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Baldriga, Diritto alla bellezza. Educazione al patrimonio artistico, sostenibilità e cittadinanza, Sintesi del corso di Storia Dell'arte

Riassunto del libro “Diritto alla bellezza”

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 17/05/2021

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Scarica Baldriga, Diritto alla bellezza. Educazione al patrimonio artistico, sostenibilità e cittadinanza e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! Diritto alla bellezza: educazione al patrimonio artistico, sostenibilità e cittadinanza – Irene Baldriga Introduzione Esiste un diritto alla bellezza? Il libro raccoglie interventi proposti (febbraio 2016 e marzo 2017) ai docenti della scuola superiore in alcuni dei più prestigiosi musei italiani, in occasione della presentazione del manuale “Dentro l’arte”. Per ogni tappa sono stati scelti temi che potessero trovare un preciso riscontro con i luoghi, le collezioni o le esperienze delle comunità locali. La scelta di accompagnare l’uscita di un nuovo testo di storia dell’arte attraverso seminari di formazione sui temi più attuali dell’educazione al patrimonio risponde a una prospettiva culturale e metodologica che punta ad attribuire alla storia dell’arte l ruolo di disciplina protagonista nella trasmissione dei valori di legalità, corresponsabilità e cittadinanza. 1. Storia dell’arte, storia della cultura: intrecci metodologici e sperimentazioni per una nuova pedagogia del patrimonio Il tema della complessità è un canale prezioso per comprendere le ragioni di senso e di valore che riguardano l’insegnamento della storia dell’arte. Lo storico dell’arte di formazione moderna è uno studioso abituato a muoversi nella dimensione della storia della cultura, al punto da definire come sfera la “storia della cultura” ancora prima della storia dell’arte. In “Arte e Illusione” Gombrich afferma che “è la forza dell’attesa, più che la forza della conoscenza concettuale, che determina quel che vediamo nella vita non meno che nell’arte”. Gombrich affronta la questione della percezione e della consapevolezza: il rapporto tra comprensione effettiva dell’oggetto artistico e ruolo delle conoscenza pregresse. La questione cruciale è quella di trovare un opportuno equilibrio tra la trasmissione dei saperi e lo sviluppo delle competenze. Nel momento in cui parliamo di “educazione al patrimonio” ci poniamo il problema di mettere i giovani nelle condizioni di percepire l’opera, comprenderne il significato storico-culturale. Diventa essenziale dotare i giovani delle coordinate per leggere un manufatto artistico. Gombrich offre due esempi per la lettura dell’immagine. Uno è quello dell’angelo musicante dipinto da Van Eyck nel Polittico dell’Agnello Mistico di Ghent, in cui il pittore inserisce il dettaglio quasi inafferrabile per l’osservatore moderno, suggerendo una estensione fuori dal campo che proietta l’opera d’arte nel vissuto reale. Il secondo caso invece è un gioco di immaginazione che fa leva sulla capacità di inferenza dell’osservatore, una competenza che può trasformare pochi segni elementari in una immagine suggestiva e carica di possibili sviluppi narrativi. Una delle maggiori difficoltà dell’insegnamento della storia dell’arte nella scuola oggi è quello dell’introduzione dei giovani alla lettura del manufatto. La mancanza di riferimenti contestuali ostacola il processo di apprendimento degli studenti. Il brano di Erwin Panofsky spiega il passaggio dalla iconografia all’inconologia e illustra questo processo di comprensione dell’immagine. Distingue tra un significato primario ed uno secondario, per portarci al significato intrinseco o contenuto. Sappiamo che il metodo Panofsky necessita di un rafforzamento metodologico rigoroso e ancora più sottile, quello della capacità di collegare le scelte formali al contenuto. L’allenamento alla decifrazione costituisce un tratto della storia dell’arte, nella quale si combinano aspetti teorici e culturali a particolarità intrinseche del “fare”: un approccio mentale che nutre il senso identitaria dei cittadini. Timothy Brook si concentra sul microcosmo che è la realtà socioeconomica e culturale della cittadina di Delft nel XVII secolo. Analizzando otto dipinti di Vermeer sottolinea “Possiamo godere del piacere che l’opera offre, ma dobbiamo guardare gli oggetti come segni che ci parlano del tempo. La presenza di alcuni a volte non sembra il risultato di una scelta deliberata; in tali casi il nostro compito è persuaderli