 6 liste di rame per le pale d’altare in mo da creare dipinti eccezionalmente luminosi e levigati. 4 di queste vennero dipinte da Domenichino e 1 venne lasciata incompiuta. Napoli sacra Certosa di s Martino È un complesso monastico costretto nel 1300 e ampliato dagli ultimi anni del 1500. La svolta si ebbe xo nel 1623 quando intervenne l’architetto Cosimo Fanzago che la rinnovò senza stravolgere la struttura medievale e ricoprendo le pareti con un manto di pietre colorate. Lanfranco affrescò la volta gotica e Ribera la navata. Quest’ultimo il quale non realizzava affreschi realizzò delle tele lunghe e strette poste ai lati degli archi d’accesso alle cappelle. Il programma iconografico presentava 14 profeti. Se a Roma la vivacità cromatica e decorativa enfatizza una struttura architettonica di base geometrica e Rinascimentale a Napoli il Barocco raggiunge la sua massima punta divenendo più che altro una mutazione estrema della maniera e negando la dorma canoniche. Fanzago intervenne poi anche nel Chiostro Grande realizzando x il Cimitero dei monaci la + bella balaustra del Barocco europeo nella quale l’ornato architettonico si fonde con la scultura di natura morta fino all’apice dei teschi infilzati sui perni. Fanzago riscrive l’architettura degli angoli trasformando le porte in un partito decorativo su cui sbocciano le mezze figure dei santi certosini, iperrealistici, umani e vivi ma al tempo stesso astrattamente ornamentali. Cappella Cacace Se nella Certosa di S Martino siamo lontanissimi dal Barocco romano, qui, sempre opera del Fanzago arriviamo alla punta estrema di penetrazione di questo linguaggio a Napoli. Sono l’unita dell’azione e i caratteri di stile delle sculture che collegano questa opera con quelle del Bernini. Il perno concettuale di tutto è la pala d’altare al centro nella quale la Madonna distribuisce corone del rosario ai santi planando su un gorgo in nuovi dorate ed è proprio questa apparizione che alza un vento che fa muovere le vesti delle statue ai lati; un’idea tutta berniniana. Luca Giordano Luca Giordano fu il più grande artista del Barocco meridionale. Egli si formò in una Napoli naturalista ancora fortemente sotto l’influenza di Caravaggio. Luca poi a Roma si immerse nell’arte di Cortona e Bernini, ma vide anche Venezia e riuscì a unificare i linguaggi di tutta l’Italia barocca nella sua opera. Nel 1692 poi accettò l’invito del re di Spagna suggellando un successo di dimensioni internazionali. Tra le sue opere possiamo citare l’affresco realizzato x la controfacciata della chiesa napoletana dei Girolamini. Qui Luca “abbatte” la parete della chiesa proiettando lo spettatore nella scena che si svolge tra le strade del centro antico di Napoli: venditori, mendicanti, animali, la strada sporca. Qua irrompe xo la storia sacra: vediamo Cristo che caccia i mendicanti dal Tempio. LG punta tt sullo spaesamento e sulla reazione emotiva del fedele: luci calde, chiaroscuro, tramite questi strumenti il piano della finzione si fonde a quello della realtà facendo convivere inoltre Tiziano, Veronese, Carracci, Caravaggio e Cortona: è a Napoli che il Barocco diviene italiano. CAPITOLO 7 VELAZQUEZ -L’acquaiolo di Siviglia, 1621: •il suo primo capolavoro facente parte del genere del bodegón WHAT? = la versione spagnola del genere europeo che tra 500 e 600 ritraeva donne e uomini in interni di cucine o comunque circondati da oggetti o cibo. Differenza del bodegòn di Val. → elimina tutto il tono ironico rappresentando delle figure monumentali e dignitose, sia nella stazza che nei modi. Caratteristica → luce caravaggesca che trae i soggetti fuori dall’oscurità e li scolpisce. Uomini e oggetti sono tutti sottoposti alla luce nel medesimo modo e sono importanti tutti nel medesimo modo. - Ritratto di Filippo IV, 1644: questo ritratto è insieme una celebrazione pubblica e guerriera ma anche un pegno d’amore per la regina Elisabetta, direttamente dal fronte di guerra. Il dipinto si risolve in una cascata di luce e colore e il re è rappresentato tramite gli oggetti, come la giubba rossa tempestata dal gallone (ornamento) d’argento, il giustacuore, il corpetto dorato sotto, la piuma del cappello, ma anche tramite la sua espressione