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AUTORI E CORRENTI LETTERARIE TRA IL 1800 E IL 1900, Appunti di Italiano

Descrizione della vita, del pensiero e delle principali opere dei più importanti autori italiani del 1800-1900 e delle correnti letterarie. -Giacomo Leopardi -Positivismo e Scapigliatura -Naturalismo Francese e Verismo Italiano -Giovanni Verga -Decadentismo -Gabriele D'Annunzio -Giovanni Pascoli -Il Futurismo -Italo Svevo -Luigi Pirandello -L'Ermetismo -Giuseppe Ungaretti

Tipologia: Appunti

2020/2021

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Scarica AUTORI E CORRENTI LETTERARIE TRA IL 1800 E IL 1900 e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! AUTORI E CORRENTI LETTERARIE 1800-1900 Giacomo Leopardi Romanticismo-classicismo    1. VITA   Nacque nel 1798 (periodo della Rivoluzione Francese) a Recanati, nelle Marche. Crebbe in un ambiente conservatore e autoritario. I primi anni della sua vita rimane isolato dal mondo che lo circonda perché il padre, uomo molto colto, vuole che i figli si impegnino solo nello studio (in casa). Il padre stesso aveva infatti riempito di biblioteche e libri la casa. La madre invece era una donna fredda e anaffettiva che si occupava solo delle finanze della famiglia. Leopardi comincia a scrivere già in giovane età opere influenzate dalle ideologie classiche e razionali del padre e imparò da solo latino, greco e filosofia nei "sette anni di studio matto e disperatissimo" (da 10 a 17 anni).   Tra il 1815 e il 1816 Leopardi abbandona gli studi classici e si appassiona ai grandi poeti (Dante, Virgilio etc.). Diventa amico di Pietro Giordani che diventa la sua guida intellettuale e che viene visto da Leopardi come una figura paterna. Nel 1819 tenta di fuggire dalla casa paterna per recarsi a Roma ma il padre lo scopre e lo rinchiude in casa. Da questo evento comincia a svilupparsi nell'autore l'ideale del pessimismo.   Nel 1822 si reca finalmente a Roma ma rimane deluso perché è una città corrotta e vuota. Torna a Recanati, intanto la sua salute continua a peggiorare. Riesce a trovare un lavoro presso l'editoria di Stella a Milano si trasferisce poi anche a Bologna, Firenze e Pisa ma le sue condizioni di salute si aggravano tanto che non può più lavorare ed è costretto a ritornare a casa. Vive un brutto e oscuro periodo ma nel 1830 grazie all'aiuto di alcuni amici lascia la casa paterna definitivamente. Va ad abitare a Firenze dove si innamora di Fanny Targioni Tozzetti ma viene deluso nuovamente e si rafforza il suo ideale pessimista. Diventa amico di Antonio Ranieri (napoletano) quindi si trasferisce a Napoli dove muore nel 1837.   2. LE LETTERE   Durante il corso della sua vita Leopardi scrive diverse lettere che non vengono però mai pubblicate. Scrive diverse lettere a Pietro Giordani che vedeva come una figura paterna e un punto di riferimento e gli confida in queste lettere i suoi tormenti interiori. Scrive anche diverse lettere al fratello Carlo e alla sorella Paolina. Scrive anche diverse lettere al padre che era un uomo contrario alle novità e agli ideali della rivoluzione incorso ed era quindi anche contrario ai desideri di Leopardi di scoprire nuove realtà (rapporto complesso).     3. IL PENSIERO   -Prima fase del pessimismo di Leopardi   La natura benigna: il concetto di felicità per Leopardi coincide con il piacere materiale. Leopardi ritiene infatti di essere molto infelice. Gli uomini per natura cercano la felicità e quindi il piacere assoluto, duraturo e infinito. Ma il piacere essendo materiale è effimero e svanisce quindi l'uomo è condannato a all'infelicità e all'insoddisfazione. L'uomo si illude di aver trovato la felicità ma essa è destinata a disgregarsi. L'uomo convive quindi con questa mancanza, un vuoto nell'anima. La natura è però benigna perché fa da madre all'uomo e gli permette di sopravvivere ad una vita nella quale è consapevole di essere destinato all'infelicità. La natura da all'uomo l'immaginazione, la fantasia per sopravvivere. Gli antichi avevano una diversa visione della realtà perché non erano consapevoli del loro destino infelice e quindi vivevano in un mondo di illusioni (miti, eroi). Stessa cosa vale anche per i fanciulli.   -Seconda fase del pessimismo di Leopardi   Pessimismo storico: Gli uomini del mondo antico non erano realmente felici ma era un'illusione perché non avevano la tecnologia e la ragione che sono arrivate con il progresso. Gli antichi vivendo nell'illusione compivano grandi gesta e avevano una vita molto attiva così riuscivano a dimenticare il vuoto dell'esistenza. La consapevolezza della propria condizione dipende dal progresso tecnologico, scientifico e fondato sulla ragione. La società contemporanea di Leopardi non viveva più nell'illusione. Più si avanza nella storia più l'uomo diventa consapevole e si rende conto che è infelice. Leopardi critica la sua società contemporanea perché il progresso e la società hanno oscurato la possibilità di essere felici degli uomini. L'uomo ha messo da parte le gesta eroiche perché non servono a raggiungere la felicità. Leopardi ha un atteggiamento titanico [Fase del titanismo (intermedia del pessimismo storico)]: Il poeta attraverso la sua capacità inventiva è l'unico che può sfidare il fato per trovare una via d'uscita dall'infelicità.     -Terza fase del pessimismo di Leopardi   La natura malvagia: perché la natura non pensa al bene dell'umanità mentre il suo obiettivo è la conservazione della specie umana. Il male fa parte della natura stessa. La natura prevede che ogni uomo preservi sé stesso ma non che sia felice. Gli uomini per preservare sé stessi fanno anche del male a degli altri perché la natura ha messo nell'uomo il desiderio di essere felice ma non gli ha dato i mezzi per diventarlo. Non dà ancora tutta la colpa alla natura, dice che la colpa è soprattutto del fato. Leopardi ha quindi una concezione materialistica e meccanicistica della realtà. L'uomo vive in un mondo composto da materia e la materia si disgrega e deteriora e dato che l'obiettivo della natura è preservare la specie è lei stessa che permette agli uomini di comportarsi aggressivamente. La natura è quindi malvagia e l'uomo è vittima inconsapevole. La radice dell'infelicità umana è legata a mali provocati dalla natura (malattie, catastrofi naturali).   -Quarta fase del pessimismo di Leopardi   Pessimismo cosmico: Dato che l'infelicità dell'uomo è nata dalla natura l'uomo è infelice sempre (ogni epoca) e ovunque (in tutto il mondo). L'atteggiamento del poeta contro il fato diventa uguale a tutte le altre persone che si rassegnano al destino e scrive e descrive solo quello che vede e non si illude più di poter essere felice.   4. LA POETICA DEL VAGO E DELL’INDEFINITO   Leopardi dà vita alla "teoria del piacere" nel 1820. L'uomo diventa consapevole della sua condizione, quindi, non riesce più a raggiungere la felicità e l'unica soluzione è quindi l'immaginazione. Leopardi si immagina di avere davanti alcuni elementi (siepe, muro etc.) e quindi immagina cosa si possa trovare dall'altro lato ("teoria della visione"). Immaginazione vaga e indefinita per non dare fine all'immaginazione stessa. È una teoria che parte da sensazioni uditive e visive. Il bello poetico consiste nel "vago e indefinito". Le immagini della poetica sono diverse da persona a persona perché sono rappresentate dalle sensazioni che hanno affascinato da bambina la persona stessa. Quindi è una poetica della rimembranza 5. LEOPERDI E IL ROMANTICISMO   Leopardi non ci definisce romantico ma alcuni elementi lo legano a questo movimento. La sua formazione è classica ma poi si allontana dal classicismo e critica i classici. A metà tra romanticismo classicismo. Per Leopardi la poesia è un'espressione della propria personalità.   4. GLI INTELLETTUALI   Durante il Positivismo il mercato editoriale è in ampliamento, vengono stampati sempre più libri e riviste a basso prezzo. Gli intellettuali si sentono mercificati e il progresso non tiene più in considerazione gli aspetti umani. Gli intellettuali sono solo persone che mettono a disposizione il loro sapere nella società ma il sapere diventa specialistico e quindi gli intellettuali non sono più un'elite ma l'intellettuale diventa un lavoro come un altro.   -Alcuni intellettuali credono fortemente nel progresso (d'Annunzio).   -Alcuni intellettuali odiano il progresso e lo rifiutano (Verga) Gli intellettuali non possono più vivere solo di scrittura ma devono fare anche altri lavori utili alla società. Alcuni intellettuali pensano di essere molto di più di quello che gli altri credono (scapigliati).     5. LINGUA     Dopo l'unificazione l'Italia non era ancora unita per quanto riguarda la lingua. In passato Dante si era posto il problema di una lingua unitaria per essere compreso da tutti: il Fiorentino. Il fiorentino era considerata la lingua italiana ed è quella che si avvicina di più a quella corrente. Dopo l'unità d'Italia l'Italiano diventa una lingua morta poiché viene utilizzata solo per scrivere e non per parlare poiché si parlava solo in dialetto. Con i Promessi sposi di Manzoni l'Italiano(fiorentino delle persone colte) viene riutilizzato nelle scuole.   