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Aspetti dell'esecuzione forzata: espropriazione ed esecuzione in forma specifica, Appunti di Diritto Processuale Civile

Appunti di diritto processuale civile sui due aspetti dell'esecuzione forzata: l'espropriazione e l'esecuzione in forma specifica

Tipologia: Appunti

2009/2010

Caricato il 14/04/2010

Ghingar
Ghingar 🇮🇹

4.4

(861)

59 documenti

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Scarica Aspetti dell'esecuzione forzata: espropriazione ed esecuzione in forma specifica e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! L’esecuzione forzata Il codice civile distingue due aspetti dell’esecuzione forzata:  l’espropriazione → art. 2930 c.c. e ss.  l’esecuzione in forma specifica → art. 2930 c.c. e ss. L’espropriazione. Quando si parla di espropriazione si riconduce l’esecuzione a una normativa obbligatoria, o più semplicemente ad un’obbligazione: è l’art. 2740 c.c. che pone la regola fondamentale per cui “il debitore risponde dell’adempimento delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni”. È questa la c.d. responsabilità patrimoniale del debitore. Ciò comporta che l’obbligazione contiene già tutta in sé l’esecuzione forzata, e questa, essendo un momento della vita dell’obbligazione, non può essere in alcun modo dissociata da essa (tanto e vero che l’obbligazione si estingue con l’esecuzione). Occorre precisare adesso che essendo indiscutibilmente il risultato dell’espropriazione una somma di denaro, ciò presuppone che anche l’obbligazione abbia per oggetto una somma di denaro: la realtà ci mostra che non sempre è così, anzi, spesso l’oggetto della prestazione è una cosa diversa dal denaro, e precisamente una cosa determinata. La soluzione del problema è dato dalla stessa legge, la quale nell’art. 1218 c.c. dice che il debitore che non adempie esattamente quanto da lui dovuto è tenuto al risarcimento del danno. Quindi il risarcimento del danno non è una nuova obbligazione che si aggiunge a quella vecchia o nella quale si trasforma, ma è la stessa obbligazione vista dal punto di vista della garanzia che l’ordinamento offre al creditore per il conseguimento di quanto gli è dovuto. Inutile precisare che, se l’oggetto dell’espropriazione è una somma di denaro, non è ammissibile l’esecuzione forzata di cose generiche. L’esecuzione forzata si atteggia come: a) espropriazione, consistente nel procedimento esecutivo diretto a sottrarre coattivamente al debitore determinati beni facenti parte del suo patrimonio ed a trasformarli in denaro, per soddisfare le pretese del debitore ovvero all’assegnazione coattiva della titolarità dei crediti del debitore al creditore. b) Esecuzione forzata in forma specifica, che si suddivide in: - esecuzione per consegna di cose mobili o rilascio di immobili, consistente nel procedimento esecutivo diretto a far conseguire al creditore la materiale disponibilità di una determinata cosa mobile o immobile; - esecuzione forzata di obblighi di fare e non fare, consistente nel procedimento esecutivo diretto all’esecuzione di una condanna per violazione di un obbligo di fare o non fare. Esecuzione come processo. L’esecuzione forzata è un processo, di questo non è possibile dubitare: l’actus trium personarum è presente nel processo di cognizione come in quello di esecuzione. Da un lato, l’organo esecutivo (l’ufficiale giudiziario) che opera nell’ambito di un ufficio giudiziario e sotto il controllo del giudice, dall’altro il creditore e il debitore anche se, quest’ultimo, appare ridotto a uno stato di mera soggezione e l’azione appare inizialmente unilaterale. Il processo esecutivo differisce da quello di cognizione per la funzione e la struttura: nel processo di cognizione si tratta di stabilire una normativa (del caso concreto), nel processo di esecuzione si tratta di adeguare la realtà ad una normativa già stabilita, sostituendo la volontà del debitore, nel compimento di un atto. Risiede in questo la ragione del carattere non contraddittorio del processo esecutivo. Quella che è l’insopprimibile esigenza del contraddittorio nel processo, in quello di esecuzione è soddisfatta a posteriori con l’opposizioni del debitore ex art. 615 cpc. Il processo esecutivo è disciplinato dagli art. 474 e ss. del codice di procedura civile. TITOLO ESECUTIVO art. 474 cpc “L’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo…” → presupposto del processo esecutivo è l’esistenza di un titolo di credito (nulla executio