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Barié riassunti seconda parte, Sintesi del corso di Storia Dei Trattati E Politica Internazionale

Riassunti del libro di Barié per l'esame di Storia delle istituzioni e delle relazioni internazionali

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015
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Scarica Barié riassunti seconda parte e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dei Trattati E Politica Internazionale solo su Docsity! 1 MATERIA Storia delle istituzioni e delle relazioni internazionali PROFESSORE Prof. Massimo de Leonardis ANNO DI CORSO 3°, a/a 2013-2014 NOTE Riassunti del Barié, parte IIa QUESTI APPUNTI LI TROVI SU WWW.SVILUPPOEPACE.IT RIASSUNTI BARIE‟, PARTE II CAPITOLO XI VERSO NUOVE FORME DELLA POLITICA MONDIALE: LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI Introduzione La scossa traumatica della prima guerra mondiale consentì che si realizzasse un‟ aspirazione etico-politica emersa da secoli nell'Europa moderna: quella di stabilire fra gli Stati un'intesa, un patto, un' “organizzazione” incaricata di gestire le relazioni fra di essi avendo come intento ultimo la pace e la sicurezza generali; per questo venne creata nel 1919 la prima organizzazione internazionale: la Società delle Nazioni, e con essa nasce una nuova forma della società e della politica internazionale. Notare che ci sono due grandi direttrici a carattere supernazionale: - da una parte la vecchia idea della monarchia universale, - dall'altro un anelito ecumenico e pacifista che avanza tra le diverse civiltà. Essa si prefigge come intento negativo di fondo “l'eliminazione della guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali”, e in positivo di avviare la costruzione di un sistema di pace e di sicurezza generale che impegni e protegga tutti gli Stati che vogliono aderirvi. Il fallimento di questa Società nel periodo fra le due guerre non impedisce che dopo la seconda guerra mondiale il nuovo sistema nasca e si sviluppi anzi come alleanza di guerra delle “Nazioni Unite” e fra esse le maggiori potenze che sostengono lo sforzo bellico contro le potenze dell'Asse. A differenza del Patto della Società delle Nazioni, la Carta delle Nazioni Unite subirà nel corso dei decenni più integrazioni o alterazioni nella funzione degli istituti e nell'applicazione degli strumenti che le sono stati attribuiti. 1. I progetti europei di Società delle Nazioni Mentre prima si mossero solo associazioni private, solo con la prima guerra mondiale si può parlare di iniziativa degli Stati, per quanto riguarda il mantenimento della pace e la promozione della collaborazione internazionale (es. piano “scandinavo” e svizzero, progetto tedesco della “società tedesca per il diritto delle genti” e tentativi di conciliazione di Mathias Erzberger); furono comunque i maggiori Stati dell'Intesa impegnati in guerra (Usa e ING) a elaborare il progetto della Società delle Nazioni poi istituita a guerra conclusa. Già nel 1916 l'ING aveva nominato una commissione presieduta dal giurista inglese Phillimore, il cui rapporto prevedeva la formazione di un'“alleanza” e non di una “lega” o “società”, chiamata ad intervenire ogni qual volta ci si trovasse di fronte a una crisi, gestita da ambasciatori e non dai vari ministri degli esteri; inoltre Phillimore pone alcuni paletti: - Davanti ad una crisi internazionale ci sarebbero stati ostruzionismi e ritardi che avrebbero potuto compromettere l‟efficacia, tempestività e libertà della sua azione - le decisioni dell'organo esecutivo avrebbero potuto essere paralizzate dal voto contrario di un membro (presumibilmente una grande potenza) - la validità dell'azione dell'“alleanza” sarebbe dipesa dalla sua volontà e possibilità di imporre sanzioni militari. Durante la guerra è l‟unico contributo europeo ad una organizzazione internazionale di base. 2 Impegnata più di ogni altra nazione nel conflitto, la Francia della grande guerra nata dalla revanche antitedesca fece fatica ad accettare l'idea di una società delle nazioni, si considerava impegnata in una lotta di vita e di morte contro un nemico più forte vicino o addirittura all'interno del suo territorio nazionale; poi però cambiò prospettiva, soprattutto grazie all'ex presidente del consiglio ed ex ministro degli esteri Leon Bourgeois, il cui piano dalla perentoria premessa che ipotizzava la costituzione di uno Stato universale (inaccettabile per Usa e GB) ed esprimeva il famoso giudizio “storico” sulla responsabilità della guerra si adeguò poi alle prospettive anglo-americane di una confederazione di Stati che avrebbero conservato però la loro sovranità nazionale, impegnati solennemente ad osservare certe regole per mantenere la pace. Venne inoltre osservato che l'ammissione alla Società doveva essere consentita soltanto “alle nazioni costituite in Stati e fornite di istituzioni rappresentative”, una clausola che voleva venire incontro alla tesi americana di ammettere la GER non appena fosse divenuta una democrazia. La parte più originale del progetto francese è quella dell'introduzione e dell'uso dello strumento militare: tale progetto presupponeva un'istruzione militare conforme a regole generali intese a rendere uniformi per quanto possibile l'armamento e i mezzi d'azione a disposizione delle truppe  proposta di inserire contingenti forniti dai diversi stati. Il progetto francese non venne preso in considerazione né da Wilson né dagli inglesi nel processo di definizione del Patto, indicativo di come questa prima organizzazione risultò di impostazione anglo- americana ed inoltre di una trasformazione in corso del sistema internazionale verso un “superamento” dell'Europa. Inoltre, il progetto francese era troppo condizionato dalle sue politiche nazionali Ci fu anche un progetto italiano presentato alla Commissione per la Società delle Nazioni della Conferenza della Pace a Parigi elaborato dal giurista Anzilotti, alquanto drastico per quanto riguarda le sanzioni con previsione di chiusura dei porti, blocco navale, embargo sulle merci e “azioni militari comuni contro lo Stato aggressore”; per quanto riguarda la situazione italiana era chiaro che Roma avrebbe guardato con più o meno favore alla nascita dell'istituzione voluta da Wilson, a seconda che il Patto di Londra fosse stato o meno riconosciuto dagli Usa. 2. Il presidente Wilson e il “Patto” Va attribuito a Wilson il merito della formazione della Società delle Nazioni, la cui creazione venne prevista solamente all'inizio del 1918 nell'ultimo dei 14 punti che parla di “un'associazione generale delle Nazioni”. Da quell'ultimo anno della guerra fino alla definitiva stesura del Covenant (patto, parola che richiama alla tradizione etico-politico-religiosa protestante dei popoli di lingua inglese) si verificarono molteplici tappe:  il consigliere americano House accolse dal piano Phillimore l'articolo che stabiliva le sanzioni contro l'aggressore (in sostanza l'art.16) e l'introduzione di un Segretariato e dell'arbitrato per la soluzione di qualunque conflitto.  il “primo progetto Wilson”,  modificato poi grazie ad altri due progetti britannici di Lord Cecil e del maresciallo sudafricano Smuts, soprattutto per quanto riguarda l'introduzione di un Consiglio esecutivo della Società.  secondo progetto Wilson (10 gennaio 1919) che includeva i mandati della Società alle potenze vincitrici ad amministrare i territori asiatici, africani e oceanici delle potenze vinte con il professato intento di avviarle all'indipendenza a scadenza più o meno vicina + garanzia reciproca dell‟indipendenza politica e dell‟integrità territoriale degli stati membri.  secondo progetto Cecil con creazione di un altro organo della Società, la Corte Permanente di Giustizia Internazionale (che avrebbe sostituito la Corte dell'Aja creata nel 1899)  fusione definitiva fra il secondo progetto Wilson e il secondo di Cecil con l'elaborazione del progetto Hurst-Miller  serve da base alla commissione della conferenza della pace incaricata di redarre il patto. 5  nonostante il punto comune fosse quello di dare al sistema-organizzazione una struttura in cui esse mantenessero preminenza e controllo, diverso era il modo di considerare il problema di ciascuna:  Urss (visione circoscritta che la faceva aspirare a circondarsi di territori che le consentissero sicurezza e potenza)  GB (Churchill era per un approccio regionalistico organizzato su basi regionali con l'istituzione di Consigli d'Europa, d'Asia, d'America, d'Africa che raggruppassero federazioni di Stati dei singoli continenti, con la Grande Alleanza rimasta potentemente armata mentre gli Stati attualmente nemici disarmati)  Usa (Roosevelt approccio globalistico: per un più efficace controllo della pace e della sicurezza mondiale necessario il coinvolgimento anche di altre grandi potenze, soprattutto giunse poi a ritenere necessaria l'inclusione non solo del potente alleato sovietico ma anche della Cina. Diventa sostenitore della formula dei “Quattro poliziotti”)  nel contesto di una guerra totale e spietata prendono le decisioni strategiche soltanto quegli Stati che sono in grado di portare avanti le operazioni militari (anche la FRA per la non provata legittimità democratica e per la reale mancanza di risorse materiali della “Francia libera” di De Gaulle)  se ogni sistema internazionale nasce dalla guerra, quello delle Nazioni Unite è un “sistema bellico” più di qualsiasi altro, in quanto nasce in pieno conflitto poco dopo l'intervento degli Usa, quando alla Conferenza di Washington un nucleo di 26 Stati prendono posizione contro la GER e i suoi alleati facendo propri i principi e gli intenti della Carta Atlantica enunciati pochi mesi prima da Usa e GB (1 gennaio 1942). Carta Atlantica: 1. Nessun ingrandimento territoriale 2. Nessun mutamento territoriale non conforme ai voti liberamente espressi dai popoli interessati 3. Diritto dei popoli di scegliere la forma di governo sotto cui vivere 4. Nel rispetto degli organi esistenti e in condizione di uguaglianza di fronte al commercio 5. Collaborazione in campo economico per migliorare condizioni di lavoro, progresso e conomico e sicurezza sociale 6. Auspicio di instaurazione della pace 7. Pace che permetta di attraversare senza timore mari e oceani 8. Tutti devono rinunciare all‟uso della forza e un conseguente disarmo Dopo Washington si porta avanti il processo di formazione dell'Onu attraverso alcune conferenze: con il 1943 si arriva alla scelta della dimensione globale voluta da Roosevelt, nel 1944 la conferenza di Dumbarton Oaks permise di introdurre nella nuova organizzazione gli organi discussi (Assemblea, Consiglio, Segretario, tra l'altro già sperimentati nella Società delle Nazioni) e di rafforzare la diplomazia sovietica per inserire fra i membri dell'Assemblea tutte e sedici le repubbliche sovietiche. Queste proposte rappresentano il documento di base per la carta di San Francisco. 5. La carta di San Francisco Conferenza di due mesi fra la fine della guerra e l'inizio della pace in Europa, il 26 giugno 1945 fu approvata all'unanimità la “Carta” o “Statuto” della nuova organizzazione internazionale. 111 articoli + preambolo + 70 articoli dello statuto della CIG. La fondazione dell'ONU segna la data d'inizio della storia internazionale della seconda metà del secolo XX, malgrado gli scetticismi, i contrasti che la accompagnarono, malgrado la Guerra Fredda. Differenze Patto della Società delle Nazioni (a) / Carta Onu (b):  in (a) la guerra non è completamente esclusa, ma soltanto condizionata ≠ in (b) è presente un divieto categorico della guerra (art.2), con due eccezioni: il diritto di autodifesa individuale e collettivo e “il 6 diritto di agire contro i paesi nemici della seconda guerra mondiale”  diverso modo di garantire la pace messo in risalto anche dai diversi atteggiamenti verso gli armamenti: in (b) l'esistenza di armamenti viene constatata senza riserve o deprecazioni, ma la concezione di una forza di polizia internazionale trovò maggior espressione in (b) , sia per quanto riguarda la costituzione della forza in se stessa sia per quanto riguardava il metodo con cui poteva essere realizzata  ridistribuzione delle funzioni dei suoi organi, con conseguente potenziamento degli organi esecutivi, a cominciare dal Consiglio: mentre (a) aveva definito nello stesso modo i poteri dell'Assemblea e quella del Consiglio, in (b) compiti, iniziative e poteri furono distinti e la distinzione andò a vantaggio del Consiglio, che si decidette ora di chiamare “di sicurezza”. La Carta prevedeva che il Consiglio di Sicurezza fosse composto da undici membri, di cui cinque permanenti (le 4 potenze che hanno partecipato durante la guerra alle conferenze preparatorie più la Francia) e sei temporanei, eletti per due anni [ciò accresceva la preminenza delle grandi potenze rispetto ad (a)]. La questione del “diritto di veto”: compromesso russo-americano (iniziato a Dumbarton Oacks e terminato a Yalta) espresso dall'art.27: “al Consiglio di sicurezza le decisioni su ogni altra questione, che non fosse di procedura, saranno prese con voto favorevole di 7 membri, compresi i voti dei membri permanenti”.  differente modo di garantire la pace e la sicurezza: (a) esigenza legata e condizionata dalla democrazia “wilsoniana” ≠ (b) aveva assunto validità esclusiva, che spinse a perfezionare gli strumenti che si ritenevano più adatti allo scopo, come appunto il Consiglio o il Segretariato, che a differenza di quello presente nella Società delle Nazioni si configura come un osservatore politico delle Nazioni Unite dal loro interno, potendo ad esempio “richiamare l'attenzione del Consiglio di Sicurezza su qualunque questione che a suo avviso possa mettere in pericolo la conservazione della pace e della sicurezza internazionale” (art.99).  furono limitati gli “accordi regionali” (es. dottrina Monroe), con una impostazione globale in linea con le idee già manifestate dal presidente Roosevelt 6. L'ONU durante la guerra Fredda Ci sono esperienze e impegni che precedono la firma della Carta di San Francisco ed offrono le premesse necessarie per valutare l'opera dell'ONU: la nascita delle Nazioni Unite come alleanza di guerra che si trasforma poi in organizzazione internazionale di prospettive globali, i limiti e gli errori di politica internazionale della Società delle Nazioni, l'impronta di dura intransigenza data dalla guerra stessa etc. Gli organi delle Nazioni Unite cominciano a modificare le funzioni loro prescritte dalla Carta di San Francisco già a pochi anni dalla sua firma, colpa sicuramente dell'insorgente Guerra Fredda, anche se la storia interna dell'ONU mette in rilievo lo sforzo compiuto entro l'Assemblea Generale dagli Stati membri minori per ridurre i poteri di iniziativa e di decisione del Consiglio di Sicurezza a vantaggio di altri organi: è stato pertanto rilevato “uno spostamento del centro di gravità dell'ONU a favore dell'Assemblea”. Altro mutamento importante è rappresentato dall'ampliamento dei poteri e dall'autonomia di decisione e di azione assunta dal Segretario Generale; in particolare grazie a Dag Hammerskjold, segretario al tempo della crisi di Suez nel 1956 che introdusse un modo inedito di affrontare le crisi internazionali di ambito regionale, quello delle Peace Keeping Operations (operazioni per il mantenimento della pace, sviluppati poi ad esempio nella crisi del Congo con la più cospicua presenza di caschi blu impiegati di tutta l'epoca della Guerra Fredda, circa 20.000, o in precedenza nella crisi palestinese del 1948 e nel primo dei conflitti tra India e Pakistan per il Kashmir del 1849), ma soprattutto a Javier Perez de Cuellar, impegnato nella questione afghana e durante la lunga guerra fra Iran e Iraq, che rivendicò al Segretario Generale un ruolo essenzialmente istituzionale e diplomatico, che gli permise non solo di presentare e gestire la crisi al Consiglio di Sicurezza fino a fargli approvare la risoluzione 598 sulla cessazione delle ostilità, ma anche di interpretare il testo della risoluzione in modo da renderla praticamente accettabile dalle parti, soprattutto all'Iran. Perez de Cuellar aprì la strada al processo che porterà agli accordi di Ginevra del 1988, stabilendo il suo primato di iniziativa e di azione entro l'ONU. 7 In prospettiva ci fu un ulteriore aspetto significativo dell'impegno del Segretario Generale nella questione afghana: dopo che l'URSS ebbe ritirato le sue forze d'occupazione, l'Assemblea Generale nel novembre 1988 votò all'unanimità una nuova risoluzione che invitava il Segretario generale ad avviare il dialogo con i diversi gruppi dell'opposizione afghana perché si impegnassero a formare un governo a larga base nazionale: mai le Nazioni Unite avevano autorizzato rapporti ufficiali con opposizioni armate il cui intento di fondo era quello di abbattere i governi o regimi al potere. La riaffermazione dei diritti dell'uomo (primo punto preambolo della Carta di San Francisco) ha nella storia dell'ONU la sua base nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 10 dicembre 1948. Tale dichiarazione del 1948 dal canto suo “internazionalizza” quei principi e i risultati di esperienze (rivoluzione francese, costituzioni americane) trasferendoli al mondo intero, un mondo che si presentava sostanzialmente contrario a tali principi e diritti: la Russia stalinista, la Cina maoista e tutti i paesi della vasta area islamica. C'era d'altra parte nelle Nazioni Unite una impostazione etica, culturale e politica tesa ad ottenere dai paesi del mondo una partecipazione generale e inevitabile: la tutela dei diritti dell'uomo all'intero degli Stati da parte dell'ONU (nonostante l'art.2 dello Statuto tenda a ribadire il principio del non intervento) è una delle strade attraverso le quali l'ONU si è impegnata a correggere o addirittura a mutare una concezione giuridica che ha accompagnato la nascita e lo sviluppo dello Stato moderno. Questione disarmo, l'ONU di fronte a un dilemma: - da un lato sembravano esserci le condizioni perché la questione potesse essere affrontata con prospettive di successo dall'ONU (favorito anche dall'esperienza di negoziati portati avanti dalla Società delle Nazioni e dalla coscienza collettiva che si dovesse porre termine alle ecatombi e alle distruzioni delle due guerre mondiali), - dall'altro l'ONU, come già la Società delle Nazioni, nasceva dalla vittoria di una coalizione che aveva imposto una concezione unilaterale del disarmo che riguardava i soli vinti, inoltre l'organizzazione era stata concepita non per promuovere il disarmo generale, ma per imporre con la minaccia dell'uso delle armi all'eventuale aggressore di desistere dai suoi propositi e per procedere contro le aggressioni in atto...con la Guerra Fredda l'ONU non aveva possibilità di agire (rivalità tra i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza) e si instaurò così il sistema bipolare USA-URSS. L'unico progetto di riduzione degli armamenti fu presentato alle Nazioni Unite nella primavera del 1946, quando il 14 giugno alla Commissione per l'Energia Atomica dell'ONU viene presentato il piano Baruch: una apposita Autorità internazionale avrebbe dovuto essere investita di ampi poteri con diritti di controllo, sorveglianza e ispezione delle risorse mondiali di uranio e altro, congedando anche il diverso livello di conoscenze e applicazioni concrete dell'arma nucleare delle maggiori potenze; gli Usa avevano già usato la bomba atomica, mentre l'URSS sarebbe arrivata a produrla solo nel 1949, ecco che allora la diplomazia sovietica replicò e il piano Baruch fallì, segnando con ciò una svolta negativa nella questione del disarmo. Le tecniche negoziali per risolvere tale questione saranno usate con successo nella fase conclusiva della Guerra Fredda negli anni Ottanta, anche se si comincia a comprendere l'opportunità già negli anni Sessanta dopo la crisi di Cuba, trovando nell'ONU la sede adatta per tutti per portarle avanti. Collaterali in senso geografico ma importanti possono essere considerati altri impegni internazionali al disarmo o all'esclusione di armamenti nelle cosiddette “aree denuclearizzate”: Antartide (Trattato di Washington '59), spazio extratmosferico (Trattato di Washington, Mosca e Londra '67), America latina (Trattato di Città del Messico '67). 