Ci sono ancora molte differenze linguistiche tra le regioni. L'italiano inizia però a diffondersi con migrazione interne e all'estero dove gli italiani erano obbligati a confrontarsi con persone che parlavano altri dialetti o lingue. Si diffuse anche con la leva obbligatoria, il commercio, i giornali   La lingua letteraria si avvicina sempre di più a quella parlata. La poesia e la prosa hanno un linguaggio molto più semplice, viene utilizzato un modello agile e rapido. Pascoli dà vita a una riforma letteraria i suoi testi sono apparentemente semplici ma la lingua utilizzata è molto elaborata.     6. Scapigliati   Il movimento degli scapigliati nasce in Italia dopo l'unificazione in risposta ai cambiamenti sociali e culturali ma non ha una precisa organizzazione. Gli scapigliati reagiscono contro la società e i cambiamenti. Prende sputo dal movimento dei poeti maledetti francesi (bohémiens). Scapigliatura è un termine che indica un gruppo di letterati disadattati, incompresi e ribelli, essi vivono in una società e in un periodo nel quale non si riconoscono. Rifiutano le norme sociali ma nello stesso momento si rassegnano alla società poiché devono obbligatoriamente vivere nella stessa. (conflitto tra artista e società).   Descrivono la parte della vita della borghesia più scomoda e nascosta (atteggiamento antiborghese). Dualismo: bello e brutto, vero e falso, giusto, sbagliato. Non riescono mai a prendere una decisione definitiva. Temi principalmente trattati: macabro, orrore, spavento, paura. Alcuni autori a cui gli scapigliati di ispirano sono: Baudelaire, Poe.   Questo è un movimento di avanguardia perché rappresenta le radici del Naturalismo francese e del Decadentismo. Gli intellettuali non si occupano solo di letteratura ma anche di musica , arte etc. e nelle opere rappresentano l'arte a 360°. Questo movimento ha breve vita perché non aveva una solida organizzazione. Gli scapigliati non aveva un modo di esprimersi comune ma le opere cambiavano da artista a artista.  NATURALISMO FRANCESE     Naturalismo Francese: movimento letterario nato in Francia nella seconda metà del 1800. Si propone di descrivere la società dal punto di vista psicologico e l'organizzazione sociale attraverso le scienze naturali (conoscenza scientifica). Gli autori del naturalismo rappresentano i fatti e la realtà in maniera oggettiva ed impersonale. Nei testi vengono anche rappresentati tutti gli aspetti di degrado e di ingiustizia come se stessero rappresentando fatti di cronaca così come sono avvenuti. Il Naturalismo francese fonda le radici del Verismo italiano poiché il narratore non esiste più non commenta e non interviene (eclissi dell'autore).   Il Naturalismo prende spunto da un filosofo chiamato Hyppolite Taine che descrive i tre fattori che gli scrittori naturalisti devono seguire per narrare: 1. L'ambiente sociale in cui i personaggi vivono (determina il carattere e la personalità) 2. Il tempo storico 3. Fattori di ereditarietà (da dove viene, storia personale)       Tra gli scrittori più famosi abbiamo Flaubert e Emile Zola   Gli scrittori veristi italiani compreso Verga, nell'elaborare le loro teorie letterarie e nello scrivere le loro opere, prendono le mosse dal Naturalismo. Il retroterra culturale e filosofico del naturalismo, è il Positivismo. Esso porta al rifiuto di ogni visione di tipo religioso, metafisico e idealistico e alla convinzione che tutto il reale sia un gioco regolato da leggi scientifiche. II pensatore da cui trasse i suoi fondamenti teorici del Naturalismo fu Hippolyte Taine. I precursori: Taine indicava come modello di scrittore scienziato Honoré de Balzae. Accanto a Balzae, modelli letterari della scuola naturali furono i romanzieri realisti: Gustave Flaubert (per la sua teoria dell’impersonalità)   Flaubert   Madame Bovary trama   Il romanzo è incentrato sulla signora Emma Bovary, moglie di un ufficiale sanitario, che, stanca della noiosa vita di provincia, si dà all’adulterio ed inizia a vivere socialmente in modo esagerato e al di sopra dei suoi mezzi. La protagonista del romanzo risulta essere sempre più insoddisfatta poiché, le sue fantasie non potranno mai evidentemente realizzarsi. Emma Rouault, accetta di buon grado di sposarsi con Charles Bovary ufficiale sanitario rimasto vedono in giovane età. Emma si rivela sin da subito una donna colma di desideri di lusso, vagheggiamenti e romanticherie che provengono dalla sua lettura dei romanzi rosa. Il marito vive con lei felice, ma lei lo trova segretamente debole e rozzo: odia lui, i suoi familiari, i suoi modi di fare e di vivere.   Emma cede al corteggiamento di un giovane studente di giurisprudenza, Léon Dupuis, che sembra condividere con lei il gusto per le “cose più belle della vita”. Quando l’uomo parte alla volta di Parigi per trasferirsi, Emma inizia ad intrattenere una relazione amorosa con un ricco proprietario terriero, monsieur Rodolphe Boulanger. Emma vuole fuggire con Rodolphe ma lui la abbandona e lei cade in una profonda crisi. Mentre si trova ad assistere all’opera a Roan con il marito Charles, rincontra di nuovo Lèon. A quel punto di nuovo scocca la scintilla, cede nuovamente alla passione amorosa ed inizia a frequentare il giovane ogni settimana, il giovedì. Usa come scusa nei confronti del marito, quella di andare a prendere lezioni di pianoforte. Ma presto viene riconosciuta in città e, se non bastasse, il marito scopre, incontrando l’ipotetica sua maestra di pianoforte, che Emma non frequenta nessuna lezione.   Di questa situazione ingarbugliata ne approfitta Lheureux, merciaio ed usuraio che avendola riconosciuta in compagnia di Léon, la inganna facendole firmare delle cambiali. Il tempo passa ed il debito di Emma nei confronti dell’usuraio arriva alla notevole somma di 8.000 franchi. A questo punto, Lheureux le fa mandare un’ingiunzione del tribunale che prevede il pignoramento dei beni per la cifra dovuta. Emma inizia a chiedere aiuto a tutti, arrivando anche prostituirsi, senza però riuscire a risolvere il problema. In preda alla disperazione si fa dare da un farmacista dell’arsenico e, stanca di tutto e tutti, decide di berlo per porre fine alla sua vita   Tecnica narrativa del discorso indiretto libero. "Pensò che doveva assolutamente dirglielo" non è chiarito il soggetto ed è un discorso indiretto.   VERISMO ITALIANO Verismo corrente letteraria che si basa sul Naturalismo Francese. Grandi autori: Capuana e Verga. Il Verismo non è una vera e propria corrente letteraria non ha particolari regole. Il Verismo non condivide con il Naturalismo il principio di subordinazione della letteratura alla scienza. Nel Verismo vi è la letteratura al primo posto che viene utilizzata per raggiungere un fine. Il Verismo (o Realismo) è un movimento letterario che si diffonde in Italia nell’ultimo trentennio dell’Ottocento dietro la spinta di un movimento francese, il Naturalismo. Carattere fondamentale del Naturalismo è il “ritorno alla natura” che si esprime attraverso la composizione di opere letterarie che hanno come argomento la realtà umana e sociale. I caratteri fondamentali del Verismo si possono così sintetizzare: ●rappresentazione di una precisa realtà umana e sociale in modo obiettivo, quasi fotografico; ●narrazione impersonale dei fatti, senza interventi, considerazioni personali da parte dell’autore; ●utilizzo di un linguaggio semplice e diretto. appare inutile e privo di senso, e allo scrittore non resta che riprodurre la realtà così com’è. La letteratura non può contribuire a modificare la realtà, ma può solo avere la funzione di studiare ciò che è dato una volta per tutte , e di riprodurlo fedelmente. La tecnica impersonale usata da Verga scaturisce quindi dalla sua visione pessimistica.   6. IL VALORE CONOSCITIVO E CRITICO DEL PESSIMISMO   Un simile pessimismo, che nega ogni trasformazione storica e identifica l’assetto vigente con l’ordine naturale, ha una connotazione fortemente conservatrice. Vi si associa infatti un rifiuto esplicito e polemico, per le ideologie progressiste contemporanee, democratiche e socialiste, che egli giudica fantasie infantili o interessanti inganni. Però questo pessimismo conservatore non implica nella visione di Verga, un’accettazione acritica della realtà esistente. Anzi, proprio il pessimismo, pur impedendo di indicare alternative, consente a Verga di cogliere con grande lucidità tutto ciò che vi è di negativo in quella realtà, e lo mette in luce con implacabile precisione. Anche se non dà giudizi correttivi, Verga rappresenta con grande acutezza l’oggettività delle cose.   