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Avvertenze Generali per concorso a cattedra 2020 -cap. da 1 a 12-, Sintesi del corso di Pedagogia

Avvertenze generali per tutte le classi di concorso. Concorso per l'accesso ai ruoli del personale docente e per i percorsi FIT. Psicologia dell'educazione, pedagogia, didattica, inclusione. Il sistema scolastico italiano, le istituzioni scolastiche, l'ordinamento della Repubblica. di Emiliano Barbuto e Giuseppe Mariani.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 22/08/2020

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Scarica Avvertenze Generali per concorso a cattedra 2020 -cap. da 1 a 12- e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! CAP1. LE TEORIE D'APPRENDIMENTO E LA PSICOLOGIA DELL'EDUCAZIONE Il COMPORTAMENTISMO Si sviluppa principalmente in America (behaviourismo) e cita tra i principali esponenti Pavlov, Watson, Thorndike e Skinner. Tale modello parte dall'idea che l'apprendimento avviene mediante stimoli S che pervengono dall'esterno. Il soggetto raggiunto dagli stimoli S fornisce delle risposte R, ma ciò che avviene nella mente determinando una risposta, non è oggetto di studio (scatola nera-->black box). Il soggetto di pone quindi in atteggiamento relativamente passivo. Si cerca quindi di associare in un individuo una risposta a un determinato stimolo: la risposta del soggetto allo stimolo può essere studiata scientificamente; se questa è stabile, si può dire che il soggetto ha imparato a rispondere in un certo modo allo stimolo-->si è verificato quindi un apprendimento. 1.1.2 Ivan Pavlov Famoso per i suoi studi sullo stimolo e sul riflesso condizionato (esperimento del cane-cibo- salivazione). Il cibo rappresenta lo stimolo incondizionato, mentre la bava è la risposta incondizionata. Per Pavlov questa connessione è frutto dell'evoluzione, però non si può affermare che tale comportamento sia realmente appreso dal singolo soggetto animale. Si consideri ora la seguente situazione: il cibo viene somministrato da un ricercatore con camice bianco;inizialmente il camice è uno stimolo neutro, dopo diverse somministrazioni si nota come la sola presenza del camice (senza cibo) induca nel cane la produzione di bava. Il camice è ora diventato stimolo condizionato perché la presenza del camice è condizionata alla presenza di cibo (stimolo incondizionato). Si desta quindi nel soggetto la stessa risposta dello stimolo incondizionato: si tratta quindi di risposta condizionata o risposta riflessa. 1.1.3 John Watson Considerato padre del comportamentismo. Egli prevede l'esistenza di un ambiente circostante attivo, capace di influenzare un soggetto passivo che apprende solo se stimolato. Egli consta inoltre che la presenza dello stesso stimolo in soggetti diversi, può generare risposte differenti. Da questo studio pervengono due leggi: >legge della frequenza, la probabilità di una risposta è direttamente proporzionale al numero di volte in cui tale risposta si verifica in seguito allo stimolo (legame fra frequenza e probabilità); >legge della recenza, la risposta più recente è più probabile. 1.1.4 Edward Thorndike Psicologo statunitense che utilizza la puzzle box (gabbia problema) per i suoi esperimenti: l'animale adotta determinati comportamenti per uscire dalla gabbia, alcuni dei quali non danno risultato (come ad es- graffiare le pareti). Ciò porta a formulare l'ipotesi dell'apprendimento per prove ed errori (si adottano diversi comportamenti fino a individuare quello soddisfacente) in cui il comportamento non è altro che un'associazione stimolo-risposta. Afferma inoltre che per l'apprendimento sia necessario un rinforzo positivo, ossia un feedback, una ricompensa al comportamento desiderato. 1.1.5 Burrhus Skinner Psicologo USA considerato maggior esponente del comportamentismo. Riprende il concetto di rinforzo di Thorndike. Skinner delinea due tipologie di comportamento: >comportamento rispondente, che segue il paradigma stimolo-risposta, si può quindi inquadrare nel modello del condizionamento classico, di natura principalmente passiva, in quanto la risposta è indotta dall'esterno; >comportamento operante, in cui senza particolari stimoli dall'esterno, si produce un comportamento per ricevere un rinforzo positivo. Il rinforzo è lo stimolo a posteriori, cioè segue l'azione. Si tratta di un comportamento attivo, perché il soggetto opera sull'ambiente esterno per ricevere un beneficio. In altro caso, vi può essere un rinforzo negativo, inteso non come una punizione, bensì come la sottrazione del soggetto ad una situazione di disagio. In entrambi casi la risposta induce u rinforzo che funge da stimolo per futuri comportamenti. In particolare Skinner riesce a definire e a imprimere negli animali delle catene di connessioni cioè comportamenti tramite appropriati rinforzi per giungere a un comportamento finale desiderabile, tramite una procedura detta shaping (modellamento). 1.2 IL COGNITIVISMO Si sviluppa parallelamente al comportamentismo, ed si accomunano per lo studio della mente e dei suoi processi. I suoi principali esponenti: Piaget, Viygotskij e Bruner. 1.3.1 La psicologia della Gestalt Occorre prima delineare la differenza tra sensazione e percezione: Sensazione è tutto ciò che è avvertito dagli organi di senso, in grado di trasformare gli stimoli provenienti dall'esterno del corpo o dall'interno dello stesso in impulsi nervosi, trasmessi poi al sistema nervoso periferico; percezione, processo cognitivo di base che elabora le sensazioni, mediante le quali l'organismo è in grado di muoversi in modo adeguato nell'ambiente circostante. 1.3.2 L'empirismo e l'associazionismo L'empirismo è una corrente filosofica che nasce i Inghilterra nella metà del '600 (Locke). Si basa sul concetto che la conoscenza avviene tramite l'esperienza; questa a sua volta produce sensazioni negli esseri viventi che elaborano idee e organizzano la loro conoscenza. L'empirismo si riconduce in ambito psicologico, all'associazionismo. Per gli associazionisti, la trattenimento è limitato e buona parte dell'informazione viene persa. In psicologia hanno avuto notevole risalto gli studi del registro visivo e uditivo: -memoria sensoriale visiva; -memoria sensoriale ecoica che corrisponde alla traccia lasciata dai suoni; 1.5.4 Interazione tra memoria breve e a lungo termine La memoria breve ha il compito di trasformare le informazioni dei registri sensoriali in informazioni stabili; E' necessario innanzitutto un processo di codifica (encoding), cioè di trasformazione delle informazioni per renderle fruibili. Segue il processo di condolidamento (consolidation). Il processo di immagazzinamento (storage) riguarda la collocazione dell'informazione nella memoria a lungo termine. Infine vi è l'operazione di recupero con la quale è possibile richiamare nella memoria a breve termine le informazioni conservate in quella a lungo termine. 1.5.5. La memoria a lungo termine Può essere suddivisa in implicita e esplicita. La memoria esplicita è anche detta memoria dichiarativa: i suoi contenuti sono gestiti in modo consapevole, mediante processi coscienti della mente. Possono essere di due tipi: >memoria episodica, hanno un valore temporale, i cui contenuti hanno un valore specifico per ogni individuo; >memoria semantica, hanno carattere di tipo generale (es. nozioni di varie discipline). Alla memoria esplicita si aggiunge quella implicita, definita anche memoria procedurale: in essa conserviamo procedure che attuiamo senza piena consapevolezza, in modo pressoché automatico (guidare o nuotare...) 1.6 Approccio e metodo metacognitivo L'attività metacognitiva è una attività di auto-riflessione che accompagna quella cognitiva e ha il compito di renderla più consapevole, di monitorarla e valutarla al fine di garantire un apprendimento più efficace. 1.6.1 Le fasi dell'attività metacognitiva Si può suddividere nelle seguenti fasi: >comprendere la natura del compito, si parla quindi di metacomprensione, ossia della capacità di riconoscere con chiarezza gli aspetti fondanti del compito da svolgere; >scegliere la strategia adeguata, che può essere nuova o già presente nella nostra memoria; si parla di metamemoria, cioè la capacità di richiamare alla memoria strategie più idonee allo svolgimento del compito; >gestire e distribuire bene il tempo disponibile; >prevedere gli esiti >controllare l'esecuzione, occorre essere consapevoli dei passaggi precedenti e di quelli in corso e di ciò che implica quelli successivi; >valutare il risultato, mettendo in evidenza punti di forza o criticità, per attuare miglioramenti per i futuri compiti. 1.6.2 La metacomprensione Consiste nel valutare coscientemente il livello di comprensione del compito, e aiuta l'alunno a rendersi conto se ci sono incongruenze nel compito assegnato, e se è necessario chiedere ulteriori informazioni. 1.6.3 La metamemoria Riguarda la scelta di una strategia, quindi la capacità di conoscere la memoria, quindi richiamare dati memorizzati prima del compito oppure che vengono memorizzati durante lo stesso. Se non si è in grado di valutare come usare la propria memoria, probabilmente verrà utilizzata una strategia fallimentare. Il fattore relativo alle caratteristiche della persona è legato sia a caratteristiche della memoria di lavoro che sono comuni a ogni individuo (es memoria limitata), sia a caratteristiche specifiche di ogni essere umano. Man mano che si cresce d'età, cresce l'uso della metamemoria. 1.6.4 L'esecuzione del compito Durante l'esecuzione di un compito, le principali attività metacognitive possono essere legate al monitoraggio, al controllo e regolazione dello stesso. Monitorare un compito significa chiedersi a che punto del compito si è rispetto alla conclusione dello stesso; Controllare vuol dire chiedersi perché si è a quel punto del compito e non in un altro; Regolare significa modificare i passaggi nei quali si articola il compito intervenendo su di esso in modo che prenda un percorso di verso in termini di tempi, attività e risorse utilizzate. 1.7 IL COSTRUTTIVISMO 1.7.1 Caratteri generali Considerato punto d'arrivo delle precedenti teorie di apprendimento. Ipotizza una serie di strutture psichiche che permettono di costruire in modo personale di interpretare la realtà. ogni individuo mediante la propria visione della realtà riesce a decodificarla e a darle un senso apprendendo dall'interazione con l'ambiente. L'individuo ordina la realtà nella maniera che gli sembra più funzionale, e ogni soggetto ha un modo per interpretare la realtà. 1.7.2 I costruttivismi Si ritiene questo movimento come un ponte tra due correnti filosofiche: il realismo (afferma che gli oggetti materiali esistono come realtà esterna a noi e indipendentemente dalla nostra esperienza) e il nominalismo, che stabilisce che non esiste una realtà esterna e oggettiva, se non quella che nasce dalla nostra conoscenza personale; la rappresentazione del mondo circostante è frutto della nostra mente. Distinguiamo diverse tipologie di costruttivismo: >realismo limitato: realtà esterna oggettiva che è possibile conoscere direttamente, ma è solo parziale e imperfetta a causa della percezione umana che è limitata e può fallire; >costruttivismo epistemologico, esistenza di una realtà esterna indipendente dall'osservatore, la quale è inconoscibile da parte di quest'ultimo se non attraverso un processo di costruzione della stessa. La conoscenza è fatta quindi dall'uomo per adattarsi all'ambiente esterno. >costruttivismo ermeneutico, in cui non si crede nell'esistenza di una realtà indipendente, oggettiva e quindi esterna all'individuo. La conoscenza è frutto della mediazione del linguaggio e dell'interazione tra diversi osservatori. I 3 approcci si differenziano su due piani: >piano ontologico, relativo all'esistenza della realtà (studia l'essere in quanto tale); >piano epistemologico, relativo alla possibilità di conoscere la realtà tramite metodo scientifico; In queste correnti si individuano i maggiori studiosi costruttivisti: 1.8 George Kelly Psicologo USA che afferma che la conoscenza non può essere costruita come qualcosa di oggettivo, ma è una rappresentazione della realtà che ogni individuo realizza in modo personale e soggettivo. 1.8.1 L'uomo scienziato e l'alternativismo costruttivo Secondo Kelly l'uomo ha spesso un atteggiamento da scienziato, e ciascuno è disposto a rivedere le proprie convinzioni sulla realtà circostante, costruendo delle visioni alternative. Tutte le descrizioni formulate sono soggette a revisione o progressiva sostituzione, quindi ciascun uomo deve esser consapevole che possa esistere una descrizione della realtà alternativa: questa posizione è chiamata alternativismo costruttivo. Ogni singolo individuo definisce una propria visione della realtà, che ha il vantaggio di essere conveniente e utile per il soggetto stesso. Il lavoro quotidiano dell'uomo-scienziato mira a realizzare costruzioni del mondo circostante, al fine di anticipare eventi e fenomeni che in esso si verificano. 1.8.2 Postulato e corollari della psicologia dei costrutti personali La psicologia dei costrutti personali di Kelly poggia su 11 corollari: Il postulato fondamentale, secondo cui i processi di una persona sono canalizzati da un punto di vista psicologico dalle modalità con le quali la persona anticipa gli eventi, vale a dire che un soggetto si comporta in base a ciò che si aspetta che accada o che ha in progetto di far avverare; le modalità con le quali un individuo formula le sue previsioni, sono i costrutti, ossia le unità fondamentali con le 2.1.4 Le strutture variabili Agli invarianti funzionali si contrappongono le strutture variabili, modificate progressivamente dai primi: lo sviluppo mentale del bambino è descritto proprio in termini di variazioni che subiscono tali strutture. Piaget definisce le strutture delle prime fasi evolutive con schemi. Le prime strutture sono dette schemi d'azione che comprendono sensazione, percezione e motricità. Questi schemi possono combinarsi tra loro in schemi mentali che si organizzano in maniera sempre più complessa fino a dar vita a strutture mentali. 2.1.5 Lo sviluppo come equilibrio. Piaget individua gli stadi evolutivi dell'uomo caratterizzati da successive condizioni di equilibrio, che sono il frutto dell'adattamento intelligente dell'individuo all'ambiente. Ciascuno stadio è propedeutico al successivo, e la sequenza degli stadi è fissa e tale successione è universale, ossia interessa ogni uomo. All'interno di ogni stadio si verificano trasformazioni successive, determinanti un progressivo sviluppo. L'evoluzione è pertanto un processo continuo (sviluppo all'interno di ogni stadio) e in parte discontinuo (passaggio da uno stadio all'altro). Piaget individua 4 stadi: >Lo stadio senso-motorio va dalla nascita ai 2 anni e si suddivide in 6 sotto-stadi caratterizzati da semplici strutture mentali dette schemi; il primo sotto stadio copre il primo mese di vita, periodo in cui le prime strutture possono definirsi riflessi. il secondo sotto-stadio va da uno a 4 mesi. Il neonato inizia a connettere tra loro i riflessi, effettuando le prime coordinazioni di schemi, chiamate reazioni circolari primarie (ad esempio coordinazione mano-bocca oppure vista-udito). In queste prime due fasi il bambino è ancora caratterizzato da quello che Piaget chiama egocentrismo radicale cioè non distingue ancora tra se stesso e l'ambiente circostante. Si conclude quando il bambino prende coscienza di sé rispetto all'ambiente. Dal punto di vista linguistico emette principalmente vocalizzi Il terzo sotto-stadio va dai 4 agli 8 mesi e si manifesta con la comparsa di reazioni circolari secondarie ossia schemi coordinati ripetuti per diletto e per affinare le abilità senso-motorie: ad esempio un oggetto viene visto, afferrato e manipolato. Il quarto sotto-stadio va dagli 8 ai 12 mesi ed è caratterizzato dalle reazioni circolari secondarie, in schemi più complessi. Le azioni vengono compiute per raggiungere un fine, un effetto. In questa fase inizia a svilupparsi il concetto di permanenza dell'oggetto ossia il bambino inizia a considerare gli oggetti come permanenti, cioè esistenti anche se scompaiono dal suo campo di azione; a 11 mesi inizia a cercare l'oggetto nel luogo dove lo ha visto nascondere. Dal punto di vista del linguaggio inizia a pronunciare sequenze di sillabe. Il quinto sotto-stadio va dai 12 ai 18 mesi ed è caratterizzato dalle reazioni circolari terziarie. Il bambino modifica gradualmente le azioni che ha imparato a svolgere, per osservare l'effetto generato dalle modifiche. Si dedica quindi a una sorta di sperimentazione che lo porta a fare nuove associazioni percettive che generano a loro volta nuovi schemi. In questa fase si sviluppa il linguaggio olofrastico, cioè vengono pronunciate parole che però hanno il significato di una frase. Il sesto sotto-stadio va dai 18 ai 24 mesi in cui emerge la funzione simbolica che permette di evocare, servendosi di simboli, oggetti, azioni o contesti che al momento non sono percepiti, e consente di realizzare rappresentazioni mentali. La creazione di tali rappresentazioni implica: >interiorizzazione delle azioni, espressione con cui Piaget intende la capacità del bambino di eseguire un'azione solo mentalmente e non ha bisogno di seguirla per operare una verifica; >il bambino realizza rappresentazioni mentali degli oggetti che sono costituite da un'immagine simbolica degli stessi e sono ricavate dalla continua esperienza avuta con essi in precedenza. Tale capacità di rappresentazione porta a compimento il concetto di permanenza dell'oggetto. Egli sa che tale oggetto sussiste nella vita reale; >un altro aspetto è lo sviluppo del linguaggio che viene fortemente influenzato dalla funzione simbolica. Ciò amplifica lo sviluppo del linguaggio in quanto moltiplica le circostanze in cui usarlo. La rappresentazione mentale permette l'affiorare di due particolari attività: >ripetizione in differita di azioni che il bambino ha visto compiere ad adulti o altri bambini; >gioco di finzione, in cui il bambino imita azioni che ha visto compiere agli adulti. La funzione simbolica viene spesso chiamata funzione semiotica perché delinea in modo evideente la distinzione tra significato e significante: >le immagini mentali sono dei significati (rappresentazioni) che si riferiscono ad oggetti reali (significati). 2.1.7 Lo stadio preoperatorio Va dai 2 ai 7 anni, e si suddivide in due sotto-stadi. Il bambino non è ancora approdato a un tipo di ragionamento che coinvolga operazioni logiche. Il primo sotto-stadio è detto della fase preconcettuale o del pensiero simbolico e va dai 2 ai 4 anni. Si afferma definitivamente la funzione simbolica che consente uno sviluppo notevole del linguaggio. Il bambino compie giochi più complessi e azioni che ha visto fare in modo sempre più completo. Il secondo stadio è detto della fase del pensiero intuitivo e va dai 4 ai 7 anni. Il bambino usa un ragionamento di tipo intuitivo, basato sulla percezione dei fatti osservati e su una valutazione di questi, compiuta a livello percettivo. Il pensiero intuitivo si sostituisce provvisoriamente alla maturazione di un pensiero logico che avverrà solo negli stadi successivi. L'assenza del pensiero logico comporta una difficoltà nell'effettuare le classificazioni degli oggetti, ossia del raggruppare gli stessi in modo coerente in base a caratteristiche pregnanti. Durante lo stadio preoperatorio il bambino è in grado di creare molteplici rappresentazioni e immagini mentali di azioni tramite cui sviluppa ulteriormente il suo linguaggio. Tuttavia queste rappresentazioni mantengono ancora due evidenti limiti. Limite 1 Questo causa nel bambino il fenomeno dell'egocentrismo del pensiero o egocentrismo intellettuale. L'aspetto egocentrico del bambino consiste nell'attribuire ad esempio al sole una natura analoga alla propria. Il pensiero egocentrico dà vita a particolari aspetti che caratterizzano il comportamento del bambino, essi sono: >animismo, il bambino attribuisce la vita a oggetti; >artificialismo, la tendenza a pensare che gli elementi naturali siano frutto della fabbricazione dell'uomo o siano creati da una realtà divina; >finalismo, ossia la credenza che ciascun fenomeno, oggetto o azione abbia uno scopo preciso; tutto è sempre fatto per gli uomini o i bambini. Limite2 Il secondo limite è una diretta conseguenza del primo. Si è detto che le azioni mentali sono ancora ancorate alle azioni reali, quindi non sono ancora organizzate in un sistema coerente. Quindi l'azione diretta e quella opposta non sono coordinate. Il pensiero del bambino ha le caratteristiche dell'irreversibilità, ossia non ha la capacità di portare il processo indietro al punto di partenza. Ciò emerge nei bambini tra i 4 e i 7/8 anni. Un primo esperimento di Piaget mette in evidenza la non conservazione della quantità (liquido), dovuta al fatto che il bambino si affida alle sole percezioni. Un secondo esperimento mette in evidenza la non conservazione del numero, la non conservazione della sostanza, e del peso. Sebbene questi limiti, lo stadio preoperatorio vede la conquista di due importanti concetti. Il primo è il concetto di identità permanente, ma non quelli di conservazione della quantità e del numero. Un'altra conquista è il concetto di funzione, ossia della capacità di mettere in relazione due grandezze, anche in modo molto approssimativo. Se il bambino traccia delle relazioni funzionali, allora si sta predisponendo a cogliere relazioni funzionali anche dall'ambiente che lo circonda, ossia ad individuare delle regolarità; si sta preparando cioè allo stadio successivo. 