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Studi sulla produzione giornalistica e televisiva in Italia - Prof. Barra, Schemi e mappe concettuali di Teorie E Tecniche Del Linguaggio Televisivo

Una panoramica degli studi sulla produzione culturale, con un focus specifico sulla produzione giornalistica e televisiva in Italia. Viene discusso il ruolo dei media nella società, l'influenza dell'organizzazione politica ed economica sulle industrie dei media e l'importanza di studiare le culture della produzione. Vengono inoltre presentati gli approcci etnografici e le ricerche empiriche sulla produzione giornalistica e televisiva.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 31/03/2022

AriannaVilla1
AriannaVilla1 🇮🇹

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Scarica Studi sulla produzione giornalistica e televisiva in Italia - Prof. Barra e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Teorie E Tecniche Del Linguaggio Televisivo solo su Docsity! BACKSTAGE. STUDI SULLA PRODUZIONE DEI MEDIA IN ITALIA INTRODUZIONE: STUDIARE LE CULTURE DELLA PRODUZIONE Notizie, musica, film, serie tv ecc., e le emozioni e sensazioni ad esse collegate sono parte dell’esperienza dei media, sono contenuti mediali; negli ultimi anni si è prestata attenzione alle routine produttive e distributive di questo mondo, non ci si può accontentare dei dietro le quinte, del backstage. Le culture produttive alla base dei media riflettono rapporti di potere più ampi, sono la conseguenza di logiche organizzative e negoziazione costante, quindi NON sono trasparenti. L’approccio sociologico. Va messo in relazione ai journalism studies. Dopo decenni di riflessioni sul ruolo della stampa si inizia a riconoscere l’importanza dell’informazione per le scelte di voto ecc., quindi per il funzionamento della democrazia. Periodo di analisi detto empirico, non è più uno studio solo speculativo; il rapporto fra informazione e democrazia è importante, in particolare ci si concentra all’inizio sulla figura del giornalista in quanto figura fondamentale che seleziona le notizie e l’approccio utilizzato è quello funzionalismo, cioè si pensa che i media facciano parte e contribuiscano alla stabilità del sistema sociale, senza soverchiare gli altri attori e sotto-sistemi. Dagli anni 70 la sociologia si interessa sempre di più ai media, alle pratiche del giornalismo, le sue convenzioni, le sue ideologie e culture professionali e occupazionali; i giornalisti non sono più solo quelli che selezionano le notizie ma sono quelli che le producono e il processo di produzione delle news è considerato il risultato di un contesto sociale e organizzativo. Viene poi messo in discussione il concetto di obiettività, si ritiene quindi che non esista una realtà obiettiva e oggettiva narrata dai giornalisti per quanto ci provino, ma solo una rappresentazione di essa, il portato di un potere. L’approccio funzionalità viene abbandonato, lo studio della produzione di news diventa sempre più critico grazie all’influenza dei cultural studies, che hanno enfatizzato la forza coercitiva di sistemi culturali e simbolici più ampi. Ciò rinforza l’approccio sociologico e si presta attenzione anche a contesto economico, politico e culturale; questo approccio rimane invariato fino alla fine degli anni 90, in seguito sono stati studiati i cambiamenti che sono seguiti al processo di digitalizzazione; ciò avviene in un momento in cui i journalism studies si affermano come studio autonomo; ancora dibattuti sono il tema sull’oggettività, l’autonomia professionale e la professione in sé, mentre il metodo più utilizzato ed efficace nel restituire punti di vista sulle dinamiche produttive è quello etnografico. L’approccio dell’economia politica critica. CPE critical politcal economy (Hardy) studia come la produzione e circolazione dei contenuti mediali è influenzata dall’organizzazione politica ed economica delle industrie dei media: scelte editoriali e fruizione sono influenzate dai diversi sistemi di finanziamento. I media hanno un potere di tipo simbolico che influenza la produzione, trasmissione e ricezione di prodotti culturali come film, videogiochi, romanzi, musica… questo approccio è influenzato dalla teoria marxista