7. Le Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali di settore. Le organizzazioni economiche Il bilancio del primo mezzo secolo di storia delle Nazioni Unite oltre agli sforzi per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, deve tener conto anche della creazione delle organizzazioni di settore, cui l'organizzazione di base fece da coordinamento; non di rado negli ultimi decenni del secolo 10 l'area della NATO era necessaria l'unificazione di tutte le forze dell'alleanza in Europa sotto un comandante supremo (per primo fu scelto il generale americano Dwight Eisenhower)  convenzioni di Londra (giugno 1951) e Ottawa (settembre 1951) definirono gli statuti giuridici delle forze armate, dei rappresentanti nazionali e del personale internazionale civile  il Consiglio atlantico di Lisbona oltre a sanzionare l'allargamento dell'alleanza al Mediterraneo orientale con l'inclusione di Grecia e Turchia; poi nel 1954 si scelse a sede stabile dell'organizzazione Parigi, mentre i sostituti dei ministri degli Stati membri divenivano “rappresentanti permanenti” La NATO accrebbe nel corso dei decenni seguenti i suoi impegni e le sue competenze (es. consultazione politica stabile e continuativa dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso il Segretario generale, cooperazione economica, collaborazione culturale, organizzazione della protezione civile etc.). Si ebbero inoltre evoluzioni di rapporti fra gli Stati membri e l'organizzazione, in quella che divenne l'alleanza internazionale di maggior durata dell'Occidente moderno:  l'evoluzione degli Usa, incerti nell'assumersi l'onere di membro maggiore dell'alleanza, dopo averne ottenuto il controllo militare e strategico ed essersene assunti i costi più rilevanti  l'inserimento della Germania nel 1955 (la repubblica federale) fu importante perché fece scomparire il vecchio timore degli euroccidentali di un riarmo “nazionale” tedesco; significativo o no, questo timore fu invocato come motivo di base per la creazione dell'organizzazione internazionale militare contrapposta alla NATO durante la Guerra Fredda, con il Patto di Varsavia del 14 Maggio 1955 fra l'URSS e i suoi satelliti (esso infatti non era rivolto contro gli Usa o la NATO, ma contro il riarmo tedesco)  l'uscita nel 1966 della Francia dall'organizzazione, non dall'alleanza  dicotomia fra il complesso dei membri europei e il maggior membro transatlantico, gli Us 11 CAPITOLO XII STATI E SOCIETÀ NEL SECOLO XX: DEMOCRAZIE E TOTALITARISMI DALL'EUROPA AL MONDO Introduzione Con la seconda guerra mondiale viene sconvolto il quadro delle istituzioni statali e della società (riscossa della democrazia, crollo dei totalitarismi di destra, estensione dei totalitarismi di sinistra), l'ambito geografico, sulle premesse poste nel periodo fra le due guerre si allarga decisamente dall'Europa al mondo; le democrazie che si sono mantenute (GB e Usa) e quelle che si sono restaurate nel secondo dopoguerra vengono presto coordinate da trattati internazionali che per la prima volta pongono come fondamento esplicitamente condizionante l'avere una forma di governo democratica occidentale. Nel frattempo si impone anche l'altra forma di Stato alternativa alla democrazia rappresentativa, il totalitarismo comunista, sia in seguito alla politica che l'URSS segue nel dopoguerra, sia attraverso la dissidenza, comunista ma antisovietica, che ha i suoi punti di riferimento nella Jugoslavia di Tito, nella Cina maoista e nella Cuba castrista. Nel quadro di un secolo dominato dal dilemma-scontro fra democrazie e totalitarismi, va ricordato il problema dello Stato nazione, che molti credevano risolto con la conclusione della prima guerra mondiale e che invece si proietta attraverso tutto il Novecento e oltre. Lo Stato nazione ha una inattesa fase di rinascita e di preminenza nel contesto del problema internazionale più lacerante e più irrisolto della seconda metà del secolo, quello del Medio Oriente, presentandosi in tre forme diverse ma strettamente connesse: la “nazione araba” che non corrisponde a uno Stato, lo Stato d'Israele e la nascita della “nazione palestinese” fino a formare uno Stato e a farsi riconoscere come tale. Lo Stato nazione infine non ha retto nell'Europa balcanica l'applicazione del principio di nazionalità nel primo dopoguerra: spesso affrettata e portata all'esasperazione di quelle che vengono chiamate “subnazionalità”, “etnie” sempre più reciprocamente inconciliabili su cui è problematico costruire degli Stati. 1. Crisi, difficoltà e limiti della democrazia liberale in Francia, Inghilterra, Usa nel periodo fra le due guerre A guerra finita c'erano i presupposti per parlare di trionfo della democrazia provocato e conseguente alla vittoria militare e politica delle tre maggiori democrazie occidentali (Fra, Ing, Usa): gli Usa con l'istituzione della Società delle Nazioni aveva inteso promuovere una “democrazia internazionale”, infine il Secondo Reich, l'avversario più pericolo della democrazia occidentale, aveva ceduto il posto in Germania alla Repubblica di Weimar. Il caso della Francia è il più delicato e complesso. Nel primo dopoguerra si trova in una condizione di obiettiva inferiorità di potenza di fronte a una Germania di cui continua a temere la volontà di rivincita: di fronte all'impatto dei totalitarismi sull'Europa fra le due guerre, essa è colpita da una diffusa e multiforme crisi di valori, la quale porta molti francesi alla ricerca di rimedi radicali alla degenerazione della democrazia parlamentare, recuperando antichi miti di regimi autoritari, prestigiosi ed efficienti o adottando quelli proposti dagli attuali Stati totalitari. Mancano in Francia le condizioni storiche e politiche perché il mito della Rivoluzione russa e dell'URSS si imponga alle masse popolari: il Partito comunista francese (PCF), nato da una scissione del partito socialista SFIO, rappresenterà una forza di rivendicazione socio-economica del proletariato industriale francese, non offre quindi né cerca attivamente di rappresentare una alternativa politica concreta alla democrazia parlamentare della Terza Repubblica. In realtà trarrà i suoi motivi di crisi soprattutto dagli stessi difetti interni al sistema, come ad esempio l'onnipotenza paralizzante delle commissioni parlamentari, la lunghezza delle procedure istituzionali e l'eccessivo potere di una burocrazia pur sostanzialmente competente ed onesta. In questa situazione di cattivo funzionamento del sistema di governo, di rinnovata recessione economica dopo la Crisi del 1929, di crescita delle sinistre, che le 12 preesistenti associazioni nazionaliste di destra, alcune delle quali ispirate al fascismo, prendono nuovo vigore; la suggestione dello Stato forte e nazionale d'altra parte non si impone soltanto alla destra, ma ad esempio attira anche lo SFIO (il partito socialista) in un congresso del 1933 propugna un'economia pianificata secondo la formula “ordine, autorità, nazione”. Anche l'estrema sinistra è convinta, e con Jacques Doriot, rifiutando la sottomissione del Partito comunista francese al Komintern, crea il Partito popolare francese nel 1936 (sovvenzionato dall'Italia fascista): si tratta di uomini e formazioni politiche che nel 1940 confluiranno nella Francia di Vichy e aderiranno al Nuovo Ordine hitleriano. Il problema dell'esistenza di un fascismo francese pare improrogabile. In Inghilterra la fase di trasformazione della democrazia parlamentare si fa iniziare con l'introduzione del Representation of the people act (Legge sulla rappresentanza del popolo) del 1918, che estende il suffragio elettorale alle donne (dai 30 anni in su) raddoppiando così l'elettorato. L'evento che provoca le conseguenze maggiori sul sistema politico degli anni Venti è comunque l'ascesa del Partito laburista che dal 1918 al 1929 sale da 63 a 288 seggi, provocando la sospensione del tradizionale sistema di alternanza bipartitica fra whigs e liberali, con la conseguente instabilità di governo causata dalla formazione di governi di coalizioni, internamente contraddittori. Tra il 1922 e il 1935 si susseguono sei elezioni, inoltre l'Inghilterra decide di chiudersi con il Commonwealth entro una barriera di “protezionismo imperiale” e ad abbandonare la parità aurea della sterlina nel 1931. Alla metà degli anni Trenta il partito laburista (che ha ormai sostituito il partito liberale) in un ricomposto sistema bipartitico, deve cedere il governo ai conservatori, che ottengono una cospicua maggioranza nel 1935. Nonostante la lunga crisi politico-parlamentare, una società sconvolta dalle lotte sindacali, le prospettive di una decadenza economico-commerciale e l'incombente trasformazione dell'impero, la società inglese non corre il rischio di una involuzione antidemocratica, che apra ai totalitarismi di sinistra e di destra. Gli Usa, seppur non coinvolte nel periodo fra le due guerre mondiali alla contrapposizione democrazie- totalitarismi, saranno quelli a dare la loro impronta all'esito delle due guerre. Fra la fine della Grande Guerra e l'immediato dopoguerra gli Usa subiscono il primo “Red Scare”, “la prima paura rossa” (la seconda all'inizio della Guerra Fredda): una paura tanto diffusa e tanto irrazionale da spingere opinione pubblica e istituzioni a comportamenti e misure che adombrano violazioni dei diritti umani, quindi prospettano una crisi della democrazia. Il partito comunista americano fondato nel 1919 viene ridotto alla clandestinità, mentre la chiusura della democrazia americana verso il totalitarismo di sinistra assume toni ancor più netti quando coinvolge principi morali, politici e economici che interessano il patriottismo americano. Ora tale chiusura si accompagna a lungo a quella che si deve descrivere come una diffusa benevolenza verso il totalitarismo di destra, e ciò essenzialmente per diverse ragioni: a. per la mimetizzazione prolungata del fascismo italiano nel sistema liberaldemocratico italiano, b. in parte per la sua professata funzione di salvataggio dell'Italia dal pericolo comunista, c. in parte per l'impegno del regime fascista difensore della famiglia, della religione e della patria, d. infine perché il fascismo può contare su una grossa minoranza (20 milioni) di immigrati e figli di immigrati italiani, naturalmente nostalgici di veder rivaluta la patria d'origine. Naturalmente con la Grande Crisi, Roosevelt, Hitler e il nazionalimperialismo giapponese l'atteggiamento americano verso i totalitarismi di destra cambia (anche se non subito perché ad esempio negli Anni Trenta Washington prende in considerazione il sistema corporativo fascista). Va sottolineato comunque che la scelta del New Deal del presidente Roosevelt (ossia la ricostruzione economica e sociale del paese dopo la Grande Crisi attraverso la via interna degli Usa) ha impedito ogni nuova ipotesi di democrazia internazionale e ha costituito il fondamento dell'isolazionismo, del distacco dall'Europa che si è tradotto nelle Leggi di Neutralità pre-guerra (la prima di questa neutralità, 31 agosto 1935, coincide e si applica alla guerra italo-etiopica). 15 “lista nazionale” 374 seggi; in seguito eventi drammatici: assassinio Matteotti - “secessione sull'Aventino” - ripresa dell'azione violenta delle “squadre d'azione” - ripresa psicologica e politica dello stesso Mussolini, il quale sfida la Camera a metterlo sotto accusa nel discorso del 3 gennaio 1925) – leggi “fascistissime” del 1925 (il capo del governo è responsabile verso il re dell'indirizzo generale politico del governo, cancellando di fatto quasi ottant'anni di sistema parlamentare) – le leggi del 1928-29 sancisce la lista unica di candidati scelta dal Gran Consiglio stesso. La politica estera però non si discosta da quella dell'Italia prefascista: la dottrina del nazionalimperialismo non solo gli conferisce la sistematicità di cui ha bisogno dopo la conquista del potere ma si richiama e coinvolge buona parte della classe di governo prefascista; dal canto suo Mussolini mira soprattutto a dare un'immagine all'interno e all'esterno della nuova grande potenza dell'Italia, di cui tiene ad affermare il prestigio, che è prestigio del suo governo (l'annessione di Fiume e il trattato di Roma del 1924 deve considerarsi in buona parte il seguito conseguente al trattato di Rapallo del 1921). Con la svolta del 1925 Mussolini intende “fascistizzare” anche la politica estera, ma la nomina del sottosegretario agli esteri e poi ministro Dino Grandi verrà licenziato nel 1932, ritenuto “ultrademocratico e superginevrino”, ossia troppo disponibile verso l'impostazione internazionalistica dell'attività della Società delle Nazioni. La politica internazionale dell'Italia nel primo decennio del fascismo al potere appare in conclusione alquanto conservatrice, i principali atti sono: riconquista della Libia, promozione da parte della diplomazia italiana dell'inserimento dell'Etiopia nella Società delle Nazioni, la dichiarazione di Mussolini “il fascismo non è un articolo di esportazione” sembra precludere un'ovvia strada per ampliare l'influenza internazionale del regime, i Trattati del Laterano del 1929 che concilia lo Stato italiano e la Santa Sede, una vertenza che i governi liberali non erano riusciti a risolvere. Gli anni '30 della politica internazionale sono dominati da iniziative espansionistiche degli Stati nazionali totalitari europei e asiatici fra cui l'Italia fascista; ora per metà del decennio l'Italia si mantiene sulla linea della “tradizionale amicizia” con l'Inghilterra che risaliva all'unità d'Italia, mentre insofferenze e rivalità con l'altra alleata della Grande Guerra, la Francia, vengono messe da parte nel 1935 di fronte all'insorgere del pericolo tedesco. La rottura con le democrazie liberali sulla questione etiopica (embargo nel novembre 1935) lascia aperta all'Italia soltanto la strada di appoggiarsi alla Germania, verso il cosiddetto asse Roma-Berlino. Proprio la politica estera maturerà la rottura tra lo Stato totalitario e il paese, che per anni si era mantenuto su posizioni di “consenso” al regime; a questo fattore contribuirà anche da un lato la cecità di Mussolini, impressionato dalla potenza nazista che ritiene invincibile e dall'altro il dissenso sulla politica di alleanza con una Germania che può portare a una guerra cui l'Italia non è preparata. 5. Il Terzo Reich: Stato totalitario nazista e/o fase finale del “problema tedesco”? Il nazionalsocialismo si impadronì dello Stato in Germania solo negli anni Trenta: la durata del Reich fu breve, dodici anni fra il 1933 e il 1945. Aspetti esclusivi per gli storici di questa esperienza sono:  la negatività più completa dell'epoca nazista  l'influenza che l'unificazione tedesca ha creato nella storia europea, di cui il Terzo Reich rappresenta l'ultima fase, demoniaca e catastrofica. La crisi della condizione spirituale e materiale della grande potenza vinta (primo dopoguerra), che ha per punti di riferimento la convinzione diffusa dai tedeschi che il Reich non è stato sconfitto sul campo, il Trattato di Versailles viene considerato iniquo e causa delle difficoltà economiche del paese (spaventosa inflazione monetaria). Nel libro-programma Mein Kampf, Hitler espone un‟ideologia che si rifà al darwinismo sociale, dominante nell'Europa dell'età dell'imperialismo:  la lotta per l'esistenza connessa con ideologie della razza e dell'allevamento biologico portano alla giustificazione di un immenso programma di espansione, la cui logica trova i suoi confini soltanto nel dominio del mondo intero che può essere attuato solamente dallo Herrenvolk, il popolo dominatore, che si regge sui mezzi e sulle possibilità offerte dall'intero globo terrestre  conseguente è l'impulso alla dominazione mondiale, con un'attenzione particolare affinchè l'Herrenvolk 16 mantenga la “purezza del sangue”, in una visione razzistica della vita e della storia  la volontà di acquisire lo “spazio vitale” (Lebensraum) attraverso una politica di conquista di nuove terre verso est, non limitandosi a stabilire una penetrazione economica e un'egemonia politica della Germania, ma doveva attuarne la colonizzazione demografica con consistenti insediamenti dello Herrenvolk; di fatto si respingeva la Russia più a est provocando così la distruzione dell'intero sistema europeo degli Stati Malgrado i fallimenti (la mancata alleanza con l'Inghilterra) e gli errori (la dichiarazione di guerra agli Usa dopo Pearl Harbour) il programma di Hitler si incentra sull'espansione a est, come ampliamento della Grande Germania. Il nodo della politica del Terzo Reich sta nel rapporto tra politica interna ed estera tanto che la prima risulta strumentale al perseguimento della seconda, il cui successo rappresenta la meta finale del movimento e dello Stato nazionalsocialista. Rientra in questo quadro il principio e il culto del capo – Fuehrerprinzip - che in Germania non si sviluppò con l'avvento al potere di Hitler (come avvenne nel caso di Mussolini o di Stalin), ma Hitler stesso impose la teoria e suscitò la mistica del capo quando ancora la NSDAP era ancora lontana dal potere. Le analisi critiche cui sono stati sottoposti il Mein Kampf e le altre esternazioni di Hitler riconoscono l'originalità e l'efficacia senza precedenti dei metodi di propaganda politica e l'eccellenza tecnica dell'organizzazione La cultura storica internazionale più che a ricostruire le vicende della Germania nazista, si è impegnata a dibatterne le origini lontane; Friedrich Meinecke colloca il nazionalsocialismo nel quadro della storia della Germania moderna: rivendica al Reich bismarckiano la capacità di mantenere ancora “la sintesi di civiltà e potenza”, riconoscendo però che dopo l'allontanamento del grande cancelliere non si era saputo impedire lo slittamento verso “un sistema, che si presentava a grandi linee come uno stadio preliminare del nazionalsocialismo”. 6. Nuovi Stati e riduzione dello spazio democratico europeo Il quadro storico considerato è quello che Hobsbawn ha voluto chiamare “l'apogeo del nazionalismo, 1918- 50”, spesso corresponsabile della crisi della democrazia e dell'avvento di regimi totalitari o autoritari  spesso si parla di involuzione. Droz parlerà di “ondata rivoluzionaria” che coinvolge i vecchi Stati dell'Europa occidentale meridionali:  il Portogallo: Oliveira Salazar il quale costruì una dittatura paternalistica devota alla Chiesa e appoggiata alle classi tradizionali; tale regime è probabilmente quello che rappresenta meglio un autoritarismo lontano dal fascismo  la Spagna: Miguel Primo de Rivera non regge la crisi del '29 / breve periodo di repubblica sotto il governo Azana / emerge la destra radicale con la fondazione della Falange nel 1933 che assume connotati fascisti / vittoria elettorale della coalizione dei partiti di sinistra e assassinio del leader monarchico Calvo Sotelo / guerra civile '36-'39 che termina con l'affermazione di Francisco Franco, el Caudillo; tale guerra civile può essere vista come il preludio di una guerra di religione fra democrazia e fascismo che si sarebbe arrivati a combattere su scala mondiale con la seconda guerra mondiale  l'Ungheria: dopo che Carlo Alberto imperatore d'Austria e re d'Ungheria il 18 novembre rifiutò la corona ungherese, il paese attraversò un periodo confuso: repubblica democratica / regime comunista sotto la dittatura di Bela Kun / intervento militare rumeno fece cadere la “repubblica dei consigli”, spianando così la via alla “controrivoluzione”, in pratica una restaurazione compiuta soprattutto per l'aristocrazia latifondista. A capo della restaurazione si pose l'ex comandante della flotta austroungarica, l'ammiraglio Miklòs Horty, che divenne il reggente di uno Stato monarchico di cui si attendeva di poter richiamare il sovrano, appunto Carlo d'Asburgo (ciò classifica l'Ungheria fra le “dittature monarchiche” anche se il 17 monarca non fu mai restaurato). Il regime ungherese, autoritario-monarchico lasciò però poco spazio al totalitarismo di destra e lo dimostrò anche tenendo sotto controllo il partito delle Croci Frecciate, di ispirazione fascista. Ma anche i nuovi Stati dell'Europa centro-orientale:  Polonia (nel 1926), Cecoslovacchia e Jugoslavia (nel 1929) rappresentano i casi tipici, nelle rispettive particolarità, della trasformazione o, nel caso della Cecoslovacchia, della tenuta dello Stato nazionale democratico in questa parte d'Europa. Il movimento nazionale polacco era stato l'unico del secolo XIX a non realizzare uno Stato unico indipendente e sovrano come ad esempio l'Italia nel 1861, l'Ungheria entro la Duplice Monarchia nel 1867 e la Germania nel 1871; perciò la creazione di uno Stato polacco indipendente (tredicesimo dei quattordici punti di Wilson) divenne durante la Grande Guerra un problema-programma incombente sulla politica dell'Intesa, soprattutto dopo il crollo dell'Impero russo e l'intervento degli Usa: il Trattato di Versailles assegnò pertanto alla Polonia un ampio territorio, derivato dall'unificazione delle regioni sotto dominazione tedesca, russa e austriaca. La Polonia nel 1921 si diede la struttura costituzionale di una repubblica parlamentare, risultando uno degli stati meno omogenei dell'assetto postbellico: fu l'instabilità di governo parlamentare che avvicinava la Repubblica polacca alla sua alleata occidentale (la Terza Repubblica francese) a determinare la necessità di avere a capo dello Stato un “uomo forte” quale si mostrò il maresciallo Pilsudski quando nel 1926 assunse la dittatura. L'introduzione nel 1935 di una nuova costituzione accentratrice e autoritaria coincise con la morte di Pilsudski e assicurò fino al crollo della Polonia nel settembre '39 la continuità di una dittatura non personale ma condivisa dal presidente della Repubblica.  