che lascia trasparire la sua anima messa a nudo. Nonostante il carattere del quadro infatti egli non mostra un aspetto trionfale, stringe a sé il bastone del comando dell’esercito, ma ha il cappello in mano quasi in un galante saluto vero sua moglie. Il volto è pallido, stanco, triste, a rappresentare il declino della Spagna. Venere allo specchio, 1650: questo è l’unico nudo femminile di V e l’unico dipinto di questo genere fino a Goya. Qui troviamo sicuramente la libertà e la sensualità tipiche dell’arte veneziana ma la posa della dea ha anche fatto pensare alla scultura antica dell’Ermafrodito conservata alla Villa Borghese. • what? In questa scena Venere ha chiesto a Cupido di portarle uno specchio, il figlio glielo porge e il cordone rosa che lo reggeva svolazza nell’aria. • la vergine in realtà sta guardando noi. In questo dipinto possiamo trovare la sintesi delle esperienze italiane di Vel: la gamma cromatica veneta innerva di vita una statua antica e tutto è posto al servizio dell’attenzione al ruolo dello spettatore e al suo coinvolgimento. - Ritratto di Juan de Pareja, 1650: in questa opera egli ritrae il suo schiavo-pittore mulatto che V liberò in occasione del giubileo del 1650. Nel suo sguardo notiamo una dignità e una pienezza umana che avrebbero reso impossibile a V praticare l’inumanità della schiavitù, pur ancora molto praticata in Spagna. -Las Meninas, 1656-7: Ci troviamo nella reggia di Filippo IV, all’interno dello studio del pittore. •Al centro vediamo la figlia del re, Margherita, affiancata da un’ancella che le porge un vaso di terra profumata pieno d’acqua, •intorno nani e cortigiani. Di fianco a loro si vede V stesso che sta realizzando il ritratto dei coniugi reali, cosa che si capisce dallo specchio sul muro al fondo della sala, che li riflette nella posizione in cui ci troviamo noi osservando l’opera. La sessione di posa è finita e questo si capisce dall’aiutante della regina che apre la porta e dal nano che sveglia il mastino che accompagnava sempre Filippo 2) JOHANNES VERMEER (1632-1675) La profondità spirituale di Rembrandt non è l ’ unico vertice della pittura olandese seicentesca. Parliamo anche di un altro artista, Vermeer. -La ragazza con l’orecchino di perla, (1665-7) Opera più celebre. È un tronie, come gli olandesi chiamavano i dipinti di mezze figure che non ritraevano personaggi precisi ma ne usavano i tratti per studiare impressioni e stati d’animo. Quasi tutto quello che sappiamo di Vermeer è contenuto nei suoi dipinti nei quali non accade nulla, il tempo è fermo e la pittura che descrive frammenti di realtà quotidiana. Assenza di azione e apparente irrilevanza della scena creano una forte tensione emotiva → Caravaggio -Donna che legge una lettera, ( 1657-59) In questo dipinto non succede nulla se non quello che viene detto nel titolo → donna davanti a una finestra che la inonda di luce mentre legge una lettera. In origine Vermeer aveva posto al muro un quadro rappresentante Cupido che ci dava un indizio chiaro della natura della lettera. Ora possiamo solo supporre il genere di scritto, ma non dirlo con certezza. Altra cosa ardua da stabilire è se la modella che ricorre nei quadri di Vermeer sia la moglie, Catharina Bolnes. -Donna che pesa il denaro ( 1663-4) in questa opera la stessa donna appare incinta e anche in questo caso ci chiediamo se siamo attratti in un frammento insignificante di realtà (la moglie di Vermeer che pesa le monete x stabilirne il valore) o in un’allegoria religiosa come potrebbe suggerire il giudizio universale appreso alla parete. In che modo questa scena può essere compresa? Come una celebrazione della ponderatezza del giudizio della moglie? o siamo di fronte a un’immagine della Madonna dissimulata come conveniva ai protestanti? o ancora, la donna potrebbe non essere incinta e il vestito alla moda averci ingannato. Donna che versa il latte, (1657-68) in questa opera fortissimo è il senso che non ci sia un significato nascosto ma che tutto quello che c’è ci si presenti davanti agli occhi. Monumentale è la dignità di questa umile addetta alla cucina, come centrale è il colore. - Veduta di Delft, ( 1661-3) questo è 1 solo dei 2 esterni pervenutici di