a parlare. Se riusciremo a vedere negli oggetti delle porte da aprire vedremo schiudersi davanti a noi strade che ci condurranno a scoprire aspetti del mondo dei seicento ignoti ai quadri stessi, e di cui l’artista non era probabilmente consapevole”. L’approccio iconologico è la proiezione della disciplina in un contesto di competenza. In un volume di Ginzburg l’autore relazione il processo empirico di analisi proprio del conoscitore all’elaborazione del metodo di indagine di Sherlock Holmes, come viene esposto nei romanzi di Conan Doyle. La chiave di comprensione e di deduzione deriva dall’allenamento ad un diverso modo di guardare l’evidenza della realtà. Agli studenti il metodo offre una palestra mentale applicabile ai più vari contesti. La disciplina si pone come laboratorio continuo. Le culture del mediterraneo, ad esempio. Offrono infinite possibilità per affrontare le trame dei contatti tra i popoli, delle contaminazioni e degli intrecci linguistici e formali. Fondamentale è non limitarsi alla mera citazione dell’aggancio formale, storico o culturale. Nel caso della pittura o albese, il riconoscimento del piatto cinese ove è adagiata la frutta dipinta nella Ragazza che legge una lettera alla finestra di Vermeer è funzionale a tracciare il percorso storico e geografico che conduce i vascelli olandesi fino ai più remoti mercati d’oriente. Gli esempi sono innumerevoli. La forza evocativa di dettagli decorativi e di complementi esotici si rinnova nei secoli successivi senza soluzione di continuità. Importante è che la chiave dell’inclusione passa anche attraverso la dimensione della neutralizzazione delle specificità. Le origini di ciascuno, le identità culturali e le diversità sembrano svanire quando un intero gruppo viene posto di fronte ad un linguaggio inedito, sconosciuto. Il confronto con la sofferenza assolta, sublimata, dei sacchi di Burri o dei suoi cretti, comporta uno sforzo immenso di immedesimazione e di retroproiezione che affonda nella pura essenza dell’essere umano, nella sua immedesimazione e di conflitto con la natura, favorendo una crescita emotiva dei giovani. Da parte dell’insegnante, si impone un impegno aggiuntivo di consapevolezza e di programmazione dei percorsi di collegamento e di riflessione. La comprensione dei riferimenti culturali e identitari di cui l’opera d’arte è documento e veicolo consente l’assimilazione di codici di lettura e la maturazione di un’attrezzatura epistemologica idonea a superare gli ostacoli della complessità dell’era post moderna. 2. L’identità del bello e il quotidiano Uno dei tratti che caratterizzano il patrimonio artistico italiano è quello della sua diffusione territoriale. La rilevazione che il viaggio in Italia comporta assume i toni più vari che vanno dallo svelamento di nuovi modelli estetici a riflessioni che riguardano il senso stesso dell’arte, della memoria e del piacere estetico. Importante è il legame tra il popolo e il patrimonio artistico. È utile ripercorrere le ragioni e le trame del legame profondo che si stabilisce in Italia tra identità popolare, patrimonio artistico e paesaggio. Nel 1950 si ritrova una delle tante reazioni della cittadinanza locale in riferimento ad un ritrovo. A Sperlonga avevano trovato il ciclo dell’Odissea e la popolazione locale si mobilità per contrastare il trasferimento dei reperti a Roma, fino ad ottenere un museo ad hoc, costruito appositamente. Questa è una delle tante nel fiume delle vendite, esportazioni clandestine e di smembramenti. Il fenomeno delle dispersione del nostro patrimonio ha nutrito il sentimento di affezione del popolo nei confronti del patrimonio stesso. Lo smembramento dei polittici prerinascimentali, opere dei primitivi, alimentò un collezionismo onnivoro che si mantenne per tutto l’Ottocento. La documentazione pervenutaci circa la vendita e la disgregazione è copiosa e straziante. La privazione alimenta e vivifica il valore del possesso, nelle relazioni affettive come nella maturazione del senso della memoria e dell’identità di un popolo. Il tema della nostalgia ispira lo sguardo dei neoclassici e poi di tutto il Romanticismo, accendendo lo struggimento verso le rovine sopravvissute al degrado del tempo o verso la perdita di originali perduti. I momenti più drammatici della dispersione hanno evidenziato l’attaccamento del popolo al patrimonio artistico: le spoliazioni napoleoniche, la cessione delle grandi collezioni, la guerra, i furti e il terrorismo. C’è un momento nella Repubblica Romana del 1798-99, in cui il