2.1.8. Lo stadio delle operazioni concrete Va dai 7 ai 12 anni. Viene visto come il primo stadio nel quale le criticità di quello preoperatorio vengono superate.. Il bambino inizia a compiere operazioni che Piaget definisce logiche. Le operazioni si riuniscono i raggruppamenti: >operazioni di classificazione e inclusione gerarchica o addizione, cioè il bambino comprende il significato di una classe più ampia o di sottoclassi che le appartengono, operazione che implica la reversibilità del pensiero; >operazioni di moltiplicazione di classi in cui il bambino riesce a costruire una nuova classe, intersecando le caratteristiche specifiche di due classi, raggruppando elementi usando anche due caratteristiche contemporaneamente; >operazioni di seriazione additiva, secondo cui il bambino è in grado di mettere in ordine secondo una caratteristica specifica, un insieme di oggetti; >operazioni di seriazione moltiplicativa, in cui il bambino riesce a riordinare degli oggetti in base a percettivo/mnemonico con quello motorio; sono il risultato di una evoluzione biologica della specie e sono stimolate direttamente dall'ambiente; >le funzioni psichiche superiori, entrano in gioco quando si usano sistemi simbolici o anche il linguaggio; sono un riflesso non solo dell'evoluzione biologica dell'uomo, ma anche del suo sviluppo storico, culturale e sociale. Per tale motivo lo sviluppo dell'uomo non è influenzato solo da fattori biologici, ma anche da fattori di tipo storico-culturale e sociale. Simboli e linguaggio rappresentano quindi strumenti culturali e sociali con i quali l'uomo cerca di potenziare le proprie funzioni psichiche naturali. L'uomo per fornire una certa risposta (R) si serve di stimoli esterni (S), ma può anche creare dei propri stimoli autogenerati detti stimolo-mezzoX che permette all'uomo di fornire la risposta secondo una prospettiva diversa e con maggiori potenzialità. 2.3. Jerome S. Bruner 2.3.1 La teoria dello sviluppo cognitivo Bruner parte dai precedenti studi di Vygotskij e Piaget: >Per Piaget lo sviluppo del bambino è di carattere naturale e biologico. Vi sono delle età che corrispondono a stadi evolutivi caratterizzati dalla modalità di interagire con l'ambiente circostante e di apprender. L'enfasi di Piaget è posta sul livello di sviluppo che il bambino ha raggiunto; inoltre l'istruzione è un processo che può intervenire solo quando il bambino è maturo. >Per Vygotskij lo sviluppo è determinato da fattori storici e socioculturali che si sommano a quelli biologici. Lo sviluppo non è dato solo dal tipo di livello cognitivo raggiunto dal bambino, ma anche da cosa il bambino è in gradi di fare in modo assistito (zona di sviluppo prossimale). In tal modo l'istruzione può indurre lo sviluppo del bambino, diventando un fattore rilevante. Bruner raccoglie i caratteri fondamentali da entrambi: da Piaget acquisisce il carattere scientifico della ricerca psicologica, l'atteggiamento esplorativo dei bambini e l'idea di schema o struttura come elemento funzionale che porta alla conoscenza. Da Vygotskij deriva la considerazione dei fattori storici sociali e culturali nello sviluppo. Inoltre considera valida l'idea di uno sviluppo legato anche a ciò che il bambino è in grado di fare in prospettiva. per Bruner lo sviluppo cognitivo può essere delineato mediante il concetto di rappresentazione con cui egli intende una modalità di elaborazione delle informazioni che provengono al soggetto dall'ambiente circostante, un sistema di codifica. Esistono 3 modalità di rappresentazione: esecutiva, in cui i bambini comprendono gli oggetti in termini di azioni che possono svolgere con essi (afferrare un oggetto e portarlo alla bocca); iconica, nel secondo anno di vita, avviene in forma di immagine non dettagliata o identica al reale, ma che conserva alcune informazioni sulla configurazione dell'oggetto rappresentato,e può essere richiamata anche in assenza dell'oggetto stesso; simbolica, codifiche basate sul linguaggio e su altre basi astratte; non necessitano di una somiglianza con la realtà che identificano, ma introducono un livello di astrazione progressivo. Le forme di rappresentazione possono combinarsi fra loro per dar vita a rappresentazioni più complesse. 2.4 Sigmund Freud Fondatore della psicoanalisi, introduce la descrizione dell'apparato psichico, presentando due modelli di psiche, quello topografico e quello strutturale. 2.4.1 Il modello topografico della psiche Freud distingue tre elementi della psiche: il conscio, l'inconscio e il preconscio. Il conscio rappresenta tutto ciò di cui l'individuo è consapevole. A questa parte si aggiunge una di cui non siamo affatto consapevoli, ma che possiamo riportare alla luce accedendo dalla parte conscia. Questa condizione fa comprendere come lo stato di coscienza di un processo sia sfuggente e temporaneo. Tutto ciò che appartiene alla parte inconscia e che trasmigra facilmente in una condizione di consapevolezza e viceversa, rientra nel preconscio. che è una sorta di porta di comunicazione. I processi dell'inconscio riguardano in prevalenza esperienze sgradevoli connotate dai sensi di colpa avute perlopiù durante l'infanzia. L'effetto di questi ricordi sgradevoli viene annullato mediante un meccanismo che Freud chiama rimozione, relegando tali esperienze nella parte inconscia. per definire al meglio la relazione che lega i processi mentali consci e inconsci, Freud elabora il modello strutturale. 2.4.2 Il modello strutturale della psiche Il modello strutturale definisce la psiche di un individuo attraverso 3 elementi che svolgono funzioni diverse: l'Es, l'Io e il Super-Io. •L'Es viene definito come un caos, si tratta della componente della personalità cui si riconducono le pulsioni e gli istinti, accolte in modo non organizzato e incoerente. E' totalmente relegata nell'inconscio, non è in grado di comprendere il bene e il male (priva di morale) e non ha una percezione nitida della realtà; agisce in rispetto solo del principio del piacere per cui tutti gli impulsi mirano a ottenere soddisfacimento per bisogni biologici istintuali. La pulsione irrazionale verso un bisogno viene realizzata dall'Es producendo immagini mentali di ciò che si desidera. Questo processo è detto processo primario. L'Es è presente nel bambino al momento della nascita. •L'Io esercita la funzione di percezione cosciente di quanto proviene dal mondo esterno. L'Io ha il compito di rappresentare il mondo esterno all'Es che non può entrare in contatto con esso. Ha il compito di osservare il mondo esterno e preservare un'immagine fedele di esso nella memoria, mediante le percezioni. Ha il compito di eliminare tutti gli elementi dell'immagine che non corrispondono con alla realtà, sostituendo il principio del piacere con il principio della realtà che permette all'individuo di conseguire sicurezza e successo (processo secondario). Altro aspetto è la sua capacità di sintetizzare i contenuti, razionalizzarli, di mettere insieme e unificare i processi mentali. Percepisce quindi le pulsioni provenienti dall'Es e le controlla, inquadrandole in una organizzazione coerente dei processi mentali. L'Io si estende dall'inconscio al conscio, passando per il preconscio. •L'interiorizzazione di un complesso strutturato di regole nella psiche del bambino costituisce il Super- Io, anch'esso in parte cosciente e parte conscio. Ha la funzione di operare una censura morale sui comportamenti del bambino. Funge da giudice dei processi mentali che si sviluppano nella dialettica tra Es ed Io, inibendo risposte e reazioni che andrebbero contro le regole universalmente accettate. Inoltre il Super-Io ricompensa l'Io che si comporta secondo le regole, con sentimenti positivi. Non esiste suddivisione netta fra queste componenti, i loro confini sono piuttosto sfumati. 2.4.3 I compiti dell'Io e le forme di angoscia (o di ansia) Se le norme dettate dal Super-Io non sono osservate, allora l'Io prova un senso di tensione, inferiorità e colpevolezza, uno stato di angoscia che si suddivide in 3 forme: >l'angoscia reale o oggettiva, che proviene dall'ambiente esterno quando questo ci presenta una minaccia; >l'angoscia neurotica, quando le violente passioni generate dall'Es non riescono ad essere mitigate dall'Io; >l'angoscia morale (o normale), generata dal Super-Io, quando il soggetto viola i principi morali. 2.4.4 La teoria evolutiva di Freud L'evoluzione del bambino passa attraverso alcuni stadi detti psicosessuali, in quanto ciascuno di essi è caratterizzato da una particolare zona erogena del corpo umano, che serve come fonte di piacere. Lo stadio orale Va dalla nascita ai 12-18 mesi. La bocca è la zona erogena di riferimento del bambino, mezzo con il quale esplora l'ambiente esterno. L'unica parte presente è l'Es, infatti il bambino non ha ancora una personalità, conosce in prevalenza solo le due pulsioni basilari individuate da Freud, ossia: >la pulsione sessuale, mirata ad ottenere piacere mediante zone erogene del corpo. per questo tipo di pulsione, Freud usa il termine Eros dal Dio greco dell'amore. L'energia psichica alla ricerca del piacere è detta libido. >la pulsione distruttiva o aggressiva, che mira a ritornare allo stato precedente di non-esistenza ed esprime morte. Per questo tipo di pulsione usa il termine Thanatos, la personificazione della morte. Lo stadio anale Va dai 12 ai 18 mesi. Si tratta della fase nella quale la libido si indirizza verso la zona anale del corpo attraverso la quale trae appagamento dalle sensazioni corporee coinvolte in questa attività. Il trattenimento o rilascio delle feci costituisce un'altra semplice forma di controllo del bambino sull'ambiente. La funzione chiave di questo stadio è l'educazione al vasino'. Si innesca così un conflitto con l'Es che vorrebbe una gratificazione istantanea della propria pulsione verso il piacere, e terzo stadio: iniziativa contro senso di colpa: le figure di riferimento sono ancora i membri del nucleo familiare, ai quali si aggiungono persone conosciute alla scuola dell'infanzia. In questa fase il bambino ha voglia di esprimersi anche con le parole e il suo lessico e le sue abilità nel parlare hanno un forte impulso; è bene che il genitore assecondi l'iniziativa tipica dei bambini di questa età, altrimenti il rischio è che sviluppino il senso di colpa, forza opposta all'iniziativa. Se questo stadio viene superato positivamente, l'identità del bambino acquista una nuova virtù, ossia quella di riuscire a prefiggersi scopi e propositi. Se il bambino viene limitato al suo livello di iniziativa, allora può maturare una situazione patologica che lo porterà a sentirsi afflitto da un senso di inibizione che lo fermerà ogni volta. Viceversa, un eccesso di iniziativa lo porterà a uno stato patologico di antisocialità e narcisismo. quarto stadio: industriosità contro senso di inferiorità: le figure di riferimento iniziano a essere i coetanei, l'inserimento nella scuola porrà al bambino il tema della collaborazione con i compagni e l'occasione di una sana competizione. Il bambino si comporterà secondo la forza positiva dell'industriosità. I possibili insuccessi faranno sperimentare al bambino un senso di inferiorità nei confronti dei suoi compagni. Il superamento positivo di questo stadio rafforza l'identità del bambino che acquista una nuova virtù, ossia la competenza. Se si è verificato un difetto, allora può emergere nel bambino inerzia e rassegnazione. Viceversa, se il bambino ha catalizzato troppo la forza dell'industriosità si evidenzia un atteggiamento di superficialità nello svolgere i compiti. quinto stadio: identità contro confusione: con il distacco dalla famiglia, il giovane cerca di darsi una identità, e spesso prende esempi da modelli che a volte possono essere anche negativi. Sta alla famiglia cercare di allontanarlo da modelli negativi, illegali. Durante questo stadio si sperimenta la forza positiva dell'identità che fa assumere al giovane un ruolo stabile; la forza opposta è la confusione di ruolo che determina invece un continuo cambio di prospettive e di ruoli. La virtù determinata da una conclusione positiva di questo stadio è la fedeltà, ossia la capacità di credere in un nucleo di valori e in se stesso. Un eccesso di confusione di ruolo porta al ripudio, cioè il rifiuto di creare una propria identità. Un eccesso di costituzione di una identità può portare al fanatismo. sesto stadio: intimità contro isolamento: Le figure di riferimento sono amici, il partner, i colleghi di lavoro. IN questo stadio il soggetto dovrà confrontarsi con l'idea di partner. Solo se le due identità si sono sviluppate in modo forte, esse possono convivere ed entrare in intimità. Due persone non possono crescere e maturare insieme se non sono prima maturare come singoli individui. Una nuova qualità positiva dell'Io, l'intimità, emerge e arricchisce la personalità dell'individuo. In questa fase l'individuo potrebbe sperimentare anche la forza opposta, l'isolamento, qualora non dovesse riuscire a entrare in sintonia profonda o a stringere legami di amicizia sinceri con qualcuno. La virtù che si matura in questo stadio è l'amore, inteso come capacità di amare. In carenza di intimità è l'esclusività, cioè l'incapacità di aprirsi agli altri. Viceversa, un eccesso di intimità porta alla promiscuità, cioè la tendenza a stringere legami e rapporti troppo velocemente e in modo frivolo. settimo stadio: generatività contro stagnazione: questo stadio rappresenta l'età adulta; alla base vi è la voglia di prendersi cura del futuro e delle prossime generazioni: si lavora per creare un mondo migliore (filantropia, ossia la volontà di promuovere il benessere degli altri). La virtù che si matura è aver cura degli altri. La mancanza di generatività si esprime con la stagnazione e l'immobilità, e u suo eccesso si chiama recettività, ovvero l'incapacità di dare un significato alla propria vita. Un eccesso di generatività fa concludere lo stadio con la sovraestensione, ossia un desiderio convulso di essere indaffarati, tanto da non potersi dedicare più alle proprie esigenze. ottavo stadio: integrità dell'Io contro disperazione: l'uomo inizia a tracciare un bilancio della propria vita. L'integrità dell'Io implica un'accettazione favorevole della propria esistenza come esperienza proficua pregnante e ben vissuta. Sul lato opposto vi è la disperazione, ossia il ripudio della propria esistenza che determina sconforto e non lascia aperta la porta a ulteriori barlumi di speranza. La forza positiva in questo stadio si traduce nella virtù della saggezza. Un eccesso di disperazione porta al disprezzo nei confronti dei cambiamenti, novità e nuove generazioni. 2.6 John Bowlby Ricordato principalmente per la sua teoria dell'attaccamento. 2.6.1 La prima versione della teoria dell'attaccamento Bowlby afferma che il legame del bambino alla madre si esprime attraverso una serie di risposte istintuali, ovvero innate o ereditate, indipendenti l'una dall'altra. per fare in modo che la madre entri in contatto con lui, il bambino tende a succhiare, aggrapparsi, seguire, piangere e sorridere. Queste risposte si integrano formando l'attaccamento. 2.6.2 Le basi etologiche della teoria di Bowlby Osserva le risposte istintuali e il comportamento di attaccamento presenti in tutte le specie animali. Bowlby parla di risposte primarie, ossia innate e indipendenti. Queste presentano due caratteristiche:la loro frequenza di adozione ha un andamento variabile, e si manifestano sotto forme espressive differenti in base al periodo della vita. 2.6.3 La teoria di Bowlby in chiave evoluzionistica Prende spunto dalle osservazioni e dalle deduzioni di Darwin. Bowlby afferma che il legame con la madre è necessario per la sopravvivenza dei piccoli: il processo di selezione naturale ha privilegiato gli esemplari con maggiore predisposizione al pianto, al riso, alla suzione, all'aggrapparsi e al seguire, Tali comportamenti di attaccamento inducono l'adulto a prendersi cura del bambino e proteggerlo. In base a ciò il comportamento può essere considerato come un comportamento adattivo tramite il quale ci si adatta all'ambiente circostante. i comportamenti di attaccamento dei piccoli danno vita a un sistema sinergico di comportamenti che risulta essere stabile nella specie umana anche quando l'ambiente esterno subisce forti variazioni. Infine mette in evidenza il concetto di monotropia, ossia la tendenza a privilegiare una particolare figura di attaccamento tra le molteplicità di individui, tra questi solitamente la madre. 2.6.4 Verso una teoria stadiale dell'attaccamento Mary Ainsworth, collaboratrice di Bowlby, traccia la teoria dell'attaccamento di quest'utlimo. Bowlby giunge a delineare 4 fasi dell'attaccamento che hanno come obbiettivo quello di mantenere la vicinanza con la madre. B. mette in evidenza che il bambino, insieme al comportamento che vuole mantenere una certa vicinanza alla madre, è mosso anche da un comportamento opposto, esplorativo, stimolato dal voler conoscere e perlustrare l'ambiente che lo circonda, dalla volontà di collezionare nuove esperienze. Tuttavia, il bambino farà sempre in modo di non superare la distanza dalla madre che egli stesso ha stabilito. 2.6.5 Gli stadi di sviluppo dell'attaccamento fase1: orientamento e segnalazione senza discriminazione: va dalla nascita ai 2-3 mesi. Il bambino sembra porre attenzione specie ai movimenti dei visi delle persone, seguendone le traiettorie. A poco a poco, imparando a riconoscere le sembianze, si concentra esclusivamente sui familiari ignorando gli altri. fase2: Orientamento e segnalazione con discriminazione: va dai 2-3- mesi ai 5-6- mesi. I comportamenti che prima erano indirizzati a tutti gli adulti, ora si indirizzano in modo specifico verso la madre, conseguendo l'attaccamento a essa. In questa fase, la responsabilità di mantenere il legame tra madre e figlio viene ascritta principalmente alla madre, quindi è la madre che deve cogliere segnali per mantenere stretto il legame. fase3: Mantenimento della prossimità, mediante segnalazione ed esecuzione: va dai 5-6- mesi fino ai 2 anni d'età. Il bambino inizia a maturare abilità motorie, e continua a permanere il legame privilegiato con la madre: il bambino si avvicina, la segue, si arrampica sul corpo della madre. La responsabilità di mantenere il legame è ancora in buona parte nelle mani della madre. fase4: Formazione di una relazione reciproca: va dai 2 anni in poi: il bambino è entrato in sintonia con la madre: la conosce bene e riesce a prevedere i suoi comportamenti, e tende a modificare quelli della madre. Il bambino ora ha buone capacità motorie, quindi è in grado di gestire da solo la >comportamenti che vogliono allontanare con forza l'adulto. Il comportamento di ricerca riguarda la ricerca della propria madre quando non è nella stanza. Il comportamento di esplorazione consiste nel muoversi nella stanza ed esplorarla, oppure nel concentrarsi sull'utilizzo di un giocattolo. 2.7.2 I gruppi individuati nella Strange Situation Per ciascun bambino vengono valutati i seguenti comportamenti: >quanto il bambino si attacca alla madre e quanto all'estraneo; >quanto ricerca la madre se assente; >quanto esplora la stanza o osserva gli oggetti che gli vengono dati. In base a queste valutazioni, vengono distinti 3 gruppi di bambini: Gruppo A gruppo dei bambini insicuri ed evitanti che mostrano scarsa tendenza a ricercare la prossimità o l'interazione con la loro madre. Gruppo B gruppo dei bambini sicuri che mostrano un chiaro desiderio di attaccamento e di prossimità con la madre e sono più propensi ad interagire con la madre anziché con lo sconosciuto. Gruppo C, gruppo dei bambini insicuri e ambivalenti che mostrano un comportamento disadattivo. Sono bambini che non riescono a vedere nella madre un porto sicuro da cui partire per esplorare l'ambiente circostante. Nel 1990 le studiose Main e Salomon identificano un quarto gruppo, il gruppo D, gruppo dei bambini disorientati/disorganizzati. Si tratta di bambini che non mostrano una strategia coerente per affrontare lo stress dovuto al distacco dalla madre. Esibiscono comportamenti contraddittori, come avvicinarsi alla madre ma guardare altrove. Sono bambini molto vulnerabili che possono aver subito maltrattamenti dai genitori. 