Vermeer che dimostra il suo senso infallibile della composizione. La veduta fu dipinta dal 2 piano di un palazzo forse usando una camera oscura e si può usare come un documento per la descrizione di questa città all’epoca, nella quale si riconoscono sia palazzi importanti che + umili. Ma più ancora che per la sua esattezza, questo dipinto ci colpisce per la sua poesia: lo scintillio dell’acqua, la silenziosa dignità delle poche figurette umane, l’immenso cielo nuvoloso → virtù principali di un quadro il cui vero soggetto è la nostra percezione di fronte a un frammento di mondo restituito attraverso una profonda adesione sentimentale. Un quadro che si può considerare un fondamento di quello che sarà l’Impressionismo. -L’atelier (1662-8) in questo dipinto forse Vermeer tira le fila di tutta la sua opera. In esso si è letta o un’allegoria della pittura o della pittura olandese (la carta dell’Olanda al muro) o ancora delle arti in genere (gli oggetti simbolici sul tavolo), diversamente si è pensato a un semplice autoritratto. Si è comunque spinti a considerare entrambe le eventualità e ritenerle entrambe vere. La scena ci si mostra dietro la tenda spostata a sx, vediamo il pittore che lavora nel suo atelier. Il pavimento, il lampadario, la seggiola, si ripetono in molti quadri e probabilmente sono quelli che aveva a casa. Niente di più facile infatti che Vermeer abbia rappresentato i suoi oggetti e la sua modella, senza invenzioni, e se stesso in un costume + o meno di fantasia. Il fatto, comunque che non vediamo il volto ci fa pensare che possa essere una sorta di autoritratto aperto che può rappresentare tutti i pittori, e dunque anche un’allegoria della pittura. CAPITOLO 11 IL ROCOCÒ IN FRACIA Per la prima volta dal Gotico non è l’Italia a fare da capofila nelle innovazioni artistiche. Ormai l’obbiettivo di Luigi XIV era stato raggiunto e la Francia aveva sostituito Roma come epicentro dell’arte e della cultura europee. Da questo momento in poi l’Italia non produrrà più nessuna rivoluzione artistica. (!!) Nel 1715 Luigi XIV morì – succede Filippo d’Orléans → tutto cambia La corte se ne andò da Versailles tornando a Parigi e tornarono in voga le opere di piccole dimensioni, la preziosità, hai oggetti minuti, rari ed esotici e ai solenni palazzi, agli spazi pubblici e all’eloquenza regale si preferirono le case private e i sentimenti intimi. Dalla decorazione rocaille al Rococò Alla fine degli anni ’30 del ‘700 il pittore francese François Boucher pubblicò una serie di decorazioni per i paraventi→ importanti perchè rispetto alla natura sublime e grandiosa del Bernini ora si preferisce una natura pettinata, astratta e addomesticata.. Solo alla fine del ‘700 quando questa tendenza era ormai superata si diede una definizione, e si coniò, storpiando “rocaille”, il termine Rococò. Questo cambio rispetto al Barocco non riguardava solo l’arte, ma anche la società e il costume. Possiamo vedere in questo senso un’altra opera di F Boucher, La toilette (1742). • linee curve e morbide come quelle del corpo della cameriera. L’ambiente è completato poi da porcellane e dal paravento cinese. Proprio questo ambiente è qualcosa che non abbiamo mai visto fino ad adesso, non si tratta più infatti di un interno di una reggia e nemmeno di una lugubre strada che ospita una mendicante, vediamo qua invece una donna della piccolissima aristocrazia o dell’alta borghesia: se nel ‘600 la rappresentazione della realtà si polarizzava tra classi apicali (papi, monarchi, principi) e classi subalterne, in questo periodo questo cambia. Questo ci fa capire che la rottura rispetto al Barocco non comprende solo l’aspetto formale ma anche introduce una certa libertà morale e anticonformismo che ci parlano della crisi di un sistema che verrà chiamato Antico Regime. Anche la pittura rococò comunque è capace di un registro più alto ma comunque persino in un ritratto istituzionale, sempre di FB, come quello di Madame Pompadour, il registro è lontanissimo dalla gravità o solennità e tutto parla di leggerezza. La statua allegorica alle spalle di lei ci ricorda come questa innovazione interessasse anche la scultura. -Le fortunate evenienze dell’altalena, Jean- Honoré Fragonard, 1767-8 Il tema è frivolo e parla di erotismo, eccitazione dei sensi, ma anche di fugacità del momenti e dee sensazioni che durano un attimo e poi svaniscono. Tutto questo pare condensato nell’immagine instabile dell’altalena, in un’ambientazione dolce come quella di un parco con fiori, alberi, fronde ed effetti di luce e ombra. CAPITOLO 13 IL RITORNO ALLA REALTA’: CRESPI, FRA’ GALGARIO, CERUTI, MAGNASCO, LONGHI, TRAVERSI E CANALETTO 1) LA PITTURA DELLA REALTÀ Nel clima di Barocco e Rococò venne lasciato uno spazio, tra il 1715-60 per la pittura di artisti che costruirono un modo diverso e oggettivo di vedere la realtà. Ciascuno di essi fa parte di un contesto locale, ma è possibile leggerli come parte di un unico filone, non dal punto di vista stilistico ma sociale → pittori che lavorano a opere di committenza privata = quadri da galleria , nominabile “pittura della realtà”, il quale percorre trasversalmente l’arte del ‘700 italiano, in opposizione all’arte pubblica. Giuseppe Maria Crespi Il più anziano di questi artisti, praticò l’affresco e dipinse pale d’altare, ma l’innovazione maggiore è riscontrabile nelle tele nelle quali seppe fermare frammenti apparentemente anonimi della realtà quotidiana. Lo vediamo nell’opera il Sacramento della confessione (1710) nel quale ritrae un uomo al di là di un confessionale che parla con un parroco. Egli qua, come in altre opere, si rivela capace di aderire non solo a una determinata situazione di luce e atmosfera ma anche una tensione emotiva a all’umanità che permea ognuna delle sue scene quasi monocrome e lontanissime da ogni leziosità rocaille. Questo lo vediamo anche ne Il cortile (1715). Ci troviamo qua in un casolare di campagna sotto un cielo verde scuro permeato della luce livida che precede un temporale. Sulla veranda vediamo una donna che imbocca il suo bambino e sull’aia un’alta che lava i panni e che con una saponetta minaccia un uomo che sta orinando sul muro, minacciato anche da un gatto bianco che sbuca dalla finestra per graffiarlo. Crespi dona attenzione particolare proprio a quel muro nel quale ogni mattone, pietra e incrostamento di intonaco assume una dignità che è quella degli oggetti che compongono la trama della nostra vita quotidiana. Fra’ Galgario Giuseppe Ghislandi, passato alla storia come Fra’ Galgario, seppe posare sulla realtà uno sguardo simile a quello di Crespi, indirizzandolo non sulle cose ma sui volti degli esseri umani ed esprimendosi tramite il ritratto. Egli nacque a Bergamo e si formò a Venezia e per tutta la vita dipinse ritratti permeati di tradizione naturalistica lombarda dalla quale si era mosso Caravaggio. Uno dei suoi capolavori, Ritratto del cavaliere (1740), rappresenta uno sconosciuto cavaliere del quale egli ci restituisce la prestanza fisica e il corpo, il costume e la carne. Egli sviluppa uno stile pittorico liberissimo e impressionistico fatto di addensamenti materici e sfasamento delle forme. L'ethos del suo stile si trova in bilico tra la celebrazione e la denigrazione del soggetto: il cavaliere si sbottona il giustacuore per mostrare una corazza con lo stemma dell'ordine costantiniano al quale apparteneva. La sintassi formale, esclusiva ai ritratti regali, ora è alla portata di qualunque cavaliere della provincia italiana. Giacomo Cerutti Dalla pittura di ritratto di Fra' Galgario muove anche questo artista, detto il Pitocchetto perché dipingeva i “pitocchi”→ mendicanti. Egli non li inseriva in scene di genere, ma in ritratti enormi, connotati da figure grandi al vero. Nei suoi quadri si sente tutta l’umanità negata e violata di questi muti protagonisti del '700. L'incontro nel bosco (1735) → si racconta l'incontro tra 2 esseri marginali, un mendicante dalla faccia paralizzata, e una bambina o una nana della quale non vediamo nemmeno il volto, coperta da stracci di terza mano. Donne che lavorano (1720-5) → ferma invece l'immagine sulle filande, che nessun altro aveva osato mostrarci, in una scena di piena dignità. Le intenzioni dell'autore, comunque, non ci sono chiare non si sa se in lui ci fosse un sentimento di sacralità del povero, o semplicemente volesse registrare indifferentemente una realtà, terribile ma oggettiva. Alessandro