Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

L'eredità del romanzo storico ottocentesco: Il Gattopardo e Pasolini e Calvino, Sintesi del corso di Lingua Italiana

Il romanzo storico ottocentesco 'Il Gattopardo' di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e la figura degli autori Pasolini e Calvino. come questi opere rappresentano un'eredità psicologica e culturale, con un focus sul senso di impotenza di fronte alle trasformazioni storiche e la percezione di morte. Il documento inoltre discute sulla decadenza della cultura e la necessità di impegno intellettuale per guidare le rivoluzioni nazionali.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 21/05/2022

martina-vitello-1
martina-vitello-1 🇮🇹

4

(11)

28 documenti

1 / 11

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica L'eredità del romanzo storico ottocentesco: Il Gattopardo e Pasolini e Calvino e più Sintesi del corso in PDF di Lingua Italiana solo su Docsity! AUTORI VARI L'eredità del romanzo storico ottocentesco Il romanzo storico è un genere nato ai primi dell'Ottocento. In Italia il capolavoro assoluto di questa stagione sono I promessi sposi. Il genere però ha avuto una lunga fortuna, ripresentandosi in forme diverse in epoche diverse: si pensi ai Viceré di De Roberto e ai Vecchi e giovani di Pirandello. Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa Nell'immediato dopoguerra il clima culturale induceva gli scrittori a fare soprattutto i conti con i problemi incalzanti del presente. È la stagione che si suole indicare "Neorealismo". Una rottura rispetto a questa tendenza è costituita, nel 1958, dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Il romanzo racconta il passaggio della Sicilia dal Regno borbonico all'Italia unitaria: Il Gattopardo è in realtà un romanzo psicologico incentrato sullo scavo interiore del protagonista, Il principe di Salina, sul senso di impotenza di fronte alle trasformazioni in atto, sulla sua percezione dell'incombere della morte. Si tratta dunque di un’opera ancora legata alle coordinate del grande Decadentismo europeo. Il consiglio d'Egitto di Leonardo Sciascia Una visione della storia diversa è proposta, pochi anni dopo, da un altro scrittore siciliano, Leonardo Sciascia, con il romanzo Il consiglio d'Egitto (1963). Se in Tomasi era possibile riconoscere una negazione della storia di matrice decadente, Sciascia si pone davanti al passato con un atteggiamento che ha qualche cosa di illuministico: scava nei documenti, riporta alla luce episodi minori, che però riescono a dare il senso profondo delle tendenze storiche, e compie tale l'operazione con l'intento di far emergere storture tipiche di epoche buie. Questo passato negativo è indagato con una lucidità che può ricordare certe pagine Manzoniane nei Promessi sposi o della Colonna infame, dedicate alla follia delle unzioni durante la peste e agli infami processi che ne seguirono. Nel Consiglio d'Egitto, sullo sfondo di una società aristocratica siciliana attaccata ai suoi secolari privilegi, frivola e vuota, e di un mondo ecclesiastico meschino, spicca un eroe positivo, la nobile figura dell' avvocato Di Blasi, ammiratore degli illuministi, convinto fautore dell'eguaglianza, che paga con la vita il suo rigore intellettuale e morale. Giuseppe Tomasi di Lampedusa • Il "caso" letterario del Gattopardo Nel 1958 Giorgio Bassani fece pubblicare presso Feltrinelli Il Gattopardo, romanzo che Vittorini aveva rifiutato da Mondadori e poi da Einaudi. L'autore era uno sconosciuto, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, un principe siciliano di raffinata cultura europea, vissuto sempre lontano dai circoli intellettuali. Il romanzo divenne un clamoroso caso letterario. -Si tratta di un romanzo storico, ambientato in Sicilia all'epoca dell'impresa garibaldina. Al centro si colloca la figura del principe Fabrizio Salina, aristocratico coltissimo, dedito ai suoi studi di astronomia, che osserva con ironico distacco e malinconia la fine di un mondo; al suo fianco vi è il nipote Tancredi, spregiudicato, che invece di difendere il Regno borbonico, come sarebbe proprio di un aristocratico, si unisce ai garibaldini, avendo capito che, se si vuole che tutto rimanga com’è, occorre che "tutto cambi": il passaggio al nuovo Regno d'Italia sarà solo un mutamento esteriore, ma nella sostanza il potere resterà nelle mani delle classi dirigenti; per