2.8 Lawrence Kohlberg Ha formulato una teoria dello sviluppo morale dell'individuo attraverso stadi successivi. Si è occupato anche del tema dell'insegnamento dei valori e della moralità nel sistema di istruzione. 2.8.1 La differenza tra lo sviluppo morale e i valori culturali Per K. lo sviluppo morale di una persona non può essere rappresentato solo da un incremento della conoscenza dei valori di una determinata cultura. Lo sviluppo morale è rappresentato dalle trasformazioni che avvengono nella forma di pensiero della persona stessa; una persona si evolve moralmente quando la sua struttura di pensiero cambia. 2.8.2 Verso una teoria evolutiva della moralità L'obiettivo è quello di definire una teoria evolutiva della moralità che passi attraverso degli stadi simili a quelli definiti da Piaget. Tali stadi evolutivi rappresentano dapprima un sistema organizzato di pensiero alla cui base vi sono delle strutture. Gli stadi sono qualitativamente diversi e formano una sequenza invariante. In questo caso si parla anche di sequenza universale, in quanto è la stessa per tutte le culture. Infine gli stadi sono integrati gerarchicamente tra loro. Per definire gli stadi, K. intraprende due tipologie di studi: >di carattere trasversale, ossia su più soggetti della stessa età anagrafica; >di carattere longitudinale, ossia sullo stesso soggetto studiato più volte in un arco di tempo lungo; Lo strumento alla base della ricerca di K. è un insieme di dilemmi morali proposti ad individui di diverse età. 2.8.3 Gli stadi dello sviluppo morale Egli individua 3 livelli, ognuno caratterizzato da due stadi. Livello Pre-convenzionale (da circa 4 anni a circa 10 anni) Il bambino è consapevole delle regole culturali e tramite esse è in grado di etichettare le azioni e i comportamenti come buoni o cattivi, come giusti o sbagliati. Livello Convenzionale (adolescenti e adulti) L'individuo inizia a percepire che è moralmente opportuno perseguire gli obiettivi di un gruppo con il quale condivide la propria esistenza. L'individuo è disposto a intraprendere azioni in questa direzione, anche se ha ben chiare le dirette conseguenze. Livello Post-convenzionale Livello che non viene raggiunto da tutti gli adulti, ma solo in parte. Vi è il superamento dell'autorità costituita, nell'ottica di definire nuovi valori morali e nuovi principi che hanno un valore ancora più generale di quelli che vigono nel gruppo di appartenenza. 2.9. Robert L. Selman Ha cercato di descrivere l'abilità dei bambini di porsi nella prospettiva degli altri per capirne i punti di vista differenti. 2.9.1 Il Role-Taking Il Role-Taking (l'assunzione di ruolo) è l'abilità di vedere il mondo dalla prospettiva di un'altra persona e comprende anche l'abilità di riuscire a vedere se stessi secondo la prospettiva degli altri. Selman preferisce però utilizzare l'espressione Perspective-taking (assunzione di prospettiva) alludendo all'abilità di osservare con gli occhi dell'altro, più che all'abilità di immedesimarsi nell'altro. Il Role-taking implica la capacità di intuire la percezione che hanno gli altri dell'ambiente circostante. Pertanto, l'egocentrismo è l'incapacità di osservare dalla prospettiva di un altro. Gli studi di Piaget però avevano un'impronta cognitiva, tralasciando l'aspetto sociale legato alla comprensione dei sentimenti e dei punti di vista altrui. 2.9.2 L'abilità di Role Taking in una prospettiva evolutivo-strutturale Selman si chiede se sia possibile elaborare una teoria evolutivo-strutturale, simile a quella di Piaget, per l'abilità di role-taking. Selman vuole quindi definire una serie di stadi evolutivi del bambino nei quali l'abilità di Role-taking matura progressivamente. Tale abilità deve avere una serie di contenuti che è possibile organizzare formalmente in modo diverso; in alternativa si potrebbe parlare di una serie di contenuti che è possibile organizzare in forme o strutture diverse. 2.9.3 La ricerca per individuare gli stadi Per individuare gli stadi, le loro differenti strutture di fondo e le età cronologiche che costituiscono il limite delle differenti tappe evolutive, Selman ha predisposto diverse ricerche sui bambini di 4 anni, fino ai 12 anni ed oltre. Si tratta di ricerche mirate a classificare con punteggi i comportamenti, i commenti e le osservazioni fatte dai bambini di fronte a dei dilemmi morali, nei quali sono enfatizzati delle situazioni sociali. 2.9.4 Gli stadi evolutivi del Role-Taking Individua 5 stadi evolutivi del role-taking: Stadio 0-Lo stadio egocentrico (da circa 4 anni a 6) Il bambino si limita all'osservazione dei fenomeni che sono apertamente visibili e manifesti. Egli è capace di leggere le emozioni degli altri, comprende che un altro bambino piange oppure che si diverte. Tuttavia, il bambino ha difficoltà nel capire perché le persone compiono certe azioni, sul piano della loro motivazione interne. Sebbene il bambino sia in grado di distinguere fisicamente sé dagli altri, egli non è in grado di differenziare i punti di vista. Stadio 1- Lo stadio soggettivo (da circa 6 anni a circa 8 anni) Il bambino capisce che gli altri diventano dei soggetti che hanno una capacità di valutare le situazioni. La grande conquista in questo stadio è l'abilità del bambino di comprendere che le azioni e le scelte hanno sempre un movente o una ragione sottostante. Inoltre il bambino comprende che esistono distinzioni precise tra le azioni che sono intenzionali e quelle accidentali o non intenzionali. Ciascuno è soggetto che può vedere una situazione dal proprio punto di vista. Per tale motivo si parla di stadio soggettivo. Stadio 2- Lo stadio autoriflessivo (da circa 8 anni a circa 10 anni) Il bambino è consapevole che: >ciascuno possiede una gerarchia di priorità e ha una scala di gradimento di situazioni psicologiche; queste priorità influenzano le azioni concrete di ognuno da un punto di vista sociale; educative che saranno svolte in modo interessato e partecipe. Un aspetto specifico è costituito dal lavoro, elemento che D. ritiene fondamentale nella scuola attiva. Avvicinare un giovane al lavoro non solo per trasmettergli conoscenze e abilità di tipo tecnico e competenze di carattere sociale, ma lo fa anche meditare sui risvolti storici e geografici di quell'attività, così come sugli aspetti scientifici. Mediante il lavoro, la scuola favorisce l'apprendimento di esperienze che abbiano un'effettiva utilità sociale. 3.2.3 L'educazione alla base dl sistema democratico La democrazia noo è solo una forma di governo, ma un modo di intendere la vita individuale e sociale, è in grado di instaurare un sistema sociale dinamico, in continua evoluzione, in cui ognuno può apportare un contributo significativo. E' necessario quindi il contributo di tutti. Uno degli elementi costitutivi della democrazia è la comunicazione, che consente agli individui di scambiarsi esperienze e di moltiplicare le proprie conoscenze: D. intravede nella comunicazione una forma di educazione, che non è solo un fenomeno individuale, ma anche un fenomeno collettivo, nel quale una società sceglie di fare conquiste e progressi positivi, accantona gli aspetti negativi e tramanda un impianto conoscitivo. 3.2.4 Learning by doing Espressione che significa 'imparare facendo', che aiuta il fanciullo a organizzare la sua conoscenza e non si può sostituire con lezioni frontali o con l'apprendimento da un testo. In questo modo l'apprendimento diviene un bagaglio che risulta utile nella vita reale. Il Learnign by doing sviluppa anche la creatività e la motivazione degli alunni che finiscono col proporre al maestro situazioni problematiche da loro ideate per risolverle con un approccio pratico. 3.2.5 L'esperienza e l'educazione progressiva Il pedagogista riorganizza e ridefinisce il concetto di esperienza. Egli individua due tipologie di scuole: >scuole tradizionali, che hanno programmi statici e immutabili, lontani dall'esperienza e caratterizzati da una impostazione teorica e formale appresa specie dai libri; >le scuole nuove, o attive in cui si applica una educazione progressiva che segue cioè in modo specifico lo sviluppo cognitivo di ciascuno studente: sono scuole calibrate sulle esigenze dei singoli allievi. Il punto di partenza l'esperienza, lo studio di una situazione reale che deve essere effettuato attraverso il metodo scientifico; solo in seguito si giunge a una formulazione teorica. D. accetta comunque l'assunto secondo cui non si possono ritenere educative tutte le esperienze. Il punto cruciale non è accumulare esperienze, ma proporne di realmente significative per aprire al strada a nuove esperienze e a nuove conoscenze. motivando e centrando i bisogni degli alunni. Le esperienze positive si conformano ai seguenti principi: >principio di continuità: le esperienze devono essere fatte in continuità l'una rispetto all'altra, vale a dire che una esperienza deve attingere da quelle precedenti e fungere da presupposto per esperienze di ordine superiore; >principio di crescita: l'esperienza educativa ha un suo valore se permette di accrescere le abilità e le conoscenze del discente e lo rende capace di interagire col mondo circostante; >principio di interazione: tutte le esperienze sono il frutto di due ordini di fattori: fattori esterni (oggettivi) legati all'ambiente, in generale quello scolastico, e fattori interni (soggettivi) invece specifici del discente. Riemerge allora il ruolo dell'educatore nella scuola attiva: egli deve conoscere dapprima i propri allievi in modo da tener conto dei fattori interni, per poi mettere a fuoco i loro bisogni e i loro interessi. Inoltre deve tener conto degli aspetti oggettivi dell'esperienza. 3.3 Skinner e l'impianto pedagogico del comportamentismo Skinner ha dato un notevole contributo nel campo dell'istruzione programmata. 3.3.1 L'istruzione programmata Skinner traccia gli obiettivi di apprendimento nella scuola attuale. In una prima fase l'apprendimento è rivolto a concetti semplici e basilari, poi assemblati in procedure più complesse che permettono di risolvere situazioni problematiche. In primo luogo, cruciale è il rinforzo, adottato per promuovere atteggiamenti di motivazione allo studio. Il secondo aspetto è la modalità con la quale il rinforzo viene fornito (è importante definire quando l'alunno deve ricevere il rinforzo per le sue azioni). Il terzo aspetto è la strutturazione del programma che deve condurre gli studenti a raggiungere determinati obiettivi (complessi) di conoscenza. Sarebbe opportuno un programma di insegnamento nel quale i risultati siano ottenuti progressivamente e la loro sequenza sia stabilita in modo rigoroso e scientifico. Nasce quindi l'idea dell'istruzione programmata, in cui: >il rinforzo sostituisce la punizione; >il rinforzo è fornito ai soggetti nei tempi giusti e con le modalità corrette; >il percorso di apprendimento è progressivo; >il percorso di apprendimento è personalizzato per ogni singolo alunno. 3.3.2. Le macchine per insegnare L'istruzione programmata è comunque un percorso difficile da attuare per diversi motivi, come la personalizzazione del percorso o la cadenza serrata dei rinforzi. Si parla allora di macchina per insegnare, elemento di totale novità nel programma educativo, già messa a punto nel 1920. Skinner propone la progettazione di macchine per insegnare più elaborate, capaci di organizzare le loro domande in modo da creare sequenze di apprendimento volte all'acquisizione di specifiche conoscenze; tali macchine possono essere programmate con molteplici obiettivi. Sono in grado di modificare il loro comportamento in base alle risposte dello studente. Un punto chiave è la possibilità di avere un rinforzo immediato ed efficace. 3.4. Benjamin S. Bloom A lui si deve la procedura di apprendimento detta Mastery Learning mirata a condurre il maggior numero possibile di studenti verso il successo formativo. Può essere tradotta come Apprendimento per padronanza, l'obiettivo è portare la maggioranza degli studenti (90% circa) alla padronanza della disciplina che viene loro insegnata. 3.4.1 Le premesse del Mastery Learning Bloom afferma che è compito di studiosi e docenti individuare i mezzi per raggiungere l'obiettivo del Mastery Learning. Innanzitutto, il sistema di istruzione non deve essere impostato sul predire o selezionare gli studenti talentuosi, ma allo sviluppare talenti nella maggioranza degli alunni. Deve essere abitudine dei docenti ritenere che i risultati finali di apprendimento della disciplina debbano essere coerenti all'interno del gruppo classe, delineati su una curva di distribuzione dei risultati. E' indubbio che non tutti gli studenti siano uguali, ciascuno di essi ha attitudini diverse. 3.4.3 Le variabili del Mastery Learning L'attitudine è definita come l'ammontare di tempo richiesto dallo studente per raggiungere la padronanza di un apprendimento. L'attitudine è espressa in termini di tempo necessario per apprendere un qualsiasi contenuto, complesso o basilare che sia. La padronanza di una disciplina può essere raggiunta se si concedono allo studente dei tempi adeguati alla sua attitudine. L'attitudine (in termini di tempo) risulta una variabile critica per raggiungere la padronanza. Un problema fondamentale per elaborare una strategia di Mastery learning è trovare il modo di ridurre la quantità di tempo richiesta dallo studente più lento per apprendere in maniera soddisfacente un argomento. La qualità dell'istruzione si esprime in termini di livello con il quale la presentazione, la spiegazione e l'organizzazione degll elementi di apprendimento si avvicinano alla condizione ottimale per uno studente. La qualità non è quindi espressa in termini di buoni o cattivi docenti, o di materiali di apprendimento o libri di testo soddisfacenti o scarsi. L'abilità nel comprendere l'istruzione, definita come l'abilità di un apprendente di comprendere la natura del compito assegnato e le procedure che deve svolgere per assolverlo. Si tiene conto quindi delle abilità dello studente e della loro interazione con l'adeguatezza dei materiali di studio e con l'abilità del docente nell'insegnamento. Il docente può utilizzare diverse metodologie e strumenti: >gruppi di studio, formati da 2 o 3 studenti, mediante la cooperazione e l'aiuto, rinunciando alla cooperazione dannosa; >il tutor, considerato strumento più efficace, in quanto estremamente personalizzato; >il libro di testo adottato dal docente può avere un'impostazione che non favorisce l'apprendimento del discente; 3.6.2 Una nuova relazione tra istruzione e sviluppo: la zona di sviluppo prossimale Oltre al livello di sviluppo attuale, occorre porre attenzione alla zona di sviluppo prossimale, ossia a quell'insieme di concetti che il bambino, adeguatamente indirizzato, è in grado di comprendere nell'immediato, oppure a quelle azioni che, con uno sforzo ragionevolmente limitato, egli può riuscire a compiere. La zona di sviluppo prossimale può indicare il nesso esistente tra l'istruzione e lo sviluppo. In particolare, indica l'insieme di concetti e compiti che l'istruzione è in grado di far confluire nel bagaglio cognitivo del bambino e che quindi favoriscono il conseguente sviluppo. L'istruzione nella zona di sviluppo prossimale quindi causa (o precede) lo sviluppo. 3.6.3 Implicazioni pedagogiche della zona di sviluppo prossimale V. nota che l'attività da svolgere in classe deve seguire due direttrici: >i problemi e le attività proposte all'alunno devono essere presenti nella zona di sviluppo prossimale: in pratica devono essere attività che favoriscono lo sviluppo del bambino; tale zona varia da soggetto a soggetto; >è necessario che il bambino sia guidato in modo discreto dal maestro, oppure interagisca in collaborazione con gli altri bambini, magari imitandoli. Così il bambino non restringe la sua azione a ciò che è in grado di fare, ma la amplia a ciò che è in stato di maturazione e che può fare per determinare un proprio sviluppo. Nella scuola di base si dovrebbe attuare un'istruzione che sia improntata a far lavorare costantemente i bambini nella loro zona di sviluppo prossimale. Le attività e i concetti da padroneggiare devono essere generali e fondanti, organizzati nell'ambito della struttura formale delle discipline. 3.6.4 Concetti spontanei e concetti scientifici V. si prefigge di studiare il problema della formazione e dello sviluppo dei concetti scientifici in età scolare. Egli sostiene che esistono due tipologie di concetti: quelli scientifici e quelli spontanei: >concetti scientifici, sono organizzati in un sistema coerente di conoscenza e godono di relazioni che li collegano. Sono di tipo formale, spesso distaccati dall'esperienza personale del bambino. Sono generalmente astratti e possono essere applicati in modo veloce e sicuro; >i concetti spontanei (o quotidiani) hanno una genesi proveniente dall'esperienza quotidiana e non sono organizzati in un sistema coerente di conoscenza; risultano chiaramente comprensibili, hanno la caratteristica dell'evidenza diretta e della concretezza, della tangibilità. Sono appresi tipicamente in un contesto formale con l'esperienza diretta. 3.6.5 Dinamiche dei concetti spontanei e scientifici: la zona prossimale di sviluppo Il concetto spontaneo nasce da un'osservazione empirica e diretta di un oggetto, da un fenomeno o da una situazione reale. Il bambino matura un livello di consapevolezza del concetto: parte da una situazione elementare fino a una più complessa. Il concetto scientifico invece viene introdotto in modo indiretto, ossia mediato da linguaggio, scrittura o immagini. Il passaggio da un concetto spontaneo ad uno scientifico può avvenire solo quando il primo si fa strada verso l'alto, diventa maturo nell'osservazione e nell'esperienza del bambino da permettergli di preparare il terreno ad un concetto scientifico. Il concetto scientifico deve farsi strada verso il basso, preparando quelle strutture formali che poi possano contenere i concetti spontanei. 3.7 Il pensiero pedagogico di Bruner Bruner ha teorizzato il curricolo a spirale, ha formulato una teoria dell'istruzione, ha promosso l'apprendimento per scoperta e lo scaffolding. Bruner tratta 4 aspetti fondamentali della concezione educativa di Bruner: la struttura di una disciplina, il curriculum a spirale, il confronto tra pensiero intuitivo e analitico; la motivazione dello studente. 3.7.2 La struttura delle discipline UN apprendimento può rivelarsi utile in futuro in due modi: >se si tratta di una abilità specifica, esso diventa applicabile a compiti simili a quello per i quali di è acquisito l'apprendimento, ossia un apprendimento viene riutilizzato in un compito diverso, ma pur sempre riconducibile a quello affrontato in precedenza (transfer specifico); >se si tratta di un principio, un'idea fondante, capace di far maturare un'attitudine generale, si parla di transfer non specifico. L'apprendimento in questione può essere considerato la base per riconoscere successivi problemi da affrontare come casi specifici di quell'apprendimento generale. Il secondo tipo di transfer ha per Bruner un valore considerevole, individua così un aspetto comune a tutte le discipline oggetto di insegnamento, questo è quello della struttura, con la quale si intende un nucleo di idee chiave, di conoscenze cardine, alla base della comprensione degli aspetti molteplici della disciplina stessa. Alla base della struttura troviamo le relazioni che legano tali principi. La struttura di una disciplina è costituita dal nucleo delle sue idee fondanti e dalle relazioni che legano tali idee. Apprende la struttura vale a dire imparare a mettere in relazione. Il pensiero di Bruner viene per questo definito strutturalismo. L'insegnamento deve favorire la comprensione delle idee chiave e lo sviluppo di attitudini positive attraverso due elementi essenziali: >l'individuazione delle idee fondamentali della disciplina; >la definizione di una modalità di presentazione di queste idee. Le idee chiave non devono essere presentate secondo un metodo assertivo, ma si deve attuare nu percorso inverso, che assomiglia più ad una scoperta progressiva dell'idea stessa. Tale percorso deve coinvolgere attivamente lo studente nell'individuare gli aspetti pregnanti della disciplina. Lungo questo percorso, lo studente definisce delle ipotesi, fa delle previsioni, ha intuizioni, indaga sulla natura di ciò che sta studiando, in pratica matura le attitudini individuate da Bruner. Questo percorso di scoperta è quello che di solito viene praticato dallo studioso/ricercatore. L'insegnamento della struttura consente alcuni vantaggi: >Comprendere, la comprensione delle idee fondanti di una disciplina, agevola la comprensione della disciplina stessa; >Ricordare, mediante la struttura della disciplina, è più facile recuperare le conoscenze dalla memoria; >Trasferire, le idee che hanno una vasta applicabilità, possono essere riutilizzate in diversi contesti. >Collegare, la comprensione delle strutture delle discipline permette una migliore connessione degli apprendimenti di livello avanzato e specialistico o specialistico e apprendimenti basilari ed elementari. 