Cecoslovacchia: fedele fino al suo crollo nel 1938 da parte nazista a un sistema di governo democratico parlamentare; il movimento nazionale cecoslovacco non aveva abbandonato le distinzioni fra nazione ceca e slovacca fino alla proclamazione della Repubblica cecoslovacca nell'ottobre 1918. Il nuovo Stato si diede nel 1920 una costituzione democratica parlamentare ma allo stesso tempo centralizzata: il suo punto debole non fu perciò come in Polonia l'instabilità di governo, ma una composizione troppo eterogenea sul piano economico, culturale, religioso e geografico, presentando un dualismo fortemente differenziato fra le due principali nazionalità, che avrà termine soltanto dopo la Guerra Fredda  la Jugoslavia: il nucleo del suo movimento nazionale era rappresentato all'atto della sua formazione dall'unico Stato slavo meridionale che prima della guerra aveva sviluppato una vigorosa politica di rivendicazioni irredentistiche, il Regno di Serbia. Il 1 dicembre 1918 venne proclamato dagli esponenti dei movimenti nazionali slavi meridionali presenti nella Duplice Monarchia il “Regno dei serbi, croati e sloveni”: non ebbero significativi movimenti secessionistici ma crescenti conflitti etnici aventi per principale motivo la forma dello Stato, che i serbi volevano centralistica e i croati e le altre etnie federalistica. Problema dello Stato nazione e crisi della democrazia risultarono congiunti quando nel 1929 il re Alessandro assunse poteri dittatoriali nell'intento annunciato di creare un'unica nazione slava meridionale: l'intento non riuscì perché le tendenze federaliste invece di diminuire portarono a conflitti etnici multipli, soprattutto fra croati e serbi; anzi, l'opposizione croata degenerò favorendo la formazione di uno dei movimenti ispirati al nazismo più radicali del periodo, quello degli Ustascia di Ante Pavelic, che rivendicava l'antica origine dai Goti dei croati e professava un antisemitismo intransigente 7. Stati extraeuropei fra democrazie e totalitarismi, 1919-1945 I nuovi Stati nazionali e l'“ondata autoritaria” mutano nel periodo fra le due guerre mondiali la carta politica dell'Europa: se sono poche e spesso sui generis le democrazie, non è il caso di parlare fino al secondo dopoguerra di Stati totalitari fuori d'Europa, ma soltanto di regimi autoritari. Fenomeni di particolare significato di questo periodo sono la nascita e l'affermazione della nuova Turchia, l'involuzione degli Stati 20 attuando una riduzione degli armamenti estesa a tutto il mondo) e con la Carta Atlantica del 14 agosto che voleva essere un richiamo ai principi di democrazie di fronte agli avversari effettivi o potenziali che erano gli Stati totalitari di destra. Successivamente dopo l'intervento americano nel conflitto mondiale, l'amministrazione Roosevelt il 10 marzo 1943 presenta al Congresso un Bill of Rights, una carta dei diritti, che impegna la democrazia americana a promuovere le Quattro Libertà. Sul piano interno è la GB a fare in piena guerra un passo decisivo con la pubblicazione nel 1942 del Piano Beveridge, premessa all'avvento a guerra finita di un pronunciato statalismo che coinvolge la società inglese e i paesi del Commonwealth, soprattutto Canada e Australia. Avendo dietro di sé queste esperienze, le democrazie atlantiche dovettero affrontare gli impegni del mondo del dopoguerra:  quello della democratizzazione dei paesi nei quali avevano abbattuto i regimi totalitari: ciò presupponeva l'eliminazione di tutte le forme di pensiero e di vita totalitarie, nuove costituzioni, ma in ogni caso tale impegno assumeva aspetti diversi a seconda dei paesi vinti nei quali doveva essere portato avanti. Si può affermare comunque che alla fine degli anni Quaranta anche la Repubblica italiana e quella federale tedesca potevano considerarsi democrazie atlantiche. L'impegno delle democrazie atlantiche e in particolare dell'America rooseveltiana non poteva riguardare soltanto i principali Stati exnemici, ma anche quei paesi minori che non avevano mai conosciuto la democrazia sia prima che dopo l'instaurazione del Nuovo Ordine hitleriano; nasce qui il problema di “quale democrazia per l'Europa liberata”, ossia della natura di democrazia, delle sue istituzioni, dei suoi metodi per attuarla e gestirla.  avviare la ricostruzione economica dell'Europa occidentale devastata e impoverita dalla guerra, garantendole la protezione di un sistema politico-militare che impedisca l'espansione del comunismo- Unione Sovietica: il sistema cioè impostato con l'Alleanza Atlantica e perfezionato con l'organizzazione dell'alleanza, la NATO alla fine degli anni Quaranta inizio anni Cinquanta  Piano Marshall.  creare un sistema di sicurezza internazionale che legasse le esigenze difensive dei paesi, in un clima di contrapposizione fra due blocchi durante la Guerra Fredda. Si apre così un ciclo condizionato esplicitamente dal fattore ideologico, che fin dall'inizio assume aspetti internazionali nella stipulazione dei trattati di alleanza che li legano gli uni agli altri: l'Unione Occidentale (Western Union) o Patto di Bruxelles fra GB, FRA, BEL, OLA, LUS stabilisce il precedente, facendo riferimento nel proprio preambolo a “una ripresa della politica aggressiva” di una improbabile Germania ≠ l'Alleanza Atlantica che non fa cenno ad alcun eventuale avversario. È importante sottolineare come questi trattati non debbano uscire dal quadro dell'ONU, sia nel senso che dovrebbe essere l'ONU a offrire in via preliminare e ufficiale il sistema internazionale che dovrebbe garantire, sia nel senso che l'ONU appare la depositaria dei principi universali della democrazia, ciò in seguito al processo politico e ideologico impostato dalle stesse democrazie nella Carta Atlantica del 14 agosto 1941. Il sistema politico-strategico delle democrazie atlantiche assolve con successo il suo compito di difesa contro il suo avversario non nominato, la superpotenza sovietica che non ha mai rinunciato a portare avanti il programma della “rivoluzione mondiale” comunista 9. L'URSS e il suo sistema di Stati a sovranità limitata durante la Guerra Fredda: da Stalin a Breznev L'URSS, dopo essere stato un alleato necessario durante la guerra, diventa un avversario potenziale, impegnato anch'essa nella costruzione e nella direzione del sistema internazionale del dopoguerra. Fino al patto Ribbentrop-Molotov (1939) atteggiamento di estraneità verso il mondo, poi Stalin assunse la responsabilità della politica estera solo dopo aver eliminato i suoi avversati in quella “grande purga” che indebolì lo Stato sovietico e soprattutto il suo strumento di difesa, l'Armata Rossa. In questo periodo l'Unione Sovietica compì comunque in campi distinti due sviluppi essenziali per il suo avvenire imperiale postbellico: 1. impostò la sua struttura di “stato industrial-militare” e 2. emanò la costituzione del 1936; 21 Essendo nata da una guerra e sentendosi fortemente minacciata da potenziali nemici (POL, JAP, GB) per una gran parte degli anni Venti l'URSS destinò un'ampia quota della spesa pubblica alla difesa. Va sottolineata la trasformazione a ritmo serrato dell'economia nazionale da prevalentemente agricola in industriale e la conseguente trasformazione della società, sottoposta a massicci programmi di istruzione rivolta a preparare i tecnici che gestissero l'industrializzazione ed inoltre soggetta al trasferimento di interi nuclei in ambienti geografici e “nazionali” diversi”, fino a stabilire il “cuore industriale” dell'URSS al di là degli Urali, in zone quindi non facilmente attaccabili dall'Occidente e dal Giappone. Aspetto caratteristico del processo di trasformazione dello Stato industrialmilitare sovietico, è quello di riuscire ad imporre alla popolazione un tenore di vita individuale eccezionalmente basso: la quota del PNL destinata ai consumi privati fu portata a un livello senza precedenti nella storia moderna; inoltre vanno ricordate la tendenza a preferire la quantità alla qualità, e la rigidità dei programmi che una volta avviati difficilmente potevano essere adeguati a nuove innovazioni tecnologiche. Altro aspetto dell'URSS prebellica è la costituzione del 1936, introdotta dopo quelle postrivoluzionarie del 1918 e 1924, per definire principi e forme di uno Stato totalitario comunista, caratterizzato da “centralismo democratico”, dittatura del proletariato, elementi plebiscitari e una dittatura personale di Stalin; tale costituzione, dopo che l'URSS affermò la propria posizione egemonica nell'Europa orientale con la vittoria in guerra, fu lo strumento per l'estensione del modello politico-istituzionale sovietico nella regione e il fondamento dell'uniformità transnazionale del sistema o “sottosistema” che contemporaneamente l'URSS andava costruendo attraverso una serie di trattati di alleanza. A partire dal 1947 sotto l'impatto della rottura netta fra Est e Ovest e della creazione del Cominform furono compiute le effettive sostituzioni delle costituzioni appena adattate o introdotte ex novo con altre che si ispiravano più fedelmente o addirittura riproducevano pedissequamente il modello sovietico (Bulgaria nel 1947, Cecoslovacchia e Romania nel 1948, Ungheria e Repubblica Democratica Tedesca nel 1949). Fu Stalin a stabilire le direttive dell'imitazione del modello sovietico:  L'inserimento della personalità dei capi (il dittatore da “padre del popolo” diventò “padre dei popoli”): il leader comunista Gomulka individuò a tal proposito una “scala gerarchizzata di culti della personalità” articolata su una doppia struttura: l'una all'interno di ciascun Stato satellite, l'altra che si estendeva a tutta l'area sovietica tenuta unita nel culto della personalità di Stalin  l'uniformità delle economie: nonostante il modello sovietico venne imitato nell'industrializzazione forzata, nel ruolo primario dell'industria pesante, nella collettivizzazione dell'agricoltura, nella pianificazione centralizzata, in realtà un sistema uniforme imperiale vero e proprio non si realizzò in quanto l'organo preposto a tale funzione, il COMECON (costituito nel 1949) fu scarsamente attivo, rilanciato successivamente dopo la destalinizzazione, in una situazione di allentamento del rigore autoritario sia all'interno dell'URSS che in tutto l'intero sovietico; inoltre l'organicità dei rapporti economici imperiali venne frenata anche da nuove rivendicazioni di autonomia nazionale, da ribellioni dei paesi satelliti e soprattutto da incertezze provenienti dal livello delle supreme cariche del partito, del governo e dello Stato (es. Malekov successore di Stalin non assunse la carica di segretario di Stato + Krusciov, secondo successore di Stalin, rivelatore dei crimini del dittatore assunse la carica di primo ministro). Tutti questi fattori tendono a prefigurare un blocco di Stati i cui legami ideologici, istituzionali ed economici con l'URSS si accompagnano alla costruzione diplomatico-militare del Patto di Varsavia, che sancirà un sottosistema sovietico dell'Europa centro-orientale caratterizzato da una sovranità limitata degli Stati satellite, la cui teorizzazione avverrà solamente nel settembre 1968 ad opera di Breznev. Il Cominform, l'“Ufficio di informazione tra i Partiti comunisti” dell'Europa sotto controllo sovietico fu creato quattro anni dopo lo scioglimento del Comintern: la sua creazione se non intendeva essere una sfida globale lanciata all'Occidente, era in ogni caso una mossa per rinsaldare i rapporti fra il PCUS e i principali partiti comunisti europei. Esso però fu relativamente presto privato di efficacia, da una gestione sovietica che diversi partiti 22 comunisti dell'Europa orientale erano riluttanti ad accettare, ma che andò incontro alla scacco più grave nel conflitto pressochè immediato con Tito e la Lega dei comunisti jugoslava. 10. Un totalitarismo di sinistra diverso nell'Europa sovietizzata: la Jugoslavia di Tito Evoluzione storica complessa della Jugoslavia:  è stata il caso limite dell'affrettato processo di creazione di Stati nazionali autonomi dopo la prima guerra mondiale  ha condiviso durante il periodo delle due guerre l'esperienza delle dittature di destra  è stata protagonista durante la seconda guerra di una lotta di liberazione dall'occupazione tedesca eccezionalmente autonoma e nello stesso tempo di una brutale repressione delle parti politiche non omogenee al movimento di resistenza comunista  nel secondo dopoguerra tuttavia è riuscita a liberarsi dal controllo sovietico, stabilendo e mantenendo una linea di indipendenza di fronte al blocco internazionale USA-URSS, nonostante la ricostruzione interna non si discosti di molto dal modello sovietico: industrializzazione rapida, pressione sull'agricoltura per trarne i capitali necessari allo sviluppo industriale, pianificazione centralizzata. La rottura definitiva con l'Unione sovietica avvenne nel 1948, essenzialmente per motivi di politica internazionale: Tito fin dal 1945 coltiva un progetto di confederazione balcanica che cessa di essere periferica al sistema sovietico in costruzione, quando oltre che all'Albania e alla Bulgaria il dittatore jugoslavo guarda anche alla Polonia, alla Grecia e alla Cecoslovacchia. Nonostante una prima accettazione da parte di Stalin di questa politica intraprendente di Tito, in seguito nacque il contrasto tra sistema sovietico che poteva avere interesse a vedere uno dei suoi membri estendersi fino a Trieste e interesse nazionale russo che dava invece la precedenza alla sicurezza nell'Europa continentale polacco- germanica. I problemi maggiori di politica estera furono Trieste, la Carinzia, la Grecia, determinante poi fu il “deviazionismo” degli jugoslavi dal modello sovietico, che li aveva portati a concezioni scorrette di politica economica, soprattutto quella di ignorare il ruolo e le possibilità di nuocere dei kulak (contadini proprietari) come classe. Si caratterizza per il suo “non allineamento” durante la Guerra Fredda. Dopo la rottura del 1948, si sviluppa uno Stato-società comunista europeo diverso e indipendente dall'Unione Sovietica: la JUG ora non è più in grado ovviamente di promuovere una confederazione balcanica, ma è ridotta a una condizione di isolamento rispetto a tutta l'area dell'Europa centro-orientale sovietizzata, temendo inoltre di soggiacere, guardando ad ovest, all'egemonia statunitense. Ciò spinge Tito ad andare oltre i blocchi, verso il mondo extraeuropeo, sia per stabilire relazioni con Stati che non compromettano la sua sovranità e indipendenza (sostenendo anche le guerre di decolonizzazione, per cominciare fornendo armi al Fronte di liberazione algerino), sia per creare un'alternativa alla politica dei blocchi contrapposti.  sotto la guida del maresciallo Tito la Repubblica Federativa Jugoslava si presenta all'inizio del dopoguerra come il secondo Stato comunista dopo l'Unione Sovietica: non per la sua estensione e popolazione, ma per il vigore spontaneo e la posizione preminente del suo movimento comunista, per l'indipendenza delle sue iniziative nell'Europa sudorientale che a Mosca vengono notate ma non ancora ostacolate. Tito persegue un duplice intento: 1. Stabilire relazioni internazionali con stati che non compromettano la sua sovranità, la sua indipendenza e le sue scelte politiche e istituzionali 2. Contribuire a creare un‟alternativa alla politica dei blocchi contrapposti  vuole andare oltre il limite di una terza forza tra paesi socialisti per stabilire una collaborazione con è paesi dai sistemi politici ed economici diversi e “non allineati”  è crollata nel disordine mondiale negli anni Novanta, offrendo una testimonianza tanto inedita quanto sconcertante dell'applicazione del principio di nazionalità alle etnie storiche, culturali, religiose 11. Dall'Europa al mondo: la Cina maoista e Cuba castrista 25 sovietica nel Terzo Mondo, essenzialmente in Africa (Angola, Etiopia) 26 CAPITOLO XIII Alla ricerca di un sistema internazionale: fra cedimenti dell’Europa, superpotenze extraeuropee e bipolarismo della guerra fredda INTRODUZIONE Ricostruendo „l‟ultimo secolo del sistema europeo‟ si arriva a individuare una fase considerata come premessa a un nuovo sistema „mondiale‟, o come ricerca di tale sistema. Il cambiamento si preannuncia nel secolo XIX e si manifesta nella politica internazionale della prima metà del secolo XX. FASI: 1. Crisi Asia orientale a cavallo fra i due secoli: si vede la premonizione del sistema internazionale. Questa fase dura fino al 1917, anno cruciale della Grande Guerra. 2. 1917-1919: La seconda fase corrisponde all‟intervento in guerra degli USA, la direzione americana dell‟assetto di pace e la loro prima presenza in Europa come superpotenza. 3. Primo dopoguerra: „Sistema di Versailles‟. Non viene colmato il vuoto lasciato dal sistema europeo scosso e mutilato. Durante gli anni venti il ‟sistema di Versailles‟ occupa la scena internazionale. 4. Anni trenta: Il sistema europeo si ripresenta in una sua ultima versione conflittuale e stravolta dalle iniziative dell‟Italia fascista e della Germania nazista. Questa fase dura fino al coinvolgimento dell‟URSS e degli USA. Il sistema bipolare viene imposto dalla seconda guerra mondiale ed è immanente nella situazione internazionale del secondo dopoguerra. Viene reso meno organico dalle diverse crisi interne che deve affrontare e anche dalle sfide esterne. Queste non mettono in discussione la persistenza del sistema sul piano strategico - militare ma consentono di formulare alternative future (esempio: il sistema tripolare con la Cina). 1. DAL „SISTEMA DEGLI STATI EUROPEI‟ AL „SISTEMA DELLA POLITICA MONDIALE‟: IL PROBLEMA CRITICO DI UN LUNGO PASSAGGIO. „Sistema Mondiale‟: suggerisce l‟esistenza di una politica internazionale che si estende a tutte le regioni del mondo e ha ormai in paesi extraeuropei i suoi „centri di gravità‟. Il passaggio a questo sistema è lungo e laborioso, un processo di trasformazione di un sistema europeo che ha avuto quattro secoli per costruire la sua identità a un sistema diverso dalle basi molto più vaste ma anche improvvisate, poco omogenee e tendenzialmente contrapposte. 2. LA PRIMA FASE: DALLA CRISI DELL‟ASIA ORIENTALE (1895-1905) ALL‟ASSALTO AL POTERE MONDIALE DELLA GERMANIA IMPERIALE. Protagonisti di questa crisi internazionale: Maggiori potenze europee, USA, Giappone. USA e Giappone, nuovi attori extraeuropei della scena internazionale, affermando la loro posizione nell‟Asia 27 orientale, provocano una dilatazione del sistema che non può più essere intesa come una semplice proiezione fuori dell‟Europa del „concerto‟ europeo.  1895: Giappone dà inizio alla crisi con la vittoria sulla Cina e con l‟insediamento nel continente asiatico.  Intervengono Russia, Germania, Francia e Inghilterra (riluttante). Pretendono di estendere il sistema europeo all‟Asia orientale con una spartizione limitata della Cina.  1898: USA vincono contro la Spagna. Acquisizione delle Filippine li introduce alla compartecipazione al controllo della regione. L‟America afferma la sua presenza politico – strategica nell‟Asia orientale.  1905: vittoria Giapponese contro la Russia. Il Giappone riconferma la sua presenza in Asia: grande potenza in estremo oriente. Con questi elementi si vede nella crisi dell‟Asia orientale un annuncio premonitore per la politica internazionale del secolo XX. Gli attori extraeuropei danno un‟impressione di dinamismo, ma entro determinate aree e con interferenze o contatti poco rilevanti in altre. Il Giappone emerge dalla vittoria sulla Russia come grande potenza, ma grande potenza in Estremo Oriente. Inoltre, il primo avvicinamento a una politica mondiale degli USA viene interrotto per più di un decennio. Quindi nel primo Novecento i limiti dell‟azione erano ancora stabiliti dall‟equilibrio europeo e ogni mossa in Asia e in Africa era giudicata alla luce delle ripercussioni che avrebbe avuto in Europa. Anni fra la crisi dell‟Asia orientale e la prima guerra mondiale: periodo di „ritorno‟ dell‟attenzione ai secolari problemi europei, condizionato da nuove connessioni e dipendenze dal mondo extraeuropeo. POLITICHE: FRANCIA – dopo un periodo pluridecennale di espansione coloniale ritorna a „secolari antagonismi europei‟. Il pericolo tedesco si prospetta alla Francia con urgenze e dimensioni che superano la capacità della stessa ma anche quelle dell‟intero sistema europeo. RUSSIA – ritorno all‟impegno in Europa orientale (Balcani). Necessità di assicurare la sopravvivenza dell‟impero transcontinentale euroasiatico impegnandosi nuovamente in questa regione, il cui controllo può ancora procurare consensi al regime zarista. GERMANIA – Weltpolitik, espansione extraeuropea promossa con insistenza fin dalla caduta di Bismarck nel 1890. La Germania è costretta anche a compiere uno sforzo per tenere in piedi l‟Austria Ungheria, la cui sopravvivenza doveva continuare a fornire alla Germania la base per l‟affermazione della sua egemonia europea e per la realizzazione dei suoi piani di espansione extraeuropea. Problema della Germania in Europa e fuori: si presenta come la chiave del processo di trasformazione del sistema internazionale fino alla comparsa in scena degli USA. Vi è una contrapposizione fra due tesi riguardo alla spinta egemonistica della Germania: 1. l‟intento primario della Germania era proprio stabilire la sua egemonia in tutta l‟Europa, 2. l‟intento vero e ultimo del paese era l‟assalto al potere mondiale. 30 4. Le grandi potenze che parteciparono all‟assetto del 1919 erano un numero ridotto rispetto a quelle che parteciparono al congresso di Vienna. Per questo la ricostruzione di un sistema europeo non poteva non risultare in partenza parziale e squilibrata. 