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Autori e contesto storico - Letteratura Italiana Contemporanea, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Italiana

Contesto storico, correnti letterarie (neoclassicismo, romanticismo, positivismo, scapigliatura, naturalismo e verismo) e autori (Manzoni, Carducci, Pascoli e D'Annunzio) utili per l'esame di Letteratura Italiana Contemporanea, prof. Valerio Camarotto.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

In vendita dal 19/06/2023

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Scarica Autori e contesto storico - Letteratura Italiana Contemporanea e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Letteratura italiana contemporanea Contesto Storico La rivoluzione francese (1789) è un perno ineludibile per tutti gli scrittori nati o cresciuti immediatamente prima o immediatamente dopo; sono dei puntelli determinanti perché si tratta di eventi che hanno causato un vero e proprio terremoto, non solo di carattere storico-politico e geopolitico, ma di carattere filosofico, esistenziale e antropologico. La rivoluzione francese segna di fatto la fine di un’epoca, la fine di un assetto della società dei costumi dei valori, quello che solitamente in ambito storiografico è chiamato “Ancièn Regime” (Antico Regime). La rivoluzione francese segna anche lo sconvolgimento e la caduta di punti di riferimento secolarmente stabili. C’è un cambiamento per quanto riguarda le classi sociali: è questa l’epoca del declino del codice nobiliare aristocratico e al tempo stesso dell’ascesa della classe borghese. Il binomio che per secoli ha costituito il tessuto della vita sociale e morale è quello della religione-potere regale (re- Dio, massime autorità concepibili) ed in questo periodo entrambi i poteri perdono di peso specifico. Per quanto riguarda la letteratura, si assiste ad una presa di coscienza del declino della nobiltà. Ci sono stati dei Moti di resistenza, il primo fra tutti quello tentato con la Restaurazione (facendo riferimento al Congresso di Vienna nel 1815) per ripristinare un ordine che si percepiva decaduto a partire dal binomio trono-altare. Durante il triennio 1796-1799, cioè il triennio delle campagne d’Italia napoleoniche dell’instaurazione delle repubbliche giacobine, Foscolo sarà coinvolto in prima persona, anche nelle Ultime Lettere di Jacopo Ortis è presente questo coinvolgimento da parte dell’autore. Un evento che ha deluso le aspettative degli intellettuali italiani è il Trattato di Campoformio, firmato nel 1797 tra Napoleone e l’Austria. Napoleone si autoproclama imperatore nel 1804 e rimane al comando fino al 1812, data della campagna in Russia. Viene sconfitto a Waterloo nel 1815. Durante l’inizio della Restaurazione, l'Italia vive una condizione di fermenti da iniziative che nel giro di poco tempo sfoceranno nei primi cosiddetti moti risorgimentali. Grandi protagonisti di queste iniziative politiche sono prima di tutto intellettuali, scrittori e poeti; è difficile scindere l'impegno politico civile da quello estetico-letterario di questi autori. A caratterizzare questo sfondo così febbrile e così ricco di capovolgimenti ci fu un'altra rivoluzione, la Rivoluzione Industriale; parlare solo di cambiamenti politici ed economici sarebbe riduttivo, bensì è ancora di più evidente l'impatto che la Rivoluzione Francese a ha avuto nella riflessione di filosofi, scrittori e di poeti nonché nella vita di tutti gli uomini. E ovviamente bisogna pensare all’affermazione dell'economia con impianto capitalistico, (che è quella in cui ancora oggi noi ci muoviamo), insieme a questo bisogna considerare la scesa quasi irrefrenabile di nuovi soggetti sociali e coloro che in precedenza appartenendo la borghesia non potevano assurgere ai ruoli di primo piano della vita sociale e che adesso invece tengono in mano le redini della società, molto più della nobiltà e dell’aristocrazia. Altro elemento fondamentale da tener presente è quello della meccanizzazione delle vite, dunque non solo dell’avvento dei mezzi di produzione lavorativamente parlando, ma anche delle esistenze dei singoli. Tutti i grandi autori hanno una tale sensibilità e una tale acutezza di sguardo e di vedute da riuscire a percepire i grandi cambiamenti in corso; (Leopardi definì l’età a lui contemporanea “l’età delle macchine”. Leopardi già percepiva che il trionfo della macchina avrebbe avuto delle conseguenze sul piano antropologico). Nacque il mito dell’utile, ovvero l’utilità come obiettivo fondamentale, a discapito del bello che per definizione non è concretamente utile. La Rivoluzione industriale ha causato dei cambiamenti radicali nell’ambiente e nel rapporto con lo spazio. Gli autori per secoli hanno avuto il compito di dipingere, rappresentare ed imitare la natura. Ci fu una crescita repentina di grandi metropoli, un tasso di urbanizzazione fortissimo e spostamenti di masse di persone dalle campagne alle città. Tra le grandi metropoli troviamo Londra, rappresentata nelle opere di Dickens. Anche Parigi fa parte delle grandi metropoli e la troviamo spesso nelle opere di Baudelaire e Balzac. Il cambiamento lo troviamo anche nella forma e nei contenuti della poesia. Uno sfondo metropolitano si trova in Leopardi nelle Operette Morali, in particolare nel “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere”; il “passeggere” in questo caso è colui che si trova a passeggiare anonimamente in un ambiente urbano. Secondo le convenzioni storiografiche letterarie, in Inghilterra si dà l’inizio del Romanticismo, che segna la modernità letteraria. L’Inghilterra conobbe un progresso scientifico e tecnologico; ci fu la sperimentazione della macchina a vapore che ha consentito il salto di qualità nella produzione agricola e tessile. Grazie al colonialismo, l’Inghilterra disponeva di materie prime. Questa nuova modalità produttiva si diffonde arrivando nell’Europa centro-settentrionale (Francia e Germania) e successivamente nell’Italia del nord, in particolare Milano. Aspetti filosofici In questo periodo vi è la diffusione di un profondo senso di dinamismo, di una continua successione di distruzione e ricostruzione. Pertanto gli intellettuali di questo periodo si sentono investiti da un continuo vorticare di cambiamenti, sperimentazioni, apertura di nuovi orizzonti. Perciò gli autori si sentono collocati in un circuito in continuo movimento di cui non si conosce fino a fondo il funzionamento, non si padroneggiano più le leggi che regolano questi sommovimenti e si stenta a dare loro un senso. A questo disorientamento contribuisce non solo un nuovo rapporto con lo spazio, ma anche un nuovo rapporto con il tempo. Si concepisce l’idea del tempo finalizzato alla produzione efficace, ovvero entra in campo un criterio quantitativo che prende il sopravvento su quello qualitativo (industrializzazione). Quando si parla del cambiamento nel rapporto tra l’individuo e il tempo, si fa riferimento all’effetto dei nuovi mezzi di spostamento e di comunicazione. Subentra un forte senso della temporalità, che segna un certo distacco da alcuni aspetti propri dell’Illuminismo, che tendeva ad universalizzare e stabilire leggi universalmente valide. Ora si rinuncia alla dimensione dell’assoluto, pertanto la tradizione non costituisce più un punto di riferimento stabile e indiscutibile. Gli intellettuali sono affascinati dall’apertura di nuovi orizzonti, ma al tempo stesso si sentono turbati, smarriti; pertanto da una parte vi è l’idea di un ampliamento delle possibilità dell’uomo che non è più necessariamente legato alla sua condizione di partenza. Quindi da un lato c’è l’ebrezza di un nuovo inizio, dall’altra c’è l’idea di una perdita di un’armonia che era premoderna sia nel rapporto con la natura, rispetto alla quale l’uomo si sente sempre più distanziato, sia rispetto alla comunità. Spesso questa armonia, questa unità del singolo con il tutto viene retrocessa fino all’antico, che diviene l’epoca in cui vigeva l’armonia. Di conseguenza emerge una soggettività nuova, che si mette in primo piano in una posizione di contrapposizione rispetto alla società o al mondo (molto forte nell’Ortis, che si pone in aperto contrasto con la realtà circostante). Prima, parlare di sé era legittimo solo in casi di estrema necessità o di autodifesa, ora l’unico vero pregio dell’opera d’arte, della poesia, della scrittura diventa l’espressione di sé. Iniziano a lacerarsi i legami sociali che fino a quel momento vigevano, in nome dell’autoaffermazione; ciò significa l’aumento del conflitto con chi ci è vicino. Cadute le autorità politico-regali e morali-religiose e apertasi