Il pessimismo non è dunque un limite della rappresentazione verghiana, ma al contrario è la condizione del suo valore conoscitivo e critico. Proprio il pessimismo assicura a Verga l’immunità da quei miti che trionfano in tanta letteratura contemporanea e la trasformano in mediocre veicolo di mitologia: il mito del progresso, centrale nella letteratura e nella mentalità diffusa nel tempo (Carducci); il mito del popolo, sia nella sua versione progressista e umanitaria, sia in quello romantico- reazionaria e nostalgica. Anche se le opere di Verga hanno per gran parte al centro la vita del popolo, non si riscontra in esse quell’atteggiamento populistico, che consiste nella pietà sentimentale per le miserie degli “umili”, nella deprecazione retorica delle piaghe sociali, nella fiducia in un miglioramento delle condizioni dei diseredati. Il pessimismo induce Verga a vedere che anche il mondo primitivo della campagna è retto dalle stesse leggi del mondo moderno, l’interesse economico, l’egoismo, la ricerca dell’utile, la sopraffazione che pongono gli uomini in costante conflitto tra loro. Verga è uno scrittore scomodo, aspro, sgradevole, che urta il lettore e stimola la riflessione critica. Non diffonde miti, ma li distrugge.       7. Vita dei campi   Il nuovo sistema narrativo di Verga inaugurato da Rosso Malpelo (1878), è rappresentato da altri racconti raccolti nel volume Vita de campi (Cavalleria rusticana, La lupa, Jeli il pastore, Fantasticheria, L'amante di Gramigna, Guerra di Santi, Pentolaccia). In questi racconti sono presenti personaggi tipici della campagna siciliana ed è presente anche la narrativa impersonale. Il punto di vista è quello del mondo popolare. L'atteggiamento presente è romantico (nostalgia di un ambiente arcaico e mitico, conflitto tra individuo e società). Verga vive in questo momento una contraddizione tra romanticismo e verismo.    ROSSO MALPELO   Trama: Rosso Malpelo, così chiamato per la rossa capigliatura, è un ragazzo che lavora duramente in una cava di sabbia in Sicilia. E’ un povero infelice sfruttato e deriso. L’opinione popolare attribuisce una personalità malvagia a coloro che hanno i capelli rossi e per questo motivo Malpelo viene trattato con pregiudizio da tutti ed anche dalla stessa madre. Egli è costretto a vivere emarginato e isolato, trattato come una bestia e non come un essere umano. Il padre, soprannominato “il bestia” per la sua remissività e la resistenza alla fatica, proprio come se fosse una bestia da soma, è l’unico che ha dell’affetto per Malpelo ma muore nella stessa cava sotto una frana di sabbia. L’emarginazione e le difficoltà portano Malpelo ad assumere atteggiamenti cinici e spietati, soprattutto nei confronti di chi vive una condizione ancora più debole e fragile della sua, come Ranocchio, un ragazzetto infelice come lui che lavora come manovale alla cava. Dietro questo carattere indurito e indifferente Malpelo nasconde però una sua umanità e un bisogno di amore che manifesta nei confronti dello stesso Ranocchio e del padre morto nella cava per la caduta di un pilastro di sabbia. Quando Ranocchio si ammala ed in breve tempo muore, stroncato dalla fatica e dalle inumane condizioni di lavoro, Malpelo rimane completamente solo. Nel finale Malpelo si offre volontario per esplorare un passaggio della cava, egli si smarrisce così nei cunicoli intricati, nell’indifferenza generale e senza lasciare alcuna traccia di sé.   La novella si basa sul pregiudizio superstizioso e sull'ignoranza popolare. Il testo viene raccontato dal popolo stesso ("coro") e quindi anche il linguaggio è molto semplice e a volte scurrile. Verga non fa mai commenti perché pensa che la società non possa cambiare (pessimismo). Il testo è fondato sul realismo non vi è quindi nessuna critica o commento. La realtà è però crudele a volte, la società si basa sulla legge del più forte che è una legge naturale che lega sia gli uomini si gli animali. Verga è consapevole della criticità della realtà sociale e storica e infatti la rappresenta in modo realistico e la denuncia ma in modo silenzioso, raccontando solo quello che vede e non interviene personalmente con una denuncia attiva.   Verga non osanna il progresso perché non lo ritiene la soluzione giusta per poter affrontare i problemi correnti. Verga parla infatti della "fiumana del progresso", la corsa al progresso elimina la morale e i sentimenti e rende l'uomo avido che abbandona completamente la cultura e le tradizioni. La mentalità siciliana descritta è antica e fondata sul passato e sulla tradizione. L'unica via d'uscita è quindi la morte.   I sentimenti nobili di Malpelo si trasformano in violenza perché subisce pregiudizi ingiusti. Il punto di vista popolare giudica sempre Malpelo che si autoconvince di essere cattivo perché le persone le trattano come se lo fosse. Malpelo rappresenta il pessimismo di Verga e la rassegnazione alla negatività sociale. Il narratore (popolo "basso", operai della cava) opera un processo di straniamento ovvero vede come strano qualcosa che dovrebbe essere normale ovvero i sentimenti nobili di malpelo come la pietà, l'amicizia, la solidarietà etc. Questo processo serve a dimostrare l'impraticabilità di questi comportamenti in una società dominata dalla brutalità e dalla legge del più forte. Quindi ciò che è strano comincia ad essere visto come normale (pregiudizi).     8. Il ciclo dei Vinti     Il ciclo dei vinti è una serie di romanzi che cerca di tracciare un quadro sociale (vita italiana moderna). Un tema fondamentale è la lotta per la sopravvivenza. I principali soggetti descritti sono appunto i vinti. L'opera è composta da una prefazione e dai romanzi: "I Malavoglia", "Mastro Don-Gesualdo", "La Duchessa de Leyra (incompleto)", "L'onorevole Scipioni (mai scritto)" e "L'uomo di lusso (mai scritto)".    I "VINTI " e la "FIUMANA DEL PROGRESSO"   Verga descrive il lato negativo del progresso. All'inizio viene descritto il tema fondamentale del primo romanzo; "I Malavoglia. Viene descritto l'arrivo della modernità in un mondo arcaico e fondato sulla tradizione. Poi viene descritta la "fiumana del progresso" ovvero la trasformazione e modernizzazione della società. Questo progresso si basa sul materialismo.   Perché il tema dei vinti? Qui troviamo una componente importante dell’anima verghiana. Il suo rifiuto dell’idea stessa di Progresso, parola magica nel corso soprattutto della seconda parte dell’Ottocento. Progresso può essere coniugato in modernità, ossia nuove idee, nuovi modi di pensare a agire, società più dinamiche, ascesa sociale delle classi, cambiamenti vistosi nelle relazioni sociali e nella vita quotidiana. Seconda rivoluzione industriale – Giro del mondo in 80 giorni – esaltazione dello scienziato e della tecnica – mito del progresso. Ottimismo. Promessa di felicità sociale-individuale. Il siciliano Verga (espressione di una realtà sociale e culturale lontana dall’Europa) mette in evidenza l’altra faccia della medaglia: non parla dei vincitori (ricchi borghesi, uomini e donne che hanno realizzato i loro sogni, gente di successo che è partita dal nulla) ma solo dei vinti (chi credeva nel progresso, ossia nei cambiamenti, e poi è disilluso da esso). Nel suo insieme il processo (la “fiumana del progresso”) è grandioso ma visto da vicino mostra solo egoismo, cinismo e l’arroganza dei vincitori. I vinti invece implorano inutilmente pietà e compassione che non avranno.       9. I Malavoglia   Il primo romanzo del ciclo dei Vinti è "I Malavoglia" (1881). Il romanzo racconta lo storia di una famiglia di pescatori siciliani ovvero i Toscano (onesti e laboriosi). Essi venivano chiamati Malavoglia perché nella tradizione siciliana dell'epoca era solito dare soprannomi che erano il contrario della realtà (famiglia di grandi lavoratori, 'ngiuria). La famiglia vive ad Aci Trezza dove hanno una casa e una barca ("la Provvidenza") e vivono una vita felice e tranquilla.   Trama:   Nel 1863 'Ntoni, figlio di Bastianazzo e nipote di padron 'Ntoni (capo della famiglia patriarcale), deve partire per il servizio militare. La famiglia si trova così in difficoltà con un lavoratore in meno ed era anche stata una cattiva annata per la pesca, inoltre Mena, sorella di 'Ntoni, ha bisogno della dote per sposarsi. Il patriarca compra a credito un carico di lupini dall'usuraio zio Crocifisso per cercare di risollevare la situazione. La barca che trasporta i lupini naufraga e Bastianazzo muore. I Malavglia devono far fronte al lutto e ad un grande debito e cominciano così molte sventure. Luca, secondogenito, muore nella battaglia di Lissa; Maruzza, la madre, muore per colera; la barca viene recuperata ma naufraga di nuovo. Le disavventure portano ad una disgregazione del nucleo famigliare. 'Ntoni, tornato dal servizio non vuole più vivere una vita di fatiche dopo aver vissuto in città e così frequenta brutte compagnie in moglie al duca de Leyra. Gesualdo si ammala di cancro e viene accolto nel palazzo del genero e della figlia. Passa gli ultimi giorni da solo e angoscioso per lo sperpero delle sue ricchezze (dote di Isabella) e muore infine da solo e disprezzato anche dalla servitù.   In quest'opera si innalza il livello narrativo perché si innalza anche la classe sociale descritta. Vi è sempre il principio di impersonalità. Viene descritto un ambiente borghese e aristocratico. Il narratore è molto critico. Il passato di Gesualdo viene rievocato attraverso i suoi ricordi. Gesualdo si sposa con una donna che non ama solo per scalare il sistema sociale e non si sposa con la donna con la quale ha anche avuto dei figli.   