e dagli studi della scuola di Francoforte, che criticava le industrie culturali e il potere dei media sui pubblici criticandone la mercificazione della cultura e la massificazione delle coscienze. È un approccio che raggiunge maturità negli anni 60, quando vengono abbandonate le posizioni della scuola di Francoforte e si considera il rapporto tra media e società più complesso: i media vengono concepiti come industrie che producono e distribuiscono merci, si studia il piano economico internazionale e globalizzato. Vengono poi studiate le audience nello stesso modo in cui Marx studiò le condizioni dei lavoratori nelle fabbriche, cioè applicando ad esse la teoria del plusvalore in questo caso rivenduto agli investitori pubblicitari e trasformato in capitale. Tra i principali studiosi di questo campo c’è Hesmondhalgh che si è concentrato anche sul media work, cioè sui lavoratori delle industrie culturali e creative. Questo tipo di studi è in aumento e dà sempre più contributi sui retroscena di questo mondo e sulle vite dei lavoratori dei media (cinema, tv, musica, giornalismo…), che sono in condizioni precarie e instabili. L’approccio medium specific. È legato particolarmente alla tradizione dei film e media studies e si concentra sull’analisi critica dei mezzi di comunicazione, sui loro linguaggi e sulle loro forme testuali, i meccanismi e le logiche produttive affrontati con libertà e flessibilità d’azione. Il nume tutelare di questa tradizione è Morin che ha rivelato logiche, ideologie e caratteristiche implicite della produzione mediale. Ci sono stati studi sul mondo della tv e su quello di Hollywood, con analisi sulla produzione di film, di palinsesti. Con gli anni 2000 cambia l’approccio agli studi, si crea un metodo (prima erano studi sparsi e asistematici), si inizia ad analizzare non più la produzione della cultura ma le culture della produzione in sé, al di là dell’oggetto prodotto in sé, si studiano i valori, i rituali, i simboli che danno vita ai prodotti. Determinanti gli studi di Caldwell (ultimo capitolo) su come si autodefinisce e rappresenta la comunità; l’industria mediale parla e riflette molto su sé stessa, costantemente. Gli studi su questo campo usano gli strumenti delle Humanities e delle scienze sociali e considerano le realtà vissute da chi lavora in quel mondo, i production studies raccolgono dati empirici sulla produzione, le procedure e le routine, le forze economiche e politiche che intervengono, come le risorse vengono distribuite secondo differenze culturali e demografiche. RIPORTANDO I JOURNALISM STUDIES A CASA. IL CAMPO ITALIANO DEGLI STUDI SULLA PRODUZIONE GIORNALISTICA All’interno dei production Studies si possono trovare spunti di studio sulla produzione giornalistica. I journalism studies sono molto interdisciplinari, si basano su sociologia. Le news sono una forma culturale che ha implicazioni a livello culturale, questa cosa manca negli studi sulla. Produzione giornalistica, bisogna invece includere negli studi i Cultural givens (?), il dato per scontato. Ci sono alcuni aspetti della produzione dell’informazione che vanno oltre un’analisi politica, economica e sociologica, aspetti legati alle istituzioni ma che fanno parte di un background comune e condiviso attraverso il quale le notizie vengono selezionate e incorniciate. Production studies = come il potere agisce localmente per abbattere, riprodurre, mettere in discussione le gerarchie sociali. Nello studio di ciò che presiede alla produzione di notizie un ruolo importante è costituito dall’agenda, cioè ciò che è importante sapere. I giornalisti scelgono le notizie non autonomamente ma seguono una linea editoriale e il processo di costruzione dell’informazione è in continua negoziazione: da ciò ha origine l’agenda. Il lavoro quotidiano delle imprese ripetuto nel tempo crea una cultura che permette poi di interpretare anche le pratiche di produzione. Studiare il controllo della produzione dei media = definire più precisamente come il potere sia distribuito nelle società contemporanee. Punti in comune nei due campi di studio. Primo: l’oggetto di ricerca consiste in analizzare chi produce, parlare con le persone, le organizzazioni, non focalizzarsi solo sul prodotto (es