la strada dell’autoaffermazione si alza il tasso di conflittualità. È ciò che Leopardi chiama “l’egoismo dei moderni”, una forma degenerata di amor proprio, che mette al primo posto l’ego a scapito della comunità. Nelle opere letterarie emerge un io che spesso è isolato, escluso (figura dell’esiliato, del vagabondo) che non trova una sua precisa collocazione sia sul piano spaziale che sociale. Ciò accade o perché non accetta di collocarsi in una società nella quale non si riconosce più, oppure perché non condivide i suoi principi e spesso vede trionfare la mediocrità, il profitto e la moneta. Il nuovo soggetto rivolge lo sguardo su sé stesso. In questo periodo nasce l’autobiografia moderna, che ha come scopo quello di consegnare un’immagine di sé ai posteri, di ripercorrere il tragitto che li ha portati ad essere quel soggetto di cui si parla. Altro elemento importante è l’esigenza degli autori di un forte rinnovamento rispetto alla tradizione. Da un lato si sente un peso dei secoli passati, dall’altra parte abbiamo un atteggiamento fortemente agonistico di autoaffermazione. Da questo punto di vista, il contesto italiano fa molta più fatica a recidere la tradizione (in Foscolo dal punto di vista linguistico e formale non ci sono grandi cambiamenti, Leopardi invece arriverà ad un distanziamento più forte). Neoclassicismo Rapporto problematico e se non agonistico con la tradizione da parte degli autori più significativi di quest'epoca con il neoclassicismo, la sua stessa definizione reca in sé l'idea invece di un riannodarsi al passato ed all’esempio dei grandi classici. In particolare il mondo del neoclassicismo porta proprio in superficie tensioni, perché in realtà lo stesso neoclassicismo è frutto di questa nuova sensibilità di un’inquietudine che progressivamente si fa sempre più strada, collocata cronologicamente alla metà del 1730. Il punto fondamentale è che questo appello al ritorno alla tradizione dei classici fa nascere la consapevolezza che c'è un'enorme distanza rispetto a questi classici, che qualcosa sta cambiando e che è già cambiato irreversibilmente, c’è un’enorme distanza che separa la civiltà moderna dell'antico e di conseguenza c'è già un’ idea della storia che non è più statica, fissa, univoca, ma che invece prevede fratture, osserva e salti e cambiamenti; non solo ma uno degli obbiettivi fondamentali del neoclassicismo è il recupero di una armonia tra il soggetto, l'individuo, la natura e la società e un recupero nel quale sostanzialmente ripone fiducia, questo senz'altro lo distingue rispetto al romanticismo e lo avvicina di più illuminismo. Da questo punto di vista, neoclassicismo ed illuminismo possono essere e in qualche modo associati, ma questo non toglie che il neoclassicismo può essere inteso come uno dei sintomi della grande crisi che sta covando e che sta per esplodere perché appunto ciò che regolamenta è un sentimento di rimpianto, di insoddisfazione nei confronti di un tempo presente che si giudica mediocre e degradato rispetto agli antichi splendori del passato. Questa insoddisfazione per il tempo presente, questa esigenza di proiettarsi verso le sfere alte e perfette e ideali del bello in virtù dell’ imitazione dei classici è un ingrediente che incontriamo anche in Foscolo e che finora abbiamo letto con la lente del Romanticismo nell’Ortis, ma dall'altra parte c'è anche il Foscolo delle Odi e soprattutto ancor più delle Grazie che sono solitamente rubricate come il vertice della poesia italiana neoclassica e questo vuol dire che Foscolo si contraddice, questo significa che c'è una radice comune profonda che va al di là di queste contrapposizioni, che sono utili nel momento in cui dobbiamo fare un po' di ordine nell'orizzonte culturale ma che in realtà si intrecciano tra di loro. Romanticismo Vediamo il diffondersi dell'idea di una crisi di valori e di insoddisfazione verso il presente che si traduce in un continuo movimento o continua ricerca verso qualcosa da trovare o da ritrovare; senza però che conti il risultato conclusivo alcuni passi reali perché ci consente di ricordare che i grandi autori di questo periodo sono attirati dal vero, dal vedere la realtà così com’è anche se significa demolire le illusioni. Nel romanzo si vedono convivere conflittualmente diversi codici culturali, esponenti