I Malavoglia è un romanzo corale dove non vi è un protagonista e dove i personaggi sono visti dall'interno. Nei Malavoglia la contrapposizione principale è legata alle tradizioni positive dei Malavoglia che vengono però viste in modo negativo dalla società.   Mastro-don Gesualdo è un romanzo con un protagonista e gran parte della narrazione avviene attraverso i suoi occhi grazie al discorso indiretto libero. Vi è un conflitto nel protagonista stesso tra la conquista della roba e la necessità di mantenere relazioni umane autentiche. I valori trasmessi sono la famigli a e l'onestà. Ma Gesualdo non riesce mai a liberarsi delle sue origini povere e la società non lo accetta. Nel romanzo la voglia di riscatto sociale vince sulla morale e vive una contraddizione quella di perseguire valori morali e positivi e quella dell'impossibilità di perseguirli. Quindi vi è una sconfitta dei valori umani. Verga non è più legato a nessuna tentazione ideale e il suo pessimismo diventa assoluto.   La lotta di Gesualdo per possedere la "roba" gli ha portato solo dolore, angoscia e odio. Tutti questi sentimenti negativi creano un cancro che lo porta alla morte. Si parla quindi della religione della roba che è legata solo al protagonista e non allo scrittore che invece critica negativamente questa "religione". Gesualdo è quindi vincitore dal punto di vista materiale ma non dal punto di vista umano. Il protagonista rappresenta quindi il self-made man ovvero colui che si costruisce da sé il suo destino.   12.L’INTERIORIZZARSI DEL CONFLITTO VALORI-ECONOMICITÀ   Il conflitto tra i due poli qui si interiorizza, passa all'interno di un unico personaggio, Gesualdo. Pur dedicando tutta la sua vita e tutte le sue energie alla conquista della roba conserva tutto sommato in sé un bisogno di relazioni umane autentiche: ha il culto della famiglia, rispetta il padre e aiuta i fratelli, ama la moglie e la figlia e vorrebbe essere amato da loro. Gli impulsi generosi e i bisogni affettivi sono sempre soverchiati dall'attenzione gelosa all'interesse economico. La roba è il fine primario della sua esistenza, e ciò lo porta ad essere disumano, come quando rinuncia Diodata, che lo ama, per sposare Bianca Trao, che può aprirgli le porte della società aristocratica.   Ciò fa capire che in Verga non v'è più alcuna tentazione idealistica. La logica dell'economicità, dell'interesse egoistico, della forza diviene il modello unico di comportamento ed occupa tutto il quadro, respingendo fuori dei suoi confini i valori disinteressati. Quei residui di idealismo romantico che si trovavano in vita dei campi pur essendo poi negati dal pessimismo dello scrittore, sono qui del tutto scomparsi. È approdato ad un verismo rigorosamente conseguente ed il suo pessimismo è divenuto assoluto, al punto di non consentirgli di rappresentare in atto nessuna alternativa ideale ad una realtà dura disumanizzata.   13.LA CRITICA ALLA RELIGIONE DELLA ROBA    Il frutto della scelta di Gesualdo in favore della logica della roba è una totale sconfitta umana. Gesualdo è amaramente deluso nelle sue aspirazioni a relazioni umane autentiche: il padre invidia la sua fortuna e nutre rancore per lui, tanto da voltargli le spalle sul letto di morte, i fratelli mirano solo a depredarlo delle sue ricchezze, la moglie non lo ama e lo tiene lontano con freddezza, la figlia si vergogna di lui e gli è estranea, anche quando egli è vicino alla morte, i figli naturali avuti da Diodata lo odiano, come lo odia e lo invidia tutto il paese.   Dalla sua lotta epica per la roba, dalla sua energia eroica e dalla sua scesi non ha ricavato che odio, amarezza e dolore, questo frutto amaro si somatizza nel cancro allo stomaco, che lo corrode lo porta alla morte. È proprio perché conserva in sé un'esigenza gli affetti autentici di moti generosi, può assumere coscienza di questo totale fallimento e del suo ambizioso disegno e di tutta la sua esistenza, e trarre alla fine un desolato bilancio.   Lo scrittore non celebra affatto l’accanimento del suo eroe nell’accumulare ricchezza, ma al contrario lo presenta in una luce duramente critica e negativa. Verga rappresenta nel Gesualdo un eroe tipico di quel progresso, un self-made man che si costruisce da sé il proprio destino, un eroe della dinamicità e dell’intraprendenza. Con questo, nel suo pessimismo, riconosce che il processo che lo porta alla modernità è inevitabile, fatale e necessario, e non indica alternative alla sua negatività rifugiandosi nella nostalgia di un passato precapitalistico mitizzato, o in utopie di una rigenerazione futura dell’umanità: si limita ad analizzare ciò che è dato, con occhio fermo e lucido.      "LA MORTE DI MASTRO-DON GESUALDO"   I temi principali sono: l'incomunicabilità tra padre e figlia, il disprezzo. Gesualdo descrive poi dal suo punto di vista la servitù e quello che pensa sullo spreco dei suoi soldi. Gesualdo si trova a Palermo nel palazzo del genero e della figlia relegato in una stanza solo e disprezzato perfino dalla servitù negli ultimi giorni della sua vita. Gesualdo è angosciato dallo spreco del denaro e anche dalla servitù che descrive come un ceto parassitario e ozioso IL DECADENTISMO Il decadentismo (1880- 1914) è un periodo storico-culturale e letterario nel quale si verificò una grave crisi sociale. I decadenti rappresentano nelle loro opere un sentimento molto condiviso del disgregamento sociale che si stava verificando. Gli atteggiamenti di questi scrittori riprendono quelli dei bohémien (ribelli) e nelle loro opere inseriscono sempre provocazioni ai lettori ipocriti che non esprimono apertamente il loro interesse per tematiche lugubri e oscure come invece facevano i poeti, perché volevano essere conformi ai valori contemporanei. I poeti decadenti spesso amavano la crudeltà e la perversione, il sadismo e il masochismo, l'utilizzo di droghe e alcool. I decadentisti rifiutano il positivismo e tendono al mistero nascosto dietro alla realtà visibile. La cultura decadentista si basa anche sulla scoperta dell'inconscio e i poeti stessi vivono una vita irrazionale. Il decadentismo è caratterizzato da:   - II Rivoluzione Industriale che aveva portato a grandi passi in avanti in campo scientifico e tecnologico con la nascita dei trust (multinazionali) ovvero grandi concentrazioni di industrie nelle mani di pochi capitalisti.   -Imperialismo e Nazionalismo nato dalla lotta tra le più grandi potenze europee per la conquista del maggior numero di colonie(ostentamento di potere e ricchezza).   -Crisi della borghesia: la borghesia è la classe sociale che si fonda sullo sfruttamento, sulla logica del profitto e sulla disuguaglianza sia sociale che economica.   Il decadentismo nasce in Francia nel 1880. Il suo precursore è Charles Baudelaire che scrisse l'opera manifesto del movimento chiamata "I fiori del male". Il termine da cui deriva il Decadentismo; Decadent era utilizzato inizialmente con un'accezione negativa poiché serviva ad indicare i poeti ribelli, e maledetti, contrari alla società e ai valori: i poeti a cui si fa riferimento sono: Verlaine; Rimbaud; Mallarmé. Essi avveno un modo diverso di approccio alla letteratura e consideravano la società come ipocrita.   Il decadentismo rappresenta quindi la crisi civile, sociale ed esistenziale attraverso: -un'aspra critica al positivismo poiché i poeti decadentisti rifiutavano la fiducia nella ragione e nella scienza. -senso di solitudine e mistero. -visione pessimistica della vita e del mondo. -esasperazione dell'individualismo e dell'egocentrismo. (Cultura elitaria e concezione del superuomo). -scoperta dell'inconscio e del subcosciente che porta alla nascita della spicanalisi. (analisi dell'nima umana incapace di essere controllata dalla ragione).   I poeti decadenti cercano di combattere la società di massa, la produzione in serie e la mancanza di innovazioni letterario. Cominciano quindi a scrivere opere di difficile comprensione perché il loro obiettivo non è quello di accettazione da parte del pubblico ma quello di scandalizzare i lettori, cercano di dare vita a delle reazioni dei lettori. La visione dei poeti decadenti è irrazionale e mistica.   Per i poeti per vedere la realtà c'era bisogno di abbandonarsi all'irrazionalità. La cultura decadente si basa sulla scoperta dell'inconscio che porta alla disgregazione di tutti i legami razionali. Per conoscere la realtà vengono quindi privilegiati strumenti irrazionali della vita umana come: malattia, nevrosi, incubi etc. Il panismo (pan=tutto) è legato al concetto di universalità della natura che è uno dei riferimenti fondamentali dei decadentisti. Il poeta perde la ragione e diventa parte integrante della natura. Freud in passato aveva cercato di studiare l'inconscio, dando risposte logiche a fenomeni irrazionali come il viaggio nel proprio inconscio. I poeti invece si lasciano guidare dalle loro emozioni e sensazioni e non cercano di spiegare qualcosa di irrazionale.   