questo quelle classi devono impegnarsi nella rivoluzione nazionale, prendendo in mano il processo per indirizzarlo ai loro fini. Al giovane si apre così una brillante carriera nel nuovo regno unitario. La sua lucidità lo spinge a sposare Angelica Sedara, figlia di un borghese arricchito, per sancire l'alleanza di interessi con le nuove classi in ascesa. Il principe di Salina lo asseconda, ma nei confronti dei processi storici in atto conserva sempre il suo sguardo distaccato, e sente oscuri presagi di morte. La visione dell'autore e l'impianto narrativo All'apparenza si tratta di un romanzo storico di taglio ottocentesco, una sorta di ripresa dei Viceré di De Roberto. E, la storia vi ha una parte rilevante: ma in realtà lo scrittore non crede nell' oggettività del processo storico; la sua cultura e la sua sensibilità sono decadenti, nutrite di Proust e di Mann. La storia è per lui solo un apparenza esteriore, dietro cui si cela un’essenza più vera, il fluire costante della vita che precipita nel nulla. La Sicilia del 1860 è metafora di una condizione esistenziale, dominata dalla presenza incombente della morte. La simbologia mortuaria torna costantemente nel libro. Il centro vero del romanzo non sono le vicende storiche e sociali, ma la vicenda interiore del Principe di Salina: il suo senso di impotenza di fronte al reale, la percezione di scivolare verso la morte. Il libro risulta percorso da un pathos malinconico, da un pessimismo nichilistico, che però non dà origine ad abbandoni crepuscolari grazie al controllo della vigile coscienza dell'autore, che guarda vicende e personaggi con lucido distacco ironico. -Anche l'impianto narrativo è solo apparentemente ottocentesco e naturalistico: in realtà tutto è visto attraverso gli occhi del principe Salina, filtrato attraverso la sua sensibilità e intelligenza. All'oggettività veristica si sostituisce una dimensione del racconto soggettiva. Non solo nei temi ma anche nelle impostazioni narrative il romanzo si collega al filone del grande decadentismo europeo. Il Gattopardo, uscendo nel 1958, segna una radicale frattura rispetto al Neorealismo, alla sua concezione ottimistica e progressiva della storia. È il segno che agli schematismi della cultura post bellica si va sostituendo una visione del reale più complessa e problematica. migliori Le ceneri di Gramsci (1957) e La religione del mio tempo (1961). La narrativa La contraddizione tra coscienza marxista e impulsi irrazionali e decadenti è evidente nelle prove narrative più importanti di Pasolini, Ragazzi di vita e Una vita violenta. Al centro di entrambi i romanzi si colloca il sottoproletariato delle borgate, nella sua degradazione morale. Se esteriormente i due libri possono far pensare alla narrativa naturalistica e neorealistica, ne divergono in realtà sostanzialmente: ciò che induce Pasolini a concentrarsi su quel mondo è un’attrazione decadente per ciò che in esso vi è di impuro e al tempo stesso per la carica di vitalità estrema che lo pervade. Anche l'uso insistito del dialetto romanesco non risponde alle esigenze documentarie del naturalismo ottocentesco e del Neorealismo contemporaneo: da un lato è un'operazione letteraria, fondata su una ricerca filologica, dall'altro risponde ad un bisogno di immersione totale, in quella materia così vitale e torbida al tempo stesso. L'ultimo Pasolini Le posizioni di Pasolini mutano nel corso degli anni ‘60. Egli si rende conto del fatto che, con il boom economico e l'instaurarsi della civiltà dei consumi, anche quella forza "naturale" che è il sottoproletariato si integra nei comportamenti e nel linguaggio al resto della società, appiattendosi in un indifferenziato universo piccolo-borghese e conformista. Nei confronti della società neocapitalistica dello "sviluppo", Pasolini conduce in questi anni la sua battaglia più accanita, che si trasforma in un atto d'accusa violento contro la classe dirigente e il ceto politico, il "Palazzo", come egli lo definisce. Questa attività polemica dà vita a una serie di saggi e articoli comparsi su quotidiani e riviste e poi raccolti nei volumi Empirismo eretico (1972), Scritti corsari (1975), Lettere luterane (1976). Pasolini giunge a vagheggiare con nostalgia una civiltà contadina scomparsa, autentica, vitale nella sua povertà. Questo atteggiamento lo porta a guardare con simpatia il terzo mondo, i "dannati della terra". Pasolini si rende