popolo di Roma si mobilita per proteggere le opere d’arte a rischio di spoliazione. È proprio quel momento storico che vide la più lacerante umiliazione del patrimonio artistico italiano, sollevò critiche e generò riflessioni per noi pietre miliari della moderna sensibilità storico-artistica. Prime fra tutte quelle di Quatremere de Quincy nelle sue lettere afferma l’inviolabile legame tra l’opera d’arte e il suo contesto originario. La nascita di una storia dell’arte concepita come sistema e non come una storia degli artisti, attribuita prima Winckelmann ed ereditata da Lanzi, che sancisce nella seconda metà del Settecento un diverso modo di concepire la storia dei manufatti storico artistici. Winckelmann scrive dell’essenza dell’arte, che vuole andare al cuore del mistero della bellezza e della sua relazione con il tessuto che l’ha prodotta. L’Italia unita ha da subito investito risorse intellettuali e organizzative per la nascita di una storia dell’arte nazionale. Massimo protagonista di questa operazione è Venturi. I fattori determinanti qui furono:  L’azione di catalogazione del patrimonio artistico;  La risistemazione delle collezioni museali;  Il riconoscimento di una dignità universitaria alla storia dell’arte;  L’inserimento della disciplina nell’istruzione liceale Appare chiaro che Venturi approda alla proposta di inserire la storia dell’arte nei licei quale coronamento di un percorso che era già partito dal territorio e dal patrimonio e che aveva condotto la storia dell’arte nelle università. La ferita accende l’emergenza del censimento del patrimonio. Il legame tra storiografia e territorio si consolida. Venturi punta ad una sorta di grande revisione della storia dell’arte. È la vera nascita di una storia dell’arte italiana. Lo sforzo di sintesi compiuto da Venturi ispirerà l’inserimento della disciplina nella scuola, nella piena consapevolezza di nutrire uno spirito identitaria nazionale si avvicina il cittadino al patrimonio diffuso e allargato. La scuola trova nel nostro insegnamento un riferimento insostituibile nel percorso che dobbiamo intraprendere per la formazione di cittadini realmente attivi. La storia dell’arte è il terreno fertile di cui l’Italia oggi dispone per coltivare i valori di identità e di cittadinanza. L’alleanza che i musei possono garantire alla scuola costituisce una risorsa preziosa, oltre all’opportunità di avvicinarsi alle opere e incontrare le professioni dei beni culturali. Il museo ha assunto il ruolo civico e sociale di catalizzatore dei valori di identità e memoria. Il museo vanta il primato della battaglia civica volta alla preservazione di valori intangibili, ma ad esso va riconosciuta anche la competenza di poter incidere sulle scelte che riguardano la tutela e la comunicazione delle opere. 3. Patrimonio artistico e sviluppo sostenibile Relativamente alla questione dell’utilità della conoscenza, la storia dell’arte si configura come una disciplina di forte impatto sociale. Gilbert Ryle ha affrontato il tema dei limiti e dell’importanza della verità e della conoscenza. Il principale discrimine che ne deriva sta nel riconoscimento sociale che una certa verità o un certo sapere raccolgono. Ryle è un filosofo che si occupa di temi che riguardano i processi di apprendimento: nella sua distinzione tra una conoscenza del come e del cosa, Ryle contrappone l’esperienza ai contenuti e ai processi, dichiarando un’alterità tra competenze e saperi. Il rapporto tra conoscenza e società delle riflessioni di Ryle hanno contribuito alla formulazione del concetto di conoscenza come familiarità, a quella forma di apprendimento che deriva da un’esperienza maturata dal soggetto interessato. Due questioni fondamentali:  Il rapporto implicito che si stabilisce tra “conoscenza come familiarità” e “conoscenza diretta”  L’influenza che la “conoscenza come familiarità” può esercitare sullo sviluppo culturale e socio economico di una realtà. Il concetto di conoscenza come familiarità è collegato alla diffusione di una consapevolezza sociale. Il tema della sostenibilità nasce a livello internazionale agli inizi degli anni Settanta e viene esteso verso la fine degli anni Ottanta. Solo agli inizi degli anni Novanta si comincia a parlare di patrimonio culturale come quarto pilastro dello sviluppo sostenibile. Il concetto di sviluppo sostenibile è diverso da quello generico di innovazione e di modernizzazione: la sostenibilità va gestita sotto il profilo politico e culturale e anche educativo. La sostenibilità ricercata attraverso