Il ruolo del poeta   L'intellettuale decadente: -egli rifiuta la morale e i valori contemporanei; rifiuta la società borghese (ipocrita) -non si riconosce nel mondo corrente e si sente come un esiliato e un condannato alla solitudine. -esalta la morte, la malattia e la decadenza fisica (temi). privilegio per pochi, e tramite questa si distacca dalla società, diventando passivo. Proporre la bellezza come valore assoluto, quindi secondo i precetti classicisti, può farci considerare l’autore l’ultimo umanista; tuttavia, è in realtà molto moderno, in quanto il suo stile di vita sotto i riflettori, ed il fatto che vivesse solo della sua arte e della sua poesia, era dovuto ad un ampio sfruttamento, ben studiato tra l’altro, dei mezzi di comunicazione di massa, quali la stampa. L’autore sfrutta la sua vita “inimitabile”, le sue conquiste amorose, le sue follie, il suo stile di vita frenetico a suo vantaggio. Per lui l’arte è inseparabile dalla vita stessa, vi è quindi una sovrapposizione tra arte e personaggio pubblico.   d'Annunzio fu colui che seppe giocare magistralmente con le mode, le tendenze ed i cambiamenti di costume portando tutto a proprio vantaggio. D’Annunzio rappresenta per la borghesia del tempo il nume carismatico, l’eloquente esteta, l’esempio di vita inimitabile da professare, rappresenta una nuova fede, un nuovo credo il culto del bello, del magnifico, del buono.     2. L'estetismo e la sua crisi     Tra le prime opere scritte da d'Annunzio troviamo "Primo vere" e "Canto novo". Nelle opere dello scrittore uno dei temi principali è la fusione tra natura e uomo (panismo). Lo scrittore attraversa una fase dell'estetismo nella quale scrive opere come "L'intermezzo di rime"; "Isaotta Guttadauro"; "Chimera". La vita si sottopone alla legge del bello, vi è una costante ricerca del bello e dell'arte.   d'Annunzio era contro la borghesia poiché la stessa si aspettava che gli artisti si sottomettessero alle regole del mercato per accontentare il pubblico (mercificazione del ruolo dell'artista). Gli artisti si rifiutano di rispondere alle aspettative del pubblico e dei borghesi. d'Annunzio non vuole finire come i poeti maledetti esclusi dalla società e soli. Si presenta come autore che rompe le regole (superuomo) si pone in contrasto con la borghesia e le tesi illuministe (egualitarismo, parlamentarismo ovvero l'abolizione del parlamento e del confronto).   d'Annunzio vuole utilizzare la sua arte per emergere, crede che come poeta sia l'unico a poter ambire a differenziarsi attraverso la celebrazione della bellezza (estetismo e superuomo). Ha una crisi poiché la massa esclude l'artista quando egli non piace. Supera la crisi credendo si essere lui stesso a volersi distaccare dalla massa attraverso la letteratura che è uno strumento che eleva lo scrittore al di sopra degli altri, egli si mette al comando (vate) della massa che lo vuole seguire.   D’Annunzio si rifaceva a Nietszche, filosofo tedesco dell’800, del quale ne diffuse la filosofia. Da Nietszche D’Annunzio derivò l’idea di superuomo che si opponeva ai principi egualitari e democratici esaltando la volontà di potenza. Secondo Nietszche, infatti, la società occidentale si era indebolita a causa dei principi di carità e di altruismo diffusi dal cristianesimo e perciò bisognava creare un super uomo capace di spezzare i condizionamenti della morale comune e della carità. D'Annunzio si convinse, quindi, che il Poeta era l'unico che attraverso la sua parola era in grado di indicare alla folla indistinta e grezza gli obbiettivi da raggiungere ed era capace di entrare nell'animo umano e di controllare le persone con la parola.     Il primo romanzo di d'Annunzio si chiama "Il piacere". Il Piacere è la storia di Andrea Sperelli,(alter ego di d'Annunzio) un ricco e aristocratico cultore dell’arte in tutte le sue sfaccettature, incline ai piaceri della vita quotidiana. Giunto a Roma nell’ottobre 1884, Andrea inizia a frequentare i luoghi e le feste più elitarie della capitale. È in una di queste che conosce Elena Muti (la donna fatale), una giovane contessa rimasta vedova con la quale intraprende ben presto una focosa relazione. Quando però, nel marzo 1885, la donna annuncia ad Andrea di voler troncare la storia e di aver preso la decisione di andarsene da Roma, questi inizia una vita volta alla dissoluzione e alla depravazione. Dopo essere passato di donna in donna, fa la conoscenza di Maria Ferres (la donna pura), donna casta e religiosa di cui si invaghisce e che intende ad ogni costo conquistare. Tornata nel frattempo a Roma anche Elena, Andrea decide di fare sue entrambe le donne; ma se con Maria la strada sembra essere in discesa, la Muti gli resiste, accrescendo in lui il desiderio di possederla. Così, pur avendo instaurato una intensa relazione con Maria, il giovane Sperelli non fa che pensare ad Elena e per errore chiama la propria donna con il suo nome. Dopo aver perso Elena, Andrea perde così anche Maria, restando solo. La conclusione del romanzo registra il fallimento del protagonista e del suo progetto di esteta. Questo è un romanzo psicologico che racconta i processi interiori del personaggio.     Il panismo   D’Annunzio trasforma L’Io puro istinto, l’uomo deve essere capace di estraniarsi dal mondo artificiale, e di instaurare un contatto intenso con la natura. La natura è per lui viva, ed in continuo movimento, e l’uomo deve addentrarsi in questa, considerandosi parte delle forze naturali, rispecchiandosi in queste, immergendosi totalmente, vivendo in simbiosi fisica prima che spirituale con questa.   5. Le laudi   Il progetto iniziale prevede la creazione di 7 libri chiamato Laudi. Scrive solo tre libri: Maia, Elettra e Alcyone. nomi della mitologia greca. Scrive anche altri libri meno conosciuti: Merope e Asterope. Riferimenti alla figura dell'eroe e al mondo antico. Attraverso questi libri tenta di parlare del rapporto tra uomo e natura. I titoli rappresntano forze della natura. Panismo: L'uomo si distacca dal mondo umano e si fonde con il mondo naturale. Ricerca della musicalità dei suoni e dei simboli. Linguaggio analogico. Ulissismo: caratteristica principale: sfida del fato. Linguaggio ricercato, alto, che stupisce, equilibrato, richiama immagini e suoni. Opera suggestiva.   6. Alcyone   Alcyone (generata dal mare). Storia che parla della figlia di Eolo (Dio del vento) ed Egiale. Tema del panismo. Distacco dalla massa e dalla figura umana. 88 opere fanno parte di questo libro. Si rifugia in luoghi naturali per una contemplazione. Si parla del passaggio tra le stagioni. Elementi della natura nelle varie stagioni.   GIOVANNI PASCOLI 1. LA VITA   Giovanni Pascoli nasce nel 1855 a San Mauro di Romagna in una famiglia patriarcale della piccola borghesia rurale. Ma nel 1867 il padre venne ucciso a fucilate (gli assassini non furono mai individuati) e si aprì una grave crisi economica. La famiglia è costretta a trasferirsi e la morte del padre è un evento che segna profondamente lo scrittore. Con il tempo muoiono la madre e la maggior parte dei fratelli. Continua i suoi studi ed entra nel collegio degli Scolopi dove riceve una formazione classica. Durante gli anni universitari si avvicina all'ideologia socialista e per la sua partecipazione alle manifestazioni contro il governo vien arrestato e passa alcuni mesi in carcere. Si laureò nel 1882 e divenne insegnante liceale.   Sviluppò un atteggiamento morboso nei confronti delle due sorelle rimaste per tutti traumi che aveva subito. Ricostituisce così il "nido" familiare. Era un uomo molto fragile dal punto di vista psicologico. Non ha mai relazioni amorose con altre donne, le uniche donne che "ama" morbosamente sono le sue sorelle che hanno una funzione materna. Quando una delle sorelle Ida lascia la casa per sposarsi, Pascoli si sente tradito e entra in depressione. Pascoli è un personaggio profondamente turbato, tormentato e morboso. Affitta una casa a Castelvecchio di Barga in campagna che gli ricorda la casa famigliare nella quale vive con la sorella Mariù che instaura una relazione morbosa nei confronti di Pascoli stesso. Vive una vita piena di angoscia e paura e uno dei temi fondamentali delle sue opere è la morte di cui ha molta paura. Una delle sue opere è "Il gelsomino" nel quale rappresenta anche la sua idea della sessualità come qualcosa di negativo e misterioso. Tra le sue opere più importanti troviamo Myricae; Canti di Castelvecchio; Poemi conviviali.   Pascoli dovrà spostarsi per lavorare in altre città come Bologna, Messina e Pisa ma i suoi viaggi saranno sempre angosciosi perché si deve allontanare dall'unico luogo nel quale si sente al sicuro e da sua sorella. Quando ha la possibilità di sposarsi con una cugina il matrimonio sfuma per la troppa gelosia della sorella. Muore nel 1912 a Bologna per un cancro allo stomaco.     2. LA VISIONE DEL MONDO E I SIMBOLI   Nelle sue opere si trovano spesso dei riferimenti al movimento decadentista. (immaginazione, volontà di evasione). Altre tematiche importanti riguardano il mondo spirituale e idealistico; brama la conoscenza dell'ignoto e del mistero. È interessato dalla religione cristiana e dai messaggi di cristo come quello della fratellanza anche se non è credente (positivista).   Gli oggetti materiali vengono descritti sempre dettagliatamente da Pascoli ma la loro descrizione è sempre filtrata dalla sua visione soggettiva del mondo e utilizza un linguaggio allusivo e simbolico (messaggi misteriosi). Utilizza un lessico positivista perché da sempre un nome a tutte le cose che descrive per arrivare al cuore della realtà. Le sue descrizioni sono sempre legate alla sfera soggettiva, quindi, rappresentano spesso mondo irreali, misteriosi illusori. Gli strumenti che utilizza per conoscere la realtà non sono razionali e il mondo dell'io si fonde con la realtà oggettiva (cultura decadente).     3. LA POETICA   Il fanciullino è la convinzione di Pascoli che ognuno abbia dentro di sé un bambino che rappresenta gli aspetti della fanciullezza. Il fanciullino è il responsabile della visione irrazionale del mondo, vede lo stesso come se fosse la prima volta e si stupisce di tutto è sempre meravigliato e non si abitua mai e dà sempre il nome alle cose. Serve anche ad aiutare il poeta ad entrare in un mondo alogico (non logico), il modo di vedere le cose è basato sulla sua soggettività. (Mondo dei decadenti, poeti maledetti, mondo distaccato dalla realtà). Attraverso la fantasia si crea un mondo totalmente personale e immaginario, vede sempre l'animo segreto delle cose, e come un veggente ovvero vede al di là della realtà cose che gli altri non vedono, la modifica attraverso i suoi occhi.   Poesia pura: per Pascoli la poesia non deve dare insegnamenti e non deve servire a nient'altro se non a raccontare in maniera poetica una realtà. La poesia non deve avere nessuno scopo, deve solo raccontare qualcosa attraverso gli occhi del poeta. Non deve avere nessuno obiettivo secondario è disinteressata, spontanea e nasce dall'animo in modo del tutto naturale. La poesia ha già naturalmente la capacità di trasmettere sentimenti positivi. Non è il poeta che attraverso la poesia deve trasmettere importanti lezioni (fratellanza, altruismo) è la poesia che ha intrinseca in sé stessa questa capacità soprattutto quando nasce dagli occhi del fanciullino che non ha una visione distorta della realtà (animo puro).   smetterà mai completamente di scrivere, si convince di utilizzare la letteratura come sfogo personale, gli scritti che produce non sono rivolti ad un pubblico.   Incontra James Joyce che lo aiuta ad imparare l'inglese. Propone a Joyce i suoi scritti le poesie e i primi due romanzi. Joyce spinge Svevo a continuare a scrivere e continuare a coltivare la sua passione letteraria. I romanzi che scrive sono molto innovativi e rompono le regole della tradizione e quindi la critica italiana non le apprezzava. "La coscienza di Zeno" verrà tradotto anche in francese e sarà famoso anche in Francia e Inghilterra e infine in Italia. Il primo scrittore italiano a rendersi conto della grandezza di Svevo sarà Montale.   Attraverso il cognato Svevo entra in contatto con la psicanalisi. Le sue opere si baseranno poi molto su questa tematica (analisi psicologica di questi personaggi   Lo pseudonimo Italo Svevo indica la sua molteplicità culturale (Italia, Germania, figlio di ebrei). Svevo vuole indossare la "maschera" di altoborghese per essere rispettato dalla società, piuttosto che mostrare la maschera da letterato.     2. La cultura di Svevo   Si avvicina alla filosofia di Schopenhauer e Nietzsche. Si avvicina anche alla teoria dell'evoluzionismo di Darwin. Grazie alle letture di Darwin riesce a studiare più a fondo i suoi personaggi. Alcuni atteggiamenti umani non sono solo legati alla personalità degli individui ma sono legati alla specie umana. Svevo si convince che alcuni modi di fare sono legati a leggi naturali non modificabili.   Si avvicina al Marxismo ma si avvicina solo all'analisi della base delle teorie di Marx: la società è formata da classi e ci sono differenze tra le classi e nelle classi ma Svevo non accetta la lotta di classe. Sa che ci sono contrasti tra le classi. Studia i vari personaggi il relazione alla società nella quale sono nati. Si sofferma sui piccoli borghesi che è costretto a vivere una vita che non li soddisfa (inetto) e quindi cercherà di fuggire da questa vita ma i suoi tentativi falliranno. Lui utilizza il Marxismo e la psicanalisi solo per cercare di analizzare meglio i suoi personaggi. Della psicanalisi approfondisce lo studio della psiche umana, dell'introspezione ma non apprezza la psicanalisi come strumento di guarigione. Da ogni tesi trae le tematiche che più gli interessando per definire i suoi personaggi e le sue storie.   Le sue opere non vengono apprezzate completamente poiché faticava a scrivere italiano poiché parlava bene il tedesco e parlava il dialetto fiorentino quindi le sue opere erano di difficile comprensione. Le sue opere erano però molto innovative in quanto riproducono fedelmente la modalità di espressione dei suoi personaggi e la loro psiche. Svevo vuole dare vita a innovazioni stilistiche ma non vengono apprezzate dalla critica dell'epoca.   3. Senilità   È il secondo romanzo di Svevo e viene pubblicato nel 1898 a spese dell'autore. Non ottenne molto successo e quindi Svevo si chiude in un silenzio letterario per diversi anni. Il romanzo verrà riscoperto grazie alla fama del terzo romanzo "La coscienza di Zeno".   Trama: Il protagonista Emilio Brentani è un esempio di inetto. È un letterato fallito, ha scritto un romanzo che non è piaciuto e si è dovuto accontentare di un lavoro da semplice impiegato (storia autobiografica). Emilio incontra Angiolina Zarra una ragazza molto bella con la quale il protagonista vuole instaurare una relazione poco impegnativa. Emilio non aveva mai avuto relazione con donne e quindi si crea un'identità differente basandosi sulle caratteristiche fondamentali del sapere umano (filosofia, politica etc., maschera). Pensa di dare vita ad una relazione sentimentale breve ma romantica, vedeva Angiolina come la donna pura e angelica, Angelina invece è molto energetica e vitale e quindi Emilio spera di vivere di riflesso dell'energia di Angiolina ponendo sempre una distanza tra di loro essendo lui un impiegato e lei una popolana. Pensa di poter vivere una storia d'amore razionale rimanendo sentimentalmente distaccato. Emilio rimane però vittima di Angiolina e della relazione. A mano a mano che la conosce scopre che è molto diversa dalla realtà che lui si era immaginato. Comincerà a legarsi a lei molto profondamente e invece Angiolina si distacca. Stefano Balli è un amico di Emilio è un uomo sicuro di sé e vitale e diventa un ideale per Emilio stesso. Emilio vive con una sorella (Amalia) con un carattere molto simile al suo ma si sente scossa dalla relazione del fratello. Emilio infatti vuole abbandonarla per inseguire l'amore. Amalia allora capisce di essersi persa le cose belle della vita e si innamora dell'amico di Emilio e diventerà pazza per questo amore impossibile. Alla fine Amalia si ammala di polmonite che viene assistita da Emilio e Stefano mentre sta per morire Emilio viene a sapere di un tradimento di Angiolina e lascia la sorella poi si pente e ritorna da lei. Alla fine Emilio ritorna a vivere nella mediocrità.   La struttura psicologica del protagonista   Senilità significa invecchiamento. L'atteggiamento passivo e squallido di Emilio fa in modo che la vita scorra veloce accelerando il senso di invecchiamento e inettitudine morale. Emilio sembra un anziano che ha rinunciato a vivere perché ormai si trova alla fine della sua vita. Il titolo originale doveva essere "Carnevale" perché è ambientata nel periodo di carnevale e perché la storia tra Emilio e Angiolina è un breve momento di felicità che verrà rimpiazzato poi dalla tristezza e dallo squallore della vecchia vita. Il carnevale è un momento breve in cui si è spensierati. Dopo il carnevale c'è la ?   È un'opera quadrangolare poiché vi sono 4 personaggi principali che entrano tutti in relazione tra di loro. Emilio Brentani costretta ad accettare un ruolo inferiore a quello desiderato (declassamento); rappresenta l'inetto, la figura di un perdente. Amalia rispecchia le debolezze del fratello, i due vivono in un rapporto di consolanza e completezza poiché hanno le stesse caratteristiche (quasi come una persona). Stefano rappresenta l'alter ego di Emilio. È un uomo energetico e vitale. Angiolina è una donna molto esuberate e movimentata e continua a tradire Emilio.   Emilio rappresenta Svevo. Il narratore considera il protagonista come malato e vecchio. Il lettore condivide il pensiero negativo del narratore nei confronti del personaggio principale. Ci sono tre principali modalità con le quali l'autore si rivolge al protagonista. Il narratore è in terza persona e quindi il lettore si sente completamente coinvolto nel pensiero del narratore.   