3.7.3 Il curricolo a spirale Bruner elabora il concetto di readiness for learnign (prontezza all'apprendimento). Un argomento fondante di una disciplina può essere presentato in forma semplice, nelle scuole di grado inferiore. Questo fatto rende pronto il bambino a cogliere il significato complessivo di questo argomento, quando verrà riproposto più avanti in modo approfondito. E' possibile così definire un curricolo a spirale, così detto perché presenta le idee chiave in modo semplice e intuitivo, ma periodicamente ritorna su tali idee, rivisitandole in una forma diversa, sempre più elaborata, e facendo leva su forme di rappresentazione sempre più formali e simboliche. Bruner punta anche sull'imponente teoria dello sviluppo cognitivo del bambino, elaborata da Piaget. In particolare lo stadio delle operazioni concrete e quello delle operazioni formali. Dapprima è necessario riferirsi a fatti concreti, osservabili, intuitivi e reali, in un secondo momento può intervenire il necessario livello di astrazione formale. 3.7.4 Pensiero intuitivo e analitico il pensiero analitico procede un passo alla volta: i passaggi del pensiero analitico sono ben definiti e posso essere facilmente trasmessi da un individuo ad un altro. La procedura caratteristica di tale pensiero è l'algoritmo. Si noti che il pensare in modo analitico non genera nuova conoscenza, ma si limita ad applicare la conoscenza già nota. Il pensiero intuitivo non denota una piena consapevolezza da parte di chi la propone. Chi pensa intuitivamente riesce a trasmettere ad un altro individuo con maggiore difficoltà le modalità con cui è giunto ad una soluzione. La procedura euristica è tipica del pensiero intuitivo:prevede un procedere per tentativi, ridefinendo in modo continuo le modalità di azione, affidandosi all'intuito. Il pensiero intuitivo si applica quando non si riesce ad arrivare alla soluzione tramite quello analitico. Così, il pensiero intuitivo può generare nuova conoscenza, in quanto permette di risolvere un problema per il quale non si conosce la soluzione analitica, oppure permette di trovare nuove soluzioni a problemi già noti. Tali aspetti legano il pensiero intuitivo alla comprensione delle strutture delle discipline. Il promuovere intuizioni fa parte di quelle attitudini che Bruner ritiene necessarie per cogliere la struttura delle discipline e per realizzare un apprendimento basato sulla scoperta. Il formulare ipotesi aiuta a confidare in se stessi. possibilità di riarrangiare o trasformare quanto risulta evidente dall'esperienza, in modo che si possa andare oltre l'esperienza visibile. La scoperta può così favorire negli alunni un modo di pensare autonomo che potrà permettere loro di continuare ad apprendere nella vita, dopo la conclusione del periodo di apprendimento formale. Vi sono 2 tipologie di approccio all'insegnamento: >l'insegnamento espositivo, nel quale l'insegnante espone dei concetti e ha una libertà decisionale maggiore rispetto allo studente, che si limita ad ascoltare. Il docente ha la libertà di organizzare i contenuti e concetti che vuole presentare, usa termini e strutture linguistiche che ritiene opportune; >l'insegnamento ipotetico, che prevede un ruolo diverso per gli studenti: docente e studente sono su un piano collaborativo. Lo studente prende parte alla formulazione dei contenuti e talvolta gioca il ruolo principale; si favorisce l'apprendimento per scoperta. Lo studente deve essere messi di fronte a situazioni nelle quali avverte che vi sono regolarità o relazioni causa-effetto, che sottendono la possibilità di scoprire qualcosa. Una volta che tale sensazione si determina in modo concreto, lo studente deve inventare una strategia di ricerca e scoperta. Il docente deve favorire negli studenti la maturazione di strategie di ricerca efficaci, che si muovano da un campo vasto di ipotesi a uno sempre più specifico, raccogliendo man mano informazioni che siano connesse con le precedenti. L'apprendimento per scoperta promuove la ricompensa intrinseca rispetto a quella estrinseca: quest'ultima si identifica con l'elogio da parte del genitore o del docente, che potrebbe portare l'alunno ad apprendere qualcosa nel modo che egli ritiene più conforme alle aspettative del docente, piuttosto che nel modo che gli è più congeniale. L'alunno impara per restituire la sua conoscenza al docente, non per valorizzarla nella propria vita. La ricompensa intrinseca diventa invece l'informazione cui l'alunno ha avuto accesso mediante la sua scoperta, diventa l'acquisizione della padronanza della sua scoperta. Così la volontà, la motivazione e l'azione dell'alunno sono dirette all'alunno stesso, dal suo interno, e non provengono dall'esterno, da altri soggetti. Il campo di ricerca dell'alunno e la prospettiva di scoperta vanno codificati dal docente con attenzione. Il percorso che porta alla scoperta deve essere di tipo euristico e non algoritmico. E' euristico, in quanto costituito da tentativi e ipotesi, che possono essere confutate o convalidate. Da questo punto di vista assume un ruolo importante il problem solving, ossia la capacità di risolvere problemi nuovi, piuttosto che la capacità di applicare metodi conosciuti a situazioni problematiche già codificate. Un ultimo aspetto è l'uso della memoria, che non riguarda la conservazione dell'informazione nella memoria, bensì il suo recupero dalla memoria. Se si hanno difficoltà, occorre studiare tecniche di apprendimento che favoriscano il recupero dell'informazione. 3.7.9 Il problem solving e scaffolding (impalcatura) La figura chiave è quella del tutor, che affianca nell'apprendimento e nella scoperta un soggetto apprendente. Il tutor funge da impalcatura per far salire lo studente dall'esercizio delle abilità inferiori al possesso di quella superiore. Pertanto lo scaffolding è un processo che permette al bambino o a uno studente di risolvere un problema o raggiungere un obiettivo oltre le sue possibilità Senza dubbio questo concetto può ricondursi a quello di zona di sviluppo prossimale di Vygotskij. Un primo aspetto chiave è che la comprensione di un compito o problema precede sempre la risoluzione del problema stesso. Se non si comprende il problema, non si può usare alcun tipo di feedback per correggere eventuali azioni o deduzioni errate; una comprensione di partenza del problema porta a valorizzare di più il risultato ottenuto. Nello iato che separa la comprensione dalla risoluzione, si introducono il tutor e lo scaffolding. Nel programmare un'azione di tutoraggio e un apprendimento per scoperta, il tutor deve valutare le modalità di interazione con i bambini, in base alla difficoltà del compito e anche alle abilità di partenza degli stessi; infine vi è un secondo fattore rilevante nel decidere la modalità di interazione con il bambino. Si tratta di un fattore individuale e dipendente dal singolo bambino. IN tal caso subentrano anche le conoscenze personali del tutor circa gli atteggiamenti dell'alunno. Il risultato della ricerca porta Bruner a stabilire gli aspetti fondamentali dello scaffolding: >definizione di un problema stimolante; >riduzione del grado di difficoltà del problema; >mantenere alto l'interesse e la motivazione durante lo svolgimento; >prendere nota di aspetti critici e discrepanze tra quanto gli apprendenti producono e quanto si vorrebbe producessero; >il bambino può essere emozionato per la presenza del tutor e conseguentemente agire per compiacere quest'ultimo piuttosto che per trarre una propria soddisfazione; >la dimostrazione pratica di un'azione, di un gesto risolutivo, deve avvenire quando il bambino è maturo per comprenderla. 3.8 L'educazione costruttivista di von Glasersfeld von Glasersfeld analizza le implicazioni del costruttivismo nel campo dell'educazione. Un primo aspetto è la distinzione tra addestramento e apprendimento. L'addestramento pone l'attenzione su cosa è utile saper fare (acquisizione di abilità), l'apprendimento mette in rilievo che è importante conoscere e comprendere a fondo i concetti con cui veniamo a contatto (costruzione attiva di una rete di concetti validi, quindi una costruzione di conoscenza). I curricoli possono essere costruiti in modo coerente ed efficace se si separano i compiti di addestramento, legati al raggiungimento di un certo livello di performance nell'uso di una abilità per svolgere un esercizio, dai compiti di apprendimento, legati alla comprensione di concetti adatti a risolvere problemi. Un altro punto di criticità è legato all'uso di parole, ossia del linguaggio scritto e parlato: molto spesso la spiegazione verbale di un problema non porta alla comprensione, pertanto serve organizzare i concetti in una rete di relazioni e significati, in modo che essi possano richiamarsi vicendevolmente e favorire la comprensione del problema. Da un punto di vista costruttivista, l'apprendimento è un prodotto dell'auto-organizzazione dei concetti; a tal proposito, ricordano i processi di assimilazione e di accomodamento di Piaget che von Glasersfeld rilegge in chiave costruttivista. Quando il discente ha un impatto con un'esperienza nuova, egli percepisce perturbazione rispetto a quanto di attenderebbe dalle strutture cognitive di cui dispone. In modo attivo, questa nuova esperienza deve essere assimilata o accomodata nelle strutture preesistenti per creare nuova conoscenza. Il docente costruttivista favorisce spesso la creazione di gruppi di apprendimento o gruppi di studio. Il ocostruttivismo afferma che ognuno interpreta la realtà circostante secondo una propria visione o prospettiva, quindi se il docente ha pensato ad una via risolutiva per il problema, non è detto che lo studente abbia in mente lo stesso tipo di soluzione. E' compito del docente sviscerare la prospettiva dell'alunno, il suo approccio al problema e osservarne gli aspetti positivi, anche quando questo approccio è errato. In tal modo si impara a conoscere lo studente e l'insegnante può impostare una didattica che sia più conforme alle sue esigenze. Infine, sulla motivazione, occorre lavorare in due direzioni. Non è difficile creare motivazione nell'alunno, in quanto questi riconosce subito l'utilità di ciò che sta apprendendo. Gli studenti devono sentirsi gratificati nel riscontrare che il modello concettuale che hanno costruito è adeguato e soddisfacente. 3.9 Le riflessioni di von Foerster sul sistema istruzione Analizza alcune criticità sul pensiero moderno, fino ad una analisi del sistema di istruzione. 3.9.1 La conoscenza come processo Molti tendono a confondere un processo da un prodotto, ossia un bene. L'informazione è il processo mediante il quale la conoscenza viene acquisita. La conoscenza è il processo che integra le esperienze passate e presenti con l'obiettivo di formulare nuove attività. La conoscenza non è altro che il mezzo attraverso il quale mettere in atto il processo conoscitivo. Quest'ultimo coinvolge gli alunni in prima persona, in maniera attiva, fin dalla scelta del mezzo che è più congeniale per costruire il sapere. 3.9.2 L'uso del linguaggio Diventa il mezzo con il quale acquisire strutture e idee confezionate dagli altri 3.9.3 Il travisamento del metodo scientifico Alla base dell'insegnamento vi sono due pilastri fondamentali che costituiscono applicazioni errate del metodo scientifico. Innanzitutto vi è l'asserto per il quale le regole osservate in passato si devono applicare anche in futuro. Questa norma preclude qualsiasi forma di evoluzione individuale e sociale; con essa, infatti, ogni cambiamento è impossibile. La seconda regola riguarda il principio di causa efficiente , ossia su quella causa che è necessaria e sufficiente affinché si verifichi quell'effetto, tutto il resto deve essere ignorato. Procedere in questo modo è deleterio in quanto si finisce con ragionare sulla base di un rapporto diretto tra causa e effetto, senza pensare a ulteriori implicazioni che quella esistenti tra i vari soggetti. Inoltre, se si cerca di differenziare le comunità, le etnie e gli individui, non si riescono a sottolineare gli elementi che tali diversità hanno in comune. 3.10.2 I sette saperi Morin illustra 7 conoscenze che sono indispensabili per orientarsi all'interno di un mondo complesso emultidimensionale. Le 7 lezioni vertono sui seguenti argomenti: 1 i fenomeni dell'errore e dell'illusione nel processo che porta alla conoscenza: è fondamentale insegnare allo studente 'come' si conosce. E' importante che il processo educativo sia accompagnato da un processo metacognitivo di costante analisi critica di ciò che si è appreso, sulla base delle caratteristiche con le quali la mente apprende o del contesto culturale e sociale nel quale l'apprendimento avviene; 2 la conoscenza pertinente come conoscenza globale: esistono conoscenze parziali e locali, tuttavia assume valore ancora più strategico la capacità di inserire queste conoscenze in una visione globale, osservare cioè le problematiche non in un'ottica locale, ma in un riferimento planetario. Occorre stimolare nuovamente la mente umana a svolgere compiti per i quali è naturalmente predisposta, osservare i fenomeni nel loro complesso; 3 la conoscenza della condizione umana La natura dell'uomo viene frazionata in una parte biologica, in una sociale, in una psichica, in una storico-sociale. In tal modo si perde di vista il fatto che queste nature sono tra loro collegate e si influenzano vicendevolmente. 4 la conoscenza dell'identità terrestre Occorre promuovere presso tutte le comunità la coscienza che i destini degli uomini sono interlacciati, anche se essi sono distanti geograficamente. La natura stessa dell'uomo rende possibile l'idea che i problemi siano comuni e che le soluzioni eventuali debbano essere condivise; 5 conoscere come affrontare le incertezze Nel secolo XX le scienze hanno mostrato in molti campi una natura complessa e multiforme della realtà che lascia solo parzialmente spazio ad una conoscenza certa. Pertanto, il sistema educativo deve far maturare negli studenti la capacità e le strategie per affrontare l'incertezza, l'ignoto, l'inatteso; 6 insegnare la comprensione: gli uomini comunicano, ma non si comprendono. Gli educatori devono stimolare nelle nuove generazioni competenze empatiche, sociali e interpersonali che permettano a ciascun individuo di riconoscere l'altro e di accettarne la visione differente della realtà; 7 conoscere l'etica del genere umano: l'essere umano ha una triplice natura: egli è un singolo, un individuo, ma appartiene anche a una società, una comunità ed è in relazione con altri. Infine l'individuo appartiene a una specie, ossia una collettività di individui che è diffusa sull'intero pianeta. Perciò, l'insegnamento deve perseguire due importanti finalità di tipo etico e politico: occorre stabilire un rapporto di reciproco controllo tra società e individui e questo può essere ottenuto tramite il sistema democratico; inoltre bisogna far comprendere agli individui la loro appartenenza a una comunità planetaria. Si è cittadini della terra. Il pensiero della complessità aiuta a formare una visione globale della realtà. Una maggiore globalità aiuta a riconoscere l'interconnessione delle culture e l'interconnessione dei destini delle diverse comunità. Pertanto, favorisce una maggiore responsabilità e una maggiore solidarietà. La visione globale implica responsabilità verso l'intero genere umano. La visione globale implica anche maggiore solidarietà, in quanto l'interconnessione e l'allargamento delle responsabilità spinge gli individui a essere più solidali gli uni verso gli altri. CAPITOLO 4: LE COMPETENZE DIDATTICHE DEL DOCENTE 4.1 La lezione frontale E' la più classica delle metodologie didattiche in cui la collazione dei banchi nell'aula è funzionale a questa tipologia di lezione: essi sono tutti rivolti verso la cattedra e la lavagna. Il ruolo attivo è svolto principalmente dall'insegnante, mentre gli alunni si pongono in atteggiamento passivo di ascolto e ricezione dei contenuti. Tale modalità non è sempre la più adatta per far maturare abilità o competenze negli alunni. Con buona approssimazione possiamo collocare questo modello didattico nel quadro teorico del comportamentismo. Si tratta infatti di un modello incentrato sull'istruzione e sul docente, sulla trasmissione dei contenuti, con particolare enfasi sui tempi necessari per tale finalità. E' usata per introdurre argomenti o nozioni di tipo teorico, in cui gli alunni non possono essere coinvolti in attività pratiche e non possono sperimentare concretamente ciò che stanno imparando. Secondo questa modalità, è difficile praticare un'attività condotta in gruppo. 4.2.1 Definizione di Apprendimento attivo Il concetto di apprendimento attivo è stato introdotto da Felder, Brent e Prince. Indica diverse tipologie didattiche nelle quali si focalizza l'attenzione su attività condotte dagli studenti in prima persona. L'obiettivo è quello di coinvolgere gli allievi attivamente nel processo di apprendimento. Lo studente è così coinvolto su due livelli: >partecipa in prima persona allo svolgimento delle attività didattiche; >è invogliato a riflettere e valutare quello che sta facendo; Questo tipo di attività può essere compiuta anche a casa, quando si svolgono i compiti assegnati dal docente. Tuttavia, il lavoro a casa di solito è svolto singolarmente; per questo le attività di apprendimento attivo vengono svolte solitamente in classe. 4.2.2.Dalla lezione frontale all'apprendimento attivo Intervallare la lezione frontale con brevi e semplici attività degli studenti Si possono proporre, a intervalli regolari, delle brevi pause nelle quali gli studenti possono confrontarsi in coppie per chiarire alcuni aspetti più critici degli appunti e delle annotazioni che hanno preso durante l'ascolto. Dopo 15 minuti però la capacità di rimanere concentrati diminuisce, per cui è preferibile una pausa di 2 minuti ogni 15 di lezione frontale. Promuovere il coinvolgimento e l'impegno dello studente L'apprendimento attivo non significa semplicemente introdurre in classe delle attività per gli studenti, ma incoraggiare attività tali da favorire negli studenti stessi una riflessione su quello che stanno apprendendo. Quindi le attività proposte devono essere progettate intorno a risultati di apprendimento di cui i discenti possono cogliere l'importanza e la significatività. 4.2.3 Le attività caratteristiche dell'apprendimento attivo Felder e Brent definiscono l'apprendimento attivo come 'qualsiasi attività svolta durante una lezione che permetta a tutti gli studenti della classe di essere chiamati a fare qualcosa che vada oltre il guardare, l'ascoltare e il prendere appunti'- Si fa apprendimento attivo quando si attua la seguente attività: >si propone un'attività da svolgere in tempi brevi; >si invitano gli studenti a riflettere sugli spunti forniti, singolarmente o in coppia; >si ascoltano le soluzioni proposte da alcuni (a turno, tutti) studenti al termine delle attività. In particolare, Felder e Brent propongono le seguenti 3 tipologie di apprendimento attivo che si dimostrano efficaci: >think-pair-share (pensa, abbina, condividi), in cui si propone un'attività e si chiede agli studenti di riflettere singolarmente allo stimolo posto. In seguito viene chiesto agli studenti di riunirsi in coppie e di trovare un accordo sulla soluzione, Infine si interpellano alcuni studenti o alcune coppie chiedendo di condividere le loro risposte; >concept test (test su un concetto), in cui si propone un test a risposta multipla agli studenti avendo cura di inserire tra le risposte sbagliate (distrattori) quelle che presentano idee e concetti errati più comuni e diffusi tra gli alunni. Gli studenti rispondo tramite un sistema elettronico di risponditori. In seguito si riuniscono in coppie e discutono sulle loro risposte,e dopo tale confronto di un paio di minuti, si chiede agli studenti di rispondere di nuovo; >thinking-aloud pair problem solving (TAPPS) (risoluzione dei problemi a coppie pensando ad alta voce). Viene proposta un'attività che può essere suddivisa in due parti e si inizia a svolgere la prima chiedendo agli studenti di riunirsi in coppie. In ciascuna vi sarà colui che spiega e colui che pone le domande, in cui l'explainer cerca di trovare una soluzione per l'attività proposta, stimolato dalle domande, dalle osservazioni e correzioni del questioner. 