la cultura ed il patrimonio migliora le condizioni di benessere sociale, amplifica le condizioni di diritto e di democrazia, rafforza il rapporto tra cittadini, ambiente urbano e paesaggio, inoltre crea lavoro. Il problema si cui ci stiamo occupando tocca le responsabilità della politica e della cultura come processi incrociati e interconnessi. Si occupa di divulgazione ed è fondamentale ricucire il più possibile questo collegamento.studi recenti hanno indagato con attenzione il profilo dello storico dell’arte come politico ed intellettuale. La chiave che accomuna i due personaggi è quella che impone a chi possiede gli strumenti della conoscenza e la sensibilità dell’intellettuale il dovere morale di assumere la responsabilità di custodire il patrimonio, di tutelarlo e di trasmetterlo alle nuove generazioni. Lo storico dell’arte che scenda sul terreno della gestione pratica del patrimonio è indotto a rapportarsi con l’etica della responsabilità, assumendo il principio di realtà come condizione delle proprie scelte e delle proprie posizioni. Il ruolo aggregante e politico esercitato dal museo secondo Argan rappresenta il profilo di un obiettivo culturale importante che fa convergere aspetti fondamentali della tutela del patrimonio, della sua comunicazione, della sua interazione con la comunità vitale che gli si muove intorno. Il grande dibattito si scontrò con la visione del museo che Argan intendeva promuovere, una visione che collega il Museo nella sua funzione Due questioni che minano alla base la discussione sulla didattica della storia dell’arte rivolta ai linguaggi del contemporaneo: 1. Difficoltà e tempi della programmazione scolastica (molti insegnanti riescono a malapena a introdurre il periodo delle avanguardie e storiche) 2. Difficoltà di avvicinare gli studenti ad una piena comprensione dei linguaggi del contemporaneo, che si può maturare attraverso tre condizioni:  Esperienza diretta  Conoscenza di documenti critici e delle testimonianze  Laboratorialità e ove possibile l’incontro con gli artisti Un paese con tradizione storico artistica dove porsi con forza la domanda del cosa e come insegnare nella scuola, ha il problema della programmazione sempre più pressante. Le indicazioni del MIUR prevedono per il quinto anno un percorso molto ricco e complesso. Più contenuti sono gli obiettivi stabiliti per gli altri licei. Il più difficile equilibrio da trovare oggi è quello di garantire un’adeguata trasmissione dei saperi e dei contenuti come anche dei principi di inclusione, pluralità e democrazia. Qui la scelta tematica deve sapere considerare la disciplina come dimensione aperta, capace di fornire chiavi di lettura utili alla interpretazione del presente. Soprattutto l’arte contemporanea favorisce processi di: o Inclusione alla diversità a tutti i livelli o Pluralità culturale o Democratizzazione dei processi educativi Il caso della storia dell’arte è sensibile. Nel nostro paese il 9,2% degli studenti è di cittadinanza straniera. Diminuiscono gli alunni stranieri nel primo ciclo ma crescono quelli iscritto al secondo ed è in forte crescita la quota di alunni con cittadinanza non italiani nati in Italia. Tra le problematiche c’è quella della carenza dei laboratori creativi nelle nostre scuole. Da questo punto di vista l’approccio teorico e storicistico non aiuta la comprensione e il coinvolgimento degli studenti di fronte alle sperimentazioni linguistiche della postmodernità. Gardner spiega come negli adolescenti prevalga una propensione all’iperscriticismo, verso di sé e verso gli altri. L’approccio educativo corretto è quello di allenare i ragazzi ad un pensiero critico virtuoso e costruttivo. È necessario lavorare sulla motivazione. Concetto di creatività di Csikszentmihalyi come frutto dell’interazione di tre fattori:  L’individuo che ha la padronanza di una disciplina;  Il campo culturale (contesto) in cui egli va ad operare  L’ambiente sociale L’avvicinamento al contemporaneo si rende più che mai necessario per affrontare la questione dello scontro di civiltà. L’esempio della Francia con il suo grande fenomeno di immigrazione ha portato ad un problema di integrazione. Sayad ha parlato a proposito di immigrati, di una condizione di doppia assenza: quella di chi ha lasciato il proprio paese e di chi ancora non ne ha uno di effettiva accoglienza. Sayad considera tre problematiche: 1. Il bisogno assoluto di consolidare i puntelli di inserimento nell’ambiente di accoglienza (prima la componente linguistica) 2. Il fatto che la cultura di