sine titulo) Dal titolo esecutivo, deve risultare un diritto: certo → il diritto deve risultare dal titolo liquido → deve essere valutabile in denaro, determinato nel suo ammonatare esigibile → non sottoposto né a condizione né a termine. La legge indica quali sono i titoli esecutivi (la tradizione distingue i titoli in giudiziali e stragiudiziali): Titoli giudiziari - le sentenze (non tutte le sentenze sono titoli esecutivi, solo quelle che abbiano un contenuto di condanna) - i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (alcune ordinanze art. 186 bis, ter, quater, licenze e sfratti convalidati, decreti ingiuntivi, verbali di conciliazione) Titoli stragiudiziali - le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia - le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute - gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. SPEDIZIONE IN FORMA ESECUTIVA art. 475 cpc L’art. 475 dice che le sentenze, gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio, per valere come titoli esecutivi, devono essere muniti della formula esecutiva: l’apposizione di tale formula costituisce la spedizione del titolo in forma esecutiva. Può farsi soltanto alla parte (o ai suoi successori) a favore della quale è stato pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione; deve essere indicata, in calce al documento, la persona alla quale è spedita. La spedizione in forma esecutiva consiste nell’intestazione “Repubblica Italiana – In nome della legge” seguita dall’apposizione di una det. formula indicata nel terzo comma dell’ar.t 475. Non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte (art. 476). NOTIFICA DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO art. 479 cpc L’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla a) notifica del titolo in forma esecutiva b) dal precetto. Tuttavia la legge ammette che il precetto sia redatto di seguito al titolo esecutivo e che vengano notificati insieme, purché la notificazione sia fatta alla parte personalmente. FORMA DEL PRECETTO art. 480 cpc Il precetto consiste nell’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo, in un termine non minore di 10 giorni, con l’avvertimento che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata. A pena di nullità sono stabilite nel 2° comma: - l’indicazione delle parti - la data di notificazione del titolo esecutivo - la trascrizione integrale del titolo, se richiesta dalla legge Altro importante requisito non richiesto a pena di nullità è la dichiarazione o elezione di domicilio della parte istante nel comune dove ha sede il giudice dell’esecuzione. Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell’art. 125 e notificato alla parte personalmente, a norma degli art. 137 e ss. b) dei privilegi per la cui efficacia è richiesta l’iscrizione, se questa ha luogo dopo il pignoramento; c) dei privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento. - Fatti estintivi di crediti art. 2917 c.c. → non operano le cause di estinzione di un credito posteriori al pignoramento del credito stesso. Si intendono i fatti estintivi volontari e quelli legali, come la compensazione. - Cessione e liberazione di fitti art. 2918 c.c. CONCORSO DI AZIONI ESECUTIVE art. 493 cpc Nel processo di esecuzione è ammesso l’intervento di altri creditori; nel caso di più creditori, il creditore che ha preso l’iniziativa è detto comunemente creditore procedente. Il codice di procedura conosce tre ipotesi di concorso di azioni esecutive: - il pignoramento è fatto su richiesta di più creditori anche in base a diversi titoli esecutivi. Tutti conservano la titolarità della propria azione e possono provocare gli ulteriori atti indipendentemente l’uno dall’altro; - lo stesso bene sia pignorato successivamente da più creditori; in questo caso è disposto che l’esecuzione si svolga in un unico processo. Ciò si ottiene mediante la inserzione nel fascicolo dell’esecuzione del pignoramento successivo con comunicazione di questo al primo creditore. Anche qui ogni pignoramento ha effetto indipendente e ciascun creditore può richiedere gli ulteriori atti. In caso di pignoramento successivo tardivo, cioè dopo l’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione, la posizione di “compignorante” ha il solo effetto di far partecipare alla distribuzione della somma ricavata previa soddisfazione del creditore procedente. - La terza ipotesi infine è che il creditore legittimato all’esecuzione (cioè munito di titolo) anziché