come lavorano, il percorso formativo, perché hanno scelto x, come si organizzano…); il secondo aspetto è quali lenti applicare nell’analisi e nelle ricerche e ciò va fatto sia con un approccio che trascende il contesto organizzativo, capire che i news media fanno parte di un ambiente nel quale le relazioni di potere influenzano sia il posto di lavoro che l’esterno perché al loro interno ci sono specifiche politiche, economie, culture. Bisogna poi comprendere l’indeterminatezza dei giornalisti nonostante l’ambiente in cui lavorino sia molto determinato, sono importanti quindi le storie culturali delle istituzioni dei media contemporanei. Infine questi studi devono mantenere riflessività e scetticismo, sui metodi impiegati e sull’impatto che le ricerche hanno sui giornalisti: su questo aspetto insistono di più i production studies rispetto ai journalism studies (ciò è necessario accada anche all’interno dei journalism studies). Da ricordare: gli studi su produzione giornalistica derivano dagli studi sociali mentre quelli sull’industria culturale hanno origine dagli studi umanistici. In Italia molti studi dedicati al giornalismo ma mancano quelli che si intrecciano col mondo dei media, si trovano molti approcci, studi e ricerche di tipo sociologico; c’è poi un approccio tipico della comunicazione politica, una riflessione sul rapporto fra giornalismo e potere politico e le interazioni con gli utenti ad esempio prendendo in considerazione i social media. L’approccio storico analizza nel dettaglio la storia del giornalismo in relazione al contesto sociale, politico ed economico, ma anche alle innovazioni tecnologiche che hanno cambiato il mondo del giornalismo. L’approccio economico si concentra sull’economia dei media, sul duopolio e sulle imprese legate ai grandi gruppi industriali che a lungo hanno dominato il sistema dei media italiano. Pochi contributi da parte dei Cultural studies nonostante i vari riferimenti al giornalismo; infine fondamentali i contributi dei professionisti. Il sistema dei media e nel mezzo di una lunga mutazione, cambiano le lenti attraverso le quali guardare la produzione giornalistica, cambiano i modi in cui vengono presentate le notizie e gli strumenti dei giornalisti, cambiano le pratiche del mestiere del giornalista, delle redazioni; il giornalismo va studiato pensando ai testi come una costruzione socio culturale e tenendo in conto anche le tecnologie. È cambiato anche il rapporto con i lettori. Importante infine gli studi di tipo comparativo DIETRO LO SCHERMO, DENTRO LA SCATOLA. RADICI E PROSPETTIVE DELLA RICERCA SULLA PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE TELEVISIVA IN ITALIA. Fin dal primo dopoguerra in Italia ci si interessa al cinema come strumento politico, in quanto ritenuto espressione del potere. Ci sono stati studi sia da parte di marxisti che da parte di democristiani e della destra. Si analizzano diversi generi alla luce di nuove metodologie e mettendo in discussione le gerarchie consolidate; si presta attenzione al lavoro dei professionisti coinvolti nella produzione di film. 1985 Ancona: convegno grazie al quale si ottiene una vasta antologia di storia del cinema fra le due guerre. Ciò serve ad ampliare le conoscenze e ad aggiornare gli strumenti di analisi. Ultimamente gli studi si sono spostati verso il cinema come campo, cioè luogo in cui si manifestano questioni di rilevanza culturale e al contempo strumento con cui indagarle. Sono state analizzate diverse case di produzione italiane sia con prospettiva storiografica che metodologica; studiate anche le culture della produzione. Strumento utile per reperire informazioni sull’industria italiana dal 45 al 65 è l’archivio centrale di Stato e il fondo della direzione generale dello spettacolo, sezione cinema, dove sono conservati i progetti cinematografici, infatti prima del 65 (prima della legge Corona) i produttori dovevano presentare alla direzione generale documento con soggetto del film, professionalità tecnico artistiche coinvolte e altra documentazione che attestasse la validità del progetto, in seguito veniva rilasciato certificato di nazionalità del film e si poteva accedere a fondi e agevolazioni nazionali. La valutazione spettava alla