provenienza non è un insieme di rappresentazioni standardizzate, ma che si compone di esperienze e di relazioni 3. La questione della mancata equità Alla luce del terrorismo e dell’immigrazione è fondamentale che la scuola definisca in modo più chiaro gli obiettivi e gli strumenti della propria azione educativa. L’insegnamento della storia dell’arte può supportare due temi sostanziali: o Quello dell’identità, fornendo elementi di rappresentazione culturale dei gruppi e di riconoscimento dei singoli o Quello della pluralità e dell’inclusione, che assicura terreni neutri di confronto sull’espressività dell’essere umano. Coltivare la propria identità culturale, la propria tradizione, è fondamentale. Nel mondo anglosassone il tema dell’integrazione culturale trova nella didattica museale del contemporaneo uno degli spazi più efficaci e fecondi. Un caso di studio interessante è quello della Tate Britain di Londra, dove ci si è posti, nel 2005, la questione della diversità e dell’accessibilità delle collezioni alle minoranze, ma soltanto il 3% della popolazione “minoranza” sceglieva di visitarlo. Al fine di promuovere una percezione meno identitaria a senso unico, la Tate ha scelto un criterio espositivo tematico e non cronologico. Si è cercato di valorizzare l’integrazione con altre aree del mondo, lasciando emergere le relazioni, gli scambi e i reciproci arricchimenti che l’arte riesce a testimoniare. Molto significativo è che nel Regno Unito, dove non esiste un insegnamento obbligatorio di storia dell’arte nella scuola, il compito di incoraggiare i valori di integrazione e valorizzazione sia affidato ai dipartimenti educativi dei musei. Suggestioni per immaginare percorsi didattici interculturali e inclusivi:  L’informale è il contesto espressivo più idoneo a stimolare la riflessione dei ragazzi su un genere di creatività che punta a risvegliare la sensibilità dell’uomo.  Il concetto di avanguardia è un altro contenitore che può stimolare nei ragazzi la comprensione dei fenomeni culturali;  Il dialogo classico/anti classico che si relazione anche con le categorie di primitivismo e di esotismo. Un altro interessante approccio è quello della narrazione dell’esperienza stessa. La presenza delle opere stimola sensazioni emotive, estetiche, concettuali. Possiamo lavorare per sollecitazioni:  Emozione  Estetica  Narrazione  Identità (singolo, memoria, comunità)  Linguaggi È stata allestita la collezione di Teheran nel 2015 presso il Farah Diba Pahlavi Museum of Contemporary Art, qui sono conservati capolavori di Pollock, Giacometti, Magritte, De Kooning, Lichtenstein. Custodita nei depositi per decenni, la collezione è ora considerata simbolo di una nuova stagione di apertura e di slancio verso la modernità e l’innovazione. I meno fortunati, gli emarginati, chi vive per varie ragioni in una condizione di diversità e di isolamento, non solo beneficia del Bello, ma ne ha un grande desiderio. 7. Tra passato e presente. Evoluzione del gusto e paesaggio urbano nella sfida della modernità Un terreno privilegiato è il contesto culturale e morale rappresentato dalla città come spazio fisico, luogo dove si vive, si lavora, si ama e si studia. Luogo e simbolo della complessità come immagine mentale degli intrecci e delle criticità che dominano il postmoderno. La città va intesa come grande metafora della complessità, un concetto divenuto chiave di lettura dei nostri tempi e distante dalle categorie del sapere tradizionale. La città è oggetto di elaborazione artistica costante. Lo stesso fenomeno della street art è una forma di appropriazione dello spazio urbano. La dimensione urbana rappresenta il paesaggio in cui i nostri ragazzi crescono e sviluppano categorie di pensiero. È interessante considerare l’impatto che la città esercita sul popolo dei giovani. È la paura che la città può suscitare ad essere anche un grande fenomeno di ispirazione per l’arte e la narrativa. La città genera delle metastorie, super esperienze che scivolano in dimensioni parallele, che rappresentano delle soluzioni di evasione all’anonimato. Non è per caso che i grandi supereroi conducono vite ordinarie e doppie esistenze. Come Spider-Man, la rivincita dell’uomo qualunque. Egli si impone, creatura ibrida tra l’uomo e l’animale (trionfo della natura sull’artificio dell’urbanizzazione estrema che strangola il paesaggio), sull’abitato. Soltanto tra gli addetti ai lavori è stato sottolineato il nesso tra progettazione urbanistica, architettura e fumetto. Non soltanto il fumetto si lega alla