5. L‟elemento che differenzia di più i due assetti fu la scomparsa dell‟Impero asburgico, che nel 1815 era stato concepito come perno del sistema della Restaurazione. 6. La non partecipazione della Russia ebbe delle conseguenze notevoli alla conferenza di Parigi, soprattutto quando confrontata alla partecipazione costruttiva dello zar Alessandro I nel 1815. 7. Infine, la presenza alla conferenza del 1919 dell‟Italia come uno dei Big Four, mentre nel 1815 l‟Italia si presentava come un territorio privo di identità nazionale e di unità statale. Questa è una dimostrazione della crisi del vecchio sistema. Da questi elementi si capisce la difficoltà nel tentare di ricostruire lo stesso sistema su nuove basi. Secondo De Porte, il sistema europeo postbellico (a parte l‟Italia) si fondò su quattro pilastri: - Gran Bretagna e Francia - Germania - Stati dell‟Europa orientale - Unione Sovietica. Il primo e il terzo pilastro (GB, FRA, Stati Europa orientale) erano alleati per difendere l‟assetto di pace. Il secondo e il quarto (GER, URSS) erano revisionisti ma negli anni Venti seguono strade diverse. La Germania va verso un accomodamento con le potenze occidentali, mentre l‟URSS va verso un relativo isolamento. ITALIA: La presenza dell‟Italia fu tutto sommato attiva nella politica internazionale fra le due guerre. Contribuì a mantenere la centralità dell‟Europa nella situazione internazionale, facendosi sentire anche nei tentativi di costruzione di sistemi internazionali. All‟inizio l‟unico sistema internazionale di cui si può parlare è il Sistema di Versailles: sistema dei vincitori duramente „dettato‟ ai vinti, appoggiato soltanto ai due maggiori vincitori europei, FRA e GB. Sistema di Versailles: sistema francese? Si può parlare di sottosistema francese, che lega la Francia a tutti i paesi che potevano offrirle la prospettiva di contare su una coalizione di sicurezza contro la Germania, in particolare le nuove piccole potenze del Sudest europeo: - Trattato di alleanza con il Belgio (1920) - Alleanza con la Polonia (1921) - Trattato con gli Stati della Cecoslovacchia (1924) - Trattato con la Romania (1926) - Trattato con la Jugoslavia (1927) Lo sforzo di ricostruzione di un sistema europeo a metà degli anni Venti era giunto soltanto fino ai passi presi da GB, FRA, GER e ITA che preludevano a un sistema mirato a prevenire un conflitto franco-tedesco. Gli anni dal 1925 al 1930 furono quelli in cui l‟Europa avrebbe potuto essere ricostruita almeno come un forte blocco agente nella sfera mondiale, ma nel 1931 scoppiò la crisi economica mondiale. (Holborn) Una delle conseguenze più gravi della crisi sul piano politico internazionale fu quella di interrompere lo sviluppo collegato del mondo atlantico euro-americano. Andava sgretolandosi, in questo periodo, un sistema internazionale limitato nell‟ambito geografico e negli intenti (sistema di Versailles): - La crisi economica indusse la Germania prenazista a sospendere le riparazioni, l‟ultimo strumento che poteva ancora tenere formalmente uniti i suoi ex nemici. - Distacco psicologico e politico dell‟America di Hoover e di Roosevelt dall‟Europa. - 1935: effimera ed equivoca riconferma del fronte di Stresa sullo status quo in Europa - Accordo navale GB-GER, che annullava unilateralmente le restrizioni alla marina tedesca. 31 - Inizio della destabilizzante guerra italiana in Etiopia. Tentativi di instaurare sistemi egemonici nella prima fase della seconda guerra mondiale – GIAPPONE: C‟era nella politica espansiva giapponese una parte che riuscì a tradursi nell‟impostazione di un effettivo sistema egemonico. La „guida‟ egemonica‟ del Giappone doveva appoggiarsi al controllo militare e a un sistema economico-commerciale comune, ed essere cementato dai sentimenti anti-colonialisti e antioccidentali degli abitanti („Unione dell‟Asia Orientale‟). Voleva esserne il leader. GERMANIA: Tesi dell‟”assalto al potere mondiale”: qualsiasi progetto tedesco di espansione extraeuropea era condizionato alla conquista dell‟egemonia europea. Hitler attribuiva a tale egemonia il valore di Lebensraum, spazio vitale. Colonialismo nazista = colonialismo „continentale‟: la nuova Europa era pensabile soltanto come un „grande Reich tedesco‟. Il sistema egemonico stabilito dal grande Reich germanico, al momento della sua maggiore estensione (fine 1942), era fondato sull‟ineguaglianza dei diritti dei popoli secondo il criterio dominante dell‟appartenenza alla „razza germanica‟, che si estendeva ai Volksdeutsche. 5. L‟AVVENTO DELLE SUPERPOTENZE USA E URSS Espansione durante la seconda guerra mondiale della Germania in Europa e del Giappone in Asia orientale: avviamento di sistemi egemonici di ambito regionale che vengono interrotti dalle rispettive sconfitte militari. La guerra determina anche l‟avvento delle „due superpotenze dietro le quinte‟, USA e URSS. Avvento che sarà destinato a tradursi in un sistema internazionale che durerà per tutta la Guerra Fredda. Tale avvento fa compiere al sistema internazionale il passaggio dal piano europeo al piano mondiale che in decenni precedenti era stato prima annunciato e non realizzato, poi artificiosamente sospeso e rinviato. ASPETTI POLITICO-DIPLOMATICI DEL TRASFERIMENTO DI POTENZA E DILATAZIONE DEL SISTEMA: - Si può usare come punto di partenza la proposta di Roosevelt di un sistema mondiale postbellico diretto e gestito dai „Quattro Poliziotti‟. - L‟ipotesi rooseveltiana non comprendeva la Francia, inserita verso la fine della guerra. - La proposta di Roosevelt fu adottata e introdotta nella parte della struttura istituzionale dell‟ONU che privilegiava il ruolo delle maggiori potenze vincitrici. - Grazie a questo aspetto, la scienza giuridica classificò formalmente come „grandi potenze‟ i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. - Questa proposta andava impostando uno strumento d‟azione gestito dalle maggiori potenze, non comprendeva le grandi potenze nemiche e le conseguenze si faranno sentire nella struttura e nello sviluppo anomalo della politica internazionale della Guerra Fredda. RUOLI DELLE „GRANDI POTENZE‟ CINA e FRANCIA erano ormai grandi potenze soltanto per convenzione. Non avevano le forze né gli interessi per svolgere i loro ruoli oltre il loro ambito geografico immediato. Infatti, la loro partecipazione venne limitata per la Cina all‟Asia orientale e per la Francia all‟Europa. INGHILTERRA: - unica potenza europea la quale, dopo aver resistito da sola all‟espansione tedesca, aveva proceduto con decisione fino alla vittoria, dando un contributo anche di risorse, uomini e mezzi. - l‟Impero-commonwealth britannico aveva svolto durante la guerra un ruolo essenziale (Asia e Africa orientale). L‟Impero conferiva al Regno Unito un peso considerevole nella comunità internazionale. - La GB disponeva ancora all‟inizio del dopoguerra di un‟ampia rete di territori, zone dì influenza e punti d‟appoggio indispensabili alla strategia occidentale della incipiente Guerra Fredda. - L‟Inghilterra era andata costruendo una forza atomica indipendente. Diplomazia di guerra = Alleanza a tre. Era plausibile che questa alleanza a tre potesse trasferirsi dalla 32 condizione di emergenza della guerra a uno stabile e durevole sistema diplomatico del dopoguerra. Sembrava, anzi, più plausibile dell‟ipotesi dei „Quattro Poliziotti‟ rooseveltiana. La Grande Alleanza di guerra che suggeriva la formazione di un sistema a tre nel dopoguerra non decollò. La polarizzazione che la Guerra Fredda provocò fra i poteri forti della comunità internazionale ebbe un certo impatto su questa situazione. AFFERMAZIONE DELLE DUE SUPERPOTENZE: all‟affermazione degli USA contribuisce l‟esautoramento della potenza inglese entro il rapporto bilaterale anglo-americano: già nel corso della guerra essa andava perdendo progressivamente la sua indipendenza economico-finanziaria e anche politico-strategica. La superpotenza americana impiegò un certo tempo a dimostrare il livello delle sue risorse e delle sue capacità: fra l‟intervento in guerra (dicembre 1941) e lo sbarco in Normandia (giugno 1944). In questo periodo, gli USA portano avanti le operazioni di guerra anfibia contro il Giappone nel Pacifico occidentale – Asia orientale, mentre si impegnavano maggiormente nell‟Atlantico, nell‟Africa settentrionale, e nella penisola italiana. L‟URSS si afferma improvvisamente con la vittoria di Stalingrado (fine 1942 – inizio 1943). Intanto aveva saputo approfittare della prima parte del conflitto per portare avanti, alleandosi con la Germania, una politica annessionistica per consolidare le sue posizioni nell‟Europa centro-orientale, anche se questa politica precedente la svolta di Stalingrado non faceva certo dell‟Unione Sovietica una superpotenza. La vittoria di Stalingrado, che si presenta al mondo come la prima grande sconfitta del Terzo Reich, segnò una svolta generale del conflitto e qualificò l‟URSS come la maggiore potenza militare in campo, e rimase tale in tutta la seconda fase della guerra. 1. FATTORI DI SUPERIORITÀ DEGLI USA: - Territorio nazionale non toccato dalle distruzioni belliche. Questo favorisce un progresso tecnologico, produttivo e una gestione dell‟economia nazionale che acquista un significato preciso nei confronti dell‟URSS che esce dalla guerra con parte del suo territorio devastato e una struttura economico-politica esausta. Inoltre l‟URSS non ha potuto migliorare il suo livello tecnologico. - Monopolio dell‟arma atomica - Situazione obiettiva delle grandi zone dì influenza all‟inizio della Guerra Fredda: tre americane a fronte di una sovietica (emisfero occidentale, Europa occidentale, Asia orientale contro Europa orientale). 35 C‟è la sensazione fra gli storici che il sistema bipolare non sia stato in grado di affrontare e gestire a un certo punto un progressivo e multiforme attacco alla „stabilità‟ internazionale. Le relazioni internazionali, fino ad allora costrette a una relativa semplicità, fra gli anni 60 e 70 compirono una svolta significativa, assumendo una reale complessità (dovuta anche alla moltiplicazione degli stati sovrani provocata dal processo di decolonizzazione), mentre il sistema che avrebbe dovuto gestirle andava incontro a una crisi. 7. I SOTTOSISTEMI DEL BIPOLARISMO: SFIDE, OSTACOLI (E ALLINEAMENTI) INTERNI. All‟interno del sistema bipolare vediamo due sottosistemi egemonici costruiti sulla divisione dell‟Europa, che fanno capo ai rispettivi poli e sono per essi di importanza essenziale. La centralità politica e strategica dei due sottosistemi fa convergere sull‟Europa l‟attenzione del sistema bipolare in misura prevalente. I due sottosistemi rappresentano fattori di tensioni dirette e indirette e provocano sfide interne alle loro egemonie. SFIDE ALL‟EGEMONIA SOVIETICA: - Dal 1948 (espulsione-defezione della Jugoslavia) al 1989 (cedimento della DDR) si susseguono sfide all‟egemonia sovietica dall‟interno (salvo nell‟ultimo caso) - 1956: Rivoluzione in Ungheria da dimostrazione di indipendenza allarmante le cui ripercussioni oltrepassano le frontiere del paese e del blocco orientale. - Bulgaria: rientra presto nei ranghi - Cecoslovacchia: costituisce per il sottosistema sovietico un autentico pericolo. Impegno etico - politico per un „socialismo dal volto umano‟ alternativo a quello della potenza egemone e tale da mettere in discussione il modello politico-sociale sovietico. - 1968: primavera di Praga, subito dopo la repressione viene enunciata la Dottrina di Breznev detta della „sovranità limitata‟. Ma le sfide decisive al sistema sono rappresentate da Polonia e Germania dell‟est: POLONIA: - 1970: fallimento dei moti operai di Danzica - 1980: fondazione Solidarnosc - Governo viene assunto dal generale Jaruzelski - Jaruzelski scioglie Solidarnosc e instaura la legge marziale - 1983: sospende la legge marziale e riammette il sindacato nella legalità, consentendo una trasformazione dello Stato polacco - 1989: elezioni: piena affermazione di Solidarnosc, formazione governo Mazoviecki. Primo governo a direzione non comunista in un paese del sottosistema sovietico. Elezione di Lech Walesa a presidente della repubblica completa l‟emancipazione della Polonia (nel quale la Chiesa cattolica gioca un ruolo eccezionale). Germania: verrà trattata in dettaglio più avanti. SFIDE ALL‟EGEMONIA AMERICANA: Ostacoli determinati da sviluppi economici eccezionali, capaci di creare nell‟Europa occidentale comunitaria una condizione di autonomia e di concorrenza rispetto agli USA. FRANCIA: La sfida francese all‟egemonia americana nasce dalla sua condizione di debolezza e di declassamento dal rango di potenza di primo piano. Si prospetta come opposizione alla preminenza anglo-americana nel suo complesso e comincia a prendere forma durante la seconda guerra.mondiale. De Gaulle: costretto ad affrontare in condizioni di inferiorità i rapporti con gli alleati anglosassoni. Per effettivamente presentarsi alla fine della guerra come una delle potenze vincitrici, la Francia di De Gaulle 36 dispone di pochi elementi favorevoli. Manca la sanzione di elezioni democratiche. La Francia esce comunque nella condizione di alleata della coalizione vincitrice, ma l‟impostazione che De Gaulle ha dato alla Francia fra guerra e dopoguerra (e ritornando al potere negli anni 50) rimane a caratterizzare la politica del paese nell‟epoca della Guerra Fredda. La Francia del dopoguerra condivide lo spirito e promuove l‟intento dei paesi dell‟Europa occidentale di accomunare le risorse economiche, politiche, culturali e militari nel patto di Bruxelles. Robert Schumann si accorge di dover spingere americani, inglesi e canadesi a spostare a sud l‟asse dell‟alleanza, togliendo la Francia da una collocazione periferica o comunque non centrale. Passi: - Lasciato cadere il progetto di ristabilire il secolare legame con la Russia, - Accettati i posti nel Consiglio dei Quattro Ministri degli Esteri - Zona di occupazione in Germania - Partecipazione all‟amministrazione militare di Berlino ovest. Sentimenti e propositi della Francia: - Sensazione non infondata di essere tenuta fuori dal „circolo ristretto‟ - Preoccupazione iniziale di farsi dare dall‟America gli armamenti per poter difendere su base nazionale la frontiera del Reno - Timore retrospettivo di una larga parte dell‟opinione pubblica di una ripresa espansiva tedesca. Storia della Francia nella NATO: si intreccia con il ritorno di De Gaulle al potere e del suo veto all‟entrata dell‟Inghilterra nella Comunità europea. 1966: De Gaulle pone termine all‟integrazione delle forze francesi nella NATO e il quartier generale viene trasferito da Parigi a Bruxelles. La Francia comunque rimane un‟alleata affidabile: si schiera con gli alleati occidentali nei momenti di crisi con l‟URSS e porta avanti con decisione i suoi programmi nazionali di armamenti. La Francia potrebbe costituire il più valido alleato militare dell‟America nel continente europeo, ma non rinuncia a resistere e a contestare l‟egemonia degli USA in diversi settori (anglicizzazione del linguaggio tecnico e corrente, promozione massiccia di consumi e costumi americani). Negli anni 60 la Comunità europea diviene la maggiore concorrente degli USA, mentre la Germania federale si afferma come „grande potenza civile‟. La Germania comunque avvia una politica verso l‟Est europeo e verso l‟Unione Sovietica, giustificata dal contenzioso nazionale – territoriale che ha dal 1945 con questa parte del continente. Questi diversi sviluppi riducono la preminenza assoluta degli USA. Gli europei occidentali nella grande maggioranza desiderano e accolgono la protezione degli USA, se non proprio l‟egemonia. Controllo strategico americano: può contare su tre fattori che dimostrano la volontà degli USA di garantire la sicurezza in Europa: 1. La „special relationship‟ con GB 2. Il rapporto bilaterale con la Spagna franchista, con le relative basi aeronavali americane 3. La progressiva identificazione della NATO con la „politica di interesse nazionale‟ americana. Il problema della Spagna franchista: l‟anello mancante Venne risolto sul piano tecnico della difesa dell‟Europa occidentale con un trattato bilaterale del 26 settembre 1953 che stabiliva la disponibilità di basi aeree e navali in territorio spagnolo da parte degli USA. È la NATO alla fine a diventare lo strumento principale del sottosistema egemonico americano nell‟Europa occidentale. 8. SISTEMA BIPOLARE E SFIDE ESTERNE. LE IPOTESI DEL TRIPOLARISMO E DEL MULTILATERALISMO Sono le sfide esterne a determinare la „complessità reale‟ delle relazioni internazionali nella fase matura della Guerra Fredda, e a impedire al sistema bipolare di realizzare le sue aspirazioni a un controllo globale. 37 PRIMA SFIDA: PROCESSO DI DECOLONIZZAZIONE Fra la fine degli anni 40 e gli anni 60 modifica profondamente la comunità internazionale per via della creazione di decine di nuoci Stati sovrani. Inoltre crea accanto ai due blocchi contrapposti un Terzo Mondo, la cui caratteristica è quella di non costituirsi in blocco e di non avere un polo. Non riuscì mai a costituire un‟alternativa all‟antagonismo bipolare, ma rese evidente che il sistema bipolare della Guerra Fredda non comprendeva né esauriva l‟intero scenario mondiale: mostra che l‟Asse Nord-Sud avrebbe potuto essere sostituito da una collaborazione sui problemi dello sviluppo globale. La trasformazione portata dal Terzo Mondo fu di larga portata. Il sistema bipolare non seppe farsi carico dei problemi che i paesi nuovi ponevano alla comunità internazionale in termini di trasformazione e sviluppo delle società ex coloniali. I due poli si concentrarono nella gara per procurarsi alleati-satelliti fuori dei due blocchi. Il polo americano finì per essere l‟interlocutore principale dei processi di crescita delle economie e delle nazioni del Terzo Mondo (paesi non-allineati), a causa della schiacciante superiorità delle sue risorse produttive e finanziarie. - 1947: India diventa indipendente, e rifiuta qualsiasi allineamento politico-strategico con l‟Occidente. - 1948: Jugoslavia esce dal sottosistema sovietico. - 1952: Egitto, da Stato monarchico giunto all‟indipendenza dal protettorato britannico (conservando stretti legami con GB) diviene una repubblica nazionalista e anticolonialista avversa alle iniziative di difesa collettiva del Medio Oriente assunte da GB, FRA e USA culminanti con il Patto di Bagdad (1955). - 1956: Nazionalizzazione del canale di Suez (non ancora l‟adozione di una politica di non allineamento). - 1959: Egitto si stacca dall‟URSS associandosi alla politica di non allineamento jugoslava, che proponeva di influire sulla politica dei due blocchi fino a farne cessare la conflittualità e la preminenza egemonica sul resto del mondo, e di arrivare a una situazione internazionale di sicurezza e collaborazione economico-sociale generale. Prima conferenza dei non allineati, Belgrado 1-6 Settembre 1961 (No Jugoslavia): dichiarazione dei 28 paesi partecipanti  i capi di stato e di governo non tendono alla formazione di un nuovo blocco, né possono essere un blocco. CONFERENZE DEL MOVIMENTO DEI PAESI NON ALLINEATI: - Cairo 1964: lotta al colonialismo, alla discriminazione razziale e alla politica sudafricana dell‟apartheid. - Algeri 1973: problema del sottosviluppo - Avana 1979: ruolo guida di Cuba castrista preoccupata di far prevalere la teoria dell‟”alleanza naturale” fra blocco socialista (sovietico) e i paesi non allineati. - Bagdad 1981 non venne tenuta per via del conflitto fra Iran e Iraq. Rinviata al 1983: - New Delhi 1983 - Harare 1986: unico punto di convergenza fra i partecipanti fu la presa di posizione contro l‟apartheid e il dominio sudafricano in Namibia. Malgrado la moltiplicazione delle adesioni al movimento, esso perdette nel corso del tempo gli intenti significativi per imprimere una svolta al sistema internazionale, facendolo uscire dalla logica dei blocchi, dei primi promotori. Non si può dire infatti che il movimento dei paesi non allineati sia riuscito a recare un contributo importante alla trasformazione della comunità internazionale. Si limitò a rappresentare una variante organizzativa più ristretta del Terzo Mondo. 40 Indicatori: - Conferenza di Bretton Woods (22/07/ 1944) che stabilisce un sistema monetario internazionale basato sul DOLLARO e fissa la convertibilità in oroposizione centrale del dollaro nell‟economia mondialetappa decisiva del trasferimento - Potenza navale. Fino alla fine del XIX secolo la GB aveva il predominio navale. Gli americani avrebbero voluto una Marina “seconda a nessuno”; Conferenza di Washington (1921-1922): stabilisce la riduzione delle due marine (GB e USA) a livello paritario. Conferenza di Londra (1930): fine della rivalità navale anglo-americana. Ma verso la fine degli anni ‟30 gli USA riprendono la loro strategia navale sui due oceani impostando nel 1938 un nuovo programma di costruzione di una marina „seconda a nessuno‟.  