lucidamente conto del fatto che, in questo contesto neocapitalistico, perde ogni senso la figura dell'intellettuale tradizionale, umanista e del fatto che la letteratura smarrisce ogni funzione. Un sintomo di questa sfiducia nella letteratura si coglie nel diradarsi dei suoi libri di poesia e narrativa e nella sua dedizione quasi totale alla produzione cinematografica. Il senso di questa crisi della funzione intellettuale si coglie nella raccolta Poesie in forma di rosa (1964) e Transumanar e organizzar (1971), in cui la poesia viene ridotta a funzioni pratiche, la discussione, la polemica. Negli ultimi anni lo scrittore aveva lavorato ad un disegno narrativo, atto d'accusa contro la società neo capitalistica, contro l’intreccio di politica, affari e trame occulte che avevano caratterizzato la storia italiana degli anni ‘70. Gli abbozzi di questo romanzo, Petrolio, sono stati pubblicati nel 1993.  Italo Calvino La vita Calvino nacque nel 1923 a Cuba, dove il padre, agronomo di fama mondiale, dirigeva una stazione di agricoltura. Nel 1925 la famiglia si trasferì in Italia, stabilendosi a Sanremo. Dall'ambiente familiare lo scrittore ricava un’educazione laica e un forte interesse per le scienze. Si iscrisse alla facoltà di agraria a Torino, ma, nel ‘43, per evitare l'arruolamento nell'esercito della Repubblica di Salò, entro nella resistenza. Nel dopoguerra militoò nel PCI. Nel frattempo era passato alla facoltà di Lettere di Torino. In quella città entrò in contatto con la casa editrice Einaudi e conobbe intellettuali come Pavese e Vittorini. Pavese fu il suo "scopritore", facendo pubblicare presso Einaudi, nel 1947, il suo primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno. Fu assunto dalla casa editrice, e ad essa collaborò per molti anni, come dirigente prima e poi come consulente. Gli anni ‘50 videro la piena affermazione dello scrittore. Nel 1956, dopo l'invasione sovietica dell'Ungheria, che provocò una grave crisi in molti intellettuali comunisti, si staccò dal PCI. Si accostò a Ronald Barthes e allo strutturalismo. Nel frattempo la sua fama si diffondeva in tutto il mondo. Lo scrittore seguiva con intensa partecipazione le vicende italiane, la contestazione studentesca, gli anni del terrorismo, collaborando a vari giornali come "Il Corriere della sera" e "la Repubblica". Nel 1980 tornò con la famiglia in Italia, stabilendosi a Roma. Nel 1985 muore. Il romanzo neorealista: Il sentiero dei nidi di ragno Il romanzo d'esordio di Calvino Il sentiero dei nidi di ragno, si colloca nell'ambito del Neorealismo. Affrontando l'argomento della lotta partigiana, lo scrittore trasferisce sulla pagina il clima di fervore degli anni postbellici, il bisogno di dare voce a una vicenda collettiva che viene sentita come decisiva. Tuttavia Calvino non vuole offrire un quadro celebrativo della Resistenza: la banda partigiana che egli rappresenta è costituita dagli scarti di tutte le altre formazioni, da una serie di emarginati. Con questo però egli intende dimostrare che anche chi si era impegnato nella lotta senza chiare motivazioni ideali sentiva una spinta di riscatto umano. Si manifesta in tal modo il suo rifiuto di sottostare a una direzione "politica" della cultura, di ridurne la letteratura a celebrazione, o a pedagogia. Ciò che allontana Calvino dagli standard neorealistici è il fatto che, pur rappresentando figure e ambienti proletari e sottoproletari, il suo libro non rivela alcuni intento documentario di tipo naturalistico. Anzi, la vicenda della lotta partigiana è trasferita in un clima fantastico, di fiaba. L'effetto è ottenuto presentando tutti gli eventi attraverso il punto di vista di un bambino. Lo scrittore, nella prefazione del 1964, ha modo di precisare che nelle estraneità dello sguardo del bambino si metaforizza il suo stesso rapporto con la guerra partigiana, l'inferiorità da lui sentita come borghese rispetto a quel mondo. Nel sentiero appaiono così in germe le due direzioni che Calvino seguirà nel suo percorso letterario degli anni successivi: il realismo e la dimensione fantastica. Il filone fantastico: i nostri antenati Nei primi anni ‘50, su suggerimento di Vittorini, Calvino sceglie di puntare sulla componente fantastica della sua ispirazione. Nel 1952 esce così Il visconte dimezzato, un breve romanzo che ha l'apparenza della favola. Il visconte Medardo di Terralba, durante le guerre contro i turchi a