creazione dei centri urbani simbolo della modernità, ma esso è un modo di raccontare la dimensione urbana che sfrutta il metodo dell’architettura per ambientare le proprie storie. Una delle più suggestive rappresentazioni a fumetti di centro urbano è stata realizzata da Carlo Barks, inventore di Paperopoli. Una prima osservazione riguarda la nascita dei grandi edifici della modernità, i grattacieli di Chicago e New York, dagli anni venti e trenta. Con questi giganti di acciaio nasce un nuovo paesaggio che convoglia i flussi. Sono questi gli anni in cui nascono i fumetti che hanno fatto la storia. Alla fine degli anni Trenta con Superman e Batman si afferma un connubio stretto tra narrazione fumettistica e architettura, che si arricchirà anche nel romanzo di fantascienza. Nel 1951 Isaac Asimov dà vita al Pianeta Trantor, un mondo che ha la particolarità di essere interamente urbanizzato. Spider-Man nasce nel 1962 ed è un fumetto ispirato e votato al rapporto tra città e architettura. In quegli anni si sviluppa un certo modo di fare cinema che si incentra sulla visione dell’architettura. Questo vale per la cinematografia di Hitchcock. L’idea stessa della metropoli futuristica appartiene ad un bagaglio di percezioni che noi tutti abbiamo assimilato per effetto della cinematografia. Lo spazio della città postmoderna è visualizzato e descritto nei racconti di Philip Dick: il racconto che ispirerà poi il celebre Blade Runner, si snoda in un contesto di urbanizzazione estrema e di degrado cui la tecnologia futuribile appare già mangiata dall’obsolescenza. Il fascino del legame tra architettura e fumetto è testimoniato dal fare degli architetti: Le Corbusier riteneva che la rigidità del disegno tecnico equivalesse alla morte dell’architettura, sentendo il bisogno di progettare i propri edifici in senso plastico, quasi scultoreo, un approccio che ritroviamo negli schizzi di Gehry, come in quelli di Foster e Renzo Piano. In questo edificio si afferma una vitalità intrinseca che davvero si impone per il carattere visionario. Questi edifici indicono più sulla sfera dell’emozione e dell’esperienza che non della funzione effettiva o della relazione con la città. Sono come organi autonomi che si relazionano con la città senza porsi in armonia con la sua struttura. Facilmente queste creazioni possono essere stigmatizzate come forme di narcisismo, di tradimento dello scopo funzionale del costruire. Eppure gli edifici post moderni hanno determinato un rilancio della popolarità dell’architettura e attirano la curiosità di visitatori occasionali. Spesso questi grandiosi pachidermi si impongono con forza e si fanno spazio nella città già esistente. Henri Lefebvre affermava che l’urbanistica ha ucciso l’urbanità. Franco La Cecla dichiara che l’urbanistica intesa come pianificazione dello spazio abitato può avere un effetto devastante sulla vita degli uomini. Quando Frank O’Gerry Gehry conquista la fama internazionale lo fa progettando la propria abitazione in California. Settis parla di una visione del classico proiettata sul futuro, capace di elaborare un nuovo statuto degli studi classici in un contesto culturale soggetto a mutazioni tanto radicali come quelle a cui andiamo assistendo. Soprattutto il classico deve essere la chiave di accesso con le culture “altre” in un senso autenticamente globale. È difficile riuscire a trasmettere questa consapevolezza a dei giovani studenti di scuola secondaria superiore, ma vale la pena tentare. L’architettura del presente svolge un ruolo molto diverso da quello che ha avuto nella tradizione, un ruolo che sovrasta la funzione per proporre un’esuberanza di forme e di proiezioni immaginarie. L’architettura è oggi dimensione ludica di un’ambizione di eternità. L’insegnamento del contemporaneo nella scuola è difficoltoso per molte ragioni. Le strategie di competenza che possiamo utilizzare per ottenere un coinvolgimento sono di attirare i giovani con:  Narrazione letteraria  Vissuto ed esperienza diretta degli spazi e delle architetture  Osservazione attiva dell’architettura e della città  Richiamo al fumetto  Cinema e la realizzazione di riprese video  Autonarrazione. La città è ora il vero pianeta della modernità. 