di diversi mondi (mondo aristocratico, popolano, ecclesiastico religioso) ciascuno di loro si comporta come dice il suo codice. Nel romanzo c’è movimento, idea di cambiamento: contesto rurale e contadino di Renzo e Lucia e Milano, la grande città. Quando Renzo va a Milano si trova spaesato, parla dei grandi cambiamenti che stanno accadendo in quel periodo. C’è il rapporto fra individuo e la massa (Renzo che si trova difronte alla folla inferocita della rivolta dei forni). Dentro il romanzo Renzo non rimane più lo stesso, cambia dall’inizio alla fine del romanzo. Vuole ricostruire una fase storica precisa, ma sullo sfondo bisogna capire che questo romanzo ci presenta una dinamica dei personaggi proprie del tempo di Manzoni, non concepibili prima (Renzo da contadino a imprenditore tessile), cambiamenti sociali presenti anche in Verga. Presenza del male nella storia, nessuno può sottrarsi al male, non si elude questa presenza che si colloca nel rapporto fra gli uomini. Alla fine del romanzo è su questa nota che si chiude, infatti Lucia ha capito il sugo della vicenda, ovvero che anche gli innocenti e i virtuosi sono esposti al male, non tocca chi se lo merita e basta. Manzoni si salva con la Provvidenza: questo male rientra nei piani incomprensibili ma esistenti della Provvidenza. La storia all’insegna della sopraffazione, è governata da qualcosa di superiore che noi uomini non possiamo controllare. Renzo ci fa capire questo processo, è un personaggio in continuo movimento, inteso anche come cambiamento. Renzo è costretto a spostarsi sotto finto nome, accusato di essere capo della rivolta; alla fine del percorso non si ritorna alla condizione iniziale, all’equilibrio messo in discussione dalla storia, non tornano al paese, ma si spostano altrove nel bergamasco e aprono una nuova fase della loro vita, quella del piccolo borghese, imprenditore tessile che apre la sua attività. Viene collocato in uno sfondo di un’Europa della rivoluzione industriale. Renzo è come Ulisse: aperto al cambiamento, scampa i problemi della vita; è un personaggio moderno. Lo sguardo sulle contraddizioni degli uomini, che sono creature fragili e contraddittorie, presi da inganni e autoinganni, soggetti alle pressioni sociali. Il senso ultimo delle cose non è conoscibile dall’uomo perché appartiene alle sfere alte del Piano Divino. La vita di un individuo è un caos ingarbugliato, losca e spietata; tuttavia Manzoni incornicia questo caos nel piano della Provvidenza (diverso da Leopardi). Poetica: Alessandro Manzoni fu uno dei migliori interpreti del romanticismo italiano. I fondamenti della poetica manzoniana sono: l’arte oggettiva, rappresentazione del vero e della verità storica e l’attenzione agli aspetti morali e sociali della vita. Secondo Manzoni un’opera deve essere interessante, deve avere uno scopo utile e deve essere reale trattando di un argomento comune. Quando si parla di poetica rispetto ad Alessandro Manzoni si intendono le convinzioni poetiche, stilistiche, linguistiche ed ideologiche che hanno delineato le scelte prese dallo scrittore sia in vita che in campo letterario, dagli esordi giacobini e neoclassici fino alla morte. La realtà di ogni giorno è dipinta con serietà e realismo, in cui però non sono più presenti gli eroi della letteratura classica, ma i protagonisti sono personaggi semplici legati alla realtà storica in cui sono collocati. Hanno caratteristiche ben precise, una personalità complessa e dinamica, una sorprendente ricchezza interiore. I personaggi non vengono idealizzati, ma mantengono sia i pregi che i difetti che avrebbero nella vita reale. L’intenzione di scrivere un romanzo storico nacque nel Manzoni soprattutto dalla sua concezione della storia come insieme di verità umane, dalla cui esplorazione sorge la vera ed unica poesia. Le opere di pura immaginazione apparivano al Manzoni “Una finzione solitaria ed arbitraria dell’uomo che si rinchiude nel suo studio per fabbricarvi dei pezzetti di storia secondo il suo bisogno e il suo gusto”. Il mondo e le sue vicende, e la loro interezza di dolore e di gioia, sono accolte da lui con un’anima sensitiva e commossa. Del resto anche le liriche e le tragedie partivano dalla storia. Se non che nel romanzo l’orizzonte si fa più vasto, più aperto, più rasserenato. Gli uomini non saranno