fine del seicento, viene diviso in due da una palla di cannone: ne nascono due personaggi opposti, il Gramo e il Buono, che incorrono in varie avventure, l'uno compiendo il male, l'altro il bene, sicchè un intervento chirurgico torna a riunirli in una sola persona. La favola assume un valore allegorico, riprendendo un tema ricorrente nella letteratura 8 e novecentesca, quello del "doppio", e alludendo alle componenti contrastanti della personalità umana. L'idea di fondo però è che solo attraverso la scissione si può acquistare una forma più profonda di conoscenza della realtà. Nel 1957 esce Il barone rampante, che prosegui sulla linea del romanzo precedente: nel 1767 un ragazzo di nobile famiglia, dopo un litigio con il padre, decide di salire sugli alberi e di non discenderne più per il resto della sua vita. Nel 1959 compare infine il cavaliere inesistente, che si rifà invece al modello del romanzo cavalleresco. Ambientato all'epoca di Carlo Magno, il breve romanzo segue le avventure di un cavaliere, Agilulfo, che non ha corpo e si riduce ad una vuota armatura. Vi si può leggere la metafora di un astratta razionalità, incapace di collegarsi con la realtà concreta e con la dimensione fisica dell'esistenza, e che per questo va incontro alla sconfitta: Agilulfo si suicida, sfasciando l'armatura. Nel 1960 i tre romanzi furono raccolti da Calvino in un unico volume, con il titolo i nostri antenati, che allude al fatto che le vicende narrate hanno uno stretto legame col presente e con i suoi problemi. La struttura della favola per Calvino è sempre uno strumento per misurarsi, mediante un ironico straniamento, con il reale. Al centro della trilogia si può infatti riconoscere un problema ricorrente, la possibilità di una conoscenza razionale del mondo. Calvino si collega all'Illuminismo, anche se non ne ha le più salde certezze e conosce i limiti della ragione, sapendo bene che essa deve misurarsi con un mondo sfuggente, ambiguo. In lui vi è sempre un equilibrio tra questa pessimistica consapevolezza e un’ostinata fiducia nelle forze intellettuali dell'uomo, nella sua capacità di lottare per una vita migliore. Questa fiducia si traduce in strutture narrative limpide e in un linguaggio essenziale. Sul piano delle tecniche del racconto, il distacco ironico si esprime nella scelta di adottare sistematicamente un punto di vista marginale, che assume un valore straniante: tutti e tre i romanzi sono raccontati da un narratore testimone che ha nella vicenda un ruolo secondario (il nipote del visconte Medardo, il fratello minore di Cosimo, suor Teodora). Il Barone rampante Il barone rampante esce il 1957. Il dodicenne Cosimo, primogenito di una nobile famiglia della città di Ombrosa, in seguito al litigio con il padre autoritario nel 1767 si ritira su un albero, e sugli alberi trascorre tutto il resto dei suoi giorni, riuscendo a costruirsi un habitat confortevole, dedicandosi, pur da quella insolita posizione, alle più varie attività, dalla caccia alla lettura alla scrittura, partecipando attivamente alla vita della comunità e agli eventi storici che  coinvolgono anche quel remoto angolo di Italia, dalla rivoluzione francese alle guerre napoleoniche. Anche morendo rifiuta di scendere a terra: si aggrappa a una mongolfiera che casualmente passa sopra il suo albero e si lascia precipitare in mare. La "distanza necessaria" per "guardare bene la terra" Il racconto potrebbe sembrare un puro divertimento ; in effetti vi si scorge il piacere di narrare, l’abbandono alla fantasia, che rende la lettura godibile. Ma la narrazione è realtà ricca di temi di grande profondità. Innanzitutto Cosimo rappresenta l'individuo moderno, che nello scontro con il padre rifiuta alla Venezia dell'infanzia del narratore. Il molteplice si è ridotto a unità, che non esclude la molteplicità.  