8. L’arte di narrare l’arte. Musei e manuali tra metodo ed emozione Il tema della narrazione è cruciale nell’impostazione di un allestimento museale. Esporre opere significa creare un contesto di percezione, di lettura e di comprensione dell’opera d’arte. Significa stabilire connessioni, definire percorsi, stimolare riflessioni. Confronto tra due allestimenti: la Sala dell’Ariadne di Natali agli Uffizi e Il Salone dell’Ercole nella Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma della Collu. Si tratta di due approcci opposti:  Da un lato riconosciamo l’approccio contestualizzante di Natali che cerca connessioni colte e documentate, ma non rinuncia ad un profilo di eleganza e di qualificazione dell’ambiente  Dall’altro esplode il carattere emozionale dell’allestimento della Collu, con accostamenti sul tema della memoria, dello stupore che ripudiano però i criteri di cronologia e di contestualizzazione storica. I due esempi corrispondono a opposti modelli di narrazione e a obiettivi Museo grafici disgiunti: il rapporto che ci si aspetta di stabilire tra opera e fruitore risponde a valori inconciliabili, nei quali non è tanto il fattore educativo a costituire l’elemento di contraddizione, quanto il tipo di esperienza che si vuole mettere in campo. Il filo della narrazione nella costruzione di un allestimento museale è cruciale e strategico:  Cruciale perché si è compreso che la narrazione è il percorso ideale che accompagna l’esperienza dell’apprendimento  Strategico perché è attraverso il canale del racconto posto in essere che diviene possibile trasformare il museo in un organismo vitale e dinamico. Un aspetto importante per gli studiosi di museografia è determinato dalla instabilità del significato dell’opera d’arte. Una componente decisiva viene giocata all’interno degli spazi museali, dalla organizzazione degli spazi e degli itinerari di visita: pensiamo al coinvolgimento fisico ed esperienziale del Guggenheim di New York, nel quale non esiste una gerarchia di spazi e l’intero involucro del museo è concepito come ambiente unitario, in cui il visitatore non può sottrarsi ad un percorso che intende proporsi come avvolgente e organico. Ovviamente la concezione di uno spazio museale è connessa alla collezione di cui è custode. Una soluzione come la sala del Marco Aurelio dei Capitolini costituisce una scelta geniale nel rapporto con la città. Musei e manuali Sulle potenzialità narrative dei musei potremmo soffermarci a lungo. Importante è il suo impatto sulla evoluzione della manualistica, dello strumento cui si affida il compito di definire percorsi di comprensione dei linguaggi artistici. Una riflessione deve anche tenere conto delle differenze che i due contesti presentano in termine di apprendimento. Va anche presa in considerazione l’evoluzione che la classificazione dell’apprendimento ha subito negli ultimi decenni, soprattutto nella scuola. Il Piano Nazionale per l’Educazione al Parimonio, varato nel 2016 affronta la questione dell’apprendimento attraverso i beni culturali. L’accoglienza, l’accessibilità e la libertà di muoversi all’interno di un percorso museale favoriscono la maturazione di consapevolezza e lo sviluppo di comportamenti che il visitatore tende a replicare nel proprio rapporto con il patrimonio. Gli studi più recenti hanno dimostrato che i visitatori percepiscono l’esperienza del museo in termini di narrazione e ne assimilano il carattere di frequentazione, attraversamento e di esplorazione fisica di un luogo. La realizzazione di un manuale è un’impresa non ordinaria, che comporta alcune scelte di metodo molto complesse: dal registro linguistico, al livello di complessità concettuale, al rapporto testo/illustrazioni. La rilevanza di artisti e movimenti, la loro successione, le relazioni e i contrasti. La consapevolezza della relazione tra manualistica e allestimenti museali si matura in modo spontaneo. L’autrice ha scelto di perseguire un livello costante di ispirazione. Questo approccio emozionale risponde a due necessità:  L’esperienza diretta delle opere, delle tecniche, delle dimensioni e dei materiali  Il convincimento che la comprensione dell’opera si nutre di una molteplicità di fattori imprescindibili, di una lettura storico critica profonda e di un coinvolgimento emozionale. L’elaborazione di un manuale richiede la frequentazione dei musei ed un aggiornamento metodologico sulla comunicazione museale. Sottrarre un dipinto o una scultura al flusso della narrazione di un manuale significa costruire intorno ad essa un ambiente ed un’atmosfera del tutto equivalente all’allestimento di un’unica sala. Il parallelismo tra allestimento museale ed espressione letteraria non è una novità. L’esempio più alto da citare è il criterio espositivo di Scarpa a Castelvecchio, Verona, nel quale la collocazione delle opere risponde ad un dialogo