pignorare successivamente il bene intervenga nel processo in corso. In questo caso si ha una forma di accessione al primo pignoramento che non altera l’indipendenza dell’azione e non preclude il potere di compiere gli ulteriori atti da parte del creditore intervenuto. PROCEDIMENTO Il creditore presenta istanza all’ufficiale giudiziario competente il quale inizia il procedimento (primo atto: pignoramento). Il debitore esecutato, oltre a subire la procedura può: Evitare il pignoramento Mediante pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario art. 494 cpc → versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario l’importo del credito più le spese per: - consegnarlo al creditore, oppure - perché diventi l’oggetto del pignoramento (evitando così il pignoramento dei beni). In questo caso però l’importo del credito più le spese va aumentato di due decimi. Chiedere la conversione del pignoramento art. 495 cpc Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all’importo al credito dovuto comprensivo di capitali, interessi e spese. Modalità della conversione: - deposito dell’istanza di conversione in cancelleria, unitamente a una somma non inferiore a un quinto dell’importo dovuto al creditore procedente e ai creditori intervenuti. Il giudice con ordinanza (non oltre 30 giorni dal deposito dell’istanza) determina la somma da sostituire al bene pignorato; non è ammessa la possibilità di rateizzazione però se l’espropriazione è immobiliare, il giudice con la stessa ordinanza può assegnare al debitore un massimo di 18 mesi per rateizzare la somma dovuta. RIDUZIONE E CESSAZIONE DELL’EFFICACIA DEL PIGNORAMENTO art. 496 e 497 cpc Il giudice può disporre la riduzione del pignoramento quando il valore dei beni pignorati eccede l’importo dei crediti e delle spese. Procede con ordinanza (modificabile e revocabile). Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi 90 giorni senza che si sia proceduto alla assegnazione o alla vendita. INTERVENTO art. 499 cpc In base al novellato art. 499 possono intervenire nell’esecuzione i creditori non divenuti compignoranti e precisamente: - i creditori muniti di titolo esecutivo e ciò anche se il loro credito sia sorto dopo il pignoramento → partecipano alla distribuzione del ricavato secondo le cause di prelazione stabilite dal diritto sostanziale e se, chirografari, a secondo che il loro intervento sia tempestivo o meno (l’intervento deve aver luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione, in difetto il creditore chirografario sarà soddisfatto dopo i creditori pignoranti, i creditori privilegiati e di quelli intervenuti precedentemente); - i creditori privi di titolo esecutivo vantanti un credito sorto prima del pignoramento, i quali, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri, ovvero erano titolari di un diritto di credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all’art. 2214. L’intervento si attua mediante il deposito di un ricorso contenente: a) l’indicazione del credito e del suo titolo (se il creditore è titolare di un diritto di credito di somma di denaro risultante da scritture contabili obbligatorie e tenuto ad allegare, a pena di inammissibilità, l’estratto autentico notarile delle medesime); b) la richiesta di partecipazione alla somma ricavata; c) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio in cui ha sede il giudice dell’esecuzione. I creditori privi di titolo esecutivo devono notificare copia del ricorso al debitore, entro 10 gg dal deposito dello stesso. La mancata notificazione del ricorso comporta la decadenza del creditore dal diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata, per effetto della mancata comparizione del debitore in udienza; se invece il debitore compare e riconosce espressamente il credito, la mancata notificazione deve intendersi sanata. Con l’ordinanza con cui è disposta la vendita o l’assegnazione il giudice fissa l’udienza di comparizione del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo disponendone la notifica a cura di una delle parti. Tra la data dell’ordinanza e la data dell’udienza non devono intercorrere più di 60 giorni. In tale udienza il creditore è tenuto a riconoscere, in tutto o in parte, o a disconoscere i crediti fatti valere con l’intervento. Il riconoscimento rileva ai soli effetti dell’esecuzione, ha efficacia solamente all’interno del processo di esecuzione; in caso di non comparizione del debitore i crediti si intendono riconosciuti. In caso