4.2.4 Le prospettive aperte dell'apprendimento attivo Vi sono aspetti non del tutto sviluppati nell'ambito di questa strategia didattica, in particolare riguardo l'interazione tra gli studenti, alla lezione frontale e al ruolo del docente. In merito al primo aspetto, si è pensato di organizzare gruppi di alunni (anziché coppie), fornendo loro un maggior tempo per interagire e assegnando ai gruppo compiti più articolati che siano orientati verso un obiettivo comune. Per quanto riguarda il modo di organizzare la lezione in classe, si potrebbe pensare ad una lezione completamente strutturata su attività di gruppi di alunni, nell'ambito della quale la lezione frontale tutee, e si organizza un torneo tra le varie coppie. Ad ognuna sono assegnati dei materiali e illustrate procedure altamente strutturate. Ciascuna coppia guadagna dei punti se il tutee risponde correttamente alle domande dei tutor; inoltre il docente può assegnare dei punti alla coppia se il tutor svolge il suo ruolo con efficacia. Di settimana in settimana le coppie possono cambiare. nel cambio di coppia è prevista anche una possibile inversione dei ruoli. strategie di apprendimento con l'assistenza di pari: vengono create delle coppie di studenti con abilità di livello simile. A ciascuna coppia vengono assegnati dei materiali adatti al loro livello di abilità in modo che l'apprendimento risulti personalizzato. Vengono inoltre distribuiti dei cartoncini nei quali sono descritti i vari passaggi di tutoraggio. 4.3.5 Vygotskij quale precursore del tutoraggio tra pari V. ha messo in evidenza due aspetti teorici dell'apprendimento che danno ragione dell'utilità della metodologia di tutoraggio tra pari. Il primo aspetto è legato al linguaggio, essendo uno strumento cognitivo importante. Tramite le parole, il bambino si auto-stimola e aggiunge agli stimoli visivi quelli uditivi provenienti dalle sue parole. Così riesce ad attivare abilità cognitive di livello superiore che lo aiutano nella risoluzione dei problemi. Il tutor vive una situazione analoga: nello spiegare i contenuti può usare le parole e ragionare ad alta voce. In questo modo moltiplica i suoi stimoli e riesce a trovare il percorso più efficace per presentare l'argomento al compagno. Il secondo aspetto è legato alla zona di sviluppo prossimale, zona che contiene quegli apprendimento che non sono ancora posseduti da un soggetto, ma che il soggetto può acquisire se opportunamente guidato. Lo studente aiutato infatti può apprendere se opportunamente guidato dal tutor. Spesso ci si dimentica però che l'interazione tra tutor e tutee è comunque di carattere bidirezionale, dunque anche il tutee può indurre nel tutor una comprensione e una consapevolezza maggiore circa i contenuti presentati. 4.4.1 Definizione di Apprendimento collaborativo L'apprendimento cooperativo è un metodo di istruzione nel quale gli studenti lavorano insieme in piccoli gruppi per raggiungere un obiettivo comune. Spesso si riferisce a una varietà di approcci educativi, tuttavia per ognuno di questi, l'enfasi viene posta sul fatto che gli studenti apprendono meglio quando interagiscono in gruppi con attività stimolanti e coinvolgenti, rispetto a quando lavorano singolarmente. 4.2.2 I presupposti da cui nasce l'apprendimento collaborativo Smith e Mac Gregor definiscono alcuni assunti di base da cui nasce l'idea di apprendimento collaborativo: >apprendimento è un processo attivo e costruttivo:l'apprendimento si verifica quando informazioni e contenuti nuovi si integrano con le conoscenze pregresse a formare nuove strutture di contenuti e idee; >l'apprendimento è favorito da un contesto stimolante: si deve trattare di un compito stimolante, di un impegno e di una conoscenza che gli studenti devono riuscire a valorizzare in modo semplice e diretto; è più interessante iniziare una attività di apprendimento con un problema dal quale gli studenti devono isolare fatti e idee pertinenti; >ciascun alunno è diverso dagli altri: gli alunni differiscono gli uni dagli altri per il loro background socio-culturale ed economico, per le loro esperienze, per le aspirazioni e le attitudini. inoltre essi si distinguono per i propri stili di apprendimento. La possibilità di lavorare in gruppo e di confrontarsi con gli altri dà al docente l'opportunità di comprendere meglio le caratteristiche dell'alunno; >l'apprendimento è un fatto sociale, emotivo e soggettivo: il confronto con gli altri permette una comprensione migliore degli argomenti. In questo modo si negoziano significati e si crea nuova conoscenza. Il lavoro di gruppo permette di ascoltare gli altri e riconoscere le loro diverse prospettive. Queste attività presuppongono un coinvolgimento da un punto di vista emotivo che può stimolare l'apprendimento; i discenti imparano ad articolare il proprio punto di vista e ad ascoltare le opinioni altrui. 4.4.3Le diverse implementazioni dell'apprendimento collaborativo Si può declinare l'apprendimento collaborativo in diverse tipologie: >i gruppi possono esser formati da poche o molte persone; >i tempi di lavoro possono essere brevi, medi o lunghi; >i gruppi possono essere eterogenei o omogenei per attitudini e competenze degli alunni. Per quanto riguarda l'impostazione del lavoro si può pensare a: >gruppi che svolgono attività molto strutturate, con passaggi sequenziali e obiettivi ben specificati; >gruppi in cui l'attività si sviluppa in modo spontaneo. In relazione al compito da svolgere si possono avere: >gruppi che realizzano un prodotto delineato; >gruppi che seguono un processo con l'obiettivo di confrontarsi reciprocamente e attribuire un significato al processo. Alla base vi è sempre l'idea comune del confronto tra studenti e del lavoro in gruppi. Metodi di apprendimento collaborativo possono essere: >apprendimento collaborativo dove la cooperazione favorisce l'apprendimento più della competizione; >l'insegnamento induttivo (che parte da situazioni particolari, fino a generalizzare); 4.5 Definizione di Apprendimento cooperativo L'idea alla base dell'apprendimento cooperativo è la collaborazione tra gli studenti, piuttosto che la competizione fra loro. L'attività è favorita mediante la formazione di gruppi. Si individuano 3 tipi di strutture che si possono usare in ambito scolastico per favorire l'apprendimento: >struttura incentivante cooperativa, nella quale più individui vengono premiati per il lavoro svolto; >una struttura incentivante competitiva, nella quale più individui sono paragonati tra loro e quelli che ottengono prestazioni migliori vengono ricompensati; >una struttura incentivante individualistica, nella quale più individui sono premiati in base alla loro prestazione, senza un confronto diretto con le prestazioni altrui. 4.5.2 Caratteristiche Per lavorare in gruppo è necessario che gli studenti maturino abilità sociali e relazionali che risultano determinanti per il successo del gruppo stesso. L'abilità che va maturata è quella di saper lavorare in gruppo, che diventa poi una finalità dell'apprendimento cooperativo, in cui le competenze sociali, le abilità di gestire relazioni interpersonali si possono acquisire solo lavorando in gruppo. Tuttavia, nello studio individuale e nella lezione frontale è impossibile che tali abilità possano essere messe alla prova e migliorate. 4.5.3 I risultati dell'apprendimento cooperativo Vi sono 5 caratteristiche essenziali che rendono un apprendimento cooperativo migliore di uno individuale; si tratta dell'interdipendenza positiva, le responsabilità individuali, le interazioni faccia a faccia, delle abilità sociali e l'elaborazione di gruppo. I metodi di apprendimento cooperativo dimostrano di avere effetti positivi sulle relazioni interpersonali fra alunni, favorendo l'integrazione di studenti stranieri o disabili nell'ambiente scolastico. Questi metodi spesso migliorano l'autostima degli alunni e le loro abilità sociali. 4.5.4 Gli elementi ala base della cooperazione 1 Interdipendenza positiva. Si ha quando ciascuno dei membri percepisce di essere legato agli altri in modo tale che il suo successo può avvenire solo se anche gli altri hanno successo e viceversa. Ciascun membro avverte che il proprio contributo aiuta gli altri, ma anche che il contributo degli altri aiuta lui. La cooperazione fornisce l'apprendimento più della competizione. Vi devono essere: >obiettivi di mutuo apprendimento, ogni alunno deve studiare il materiale fornito dal docente e deve fare in modo che tutti gli altri membri del gruppo lo apprendano. Può adoperarsi in prima persona, esprimendo agli altri le proprie osservazioni; >una ricompensa comune, nel senso che la valutazione positiva di ciascun membro è subordinata alla valutazione positiva di tutti gli altri. la valutazione può essere strutturata in due contributi, uno minoritario relativo alla prestazione del singolo, uno maggioritario relativo alla valutazione del lavoro di gruppi; >suddivisione delle risorse, a ciascun membro viene fornita solo una parte dell'informazione complessiva, utile per risolvere il compito. Pertanto ciascuno è responsabile di presentare e spiegare agli altri quella parte dell'informazione; >ruoli complementari, ciascuno ha un compito specifico all'interno del gruppo che deve svolgere al meglio e per il quale è responsabile. I fratelli Johnson osservano anche che il lavoro di gruppo e l'interdipendenza positiva aiutano a sviluppare la propria identità e a riconoscere al meglio anche l'identità degli altri membri, che si fosse in possesso di una sola tessera delle 6 che costituiscono il puzzle. Ciascuno studente apprende la sezione di contenuti che gli è stata assegnata. In seguito si formano gruppi di esperti, ognuno dei quali è composto dagli studenti provenienti da gruppi differenti che hanno ricevuto la stessa sezione di contenuti. nel gruppo di esperti viene discussa la lezione specifica di contenuti e ciascuno studente apprende dal confronto con gli altri. Successivamente si ricostituiscono i gruppi originali, composti dagli studenti provenienti dai gruppi di esperti. A questo punto ciascuno studente deve necessariamente apprendere ascoltando gli altri e a sua volta presentare agli altri in modo attento ed esauriente i contenuti di cui è in possesso. Al termine di ogni attività gli studenti sono sottoposti a un test a cui devono rispondere senza l'aiuto dei compagni e vengono valutati singolarmente. In Jigsaw II i gruppi sono formati da 4/5 studenti. Ciascuno studente riceve un argomento da sviscerare, ricercandolo nel materiale didattico fornito. La fase successiva è identica a Jigsaw, in seguito ciascuno studente risponde a un test, i voti di ogni studente vengono sommati a formare il punteggio totale del team. I team che superano un certo punteggio prestabilito guadagnano una certificazione o un premio. >Learning Together, consiste nel creare gruppi eterogenei di 4/5 studenti. Ciascun gruppo riceve una sola copia del materiale, in modo che gli studenti siano costretti a condividerla e a lavorare insieme. I gruppi si dispongono in forma circolare, nei gruppi sono individuati i ruoli degli studenti prima che il lavoro inizi. Al termine, ciascun gruppo presenta il proprio prodotto e i membri del gruppo ricevono una valutazione comune in base al prodotto consegnato. >Group Investigation, l'insegnante presenta alla classe un'unità di apprendimento che sarà oggetto del lavoro di gruppo. nel fare ciò, il docente pone degli interrogativi, coinvolge gli studenti e stimola in loro altre domande. Dalla discussione emersa, vengono messi in evidenza alcuni argomenti dell'unità didattica e alcuni interrogativi ai quali gli studenti si impegnano a rispondere. Gli studenti formano spontaneamente dei gruppi. Ciascun gruppo sceglie un particolare argomento dell'unità didattica presentata dal docente. All'interno del gruppo tale argomento viene ulteriormente suddiviso in contenuti. Ognuno di questi contenuti è assegnato ad un membro del gruppo. Ciascuno studia la parte a lui assegnata e cerca l'aiuto dei compagni. Al termine dell'attività, viene stilata una relazione preparata sinergicamente da tutti i componenti del gruppo. Ogni gruppo presenta la propria relazione al resto della classe. 4.5.7 Compiti del docente nell'apprendimento cooperativo I docenti devono: 1. fissare chiaramente gli obiettivi della lezione; 2. prendere decisioni circa la collocazione degli studenti nei gruppi prima dell'inizio della lezione; 3. spiegare chiaramente agli studenti i compiti da svolgere, gli obiettivi da raggiungere e le attività di apprendimento; 4. monitorare l'efficacia dell'apprendimento cooperativo nei gruppi e intervenire per aiutare a risolvere i compiti e migliorare le abilità degli studenti; 5. valutare i risultati raggiunti dagli studenti. Passaggi da attuare prima dell'inizio dei lavori di gruppo passo 1- Specificare gli obiettivi didattici Prima che l'attività abbia inizio, l'insegnante deve fissare 2 tipologie di obiettivi: >obiettivi accademici, che comprendono i concetti da apprendere e i compiti da svolgere; questi devono essere calibrati sul livello di partenza degli studenti e devono essere compatibili con i prerequisiti degli studenti; >gli obiettivi di abilità cooperative, che mettono in evidenza quali abilità sociali e cooperative verranno coinvolte nell'attività. passo 2 - Decidere la dimensione del gruppo Con l'aumentare del numero degli individui, aumentano le potenzialità del gruppo. pertanto, più articolati sono gli obiettivi accademici fissati e maggiore dovrebbe essere il numero di componenti del gruppo. Tuttavia, con il crescere del numero è più difficile coordinare le azioni dei membri e raggiungere un consenso unanime. Per cui è importante che i membri del gruppo possiedano già delle sviluppate abilità sociali e cooperative. I gruppi con meno elementi possono essere più facilmente coordinati. Quando si è alle prime esperienze con l'apprendimento cooperativo, è bene costituire gruppi al massimo di 3 studenti. passo 3 - Assegnare gli studenti ai gruppi Occorre che l'insegnante si chieda prima se sia meglio operare in gruppi omogenei per abilità dei membri oppure con gruppi eterogenei. I gruppi eterogenei sembrano preferibili perché in essi avviene un maggiore scambio di informazioni. Tutti questi aspetti migliorano la comprensione dei contenuti e del compito in ciascuno dei membri. In secondo luogo, bisogna stabilire se devono essere gli studenti a scegliere i compagni di gruppo oppure se tale scelta spetti al docente. In generale, il docente riesce ad assortire meglio i gruppi, in modo che siano eterogenei per abilità, per estrazione sociale e per background culturale. Esistono anche altri metodi per formare i gruppi, come l'estrazione a sorte. Un'altra questione riguarda il mantenimento attivo dei gruppi: il gruppo deve essere mantenuto attivo per l'intero svolgimento dell'attività. E' assolutamente sconsigliabile sciogliere un gruppo durante l'attività perché ci si accorge che sono sorti dei problemi. E' preferibile che il docente intervenga per agevolare il superamento del periodo critico nel gruppo. passo 4 - Organizzare gli ambienti E' importante collocare i vari gruppi in punti sufficientemente distanti tra loro nell'ambiente, in modo che le attività di ciascun gruppo non possano interferire con quelle degli altri. é bene che gli studenti siano seduti in cerchio. Nella prima fase il docente deve esplicitare gli obiettivi del lavoro di gruppo, specificando i concetti da apprendere e le strategie da attuare. In seguito il docente deve stabilire la grandezza dei gruppi, la modalità con cui assegnerà specifici compiti, i materiali che deve fornire al gruppo per sviluppare la ricerca. La fase successiva prevede la spiegazione del compito ai gruppi. In questa occasione l'insegnante deve sottolineare l'importanza dell'interdipendenza positiva: il risultato del singolo dipende dal risultato degli altri. Deve inoltre spiegare i criteri con i quali valuterà i compiti svolti e le abilità sociali da mettere in campo. Durante lo svolgimento, il docente deve monitorare l'andamento e quando il gruppo entra in una fase di stallo, il docente deve intervenire per suggerire modalità e strategie efficaci per completare il compito. La valutazione è la fase conclusiva. passo 5 - Distribuire i materiali di apprendimento per favorire l'interdipendenza La distribuzione dei materiali è l'operazione che può creare più concretamente interdipendenza nel gruppo. Il compito deve essere svolto in collaborazione e il risultato di ognuno dipende dal risultato di tutti. Di seguito, le strategie per favorire interdipendenza: >distribuire al gruppo una sola copia del materiale di apprendimento. In questo modo la copia deve circolare tra i membri del gruppo che sono costretti a ragionare insieme sullo stesso contenuto. >distribuire risorse differenti a ciascun membro del gruppo, in modo che tali risorse siano interdipendenti. I componenti del gruppo saranno così costretti a confrontarsi e a scambiarsi informazioni e spiegazioni. >i materiali possono richiamare al loro interno le modalità cooperative con le quali devono essere utilizzati. passo 6 - Assegnare i ruoli per favorire l'interdipendenza Se ognuno degli studenti è demandato a svolgere un compito, tutti gli altri saranno dipendenti da lui per lo svolgimento di quel compito preciso. In particolare vi è chi: >verifica che tutti i membri abbiano compreso i contenuti; >ricerca altro materiale per completare il progetto da realizzare; >prende nota delle decisioni del gruppo; >osserva il gruppo come lavora e prende nota delle criticità; >si preoccupa di affiancare tutti quelli che sono in difficoltà nello svolgere un compito e provvede ad aiutarli; passo 7 - Spiegare agli studenti il compito da svolgere e gli obiettivi da conseguire Si devono fornire istruzioni precise, chiare e specifiche. Se qualche studente nel gruppo non ha compreso bene alcuni aspetti, potrà rivolgersi ai compagni per avere dei chiarimenti; se questa strategia fallisce, il gruppo cercherà di rivolgersi al docente. Per spiegare in modo chiaro gli obiettivi, è importante che il docente li colleghi a precedenti esperienze. Se nel lavoro di gruppo è necessario attuare delle procedure specifiche, allora è opportuno fornire agli studenti degli esempi svolti in modo che possano comprendere meglio. Per insegnare le abilità cooperative agli studenti, occorre partire da 5 assunti: 1.è necessario dapprima formare un contesto cooperativo 2. le abilità cooperative devono essere insegnate proprio come tutte le abilità cognitive; 3. il ruolo dei coetanei è fondamentale per l'acquisizione di un'abilità cooperativa; 4. i coetanei del gruppo devono attivare due dinamiche distinte su di uno studente che nn mostra abilità cooperative. Da un lato devono far su di lui pressione perché inizi ad usarle, dall'altro devono fornirgli supporto affinché le utilizzi correttamente; 5. prima si acquisiscono le abilità cooperative meglio è. E' possibile distinguere 4 tipologie di abilità cooperative: 1. abilità del 'formare', permettono al gruppo di organizzarsi per lavorare, come il non far rumore o infastidire gli altri, il rimanere in gruppo senza allontanarsi; 2. abilità del 'funzionare', che permettono al gruppo di funzionare nello svolgimento del compito. Sono comportamenti specifici utili nel coordinare le attività del gruppo, nell'esprimere adesione e supporto alle proposte degli altri; 3. abilità del 'formulare', consentono di andare oltre la semplice esecuzione del compito, permettendo una comprensione profonda del materiale che viene consegnato al gruppo e facendo sì che ciascun membro abbia il pieno controllo sull'apprendimento; 4. abilità del 'fermentare', è il più alto livello di abilità cooperative e si raggiunge dopo che si sono acquisite quelle precedenti. Si tratta delle abilità che permettono di riconcettualizzare il materiale studiato, di comprendere la logica che è alla base dell'apprendimento raggiunto con la lezione, di elaborare idee originali sui contenuti studiati. Come insegnare le abilità cooperative L'insegnamento si può articolare in 5 passaggi: 1. assicurarsi che gli studenti avvertano il bisogno dell'abilità cooperativa, il docente deve quindi trasmettere agli studenti l'idea che le abilità cooperative sono per lui importanti; 2. assicurarsi che gli studenti comprendano in cosa consta l'abilità cooperativa da apprendere. Il docente deve fornire esempi pratici di come si possa applicare questa abilità. 3. predisporre situazioni pratiche di utilizzo. Uno dei compiti del docente è di creare situazioni adatte affinché tali abilità possano emergere; 4. assicurarsi che lo studente elabori in che modo sta usando le sue abilità. Il docente può fornire una scheda nella quale possono essere riportate delle domande che aiutano lo studente a riflettere su come ha utilizzato la propria abilità. 5. assicurarsi che gli studenti perseverino nel praticare le abilità. Si deve dare l'opportunità agli studenti di continuare a utilizzare le loro abilità. Sono fasi in cui lo studente usa l'abilità in modo sempre più consapevole. 4.6 Metodi di insegnamento induttivo Destinati principalmente alle discipline matematiche, scientifiche e tecnologiche, che si basano principalmente su un percorso di apprendimento induttivo. 4,6,1 Fondamenti teorici L'insegnamento delle discipline scientifiche avviene tipicamente in modo deduttivo, cioé si parte da principi teorici generali per giungere al particolare, insistendo sul fatto che saranno valutati gli studenti, e sottolineando l'importanza dei concetti astratti e formali studiati che un domani saranno utili nella vita e nella loro carriera. Un percorso di tipo induttivo invece, parte dall'applicazione pratica, dal problema reale, dall'analisi e dall'interpretazione di alcuni dati, dallo studio di un caso specifico per giungere a concetti astratti e generali. 