nel 1946: una flotta americana si stanzia nelle acque della Turchia (di fronte agli Stretti) dove c‟era sempre stata una flotta britannicada questo momento in poi si può parlare di predominio navale degli USA. - Durante la Guerra Fredda gli Usa diventano una potenza militare TERRESTRE stabile, per timore di subire attacchi via terra. Ciò non era mai successo per la GB. - Differenze riguardanti la concezione della società: la GB è attenta alle situazioni politiche e nazionali specifiche. Gli Usa proclamano la validità assoluta della democrazia (Dottrina Monroe). C‟è un filone di pensiero e di ideologia americano che comincia a imporsi alla società internazionale con il Presidente Wilson (17/01/1917): l‟America deve guidare il progresso dell‟umanità secondo i “principi americani” (uguaglianza tra le nazioni, libertà dei mari, limitazione degli armamenti). L‟identificazione tra l‟umanità e i principi americani permane anche con Hoover, con Roosevelt e durante la Guerra Fredda. Tra GB e USA c‟è una relazione speciale (special relationship) fin dal 1900. Sebbene messa inizialmente in crisi per via del trasferimento di potenza, questa intesa perdura per tutta la II GM e perfino durante la Guerra Fredda. (Indicatori: Breton Woods, Piano Marshall, esclusiva partecipazione della GB allo sviluppo degli armamenti atomici in Usa, appoggio diplomatico inglese nella guerra alle isole Falkland). La GB inizialmente seguiva la cosiddetta “politica dei 3 cerchi”(mantenimento del Commonwealth, dell‟organizzazione dell‟Europa occidentale e delle relazioni con gli Usa): si arresta dopo l‟indipendenza dell‟India (1947) e la creazione della Nato. Il “cerchio” si riduce così agli Usa. 3. Basi economiche e prospettive strategiche della “potenza mondiale degli Stati Uniti” nel primo Novecento Nella prima metà del 1900 gli Usa vogliono una posizione di preminenza produttiva e commerciale. Emerge qui il primato dell‟economia sulla politica, specialmente nel periodo che va dal 1898 (guerra con la Spagna) all‟inizio della I GM. 2 Dipartimenti (di Stato e del Commercio) negoziano accordi, trattati commerciali e aiutano le aziende. Durante le Presidenze KINLEY, ROOSEVELT, TAFT e WILSON si attua la Diplomazia del Dollaro: i rappresentanti diplomatici Usa diventano “agenti di commercio” delle iniziative economiche. Quadruplicano gli Investimenti Esteri (verso Canada, Messico, Cuba..)nuove tecniche di espansione: tecnologia più avanzata, costruzione di fabbriche e impianti di assemblaggio all‟estero ecc.) WILSON La presidenza di Wilson (un democratico) si colloca in un trentennio repubblicano 1913-20. È un periodo ricco di prospettive suggestive ma anche di contraddizioni e di imprese bruscamente interrotte: 1) egli non riesce ad affermare la Diplomazia del Dollaro in America Centrale. Cause incompetenza/inesperienza del segretario di Stato William Bryan, lo spoil system = prassi politica americana di attribuire al partito vincitore delle elezioni la facoltà di conferire posti di responsabilità 41 entro l‟amministrazione federale; proprio nell‟America centrale questo sistema provocò conseguenze sconcertanti: in alcuni casi furono nominati rappresentanti diplomatici legati agli interessi dei gruppi industriali privati operanti in condizioni di monopolio nella zona. 2) Un altro fallimento di Wilson riguarda due dei Quattordici Punti annunciati l‟8 gennaio 1918, che rappresentano gli scopi di guerra degli Stati Uniti. Il 14esimo, che istituisce la Società delle Nazioni, e il terzo, riguardante l‟abolizione delle barriere economiche internazionali. Nel primo dopoguerra emerge la dottrina secondo la quale gli Usa avevano l‟obbligo di tracciare un “nuovo corso” verso il miglioramento della condizione umana. La sfida viene raccolta dal Presidente Hoover nei primi anni ‟20. Vengono quindi concessi prestiti ai paesi europei secondo precisi criteri tecnici. Dopo la vittoria con la Spagna (1898) gli Usa diventano una potenza mondiale, controllando la zona strategica dei Caraibi e le Filippine. La penetrazione nei mercati mondiali di merci, capitali e tecnologie americane favorisce la creazione dell‟ordine internazionale dopo la II GM. 4. l‟apogeo. La democrazia rooseveltiana fra New Deal, primato militare e progetto del “mondo unico” Nel 1900 gli Usa vivono il loro “apogeo” (culmine della potenza militare, economica e dell‟influenza politica) e lo raggiungono in breve tempo, proponendosi al mondo come modello di società avanzata, prospera, democratica. 1)Fin dagli anni 30‟ gli USA stabiliscono una premessa qualificante per la trasformazione della loro società politica ed economica e di conseguenza per l‟immagine e l‟influenza che otterranno nel mondo del decennio seguente: il NEW DEAL=complesso di norme e di interventi straordinari con cui dal 1933 il presidente Roosevelt affronta la depressione economica interna seguita alla Grande Crisi - interventi legislativi - creazione nuove istituzioni e autorità federali preposte all‟esecuzione di precisi programmi - promozione di lavori pubblici - pianificazione della produzione agricola - introduzione di tutele previdenziali e misure assistenziali nuove USA prima democrazia ad accogliere il Welfare State 2)Altra premessa: creazione di un sistema economico globale fondato sulla riduzione delle tariffe doganale e promozione del MULTILATERANISMO COMMERCIALE, fatta dal Segretario di Stato Hull che gestisce la politica estera dell‟amministrazione Roosevelt. Ma né gli accordi bilaterali con l‟America latina, né il „Reciprocal Trade Agreement Act‟ (legge sugli accordi commerciali reciproci-approvata dal Congresso nel 1934) riescono ad arrestare la tendenza dominante al nazionalismo economico. Il progetto liberistico di Hull è considerato in contraddizione sia con l‟interventismo legislativo e gestionale del New Deal sia con politica economica internazionale del periodo prebellico; esso si proiettava verso l‟avvenire, ma non necessariamente verso l‟avvenire postbellico. Infatti la politica estera del New Deal fra il 1933 (Conferenza di Londra) e 1944 (Bretton Woods) vede l‟impegno di creare un‟alleanza anglo-americana (accordo commerciale, 1938)verso un commercio più libero. Gli Usa escono dunque da Bretton Woods in una posizione economica e finanziaria dominante. Il „trasferimento‟ del New Deal degli Stati Uniti al mondo viene annunciato da Roosevelt quando precisa il suo programma delle 4 Libertà: due ereditate dal liberalismo occidentale, le libertà individuali di parola e di religione; libertà dei popoli e LIBERTA‟ dal BISOGNO). Quest‟ultima segna il trasferimento del New Deal dagli Usa al mondo: si vuole “inventare” un modello di relazioni tra gli Stati (il cd mondo nuovo), ma l‟influenza del vecchio impero britannico è ancora troppo forte perché ciò possa verificarsi. Roosevelt avrebbe prediletto il sistema dei Quattro Poliziotti = il compito di mantenere l‟ordine è affidato a 4 grandi potenze, formalmente in parità, ma con chiara supremazia degli Usa. 42 Quindi: - preminenza economica - superiorità militare: durante la II GM, la preminenza Usa è innalzata a livelli mai raggiunti perchè gli americani non danno solo un contributo “di truppe”, come nella I GM, ma assumono un importante ruolo decisionale al momento della vittoria, rispetto sia alla GB sia all‟URSS. - preminenza tecnologica che garantisce la superiorità militare: arma aerea più forte e più avanzata, bomba atomica, marina „seconda a nessuno‟ - fattore ONU = organizzazione internazionale di base per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali  ONU+multilateralismo commerciale+4 libertà = componenti essenziali del progetto del „mondo unico‟ - Il progetto del “mondo unico” si rivela tuttavia irrealizzabile perché: - il modello che gli Usa vogliono esportare è complessodivario Usa-altri paesi perché Usa società troppo avanzata rispetto al resto del mondo industrializzato ma anche per esperienza storia e ambiente geografico Usa - incontra le resistenze dell‟Europa occidentale: proprio di quella parte dell‟Occidente cioè alla quale gli Stati Uniti contavano di poter estendere in via preliminare il loro modello. resistenza dell‟Europa all‟adozione del modello americano data la diversità culturale, etico- politica, istituzionale e anche di politica economica dall‟America. 5. la grande democrazia che cambia: da Roosevelt a Reagan Durante la Guerra Fredda, per via della contrapposizione con l‟URSS, gli Usa rinunciano all‟idea del “mondo unico”. Come cambiano gli Usa da Roosevelt a Bush Senior? 4 aspetti: - POPOLAZIONE. Dal 1945 al 1990 cresce di decine di milioni. Ma l‟aspetto più interessante è il cambiamento culturale. Durante la presidenza Wilson l‟America è WASP (bianca, anglosassone, protestante), dopo la II GM c‟è un “melting pot” (rimescolamento culturale: etnie, lingue e religioni diverse) ed infine nasce il “multiculturalismo”. (es: Kennedy: irlandese e cattolico). - IMMIGRAZIONE. Non è più, come nell‟800, per cause economiche, bensì per cause politiche. Questa immigrazione riguardò intere categorie di rifugiati: dagli ebrei che cominciano ad affluire negli Usa con l‟avvento del regime nazista, russi, cinesi, cubani anti-castristi…Si avvertono conseguenze sul piano politico-istituzionale (nelle rappresentanze al Congresso, nel governo, nell‟amministrazione ecc.) e linguistico (introduzione bilinguismo nelle scuole).  presenza di „lobbies‟ = gruppi di pressione che cercano di influire sulla politica americana e in particolare sul Congresso (es. China lobby). Le trasformazioni della popolazione hanno concorso a creare una società conformista, in cui l‟individuo deve „conformarsi‟ all‟opinione della massa dei suoi pari per essere accettato. - TECNOLOGIA. Si parla di rivoluzione tecnologica, soprattutto per quanto riguarda i mezzi di comunicazione e di informazione. - ECONOMIA. Malgrado gli Usa siano colpiti da recessione nel primo dopoguerra, rinuncino al cambio oro-dollaro nel 1971 mettendo in crisi la moneta americana e subiscano le crisi petrolifere, e malgrado l‟ascesa delle quasi superpotenze economiche della Germania e del Giappone, gli Usa mantengono comunque il primato economico. Trionfa fra il 1948 e il 1950 con il Piano Marshall, superiorità nei riguardi dell‟URSS durante la Guerra Fredda durante l‟età di Reagan, dominio negli anni ‟90. 45 CAPITOLO XV: LA DIPLOMAZIA DELLA GRANDE GUERRA La prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, si pone come inizio storico all‟inizio del XX secolo. Si può datare quest‟inizio nel 1914 quando la Guerra comincia, o nel 1919, quando un mondo completamente diverso per essere trascorsi cinque anni, affronta la pace ristabilita. La diplomazia della Grande Guerra non si presenta come una fase brillante delle relazioni internazionali dell‟età contemporanea. Il problema più impegnativo che le diplomazie delle due coalizioni si trovano ad affrontare nel primo anno di Guerra, è probabilmente quello della neutralità e dell‟intervento in Italia, ma naturalmente per le questioni decisive sull‟andamento della Guerra, l‟intervento decisivo è quello degli Stati Uniti. Per quanto riguarda l‟esito finale del conflitto, le incertezze si risolsero fra il 1917 e il 1918 con la vittoria dell‟Intesa sia grazie al contributo degli Stati Uniti (che inviano nuove divisioni), sia per lo sgretolamento del Secondo Reich che si accompagnò al cedimento dell‟Impero Asburgico e dell‟Impero Ottomano, portando agli armistizi dell‟Ottobre-novembre 1918. 1. 1914-1918: Cinque anni di trasformazioni inaspettate e rivoluzionarie Tracciamo un quadro complessivo degli errori, delle crisi e dei mutamenti radicali sopravvenuti duranti cinque anni di Guerra. Il primo elemento è l‟atteggiamento di governi e popoli di fronte alla Guerra, che si articola in forme diverse: 3. Non si ritiene possibile che il mondo occidentale, giunto a quel livello di civiltà, possa ricorrere alla guerra per risolvere le controversie internazionali. Ciò lo pensa in particolar modo l‟opinione pubblica americana. 4. Uno stato d‟animo che domina ambienti nazionalistici, che vedono la guerra come un “bagno di sangue” dalla funzione purificatrice, oppure ad una catastrofe violenta e demolitrice della società esistente. Un errore gravissimo è quello di aver previsto una Guerra lampo. Soprattutto per i capi militari, l‟errata previsione della brevità del conflitto era collegata con quella riguardante il tipo di guerra che si sarebbe combattuta, ovvero una guerra mobile come era stata in passato (guerra franco-prussiana del 1870) però dopo i primi mesi di operazioni militari si impose una guerra di posizione (di trincea). Questo tipo di guerra, logorante e sanguinosa, caratterizzò per quattro anni tutti i principali fronti. Diverse furono le strategie per uscirne e ottenere la vittoria: quella dello “sfondamento”, quella dell‟”usura” e quella della “diversione” però nessuna delle tre ottenne risultati militari decisivi bensì ingenti perdite umane. Ciò avvenne perché ci fu una disponibilità di un numero di soldati senza precedenti dovuta al servizio militare obbligatorio (es: in meno di un mese si ebbero circa 700/800 mila caduti a Verdun nel 1916). Un altro aspetto nuovo che come il precedente contribuisce a fare della Grande Guerra la prima „guerra totale‟, è quello economico-produttivo. Gli eserciti si trovano presto a corto di munizioni: ciò sollecita nelle potenze occidentali industrializzate una rapida moltiplicazione-trasformazione dello sforzo produttivo; mentre la Russia incorre in quelle difficoltà di rifornimenti che possono provocare la paralisi operativa del suo esercito. Per quanto riguarda l‟aspetto socio-economico, gli uomini sono rimpiazzati dalle donne nell‟agricoltura, nelle industrie, nel terziario e c‟è l‟introduzione del razionamento alimentare da parte dei governi. Anche la situazione finanziaria cambia. L‟Europa perde la posizione di “banchiere del mondo” a favore degli Stati Uniti, quando anche la potenza finanziaria più forte, l‟Inghilterra, dopo aver fornito prestiti di guerra alla Francia, deve ricorrere a prestiti negli Stati Uniti. Quest‟ultimi diventano “il banchiere del mondo” del primo dopoguerra e rovesciano la loro posizione pre-bellica e altre parti del mondo come l‟America latina, partecipano alle esportazioni senza contropartite nell‟Europa occidentale, portando ad estinzioni i debiti contratti con essa. Fra l‟inizio della guerra e la sua conclusione, vengono meno la compattezza e il lealismo nazionale dei 46 popoli degli Stati belligeranti. I membri socialisti francesi si dimettono, il socialista tedesco Karl Liebknecht fonda lo “Spartakusbund” (=lega di Spartacosocialisti, estremisti). Si verificano agitazioni e scioperi in diverse città: nell‟impero asburgico l‟agitazione assume l‟aspetto particolare di una resistenza delle nazionalità; nella base di Kiel viene innalzata la bandiera rossa e nella settimana seguente Lubecca, Amburgo, Brema cadono nelle mani dei marinai e degli operai in rivolta; al sud è proclamata la Repubblica di Baviera, ad ovest la rivolta si estende verso la Renania. Nel secondo Reich c‟è un crollo del sistema politico-istituzionale interno che induce il governo imperiale a chiedere l‟armistizio. La Grande Guerra comincia come europea e finisce come mondiale. L‟anno decisivo per il conflitto è il 1917 in seguito all‟intervento degli Stati Uniti. La diplomazia europea è messa a dura prova ed è costretta a rivedere buona parte dei suoi concetti: deve adeguarsi insomma alle prospettive dell‟emergente superpotenza d‟oltre Atlantico. 2. problemi e sviluppi della diplomazia di guerra: “trattati imperialistici”, scopi di guerra e iniziative di pace. La politica delle nazionalità La fase dei “trattati imperialistici” che si estende dall‟inizio del 1915 alla primavera del 1917, risponde alla preoccupazione delle potenze dell‟Intesa di adattare ad una situazione di forze in movimento il sistema d‟alleanze creato per l‟apparente stabilità dell‟anteguerra. I trattati imperialistici - cosi etichettati anzitutto dal regime bolscevico quando alla fine del ‟17 rese pubblici i testi degli accordi segreti stabiliti dal governo zarista con i suoi alleati di guerra – riguardano Gran Bretagna, Francia, Russia e Italia. Il primo a esser raggiunto fu quello denominato “Accordo di Costantinopoli” dal 4 marzo al 10 aprile 1915 fra Russia, Gran Bretagna e Francia. Le potenze occidentali erano giunte a promettere alla Russia il controllo di una zona strategica, dopo che per tutto il XIX secolo avevano impedito alla sua flotta il libero passaggio dal Mar Nero al Mediterraneo. In cambio dei nuovi vantaggi strategici ottenuti dalla Russia, la Gran Bretagna avrebbe annesso l‟Egitto ed esteso la sua zona d‟influenza in Persia che le era riconosciuta dall‟Accordo Anglo-Russo del 1907, mentre alla Francia sarebbero toccate tre zone d‟influenza: la Cilicia, la Siria e la Palestina. La cessione degli stretti alla Russia, non fu determinata soltanto dalla preoccupazione franco-inglese di soddisfare le esigenze espansionistiche dell‟Impero zarista tenendolo separato da una pace con gli Imperi centrali, bensì anche dalla contemporaneità delle trattative con le tre Potenze dell‟Intesa che avevano avviato con l‟Italia e che portarono alla firma, il 26 aprile 1915, del Patto di Londra. Ora il trattato con l‟Italia, le avrebbe assegnato posizioni strategiche nell‟adriatico da sottrarre all‟Austria-Ungheria, ma che in caso di vittoria avrebbero a loro volta ostacolato le direttive di espansione della Russia dirette o indirette. Il patto di Londra fu “il prezzo che la Russia pagò per il raggiunto accordo su Costantinopoli e gli Stretti”. L‟accordo su Costantinopoli e gli Stretti aveva lasciato imprecisato in quale modo sarebbero state strutturate le zone d‟influenza inglese e francese nella parte araba dell‟Impero Ottomano. Accordo Sykes-Picot nel 1916: La zona inglese doveva comprendere la regione di Bagdad, il Kuwait e parte della costa del Golfo Persico sotto sovranità turca; la zona francese la Siria e il Libano, oltre alla Cilicia e l‟Anatolia meridionale. La Palestina avrebbe avuto un‟amministrazione internazionale, i porti di Haifa e d‟Acri sarebbero stati sottoposti al controllo inglese. L‟accordo prevedeva la formazione di stati arabi protetti - il Libano, la Siria interna e la penisola araba- ma avrebbe subito ripercussioni dell‟andamento della guerra: in particolare della cessazione della pressione russa sull‟Impero ottomano e della prevalenza militare incontestata degli inglesi in Medio Oriente arabo nel 1917-18. Prima che l‟Impero zarista crollasse, ci fu il tempo per accordi segreti. All‟inizio del 1917, il delegato francese Donmergue voleva l‟appoggio russo per la riannessione dell‟Alsazia e Lorena in cambio della promessa di Costantinopoli e degli Stretti che i russi avevano gia ricevuto nel ‟15. I russi rifiutarono di pagare una seconda volta ciò che avevano già pagato; al contrario pretendevano ulteriori ricompense per rimanere in guerra. Donmergue fissò allora le condizioni per le due parti: la Francia avrebbe ricevuto miniere 47 di carbone nella Saar oltre che all‟Alsazia e la Lorena; la riva sinistra del Reno avrebbe costituito uno “stato autonomo e neutrale” presidiato da truppe francesi. In cambio la Russia sarebbe stata libera di “stabilire le frontiere occidentali secondo la propria volontà”. La Francia deve quindi rinunciare a sostenere l‟indipendenza della Polonia, e di conseguenza uno dei principali punti di riferimento di quella politica di libertà e d‟autodeterminazione dei popoli, che l‟Intesa aveva posto fra i suoi scopi di guerra. Francia e Inghilterra nell‟Accordo di San Giovanni di Moriana del 17 aprile 1917 estesero al territorio dell‟Impero Ottomano la promessa di compensi all‟Italia per il suo intervento in guerra, riservandole le zone d‟influenza d‟Adalia e di Smirne rispettivamente sulla costa meridionale e orientale dell‟Anatolia. Anche in questo caso come nel patto di Londra, le visioni espansionistiche dell‟Italia ad est erano un elemento della politica interalleata che doveva affrontare in quel momento il problema di una pace separata con l‟Austria- Ungheria e quello dell‟incerta posizione politico-istituzionale di fronte alla guerra della Grecia, che sarebbe intervenuta a fianco dell‟Intesa soltanto nell‟estate. La diplomazia di guerra fu posta di fronte, nel breve periodo fra la fine del ‟16 e il principio del ‟17, all‟iniziativa degli Stati Uniti, ancora neutrali, di richiedere esplicitamente alle parti in campo quali intenti si proponevano per ottenere la vittoria militare. WILSON mirava ad una “pace senza vittoria” ossia senza vantaggi o compensi per nessuna coalizione. L‟iniziativa americana fu ripresa con decisione quando Wilson fu rieletto. Prima che il governo di Washington vi desse corso, fu prevenuto da un‟offerta di pace da parte della Germania (il cancelliere Bethman-Hollweg il 12 dicembre 1916 formula la proposta all‟incaricato d‟affari USA a Berlino). Oltre ad esser formulata in tono “inaccettabile”, essa non accennava minimamente agli scopi di guerra tedeschi. L‟Intesa respinge con sdegno l‟offerta tedesca e Wilson il 18 dicembre 1916 invita i belligeranti a rendere noti i loro scopi di guerra in previsione di una conferenza di pace. La Germania, sfavorevole alla partecipazione del presidente americano alla conferenza, che considerava troppo favorevole all‟Intesa, non volle esporre pubblicamente i suoi scopi di guerra e fece sapere in via riservata a Washington le condizioni alle quali sarebbe stata disposta a trattare la pace: era disposta a evacuare il Belgio solo se poteva mantenere le fortezze di Liegi e Namur, voleva la cessione da parte francese del bacino minerario lorenese e l‟ingrandimento ad est verso la Polonia. L‟Intesa non volle sottrarsi all‟enunciazione pubblica e il 12 gennaio 1917 fu pubblicato un documento che affermava la libertà e l‟autodeterminazione dei popoli, la restituzione del Belgio da parte della Germania e della Serbia da parte dell‟Austria-Ungheria, nonché dai territori occupati dagli Imperi centrali in Romania, Russia e Francia settentrionale. Non indicava alcun programma preciso riguardo alla Germania e nessuna promessa di indipendenza per la Polonia. Il 20 gennaio 1917, il presidente Wilson pronunciò un discorso al Senato sulla sua tesi della “pace senza vittoria”. A porre termine all‟iniziativa americana fu la marina tedesca che impose al governo di Berlino la ripresa della guerra sottomarina indiscriminata (maggio 1916), provocando una crisi che porterà gli USA dalla neutralità all‟intervento. Le coalizioni della Grande Guerra non erano altro che il risultato di somme di rivalità bilaterali cui corrispondeva la mancanza di contrasti diretti fra diversi membri dei due blocchi  non c‟era contrasto diretto fra la Germania e la Russia, ne fra l‟Austria Ungheria e la Francia, ne fra l‟Austria Ungheria e l‟Inghilterra, ne fra la Germania e l‟Italia. Il caso limite delle contraddizioni della situazione internazionale della Grande Guerra è l‟Austria-Ungheria, che la diplomazia alleata non voleva vedere sgretolarsi a causa della sua storica funzione politica e strategica nell‟Europa centro-orientale, non certo esaurita dal conflitto in corso. Dopo aver fatto le spese dei compensi promessi all‟Italia per il suo intervento, diventò la vittima dell‟applicazione dei principi di nazionalità che francesi, inglesi e americani ponevano al primo posto nei loro scopi di guerra. In questo contesto si collocano i tentativi d‟Austria-Ungheria per giungere ad una pace separata che occuparono la scena centrale della diplomazia dopo la morte di Francesco Giuseppe per iniziativa del principe Sisto di Borbone Parma, cognato di Carlo I. La diplomazia internazionale giunse alla consapevolezza che l‟Impero Multinazionale Asburgico si avviava alla dissoluzione e che promuoverla era diventato uno scopo di guerra inevitabile per l‟Intesa. Questo periodo centrale della guerra fra la seconda metà del ‟16 e del ‟17, si conclude con l‟Appello del 50 Gradisca, tutta l‟Istria fino al Golfo del Quarnaro con le isole di fronte alle sue coste. Con l‟art.5, l‟Italia ottenne la Dalmazia; una nota indicava quali coste e isole dell‟alto e basso Adriatico, con i porti di Fiume, Spalato, Ragusa, Cattaro, sarebbero state attribuite dalle quattro potenze alleate alla Croazia, alla Serbia e al Montenegro. Il porto di Durazzo sarebbe rimasto all‟Albania. Con l‟art.7, l‟Italia ottenne la sovranità su Valona, l‟isola di Saseno ed il protettorato sull‟Albania. L‟art.8 prometteva la sovranità sulle isole del Dodecaneso mentre l‟art.9 le assegnava la regione di Adalia nel caso di crollo e di spartizione dell‟impero Turco; l‟art.10 le trasferiva privilegi e diritti conservati dalla Turchia sulla Libia dopo la cessione della regione all‟Italia nel 1912. L‟art.14 riguardava i compensi in Africa in caso di annessione alleata delle colonie tedesche e aveva carattere segreto con una dichiarazione nella quale gli Alleati si impegnavano a non concludere una pace separata (lasciando l‟Italia da sola di fronte all‟Austria Ungheria). Il 5 maggio 1915, l‟Italia denuncia la Triplice Alleanza e il 25 maggio dichiara guerra all‟Austria-Ungheria. Il Patto di Londra, forse il trattato imperialistico più importante della Grande Guerra, dava all‟intervento italiano un carattere diverso da quello degli altri paesi membri dell‟Intesa o per lo meno delle democrazie occidentali. Questa diversità era data da più di un elemento: la presenza nel caso italiano di un contratto dalle clausole precise che stabilivano specifici compensi; il fatto che il governo di Roma, non il paese, concentrasse l‟attenzione sugli aspetti di politica di potenza del conflitto; l‟assenza nello stesso tempo nel governo degli interessi e delle considerazioni di “responsabilità” propri delle grandi potenze. 4. l‟intervento degli Stati Uniti Il 4 agosto 1915, gli Stati Uniti si dichiarano neutrali. Fra il 4 agosto 1914 ed il 2 aprile 1917 quando effettivamente intervennero nella Grande Guerra, gli USA si trovarono di fronte a prove senza precedenti nella loro storia nazionale. La neutralità rigorosa sollecitata da WILSON, fondata sul ripudio morale della guerra e determinata dalla preoccupazione che gli Stati Uniti non vi fossero coinvolti, nel corso del tempo venne meno. Gli elementi che più contribuirono a quest‟evoluzione furono due:  La condizione dell‟economia, molto sviluppata e rivolta verso l‟esportazione, ma in fase di depressione. L‟America fu indotta ad esportare nei paesi dell‟Intesa, i soli che, avendo il controllo navale dell‟Atlantico potevano ricevere le sue forniture. Gli USA si trovarono impegnati sul piano economico dalla parte dell‟Intesa.  Il tentativo della Germania di bloccare le forniture americane agli Alleati per mezzo di una guerra sottomarina che provocò distruzioni e morti di cittadini americani ponendo il paese, dinanzi alla realtà di una guerra in Europa che avrebbe potuto coinvolgerlo. Nella prima fase del conflitto, l‟affondamento di navi mercantili, con perdite di vite americane, culminarono nell‟episodio più grave destinato a imprimere una “svolta decisiva” alla politica degli USA sul piano sia dell‟opinione pubblica sia del governo: l‟affondamento nel mare d‟Irlanda il 7 maggio 1915 del transatlantico britannico Lusitania che causò la morte di più di mille persone. Fu una svolta decisiva per il governo: lo stesso presidente s‟impegnò nelle redazioni di una nota al governo tedesco in cui gli chiedeva di prendere provvedimenti per impedire il ripetersi d‟atti tanto sovversivi dei principi del diritto internazionale bellico (13 maggio 1915). Dilemma: o rinuncia della Germania alla guerra sottomarina contro la navigazione mercantile o intervento in guerra da parte degli USA. Nei due anni fra la crisi del Lusitania e l‟intervento in guerra, altri elementi influirono sulla politica di WILSON, mentre cresceva il movimento per la “preparazione” a eventualità decisive e impegnative: la sospensione (fra il maggio ‟16 e il febbraio ‟17) della guerra sottomarina indiscriminata da parte della Germania che stabilì un equilibrio provvisorio nell‟atteggiamento degli americani verso le due coalizione contrapposte e l‟impegno che Wilson volle assumersi per fare arrivare i belligeranti a una “pace senza vittoria”. Il fallimento del progetto di mediazione americano si verifica quando la Germania decide di riprendere la guerra sottomarina indiscriminata. L‟annuncio della ripresa della guerra sottomarina fu dato dall‟ambasciatore tedesco a Washington il 31 51 gennaio ed il 3 febbraio, WILSON comunicò al Congresso la rottura delle relazioni diplomatiche con la Germania. Il presidente fu in sostanza l‟unico a coltivare ancora l‟intento di mantenere la pace finché non fu messo di fronte al fatto specifico che più d‟ogni altro lo convinse che la guerra era inevitabile: il “telegramma Zimmermann” (17 gennaio 1917), ossia la rivelazione di un dispaccio in cui il ministro degli esteri tedesco Zimmermann dava istruzioni all‟ambasciatore in Messico perché esortasse quel paese ad attaccare gli Stati Uniti con la promessa che la Germania vittoriosa gli avrebbe fatto restituire i territori perduti a metà del secolo XIX; non solo, ma ad inoltrare attraverso il governo messicano al Giappone, la proposta di entrare in campo contro gli Stati Uniti. Il 2 aprile 1917 ci fu il messaggio di guerra di Wilson davanti al Congresso e al Senato. L‟america in guerra durante il 1917 poté completare la sua preparazione sia sul piano militare che su quello politico-diplomatico. Le tre prime divisioni americane giunsero in Francia nell‟ottobre 1917, ma il contingente era arrivato a 42 divisioni nelle ultime settimane di guerra. Sul piano politico-diplomatico gli USA diedero il loro intervento in Europa un carattere distinto, non formalizzando un‟alleanza con l‟Intesa e considerandosi associati. Questo consentì agli USA di mantenersi del tutto indipendenti dai “trattati imperialistici” sottoscritti da Inghilterra, Russia, Francia e Italia fra il 1915 e il 1917. 5. i Quattordici Punti di Wilson e la “Nuova Diplomazia” Il Presidente Wilson enunciò quelli che si presentavano come gli scopi di guerra degli Stati Uniti, i Quattordici Punti elencati nel suo discorso al Senato dell‟ 8 gennaio 1918. I primi quattro dei quattordici punti ed il quinto riguardavano i problemi generali della comunità internazionale: instaurazione di una diplomazia aperta ossia non segreta, libertà dei mari, soppressione delle barriere economiche internazionali, riduzione degli armamenti, problema delle colonie. Il punto 5 sollecitava tutti i belligeranti a promuovere il “soddisfacimento delle aspirazioni dei popoli coloniali” tenendo conto delle potenze coloniali. Si pone il problema della Russia dopo la rivoluzione. Il punto 6 coincideva con una fase di travaglio della rivoluzione russa da cui sarebbe emersa la posizione di controllo incontrastato del partito bolscevico preludente alla formazione dell‟Unione Sovietica. Wilson voleva lo “sgombero di tutti i territori russi al fine di assicurare alla Russia sia la possibilità di giungere senza intralci ne ostacoli a un proprio assetto politico indipendente e ad una propria politica nazionale”. I punti seguenti indicavano i più specifici scopi di Guerra degli Stati Uniti nella situazione politico- territoriale creata dall‟espansione degli Imperi Centrali: la liberazione del Belgio (punto 7) e della Francia settentrionale e la restituzione alla stessa Francia dell‟Alsazia Lorena, annessa al Secondo Reich dopo la guerra franco-prussiana del 1870 (punto 8); e ad est la liberazione della Romania, della Serbia e del Montenegro cui avrebbe dovuto seguire lo stabilimento fra gli stati balcanici di accordi amichevoli tenendo conto delle affinità politiche e dei confini (punto 11). Rimanevano i problemi politici, nazionali o etnici determinati da nuovi rapporti di forze. Questi problemi erano essenzialmente quattro: due erano conseguenze delle crisi di due grandi imperi multinazionali nemici, l‟Impero asburgico e quello ottomano; il terzo era quello della creazione di uno Stato nazionale polacco; il quarto, di entità minore, era quello dei confini italiani. Nei 14 punti, la formulazione più ambigua era quella dell‟Impero asburgico (punto 10), al quale dovevano essere concesse le più ampie possibilità di sviluppo autonomo. Il punto 12 sull‟Impero ottomano prospettava due problemi: quello della separazione della Turchia dai territori non turchi entro l‟Impero (sovranità garantita sulle regioni del suo attuale territorio e alle altre nazionalità va la garanzia di assoluta sicurezza di vita e possibilità di sviluppo autonomo) e quello dell‟internalizzazione degli Stretti (i Dardanelli aperti al libero passaggio su base di garanzie internazionali). Il punto 13 riguarda la creazione dello Stato polacco che deve comprendere tutti i territori abitati da popolazioni polacche, devono avere libero accesso al mare e l‟indipendenza politica, economica e l‟integrità territoriale. Il punto 9 riguarda i confini dell‟Italia sui quali va effettuata una revisione sulla base della frontiera etnografica. Il punto 14 riguarda la creazione della “Società delle Nazioni”. 52 Su questi 14 punti si prestarono giudizi politici e storiografici. La diffidenza dell‟Intesa fu espressa dal presidente del consiglio francese CLEMENCEAU con una battuta sarcastica (Dio ha fatto 10 comandamenti e Wilson ne ha voluti enunciare 14). Sul piano storiografico si è parlato di „vaghi contorni‟ del programma wilsoniano e in effetti non pochi dei passaggi dei Punti si potevano prestare a critiche e subirono clamorose smentite: lo stato polacco non si è fatto solo di polacchi, definire la frontiera italiana etnografica era troppo ottimistico, mentre il confino nordorientale con l‟Austria avrebbe indotto a concludere che il principio di nazionalità poteva non essere applicato riguardo ai confini di uno stesso Stato. Wilson comprese che non si può solo riattaccarsi al principio di nazionalità ma che si debbono osservare le frontiere naturali e strategiche, modificando cosi le frontiere fondate sulla nazionalità. Egli mise alla base dei suoi 14 punti il principio della giustizia, affermando che se di tale principio non si faceva il fondamento della pace, la pace non avrebbe resistito. Inoltre, Wilson, enunciandoli, mostrò gli USA sempre più come possibili arbitri fra le potenze in conflitto, dall‟altro esprimevano quella filosofia della politica internazionale che Wilson chiamerà “New Diplomacy”. La Nuova Diplomazia auspicava una riformulazione degli scopi di Guerra dell‟Intesa basata sui principi piuttosto che sugli interessi; su un‟attività diplomatica “aperta” al pubblico, ossia al mezzo di informazione; sul ripudio di qualsiasi annessione territoriale; sull‟autodecisione dei popoli; sulla risoluzione delle controversie internazionali attraverso arbitrati e attraverso l‟opera di un‟organizzazione sovrannazionale. Gli ambienti liberali europei, ma specificamente inglesi, contribuirono validamente all‟elaborazione della „nuova diplomazia‟. 6. le conseguenze strategiche e diplomatiche della Rivoluzione russa Nel momento in cui gli Stati Uniti si apprestavano a intervenire in guerra, in Russia le tensioni economico- sociali di un organismo statale logoro e inadeguato portavano ad un rivolgimento rivoluzionario. L‟opposizione si manifestò sia alla Duma sia negli scioperi operai e nei movimenti contadini. Il governo sciolse la Duma e impose la cessazione degli scioperi, ma i parlamentari rifiutarono di obbedire e, a Pietrogrado, si costituì il primo Soviet della Rivoluzione del 1917 (ma i primi consigli d‟operai o soviet, si erano costituiti nel 1905). Il 17 marzo 1917 dopo l‟abdicazione dello zar, si costituì un governo provvisorio di tendenza liberaldemocratica sotto la direzione del principe Lvov, al quale succederà il 30 luglio Alexander Kerensky. Il governo provvisorio assicurò agli alleati occidentali che avrebbe proseguito la guerra. L‟anno 1917, che al suo inizio aveva recato all‟Intesa il vantaggio dell‟intervento americano, vide quindi alla fine, l‟uscita di scena di un membro originario ed essenziale della coalizione come l‟Impero Zarista. Il crollo della Russia fu una perdita che neanche l‟entrata in guerra dell‟America poté compensare per molti mesi, e prima che l‟equilibrio fosse ristabilito gli Alleati occidentali vennero a trovarsi “pericolosamente vicini alla disfatta”. Le conseguenze strategiche si fecero sentire nella scomparsa del fronte orientale (la Germania non doveva più combattere su due fronti), ma anche sui fronti europei, quello occidentale e quello meridionale (italiano). Sul fronte occidentale le conseguenze furono soltanto indirette; sul fronte italiano invece, le conseguenze furono indirette: il comandante in capo tedesco Ludendorff scelse di sferrarvi un‟offensiva valendosi delle forze austro-tedesche in più di cui poteva disporre dopo il crollo russo; e fu lo sfondamento delle linee italiane e la rotta di Caporetto (24 ottobre 1917). La crisi della Rivoluzione russa si sviluppò contemporaneamente a quella dei rapporti fra la Russia ed i suoi alleati, preoccupati che essa stabilisse una pace separata con la Germania. Ciò di fatto avvenne quando, in novembre, i bolscevichi si impadronirono del potere e vollero applicare il primo punto del loro programma, “una pace senza annessioni e senza indennità”, cominciando a stabilire un armistizio con gli Imperi centrali il 5 dicembre 1917. La guerra divenne una “guerra dei padroni”, dove le masse avevano tanto da perdere e nulla da guadagnare. Ammutinamenti di truppe e scioperi dei lavoratori provocarono un irrigidimento nei paesi a sistema politico 55 CAPITOLO XVI: L’ASSETTO INTERNAZIONALE DEL PRIMO DOPOGUERRA Gli uomini di governo delle maggiori potenze vincitrici dalla Grande Guerra convocarono la Conferenza di Parigi, la quale, nella prima parte del 1919, definì anzitutto lo Statuto della Società delle Nazioni e il trattato di Versailles con la Germania, mentre nei mesi e anni successivi i vincitori stabilirono trattati di pace con gli alleati della Germania: l‟Austria, l‟Ungheria e la Turchia. Il distacco dell‟impero turco dai territori arabi e i modi in cui le potenze vincitrici si assunsero di impostarne gli assetti statali posero le basi di quella che sarebbe diventata la questione del Medio Oriente. Importante è anche la peculiarità della posizione politica italiana nell‟assetto internazionale del tempo fra le Quattro Grandi e la genesi del problema adriatico. 1. La Conferenza della Pace Si può fare un parallelo tra il Congresso di Vienna del 1815 e la Conferenza di Pace del 1919: entrambe segnano l‟emergere e l‟imporsi, nella prima, delle “cinque grandi potenza europee”, nella seconda, delle potenze vincitrici della Grande Guerra (Francia, Inghilterra, Usa, Italia), ma mentre al Congresso di Vienna fu invitata e partecipò attivamente anche la potenza sconfitta, la Francia, nel 1919 la Germania fu esclusa, anche se nel frattempo aveva assunto una nuova struttura politica repubblicana e democratica (Repubblica di Weimar); inoltre, il Congresso di Vienna era stato “europeo”, mentre la conferenza di pace di Parigi sanzionò il coinvolgimento nel sistema europeo del mondo esterno, in particolar modo per la presenza dominante degli Stati Uniti d‟America. Un‟altra differenza, però meno rilevante, rappresenta l‟esclusione dalla conferenza della pace di un membro fisso e determinante del sistema europeo dei due secoli precedenti, la Russia. La Conferenza di Pace di Parigi fu inaugurata solennemente il 18 gennaio 1919, quarantottesimo anniversario della fondazione, a Versailles, del Secondo Reich appena scomparso. Convennero a Parigi rappresentanti di tutti i paesi belligeranti, nonché dei nuovi Stati che andavano formandosi in applicazione del principio di nazionalità. Vennero formate 16 commissioni su problemi specifici, ma due in particolare vennero considerati urgenti e s‟imposero nella prima fase degli incontri: la creazione della Società delle Nazioni e il trattato di pace con l‟ex nemica principale, la Germania. Emersero poi anche il problema adriatico. La commissione sul Patto o Statuto della Società delle Nazioni fu presieduta dal presidente americano Wilson, che lo tenne impegnato fin verso la fine di marzo. Solo allora il “Consiglio dei Quattro” affrontò il problema tedesco: l‟obiettivo non era tanto di imporre alla Germania cessioni di territorio e una indennità di finanziaria secondo una prassi tante volte seguita dopo le guerre; ma creare le condizioni politiche ed economiche internazionali ed interne alla Germania perché non potesse ritentare in avvenire il suo assalto al potere mondiale, ossia la sua politica di espansione sulla base di una potenza militare che si era rivelata pericolosamente vicina a prevalere sulla coalizione avversa. Motivi che hanno portato la coalizione vittoriosa del 1918 a proiettare verso l‟avvenire le condizioni di pace da imporre alla grande potenza vinta: - cento anni di sviluppo della rivalità franco-(prussiano)tedesca - qualche decennio di nazionalismo intransigente fra la fine dell‟Ottocento e il primo Novecento, con la forma particolare che gli aveva conferito in Francia l‟idea di revanche - lo spostamento di potenza economica, militare e demografica dalla Francia alla Germania - la perdita di un numero senza precedenti di vite umane provocata dalla Grande Guerra - l‟occupazione militare per quattro anni di una parte rilevante del territorio nazionale francese e di tutto il Belgio 2. Il Trattato di Versailles Quali sono le posizioni delle tre maggiori potenze vincitrici (Francia, Inghilterra, Stati Uniti d‟America) di fronte alla sconfitta Germania? 56 La Francia si caratterizza per tre atteggiamenti: quello più duro e deciso, legato a considerazioni di sicurezza militare, del maresciallo Foch, che propone la creazione di un “sistema di mutua assistenza permanente” fra i paesi collocati alla sinistra del fiume Reno, compresa la Renania (territorio tedesco)il che avrebbe provocato un parziale “smembramento” del Reich, fino a comprendere la Francia, per una difesa della frontiera occidentale; c‟era poi una posizione centrale rappresentata da Clemenceau, vecchio sostenitore della revanche ma consapevole di dover tenere conto delle posizioni degli altri alleati; infine la posizione di Aristide Briand, l‟uomo di governo democratico-socialista, conosciuto per aver elaborato il piano Briand di federazione europea, presentato alla Società delle Nazioni nel 1929, e il Patto Kellogg-Briand nel 1928. La posizione dell‟Inghilterra presentò senza dubbio parallelismi e similarità con quella americana, ma fu da subito più razionale e più attenta alle ripercussioni sulla situazione internazionale generale sia dei francesi che del presidente Wilson. Essa si definisce attraverso una nota programmatica del Foreign Office del 25 marzo 1919, nel quale si insisteva su:  la stipulazione di un trattato con la Germania che le assicurasse delle condizioni „giuste‟, cioè tali da non contraddire il principio di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli;  la necessità di tener conto della rivoluzione russa, la quale poteva avere effetti disgreganti nelle vicine società dei paesi vincitori;  la necessità di impedire che una pace onerosa spingesse la Germania nelle braccia della Russia comunista;  l‟opportunità di conferire la maggiore forza possibile alla Società delle Nazioni, anche proprio in funzione anti-bolscevica;  la creazione di uno stabile accordo tra Francia, Inghilterra, Stati Uniti e Italia per assicurare il concretizzarsi di una politica internazionale di pace, attraverso la Società delle Nazioni, dalla quale organizzazione non avrebbe dovuto essere esclusa la Germania;  la stipulazione di un trattato di garanzia che assicurasse alla Francia l‟appoggio automatico delle alleate di guerra in caso di ripresa dell‟espansionismo tedesco. Gli Stati Uniti d‟America, soprattutto rappresentati dalla figura del presidente Wilson, erano i promotori della costituzione della Società delle Nazioni come strumento per risolvere i futuri scontri a livello di politica internazionale, ma nel frattempo si può notare l‟intransigenza dello stesso Wilson nel voler trattare solo con un governo “democratico” tedesco, nell‟esigere una resa incondizionata della Germania, nel definire il trattato di pace praticamente senza negoziati. Nel definire il trattato di pace con la Germania tre problemi principali impegnarono le potenze vincitrici: 4. le riparazioni di guerra: le posizioni di partenza furono molto diverse riguardo a ciò, perché la Francia li quantificava in 200 milioni di marchi oro, sollevando infatti le proteste di Inghilterra e USA, secondo i quali l‟onere eccessivo e le rateazioni dilazionate per circa mezzo secolo avrebbero provocato un forte impoverimento del popolo tedesco, aprendo il paese alla propaganda comunista e d‟altra parte avrebbe determinato una condizione di squilibrio dell‟economia internazionale (da notare la protesta dell‟economista inglese John Meynard Keynes, che denuncia l‟assurdità economica del principio delle riparazioni). Le potenze vincitrici giunsero poi ad un accordo e inserirono nel trattato di pace l‟art 231, la cui importanza va oltre l‟argomento delle riparazioni perché sancisce la responsabilità dei danni alla Germania: i Governi Alleati dichiarano e la Germania riconosce, che la Germania e i suoi alleati sono responsabili, per esserne causa di tutte le perdite e di tutti i danni subito dai Governi Alleati e dai loro cittadini in conseguenza della guerra che è stata loro imposta dall‟aggressione della Germania e dei suoi alleati. 5. i confini del nuovo stato tedesco: se ci fu consenso per quanto riguardava l‟annessione dell‟Alsazia e della Lorena alla Francia (le erano state tolte dalla vittoria prussiana del 1870 e avevano costituito da allora l‟oggetto-simbolo della revanche), per gli altri territori si dovette giungere a soluzioni di compromesso tra la politica di sicurezza francese e le posizioni più distaccate di Gran Bretagna e Stati Uniti. Cosi fu raggiunto un compromesso per la regione della Saar (che diventerà poi strategica 57 insieme alla regione della Rur per via della presenza di giacimenti carboniferi): la Francia ne reclamava l‟annessione mentre l‟Inghilterra proponeva un assetto politico indipendente dalla Germania, ma prevalse la posizione americana di sottoporre la regione all‟amministrazione della Società delle Nazioni per quindici anni, ai quali sarebbe seguito un plebiscito per definirne il destino. Per la Renania la Francia avrebbe voluto seguire il piano Foch facendolo diventare uno stato indipendente nel blocco dei paesi posti a sinistra del Reno di cui la Francia avrebbe dovuto organizzare la difesa e che ora secondo Clemenceau avrebbe dovuto essere sottoposta a occupazione militare alleata permanente; ma l‟Inghilterra si oppose nettamente e così alla rinuncia della Francia questa fu ricompensata con il trattato di garanzia = avrebbe dovuto procurare alla Francia l‟aiuto immediato dell‟Inghilterra e degli Stati Uniti in caso di attacco tedesco. Wilson approvò l‟idea inglese ma la modificò richiedendo la stipulazione di due trattati, uno franco-britannico e uno franco- americano. La Renania rimase così in territorio tedesco ma dovette subire un processo di neutralizzazione e fu occupata per 15 anni dalle forze alleate. Confine tedesco-belga: alcune zone che si trovavano sul confine occidentale col Belgio (come i distretti di Malmédy e di Eupen) furono oggetto di una richiesta di annessione da parte del Belgio, che però li acquisì soltanto dopo un plebiscito nel 1920 per accettarsi che la maggioranza degli abitanti non desiderava rimanere in Germania. Confine con la Danimarca: stessa sorte toccò allo Schleswig (era stato annesso alla Prussia nel 1864 prima dell‟unificazione del Reich), la zona che si trovava sul confine settentrionale con la Danimarca, che riuscì ad ottenerla solo in seguito ad un plebiscito. Il confine meridionale separava la Germania da due nuovi stati: la Repubblica austriaca e la Repubblica Cecoslovacca. La popolazione della prima era quasi esclusivamente tedesca e aveva richiesto di essere annessa alla Germania, riproponendo il dilemma tra piccola (senza Austria) e grande Germania (con Austria) che Bismarck aveva risolto mantenendo in vita l‟Impero asburgico. La strategia di contenimento della potenza tedesca e principio di nazionalità e autodeterminazione dei popoli erano in forte contrasto. Così fu inserito nel trattato l‟art. 80 che proibiva alla Germania di annettere l‟Austria. Mentre nella regione dei Sudeti della Repubblica Cecoslovacca vi era una maggioranza di tedeschi che per il momento non sembrava creare difficoltà, ma le situazione muterà negli anni Trenta con la pressione della propaganda nazionalsocialista del terzo Reich. Il confine orientale con la Repubblica polacca fu definito dopo aver concesso alla Polonia quella parte della Posnania, della Prussia occidentale e dell‟Alta Slesia nelle quali i polacchi costituissero almeno il 65% della popolazione, così come definiva il punto 13 di Wilson (= prevedeva che fossero assegnati al nuovo Stato territori in cui le popolazioni fossero incontestabilmente polacche e che la Polonia avesse un accesso al mare). Inoltre, sempre sulla base di questo punto fu creato il cosiddetto “corridoio polacco”, che giungendo al Mar Baltico a ovest della Prussica orientale, stabilì una discontinuità nel territorio nazionale tedesco. Il porto che fu assegnato alla nuova Polonia sul Baltico, Danzica, non aveva una larga maggioranza di popolazione polacca, infatti l‟Inghilterra si oppose a questa cessione e indusse a costituire Danzica in città libera sotto il controllo della Società delle Nazioni. 6. i limiti o divieti da porre alle forze armate tedesche: i francesi ne vorrebbero la spartizione, gli angloamericani la distruzione. La divergenza fu poi risolta una settimana prima della firma del trattato di Versailles dalla stessa flotta tedesca che ottemperò all‟ordine di arrivare alla base navale britannica, ma giunta a destinazione si autoaffondò. Comunque il risultato fu una netta riduzione della flotta navale con l‟abolizione dei sommergibili, dell‟arma aerea, mentre l‟esercito fu ridotto a 100.000 uomini e 4.000 ufficiali senza artiglieria pesante e carri armati e venne abolita la coscrizione obbligatoria. La spartizione delle colonie tedesche non fu un argomento di contrasto: l‟Africa orientale tedesca fu in parte sottoposta a mandato britannico e in parte assegnata al Belgio, l‟Africa sudoccidentale tedesca divenne mandato dell‟Unione Sudafricana, le colonie tedesche dell‟Africa Occidentale furono suddivise tra Francia e 60 5. L‟Italia fra i Quattro Grandi L‟Italia uscì duramente provata dalla Grande Guerra (perdite ingenti di vite umane, esaurimento delle già scarse risorse economiche e logorio di un struttura industriale ancora fragile, moltiplicazione del debito pubblico, pesante indebitamento estero, soprattutto con gli Stati Uniti, inflazione monetaria che aveva ridotto il potere di acquisto della lira di ben cinque volte), ma era anche un paese che riuscì ad ottenere risultati positivi sul piano nazionale ed internazionale: l‟affermazione dei suoi meriti sul piano militare dopo il cedimento del 1917, ma primi fra tutti il compimento dell‟unità nazionale, in seguito a quella che venne chiamata la “quarta guerra d‟indipendenza” e il crollo della Monarchia Austroungarica, che permise all‟Italia di non essere più minacciata sul confine orientale e nell‟Adriatico da una potenza ostile che contasse 51 milioni di abitanti (mentre la Francia si trovava sempre ad affrontare la massa compatta della Germania). Così, grazie ai risultati della sua azione politico-militare, alla vittoria degli alleati, al crollo di tre stati membri del sistema internazionale d‟anteguerra (Russia, Austria Ungheria e Germina), all‟impostazione della conferenza di pace sulla base della partecipazione dei soli vincitori, l‟Italia entra a far parte dei “Quattro Grandi”, ossia una delle quattro potenze su cui cadeva la responsabilità di definire e instaurare l‟assetto di pace. I fattori che influiscono maggiormente sulla politica internazionale italiana sono tre:  l‟interventismo democratico: per gli interventisti democratici la politica italiana non doveva rimanere quella del Patto di Londra, ma doveva partire da esso per proporne una revisione più attenta alla nazionalità dei territori assegnati dal trattato del 1915 all‟Italia, che ambiva ad ottenere il controllo sull‟Adriatico. Inoltre il “movimento” desiderava che l‟Italia annettesse Fiume in cambio della parte della Dalmazia non di popolazione, lingua e cultura italiana, mentre per i nazionalisti Fiume era l‟esempio palese dell‟insufficienza del Patto di Londra, il quale doveva essere integrato con nuovi acquisti territoriali;  l‟interventismo nazionalista: il punto principale del programma nazionalista era lo stabilimento del controllo italiano sulla sponda orientale dell‟Adriatico fino all‟Albania, così come veniva enunciato da Francesco Coppola e dall‟Associazione Nazionalista Italiana, mentre D‟Annunzio coniò lo slogan di “vittoria mutilata” per descrivere la negazione dei meritati frutti della vittoria all‟Italia da parte della Conferenza della Pace. Nel quadro nazionalista s‟inserisce anche la figura di Benito Mussolini, futuro duce fascista. La sua posizione si basa su due avvenimenti apparentemente contraddittori: la sua clamorosa contestazione, insieme con esponenti nazionalisti, dell‟interventismo democratico in occasione del discorso a Milano l‟11 gennaio 1919 dell‟on. Leonida Bissolati, ex socialista, interventista democratico ed ex ministro del governo di unità nazionale Orlando-Sonnino; il secondo è dato invece dall‟approvazione di Mussolini, questa volta dissentendo dai nazionalisti, del trattato di Rapallo del 12 novembre 1920. Queste due prese di posizione di diverso segno confermano il fatto che l‟intento principale di Mussolini era quello di promuovere l‟ascesa sua e del suo movimento senza insistere su un programma preciso, in attesa di procurarsi sul campo un “dottrina del fascismo”. In realtà Mussolini aveva in mente un scelta precisa per l‟Italia, che si sviluppava in un avvenire coloniale e in un ruolo di primaria importanza nella politica internazionale;  la posizione del governo: la terza posizione di cui tenere conto in Italia è quella del governo Orlando-Sonnino. Sonnino, il ministro degli esteri del Patto di Londra, era sopravvissuto all‟avvicendamento dei governi di guerra mantenendo attraverso quattro anni di trasformazioni politiche e morali di popoli e governi la sua caratteristica coerenza, particolarmente apprezzata dal presidente americano Wilson. Vittorio Emanuele Orlando, più volte ministro durante le fasi di guerra e presidente del consiglio del governo di unione nazionale formato dopo Caporetto, aveva gli occhi rivolti all‟interno del paese e risultava più disponibile del suo ministro degli esteri. La posizione governativa era conscia del fatto che l‟Italia non disponeva di fronte a un‟America wilsoniana che aveva principi e criteri di politica estera alquanto diversi da quelli dei suoi associati europei, dei vantaggi di cui godevano sia l‟Inghilterra, avvicinata agli Stati Uniti dalla lingua, dall‟economia, dal 61 fatto che non rivendicasse alcun ingrandimento territoriale in Europa, sia la stessa Francia, che beneficiava dell‟opinione generalmente accettata di essere stata vittima di un‟aggressione per cui le rivendicazioni dei territori sulla riva del Reno potevano essere comprese alla luce delle vicende passate. L‟Italia non poteva atteggiarsi a vittima di una aggressione, essendo entrata in guerra dopo una meditata decisione e sulla base di condizioni ad essa posta. Questo comportamento portò all‟isolamento della delegazione italiana in seguito a due errori: Orlando sarebbe stato disposto a considerare Fiume un oggetto di scambio con i territori dalmati di lingua e cultura slava assegnati all‟Italia dal Patto di Londra, ma lasciò che Fiume diventasse un simbolo e distruggesse la libertà d‟azione del governo; inoltre gli italiani presentarono il 7 febbraio il “memorandum Barzilai”, contenente le rivendicazioni italiane sulle Alpi e l‟Adriatico, che oscurò anziché chiarire la posizione italiana. 6. Il problema adriatico, 1919-20 Il problema adriatico si pone all‟interno della Conferenza della Pace ed è la questione nella quale si concentra maggiormente la politica italiana, il che conferma la concezione e la politica della “guerra italiana” adottata nel 1915 dal governo Salandra: la scelta cioè di un guerra particolare contro l‟Austria Ungheria non in quanto impero multinazionale che impediva all‟Italia di completare il proprio risorgimento nazionale né in quanto ultimo baluardo in Europa, accanto al Secondo Reich, di una forma autoritaria, gerarchica e militaristica dello Stato; ma in quanto potenza dominante sulle Alpi orientali e sull‟Adriatico che non permetteva alla nazione italiana di imporre la propria preminenza in quella parte d‟Europa. Una linea che relegava l‟Italia in un ambito internazionale circoscritto, inducendola a non cogliere l‟occasione di partecipare se non da grande potenza da potenza “che conta” alla discussione e alla definizione dei problemi di fondo dell‟assetto politico europeo. Il 7 febbraio venne presentato il “memorandum Barzilai” e nei giorni seguenti la commissione della Società delle Nazioni, presieduta da Wilson, tenne sedute giornaliere sulla questione. Gli esperti americani avevano tracciato da tempo la cosiddetta “linea Wilson” di confine tra Italia e Jugoslavia includeva la cessione all‟Italia della costa dalmata, di Fiume e di buona parte dell‟Istria, ma un maggiore interesse per le determinazione del confine occidentale della Germania con la Francia fece slittare la questione adriatica ad aprile, quando avvenne la rottura tra Italia e Stati Uniti. Il 14 aprile Wilson invia ad Orlando un memorandum in cui dichiara di essere favorevole ad assegnare all‟Italia, lungo la sua frontiera settentrionale, tutto il territorio che le è stato accordato dal Patto di Londra, ma di ritenere che il trattato non possa essere più applicato ad una frontiera orientale concepita nel 1915 per garantire la sicurezza dell‟Italia dall‟Austria Ungheria, che non esiste più  questa è considerata la prima presa di posizione ufficiale degli Stati Uniti al massimo livello sul problema adriatico, alla quale seguì il 19 aprile l‟esposizione dettagliata delle richieste italiane formulata dal presidente Orlando al Consiglio dei Quattro, la quale provocò la reazione negativa di Wilson e la conferma di Lloyd-George e Clemenceau che Inghilterra e Francia avrebbero tenuto fede agli impegni assunti dal Patto di Londra. Il 20 aprile Orlando lesse una dichiarazione nella quale assicurava che qualora l‟Italia avesse avuto ciò che il Patto di Londra le garantiva, non avrebbe rotto l‟alleanza e tuttavia insistette nuovamente perché Fiume fosse attribuita all‟Italia, sostenendo che, ove ciò non fosse avvenuto, nel paese sarebbero scoppiati violenti contrasti e ciò avrebbe turbato la pace del mondo. Poiché Wilson non cambiò posizione, Lloyd George, constatando che il Consiglio dei Quattro era giunto ad un punto morto, indisse una riunione fra gli alleati europei per il mattino seguente, nella quale, insieme a Clemenceau, ammonì Orlando e Sonnino a non disgustare l‟America da cui avrebbe potuto dipendere la ricostruzione dell‟Europa. A questo punto Orlando si disse disposto a considerare un accomodamento che desse Fiume all‟Italia in cambio di qualche concessione in Dalmazia. Il 21 aprile Wilson, in un incontro con Clemenceau e Lloyd George, confermò la sua posizione proponendo di rendere pubblico un “manifesto” sul problema adriatico da lui redatto; ma i primi ministri francese e inglese si dissociarono. Nello stesso pomeriggio Orlando e Sonnino 62 prepararono una lettera al presidente della conferenza in cui la delegazione italiana comunicava di volersi ritirare. Il 22 aprile Lloyd George fece un ulteriore tentativo per arrivare ad un compromesso che si prolungò al giorno seguente, quando, mentre italiani e inglesi discutevano sulla sovranità di Fiume, apparve sul “Temps” il manifesto americano di Wilson sul problema adriatico, diretto al popolo italiano, scavalcando così il governo  la pubblicazione del manifesto e il ritiro della delegazione italiana dalla Conferenza bloccarono per il momento la possibilità di una soluzione del problema adriatico. La delegazione italiana, dati gli insuccessi, non partecipò poi ad alcuni incontri tra la potenze vincitrici, ma per non compromettere irreparabilmente la situazione, Orlando e Sonnino, che del resto avevano ottenuto tutto il consenso e la comprensione che potevano desiderare, rientrarono a Parigi il 7 maggio, proprio quando Clemenceau presentava ai delegati della Repubblica tedesca il testo del Trattato di Versailles. Nei giorni seguenti veniva riconosciuta all‟Italia il confine del Brennero ma riguardo ai progetti italiani di ingrandimenti extraeuropei la Commissione coloniale fece prevalere il principio di incompatibilità fra l‟assunzione da parte dell‟Italia di mandati della Società delle Nazioni e il Patto di Londra. La questione coloniale rimase quindi aperta con gli Alleati anche dopo la conclusione della pace e fu regolata successivamente con gli accordi Bonin-Pichon del 12 settembre 1919, accordi della Torretta-Mac Donald del 15 luglio 1924, Negretto-Ziwer Pascià del 6 dicembre 1925 e Mussolini-Laval del 7 gennaio 1935. Dopo che una proposta di Wilson del 7 maggio [conferma della linea Wilson + isole di Lissa e Lagosta + Zara città libera sotto controllo della Società delle Nazioni + Fiume Stato Libero con il suo retroterra, amministrato da una Commissione di cinque membri fra cui due italiani (dopo cinque anni si sarebbe effettuato un plebiscito per stabilire la sua definitiva annessione all‟Italia o alla Jugoslavia)] seguita da una controproposta italiana segnarono un ennesimo fallimento, il governo Orlando-Sonnino cadeva lasciando il posto al ministero Nitti-Tittoni. Tommaso Tittoni volle affrontare la questione su basi diverse che presumeva potessero essere più accettabili per gli Alleati e soprattutto per l‟America. Il suo programma si basava su due punti: l‟accordo con la Grecia, concedendole una composizione del conflitto in Asia Minore, il Dodecaneso, l‟appoggio per la Tracia e l‟Epiro del Nord, ma ottenendo in cambio la solidarietà della Grecia, vale a dire della gran Bretagna, per il suo protettorato sull‟Albania, in termini più vasti ed effettivi da quelli contemplati dal patto di Londra. Quindi, Tittoni presentò il suo progetto alla Conferenza della Pace il 12 agosto, nella quale accetta l‟Albania in cambio della Dalmazia, la neutralizzazione dell‟Istria orientale, l‟assegnazione di Zara e del suo retroterra all‟Italia, la costituzione di uno stato libero di Fiume sotto la Società delle Nazioni. Francia e Inghilterra accolsero favorevolmente la proposta legata all‟accordo Tittoni-Venizelos del 15 luglio che dava mano libera all‟Italia in Albania e in cambio mano libera alla Grecia nella zona di Smirne, mentre gli americani furono contrari; intanto Gabriele D‟Annunzio e i suoi legionari con una spedizione manifestavano la loro contrarietà ad una internazionalizzazione di Fiume o addirittura di una sua annessione alla Jugoslavia. L‟ostilità di Wilson alla posizione governativa e all‟avventura dannunziana si manifestò con una nota al ministro degli esteri italiano del 13 novembre, che provocò le