di disconoscimento del credito il creditore dovrà munirsi di titolo esecutivo, promuovendo nei 30 giorni successivi all’udienza l’azione necessaria al riconoscimento del titolo. In tale caso potrà richiedere l’accantonamento delle somme a lui spettanti. LE OPPOSIZIONI DEL DEBITORE art. 615, 616, 617 e 618 cpc. L’opposizione all’esecuzione → consiste nella contestazione, da parte del debitore, del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata; ovvero l’an dell’esecuzione. (N.B. Sempre con l’opposizione ex art. 615 è possibile contestare il diritto di procedere in relazione a determinati beni, non pignorabili. Si contesta in sostanza la pignorabilità dei beni.) L’opposizione investe una questione di merito, in quanto il debitore nel contesta, in sostanza, che nel caso concreto concorrano le condizioni dell’azione esecutiva. Da sottolineare come le possibilità di opporsi per il debitore sono diverse a seconda che il titolo su cui si fonda l’esecuzione sia giudiziale o stra-giudiziale: - per quanto riguarda i titoli giudiziari, in primo luogo l’opposizione non può riguardare la formazione degli stessi ma solo la loro efficacia. In secondo luogo, non sarà possibile dedurre con l’opposizione motivi di contestazione che avrebbero potuto/dovuto essere proposti nel processo in cui si è formato il titolo (il giudicato copre il dedotto e il deducibile). La contestazione è possibile quindi, solo per fatti posteriori alla formazione del titolo. - Per quanto riguarda i titoli stra-giudiziali, è contestabile non solo l’efficacia del titolo ma anche la sua formazione. Sono proponibili tutte le eccezioni e difese che avrebbero potuto essere fatte valere in sede di cognizione. Sono legittimati a proporre opposizione: - attivamente: il soggetto passivo dell’esecuzione, ossia l’escusso (il debitore o il terzo assoggettato all’esecuzione) o anche un suo creditore, quale suo sostituto processuale a norma dell’art. 2900 c.c. - passivamente: il soggetto attivo dell’esecuzione, il creditore procedente. Gli altri creditori possono intervenire volontariamente nella causa o essere chiamati ad intervenire per comunanza di controversia. IL PROCEDIMENTO L’opposizione si può proporre prima dell’inizio dell’esecuzione oppure nel corso del processo esecutivo. Prima dell’inizio dell’esecuzione → l’opposizione si propone come opposizione al precetto mediante citazione davanti al giudice competente per materia e per territorio, a norma dell’art. 27. In base alla nuova disciplina, è riconosciuto anche al giudice dell’opposizione al precetto il potere di sospendere (su istanza di parte e ricorrendo gravi motivi) l’efficacia esecutiva del titolo notificato ex art. 479. Secondo la dottrina, l’ordinanza che provvede (in senso positivo o negativo) sull’istanza di sospensione è assoggettata al reclamo ex art. 669terdecies trattandosi di provvedimento di natura cautelare. (?) Il procedimento di opposizione si chiude con sentenza non impugnabile, ma ricorribile per Cassazione ex art. 111 Cost. Successiva all’inizio dell’esecuzione → l’opposizione si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione, il quale fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé ed il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. In seguito alla riforma del processo di esecuzione, a tale udienza si applicano le norme del procedimento cautelare di cui agli art. 737 e ss. del codice di procedura. Se viene deliberata l’istanza di sospensione il giudice dell’esecuzione, qualora sia competente l’ufficio giudiziario al quale egli appartiene, fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito ovvero rimette la causa dinnanzi all’ufficio giudiziario competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa. Il giudizio di merito si conclude con sentenza non impugnabile ma ricorribile in cassazione ex art. 111 Cost. (prima della riforma, il giudizio di opposizione si concludeva con sentenza assoggettata ai normali mezzi di impugnazione). La sentenza può essere di rigetto o di accoglimento; in particolare: - se la sentenza rigetta l’opposizione → il processo di esecuzione riprende il suo corso e la sentenza stessa potrà condannare l’opponente al risarcimento del danno in caso di mala fede o colpa grave; - Se la sentenza accoglie l’opposizione → accerta negativamente il diritto di procedere all’esecuzione e di conseguenza l’esecuzione è rimossa in tutto o in parte, definitivamente o
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