4.6.2 Apprendimento basato sull'indagine Si tratta di una metodologia centrata intorno allo studente nel senso che impone una maggiore responsabilità per gli studenti. essa affonda le radici nel costruttivismo poiché gli studenti sono chiamati a costruire in prima persona la propria conoscenza, senza assorbire passivamente strutture passive. Vi è anche l'elemento dell'apprendimento attivo, in quanto la lezione frontale, quando strettamente necessaria, viene resa attiva da discussioni, domande e osservazioni che favoriscono l'interazione tra docente e studenti. Nell'apprendimento basato sull'indagine, agli studenti viene presentato uno stimolo, gli studenti devono riuscire a realizzare un proprio percorso di apprendimento che porti a dare una risposta allo stimolo iniziale, fino a giungere a delle conclusioni. Le informazioni di cui hanno bisogno sono generalmente presenti nei materiali didattici che vengono consegnati loro in anticipo. In tal modo, è più facile far sviluppare il pensiero, facilitare risoluzione di problemi e risolvere attività laboratoriali. Si distinguono le seguenti metodologie di apprendimento basato sull'indagine: >apprendimento per scoperta, la forma più pura di apprendimento basato sull'indagine. L'idea è quella di ricondurre l'attività di apprendimento in classe a una vera e propria dinamica di scoperta, come quella che viene vissuta dallo scienziato durante le sue ricerche e i suoi studi. In modo completamente autonomo, gli studenti devono affrontare lo stimolo preposto, completare il compito assegnato e formulare delle inferenze appropriate sui risultati raggiunti. Il docente non guida in alcun modo gli studenti, ma può intervenire solo quando gli viene chiesto espressamente dagli alunni. Il docente dovrebbe elaborare di sua iniziativa delle previsioni riguardo gli indirizzi verso cui può evolvere la ricerca e preparare interventi di feedback corretti e coerenti in tutti i casi, specie in cui gli studenti potrebbero aprire un ampio ventaglio di possibilità di percorsi di apprendimento che l'insegnante potrebbe gestire con difficoltà. Per questo motivo si è diffusa la scoperta guidata, in cui il docente fornisce una certa guida nel percorso di apprendimento che consiste in indicazioni specifiche fornite verbalmente. Apprendimento per problemi Prevede l'utilizzo di gruppi di studenti, e si può definire apprendimento cooperativo destinato a discipline scientifiche. Al gruppo viene fornito un problema che è allo stesso tempo sia mal-strutturato che autentico, vale a dire che l'obiettivo da raggiungere non è definito con precisione, pertanto il problema è aperto a molteplici soluzioni, di conseguenza sono molteplici le azioni che si possono intraprendere per raggiungere una soluzione finale. Autentico, vale a dire immerso in un contesto reale e concreto. Il compito iniziale degli alunni è quello di definire meglio il problema, di limitare le possibili strade da intraprendere. Gli studenti devono valutare le possibili soluzioni alternative e selezionare quella che ritengono migliore, e alla fine devono trarre un insegnamento dalle scelte fatte e dai percorsi intrapresi. Se il problema assegnato è stato definito in modo efficace, esso può condurre gli studenti a usare i contenuti e le procedure codificate nella disciplina oggetto di studio e a riconoscere nella sua risoluzione i principi fondamentali della disciplina stessa. L'apprendimento epr problemi è probabilmente il metodo induttivo più difficile da implementare; il docente deve infatti: >definire un problema che sia autentico e contestualizzato; >il problema non deve essere troppo banale; >il problema deve richiamare soltanto tutti i concetti, procedure, principi che il docente vuole che siano appresi dagli studenti. Una problematica da gestire è legata alle difficoltà che possono nascere dalle relazioni interpersonali che si stabiliscono nei gruppi. Il docente deve quindi fornire agli studenti il necessario supporto per superare le problematiche che emergono nella risoluzione del problema. Egli deve rappresentare l'impalcatura che permette allo studente di salire verso l'esercizio di abilità cognitive di livello superiore. Apprendimento per progetti Ha come finalità la realizzazione di un prodotto. Il prodotto da realizzare può essere il progetto di un dispositivo, la realizzazione di una simulazione, la scrittura di un codice di programmazione.... Nell'apprendimento per progetti, gli studenti applicano conoscenze che hanno acquisito in precedenza, al fine di realizzare il prodotto atteso. Tuttavia, gli studenti apprenderanno comunque come utilizzare nuove abilità che in precedenza non sono state introdotte loro formalmente. la qualità e l'originalità del prodotto realizzato sono gli aspetti essenziali che orienteranno anche la valutazione del docente. L'attenzione in questo tipo di apprendimento è orientata soprattutto verso il prodotto finale. Un aspetto cruciale è quello del transfer delle conoscenze: concetti e abilità acquisite si collocano in modo naturale nel progetto, perché il loro apprendimento è stato sviluppato facendo riferimento a situazioni molto simili. Se il docente presenta allo studente una nuova attività di progetto ben distinta Prima di leggere, l'insegnante comunica chi dei due sarà l''insegnante'. Finita la lettura, l'insegnante scelto deve svolgere un vero e proprio ruolo da docente. Egli ha il compito di: >formulare una possibile domanda sul passo che il docente porrebbe ai suoi studenti; >riassumere il passo; >chiarire alcuni aspetti che secondo lui potrebbero risultare difficili per gli studenti; >prevedere un possibile sviluppo di quanto avviene nel testo letto. Nella lettura del passo successivo del brano, i ruoli vengono scambiati. Lo studente quando assume il ruolo di studente, può osservare la modalità con cui il docente conduce l'attività e può prendere spunto per quando egli svolgerà il ruolo di docente. Inoltre, quando lo studente assume il ruolo dell'insegnante, allora viene fortemente coinvolto in processi metacognitivi che lo condurranno a una profonda comprensione del passo. 4.7.4. La Community of Learners Con questa metodologia sull'insegnamento reciproco, si sviluppa una piccola comunità di apprendimento all'interno del gruppo dei partecipanti che punta ad avere esperienze di apprendimento condivise. Durante le attività condivise, il docente svolge il ruolo di supervisore e facilitatore dei processi di apprendimento. In tal senso, la classe di studenti può diventare una comunità di apprendenti. In conclusione, nella comunità di apprendenti, gli studenti sperimentano, provano, si aiutano reciprocamente e alla fine imparano. CAPITOLO 5 - LA PROGETTAZIONE DEL CURRICOLO La scuola italiana ha sempre conosciuto i 'Programmi', cioè le prescrizioni ministeriali sui contenuti e sulle metodologie dell'insegnamento. Negli anni '70 il vigeva l'obbligo delle 20 ore mensili di programmazione: esse furono finalizzate alla progettazione di percorsi disciplinari e interdisciplinari flessibili e creativi pur all'interno dei prescrittivi Programmi ministeriali. La riforma costituzionale del 2001 introdusse nell'ordinamento italiano il principio di sussidarietà, la cui applicazione ha mutato il sistema delle autonomie territoriali, ha comportato il decentramento amministrativo, ha dato rilievo costituzionale all'autonomia scolastica. La riforma del 2001 ha pure riscritto l'articolo 117: è stata attribuita allo Stato la competenza esclusiva sulle 'norme generali sull'istruzione' istituendo la competenza concorrente sull'istruzione e salvaguardando l'autonomia delle istituzioni scolastiche. La successiva riforma della scuola ha ridisegnato ruoli e funzioni dello Stato, delle Regioni e degli altri enti territoriali del governo, nella gestione e organizzazione del sistema educativo nazionale di istruzione e formazione. ne derivò il superamento dell'emanazione gerarchica dei 'Programmi ministeriali' con l'accentuazione della collegialità dei docenti delle scuole autonome nella elaborazione del piano d'istituto nonché del dialogo con famiglie, studenti, istituzioni e formazioni sociali del territorio. 5.1 Autonomia e curricolo 5.1.1 Conoscenza, abilità e competenze Prima di iniziare a parlare di curricoli, è importante introdurre i concetti di conoscenza, abilità e competenza. La conoscenza, come il possesso di dati di fatto, nozioni, idee e concetti acquisiti con lo studio, la ricerca, l'osservazione e l'esperienza. L'abilità, si definisce con l'uso appropriato, consapevole ed efficace delle proprie conoscenze. L'abilità consiste nel saper mettere in pratica quanto si conosce per risolvere un compito comune, standardizzato e semplice. La competenza si distingue dall'abilità e può essere definita come il requisito che permette di svolgere un compito o una richiesta piuttosto articolata e complessa. L'acquisizione di una competenza è un processo lento che percorre l'intero arco della vita. 5.1.2 L'autonomia come garanzia del successo formativo Il regolamento dell'autonomia scolastica afferma che 'l'autonomia delle istituzioni scolastiche...si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo...' L'autonomia è quindi lo strumento che le scuole hanno a disposizione per garantire il successo formativo degli studenti, e si riferisce al pieno sviluppo delle potenzialità dell'alunno e alla maturazione di competenze spendibili nel mondo reale. L'autonomia deve essere capace di formare, e con il termine formazione intendiamo un processo di maturazione di competenze. 5.1.3 L'autonomia come capacità di progettazione curricolare L'autonomia delle singole scuole si sostanzia in un documento, il Piano Triennale dell'offerta Formativa (PTOF), che è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia. Dal PTOF viene delineata la progettazione curricolare della scuola. Esistono dei vincoli ben precisi che delimitano la possibilità della scuola di progettazione curricoli. Esso stabilisce che il ministero della pubblica istruzione definisce: a) gli obiettivi generali del processo; b) gli obiettivi specifici d'apprerndimento relativi alle competenze degli alunni; c) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale; d) l'orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche; e)limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo. In altre parole, vengono fissati gli obiettivi da raggiungere alla fine di ogni percorso formativo, alcuni più generali, altri più specifici, detti obiettivi di apprendimento, costituiti generalmente da conoscenze e abilità messe in relazione con le competenze che gli alunni maturano al termine del processo formativo e si legano alle discipline che saranno oggetto di studio inquadrandosi nelle attività che verranno svolte durante il percorso di studi. Queste discipline e attività costituiscono il curricolo; sono quella parte del curricolo che è comune a tutte le scuole a livello nazionale. Di ciascuna disciplina, viene anche stabilito il monte ore annuale. Questo numero sarà variabile a seconda dell'ordine, grado e tipo di scuola considerata. Nel dpr del 1999 si afferma che nel Piano Triennale dell'Offerta Formativa, le scuole devono inserire il curricolo obbligatorio che hanno elaborato per i propri alunni, ed è composto da: >una quota definita a livello nazionale; >una quota riservata alle scuole che comprende le discipline e attività da esse liberamente scelte. 5.1.4 L'autonomia come capacità di interagire il curricolo con il territorio Il comma 3 del DPR appena visto motiva la scelta di voler utilizzare n curricolo in parte definito centralmente dal Ministero e in parte localmente dalla scuola. La quota nazionale serve a far sì che il sistema di istruzione sia uniforme, garantendo un'omogeneità di massima che è utile anche per mettere a confronto i risultati di apprendimento ottenuti nelle varie zone del paese o in varie tipologie di istituti. Pertanto, l'autonomia scolastica permette alla scuola di modulare quella quota di sua competenza sui bisogni del territorio. Emerge quindi un'altra finalità dell'autonomia, ossia quella di legare la scuola al territorio in cui opera. La quota del curricolo spettante alle istituzioni scolastiche viene definita quota dell'autonomia, e con la legge del 2003 si prevede possano intervenire nella quota dell'autonomia anche le regioni. Dal decreto del 2005 la quota dell'autonomia per il secondo ciclo è stata innalzata del 20%. Inoltre veniva specificato che le Regioni possono intervenire sulla quota dell'autonomia formulando particolari indirizzi per le istituzioni scolastiche, in modo che il curricolo possa essere adatto alle caratteristiche territoriali. In tutti i casi si devono garantire gli obiettivi formativi generali che sono indicati nel Profilo educativo, Culturale e Professionale (PECUP) dello studente in uscita dal percorso di studi. La riforma Moratti del secondo ciclo (2005) non è mai entrata in vigore. Tuttavia, il ministro Fioroni ha emanato il DM del 2006 in cui chiarisce che la quota di autonomia del 20% prevista dal DM del 2005 è da intendersi per tutte le istituzioni scolastiche del secondo ciclo. Con una nota successiva chiarisce che è da riferirsi a tutte le scuole di ogni ordine e grado. Pertanto la quota di autonomia del 20% viene applicata anche alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo, ossia alla scuola primaria e secondaria di primo grado. 5.1.5 L'autonomia come capacità di delineare percorsi di apprendimento Alla scuola spetta il compito di tracciare il percorso che condurrà lo studente al raggiungimento di Il testo è strutturato su tre Parti comuni, seguire dalle specifiche Indicazioni per la scuola dell'infanzia e per la scuola del primo ciclo. La scuola nel nuovo scenario: Alla scuola è imposto il compito di "promuovere la capacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loro esperienze". La scuola opera per garantire il rispetto delle differenze di tutti e dell'identità di ciascuno: la differenza è una qualità che appartiene a tutti gli individui. Centralità della persona: Il principio base è la centralità della persona dalla quale discende l'esigenza della personalizzazione delle metodologie e dei contenuti per il raggiungimento delle competenze. Il gruppo è l'unico ambiente in cui può realizzarsi in modo pieno la personalità di ciascun individuo. Per una nuova cittadinanza: Vi sono molti casi in cui le famiglie incontrano difficoltà nello svolgere il loro ruolo educativo. La scuola ricerca l'alleanza educativa con i genitori, aprendosi alle famiglie e al territorio circostante. La scuola affianca al compito "dell'insegnare ad apprendere" quello "dell'insegnare a essere". Il sistema educativo deve formare cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di collettività più ampie e composite, siano esse quella nazionale, europea, mondiale. Il nuovo umanesimo: Secondo l'idea centrale del "nuovo umanesimo", ciascun individuo è posto al centro dell'universo, come soggetto responsabile e consapevole del fatto che ogni sua azione genera conseguenze che investono spazi e tempi ampissimi. Esistono due strumenti attraverso cui realizzarlo: >capacità di cogliere gli aspetti essenziali dei problemi, quella di capire quali siano le implicazioni dei possibili sviluppo delle scienze e possibilità delle conoscenze, e la capacità di vivere e agire in un mondo che cambia continuamente a ritmi sempre più veloci; >idea secondo cui i grandi problemi dell'umanità possono essere affrontati e risolti anche attraverso la collaborazione fra le discipline e le culture. 5.2.4. La seconda Parte comune: "Finalità generali" Scuola, Costituzione, Europa Come finalità generale della scuola, le indicazioni del 2012 indicano "lo sviluppo armonico e integrale della persona, nella promozione della conoscenza e nel rispetto e nella valorizzazione della diversità individuali". Le Indicazioni ribadiscono le norme generali che lo Stato detta alle istituzioni scolastiche, nel rispetto dell'autonomia, per garantire a tutti i cittadini pari condizioni d'accesso all'istruzione e un servizio di qualità. Il profilo delle competenze dello studente al termine del primo ciclo dell'istruzione "Lo studente al termine del primo ciclo, attraverso gli apprendimenti sviluppati a scuola, lo studio personale, le esperienze educative vissute in famiglia e nella comunità, è in grado di iniziare ad affrontare in autonomia e con responsabilità le situazioni di vita tipiche della propria età". Nel concetto di competenza si possono riconoscere diversi aspetti: 1)tale concetto è legato alla capacità di usare consapevolmente ed efficacemente le conoscenze in rapporto a contesti significativi. Una competenza si definisce sia sul piano della performance osservabile, sia su quello delle operazioni cognitive che avvengono 'nella testa' dello studente; 2) dal punto di vista cognitivo, la competenza implica sia la 'cognizione' sia la 'metacognizione': una vera competenza non si limita a padroneggiare il saper fare, ma include una rappresentazione della struttura e dei criteri dell'agito, vale a dire la capacità di spiegare come si fa e perché: 3)alla competenza sono connessi inoltre aspetti 'affettivi' poiché essa coinvolge anche atteggiamenti e motivazioni (come la spinta per ottenere un risultato soddisfacente). La competenza è così considerata come qualcosa che si 'sviluppa' che ha un processo di incremento e che richiede 'tempo' tanto che il raggiungimento di un dato livello di competenza richiede un intero grado scolastico. 5.2.5 La terza Parte comune: "L'organizzazione del curricolo" Dalle indicazioni al curricolo Si individuano i compiti di ciascuna scuola nella costruzione del curricolo: >la progettazione curricolare si realizza attraverso scelte specifiche relative a contenuti, metodi, organizzazione e valutazione; >il processo di costruzione del curricolo è la via attraverso cui occorre sviluppare la ricerca e l'innovazione educativa; >ciascuna scuola definisce il curricolo e lo rende pubblico attraverso il PTOF; >i docenti individuano le esperienze di apprendimento, le scelte didattiche, le strategie più efficaci e adeguate ai bisogni formativi degli alunni delle classi in cui operano. Aree disciplinari e discipline Le Indicazioni del 2007 avevano adottato il raggruppamento delle discipline in 2 aree: >linguistico-artisticho-espressiva; >storico-geografica; >matematico-scientifico-tecnologica. Il testo del 2012 si colloca in una posizione intermedia: >ripristina la declinazione delle singole discipline, abbandonando quindi la "forzatura" del loro accorpamento in Aree; >chiede che il curricolo sia impostato secondo i caratteri dell'unitarietà e della continuità. Il percorso curricolare deve quindi essere "elaborato unitariamente, un curricolo verticale attento alla continuità del percorso educativo e al raccordo con la scuola secondaria di secondo grado". Continuità ed unitarietà del curricolo Si ribadisce l'importanza di costruire un curricolo unitario per tutto il primo ciclo d'istruzione, un unico ciclo verticale e facilita il raccordo con il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione. Traguardi per lo sviluppo delle competenze Si ha una maggiore accuratezza nella presentazione degli obiettivi di apprendimento, scanditi su 3 periodi: >al termine della classe terza della scuola primaria; >al termine della classe quinta della scuola primaria; >al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado. Invariata è rimasta invece la scansione dei Traguardi per lo sviluppo delle competenze, riferiti al termine della scuola primaria e al termine della scuola secondaria di primo grado. I traguardi per lo sviluppo delle competenze: >rappresentano riferimenti per gli insegnanti; >indicano piste da percorrere; >aiutano a finalizzare l'azione educativa allo sviluppo integrale dell'alunno. Essi rappresentano per la scuola del primo ciclo: >la progressività delle abilità; >la complessità crescente dei contenuti e degli ambienti di apprendimento; >i salienti gradi di autonomia degli alunni. Obiettivi di apprendimento "Individuano campi del sapere, conoscenze e abilità ritenuti indispensabili al fine di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze". Devono quindi essere scelti, in fase di progettazione didattica, con attenzione al contesto. Valutazione Sezione delineata su 3 livelli: 1) degli alunni: le Indicazioni delineano le linee fondamentali dell'azione valutativa delle scuole; 2)autovalutazione d'istituto, come riflessione sull'organizzazione educativa e didattica della scuola; 3)valutazione dell'intero sistema scolastico, affidata al Sistema nazionale di valutazione. Certificazione delle competenze Spetta all'autonomia didattica delle scuole la valutazione delle competenze. A seguito di una regolare osservazione, documentazione e valutazione delle competenze è possibile la loro certificazione, al termine della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado. Una scuola che include Un modello di scuola coerente con i principi dell'inclusione delle persone e dell'integrazione delle culture, che abbia come obiettivi: >consolidamento di pratiche inclusive nei confronti di bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana; >la prevenzione e il recupero della dispersione scolastica; >attivazione di strategie efficaci per rispondere ai bambini con disabilità o bisogni educativi speciali. Comunità educativa, comunità professionale, cittadinanza La scuola è definita come una comunità nella quale cooperano studenti, docenti e genitori. Si impegna a costruire un progetto di scuola partendo dalle Indicazioni nazionali. La centralità della educazione fisica, tecnologia. Per ciascuna disciplina, gli obiettivi di apprendimento sono scanditi: >al termine della classe terza della scuola primaria; >al termine della classe quinta della scuola primaria; >al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado. I Traguardi per lo sviluppo delle competenze sono invece enunciati in relazione a due soli momenti: >termine della scuola primaria; >termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado. 5.3 Le fonti per la progettazione del curricolo nelle istituzioni scolastiche del secondo ciclo. La riforma degli istituti professionali, istituti tecnici e dei licei, è stata operata nel 2010. A)Sono allegati ai Regolamenti di riordino degli istituti professionali, istituti tecnici e licei i documenti che definiscono: >il Profilo educativo, culturale e professionale dello studente (PECUP) alla conclusione del ciclo quinquennale; >gli Indirizzi, profili, quadri orari e risultati di apprendimento delle singole articolazioni interne (sezioni /indirizzi); >le Tabelle di confluenza dai percorsi precedenti ai nuovi indirizzi. B)Con successiva decretazione ministeriale sono state emanate le Linee guida e Indicazioni Nazionali. 