visti più a gruppi, a settori: ma tutta l’umanità sarà osservata sulla scena della storia riportata sulla scena dell’arte; non ci sarà più, come nelle tragedie, solo una feroce paura che possiede e soggioga il mondo nella violenza e nell’ingiustizia, ma ci saranno anche le forze del bene, più attive, più energiche: e sulle folle degli umili e degli sventurati sorgerà la luce nella Provvidenza e fede in Dio. Da Questa personale visione della storia si muove dunque la fantasia del Manzoni per costruire la trama del suo romanzo. Ma tutta la sua arte si sviluppa intorno a continue ed obiettive meditazioni storiche, e tutta la sua opera è preparata da pazienti indagini sugli avvenimenti, usanze, leggi, con un’assidua ricerca di documenti e di cronache. Bisogna tuttavia tener presente che questa passione si ricollega tutta alla moda romantica, che si rivolge al passato e soprattutto al medioevo, sentendolo come fonte perenne di poesia. Per i romantici la poesia deve considerare il Vero come unico piacere nobile e duraturo: il falso, al contrario, genera solo fastidio e confusione. Il Vero è definito da Manzoni come l’espressione di un bisogno vago ed incerto, e i poeti romantici si sono avvicinati più di tutti alla comprensione di questo concetto, in particolare respingendo il falso. Si tratta di un genere nuovo, che permette al Manzoni di non imbattersi in stereotipi o norme prefissate, ma di agire in totale libertà. Pensiero politico: il suo pensiero politico è enormemente influenzato dal periodo storico in cui si estende la sua vita, in cui si diffusero quei principi oggi universalmente riconosciuti quali la libertà, la fratellanza e l’uguaglianza. Manzoni fu influenzato soprattutto dagli ideali giunti in Italia in seguito alla Rivoluzione francese, ma non solo, infatti, fu ispirato da altri avvenimenti e correnti di pensiero politiche e letterarie (quali, ad esempio, il Giansenismo). Manzoni rivolge attenzione particolare agli avvenimenti della rivoluzione francese, poiché sostiene come questo grande evento storico possa influire sulla situazione italiana, diffondendo l’idea della necessità d’ unificazione e d’indipendenza. Manzoni dunque è difensore del “liberalismo”, ed è animato da un grande senso di patria; egli sostiene che per la costruzione di un paese unitario sono fondamentali i concetti di “Dio, Patria e Famiglia”. E proprio l’aspirazione verso un’Italia unita, libera e indipendente colloca il Poeta nel filone del liberalismo, ideale espandibile anche all’ambito religioso. L'ideale politico del Manzoni è strettamente connesso con la sua visione etica della vita. Esso si può riassumere nei seguenti termini: ogni popolo ha diritto alla propria indipendenza entro i confini assegnategli dalla natura come propri, sia da un punto di vista geografico, sia, soprattutto, sotto il profilo etnico e storico Pensiero religioso: come un romantico, anche Manzoni parte dalla convinzione che l’umanità soffre: il singolo uomo, e le intere comunità sono gravate da una costante angoscia. È dunque la sua, una visione pessimistica, perfettamente romantica. A differenza degli altri autori di questo periodo (Alfieri, Foscolo, Leopardi) che avevano incolpato la sorte, il destino, la natura, Manzoni riteneva che all’origine di ogni male fosse presente l’uomo stesso. E l’uomo col peccato sconvolge l’ordine universale di armonia e di amore, l’uomo determina le sue passioni, determina in sé e negli altri l’agitazione, il rimorso, il terrore, le stragi, il pianto. L’uomo perverso influenza e guasta tutto l’ambiente che lo circonda. L’ambiente a sua volta trascina l’umanità che ha colpe ed errori infiniti, costringendola all’ingiustizia e distruggendone continuamente ogni volontà ed ogni impulso. Questa visione dolorosa del mondo resta per molto tempo nell’animo del Manzoni come qualcosa di così amaro e incomprensibile, da non saperlo accettare. Intense e lunghe furono quindi le meditazioni sul mistero in cui si manifestava la vita umana e in cui sentiva smarrirsi la sua mente. Ma attraverso quelle meditazioni egli andò sempre più accostandosi alla dottrina già antica e completa del cristianesimo, giungendo a riconoscere che la società umana è davvero un mistero di contraddizione in cui la mente si perde. In tutte le opere del Manzoni è presente una profonda religiosità, e considera la vita come una missione perché ognuno di noi dovrebbe pensare a fare del bene e vede dovunque la presenza della Provvidenza Divina. Essa, pur non sminuendo il libero arbitrio dell’uomo, entrerà costantemente nello svolgimento delle vicende, e farà risolvere spesso nel bene anche le azioni perverse essendo, secondo Manzoni, non altro che manifestazione di Dio. Nella vita di Manzoni, oltre alla religiosità, assume un importante ruolo il dolore. Per lui questo sentimento ha una grande funzione, sia che si abbatta sui cattivi, sia che colpisca i buoni. Sui cattivi agisce come estremo richiamo della bontà di Dio al pentimento; ai buoni invece, serve per renderli ancora migliori, purificarli ed elevarli sempre più sia agli occhi dei simili che a quelli di Dio. L’uomo buono non è lasciato mai solo, Dio non lo abbandona mai infatti è proprio lui ad essere presente nella vita dei mortali. Positivismo È un movimento e pensiero filosofico il cui padre è da riconoscere in Comte, filosofo francese. Concetto chiave: convinzione che sia possibile fornire una spiegazione razionale scientifica a qualsiasi esperienza, che il metodo scientifico possa essere sfruttato per analizzare ogni fenomeno o situazione; vi è l’esaltazione del progresso e della rivoluzione scientifica (agli antipodi ideologia di Leopardi, ad esempio) A partire dal 1848, data della pubblicazione Manifesto del partito Comunista, inizia a circolare il pensiero di Marx (Il Capitale): qui viene osservata la dinamica tra classi sociali, con particolare attenzione per i fattori socio economici e per la differenza tra classe borghese e il proletariato Con la comparsa del pensiero darwiniano c’è il concetto di lotta e conflitto per la sopravvivenza, solo i più forti sono destinati a non perire. La produzione libraria ed editoriale riscuote sempre più successo, si allarga il pubblico di lettori, ed inizia così il processo di alfabetizzazione di massa Nasce la scrittura dei romanzi d’appendice, a puntate, pubblicati in gazzette o giornali in diverse parti in modo da attirare l’attenzione dei lettori per invogliarli a compare i giornali, riscuotendo maggior guadagno, per questo era importante che le parti fossero molto avvincenti e che contenessero episodi con suspense. Scapigliatura Gli scapigliati sono letterati che hanno vissuto la loro giovinezza prima dell’unità d’Italia e poi raggiunto la loro maturità dopo l’unità, attivi soprattutto intorno agli anni ’60 e ’70. Questa definizione deriva dal romanzo di uno di loro (Cletto Arrighi, “la scapigliatura e il 6 febbraio”). Vi era un riferimento al 6 febbraio 1863, giornata di rivolta a Milano contro gli austriaci, proprio a Milano si sviluppa la Scapigliatura. Il contesto post unitario viene osservato con un profondo senso di disillusione, l’unità tanto agognata ed immaginata come l’inizio di una nuova epoca culturale e letteraria oltre che politica, da questi letterati viene vissuta in modo negativo soprattutto perché questi poeti vedono nel raggiungimento dell’unità geo-politica il trionfo della borghesia anche più meschina, dedita solo all’utile e al commercio, invece che la vittoria degli ideali per i quali tanto si era lottato. Gli Scapigliati, a volte anche provocatoriamente, scelgono delle correnti sradicate e non tradizionali, amano la vita alla bohème, si guardano intorno soprattutto nel contesto francese (Baudelaire e altri) A caratterizzare le loro opere è un profondo senso di smarrimento e inquietudine, una certa propensione per il disfacimento e il negativo, la rappresentazione di ambienti degradati, da una parte, dall’altra c’è anche una profonda attenzione per l’onirico e il fantastico. guardano con attenzione al sapere scientifico e al positivismo (spesso nei loro romanzi è presente la figura del medico e dello scienziato), ma guardano anche con sospetto il predominio del sapere scientifico, a discapito dell’immaginazione e del poetico. Ritroviamo il desiderio di rottura, di non essere conformisti, il senso di malattia e la ricerca del brutto, del negativo e dell’autodistruzione. Emilio Praga: (1839-1875) prosatore, poeta, pittore, si sposta a Parigi; fra le varie opere spicca la raccolta poetica intitolata Penombre. Preludio, poesia iniziale, è una sorta di manifesto degli scapigliati Igino