tra la collezione ed il contenitore. Persino i colpi di scena consentono similitudini con la letteratura artistica più consapevole. Un altro caso interessante è quello delle opere smembrate e ricomposte in percorsi espositivi, gli affreschi staccati e i mosaici pavimentali. L’affresco staccato testimonia una sofferenza, separazione e sottrazione dell’opera al contesto. Il museo ne consente la tutela e la facile fruizione. Una esposizione più o meno romantica influenza la comprensione dell’opera. Il manuale deve saper interagire con le narrazioni adottate dai musei e dialogare con esse, l’allestimento costituisce un percorso di lettura e di percezione che entra a far parte del canone. L’esposizione del Guernica al Reina Sofia è un’esperienza di rara efficacia. Il visitatore è accompagnato al capolavoro da una sequenza di schizzi preparatori. Iil museo sfrutta la notorietà del capolavoro: sospende il tempo dell’incontro con l’originale rallentando il ritmo della visita, per poi sconvolgere il fruitore con un’esplosione che lascia senza fiato. L’autrice ha scelto di fare qualche passo indietro; portando il lettore nell’atelier dove l’opera fu realizzata. La scelta dell’isolamento di un’opera non necessariamente deve cadere sui capolavori. Al contrario, le opere più significative dovrebbero mantenere un legame stretto con il contesto e con il filo logico prevalente della stesura. L’autrice ha scelto di raccontare Giotto isolando soltanto alcuni dei suoi temi iconografici. È un approccio valido per tuti i grandi artisti, la cui esperienza va narrata in un percorso continuo. Un altro aspetto è l’impatto delle esposizioni temporanee e della circolazione dei manufatti. L’enorme produzione di eventi blockbuster come Caravaggio ci ha abituati a vedere le loro opere ovunque, decontestualizzate con disinvoltura. Il racconto della storia dell’arte si configura come più avvincente se costruito con creatività e con ricorso alle emozioni, alle vicende personali. Il museo deve saper offrire chiavi di lettura e riferimenti comuni che facilitino la comprensione e il coinvolgimento. È importante che il museo, come il manuale, definisca livelli di esperienza e di comprensione. Ecco l’importanza delle denominazioni, dei pannelli, degli inserimenti inattesi, dei richiami a riferimenti comuni e significanti. È importantissimo che la successione delle sale offra momenti di pausa per la contemplazione. Visitatori e lettori Come fase preliminare l’autrice ha osservato il comportamento dei visitatori nei musei. Si è concentrata sulla direzionasti dei flussi, sui tempi di sosta e sulla capacità di attrazione degli allestimenti. Il “caso Gioconda” è uno dei più interessanti: il museo ha deciso indugiare sul suo carattere di icona pop, allestendo una separazione che allontana i visitatori e ne impedisce una fruizione appropriata. L’incontro con la Gioconda si traduce in un respingimento della folla. La solitudine dell’opera è monumentalizzata attraverso un vuoto struggente. Come un recluso o un animale in gabbia. Qui la descrizione del manuale diviene indispensabile perché consente un contatto diretto con l’opera, ora impossibile. Il dipinto diviene una figurina da collezionare, un magnete da mettere sul frigo. Il valore insostituibile dell’esperienza Un dibattito acceso riguarda il livello di autorialità. Il museo, come il libro deve porsi oggi la questione dell’accessibilità delle immagini. L’incontro con l’originale rimane un’esperienza insostituibile che il manuale ha il compito di favorire e facilitare. I media però hanno indebolito la spinta e la curiosità verso le collezioni dei musei. La superiorità del successo delle mostre temporanee conferma la maggiore attenzione manifestata dal pubblico per event culturali specifici e caratterizzanti. Parliamo però del valore aggiunto che il museo e la manualistica possono garantire alla fruizione dell’opera d’arte, oltre al contatto con un capolavoro, il museo fornisce percorsi di apprendimento, esperienze e proposte di lettura. Il libro di testo deve offrirsi come narrazione critica ed emozionale, capace di coinvolgere. Il libro di testo deve saper spiegare e commuovere. Il processo di banalizzazione del linguaggio e l’abbattimento del valore della complessità che caratterizzano una parte della manualistica rischiano di inibire lo sviluppo del pensiero critico. 9. Le professioni nascono a scuola: la didattica per competenze nella storia dell’arte e l’alternanza scuola-lavoro
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