Se una notte d'inverno un viaggiatore Lettore-protagonista Anche in se una notte d'inverno un viaggiatore, 1989, lo scrittore applica il gioco combinatorio alla letteratura, Ma, a differenza delle opere precedenti, dove vari segmenti narrativi erano disposti solo in successione lineari, penetra qui in profondità nei meccanismi della narrazione, alternando nelle funzioni, a partire dal fatto che il lettore dell'Opera viene a coincidere con il suo protagonista. Il romanzo è costituito dalla ricerca di un romanzo da loro iniziato che, per difetti di stampa, resta interrotto. La ricerca si dipana attraverso altri numerosi inizi di romanzi sospesi si trasforma in un'avventura che mina gustosamente le vicende del romanzo "di consumo": solo che qui l'oggetto non è L'Arca perduta o il Graal, ma è la letteratura stessa Punto ciò che due lettori ingenui aspirano a trovare è un libro che contenga intera la realtà, ma il loro desiderio è perpetuamente frustrato, quasi a indicare come, da parte della letteratura, la pretesa di riassumere in sé il reale si è illusoria. Calvino colloca il lettore al centro del suo libro. Questo lettore (indicato con l'iniziale maiuscola)sta leggendo proprio il romanzo di Italo Calvino intitolato se una notte d'inverno un viaggiatore, di cui vengono riportate le prime pagine. Dopo averle lette, ricompare il lettore, che scopre di stare leggendo un libro fallato: per un errore nella rilegatura a un certo punto si ripetono le pagine che già sono state lette. Il lettore si reca quindi nella libreria in cui ha acquistato il libro per chiederne la sostituzione e qui incontra una lettrice, ludmilla, che ha subito lo stesso inconveniente. Insieme si metteranno alla ricerca del libro di Calvino, che però si allontana. Prima di ritrovarlo, verranno a scoprire altri nuovi libri, di cui potranno leggere solo le pagine iniziali punto nello stesso tempo resteranno coinvolti misteriose vicende. I primi 10 capitoli, numerati progressivamente, narrano le vicende del lettore di ludmilla. A questi si affiancano, alternati, inizio di 10 romanzi diversi, indicati con il loro titolo: a Se una notte d'inverno un viaggiatore, seguono altri 9 titoli. Ognuno di questi inizi corrisponde a diverse tipologie narrative. Si assiste a una bellissima assemblaggio di tutti questi elementi narrativi, che corrisponde anche l'invito di smontare il testo, a individuarne le parti che lo compongono E definirne la funzione strutturale. Alla forma è affidato il compito di dominare, razionalmente, una materia caotica. L'opera si snoda così su una linea di scorrimento binaria: da un lato le vicende del lettore, dall'altro gli inizi dei 10 romanzi. La vicenda del lettore richiama L'Antico motivo della queste, dell'inchiesta, diffusa nel romantico cavallereschi fino al Orlando furioso di Ariosto; ma la ricerca non riguarda quella donna amata, bensì un libro, La sua identità resta misteriosa. Ci si può chiedere se la vicenda del lettore rappresenti il racconto principale, o se la funga da semplice cornice. E ancora: si tratta solo di incipit narrativi, oppure di veri e propri micro-romanzi. Le ultime opere Una più netta sfiducia nella possibilità di una conoscenza esaustiva del mondo è espressa in Palomar (1983), opera costituita da una serie di prose che presentano le osservazioni e le riflessioni dell'omonimo protagonista sulla realtà quotidiana. L'indagine sul reale, condotta attraverso una scrittura complessiva: tuttavia, sia che Palomar descriva o analizzi un geco, il fischio dei merli o di una vetrina di formaggi, il soggetto della percezione non riesce mai a porsi come centro di un'ordinata sistemazione della realtà. Di fronte a un'onda, che si forma e svanisce immediatamente, o di fronte a un prato, che si presenta come un insieme uniforme ma so tempo stesso è costituito da infiniti fili d'erba, non solo non è possibile risalire al Modello (avere cioè delle certezze assolute) ma anche i "modelli" si sbriciolano di fronte al continuo riproporsi di una realtà indistinta inafferrabile. Calvino ha saputo cogliere così le drammatiche contraddizioni del mondo in cui viviamo punto dove la patente perfezione dei sistemi più sofisticati può continuamente essere messa in crisi del minimo scarto, dal venir meno di un semplice elemento. L'ultimo lavoro di Calvino è costituito dalle Lezioni americane, scritte nel 1985 poco prima della morte: sono i testi di sei conferenze che lo scrittore avrebbe dovuto tenere all'università di Harvard, e sono dedicate a delineare, nella letteratura, la presenza di alcune categorie, leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità (la sesta lezione, sulla consistenza, non potè essere scritta). Postumi sono apparsi: una serie di esercizi di memoria, La strada di San Giovanni (1990); una raccolta di saggi letterari, Perché leggere i classici (1991); una raccolta di racconti e di prose varie; una raccolta di pagine autobiografiche. 
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved