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AUTORI INGLESI 5 ANNO E COLLEGAMENTI INTERDISCIPLINARI (SVILUPPATI), Appunti di Inglese

In questo documento sono riassunti in lingua inglese gli autori della letteratura inglese più importanti svolti nel quinto anno delle scuole superiori, e ad ognuno di essi sono collegati argomenti relativi a tutte le altre materie. I collegamenti non sono solo citati, ma interamente sviluppati e scritti. (CHARLES DICKENS, CHARLOTTE BRONTEE, WILLIAM WORDSWORTH, VIRIGINIA WOLF, JAMES JOYCE, OSCAR WILDE, JANE AUSTEN)

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 11/09/2022

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Scarica AUTORI INGLESI 5 ANNO E COLLEGAMENTI INTERDISCIPLINARI (SVILUPPATI) e più Appunti in PDF di Inglese solo su Docsity! INGLESE PERCORSI ESAME CHARLES DICKENS SOCIETY – CORRUPTION – POVERTY – VICTIMS Charles Dickens is probably the most representative literary figure of the whole Victorian age. He is the first truly urban novelist. Dickens’s characters give voice to the whole panorama of social classes which were emerging in the modern city. - He lived an unhappy childhood: he worked in a factory at the age of twelve -He writes autobiographical novels in which protagonists become symbol of an exploited childhood -The novelist’s aim was to draw popular attention to public abuses by transforming the environment he describes in to a symbol of the life it represents, so landscapes provide a sort of social and psychological map of the urban background -He also makes a description of the Victorian society in all its variety richness and squalor: -The world of workhouses -The Victorian middle class (“respectable people which believe in human dignity” but this is the cover of ahypocritical class that care only about itself). Dickens critics the hypocrisy of the rich and the indifference to the problems of the poor -HARD TIMES: against materialism and utilitarianism -Aim to illustrate the ugliness of the new industrial age and of the gap between the poor and the rich -Aim to illustrate the dangers of allowing people to become like machines and to suggest that without emotions and imagination life would be unbearable. ITALIANO: GIOVANNI VERGA E GLI UMILI Questa particolare attenzione alle “vittime”, ovvero alle classi sociali travolte dalla fiumana del progresso, e che più di tutte ne subirono le conseguenze, è riscontrabile chiaramente nella poetica verista di Giovanni Verga. Ed è proprio la descrizione della vita degli umili, che rappresenta la su caratteristica più innovativa e rivoluzionaria. Rivoluzionaria anche rispetto agli umili di Manzoni, in quanto nel verismo sono narrati in tutto il loro squallore, sono messe in luce le loro condizioni di vita disumane, e con estremo realismo. Dunque il narratore onnisciente dei promessi sposi qui scompare, per dare posto ad un narratore impersonale. Questo accade per un fine ben preciso, ovvero narrare ogni vicenda dal punto di vista dei protagonisti. Per raggiungere tale scopo questa rivoluzione tematica si accompagna a quella stilistica. Verga ROVESCIA IL CANNOCHIALE, offrendo una narrazione “dal basso”. In particolare l’autore fa parlare gli umili, che utilizzano proverbi, esprimono superstizioni, e attraverso le loro vicende offrono lo scorcio della loro cultura e realtà sociale. La realtà sociale descritta è quella meridionale, della Sicilia. Sull’aspetto sociale, i Malavoglia sono considerati un vero e proprio STUDIO SOCIOLOGICO, costruito sulla base dell’inchiesta in Sicilia di Franchetti e Sonnino, da cui riprende una serie di temi di fondo su cui è costruito il romanzo. I due studiosi positivisti intendevano far riconoscere le condizioni di vita del Meridione e diffondere la consapevolezza di un problema sociale, che andava risolto. Il loro obiettivo era di riequilibrare lo sviluppo economico che sacrificava le campagne e l’economia del Sud, sia di porre fine al malcontento delle masse contadine, che dava origine al brigantaggio e a pericolose insurrezioni socialiste. Nel libro “Inchiesta in Sicilia”, Franchetti e Sonnino descrivono le cause della decadenza economica siciliana: la corruzione delle amministrazioni comunali, la piaga dell’usura che rovina la piccola proprietà contadina, la politica fiscale che colpiva i più poveri. Verga condivideva tutte queste cause Franchetti e Sonnino. Un disaccordo sta nella prospettiva: se Franchetti e Sonnino sono positivi, Verga non si fa illusioni. STORIA: LA QUESTIONE MERIDIONALE E’ a partire dal 1860 che si studia la questione meridionale, per dare una spiegazione ai fenomeni, alle scelte politiche e agli elementi che hanno profondamente segnato la storia del Sud d’Italia arrestandone lo sviluppo. Da notare, che il divario tra le regioni della penisola era presente anche prima del 1860. La pianura padana era caratterizzata da terre impiegate seguendo il metodo capitalistico ma anche con delle colture intensive ed un livello di vita molto alto, che influenzava anche l’area circostante elevandone il livello di sviluppo civile. Per contro il Meridione era ancora ancorato al sistema feudale, che di fatto era stato abolito nell’800, i poteri giurisdizionali dell’aristocrazia eliminati e le terre feudali frammentate e vendute. Dalla frammentazione è sorta una nuova classe, quella della borghesia terriera, che ha, di fatto, continuato ad agire come i vecchi signori feudali invece di intraprendere la via capitalistica. Ad aggravare la posizione di questa classe aveva largamente contribuito l’abolizione dei diritti feudali (gli usi civici di semina, di pascolo, di legnatico). Non meno duri erano i contratti agrari, che si configuravano come semplici modificazioni dei tradizionali rapporti feudali. La scarsa propensione ad investire capitali nella terra si rovesciava nel mero ricavo della rendita dai terreni. Questo modo d’agire tenuto dalla classe borghese veniva appoggiato dai Borboni, anch’essi restii nell’investimento e nell’innovazione perché timorosi delle migliorie apportate dalla tecnologia. Lo Stato borbonico, infatti, non mise in atto nessuna opera pubblica (canali, bonifiche, ecc.) ed accezione di alcune linee ferroviarie nella Campania che servivano ad agevolare gli spostamenti tra le Regge Reali e i possedimenti per le battute di caccia. Per quel che riguarda le altre vie di comunicazione erano pressoché inesistenti, fatta eccezione solo per i tratturi che consentivano il passaggio dei greggi di pecore dalle Puglie agli Abruzzi. Al momento dell’unificazione la questione meridionale andò aggravandosi. Lo sviluppo capitalistico non toccò il Sud e si ebbero riforme nelle politiche doganali (abbattimento dei dazi doganali fino all’80%) che finirono per dare il colpo di grazia alla poche industrie presenti al Sud, le quali si videro disarmati di fronte alla concorrenza dei prodotti esteri; inoltre l’unificazione del debito pubblico finì per ripartire gli oneri delle guerre piemontesi e gli oneri relativi alla costruzione di reti ferroviarie ed altre vie di comunicazione (allo scopo di unificare il mercato nazionale) tra tutte le regioni d’Italia. L’adozione del libero scambio, nel primo ventennio unitario, favorì l’agricoltura meridionale, promuovendo l’espansione del settore delle colture pregiate, rivolte all’esportazione (vite, agrumi, olivo, ecc.). Ma questi risultati rimasero limitati per la permanenza di rapporti agrari e sociali arretrati. Ancora oggi, questo divario è fortemente presente. L'occupazione resta il problema più grave del Mezzogiorno che, per la sua debole struttura economica, rimane esposto a tutte le ricorrenti crisi dell'economia nazionale ed internazionale. Il Mezzogiorno non è mai stato un'unica realtà compatta, né un secolo fa, né tantomeno lo è oggi. Le modificazioni più consistenti si sono realizzate sul piano dei comportamenti socio-culturali, grazie alla diffusione crescente dell'istruzione e delle comunicazioni di massa. Così il Mezzogiorno presenta il quadro inedito di una campagna ormai spopolata dei suoi antichi Dunque il concetto di abolizione era ancora molto lontano. SCIENZE: I GIACIMENTI MINERARI (condizioni di lavoro disumane) In Italia lo sfruttamento delle risorse minerarie ha origini molto antiche e ha segnato lo sviluppo e la storia di diverse regioni. Lo sfruttamento dei giacimenti minerari ha reso possibile in molti casi un progresso economico e sociale, ma ha avuto anche risvolti drammatici per le condizioni di lavoro spesso disumane e per i rischi a cui erano sottoposti i minatori. Tra queste, possiamo citare le miniere di amianto. Con il termine amianto (o più correttamente asbesto) si identificano sei tipi di silicati caratterizzati da una struttura fibrosa. Per capire meglio di cosa si parla, bisogna ricordare la nozione di silicati. I silicati sono la classe di minerali più abbondante: più del 90% della crosta terrestre è formato da minerali appartenenti a questo gruppo. I silicati sono composti di silicio e ossigeno e tutti tranne la silice (SiO2) contengono uno o più elementi metallici (Al, Fe, Mg, Na, ecc..). Benchè i diversi gruppi di silicati abbiano proprietà assai diverse tra loro, in tutti è presente la stessa struttura di base formata da gruppi silicato (SiO4)^4-: i 4 atomi di ossigeno sono disposti intorno all’atomo di silicio in modo da formare un tetraedro. I minerali con cui identifichiamo il nome di amianto, sono inodori, incolori, resistenti al calore, scarsamente attaccabili da sostanze chimiche e facilmente lavorabili. Per queste proprietà, fin dai primi anni del secolo scorso, l'amianto è stato utilizzato su scala industriale in tutto il mondo, sia allo stato puro sia miscelato con altri materiali. In particolare, fino al 1992 veniva impiegato per produrre l'Eternit,un impasto di cemento e amianto, che veniva utilizzato come materiale da costruzione per pannelli isolanti, coperture, pavimenti, tubazioni. Nel 1992, con la legge 257 fu vietato l'utilizzo in Italia dell'amianto in qualsiasi forma a causa del pericolo che rappresenta per la salute, l'inalazione delle fibre. Da allora è in atto un'ampia serie di interventi per la rimozione di materiali contenenti amianto dagli edifici e per la bonifica delle aree. Tali interventi sono disciplinati da precise norme di sicurezza per tutelare la salute degli operatori. CHARLOTTE BRONTE INDENTITY – PASSION – MADNESS – ISOLATION – REPRESSION JANE EYRE: The novel’s main character is Jane Eyre, she’s an orphan who lives with the Reed Family. Her aunt dislikes her, so she was sent to the Lowood School. Her teacher, Mr. Brocklehurst, is very rude and cruel. When she finished the school, she became a governess of a young girl, Adele, who lives with her guardian Mr. Rochester at Thornfield Hall. There, she sometimes hears a strange laugh coming from the attic. Mr Rochester is a mysterious and troubled man, but Jane is attracted to him. One night she saved him from a fire in his bedroom. After some times, Mr Rochester proposes to Jane, but during the wedding, a mane revealed that Rochester is already married with another woman, Bertha. She is mad and lives locked in the attic in Rochester house. Jane leaves Thornfield Hall and become a teacher in a small village. But, on night, Jane imagines she hears Rochester calling to her. So she returns to Thornfield Hall but she finds it burn it down. Bertha had set fire and died. Mr Rochester was stille alive so at the end of the novel, he married Jane. Although Jane is a fairly traditional female character, when the novel first came out it was a shock for some readers, because it went against the Puritanical tradition that woman should not feel the need to explore physical passion. Jan Eyre mixes the element of the Bildungsroman with Gothic Fiction. Jane and Bertha represent a sort of double-figure. Madness was often used as a means of social control and repression: once a woman allowed her allowed herself to reveal her passion and anger, it was better to keep her hidden. Bertha represents the repressed side of Jane. In this way, Bertha and Jane are complementary figures, the two sides of the same coin, two aspect that live in female identity. This emerges in the scene where Jane looks in the mirror and sees the reflection of Bertha in her face. In fact, the mirror is the element of the expression of the inner soul and human splitting. STORIA DELL’ARTE: GIUDITTA I E GIUDITTA II Il tema della duplicità nella interiorità della donna emerge in modo chiaro dal confronto di due opere di Gustave Klimt, Giuditta I e Giuditta II. Queste due versioni rappresentano il connubio eros e thanatos: il primo rappresenta l'amore, inteso come quella forza capace di creare la vita; il secondo, invece, raffigura la morte e la distruzione che essa genera. Difatti, in Giuditta I, Klimt ritrae l’eroina biblica che decapitò il generale Oloferne liberando gli israeliti dall’assedio dell’esercito nemico. Dunque rappresenta una donna prescelta per compiere una missione salvifica. Al contrario, Giuditta II rappresenta la principessa Salomè, espressione dell’erotismo spregiudicato che sconfina con la morte. La differenza simbolica di queste due versioni, coincide anche con una differenza stilistica. Il taglio delle due figure è decisamente diverso. Infatti, in Giuditta I la giovane è rappresentata fino alla vita mentre in Giuditta II compare l’intero corpo. Giuditta I poi si trova in posizione frontale mentre Giuditta II è rivolta verso sinistra. Le posizioni assunte dalle due figure determinano poi un diverso rapporto con l’osservatore. Infatti Giuditta I osserva decisamente verso chi guarda il quadro ed è consapevole di essere osservata. Giuditta II invece sembra colta nel momento dell’azione e non si cura della presenza dell’osservatore. Infine la Giuditta esposta a Venezia è seminuda e presenta un ammiccamento erotico più esplicito rispetto a quella di Vienna. FILOSOFIA: FREUD (LA SCOMPOSIZIONE PSICOANALITICA DELL’INDIVIDUO) + MASCOLINITA’ NELLA DONNA E FEMMINILITA’ NELL’UOMO (per collegarsi a latino) Sigmund Freud delineò nell’animo umano una particolare scissione proprio servendosi del mito di Eros e Thanatos: per Freud ogni uomo è dominato da un istinto di creazione pacifica e da un impulso distruttivo, che si esprime attraverso l'aggressività verso il prossimo e sé stessi. Di fatto, ogni uomo desidera la felicità, ma le contingenze della vita e della comunità spesso impediscono di conseguire quest'obiettivo. La vita diventa così un tormentoso bilanciamento fra queste due forze non solo a livello individuale, ma anche sul piano dell'intera società civile: nel Disagio della Civiltà (1929) Thanatos è a tutti gli effetti rappresentato come il nemico della civiltà. Si tratta di un nemico che risiede nel profondo dell'animo umano, in grado di manifestarsi anche (e soprattutto) in società. l problema della società moderna è, secondo Freud, rappresentato dalla volontà delle istituzioni di annullare l'aggressività degli individui senza lasciargliela sfogare. L'impulso represso dell'aggressività fa però parte dell'uomo: nasce così il senso di colpa. Si tratta di un processo psicologico che generalmente rischia di separare conflittualmente il subconscio e il cosiddetto Super Io, ossia una specie di controllore interno (ma non per questo gestito dal soggetto) capace di creare una nevrosi di una certa portata. Sulla scia di questa visione dualistica della personalità, Freud delinea le due topiche che costituiscono gli scomparti psichici. Troviamo una sorta di duplicità già nella prima topica, anche se in modo lieve, in cui distingue i tre <<sistemi>>(conscio,preconscio e inconscio). Ciò che allude alla visione dualistica di questa topica non è il preconscio ma le altre due raffigurabili in un iceberg di cui la punta è il conscio (ovvero la piccola parte a noi visibile, mentre il resto del ghiacciaio è l’inconscio). La seconda topica, però, è quella che rende meglio il concetto di duplicità; egli distingue 3 topiche (Es, Io e Super-io). E’ tra l’Es e il Super-io che si riscontra il fenomeno di cui sta parlando (tralasciando l’Io che altro non fa che equilibrare i due); L’ES: è una parte della psiche che risponde alle pulsioni più profonde e primitive dell’animo umano; IL SUPER-IO: sono i condizionamenti sociali e le proibizioni che sono state inculcate dai genitori nell’infanzia, le quali influenzano l’uomo per tutta la vita. L’IO: è la parte organizzata della psiche che cerca equilibrare le forze dell’Es e del Super-io. Quando il Super-io è troppo rigido provoca la RIMOZIONE e dunque le pulsioni dell’Es diventano inconsce manifestandosi allora con sintomi nevrotici. autonomamente. È chiaro che gli imprenditori del Nord non vedevano di buon occhio il fluire delle risorse economiche al Sud. La sua ‘doppia faccia’ oltre che essere condannata da molti meridionalisti, come Gaetano Salvemini che lo soprannominò addirittura ‘ministro della malavita’, fu oggetto di critica di diversi giornali satirici, tra cui ‘L’Asino’ che in una vignetta lo rappresenta sia in abiti eleganti che in abiti proletari, a seconda del suo rapportarsi con gli elettori di destra (conservatori) o con gli elettori di sinistra (socialisti, democratici, repubblicani). Riguardo al suo programma politico, in campo di legislazione sociale:. SCIENZE: GLI ISOMERI A volte due composti rappresentati dalla stessa formula molecolare possono essere radicalmente diversi. Nel caso, per esempio, dell'alcol etilico e dell'etere metilico, la formula molecolare, C2H6O, è la stessa, mentre le rispettive formule di struttura sono diverse. I composti aventi uguale formula molecolare ma diversa formula di struttura si dicono isomeri (dal greco ísos, uguale, e méros, parte). La diversa struttura che caratterizza gli isomeri spesso conferisce loro proprietà fisiche e chimiche diverse. Nel caso per esempio dell'alcol etilico e dell'etere metilico, il primo risulta molto più solubile in acqua del secondo. Esistono differenti tipi di isomeria, che si possono raccogliere in due categorie fondamentali: • isomeria costituzionale, nella quale gli atomi, come nel nostro esempio, occupano nella molecola posizioni diverse; • stereoisomeria, nella quale gli isomeri, genericamente chiamati stereoisomeri, differiscono perché gli atomi delle loro molecole sono legati nella stessa sequenza, ma orientati diversamente nello spazio. Gli stereoisomeri comprendono gli isomeri conformazionali e gli isomeri configurazionali e questi ultimi, a loro volta, si distinguono in isomeri geometrici e isomeri ottici WILLIAM WORDSWORTH IMMAGINATION – EXPERIENCE - MEMORY – FEELING – NATURE – SUBLIME The best subject is people in close contact with nature. Poetry must be concerned with the influence of memory on the present: the recollection of emotions and feelings. Wordsworth defines poetry as a “spontaneous overflow of powerful feelings”. - Idealisation of nature in order to search harmony between man and his environment. The description of nature concerned with the inner effect that it has on the poet. - I WANDERED LONELY AS A CLOUD. - It was inspired by an event, when Wordsworth and his sister Dorothy saw a field full of daffodils waving in the wind. - First 3 stanzas are devoted to the daffodils themselves, to their look and their moves. Final stanza focuses on the speaker who had moved beyond the experience. Stanza n.1 —> comparison man-cloud : The post removes himself from the ground since the position of a cloud v allows an inversion of perspective Stanza n.2 —> emphasises the number of daffodils using a hyperbole Stanza n.3 —> he recognises that at the time he was looking daffodils he didn’t realise how much of a lasting impression this image would have on him (NATURE OUTSIDE HAS AN INNER EFFECT) Stanza n. 4 —> We shift in time and we go to present time when the speaker lays his couch: he is thoughtful and in this moment the vision of daffodils flash upon an inward eye (The joy of being alone) RECOLLECTION OF FEELINGS: recalling memories to feel those emotion again. ITALIANO: PASCOLI, X AGOSTO Tra le caratterizzazioni che un ricordo può avere, esiste senza dubbio anche la possibilità che esso si fissi stabilmente nell'animo di un soggetto, mentre attorno ad esso si struttura un vasto sistema di riferimenti simbolici, che hanno il compito di richiamarlo costantemente, di evocarne le relazioni concettuali, di rinforzarlo emotivamente. Se la memoria - come sempre accade in questi casi - è dolorosa e traumatizzante, può accadere che tutta la personalità del soggetto ne sia stabilmente condizionata. A livello artistico allo stesso tempo si struttura un sistema coerente di significanti, atti a restituire tutta l'evidenza e la pregnanza del ricordo, via via che esso viene richiamato attraverso nuove esperienze e repertori di sensazioni. Tutto ciò accade per la poesia di Giovanni Pascoli, fortemente segnata dalla precoce morte del padre e da altre disavventure familiari, che gli impedirono di vivere positivamente gli affetti a lui più cari. X Agosto è forse la poesia più famosa in cui Pascoli rievoca il più traumatico dei suoi drammi giovanili, l’uccisione del padre, avvenuta il 10 agosto del 1867, il giorno di san Lorenzo. La poesia è basata su un evocativo parallelismo tra una vicenda personale e una vicenda naturale: la morte del padre è collegata a quella di una rondine uccisa anch’essa senza motivo mentre faceva ritorno al suo nido. La natura dunque è espressione simbolica del ricordo,: il cielo nella notte di san lorenzo è pieno di stelle, ed è come se partecipasse al dolore del poeta. Tuttavia, negli ultimi versi il poeta si rivolge al cielo con un atteggiamento pessimistico poiché lo sente lontano ed indifferente, limitandosi a ricoprirsi di stelle quando la terra è insita di ingiustizie e sofferenze. Dunque la vicenda dell’uomo e della rondine diventa immagine del dolore universale. Il simbolismo pascoliano fondato sulla valorizzazione dei particolari segue iun criterio impressionistico poiché ciò che viene registrata è soprattutto l’impressione del soggetto davanti ai fenomeni. Può così accadere che descrivendo un fenomeno naturale si descriva, in realtà, un evento autobiografico. STORIA DELL’ARTE: MONET, IMPRESSIONE SOLE NASCENTE La poesia di Wordsworth, essendo definita da lui stesso “spontaneo traboccare di sentimenti”, coincide con la concezione impressionista dell’arte. Ciò che più conta nei dipinti impressionisti è, infatti, l’IMPRESSIONE che un determinato stimolo esterno suscita nell’artista, il quale, partendo dalle proprie sensazioni, elimina il superfluo per arrivare la sostanza delle cose, ovvero l’impressione pura. Desidera cogliere, dunque, L’ATTIMO FUGGENTE, cioè le sensazioni di un istante, con la consapevolezza che l’istante successivo potrà generare sensazioni del tutto diverse. Monet, il più importante degli impressionisti, presenta il tempo come una sommatoria di momenti: esso è ancora un tempo misurabile, oggettivo, scandito dagli orologi e dai calendari, ma gli effetti del tempo su di noi sono invece imprevedibili e come tali totalmente soggettivi. Il tempo ha dunque anche una valenza relativa ad ognuno di noi, è personale, dal momento in cui noi lo rielaboriamo a modo nostro e lo leggiamo in base alle nostre esperienze ed emozioni.) Emblema di tale teoria artistica è la sua opera “Impressione sole nascente”. Ogni oggettività naturalistica è superata dalla volontà di Monet di trasmettere attraverso il dipinto le sensazioni da lui provate osservando l’aurora sul porto di Le Havre, città dove trascorse la sua fanciullezza. Egli, quindi, non intende descrivere la realtà, ma vuole piuttosto cogliere l’impressione di un attimo, diversa e autonoma rispetto a quella dell’attimo immediatamente precedente e successivo. Da qui nasce il concetto di serie, che indica il cambiamento della percezione dei colori di un oggetto a seconda dei momenti della giornata o delle stagioni. Così, è possibile riprodurre lo stesso soggetto in molteplici versioni. Il passare del tempo viene dunque rappresentato con il continuo divenire della luce. Proprio per cogliere l’impressione di un attimo, nell’opera non vi è alcuna traccia di disegno preparatorio e dunque il colore è steso direttamente su tela con pennellate brevi e veloci: gli stessi riflessi del sole sul mare, sono evidenziati da tocchi di pennello dati a spessore, come se il colore stesso avesse un proprio volume e una propria consistenza materica. JAMES JOYCE EPIPHANY – STREAM OF CONSCIOUSNESS – SYMBOLISM – REPRESSION – PARALYSIS -The writings of Joyce make frequent use of interior monologue. Through this narrative technique, the writers disappears and the readers find themselves inside a character’s mind. -One of the most powerful characteristic of Joyce’s works is the peaks of intensity in the narration, called “epiphanies”. An epiphany is a sudden spiritual revelation, a moment in which “the soul of the commonest objects seems to us radiant”. This instant can be compared with Virginia Woolf’s idea of vision. -A recurrent theme is also the feeling of paralysis lived by many characters, as a result of a too strong connection with social traditions. This is also reflected in their relationships, which are conditioned by moral codes. -Joyce’s stories are also full of symbolic elements, because everything, also the characters name, hides deep meaning. ITALIANO: ITALO SVEVO (tema dell’inetto) La figura dell’inetto, dell’antieroe di Joyce è anche il personaggio più famoso dei romanzi di Italo Svevo. Questo tipo di personaggio, protagonista delle storie dello scrittore, è un antieroe moderno. Un uomo che vive una grigia vita ordinaria, che aspira a qualcosa di più ma non riesce mai a raggiungerlo a causa dei propri limiti, delle proprie paure e della propria inadeguatezza a stare al mondo. In questi personaggi Svevo dipinge le contraddizioni dell’uomo moderno e costruisce un modello opposto a quello eroico proposto da D’Annunzio. Italo Svevo studiò a fondo la psicanalisi di Freud e da essa derivano molti spunti per i suoi romanzi. I personaggi sveviani si auto-analizzano, analizzano il proprio rapporto con il mondo e i propri problemi con esso, la propria inadeguatezza e i propri traumi. Tuttavia, il suo rapporto con la psicoanalisi è piuttosto complicato: egli non credeva che fosse efficace questo metodo di indagine psichica, probabilmente per l’inefficacia della cura subìta dal cognato Bruno Veneziani. La sua frequentazione con Steckel, forse identificabile con il Dottor S. della Coscienza, porta Svevo a ritenere la psicoanalisi uno straordinario strumento di ricerca e autoesplorazione di sé. Tuttavia, non considera la psicoanalisi una terapia per curare dei malati. Dalla psicanalisi deriva anche l’attenzione quasi ossessiva nei personaggi al contrasto tra salute e malattia, alla medicina e al rapporto tra paziente e medico, come si evince nella struttura stessa de La coscienza di Zeno, che si configura come un diario intimo ordinato a Zeno dal suo medico e in cui è presente sempre sullo sfondo la malattia. Nei testi di Svevo è sempre presente, al di là della serietà degli argomenti, un velo di ironia che agisce prima di tutto verso l'autore stesso e i suoi discorsi, oltre che sui personaggi delle sue storie. Questo deriva probabilmente dall’attenzione che Svevo ebbe sempre per la letteratura umoristica, in particolare tedesca e inglese. Sua la frase «Ci sono tre cose che dimentico sempre: nomi, facce, la terza non ricordo» Il primo romanzo di Italo Svevo, il cui titolo originario era Un inetto, che poi prese il nome di “Una vita”, viene pubblicato nel 1892. Si tratta della narrazione in terza persona del fallimento dell’intellettuale Alfonso Nitti che, venuto dalla campagna a Trieste, giunge al suicidio dopo molti tentativi falliti di superare la propria condizione e affermarsi nel mondo. ll confronto con il mondo borghese svuota di ogni valore il personaggio intellettuale e lo porta alla disperazione. Alfonso non si pone come modello positivo, perché reagisce con passività. I suoi propositi non sono mai perseguiti fino in fondo ed egli non riesce a comunicare con il prossimo. Questo antieroe moderno è immerso in una grigia realtà quotidiana. Il secondo romanzo di Italo Svevo è Senilità. Anche qui si narrano in terza persona le vicende di un personaggio inetto, la cui condizione è complicata da un precoce senso di senilità, di sentirsi vecchio. Emilio Brentani, intellettuale fallito di 35 anni, che conduce una vita da impiegato, vive un rapporto con l’esuberante popolana Angiolina. Emilio è sempre in attesa di occasioni che non si presentano e in ritardo sul presente. Si costruisce dei modelli ideali, non sa vivere il presente ed ha sempre paura di sbagliare. Attraverso la figura di Emilio, Svevo critica l’impossibilità dell’intellettuale decadente di vedere la contraddizione tra l’io e la realtà. Ma la contraddizione riguarda in generale l’uomo moderno perso dietro desideri illusori e modelli astratti. FILOSOFIA: FREUD (Repressione dell’ES: nevrosi) Il tema della sensazione di paralisi nell’uomo moderno, poiché eccessivamente legato e condizionato dai codici morali tradizionali, rimanda alla teoria psicoanalitica freudiana riguardo le conseguenze della repressione dei desideri e delle pulsioni più profonde dell’io, identificate nell”Es. Infatti, quando l’uomo agisce esclusivamente secondo i valori considerati moralmente giusti dalla società e rispettando rigorosamente le proibizioni che sono state inculcate dai genitori nell’infanzia (che Freud identifica nel Super-Io) egli provoca la cosiddetta RIMOZIONE: le pulsioni dell’Es diventano inconsce manifestandosi allora con sintomi nevrotici, nei sogni, o negli atti mancati. Come Freud scrive nella sua opera, L’interpretazione dei sogni, IL SOGNO è l’unica via che porta alla conoscenza dell’inconscio, in quanto rappresenta l’appagamento di un desiderio rimosso. Freud individua all’interno dei sogni: • Un contenuto manifesto, ovvero la scena del sogno così come viene vissuta dal soggetto; • Un contenuto latente, ovvero l’insieme delle tendenze che danno luogo alla scena del sogno. GLI ATTI MANCATI, analizzati nell’opera Psicopatologia della vita quotidiana, sono quei contrattempi della vita quotidiana (lapsus, dimenticanze, incidenti…) che non possono essere attribuiti al caso, ma hanno un significato ben preciso: sono l’ennesima manifestazione dell’inconscio. Anche i SINTOMI NEVROTICI sono una manifestazione dell’inconscio e ben presto Freud scoprì che questi impulsi rimossi, che causano questi sintomi, sono sempre di natura sessuale. Inoltre, Freud analizzò un’importante problema della società moderna: la volontà delle istituzioni di annullare l'aggressività degli individui senza lasciargliela sfogare. L'impulso represso dell'aggressività fa però parte dell'uomo: nasce così il senso di colpa. Si tratta di un processo psicologico che generalmente rischia di separare conflittualmente il subconscio e il cosiddetto Super Io, ossia una specie di controllore interno (ma non per questo gestito dal soggetto) capace di creare una nevrosi di una certa portata. STORIA DELL’ARTE: MUNCH, “SERA SUL VIALE KARL JOHANN” (atmosfera di claustrofobia e paralisi) La sensazione di claustrofobia e paralisi espressa da Joyce, emerge in modo netto dal dipinto di Eduard Munch “La sera sul viale Karl Johann”. La sensazione di claustrofobia dell’uomo e la sua paura di vivere sono i temi centrale dell’opera di Eduard Munch “Sera sul viale Karl Johann”, dietro cui si cela anche un attacco feroce alla borghesia. Edvard Munch ha creato con questo dipinto un potente ritratto di solitudine e paura. C'è una crudezza in quest’opera che ricorda quello del più famoso dipinto di Munch, L’urlo (The Scream), ma in “Sera sulla via Karl Johan” la minaccia viene dall'esterno, dalla società, piuttosto che dalla mente dell'artista. Per Edvard Munch la città incarna gli orrori della vita moderna, la folla senza volto è ostile e fa emergere nell’uomo sentimenti di solitudine e paura. La sensazione di claustrofobia è suscitata dalla massa di personaggi in nero e con facce bianche cadenti si riversano come dei fantasmi, inarrestabili, verso lo spettatore. le teste da incubo sembrano più vicine allo spettatore e sembrano quasi scoppiare fuori dal quadro. Inoltre Tagliando la vista per non mostrare i corpi dei personaggi, Munch enfatizza questo senso di minaccia;. Le tecniche di ritaglio di Degas, le stampe giapponesi e la fotografia, forniscono a Munch un metodo di intimidazione della minaccia e dei disordini, mentre il vuoto e lo sguardo inflessibile dei borghesi, passeggiando, calano sullo spettatore, come ad evidenziare le maschere che queste persone sono costrette, dalle loro regole e dalle loro convenzioni, ad indossare. L’unico personaggio, contro corrente e che cammina in mezzo alla strada, rimanda alla figura di un inetto, poiché incapace di adeguarsi e mischiarsi alla realtà della massa. LATINO: SENECA “affrettati a vivere” Seneca, fu uno dei pensatori della storia che seppe diffondere un messaggio di salvezza che consistesse nel liberarsi dai condizionamenti della società, per riprendere il controllo su se stessi. Difatto, quella di Seneca era una vera e propria filosofia pratica del vivere. Fu un maestro di vita che con grande realismo volle insegnare all’uomo come vivere nella securitas, cioè nella tranquilla certezza di chi non teme più nulla, e di ridare senso all’esistenza trovando il modo per giovare agli altri senza temere le insidie del futuro. Seneca dunque propone una riappropriazione di se stessi che non va confusa con un desiderio dettato dall’egoismo: la concezione di perfezionamento di se rappresenta una presa di coscienza di se stessi che aiuta anche a rapportarsi con gli altri. Il pensatore latino scrisse “Vendica te tibi”, ovvero “rivendica a te stesso la proprietà di te”, e nel fare questo, l’uomo deve iniziare dal suo tempo, considerato da Seneca una delle ricchezze più grandi di ogni uomo. Inoltre, per riprendere coscienza di se, bisogna vivere nella consapevolezza. Infatti, Seneca scrive che la più grande condizione che può vivere l’uomo è la mancanza di coscienza del suo stato di malattia. Si parla di conseguenza di necessità di terapia, ovvero di una cura di se stessi e di un radicale cambiamento di vita. Come aneddoto alla sensazione di paralisi dell’uomo Seneca scrive “Affrettati a vivere”: attraverso questa formula, il pensatore latino sostiene che la vita vada vissuta ogni giorno con pienezza, al fine di raggiungere una sensazione di completezza, la quale è l’unica chiave di liberazione dall’ansia del futuro. STORIA: FASCISMO (Repressione del dissenso) - fatto di momenti che non potranno mai più ripresentarsi (irreversibili); - fatto di momenti qualitativamente diversi l’uno dall’altro; - continuo: è uno scorrere senza sosta e un sovrapporsi di eventi del passato, presente e futuro. Il tempo della coscienza per Bergson è, dunque, quello della “durata”, in cui non è possibile distinguere e isolare nessun momento dall’altro e ogni cosa è allo stesso tempo un prodotto del passato e nuova. Per descrivere la diversità delle due concezioni, il filosofo si serve di due bellissime immagini: - il tempo della scienza è assimilabile ad una collana di perle, tutte uguali, separabili e disposte lungo una linea retta; - il tempo della vita è come un gomitolo perché, scrive Bergson, “il nostro passato ci segue, e s’ingrossa senza sosta del presente che raccoglie sul suo cammino”. Per spiegare l’origine dei concetti di “tempo” e “durata”, è bene considerare che Bergson introdue una visione del tutto nuova del tempo: egli considera la temporalità da un punto di vista psicologico e non spaziale. Descrivendo l'esperienza di un computo del tempo "geometrico" dell'orologio, Bergson rileva che noi contiamo delle simultaneità (cioè le posizioni successive delle lancette), ponendole l'una dopo l'altra. Spetta poi alla coscienza collegare questi elementi discreti facendo sorgere il concetto di tempo, sia pure quello della scienza. Ciò significa che senza la coscienza, non c'è alcun tempo, nemmeno quello quantitativo e spazializzato. Quanto dunque all'origine, il tempo della scienza non ha una natura opposta a quello della coscienza, perché entrambi si fondano sempre e comunque sull’attività della coscienza e sulla memoria. LATINO: SENECA “UN ERRORE DIFFUSO: LA VALUTAZIONE DEL TEMPO” Una profonda riflessione sul tempo autentico fu condotta dal pensatore latino Seneca, caratterizzata particolari concetti comuni alla filosofia di Martin Heidegger, grande filosofo del Novecento. In particolare, i due pensieri convergono verso tra la contrapposizione tra autenticità e inautenticità della vita. Inautentico e Il tempo concepito come uno scorrere di Istanti non collegati tra loro. In questo tempo inautentico l’uomo si disperde indaffarato nelle occupazioni del mondo. Il tempo autentico e invece tridimensionale o circolare: unisce il passato (fondamento storico di ogni possibilità) al presente e al futuro, inteso come progetto che conserva e trasforma Il passato. Sottolineando la soggettività del tempo, Seneca in De brevitate vitae, riflette sulla presunta brevità della vita. Gli uomini si lamentano della brevità della vita, ma si tratta di un falso problema: in sé la vita sarebbe lunga, sono gli uomini a renderla breve quando la riempiono di assurde passioni e di tutte quelle attivita inutili che fanno perdere la consapevolezza di se e dello scorrere del tempo. Seneca lo dichiara subito all'inizio del De brevitate vitae: non accipimus brevem vitam, sed tecimus, «non riceviamo una vita breve, ma noi l'abbiamo resa tale». Il problema della brevità del tempo è dunque un problema fittizio: vita, si uti scias, longa est, «la vita, a saperla usare, è lunga». Cosi Seneca sposta la percezione del tempo da fatto oggettivo a problema soggettivo: la durata del tempo dipende solo da noi, da come noi sappiamo utilizzarlo, e soprattutto da come riusciamo a non sprecarlo. ITALIANO: PASCOLI, X AGOSTO Tra le caratterizzazioni che un ricordo può avere, esiste senza dubbio anche la possibilità che esso si fissi stabilmente nell'animo di un soggetto, mentre attorno ad esso si struttura un vasto sistema di riferimenti simbolici, che hanno il compito di richiamarlo costantemente, di evocarne le relazioni concettuali, di rinforzarlo emotivamente. Se la memoria - come sempre accade in questi casi - è dolorosa e traumatizzante, può accadere che tutta la personalità del soggetto ne sia stabilmente condizionata. A livello artistico allo stesso tempo si struttura un sistema coerente di significanti, atti a restituire tutta l'evidenza e la pregnanza del ricordo, via via che esso viene richiamato attraverso nuove esperienze e repertori di sensazioni. Tutto ciò accade per la poesia di Giovanni Pascoli, fortemente segnata dalla precoce morte del padre e da altre disavventure familiari, che gli impedirono di vivere positivamente gli affetti a lui più cari. X Agosto è forse la poesia più famosa in cui Pascoli rievoca il più traumatico dei suoi drammi giovanili, l’uccisione del padre, avvenuta il 10 agosto del 1867, il giorno di san Lorenzo. La poesia è basata su un evocativo parallelismo tra una vicenda personale e una vicenda naturale: la morte del padre è collegata a quella di una rondine uccisa anch’essa senza motivo mentre faceva ritorno al suo nido. La natura dunque è espressione simbolica del ricordo,: il cielo nella notte di san lorenzo è pieno di stelle, ed è come se partecipasse al dolore del poeta. Tuttavia, negli ultimi versi il poeta si rivolge al cielo con un atteggiamento pessimistico poiché lo sente lontano ed indifferente, limitandosi a ricoprirsi di stelle quando la terra è insita di ingiustizie e sofferenze. Dunque la vicenda dell’uomo e della rondine diventa immagine del dolore universale. Il simbolismo pascoliano fondato sulla valorizzazione dei particolari segue iun criterio impressionistico poiché ciò che viene registrata è soprattutto l’impressione del soggetto davanti ai fenomeni. Può così accadere che descrivendo un fenomeno naturale si descriva, in realtà, un evento autobiografico. STORIA DELL’ARTE: MONET, IMPRESSIONE SOLE NASCENTE L’epifania di Virginia Woolf, coincide con la concezione impressionista dell’arte. Ciò che più conta nei dipinti impressionisti è, infatti, l’IMPRESSIONE che un determinato stimolo esterno suscita nell’artista, il quale, partendo dalle proprie sensazioni, elimina il superfluo per arrivare la sostanza delle cose, ovvero l’impressione pura. Desidera cogliere, dunque, L’ATTIMO FUGGENTE, cioè le sensazioni di un istante, con la consapevolezza che l’istante successivo potrà generare sensazioni del tutto diverse. Monet, il più importante degli impressionisti, presenta il tempo come una sommatoria di momenti: esso è ancora un tempo misurabile, oggettivo, scandito dagli orologi e dai calendari, ma gli effetti del tempo su di noi sono invece imprevedibili e come tali totalmente soggettivi. Il tempo ha dunque anche una valenza relativa ad ognuno di noi, è personale, dal momento in cui noi lo rielaboriamo a modo nostro e lo leggiamo in base alle nostre esperienze ed emozioni.) Emblema di tale teoria artistica è la sua opera “Impressione sole nascente”. Ogni oggettività naturalistica è superata dalla volontà di Monet di trasmettere attraverso il dipinto le sensazioni da lui provate osservando l’aurora sul porto di Le Havre, città dove trascorse la sua fanciullezza. Egli, quindi, non intende descrivere la realtà, ma vuole piuttosto cogliere l’impressione di un attimo, diversa e autonoma rispetto a quella dell’attimo immediatamente precedente e successivo. Da qui nasce il concetto di serie, che indica il cambiamento della percezione dei colori di un oggetto a seconda dei momenti della giornata o delle stagioni. Così, è possibile riprodurre lo stesso soggetto in molteplici versioni. Il passare del tempo viene dunque rappresentato con il continuo divenire della luce. Proprio per cogliere l’impressione di un attimo, nell’opera non vi è alcuna traccia di disegno preparatorio e dunque il colore è steso direttamente su tela con pennellate brevi e veloci: gli stessi riflessi del sole sul mare, sono evidenziati da tocchi di pennello dati a spessore, come se il colore stesso avesse un proprio volume e una propria consistenza materica. Di conseguenza, ogni elemento risulta indefinito e appena accennato, tanto che a fatica si riescono a cogliere le navi sulla sinistra e le due barche a remi che solcano le acque, le quali appaiono come poco più che ombre. Inoltre, guardando l’opera, nessun oggetto risulta avere un proprio colore definito: tutti i colori sono influenzati reciprocamente. L’arancio del sole si ritrova nell’acqua, mentre l’azzurro dell’acqua è nelle sfumature del cielo. Man mano che il sole si alza (e la luce cambia), passando dall’arancio al giallo, le sfumature del paesaggio cambiano tonalità. L’atmosfera suggestiva dell’alba è dunque resa dall’uso dei colori caldi e freddi accostati e in contrasto tra loro, che si esaltano a vicenda. Alla base di questa decisione stavano: -La consapevolezza di non poter contare su un forte apparato militare, ancora provato dalla guerra di Libia -La reciproca diffidenza che aveva caratterizzato fin dall'inizio l'alleanza italo-austriaca, e che si era andata sempre più acutizzando. Contro la scelta neutralista presero posizione coloro che cominciarono a orientarsi verso l'ipotesi di un intervento armato, ma a fianco della Triplice latesa (Gran Bretagna, Francia, Russia). Così per circa dieci mesi in Italia domino un' infuocata polemica fra "Interventisti" e "neutralisti" Il fronte neutralista: socialisti, cattolici e giolittiani Tra i sostenitori della neutralità figuravano, in prima linea, i militanti e i simpatizzanti del Partito socialista: tra i partiti aderenti alla Seconda Internazionale, il PSI era stato l'unico - insieme al Partito socialdemocratico russo - a manifestare una ferma opposizione all'ingresso in guerra. Tuttavia non si trattava di una posizione unanime: in particolare Benito Mussolini, allora dirigente socialista e direttore del quotidiano del partito "Avanti!", si schierò nel novembre 1914 in favore della guerra e per questo venne espulso. Anche il vasto schieramento cattolico era orientato a favore dell'opzione neutralista, che rispecchiava del resto la propensione della gran parte del paese. Dello stesso parere era la maggioranza del Parlamento: anche se il governo era passato dal marzo 1914 nelle mani del conservatore Antonio Salandra, essa era ancora giolittiana e, come Giolitti, riteneva che l'Italia in cambio della neutralità avrebbe potuto ottenere dagli Imperi centrali buona parte dei territori rivendicati, mentre avrebbe avuto molto da perdere entrando in una guerra per la quale non era attrezzata. Il fronte interventista A favore di un ingresso nel conflitto a fianco della Triplice Intesa si schierarono naturalmente i nazionalisti, che volevano per l'Italia un futuro di grande potenza, ma anche quanti ritenevano che solo la guerra avrebbe consentito di strappare all'Austria le "terre irredente" e di completare il processo di unificazione nazionale. Su queste posizioni si trovavano i gruppi e i partiti della sinistra democratica e naturalmente i fuoriusciti dall'impero austro-ungarico. Per loro la guerra rappresentava anche l'occasione per favorire l'emancipazione nazionale di tutti i popoli soggetti al dominio straniero e sconfiggere definitivamente l'autoritarismo e il militarismo impersonati dall'Austria e dalla Germania. FILOSOFIA: NIETZSCHE, IL SUPER UOMO Il superuomo è l’uomo “tragico” che accetta la dimensione dionisiaca della vita; capace di “reggere” la morte di Dio e la caduta di tutte le certezze metafisiche; che è cosciente di essere sostanzialmente corpo e riconosce che l’anima è insussistente e che abbandona il passato alle proprie spalle per diventare “altro” da sé. Quest’ultima considerazione, in particolare, permette di tradurre più correttamente il termine tedesco Übermensch con la parola «oltreuomo». Infatti l’oltreuomo non è un uomo “al superlativo”, cioè dotato delle qualità migliori (come la traduzione «superuomo» potrebbe suggerire), bensì è un uomo di “nuovo tipo” che si colloca al di là di ogni tipo antropologico dato: non è dunque né un esteta dannunziano, né tantomeno un’entità biologica darwiniana, ma è un uomo totalmente “diverso” capace di creare nuovi valori propri e di relazionarsi in modo inedito con la realtà. Nel primo discorso di Zarathustra, intitolato “Delle tre metamorfosi”, Nietzsche illustra il percorso dell’uomo per il raggiungimento dell’oltreuomo attraverso tre metafore: -Il cammello rappresenta l’uomo che porta delle spalle il fardello della tradizione, cioè della morale e della religione, piegandosi di fronte a Dio; -Il leone rappresenta l’uomo che riesce a liberarsi dal peso delle illusioni etiche e metafisiche. La libertà acquisita tuttavia è una “negativa” poiché propria del nichilista “passivo”, che non ha fede in nulla. -Il fanciullo rappresenta infine l’Übermensch, cioè l’uomo che acquisisce la libertà creativa: il nichilista “passivo” diventa così nichilista “attivo”, che non si limita ad abbattere la morale tradizionale, ma si impegna a costruirne una nuova. STORIA DELL’ARTE: KLIMT La concezione di arte lontana da impegni sociali e con una forte carica decorativa volta ad accrescere la bellezza dell’opera rispecchia quella di Gustave Klimt. I ritratti realizzati da Klimt per le nobildonne e le aristocratiche della sua epoca ci tramandano un ideale femminile moderno. Le sue immagini rappresentano l’immagine di bellezza tipico dell’ambiente viennese negli ultimi anni del regno di Francesco Giuseppe. A donare un grande fascino a questi ritratti furono gli abiti, le acconciature e le posizioni assunte dalle protagoniste. Grazie agli sfondi in oro realizzati durante il periodo aureo le protagoniste diventano quasi degli idoli pagani circondati da oro e decorazioni che rimandano all’Egitto e all’antica Grecia. (La donna gioiello) Il volto assume un aspetto perlaceo come anche le mani. Sono infatti gli unici due elementi lontani dall’ambiente metallico e luccicante dell’opera. In questo dipinto Gustav Klimt riesce a trasmettere l’idea di una femminilità decadente e imprigionata nella preziosità dell’abito gioiello. Adele Bloch-Bauer diventa così un idolo senza tempo bloccato nell’eternità dell’oro e delle pietre preziose. IL RITRATTO DI ADELE BLOCH-BAUER La protagonista è in piedi vestita con uno splendente abito dorato e iper decorato. Le campiture sono bidimensionali e ricavate dal fondo dorato ricoperto da decorazioni di vario tipo. La profondità spaziale è inesistente e la figura di Adele Bloch-Bauer si confonde parzialmente con lo sfondo in foglia d’oro La protagonista diventa una donna gioiello incastonata in materiale prezioso e colori brillanti. Lo stile Come altri dipinti di Gustav Klimt anche quest’opera ha una forma vicina all’estetica della Secessione e della grafica liberty dell’epoca. Le piccole decorazioni che ricoprono i tessuti e la poltrona ricordano i mosaici parietali bizantini. Gustav Klimt si ispirò poi alla simbologia dell’occhio di Horus tratta dalla religione egizia. Le parti coperte dall’abito di Adele Bloch-Bauer, mani, spalle e volto sono trattate in modo più tradizionale. Infatti l’incarnato è parzialmente chiaroscurato soprattutto nelle mani e sul viso. I capelli invece sono raccolti in un’acconciatura che assume una forma elegante ma completamente bidimensionale. SCIENZE: BELLEZZA DELLA PELLE Il concetto di bellezza e giovinezza eterna desiderato da Dorian Gray, in ambito scientifico mi fa pensare alla bellezza e alla cura della pelle. In modo particolare all’acido ialuronico. L’impiego dell’acido ialuronico è noto nell’ambito della cosmesi per la preparazione di cosmetici ad azione anti-age ed idratante, ma anche in chirurgia e dermatologia estetica, poiché iniezioni di acido ialuronico sono utilizzate insieme ad iniezioni di collagene per l’eliminazione di rughe e come preventivo dell’invecchiamento cutaneo. Tuttavia, viene utilizzato anche sotto forma di integratore per migliorare la mobilità articolare, lubrificare i condotti sinoviali articolari attenuando dolore, infiammazione e rigidità in caso artrosi, artriti e carenza cartilaginee. L’acido ialuronico è una sostanza naturalmente prodotta dal nostro organismo con lo scopo di proteggere ed idratare i tessuti. Si tratta di un polisaccaride di sostegno poiché presente nei nostri tessuti connettivi, in modo più specifico di un etero polisaccaride poiché costituito da monosaccaridi diversi. Grazie al numero notevole di gruppi carbossilici in forma dissociata, può associarsi a molte molecole d’acqua e costruire un gel che trattiene i liquidi nei tessuti. Una sua carenza o mancanza determina un indebolimento della pelle, la perdita di tono ed elasticità, la comparsa di rughe ed altri inestetismi. I polisaccaridi sono carboidrati composti da più di 10 monosaccaridi e come ho gia detto si dividono in polisaccaridi di sostegno, di cui fanno parte, insieme all’acido ialuronico, la chitina e la cellulosa. I polisaccaridi di riserva invece sono l’amido e il glicogeno .
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