Questo romanzo ha molti elementi in comune con il primo romanzo "Una vita"; anche in questo romanzo il protagonista rappresenta un inetto. Entrambi sono sconfitti dalla realtà a cui non appartengono completamente. Il primo protagonista si suiciderà mentre nella seconda opera la sorella del protagonista morirà.   Il narratore segue i sentimenti e le considerazioni di Emilio. Mette a nudo i pensieri, le paure, le contraddizioni (la sua psicologia). Al centro del romanzo non c'è la struttura spazio-temporale ma l'animo dei personaggi. Questa struttura permetterà poi la volta della "Coscienza di Zeno". Il flusso di coscienza è regolato dal narratore che governa il romanzo e la descrizione attraverso l'introspezione e la psiche dei personaggi.     L'inetto, il superuomo e la cultura di Emilio Brentani   Due personaggi rappresentano l'inetto (Emilio) e il superuomo (Stefano) Uomo virile, forte, senza debolezze. Il superuomo però in questo momento storico sta attraversando una crisi poiché l'identità umana viene messe in discussione in quanto è in corso un processo di industrializzazione e sta nascendo la società di massa. (Pirandello, disgregazione dell'io). Era molto più comune incontrare inetti in balia degli eventi che superuomini. L'uomo si perde in una massa e non si riconosce. (vittimismo, rassegnazione). Emilio si costruisce attraverso la cultura così come Svevo (letteratura, filosofia, politica). Grazie alla cultura si costruisce una realtà completamente diversa da quella che aveva davanti. Attraverso la conoscenza governa e controlla la realtà, l'inettitudine deriva dalla impossibilità di governare e controllare la propria vita.   L'ironia viene utilizzata per rappresentare l'inettitudine del protagonista. Mette in ridicolo il personaggio. A volte non interviene direttamente ma percepiamo la sua presenza poiché fa utilizzare delle espressioni al personaggio che mettono lui stesso in ridicolo.     4. La coscienza di Zeno   Questo è il terzo romanzo di Italo Svevo, pubblicato nel 1923. Svevo è cambiato molto dai primi due romanzi, è più maturo. Aveva attraversa storicamente una guerra mondiale e c'erano stati dei grandi cambiamenti anche nel mondo della psicanalisi. Svevo non segue una linea temporale lineare nell'opera. Vengono rappresentati alcuni episodi che rappresentano alcune tematiche e in che modo riguardano ed interessano Zeno per tutta la sua vita, senza un ordine cronologico.   Il narratore di quest'opera è Zeno Cosini ed è anche il principale personaggio. Zeno fa una terapia di psicanalisi di più sedute e ad ogni seduta legge il diario dove lo psichiatra gli chiede di scrivere tutte le sue emozioni, paure etc. relazionate alle diverse tematiche. I pensieri rappresentano il flusso di coscienza, in modo molto spontaneo. Il romanzo si apre con una prefazione scritta dal dottor S. (Svevo) ovvero il suo psicanalista. Il libro si compone di 6 momenti. Zeno si sottrae all'analisi e il medico per vendetta decide di pubblicare il suo diario. I sei momenti sono: il fumo, la morte del padre, la storia del matrimonio, la moglie e l'amante la storia dell'impresa commerciale, la psicanalisi. La storia però è inattendibile perché Zeno, che ha una mente malata e problematica, rappresenta in modo del tutto personale le sue vicende. Zeno si racconta in modo non del tutto sincero perché vuole apparire diverso da sé stesso al dottor. S. perché lo vede come un secondo padre. Zeno è un borghese benestante.   -Primo capitolo: prefazione scritto dallo psicanalista della scuola Freudiana.   cristallizza in una forma diversa dagli altri a seconda della propria personalità, ma le altre persone possono anche vedere altre forme. In realtà questa personalità è un illusione e scaturisce solo dal sentimento soggettivo che noi abbiamo del mondo, che ci separa fittiziamente dal resto della vita. Anche gli altri, vedendoci ciascuno secondo la propria prospettiva, ci danno determinate forme. Noi crediamo di essere “uno per noi stessi e per gli altri”, mentre siamo tanti individui diversi. Ciascuna di queste forme è una maschera dettata dalla società. Sotto questa maschera non c’è un volto definito: non c’è nessuno o meglio vi è un fluire di stati in continua trasformazione. Una persona può avere tante maschere quante sono le persone che lo guardano. "Uno, nessuno, centomila".    Uno, nessuno, centomila Trama: Inizialmente Vitangelo Moscarda (Gengé per gli amici) ci viene presentato come un uomo del tutto comune e normale, senza nessun tipo di angoscia né di tipo esistenziale né materiale: conduce una vita agiata e priva di problemi grazie alla banca ereditata dal padre. Un giorno questa piatta tranquillità viene però turbata: l’elemento disturbatore è un banale e innocente commento pronunciato dalla moglie di Vitangelo riguardo al fatto che il suo naso penda un po’ da una parte. Da questo momento la vita del protagonista cambia completamente, poiché Gengé si rende conto di apparire al prossimo molto diverso da come egli si è sempre percepito. Così decide di cambiare radicalmente il suo stile di vita, nella speranza di scoprire chi sia veramente, e a quale proiezione di sé corrisponda il suo animo distruggendo così tutte le immagini che gli altri hanno di lui. Scopre di non essere uno ma centomila e quindi alla fine nessuno.   L'opera è un ininterrotto monologo attraverso il quale Vitangelo compie una ricerca per trovare sé stesso compie azioni che vanno contro a quella che era stata la sua natura sino a quel momento: sfratta una famiglia di affittuari per poi donare loro una casa, si sbarazza della banca ereditata dal padre, e inizia ad ossessionare chi gli sta vicino, con discorsi e riflessioni oscure che lo fanno passare per pazzo agli occhi della comunità. La situazione si aggrava al punto che la moglie abbandona la casa coniugale, e, insieme ad alcuni amici, inizia un'azione legale contro Vitangelo col fine d’interdirlo.   Vitangelo, il cui "io" è ormai completamente frantumato nei suoi "centomila" alter ego, sembra trovare una tregua ai propri patimenti solo nel confronto con un religioso, Monsignor Partanna, che lo sprona a rinunciare a tutti i suoi beni terreni in favore dei meno fortunati. Il tormentato protagonista pirandelliano, rifugiatosi nell'ospizio ch'egli stesso ha donato alla città, riesce così a trovare un po’ di pace e di serenità solo nella fusione totalizzante con il mondo di Natura, l'unico in cui egli può abbandonare senza timori tutte le "maschere" che la società umana gli ha a mano a mano imposto. Alla fine Vitangelo rifiuta ogni identità personale (anche il suo nome) e si abbandona al flusso continuo della vita continuando a morire e rinascere (follia).   Il tema della scomposizione ad infinito della personalità e della "forma" umana si riflette sia nello stile di Pirandello sia nella struttura del romanzo, composto da otto capitoli condotti dalla voce narrante di Gengé stesso. All'umorismo, che permea la narrazione si aggiunge la dimensione grottesca, che descrive la progressiva follia di Vitangelo, con effetti di estraniamneto e di distorsione nella rappresentazione di una realtà che, per l'ultimo Pirandello, diventa ormai solo una somma di frammenti privi di senso.   LA CRITICA DELL’IDENTITA’ INDIVIDUALE: Nella società Novecentesca entra in crisi sia l’idea di una realtà oggettiva e definita, sia di un soggetto forte, unitario, punto di riferimento. L’io si disgrega, si smarrisce. E’ questo il periodo dell’affermarsi di tendenze spersonalizzanti nella società: l’instaurarsi del capitale monopolistico, l’espandersi della grande industria e dell’uso delle macchine, la creazione di sterminati apparati burocratici, il formarsi delle grandi metropoli moderne. Tramonta l’idea classica dell’individuo, creatore del proprio destino e dominatore del proprio mondo. La presa di coscienza di questa inconsistenza dell’io suscita, nei personaggi pirandelliani, smarrimento, dolore e solitudine. Ognuno ci vede infatti in modo diverso, anche noi ci guardiamo in un determinato modo e alla fine non siamo nessuno, non siamo più capaci di capire chi siamo. Ogni individuo diventa parte di una società e si omologa con tutti gli altri non avendo più un'identità. Pirandello descrive la situazione dell'uomo come una trappola. Lo stesso non viene messo in risalto come singolo e per le sue capacita.   LA <TRAPPOLA> DELLA VITA SOCIALE: Le “forme” in cui ci si cristallizza sono sentite come una “trappole”, un carcere in cui l’individuo si dibatte, lottando invano per liberarsi. La società gli appare come una costruzione artificiosa che isola irreparabilmente l’uomo dalla vita e lo conduce alla morte, anche se egli apparentemente continua a vivere. Pirandello rifiuta le forme della vita sociale, è un anarchico. L’istituto in cui si manifesta per eccellenza la trappola che imprigiona l’uomo, è la famiglia; l’altra trappola è quella economica costituita dalla condizione sociale e dal lavoro.     "Il fu Mattia Pascal"   Trama: Dopo la morte del padre, la madre di Mattia sceglie di dare in gestione l’eredità del marito a Batta Malagna, amministratore poco onesto che deruba giorno per giorno la famiglia Pascal. Mattia, inoltre, mette incinta la nipote del Malagna, e viene da questi obbligato a sposarla per rimediare all’offesa provocata. Impoverito dalla mala gestione dell'eredità paterna, il protagonista deve impiegarsi come bibliotecario e vivere con la moglie a casa della suocera, donna arcigna e che lo disistima profondamente.   Non passa molto tempo che la vita matrimoniale diventa insopportabile Mattia decide di partire in direzione Montecarlo, per tentare di arricchirsi al gioco. Le sue speranze vengono esaudite: il protagonista vince una somma considerevole alla roulette. Si rimette così in viaggio verso il paese natio, tronfio della vittoria e deciso a riscattarsi. Durante il viaggio in treno, però, accade l’imprevedibile: Mattia legge sul giornale la cronaca di un suicidio avvenuto a Miragno, e scopre con enorme stupore di essere stato identificato nel cadavere dello sventurato, già in stato di putrefazione e quindi poco riconoscibile. Dopo un primo momento di totale smarrimento, Mattia decide di cogliere l’occasione per fuggire da quella vita poco entusiasmante che lo attende a casa.   Abbandonata l'identità di Mattia Pascal, cui si associa l'idea di fallimento esistenziale, il protagonista adotta il nuovo nome di Adriano Meis, per una nuova vita. Dopo un periodo trascorso a vagare tra Italia e Germania, Adriano si stabilizza a Roma. Qui però il protagonista si scontra coi limiti intrinseci di un’esistenza al di fuori delle convenzioni sociali: non possedendo documenti né un’identità riconosciuta, non può denunciare un torto che gli viene fatto - nello specifico, un furto - e, cosa ben più grave, non può sposare la figlia del padrone di casa, Adriana, di cui è nel frattempo s'è innamorato. Frustrato dalla sua condizione, decide di rinunciare anche all'identità di Adriano Meis, di cui inscena il suicidio e di riprendere la vecchia identità, facendo "risorgere" - per così dire - Mattia Pascal.    Tornato a Miragno, Mattia trova però una situazione ben diversa da quella che aveva lasciato: sua moglie ha sposato un amico di vecchia data, Pomino: inoltre, i due hanno avuto una figlia. Mattia è dunque escluso anche da ciò che inizialmente, con l'episodio fortunato della roulette, aveva provato a fuggire e che ora vorrebbe recuperare in extremis. L'ordine sociale isola definitivamente Mattia, che può solo riprendere il suo precedente impiego di bibliotecario, ritirandosi in una vita condannata al senso di estraneità dal mondo, la cui unica distrazione è la visita saltuaria alla propria tomba.   Con un puntuale tocco umoristico - assai coerente del resto con la poetica pirandelliana della maschera e la sua costante riflessione sul "doppio" che alberga nelle vite di tutti noi- a Mattia, che ha provato ad evadere dalle convenzioni sociali per assumere una nuova identità più felice, non resta che la constatazione, assai provvisoria e precaria, di essere nient'altro che il "fu Mattia Pascal". Mattia è narratore in prima persona delle proprie vicende, e spesso il suo punto di vista sugli eventi è soggettivo e parziale, tanto da farci seriamente dubitare della sua attendibilità. Nel Mattia Pascal sono sempre presenti elementi opposti ma coniugati come tragico e comico; serio e ridicolo.   IL RIFIUTO DELLA SOCIALITA’: L’unica via di relativa salvezza è la fuga nell’irrazionale: nell’immaginazione che trasporta verso un altrove fantastico; oppure nella follia. Il rifiuto della vita sociale dà luogo, nell’opera pirandelliana, ad una figura ricorrente, emblematica: il forestiere della vita, colui che ha capito il gioco, ha preso coscienza del carattere del tutto fittizio del meccanismo sociale e si esclude, si isola guardando vivere gli altri dall’esterno della vita e dall’alto della sua superiore consapevolezza. Pirandello e un autore pessimista perché crede che quando si cerca di cambiare le cose si ricada in una nuova trappola. Non pensa che ci siano alternative reali a questa situazione e come situazioni alternative ed illusorie sono l'immaginazione e la follia che ci permette di convincerci di essere diversi e in un mondo nuovo ma non e la realtà delle cose. L'individuo si estranea dalla realtà e si vede dall'esterno vedendo l'immagine di se stessi che vedono gli altri (filosofia del lontano).   RELATIVISMO CONOSCITIVO: ognuno vede la realtà in modo diverso a seconda della sua personalità, vita, percorso. Questa condizione porta all'incomunicabilità tra gli uomini, come se parlassimo diversi linguaggi e quindi l'individuo si isola e si distacca dalla società. I Romantici e i Decadenti non si riconoscevano in società e quindi si allontanavano dalla stessa ponendo l'attenzione sul proprio io (sentimenti, interiorità). Pirandello si distacca dai romantici e dai decadenti, poiché secondo lui l'individuo non riesce più a riconoscersi e il suo io e frantumato e quindi non riesce a lavorare su se stesso quindi l'individuo non e più nessuno, incertezza.   3. La poetica     L'UMORISMO “L’umorismo” (1908) è un testo chiave per penetrare nell’universo pirandelliano. Il volume si compone di una parte storica, in cui l’autore esamine varie manifestazioni dell’arte umoristica e di una parte teorica, in cui viene definito il concetto stesso di umorismo. Nell’opera umoristica la riflessione non si nasconde e nasce il “sentimento del contrario”, che è il tratto caratterizzante l’umorismo di Pirandello. Esempio della vecchia signora: se vedo una vecchia signora coi capelli tinti, avverto che è il contrario di ciò che una vecchia signora dovrebbe essere. L’ “avvertimento del volontario all'interno dell'esercito italiano e scriverà molte poesie in trincea. Molte delle sue poesie trattano infatti di temi di guerra anche se quelle che scrive prima della guerra riguardano soprattutto il suo passato e la sua infanzia. Ungaretti, nelle sue poesie, parla spesso della sua vita e di come lui stesso ha vissuto la guerra, ma all'interno nello stesso momento parla dell'esperienza di un uomo qualsiasi nella quale si possono ritrovare tutti gli uomini, lui diventa simbolo nel quale si possono rivedere tutti. La sua ultima raccolta, che contiene tutte le sue poesie, si chiama appunto "Vita di un uomo". Dopo la guerra si trasferisce a Roma dove aderisce al fascismo e crede fortemente al messaggio di importanza della nazione Italiana e dell'unità nazionalità. Diviene uno dei più riconosciuti scrittori italiani e poi si traferisce in Brasile dove insegnerà italiano. Perderà anche il figlio e il fratello e scriverà un'opera chiamata "Il dolore" (raccolta di poesia) nella quale rappresenta i suoi stati d'animo dopo la morte dei suoi cari.   2. L'allegoria     Nelle opere di Ungaretti si nota come per l'autore vita e letteratura siano legate tra loro in quanto le sue poesie sono spesso autobiografiche. Per il poeta la poesia ha il compito di illuminare la vista stessa. Ungaretti dà vita a delle novità formali nella sua scrittura, distaccandosi dalle poesie dell'800.   Utilizza molto spesso nelle sue poesie la figura retorica dell'analogia già utilizzata durante l'800 ma in modo troppo semplice e diretta (si comprende subito la relazione tra elementi, lo critica perché pensa che in questo modo si possa cogliere solo l'aspetto superficiale degli stessi) per Ungaretti che invece utilizza l'analogia per unire elementi dei quali si deve fare una profonda analisi per comprenderne il nesso logico. I suoi racconti si basano sulle sensazioni e sui pensieri più profondi dell'anima dell'uomo e quindi utilizza molto spesso immagini. Dato che è molto difficile comprendere la complessità dell'uomo nella poesia bisogna utilizzare poche parole ricercate. Questo lo porta ad essere un precursore dell'ermetismo. Nelle sue poesie rappresenta un mondo "superiore" e "divino" che gli permette di vedere la realtà da una prospettiva completamente diversa.   Le parole utilizzate sono poche e ben ricercate, le poesie di Ungaretti sono spesso molto corte poiché le singole parole rappresentano un mondo intero. Dietro ad una parola viene rappresenta un aspetto molto profondo dell'animo umano che il lettore deve analizzare e comprendere. Utilizza la tecnica della parola-verso (una sola parola costituisce un verso), poiché alcune parole nel foglio vengono isolate rispetto alle altre per sottolineare la loro importanza. Questa tecnica è legata anche alla corrente futurista a cui il poeta si avvicina ma della quale non condivide la forma caotica. Ungaretti vede la poesia come ricca di significato magico rendendola spesso anche impossibile da comprendere poiché rappresenta il mistero della vita, impossibile da svelare. A questo mistero ci si può solo avvicinare grazi all' "illuminazione" delle parole poetiche. Non utilizza la punteggiatura, i versi non sono mai lunghi uguali, le parole vengono distanziate o isolate per farle risaltare.                                                                                                                                                                                                                
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