5.3.1 Il riferimento unitario per le istituzioni scolastiche del secondo ciclo Il secondo ciclo di istruzione e formazione ha come riferimento unitario il Profilo educativo, culturale e professionale (PECUP). Esso è finalizzato a: a)la crescita educativa, culturale e professionale dei giovani, al fine di: -passare dalle "prestazioni" alle "competenze"; -trasformare le molteplicità dei speri in un sapere unitario, dotato di senso, ricco di motivazioni; b)lo sviluppo dell'autonoma capacità di giudizio; c)l'esercizio della responsabilità personale e sociale. Il profilo del 2005 sottolinea che le conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità operative apprese (il fare consapevole), nonché l'insieme delle azioni e delle relazioni interpersonali intessute (l'agire), siano la condizione per maturare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo rendono autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi della esperienza umana, sociale e professionale. Gli assi culturali e le competenze chiave I saperi e le competenze per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione sono riferiti ai quattro assi culturali (dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale). Essi costituiscono il tessuto per la costruzione di percorsi di apprendimento orientati all'acquisizione delle competenze chiave, le quali sono finalizzate a: -preparare i giovani alla vita adulta; -costituire la base per consolidare e accrescere saperi e competenze in un processo di apprendimento permanente, anche ai fini della vita lavorativa; -assicurare l'equivalenza formativa di tutti i percorsi; Le competenze chiave nella Raccomandazione del Parlamento europeo Lobiettivo della elevazione dei livelli di istruzione fu ribadito nel 2006 dal parlamento europeo. In questa trategia gioca un ruolo decisivo il tema dello "sviluppo di competenze chiave" individuate nel numero di otto nella Raccomandazione sopra citata. Il termine "competenza" è riferito a una "combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto". Allo stesso tempo, le "competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e l'occupazione. Queste dovrebbero essere acquisite al termine del periodo obbligatorio di istruzione, riferendosi a tre aspetti fondamentali della vita di ciascuna persona: a) realizzazione e crescita personale; b)cittadinanza attiva e integrazione; c)capacità di inserimento professionale. 5.3.2 Il Profilo Culturale, Educativo e Professionale dei licei L'allegato A illustra il PECUP dello studente i uscita da un liceo. Al termine di un percorso liceale, lo studente deve aver raggiunto alcuni risultati di apprendimento. Questi Risultati di Apprendimento (RdA) si possono distinguere in: -sviluppo di conoscenze e abilità; -maturazione di competenze; -acquisizione di strumenti. I risultati di apprendimento possono essere divisi in: -RdA comuni, raggiunti alla fine di qualsiasi percorso liceale; -RdA specifici, relativi ai singoli percorsi liceali. I risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi liceali vengono suddivisi in 5 aree, ossia l'area metodologica, logico-argomentativa-linguistica e comunicativa, storico-umanistica, scientifica, matematica e tecnologica. I risultati di apprendimento specifici per ciascun percorso liceale, hanno un taglio decisamente disciplinare, relativi alle discipline di indirizzo, caratteristiche del percorso liceale. 5.3.3 le Indicazioni Nazionali Sono strutturate in base ai percorsi liceali e alle discipline. per ciascun percorso liceale, sono prese in considerazione le discipline previste nel quadro orario. Per ciascuna materia sono elaborate delle linee generali atte a descrivere le competenze attese ala fine del percorso di studi della singola disciplina. Inoltre, il percorso di studi di ogni disciplina è suddiviso in 3 periodi: >il primo biennio, che coincide con l'ultimo periodo di istruzione obbligatoria; >il secondo biennio; >l'ultimo anno. Per ognuno di questi 3 periodi, sono elaborati degli Obiettivi Specifici di Apprendimento (OSA). Costituiscono questi ciò che gli studenti devono sapere e saper fare al termine di un certo periodo o ciclo di istruzione. Obiettivi Specifici di Apprendimento riportano una serie di conoscenze e di abilità che costruiscono le competenze da raggiungere alla fine del percorso disciplinare. 5.3.4 La progettazione curricolare dei licei Riportiamo un esempio delle linee generali degli obiettivi specifici di apprendimento per la disciplina della Storia nel liceo scientifico: >la nascita e la diffusione dell'Islam (I Biennio); >l'imperialismo e il nazionalismo (II Biennio); >la nascita dello stato d'Israele e la questione palestinese (ultimo anno). 5.4.1 Il Profilo culturale, educativo e professionale degli istituti tecnici e professionali. Ad una prima parte del profilo contribuiscono gli insegnamenti afferenti all'area di istruzione generale, che sono comuni a tutti gli indirizzi degli istituti professionali o tecnici. Una seconda parte viene composta dagli insegnamenti afferenti all'area di indirizzo che mirano a far acquisire agli studenti competenze specifiche del percorso di studi intrapreso. Questi insegnamenti contribuiscono a determinare competenze spendibili in vari contesti della vita lavorativa e produttiva. Il PECuP dello studente si esprime in termini di risultati di apprendimento. Questi sono riferibili a competenze che lo studente deve maturare al termine del suo percorso di studi. In particolare il PECuP comprende due tipologie di risultati di apprendimento: 1. risultati comuni a tutti i percorsi; 2. risultati di apprendimento specifici del settore che sono poi declinati ulteriormente in competenze specifiche di ciascun indirizzo e articolazione. 5.4.2 Le Linee Guida degli istituti tecnici e professionalità La Direttiva Ministeriale del 2010 riporta le Linee Guida per il passaggio al nuovo ordinamento. le Linee Guida tracciano l'identità degli istituti professionali, proponendo un curricolo che prevede due componenti principali, ossia un'area di istruzione generale e un'area di indirizzo. Le Linee Guida tracciano l'identità degli istituti tecnici, secondo uno schema analogo a quello dei professionali. Primo biennio Le Linee Guida degli istituti professionali e tecnici del primo biennio sono strutturate in base ai percorsi degli istituti professionali e tecnici e in base alle discipline. Per ciascun Percorso, sono prese >libri in versione mista, di 2 tipi: •libro in versione cartacea accompagnato da contenuti digitali integrativi; •libro in versione cartacea e in versione digitale accompagnato da contenuti digitali integrativi; >libri in versione digitale, con contenuti digitali integrativi. A partire dall'anno scolastico 2014/15 si è stabilito che il Collegio dei docenti debba adottare esclusivamente libri nella versione digitale o mista, vincolo riferito eclusivamente riferito alle uove adozioni. Il decreto ministeriale può determinare: >le caratteristiche tecniche dei libri di testo nella versione cartacea, in questo caso si punta ad assicurare il contenimento del peso dei libri cartacei; >le caratteristiche tecnologiche dei libri nella versione digitale: il libro deve essere integrato con i CDI; >Il prezzo di libri, riguarda i tetti di spesa della dotazione libraria per la scuola secondaria di I e II grado; >i criteri per ottimizzare l'integrazione tra libri in versione digitale e mista e libri ancora in forma cartacea; In altre parole, diventa possibile adottare un nuovo libro senza dover attendere 5 o 6 anni prima di poterlo cambiare, rendendo i questo modo più semplice la scelta di sostituire un libro risultato inadeguato alla realtà della classe in cui è stato adottato. 6.2.2. ll DM 781/2013 Nell'allegato 1 al DM 781/2013 viene presentato il sistemo che permette di fruire dei libri digitali in un contesto educativo. Gli elementi in questo sistema sono: >libri di testo e digitali; >CAI e CDI; >dispositivi di fruizione che permettono di fruire del libro digitale e dei CDI. Nel DM 781/2013 vengono messe in evidenza le 3 funzioni principali che svolgono i libri di testo (cartacei o digitali). Tali funzioni sono: 1)il libro di testo permette di garantire un opportuno livello di uniformità e standardizzazione dei percorsi e degli obiettivi di apprendimento, avendo come riferimento le Indicazioni nazionali dei piani di studio; 2) il libro di testo è una fonte autorevole e scientificamente validata. Il libro di testo da maggiori garanzie di una qualsiasi fonte reperibile sul web, che talvolta può essere poco attendibile e autorevole; 3)il libro presenta un'organizzazione metodica e coerente di contenuti che possono essere complessi. Gli strumenti offerti dalla multimedialità e dall'integrazione con la rete dovranno rafforzare la capacità del libro di testo di rispondere a questi obiettivi. Inoltre si raccomanda di integrare nei nuovi libri di testo digitali, i seguenti strumenti; >lo storytelling multimediale, tecnica di narrazione che si esplica realizzando un racconto in forma scritta. Nello storytelling multimediale vengono integrate diverse modalità narrative. Il racconto può essere sviluppato mediante codici comunicativi diversi. Un racconto in forma digitale aiuta inoltre a padroneggiare altre forme comunicative e a maturare competenze relative alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione; >l'infografica, è una modalità di rappresentazione delle informazioni che si avvale sia del testo sia di diagrammi e immagini. Il testo viene quindi inserito all'interno di una rappresentazione grafica che gli fornisce un'organizzazione coerente ed efficace. Esempi di infografica sono le mappe concettuali, i diagrammi di flusso, gli schemi; >la valutazione in forma animata e interattiva di dati e informazioni. Il libro digitale può contenere dei collegamenti a simulazioni e animazioni realizzate con specifici software; inoltre il discente può interagire con le informazioni e i dati, aumentando il loro livello di dettaglio. E' necessario quindi integrare il linguaggio scritto, tipico del libro di testo, con altre modalità comunicative che possono essere meglio implementate nel libro digitale. 6.2.3 I Contenuti Digitali Integrativi e i Learning Object In passato i docenti affiancavano al libro di testo altri Contenuti di Apprendimenti Integrativi (CAI), come gli audiovisivi, poster didattici...quando questi contenuti vengono prodotti in formato digitale, allora si parla di Contenuti Digitali Integrativi, reperiti mediante diversi canali: >possono essere forniti a complemento del libro di testo adottato; >possono essere acquisiti indipendentemente dal libro di testo adottato; >possono essere rintracciati gratuitamente in rete; Inoltre i CDI possono essere prodotti attraverso il lavoro individuale o collaborativo dei docenti, eventualmente anche attraverso il coinvolgimento dei discenti. Spesso i CDI vengono associati ai Learnign Object (oggetti di apprendimento) per va di caratteristiche comuni, ma rispetto ai CDI non devono essere necessariamente integrati in un libro di testo. Caratteristiche dei CDI sono: >la modularità, sinonimo di indipendenza o autoconsistenza, cioé ogni CDI è autoconsistente nei propri contenuti e li presenta in modo organico, coerente e completo. I CDI sono facilmente componibili tra loro, al fine di creare percorsi di apprendimento che si estendono su contenuti più vasti di un singolo CDI; >la molecolarità, che rappresenta l'altra faccia della modularità. Si è detto che i CDI non necessitano di essere associati tra loro, pertanto presentano ognuno un aspetto specifico di un argomento; >la riutilizzabilità, caratteristica che scaturisce dalla modularità. Il CDI può essere riutilizzato in diversi percorsi di apprendimento, dove si può quindi anche riadattare; >l'uso di strumenti interattivi e di simulazioni, che rendono il CDI uno strumento stimolante per l'apprendimento degli alunni; >la personalizzazione; >favorire l'interazione collaborativa, in modo che il CDI sia fruibile da più utenti simultaneamente, facilitando il lavoro di gruppo e la collaborazione tra studenti; >la stretta interconnesione con la rete, può anche presentare collegamenti a risorse presenti nella rete. >la reperibilità, i CDI sono dotati tipicamente di alcuni dati che ne descrivono in sintesi le finalità e il contesto d'uso (si parla di metadati). Questi dati rendono facile la reperibilità dei CDI in rete. La realizzazione di un CDI avviene mediante l'utilizzo di un software specifico, talvolta detto software autore. 6.2.4 Le piattaforme di fruizione "Le piattaforme di fruizione costituiscono l'ambiente software all'interno del quale i libri di testo digitali e i contenuti digitali integrativi vengono aggregati e utilizzati". Caratteristica importante della piattaforma di fruizione è la sua interoperabilità, con cui si intende che la piattaforma non deve essere concepita per far funzionare libri digitali e CDI di un unico produttore, ma deve permettere la fruibilità di più formati di libri digitali e di CDI, anche di quelli prodotti da fornitori diversi. Secondo il MIUR non è ipotizzabile l'imposizione dall'alto di un'unica piattaforma per tutti i produttori di contenuti, poiché in una situazione di evoluzione tecnologica vorticosa e imprevedibile, rischierebbe di pregiudicare lo sviluppo di nuove caratteristiche e di funzionalità innovative che ciascun produttore potrebbe riuscire a implementare in modo naturale. Inoltre le piattaforme di fruizione non devono costituire semplicemente l'ambiente software all'interno del quale i libri di testo digitali e i contenuti digitali integrativi vengono aggregati e utilizzati, ma devono fornire delle proprie ulteriori funzionalità interattive. In particolare, dovrebbero permettere a ciascun utente di condividere i contenuti che ha elaborato con ciascuno degli altri utenti della piattaforma. La piattaforma può essere anche un punto di confronto tra i docenti e il luogo per un apprendimento collaborativo, anche tra studenti di classi diverse, non necessariamente parallele. Devono essere dotate di funzionalità che rendono possibile la comunicazione tra scuola, docenti, studenti, famiglie. 6.2.5 I dispositivi di fruizione Sono tutti dispositivi hardware di natura digitale, quali: >computer desktop; >notebook, ovvero computer portatili dotati di schermo e tastiera; >netbook, simili a portatili, ma dalle dimensioni ridotte rispetto a questi ultimi; >tablet; >lettori e-book (e-reader); >smartphone; Questi hardware possono essere suddividi in 2 particolari gruppi: >dispositivi personali di fruizione, destinati ad essere usati da un solo utente; >dispositivi di fruizione collettiva, che rendono fruibili i contenuti a più persone profilo scientifico e didattico, in collaborazione con gli studenti delle proprie classi in orario curriculare nel corso dell'anno scolastico". 6.6. La Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) Spostare le nuove tecnologie dal laboratorio fin dentro l'aula, è stato possibile grazie alla LIM (Lavagna Interattiva Multimediale), inizialmente diffusa nelle scuole anglosassoni e conosciuta come IWB. 6.6.1 Il setup hardware La LIM è una periferica di input nel quale il pc portatile è sostituito da un dispositivo all-in-one (uno schermo tattile con pc incorporato e fissato alla parete). Il setup tecnologico è completato da un proiettore. Tra lavagna e proiettore non vi è alcun collegamento. Il pc produce un'immagine che viene inviata al proiettore. Quest'ultimo proietta sulla superficie della LIM l'immagine ricevuta dal pc. Un setup hardware per LIM può essere a proiezione frontale o a retro proiezione, oppure quando si verificherà una riduzione effettiva dei costi, si potranno introdurre degli schermi interattivi a parete. 6.6.2 Gli strumenti software della LIM Un setup software è costituito dai programmi che sono necessari per l'utilizzo della LIM. >il software di gestione della LIM, che contiene i driver necessari al sistema operativo per far funzionare la lavagna; tale software mette a disposizione funzionalità di base che permettono di connettere, disconnettere e aggiornare il profilo della LIM; >il software autore della LIM permette di utilizzare la LIM come una lavagna di ardesia. Inoltre il docente può preparare i learning object, ossia moduli didattici interattivi e multimediali da utilizzare in classe. Grazie alla LIM il docente si libera della presenza del computer e interagisce con lo schermo, mentre gli alunni, da due centri di attenzione (pc e schermo) ne avranno uno solo (lavagna). 6.7 Le risorse digitali per l'apprendimento - I Learning Object Le proprietà principali di un oggetto di apprendimento sono la sua interattività e la sua multimedialità. Occorre sottolineare che il LO presenta le seguenti caratteristiche: >è un'unità di apprendimento auto-consistente, coerente e completa; costituito da essenziali, piccoli approfondimenti e verifiche; >è un oggetto chiuso e rigidamente strutturato, che non è concepito per essere arricchito o alimentato da altri contenuti. E' quindi 'una unità di contenuto completa dal punto di vista didattico, centrata su un obiettivo di apprendimento e che si propone di insegnare un concetto ben focalizzato'. E' pensato per l'autoapprendimento, in un contesto di e-learning e di formazione a distanza. La situazione tipica è quella di un singolo utente, quindi risponde a una logica di autoistruzione, piuttosto che a una logica di didattica collaborativa. Esistono diversi software di creazione di LO, e in base alle caratteristiche si possono creare contenuti digitali che hanno un maggiore o minore grado di interattività. In dotazione con le LIM viene fornito sempre un software autore per la creazione di LO utilizzabili direttamente sulla superficie interattiva della lavagna. 6.7.2 Il Digital Asset Il LO deve presentare delle unità di contenuto che possono essere arricchite e modificate durante le attività di apprendimento. Il LO deve essere una risorsa che può essere rielaborata e modificata sul tavolo di lavoro rappresentato dalla LIM. La possibilità di rendere un LO modificabile permette agli studenti di diventare essi stessi degli autori di unità di apprendimento e di governare al meglio il processo di comprensione dei contenuti, di sviluppo delle abilità e di maturazione delle competenze. Quindi il LO perde la sua connotazione di oggetto per l'autoapprendimento rigido e chiuso, per assumere la forma di un insieme di spunti e stimoli da fornire agli alunni, volti a generare motivazione e utili per lavorare in gruppo. Si tratta della migrazione dai LO al Digital Asset, ovvero frammenti di contenuto digitali, come unità basilari di informazione che possono essere singolarmente modificate e successivamente assemblate a piacimento. La loro finalità è dare forma, di volta in volta, a un'unità di apprendimento che sia personalizzata e sia frutto di un lavoro di ricerca e di costruzione della conoscenza. Assumono un valore importante le banche dati di immagini e files musicali, i materiali modificabili messi a disposizione dei docenti sul web o in specifici gruppi e community, i portali che offrono risorse multimediali. Un software autore di una LIM è maggiormente orientato verso l'uso dei Digital Asset. Al contrario, il software della LIM permette di muovere, orientare, nascondere, ruotare, ingrandire liberamente tutti gli oggetti (Digital Asset) al suo interno. 