direzione generale che giudicava questi piani. Si trattava di una legge ereditata dal fascismo e perfezionata con le leggi Andreotti del 1949. Tutto questo materiale presente presso l’archivio centrale di stato è utile per capire la genesi produttiva dei singoli film e le figure coinvolte in questo aspetto dell’industria cinematografica. Per concludere: c’è e c’è stata in Italia una tradizione di studi sulla produzione e sono presenti archivi che conservano materiale utile allo studio delle culture produttive. Esempio di un uomo coinvolto nel mondo del cinema è Mario Bava, che ha iniziato la sua carriera come assistente del padre, poi esperto di effetti speciali, titolista e poi responsabile di illuminazione e di trucchi, infine divenne uomo di fiducia di produttori e regista. Bava auto riflette sul proprio lavoro, in primo luogo la sua attività è instrumental and elective (= capacità di risolvere problemi nonostante la disorganizzazione dei set); è poi una attitudine ecumenica and ecletic, nel senso che risolve ogni tipo di problema anche quelli non di sua competenza. Bava è poi unintentional and effacing, cioè le sue soluzioni sono sempre dettate dalla necessità contingente, raramente da volontà creativa. Il suo lavoro è poi reductive and proprietari; la sua riflessione è poi preemptive o relative e infine common sensical, cioè comprensibile da tutti. SCRUTARE L’ICEBERG. LIMITI E STRADE PER LO STUDIO PER L’ECONOMIA DEL CINEMA ITALIANO LIBERA MA NON DAL BRANDING. RADIOGRAFIA DELLA MUSICA INDIPENDENTE IN ITALIA La nascita e la crescita di social network come MySpace (che ha visto l’esordio degli Arctic Monkeys), Soundcloud e Bandcamp ha permesso un processo di democratizzazione nel panorama musicale, questo processo un tempo era più difficilmente accessibile mentre oggi i nuovi media permettono agli artisti emergenti di avere più opportunità per essere notati da talent scout e case discografiche; cambiano inoltre le modalità di fruizione e produzione della musica in seguito alla digitalizzazione con YouTube e Spotify. Ciò vale soprattutto per la musica indie che è nota per essere auto prodotta: qual è la relazione fra musica indie e media digitali in Italia? Si tratta di un territorio libero ma nonostante ciò permeato di branding e networking tipico delle industrie creative. Secondo l’antropologa Fonarow indie si riferisce a 1. Le modalità di produzione e distribuzione della musica, che avvengono al di fuori dei circuiti commerciali principali; 2. Un ethos (ma anche un’estetica) fondato su scelte di indipendenza e autenticità; 3. È un genere con caratteristiche proprie lontane da quelle commerciali e a metà fra l’amatoriale e il professionale. A differenza dell’indie inglese legato alle subculture quello italiano è caratterizzato da una fronte impronta socio-politica. Oggi molto rilevante per la musica indie questo nuovo modo di produrre, che l’ha fatta crescere molto. Importante la gestione dei social, la popolarità di un artista ora emerge dai like o dal numero di volte che è stata riprodotta la sua canzone sulle piattaforme di streaming digitali; molti artisti gestiscono da sé le proprie pagine social che sono fondamentali in questo processo e vengono indirizzati anche con corsi specifici di digital marketing e branding. UNA VOLTA ERA PIU’ SEMPLICE. IL LAVORO DEL GIORNALISTA AI TEMPI DEI SOCIAL MEDIA. I social media hanno cambiato la linea divisoria fra lavoro e tempo libero e il campo giornalistico si è modificato per accogliere la trasformazione tecnologica. Le interviste fatte a giornalisti hanno messo in luce diversi punti: Mentre prima c’era più differenza fra Twitter e Facebook (il primo più serio e lavorativo, il secondo per la socializzazione personale, per la sfera informale) adesso molti giornalisti condividono contenuti lavorativi anche su FB, condividendo contenuti informativi e non più solo personali e familiari. Il cambiamento tecnologico è sia apprezzato con passione che visto in chiave negativa. Per un giornalista tuttavia al giorno d’oggi è fondamentale saper utilizzare social come Twitter e avere familiarità con il mondo del digitale, i social media sono indispensabili per la promozione e l’auto promozione. Prima i giornalisti classici e quelli impegnati nel digitale erano divisi e nei primi anni questi ultimi erano considerati “inferiori”, mentre ultimamente hanno acquisito un grande vantaggio lavorativo. Molti giornalisti usano la dimensione digitale in maniera passiva, solo osservando ma senza postare contenuti. La tecnologia non ha portato cambiamenti solo nelle dinamiche di lavoro ma anche per quanto riguarda valori e atteggiamenti. MARGINALITA’ E IDIOSINCRASIE. NARRAZIONI E AUTO NARRAZIONI DELL’INDUSTRIA DEL VIDEOGIOCO ITALIANA La storia dell’industria del videogioco è costituita da vari aneddoti difficilmente verificabili, miti fondativi e tante auto rappresentazioni e discorsi sui medium di un mondo la cui cultura produttiva è da sempre oggetto di dibattiti e interpretazioni. Per quanto riguarda gli studi sulla produzione prevale un approccio di tipo economico e statistico. Simulmondo 1987 fondata da Carlà, prima casa di produzione di videogiochi italiana, in quel periodo molti programmatori amatoriali, fai da te, pirateria. Due caratteristiche di Simulmondo: la sua natura idiosincratica, cioè caratterizzato dalla collaborazione con altre persone che pubblicò un annuncio per reclutarli; Simulmondo è poi un progetto precario dal punto di vista del suo collocamento produttivo. Inizia a produrre videogiochi distribuiti settimanalmente nelle edicole e poi con la Rai con giochi interattivi che gli spettatori potevano fare tramite il telefono. La differenza con le case di produzione europee è che queste ultime fecero inizialmente videogiochi per interesse personale, Simulmondo invece divenne un fornitore di servizi a terzi, a gruppi mediali di grandi dimensioni. L’industria italiana presenta uno sviluppo più lento rispetto a quelle europee, a causa della frammentazione e personalizzazione di Simulmondo che non proponeva servizi paralleli che ne permettessero la sopravvivenza. Il contesto produttivo infatti è caratterizzato da precarietà, mancano infatti gli incentivi, statali e locali, in più l’industria fornendo contenuti solo parzialmente legati all’ambito dei videogiochi, appare frammentata, ciò è confermato anche da documenti e studi di settore. In Italia la produzione è messa in ombra dalla distribuzione. Due grandi realtà, la Ubisoft e la Milestone, accanto ad esse una moltitudine di piccole case indipendenti, presenti in contesti sfavorevoli, frammentati, marginali. La community dei lavoratori in questo ambito non ha background differenti, non può dare troppi contributi diversi per questo motivo e non si può sviluppare molto. INTORNO ALLE INDUSTRIE DEI MEDIA. DIECI TRATTI DISTINTIVI E SFIDE PER LA RICERCA L’industria mediale è: - Culturale - Ermeneutica: guidata dal profitto, bisogna considerare che è un soggetto aziendale. Gli appaltatori di Hollywood non solo producono contenuti ma trafficano all’interno di teorie, atteggiamenti e analisi sviluppate da studiosi per mantenere obiettività e distanza. Per quanto riguarda i film studies non si tratta solo di interpretazione riduttiva. - Razzializzata: dominata da bianchi, le minoranze razziali anche se assunte vengono comunque segregate e categorizzate, lavorano in ambiti subalterni, ciò avviene a livello istituzionale. - Sessualizzata e genderizzata: l’ambiente presenta pregiudizi sulle donne e dà loro sempre un certo tipo di ruolo, in questo modo diventa difficile ricoprirne altri, alla base c’è la percezione del genere femminile come caratterizzato da abilità e tendenze naturali (esempio le donne sono più brave in lavori di precisione e dettaglio, nella comunicazione, o devono iper mascolinizzarsi per poter ricoprire ruoli che generalmente sono ricoperti da uomini). - Affettiva e incorporata (embodied) - Disciplinata attraverso auto sorveglianza - Rizomatica: ha una struttura a rete, non ci sono solo poche grandi conglomerate, ma ci sono entità che si affiliano costantemente. - Retribuita esteticamente: ci sono cioè forme simboliche di pagamento, capitale culturale, l’industria è definita molto dall’aspirazione, anche chi è poco pagato mette in scena la propria artisticità in modo deciso, si sentono di dover dimostrare il proprio valore artistico. - Testualizzata - Un casino
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