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Principi del processo giudiziario: onere di allegazione e onere della prova, Appunti di Diritto Privato

Il ruolo del giudice nella risoluzione di una controversia, distingue la questione di fatto da quella di diritto e descrive l'onere di allegazione e onere della prova. Il testo illustra come i fatti devono essere provati e i documenti e le confessioni utilizzati come prove. Inoltre, vengono introdotti i concetti di presunzione semplici e presunzione legale.

Tipologia: Appunti

2010/2011

Caricato il 04/10/2011

sally898
sally898 🇮🇹

4.2

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Scarica Principi del processo giudiziario: onere di allegazione e onere della prova e più Appunti in PDF di Diritto Privato solo su Docsity! B. Prove. 20. Principio dispositivo e onere della prova. Per dirimere una controversia, il giudice deve risolvere distintamente sia la questione di fatto, ossia deve accertare se le affermazioni delle parti, in ordine ai fatti della controversia, sono fondate, sia la questione di diritto, ossia ricercare e individuare le norme applicabili al caso concreto. L’individuazione, l’interpretazione e l’applicazione delle disposizioni di legge sono compito esclusivo del giudice, mentre l’allegazione dei fatti che giustificano le azioni e le eccezioni formulate rappresenta un preciso onere per le parti (c.d. onere di allegazione) : il giudice infatti non può porre a fondamento delle decisioni fatti diversi da quelli allegati dalle parti. I fatti allegati devono essere provati : occorre, convincere il giudice della veridicità dei fatti addotti a fondamento della propria posizione processuale ( c.d. onere della prova). I fatti da provare, e quindi la misura dell’onere probatorio, differiscono in ragione della positiva “conformazione” del diritto. Così ad Esempio, per far valere il suo diritto al risarcimento, il danneggiato dal fatto illecito altrui deve provare: a) che il soggetto convenuto in giudizio è l’autore del fatto dannoso, b) che il fatto è stato compiuto con dolo o colpa, c) che dal fatto è derivato un danno, d) deve provare l’entità del danno. L’onere di allegazione dei fatti e l’onere della prova sono espressione del principio dispositivo. Nel processo civile, la controversia verte, di regola, su rapporti aventi ad oggetto interessi particolari liberamente “ disponibili”, sì che ciascun interessato può decidere se e come realizzarli : a lui spetta decidere quali fatti allegare e quali prove offrire al giudice per convincerlo dell’esistenza del proprio diritto. Il giudice non può assumere di sua iniziativa prove non proposte dalle parti, salvo nei casi di interessi indispensabili. Nel caso di interessi disponibili, le parti possono pattiziamente invertire o modificare l’onere della prova, ossia l’onere della prova spetta non più al convenuto ma all’attore, purché non sia reso eccessivamente difficile ad una delle parti l’esercizio del diritto. Inversione che talvolta può essere disposta anche per legge. 21. Nozione e caratteri. Il giudice, nel c.d. giudizio di fatto, opera come uno storico per la verifica di quanto accaduto, nel formare il proprio convincimento egli utilizza le prove fornite dalle parti. Le prove si possono definire, quindi, strumenti processuali mediante i quali il giudice forma il suo convincimento circa la verità dei fatti allegati dalle parti. I mezzi di prova ammissibili sono soltanto quelli previsti dall’ordinamento e quindi si esauriscono nella produzione, esibizione di cose o documenti e nell’interrogazione di persone, parti o terzi. In rapporto alle modalità della loro formazione si distinguono in: ● prove documentali; sono dette anche precostituite perché formate prima del processo ; ● prove semplici; la formazione delle quali è coeva allo svolgimento del processo come risultato durante dell’attività istruttoria ; Con riguardo alla loro efficacia nel giudizio, esse si distinguono in: ● prove legali; esempio è l’atto pubblico; ● prove liberamente apprezzabili; esempio è la testimonianza; Il principio fondamentale è quello della libera valutazione: il giudice forma liberamente il proprio convincimento circa l’efficacia della prova. A certe prove, il legislatore attribuisce il valore di prova legale, sì che il giudice non può liberamente valutarne il contenuto, ma deve giudicare assumendo per verificati i fatti che da quelle prove risultano accaduti. Ultima distinzione riguarda : ● prove dirette o storiche; quando consistono nella rappresentazione o esposizione del fatto; ● prove indirette o logiche; quando il fatto è desunto mediante congetture, nel senso che il giudice trae argomenti da fatti noti per risalire ad un fatto ignorato. 22. Singoli mezzi di prova: prove documentali. Il documento è qualunque mezzo materiale idoneo a rappresentare un fatto, in modo da consentirne la presa di conoscenza a distanza di tempo. Particolare importanza, tra le prove documentali, rivestono l’atto pubblico e la scrittura privata. • L’atto pubblico, è il documento redatto dal notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede. L’atto pubblico, fino a querela di falso, fa piena prova della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Il giudice è vincolato nella valutazione di tale prova: deve considerare veri i fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza; • La scrittura privata, è il documento redatto per iscritto e sottoscritto dalle parti con firma autografa o al quale è apposta la firma digitale. Essa a differenza dell’atto pubblico ha forza probatoria limitata e fa piena prova della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta soltanto se il soggetto contro il quale è prodotta ne riconosca la sottoscrizione o se questa sia considerata dalla legge come riconosciuta; • La scrittura privata autenticata, essa è un documento redatto dalle parti e sottoscritto davanti a un pubblico ufficiale, il quale attesta l’autenticità della firma in quanto apposta in sua presenza da persona l’identità della quale è stata accertata. Si ha per riconosciuta la scrittura che l’autore non disconosce entro la prima udienza, se invece la persona contro la quale si produce il documento nega l’autenticità della propria sottoscrizione, è necessario, per chi voglia valersi della scrittura, fornire la prova della sua provenienza mediante il procedimento della verificazione, con il quale si mira ad accertare l’autenticità della firma ( Lite nella lite); • Telegramma, ha valore di scrittura privata se l’originale è stato sottoscritto dal mittente o se è stato da lui consegnato o fatto consegnare anche senza sottoscrizione • Riproduzioni meccaniche (fotografiche, informatiche, cinematografiche), la legge afferma che sono valide e quindi formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui che contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti e alle cose medesime. Norma questa applicabile anche al Telefax. Di particolare importanza pratica è la data della scrittura, poiché in ragione del tempo dell’atto si risolvono conflitti tra situazioni o diritti incompatibili: ● Se non è stata apposta sul documento, essa può essere provata liberamente dalle parti, anche con presunzioni; ● Se, invece, è stata apposta, la data vale fino a prova contraria. Se la data risulta da atto pubblico, o da scrittura privata autenticata, essa è opponibile senza riserve; se, invece, essa risulta da scrittura L’apposizione della firma da parte del notaio sostituisce l’impronta del suo sigillo e che il notaio, per la generazione della firma digitale, deve adoperare un certificato qualificato che, al momento della sottoscrizione, non risulti scaduto di validità ovvero non risulti revocato o sospeso. Tale certificato qualificato di firma attesta anche l’iscrizione a ruolo sì che i terzi possano conoscere se il notaio è, oppure o no, nell’esercizio delle sue funzioni. 24. Altri mezzi di prova: confessione. La confessione è la dichiarazione che una parte fa circa la verità di fatti che sono ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. La confessione può essere: • giudiziale; Se resa in giudizio, fa piena prova contro colui che l’ha fatta, sempre che verta su fatti relativi a diritti disponibili; • stragiudiziale; Se resa fuori dal giudizio, ha la stessa efficacia di se fatta alla parte o a chi la rappresenta, mentre è liberamente apprezzata dal giudice se fatta a un terzo o contenuta in un testamento. Quest’ultima a differenza della prima (c.d. probatio probata), deve essere dimostrata e non può essere provata con testimoni quando verta su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa. La confessione può essere revocata soltanto se si prova che è stata determinata da errore di fatto o da violenza. Requisito di entrambe è la capacità di disporre dei diritti da parte di chi emette la dichiarazione. Quanto alla natura, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti qualificano la confessione come dichiarazioni di scienza, non di volontà. A volte può accadere che al riconoscimento dei fatti a sé favorevoli, si accompagni nella confessione l’affermazione di altri fatti o circostanze tendenti ad inficiare l’efficacia del fatto confessato, o a modificarne o estinguerne gli effetti. Queste dichiarazioni fanno piena prova se l’altra parte non contesta la verità dei fatti o delle circostanze aggiunte; se, invece, l’altra parte li contesta, è rimesso al giudice di apprezzare l’efficacia probatoria delle dichiarazioni. 25. Segue. Giuramento. Il giuramento è una dichiarazione compiuta da una delle parti circa la verità dei fatti dedotti in causa ed ha efficacia probatoria solo se reso in giudizio: è sempre prova costituenda e può provenire anche dalla parte alla quale i fatti dichiarati non nuocciono, ma giovano. Quando una parte non ha prove sufficienti per confermare le proprie dichiarazioni, può deferire (rimettere in giudizio) all’altra parte il giuramento per farne dipendere la decisione totale o parziale della controversia: è questo il giuramento decisorio. Esso deve essere formulato in modo tale che la parte cui è deferito, se giura, vince. Non può essere deferito invece quando non sia relativo ad un fatto che riguarda la parte alla quale è deferito (c.d. giuramento de veritate) o quando sia relativo alla conoscenza che essa ha di un fatto