Ugo Tarchetti: (1836-1869) forte gusto per l’inconsueto e il fantastico, a volte anche per la pazzia, la follia e per tutto ciò che è irregolare. Soprattutto famoso per il romanzo Fosca, rappresentazione di una donna in preda all’isteria. Il tema è molto forte anche tra i veristi soprattutto associato alla figura femminile (es. Capuana, ma anche un giovane Verga); non troviamo più una donna rassicurante custode dei valori tradizionali (come Lucia dei Promessi Sposi); la figura maschile poi non è più quella di colui che è in grado di assumersi responsabilità e prendere decisioni, Giorgio diventa passivo e meno capace di prendere in mano la sua vita. Camillo Boito: Senso (1883), vicenda ambientata nel 1865 durante la terza guerra d’indipendenza, il protagonista dovrebbe partire per il fronte ma riesce a scampare questa sorte. Livia lo denuncia e lui viene fucilato. Livia è una donna senza scrupoli, ma anche da parte del protagonista maschile non c’è amore della patria né impegno ad adempiere i propri doveri; dunque la donna è dominatrice e uomo depotenziato Naturalismo e Verismo Dal positivismo giunge al naturalismo una visione del mondo all’insegna di un ferreo determinismo, ovvero la convinzione per cui ogni evento ma anche caratteristica psicologica umana, possano essere spiegati e predetti o determinati secondo o da una serie di regole precise e di rapporti di causa-effetto Hyppolite Taine indica tre fattori che determinano in modo sistematico ed inesorabile le qualità morali e le caratteristiche psicologiche degli individui; determinismo riconducibile a razza e patrimonio genetico (race), ambiente (milieu), momento storico (moment), Il romanziere che vuole rappresentare il reale, deve costruire secondo Taine la sua finzione narrativa sulla base di questi fattori, quindi mostrando come e fino a che punto nascere in una certa famiglia, in un determinato contesto sociale e storico, conduca un individuo a certi comportamenti, destini e parabole di vita. È Taine che per primo usa l’aggettivo “naturalista” per definire un romanzo che utilizza questi fattori per descrivere il reale. Il romanzo naturalista si propone quindi come un’indagine il più possibile oggettiva, si appropria di strumenti propri della scienza (del positivismo) per descrivere la realtà. Se il letterato è una specie di scienziato che osserva e studia gli uomini e che produce una sorta di documento che testimoni la storia degli uomini, questo significa che non può non posare il suo sguardo su ogni ambito della realtà, quindi deve descrivere sia i lati positivi che negativi della società e del mondo che lo circonda; questa ricerca del vero era tipica anche negli Scapigliati, in un certo senso. È in Francia che il naturalismo trova maggior terreno fertile. Maggior esponente Emile Zolà; scrisse un documento teorico in cui indica gli elementi fondamentali del romanzo naturalista (il romanzo sperimentale 1880). Zolà crede nel miglioramento e nel progresso, ma possibile solo se i mali della società vengono osservati e analizzati. Verismo; differenze con naturalismo: i veristi non nutrono la stessa fiducia nel progresso come i naturalisti, inoltre non vogliono che la letteratura perda la caratteristica che la distingue dalla scienza, rivendicano l’autonomia della letteratura dal metodo scientifico. Similitudini: impersonalità, l’autore non deve lasciare un’impronta visibile della sua presenza nella sua opera. Verga dice che l’opera deve sembrare essersi fatta da sé e che la narrazione si deve limitare al fatto nudo e schietto, nulla che lasci intendere al giudizio dell’autore o alle sue sensazioni, diversissimo da Manzoni con i Promessi Sposi: la storia non sembra farsi da sé, perché la voce narrante spiega molto, esprime dei giudizi, anticipa e posticipa gli avvenimenti (nei Promessi Sposi c’è il narratore onnisciente). Il narratore, abbandonando i suoi panni colti, deve “regredire” a livello di uno dei personaggi e raccontare la vicenda partendo dal punto di vista degli umili, come se dovesse soltanto “fotografare” la realtà. Nel Verismo italiano, però, soprattutto in Verga, era assente la protesta sociale; Verga non credeva al miglioramento delle condizioni di vita dei contadini del meridione d'Italia. Giosuè Carducci
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