6.7.3 Le Risorse Educative Aperte In inglese Open educational Resources assumono un ruolo importante nel campo dei Contenuti Digitali Integrativi. Possiamo procedere col definire ciascuno di questi 3 termini: per Risorse Educative intendiamo tutte quelle risorse, reperibili sul web, che possono essere adoperate in campo educativo, suddivise in: >materiali e contenuti didattici; >programmi e strumenti software per l'apprendimento/insegnamento; >repository di Learning Object/Digita Asset; >corsi di formazione gratuiti. Possiamo dividere le OER per finalità della risorsa: >risorse per l'apprendimento, come corsi on-line; >risorse di supporto per i docenti; >risorse per assicurare la qualità dell'educazione e per valorizzare le buone pratiche. L'aggettivo 'aperte' sta a indicare che l'uso della risorsa non comporta alcun costo per l'utente, quindi queste possono essere copiate, modificate e distribuite sia in versione originale che modificata. Una delle licenze d'uso che che accompagna le risorse aperte è quella implementata da Creative Commons, un ente non-profit statunitense. 6.8. Didattica tradizionale e didattica innovativa La didattica tradizionale: >una didattica improntata alla trasmissione di contenuti e abilità, e per trasmissione di contenuti ci si affida soprattutto al testo, al linguaggio scritto e parlato, è una didattica standardizzata che raggiunge gli alunni con lo stesso canale comunicativo (il testo); >è di tipo sequenziale, dove i contenuti sono organizzati in un percorso lineare; >in cui l'alunno è in una situazione passiva, ascolta, recepisce, assimila, ma non partecipa attivamente al dialogo educativo. La didattica innovativa invece: >è orientata alla maturazione di competenze intese come la fusione sinergica di conoscenza di contenuti; >usa tutti i canali comunicativi che le tecnologie mettono a disposizione, come testo, immagini, diagrammi e mappe, registrazioni audio, filmati e simulazioni interattive; >presenta percorsi di apprendimento reticolari e non sequenziali, nei quali ciascuno studente segue un obiettivo e costruisce la propria conoscenza secondo i significati che riesce a creare e le motivazioni che è in grado di darsi; >l'alunno partecipa attivamente alla lezione, interagisce con gli altri alunni e il docente, crea significati, stimolando la propria curiosità, riuscendo a essere motivato e producendo materiali. 6.8.2 Quattro diverse impostazioni di attività didattica Distinguiamo 4 livelli differenti di uso della LIM: - un primo in cui si usa la superficie per scrivervi sopra con lo stilo, con un dito o con qualsiasi altro puntatore, in alternativa si può usare una presentazione. Questo tipo di impostazione didattica non differisce di molto dall'uso della tradizionale lavagna di ardesia. - un secondo livello più efficace di utilizzo si realizza quando si riescono a sfruttare al meglio gli aspetti multimediali della lavagna. Il docente può sfruttare le potenzialità del pc per inserire immagini, mostrare filmati reperibili sul web, accedere ad altre risorse presenti in internet che possono fungere da approfondimento. Gli alunni assumono ancora un atteggiamento ricettivo e interagiscono poco tra loro e con il docente; si riesce a creare una personalizzazione dell'apprendimento, almeno di livello embrionale. - un passo successivo si compie associando alla LIM l'utilizzo di LO e coinvolgendo attivamente gli studenti nelle attività svolte con tali oggetti di apprendimento. In questo caso si è in grado di fornire allo studente un breve percorso di apprendimento coerente e unitario e si permette a lui di sperimentare direttamente e di creare la sua conoscenza usando le funzionalità interattive del LO. Un ambiente di apprendimento è costituito dalle seguenti componenti: >banche di informazione, ovvero tutte quelle risorse dalle quali lo studente può attingere informazioni; >superfici per simboli. Si tratta di tutti quei supporti sui quali si possono gestire e manipolare simboli (quaderni, block-notes...); in una classe 2.0 sono i software di video scrittura gestiti attraverso dispositivi fissi; >Phenomenaria, vocabolo usato da Perkins per indicare delle aree nelle quali si possono presentare, osservare, manipolare fenomeni (serre, acquari...); in una classe 2.0 si può pensare a simulazioni virtuali; >kit di costruzione che permettono agli alunni di manipolare e assemblare componenti; in classe 2.0 possono essere software per la realizzazione di LO o altri contenuti digitali. >gestori di compiti, che possono essere sia i docenti, sia gli alunni se abbastanza maturi e disciplinati; strumenti tradizionali sono le griglie di valutazione di tipo formativo, o software per la gestione della classe. 6.10.3 Tipologie di ambienti di apprendimento Si possono ripartire in 3 tipologie: >ambienti di apprendimento d'aula, ambienti fisici, come il laboratorio; >ambienti di apprendimento virtuali, si tratta di piattaforme on-line alle quali si possono iscrivere gli utenti del web; >ambienti immersivi, ambienti di apprendimento di tipo virtuale, ricreati al pc, come giochi immersivi ossia copie di quelli reali, o sono il prodotto della fantasia dei programmatori. 6.11 Le applicazioni software di una classe 2.0 - Il web 2.0 Con il web 2.0 ci si riferisce ai blog, social network, ai siti di condivisione di file multimediali, a piattaforme che permettono agli utenti di interagire con gli altri, come mondi virtuali o gli ambienti virtuali di apprendimento. E' rappresentativo di un uso della tecnologia che ha particolari risvolti sociali, psicologici e interpersonali. Il web 2.0 si distingue dalla precedente versione poiché poche persone avevano l'opportunità e la capacità tecnica di scrivere testi, realizzare contenuti e caricarli sul web, si trattava di un modello di comunicazione unidirezionale. Col 2.0 chiunque può scrivere contenuti, caricare immagini e filmati, commentare i contenuti scritti da altri. 6.11.2 Una catalogazione degli strumenti e delle risorse del Web 2.0 destinati all'apprendimento Gli strumenti software del web 2.0 sono divisi in 4 categorie: 1. strumenti adatti a creare o arricchire un Virtual Learning Environment; 2. strumenti che supportano la comunicazione e aiutano a stabilire rapporti; 3. risorse che supportano l'insegnamento e l'apprendimento; 4. strumenti che permettono agli studenti di realizzare prodotti che mostrano il loro livello di apprendimento. 6.11.3 Il Virtual Learning Environment Il sistema di gestione è costituito da un software che crea uno spazio o una rete virtuale che supporta la didattica. Gli utenti connessi alla rete possono essere i membri di una classe (docente e studenti) oppure i membri di un istituto (docenti, alunni) o i membri di più scuole. Tale ambiente permette l'interazione tra docenti e studenti in un ambiente didattico. La piattaforma è dotata dei seguenti strumenti: >forum di discussione, wiki (documento alla cui stesura partecipano sia studenti sia docenti), il blog, (sorta di diario delle operazioni in cui gli studenti e docenti tengono memoria del lavoro svolto), chat-line, (scambio di info di tipo sincrono), la videoconferenza, strumenti e repository di condivisione materiali. Tra i materiali condivisi in una piattaforma didattica possiamo includere anche i LO. Il docente funge da tutor, mediatore e facilitatore dei processi di apprendimento, modera i forum di discussione, le sessioni di chat e di videoconferenza. Tale sistema risulta indicato per gestire le attività di una classe 2.0 in quanto ciascun alunno può collegarsi alla piattaforma con il proprio dispositivo e interagire con i materiali caricati dal docente. Un esempio è Moodle, .LRN, Edmondo, Socrative e Classdojo. 6.11.4 I software per la creazione di test Esistono specifici software per la creazione di test, che hanno le caratteristiche delle prove strutturate di valutazione costituite da domande per le quali sono previste delle alternative di risposta; le tipologie di domande sono: >quesiti vero-falso, quesiti a completamento (cloze test), quesiti di confronto (o abbinamento), quesiti a scelta multipla, quesiti a risposta multipla, quesiti di ordinamento, quesiti a risposta aperta. Spesso il software permette di creare un database di domande, lo studente potrà svolgere più volte il test senza che gli venga riproposta la stessa sequenza di domande. 6.11.5 L'Audience Response System Sistema integrato, costituito da una LIM collegata a un pc e da un set di risponditori. I risponditori sono dei piccoli dispositivi che assomigliano ad un telecomando. Si tratta di un sistema che può essere usato per vari scopi, tra cui: >effettuare verifiche sommative al termine di un argomento; >attuare verifiche formative, mirate a verificare il livello di efficacia della didattica; >realizzare sondaggi sul gradimento di un argomento; >arricchire le presentazioni e gli altri materiali didattici con delle domande che stimolano l'interesse. 6.11.6 I software di condivisione di documenti e risorse In questo spazio comune, le risorse sono catalogate per argomento o per parola chiave, in modo da essere facilmente reperibili quando diventano numerose. Una di queste soluzioni è Strumenti per Casa Ufficio di Google, che permettono di creare documenti di testo, fogli di calcolo, presentazioni che vengono salvati sui server di Google e accessibili da qualsiasi posto vi sia un collegamento a internet. Questi file possono essere condivisi anche con altri utenti Google, realizzando una didattica collaborativa, nella quale insegnante e studenti intervengono insieme sullo stesso file. Un altro strumento molto utile è rappresentato dai Moduli di Google con cui creare moduli, ossia pagine web nelle quali vengono richieste informazioni all'utente collegato in rete o vengono poste delle domande. 6.11.7 Strumenti che supportano la comunicazione e aiutano a stabilire rapporti Il wiki è uno strumento orientato alla ricerca e alla collaborazione. I docenti possono usarlo come opportunità per gli studenti di collaborare per apprendere contenuti e accrescere le loro abilità. Il blog è uno strumento utilizzato principalmente per registrare fatti, dati, eventi e opinioni. Nell'ambito dei processi di insegnamento-apprendimento, il blog viene utilizzato solitamente come blog di classe, diretto generalmente dal docente che apre una discussione con un messaggio oppure pone un interrogativo. I blog possono essere usati per: >verificare conoscenze pregresse; >generare interesse intorno a un contenuto; >favorire il dibattito tra gli studenti; >ciascuno studente riceva feedback dagli altri. Anche gli studenti più timidi riescono a vincere le loro remore e a partecipare ala discussione del blog, che risulta più libera e in essa si riescono a formulare anche osservazioni più critiche. Esistono anche blog individuali in cui ciascuno studente crea un proprio blog con delle osservazioni circa il lavoro che sta svolgendo. Il docente può accedere a ciascuno dei blog e venire a conoscenza del lavoro degli studenti. 6.11.8 Risorse che supportano l'insegnamento e l'apprendimento Il maggior sito di risorse video è YouTube, seguito da Vimeo, Viddler. Un'altra risorsa è Google Earth, Google Maps e Archive, archivio multimediale, dal quale si possono scaricare testi, filmati, file audio, immagini e altro. Google Books, che permette all'utente di scaricare volumi completi in formato PDF; servizio analogo è il sito Liber Liber, o Google Scholar, strumento di ricerca per articoli scientifici. CAPITOLO 7 - LE COMPETENZE SOCIALI DEL DOCENTE - La comunicazione fra due soggetti può essere suddivisa in: >verbale, costituita dal linguaggio (parole scritte o parlate); >paraverbale, alla cui base vi è l'uso della voce (tono, ritmo); >non verbale, alla cui base vi è l'uso del corpo (mimica facciale). 7.1.1 Comunicazione verbale quantità. Possiamo definire così lo stile comunicativo secondo Norton: è un costrutto multidimensionale che è la risultante di più variabili o sotto costrutti che in misura diversa, tendono a tracciare lo stile stesso. 7.2.2. Come determinare lo stile comunicativo Norton utilizza un questionario che denomina Communicator Style Measure (CSM). Si tratta di un questionario composto da 45 voci (item) che comprendono frasi, osservazioni o sentenze alle quali l'intervistato deve rispondere in base a un livello di adesione misurato in una scala Likert su 5 livelli. Per ciascuna delle 5 variabili dello stile sono proposte 5 osservazioni. Al termine della compilazione del questionario, i punteggi acquisiti da tutte le variabili tracceranno lo stile comunicativo del soggetto in questione. A questo punto di possono correlare da un punto di vista statistico le variabili indipendenti con quella dipendente per osservare se una determinata variabile incide statisticamente sull'immagine del comunicatore. 7.2.3 Gli studi sullo stile comunicativo nell'ambito dell'istruzione Gli strumenti di analisi dello stile comunicativo realizzati da Norton sono applicabili anche nel campo dell'istruzione; possono: >esaminare come i docenti classificano il loro stile comunicativo; >analizzare come gli studenti classificano lo stile comunicativo del loro docente; >analizzare se uno stile comunicativo efficace è correlato con una maggiore predisposizione dello studente all'apprendimento. il primo studio si realizza somministrano ai docenti il questionario (il CSM) e facendo loro rispondere su come considerano il proprio stile comunicativo. Lo stile emerso può trovare facile riscontro oggettivo nella lezione svolta dal docente. il secondo studio si basa sui risultati del primo. Può essere modificato al fine di farlo compilare dagli studenti, in modo che questi ultimi gli traccino, in prima persona, un profilo comunicativo del loro insegnante. Ci si chiede a questo punto se lo stile comunicativo che il docente si attribuisce, coincida con quello attribuitogli dai suoi studenti. Questo studio fa emergere quanto gli studenti considerino positivo un certo stile comunicativo; spesso i risultati mostrano che lo stile comunicativo ritenuto dal docente positivo spesso non è considerato tale dagli studenti. Il terzo studio parte dai questionari degli studenti che identificano lo stile comunicativo del docente e in più giudicano la bontà di questo stile. Si propone quindi agli alunni un ulteriore questionario destinato a descrivere il loro insegnante, con lo scopo di verificare se il docente è percepito dagli alunni come insegnante efficace. A ciascuna domanda, si assegnano 5 punti all'efficacia del docente, fino a scendere a 1 punto per la risposta che riporta 'completamente in disaccordo'. A questo punto ci si interroga sulle variabili che caratterizzano lo stile comunicativo dei docenti ritenuti più efficaci dagli studenti e ci si chiede se i docenti con uno stile comunicativo positivo siano o meno anche quelli più efficaci. Si deduce che lo stile comunicativo è una variabile in grado di prevedere l'efficacia del docente. Un ultimo studio mette in evidenza gli attributi presenti negli stili comunicativi del docente più graditi agli studenti; in particolare si individuano i seguenti stili: >il docente umano, considerato piuttosto positivo; >il docente attore; >il docente autoritario, non gradito agli studenti. 7.2.4 Alcuni consigli sullo stile comunicativo del docente Gli attributi che più spesso emergono come graditi sono 'amichevole, rilassato, aperto, d'effetto, drammatico e preciso'; pertanto, se l'insegnante riuscisse ad adattare il suo stile comunicativo a qualcuno di questi attributi, sicuramente ne trarrebbe giovamento. Se l'attributo 'drammatico' non è più tra i più indicati dagli studenti, tuttavia Norton afferma che ciascun docente dovrebbe portare in senso al proprio modo di comunicare un po' di questo attributo. 7.3 Il Modello Comportamentale Interpersonale del Docente E' importante sapere cosa si intenda per i comportamento. Questo termine è strettamente legato alla modalità comunicativa che il soggetto adotta. Per definire il termine comportamento, dobbiamo distinguere 3 distinti livelli comunicativi che si possono instaurare tra 2 persone. Il primo livello è quello del messaggio, ossia un semplice atto comunicativo. Il secondo è l'interazione, intesa come una catena di messaggi che si susseguono tra due persone. Quando queste interazioni tra due individui si ripetono secondo degli schemi o dei modelli piuttosto ripetitivi, ricorrenti e rodati, allora si parla di una relazione interpersonale stabile, di uno schema di interazione. Quando gli studenti sono chiamati a descrivere il comportamento del loro docente, si riferiscono a questi schemi di interazione ricorrenti. 7.3.2 Dal Modello di Leary al MITB Per illustrare lo studio del comportamento del docente, consideriamo il Modello per le Relazioni Interpersonali di Leary, in cui i rapporti interpersonali si sviluppano lungo due dimensioni principali: il primo è l'asse Dominanza-Sottomissione, il secondo è detto Ostilità-Affetto. Il modello di Leary viene adattato alla relazione interpersonale instaurata tra docente e studente, lavoro che viene denominato Model for Interpersonal Teacher Behavious (MITB), in cui gli autori individuano due dimensioni: >la dimensione Influenza, che rappresenta il livello di controllo che il docente esercita sulla comunicazione che viene adottata in classe; >la dimensione Prossimità, che indica il livello di vicinanza e di cooperazione che il docente e gli studenti mostrano nelle attività educative. Il modello viene completato introducendo una circonferenza centrata nell'intersezione dei due assi, e suddividendo il cerchio in quasi 8 settori circolari. Gli 8 settori circolari individuano otto settori interpersonali, ognuno dei quali indica un aspetto comportamentale specifico del docente. Il profilo interpersonale del docente è sempre il risultato di una composizione degli 8 settori interpersonali. Alcuni settori possono essere più rilevanti di altri e dare l'impronta specifica al profilo, come vedremo a breve. 7.3.3 Il Questionario per rilevare lo stile comportamentale del docente Nel modello MITB, lo strumento con il quale si determina il profilo interpersonale è detto Questionnaire on teacher Interaction. Il questionario è composto da 77 osservazioni, suddivise in 8 settori interpersonali del modello. A queste osservazioni, il soggetto deve fornire un livello di adesione in una scala Likert su 5 livelli, che vanno da Mai fino a Sempre. Alla fine, il profilo interpersonale del docente, come percepito dalla sua classe, è descritto da un insieme di 8 valori medi ottenuti per gli 8 settori interpersonali. 7.3.4 Gli studi sulla percezione del comportamento del docente Un primo gruppo di studi vuole mettere a confronto la percezione che il docente ha di se stesso, con quella che hanno i suoi studenti di lui. Gli studenti devono compilare: >un questionario nel quale cercano di descrivere il docente; >un secondo questionario, nel quale cercano di descrivere il loro docente ideale. L'insegnante deve compilare: >un questionario nel quale descrive se stesso; >un questionario nel quale cerca di descrivere quello che è il docente ideale secondo il suo punto di vista. In seguito si possono compiere le seguenti analisi: >si mettono a confronto i questionari compilati dall'insegnante; >si mettono a confronto i questionari compilati dagli alunni per vedere quanto il docente reale si discosta da quello ideale; >si mettono a confronto il questionario nel quale il docente descrive se stesso con il questionario in cui gli studenti delineano il docente ideale per vedere quanto differisce la percezione che l'insegnante ha di sé da quella che gli alunni hanno del docente ideale. un secondo gruppo di studenti cerca di correlare i profili interpersonali dei docenti con i risultati cognitivi degli studenti. Si somministra agli studenti il questionario sull'interazione del docente e si ricava un profilo interpersonale dell'insegnante. Si cerca di stabilire per quali comportamenti dei docenti si hanno risultati migliori degli studenti. Da questa analisi emergono due risultati: >maggiore è l'influenza, migliori sono i risultati cognitivi degli studenti; >alcuni studi dimostrano che la presenza di Opposizione porta a un calo di risultati, tuttavia la crescita della Cooperazione non influenza in positivo i risultati. In altri studi, un aumento della Cooperazione influenza in positivo i risultati cognitivi.
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