altrui (c.d. giuramento de scientia). La parte alla quale il giuramento è deferito può, se il fatto sul quale verte il giuramento è comune ad entrambe, riferirlo all’altra, sfidandola a giurare sugli stessi fatti ma, ovviamente, in senso contrario: sì che essa o giura o perde. Il giuramento è reso in giudizio personalmente dalla parte alla presenza del giudice. Nel caso una parte si rifiuta di giurare o non si presenta, senza giustificato motivo, in udienza, la sua versione del fatto non può essere considerata vera dal giudice. Se invece presta il giuramento, il giudice deve considerare vera la sua affermazione e su questa base deve decidere la questione per la quale il giuramento è stato ammesso; non è più ammessa prova contraria. La sentenza così pronunciata non può essere revocata, nemmeno qualora fosse poi provata la falsità del giuramento. Il soccombente nel giudizio civile può però denunciare in sede penale chi abbia giurato il falso; se interviene la condanna penale egli può chiedere il risarcimento dei danni. Il giuramento non può essere deferito per la decisione di cause relative a diritti indisponibili, atti illeciti, atti per i quali sia richiesta la forma scritta ad substantiam, né per negare un fatto che da un atto pubblico risulti avvenuto alla presenza del pubblico ufficiale che ha formato l’atto stesso. Il codice civile prevede un tipo di giuramento, c.d. suppletorio, che è deferito di ufficio dal giudice, quando la domanda e le eccezioni non sono pienamente provate, ma neppure del tutto sfornite di prova ( c.d. semiplena probatio ), o al fine di stabilire il valore della cosa domandata che non può essere accertato altrimenti ( c.d. giuramento estimatorio), e non può più essere riferito. 26. Segue. Testimonianza. La testimonianza è una prova orale, ossia è la narrazione dei fatti della causa, compiuta davanti al giudice nel corso del processo e sotto giuramento da parte di soggetti che sono estranei agli interessi in conflitto; tale prova non è particolarmente significativa, in quanto è difficile determinare se un terzo sia o meno estraneo agli interessi in causa, da parte del teste, sia perché la memoria umana è fallibile, sia perché la ricostruzione dei fatti è sempre soggettiva in quanto il soggetto che la compie, anche quando è in buona fede, non sempre riesce ad evitare una certa deformazione. e di conseguenza la sua ammissibilità è rimessa al giudice. La testimonianza è perciò liberamente apprezzata dal giudice e non è sempre ammessa. La sua ammissibilità è assoggettata a limiti, innanzitutto non può essere impiegata : • quando la legge pretenda per quel dato atto la forma scritta ad substantiam o ad probationem non bastando una prova orale; in tali ipotesi la prova per testi è ammissibile soltanto quando la prova scritta dell’atto sia stata perduta dal contraente senza sua colpa. Limite questo che opera soltanto tra le parti. • quando il valore dell’oggetto del contratto è superiore a lire 5000 (2721 comma 1). Il rigore di tale disposizione è temperato dal 2° comma, secondo il quale “l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza”. • quando ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si alleghi che la loro stipulazione è stata anteriore o contemporanea, essendo improbabile che i patti, se effettivamente conclusi, non siano stati inseriti nel documento; se invece si afferma che tali patti siano statti stipulati dopo la redazione del documento, “ l’autorità giudiziaria può consentire la prova per testimoni soltanto se, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto ed ad ogni altra circostanza, appare verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali”. I suddetti limiti non sono superabili e la prova per testimoni è ammessa: • quando esiste un qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda, che renda verosimile il fatto allegato; • quando il contraente si è trovato nella impossibilità, morale o materiale, di procurarsi una prova scritta; • quando il contraente ha, senza sua colpa, perduto il documento che gli forniva la prova. 27. Segue. Presunzioni. La presunzione è un metodo logico che permette al giudice di risalire da un fatto noto ad uno ignoto: da un fatto provato, si considera provato un altro fatto sfornito di prova diretta. Esse si distinguono in : • presunzioni semplici: quando il giudice reputa provato un fatto del quale mancano prove dirette; egli non può ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti, e nelle sole ipotesi nelle quali è ammessa la prova per testi. • presunzioni legali: quando è la legge ad attribuire a un fatto valore di prova in relazione ad un altro fatto che, quindi, è presunto. Non sono un mezzo di prova, ma influiscono sulla regola dell’onere della prova facilitando la tutela di talune situazioni giuridiche. Esse si distinguono in: • assolute: se non ammettono prova contraria; talvolta operano, sul piano sostanziale, in quanto si risolvono nella fissazione di un equipollenza tra fatto produttivo di un determinato effetto ed un altro fatto dalla legge equiparato al primo. • relative: se ammettono prova contraria.
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