Magnasco Pittore ligure il cui stile appare lontanissimo dal naturalismo degli ultimi artisti descritti → stile pittorico che spesso rappresenta vedute di poverissimi ambienti contemporanei brulicanti di figurette (di solito suore e frati). Si riconnette al fronte + avanzato della riflessione sociale del periodo che si avviava verso la frattura dell'Illuminismo, la sua è una garbata ma pungente critica sociale verso l’aristocrazia decaduta. Trattenimento in un giardino d'Albaro (1740 ca) → quadro più celebre. Un muro cadente separa un'ampia veduta di una valle da uno stretto proscenio popolato da figure di aristocratici e clero seduti su poltrone rocaille. →Contrasto tra il soggetto leggero e l'atmosfera del paesaggio teso e plumbeo. Pietro Longhi Ancora diversa è la pittura di questo artista che al posto di parlare con un tono tragico realizza una sorta di "commedia". Egli fu cronista della realtà veneziana, armato di ironia e amore per la realtà. La Sua ricerca del vero sfociava in un ritratto ironico ma infondo fraterno e commosso di una mediocrità umana che era la cifra attraverso la quale l'eroismo dell'antico regime trapassava nella modernità. Il suo "teatro" racconta dall'interno e senza prendersi troppo sul serio la quotidianità delle classi agiate del 700. Gaspare Traversi A Napoli, invece, la pittura assume tratti più corrosivi, disincantati e monumentali. Questo artista riaccese il fuoco del realismo di Caravaggio. Anche la pittura sacra nelle sue mani ritrovò una certa tenerezza di vita quotidiana. Ma sono le scene di genere, che invece rivelano una nuova consapevolezza sociale. Questo lo possiamo vedere nella coppia di quadri: Lezione di disegno e Lezione di musica (1755-60) dei quali si può dare una duplice interpretazione e vederli o come una satira di come I borghesi del tempo passavano le loro giornate, scimmiottando i comportamenti degli aristocratici, oppure come una descrizione della vita di un bordello, nella quale le figure femminili sono le prostitute, circondate dalle attenzioni di un gruppo ripugnante di uomini di varie età. 2) Canaletto e la luce di Venezia (1697-1768) Alla fine di questa serie di artisti della realtà troviamo lui, il quale apportò questo genere una conclusione non solo naturale ma anche trionfale sul piano qualitativo e dell'importanza storica, conclusione che venne prolungata nell'arte del nipote, Bernardo Bellotto, il quale esportò il suo linguaggio in tutta Europa. Canaletto fu figlio di un pittore teatrale e dunque espertissimo nell'arte scenografica, cosa che gli permise di portare a un livello inimmaginabile il genere della veduta urbana. Uso della camera ottica → dispositivo già largamente utilizzato nel 600 che permetteva tramite un piccolo foro nel quale entrava la luce di proiettare l’immagine che stava di fronte a questa scatola, capovolta. Canaletto usò certamente questo strumento, anche se non sappiamo esattamente come. Sappiamo che la sua arte non dipese da quello che gli stava davanti, ma da quello che era dentro i suoi stessi occhi. Laboratorio dei marmi a San Vidal, (1725): in questa opera Canaletto ritirare 2 campi al di qua e al di là di Canal Grande. Mette in primo piano la baracca nella quale gli operai segavano i marmi per i lavori nell'adiacente chiesa di S Vidal /che non vediamo). Al centro della scena c'è un'altra Venezia → popolare e lontanissima dalla nobiltà delle scene di Longhi. Il colore è saturo, senso, freddo e le ombre cadono nette sono una luce assoluta. Canaletto con le sue opere crea una sorta di mappa visiva di Venezia, più vera del vero. Ritorno del Bucintoro in occasione dell’ingresso dell’ambasciatore imperiale, Conte di Bolagnos (1729-30) → glorificazione delle solennità doganali, in cui il punto di vista proviene da una barca fra le barche e dove Canaletto riesce a coinvolgere lo spettatore a godersi la scena festosa nella laguna o a lasciarsi sbalordire dalla dovizia dei dettagli cerimoniali e topografici. Bacino di San Marco verso est (1738), opera in cui Canaletto ci dice che non aveva bisogno di un evento politico per affermare la gloria di Venezia, inseparabile dalla luce.
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