dimissioni di Tommaso Tittoni, cui successe il giurista Vittorio Scialoja. A partire dal febbraio 1920 (anche perché a partire da gennaio la Conferenza di Parigi, essendo entrato in vigore il trattato di Versailles, venne formalmente sciolta) iniziarono dei negoziati diretti italo-jugoslavi. Questa prima stentata e discontinua fase di negoziati diretti ebbe termina con la conferenza di Pallanza, convocata l‟11 giugno e subito interrotta per la caduta del ministero Nitti e la formazione del governo Giolitti. Nel nuovo ministero Giolitti e Sforza si divisero i compiti. Il punto di partenza era comune: l‟abbandono della politica del ministero Nitti in Albania. Giolitti parlò di indipendenza dell‟Albania e Sforza denunciò l‟accordo Tittoni-Venizelos mentre intavolava negoziati diretti con gli albanesi che portarono ad un accordo: l‟Italia, mantenendo il possesso della sola isola di Saseno, riconosceva l‟indipendenza dell‟Albania, la quale fu riconosciuta nei mesi seguenti dalle grandi potenze e il 17 dicembre 1920 divenne membro della Società delle Nazioni. La questione di concluse con la stipulazione del trattato di Rapallo del 12 novembre 1920, il quale stabiliva che: 1. la frontiera dell‟Istria avrebbe ricalcato quasi interamente la linea stabilita dal Patto di Londra, salvo 65 Non urtava la direttiva isolazionista della politica ufficiale l‟accentuato impegno degli Usa in America latina. Non urtava invece la direttiva isolazionistica repubblicana anzi rafforzava il carattere emisferico della Dottrina Monroe, di pari passo con l'espansionismo economico americano, l'accentuato impegno degli Stati Uniti in America Latina. Mentre negli anni Venti Washington si assicurava il controllo sui prestiti ai paesi latino americani invitando le banche ad informare in tempo utile il Dipartimento di Stato prima di concederli, Huges e i suoi successori posero termine a quegli aspetti più vistosi dell'egemonia statunitense nell'America centrale rinunciando al semi-protettorato e\o all'occupazione militare degli Stati caraibici; l'amministrazione Hoover (1929-1932) proseguì la rinuncia alla politica di intervento pubblicando un Memorandum Clark sulla Dottrina Monroe (redatto nel 1928, e reso pubblico nel 1930) che ripudiava ufficialmente il Corollario Roosvelt. La Russia non partecipa all'assetto di pace seguito alla prima guerra mondiale. Rapporti negativi con gli altri stati:  con la Germania, perchè la Russia aveva dovuto accettare il Trattato di Brest-Litowsk  con gli alleati, perchè intervenivano a favore dei controrivoluzionari che operavano in Russia. La cessazione nel 1919 della politica di intervento militare alleato consente l‟avvio delle relazioni internazionali tra Germania e Russia. Il processo ha inizio con una fase di “esportazione” della rivoluzione rivolta verso i paesi europei in cui le prospettive di avvento del comunismo apparivano più favorevoli, dalla Germania all‟Ungheria, all‟Italia. Questo crea uno scontro all'interno del gruppo dirigente russo: 7. Bucharin e Trotzki: la Russia si deve impegnare nella propaganda e nella guerra rivoluzionaria negli Stati capitalisti. “rivoluzione permanente” e quindi un impegno della Russia nella “guerra rivoluzionaria”. 8. Lenin e Stalin: sostenitori della costituzione del socialismo in un solo paese. Secondo Lenin di fronte alla realtà della debolezza del nascente stato sovietico esso doveva impegnarsi nel difendersi e rafforzarsi per salvare la patria del socialismo. La tesi di Lenin vince!! Lenin impostò quindi una duplice politica basata su: 8. appoggiare le forze politiche e sociali che entro gli stati capitalisti avrebbero potuto promuovere movimenti rivoluzionari. Porta alla fondazione, nel 1919, della Terza internazionale (Komintern, base centralista e sede a Mosca) con a capo Zinoviev. Lenin scrisse le 21 condizioni che i partiti comunisti nazionali dovevano osservare per entrarvi. I partiti comunisti, epurati dai dissidenti, presto si organizzarono come apparati clandestini impegnati a propagandare soprattutto nei sindacati e nelle forze armate. Il Komintern divenne così uno strumento dello Stato sovietico anche se ufficialmente non dipendeva da esso per cui Mosca poteva respingere qualsiasi protesta riguardo interferenze negli affari di Stati esteri. 9. Normalizzare la posizione internazionale dello stato socialista attraverso negoziati e accordi con gli stati capitalisti. La Russia firma nel 1920/21 dei trattati con i paesi confinanti (Estonia, Lituania, Finlandia, Turchia, Polonia) che definiscono le sue frontiere. In seguito attua sia un programma di ricostruzione e di trasformazione interna sia di regolarizzazione delle sue relazioni con l'Occidente. 1. Il 16 Marzo 1921 firma il trattato anglo-sovietico sul commercio che di fatto comporta il riconoscimento da parte della Gran Bretagna. 2. La Conferenza Economica Internazionale di Genova (10 aprile-19 maggio 1922) si rivelò un fallimento per quanto riguarda il ristabilimento di rapporti soddisfacenti in campo commerciale tra l‟occidente in genere e il nuovo stato comunista. 66  Il fallimento tuttavia fu oscurato da una svolta: trattato di Rapallo (1922) tra la Russia e la Germania che ristabiliva relazioni diplomatiche e consolari ed era il primo riconoscimento de jure dello stato Russo da parte di uno stato Europeo. Due anni e mezzo prima che il trattato fosse firmato, il generale von Seekt, capo delle nuove forze armate tedesche, aveva cominciato a stabilire i primi rapporti con l'Armata rossa, a cui seguirono trattative intese a stabilire una collaborazione fra i due eserciti. Era un avvicinamento fra i 2 stati usciti maggiormente sconfitti dalla Guerra, entrambi con motivi importanti per guardare con diffidenza alle altre potenze. Nel 1924 venne creata la Zentrale Moskau un organo segreto che dirigeva i lavori di collaborazione militare che si erano instaurati tra l'esercito tedesco e quello russo. Il Reichswekr (nuovo esercito tedesco) poteva usufruire di centri di addestramento e di sperimentazione di nuove armi in territorio russo, non soggetto a controlli del “sistema di Versailles”. Nel 1922 venne ufficialmente assunto il nuovo nome di URSS (Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche), il 21 gennaio 1924 morì Lenin. Alla metà degli anni 20 l'URSS aveva completato la normalizzazione della sua posizione internazionale (gli Stati Uniti la riconosceranno de facto nel '33). Con questi sviluppi si veniva a creare una sostanziale novità nelle relazioni internazionali dell'età moderna, bisogna infatti risalire alla Spagna del XVI secolo per trovare somiglianze con la politica dell'URSS, essa infatti (la Spagna) manteneva buoni rapporti diplomatici con Francia e Inghilterra pur aiutando i partiti cattolici in entrambi i paesi nella lotta contro i governi legittimi, anche se la vastità e la natura delle operazioni del Komintern erano senza precedenti. Inoltre l'URSS prepara un altro fattore di consolidamento della sua posizione, rivolgendosi con interesse e disponibilità verso l'Asia, in particolare verso la Cina. Il rapporto che ebbe con la Cina offrì all'URSS l'occasione di svelare le sue grandi differenze dalla Russia Zarista e dall'Occidente capitalista. Il 31 Maggio 1924 viene firmato un trattato di normalizzazione delle relazioni internazionali, con il quale l'URSS riconosceva la Mongolia interna parte integrante della Repubblica cinese; dall'altra parte però puntarono le loro carte sul governo di Canton e sul Komintang, incoraggiando il piccolo partito comunista cinese a collaborare con esso e a sfruttarne la popolarità negli ambienti progressisti di tutta la Cina. L‟URSS era uno degli stati europei che manteneva relazioni commerciali e diplomatiche con la maggioranza degli altri stati, mentre nello stesso tempo dirigeva, all‟interno di questi paesi, movimenti che avevano per intento principale il rovesciamento dei loro governi. 2. Le potenze occidentali e il problema della sicurezza europea. Riparazioni di guerra tedesche e “sistema francese”. Il trattato di Locarno. L‟Europa dunque viene lasciata sola con i suoi problemi politici e appare subito dubbio che essa sia capace di risolverli. -GB: ha realizzato ancora una volta il suo scopo primario, quello di ristabilire lo status quo sul continente, avrebbe dovuto quindi tornare ad una politica di distaccata vigilanza. I problemi più urgenti infatti derivavano dalla conservazione della sua posizione economico commerciale nel mondo e dall'adattamento del suo impero coloniale alla nuova situazione. L'impegno inglese fu assai discontinuo, non abbastanza consapevole del dramma francese (vd più avanti) e trattenuto dall'impazienza\diffidenza verso l'ex alleata, che era interessata a fare concorrenza all'Inghilterra 67 fuori d'Europa. Così la prima metà degli anni Venti vide un allontanamento delle 2 principali potenze vincitrici europee. 7. GE: la situazione interna della Germania è molto instabile, la Repubblica di Weimar a preminenza socialdemocratica, che deve spesso venire a patti con le forze conservatrici militariste, cerca di uscire dalla condizione di oggetto di politica internazionale in cui l'ha collocata Versailles. Il problema delle riparazioni di guerra coinvolge direttamente o indirettamente la maggior parte dei paesi industrializzati in un sistema di trasferimenti economico finanziari dagli aspetti a volte grotteschi e che mette a dura prova le condizioni di vita dei cittadini tedeschi, mentre gli alti ufficiali dell'esercito rispondo alle restrizioni di Versailles con la Zentrale Moskau. L'unico aspetto positivo è la politica di revisione pacifica del trattato di Versailles portata avanti dal governo tedesco negli anni (1923-1926). 8. ITA: dopo aver svolto alla conferenza della Pace un ruolo inferiore a quello che la sua posizione di terza potenza Europea vittoriosa avrebbe potuto consentirle è assorbita dai suoi avvenimenti interni e spinta a una politica di discontinuità. 9. AU E UNGHERIA: separate in conseguenza della sconfitta sono entrambe fattori di instabilità dell‟assetto post bellico. 10. FR: il ruolo della Francia è determinato dalla sua posizione geografica correlata alla sua tradizione storica nel continente, dalla parte pericolosa e sofferta che ha avuto durante la Guerra, dalle condizioni morali dei francesi che nonostante l'esito vittorioso della Guerra non sono riusciti a risolvere il problema dell'obiettiva superiorità tedesca, che la porta a diventare custode inflessibile del Sistema di Versailles, inasprendo il rancore e l'ostilità dei tedeschi e la diffidenza degli alleati. Il banco di prova più complicato riguardava gli articoli 232 e 233 del trattato riguardanti le riparazioni di guerra tedesche, i quali non possedevano in quel momento le risorse sufficienti a coprire le spese e venne così deciso di dilazionare il pagamento. Grosso problema è quello delle riparazioni di guerra tedesche: 10. gli art. 232 e 233 del Trattato di Versailles ammettono che la Germania non ha risorse sufficienti per assicurare completa riparazione di tutti i danni subiti dai paesi vincitori, ma stabilivano che la commissione per le riparazioni avrebbe studiato periodicamente le risorse e le capacità della Germania in modo da poter estendere e modificare le modalità di pagamento. 11. FR era assolutamente convinta che la GER dovesse pagare (in tutti i sensi), attaccandosi alla sconfitta del 1870…! 12. conferenza di Spagna del 1920 fissò l'ammontare complessivo delle riparazioni tedesche in percentuali per paese. In GER intanto vi erano disordini rivoluzionari repressi da truppe regolari e formazioni paramilitari 13. FR insiste sull'applicazione rigorosa del trattato (sostenuta da GB), ma ciò causa divisioni tra le potenze occidentali. 14. GB ne fa abbassare l'ammontare complessivo (rate annuali), ma la GE chiede una moratoria sulla rata in scadenza (1921) → diatribe FR-GB e FR-GE che si svilupparono nella conferenze di Cannes e Genova (entrambe nel 1922) 15. Conferenza di Cannes: la GB propone alla FR un trattato di garanzia del suo territorio nazionale in modo da compensarla dell'adozione di un sistema di pagamento delle riparazioni meno rigoroso e strutturato in modo da non sconvolgere l'economia tedesca 16. Briand (nuovo presidente del Consiglio FR) fu l'unico ad acconsentire alla proposta e quindi si dimise 17. Nuovo governo Poincaré accettò la moratoria sul pagamento a patto che le miniere della Ruhr fossero date in pegno agli alleati 18. Nonostante le proteste di GB e Belgio, la Francia occupò militarmente la regione nel 1923. 70  Il 26 novembre 1926 fu firmato il Patto di Tirana: trattato di amicizia e di sicurezza che stabiliva un protettorato italiano. Con questo trattato i rapporti italo-jugoslavo subirono un raffreddamento perchè la Jugoslavia si sentiva accerchiata; contemporaneamente però ci fu anche un raffreddamento dei rapporti fra ITA e FRA. Si può parlare di passaggio dell‟Italia fascista nel campo dei paesi impegnati in una politica di revisione dei trattati di pace? Questo revisionismo fascista aveva caratteristiche particolari:  confermava l‟attenzione preminente di Mussolini alla politica interna, far apparire l‟Italia come una grande potenza  evidenziava l'intenzione di arrivare a una revisione dei trattati per via pacifica, malgrado una tattica basata sulle dichiarazioni di “imperialismo verbale” contenuti nei suoi discorsi e su irrigidimenti minacciosi di fronte a situazioni e crisi, sostituiti da atteggiamenti più concilianti  voleva mantenere l'ITA legata alle potenze alleate senza rinunciare all'appoggio della GB  in Europa si limitò al settore danubiano-balcanico  non significò un avvicinamento alla Germania  non si tradusse in una “politica di partito” 11 febbraio 1929: firma dei Patti Lateranensi tra Mussolini a il cardinal Gasparri (segretario di Stato della Santa Sede), scelta votata a dare maggior consenso al regime. Chiudono questa fase della politica internazionale dell'Italia fascista. Anche in questo caso l'attenzione di Mussolini va anzitutto alla politica interna, ovvero al consenso che potrà derivare al suo regime, al sollievo che potrà recare a milioni di Italiani cattolici. Con la conclusione dei Patti Lateranensi Mussolini dimostrò di riuscire la dove molti prima di lui avevano fallito, inoltre il successo si estendeva a tutti i governi e alle popolazioni cattoliche del mondo. Ebbero due intenti diversi:  Chiesa: vuole ottenere regolamentazione della sua posizione nel e verso lo Stato entro il cui territorio risiedeva  Duce: vuole il riconoscimento dello Stato nazionale italiano da parte della Santa Sede L'11 Febbraio 1929 fu firmato il Trattato [da Mussolini e dal Cardinal Gasparri (Segr. Stato Santa Sede)]: l'Italia riconosceva la religione Cattolica come la sola religione di Stato, la sovranità della Santa Sede in campo internazionale, la sua piena proprietà ed esclusiva e assoluta potestà e giurisdizione sovrana sullo Stato Città del Vaticano, il suo diritto di legislazione attivo e passivo secondo le regole di diritto internazionale. 4. La Grande Crisi e le sue conseguenze economiche e politiche. Inizia il 24 ottobre con il crollo della borsa di NY, proseguì e si aggravò coinvolgendo e portando al fallimento banche e imprese americane con conseguenze gravissime sulla produzione e sulla disoccupazione negli USA e negli altri paesi. La crisi nella sua manifestazione iniziale del “venerdì nero” di Wall Street aveva cause americane fra cui la speculazione. Questa crisi aggravò ed estese situazioni create o da problemi politici particolari; o da debolezze economico-sociali come la depressione agricola; o dalla disoccupazione. Concausa generale fu il sistema dei pagamenti delle riparazioni tedesche, dei debiti interalleati e dei prestiti post-bellici di tutti i paesi con gli Stati Uniti. La Germania non pagava gli alleati e questi non pagavano gli USA. Tuttavia non possiamo attribuire la responsabilità dei susseguenti mali del mondo al crollo della borsa di New York. Effetti nei vari paesi: 71  GB: le conseguenze sull‟economia inglese sopraggiunsero nel mezzo di un processo di trasformazione dell‟impero- Commonwelth. Dal 1926 la GB acconsente all‟indipendenza interna dei Dominions. Nel 1930 riconosce loro il diritto a staccarsi dal Commonwelth e nel 1931 il diritto di annullare le leggi che li riguardavano (approvate da Londra). La GB fu anche costretta alla rinuncia al libero scambio e al gold standard (convertibilità della sterlina in oro)  GER: la crisi fu terribile e contribuì a creare situazioni di precarietà economica e di incertezza sociale aprendo la strada all'avvento di Hitler. L‟inizio della grande crisi coincise con la “svolta del 1929” nella politica internazionale del partito nazionalsocialista. La nuova crisi tornava estremamente utile alla direzione del partito d‟accordo con i comunisti. Ambedue seguivano la teoria dell‟impoverimento del paese, secondo il quale solo la catastrofe e la distruzione della repubblica democratica potevano portare a una soluzione. Nelle elezioni del 1930 i nazionalsocialisti ottennero 107 seggi al Reichstag diventando il 2 partito dopo i socialdemocratici. Due anni dopo i seggi conquistati furono 230 ma non portarono subito Hitler al governo; le elezioni del 6 Novembre (3 elezioni in 14 mesi) registrò un leggero calo del nazionalsocialismo (196) in favore del partito comunista (100 seggi). 2 mesi dopo Hitler fu designato cancelliere con un governo che aveva 2 soli ministri nazisti su 12; Hitler scatenò una propaganda contro i comunisti e il 28 Febbraio si fece conferire dal presidente i pieni poteri.  ITA: reddito nazionale e produzione industriale erano in crescita, mentre il commercio estero era in declino e la bilancia commerciale sfavorevole. Mussolini voleva mantenere la parità aurea della lira ricorrendo a interventi governativi che elevarono i dazi sulle importazioni e diedero incentivi alle esportazioni. Molto grande era anche il problema della disoccupazione.  FR: risentì della grande crisi in ritardo, ma più a lungo. Anno critico fu il 1933 quando la banca di Francia si oppose alla svalutazione del franco e attuò una politica di dura deflazione che limitava la produzione agricola e industriale.  GIAPPONE: paese asiatico, occidentalizzato, industriale, sovrappopolato e con un sistema di governo autoritario. Per quanto riguarda la politica di espansione militare ha inizio prima di quella di ITA e GE. In Italia il regime fascista si era instaurato grazie a condizioni storiche che avevano permesso il suo inserimento, confermato dal trattato di Locarno, conciliazione con la Chiesa Cattolica, intesa con l'Inghilterra; invece in Germania il regime nazista conquista il potere sfruttando la Grande Crisi, Hitler incolpa infatti dell'attuale situazione delle masse, il trattato di Versailles. La Grande Crisi quindi gioca un ruolo fondamentale nella fondazione del Reich, mentre in Italia Mussolini e il suo regime vengono messi alla prova dalla Crisi; nonostante tutto le politiche di Germania nazista e Italia fascista per la loro decisione e parziale efficacia saranno oggetto di studio dei governi delle democrazie (consiglio di dare uno sguardo a pag. 460 il pezzo scritto in piccolo). Ogni paese cerca a modo suo di attuare una politica di contrasto alla crisi in modo autarchico. Ciò è evidente soprattutto nei paesi (Ita, Ger e Jap) che non hanno risorse proprie  la capacità produttiva risulta quindi limitata dall‟ineguaglianza della distribuzione delle risorse. Tale ineguaglianza viene percepita come ingiustizia, accreditando ancora di pià una concezione di un‟opposizione storica fra nazioni proletarie e plutocratiche. Si tenta quindi di prolungare la pace illusoria promuovendo misure internazionali per la conservazione della pace. Il 30 giugno 1932 Hindenburg ottenne una moratoria di un anno dal presidente Hoover per il pagamento dei debiti di guerra, nel frattempo una commissione internazionale di esperti esaminava la situazione economica finanziaria della Germania giunse a constatare che il proseguimento dei pagamenti avrebbe compromesso la stabilità finanziaria tedesca, con conseguenze negative sugli altri paesi; era il primo passo verso la 72 soppressione totale delle riparazioni.  Conferenza di Losanna (16 giugno-9 luglio 1932): GE avrebbe pagato ancora 3 miliardi di marchi. Per quanto riguarda i debiti dei paesi europei verso gli USA nel 1934 si confermò la richiesta del saldo integrale che però non venne più corrisposto. 2 Conferenze: 9. Londra (1930): sulla riduzione degli armamenti navali 10. Ginevra (1931-1935): sulla regolamentazione e sulla riduzione degli armamenti terrestri e navali. 5. L'espansione delle potenze nazionaliste totalitarie. Il Giappone in Asia orientale. Uscito dalla Grande Guerra dalla parte dei vincitori, alla Conferenza della Pace il Giappone ereditò le posizioni imperialistiche della GER in Cina. Alla Conferenza di Washington era la potenza che più si era preoccupata di accrescere e ammodernare la sua flotta appoggiandosi:  al Trattato di alleanza con la GB del 1902  al Trattato delle Ventun Domande imposto alla Cina. A questa Conferenza il Giappone dovette rinunciare al riarmo navale, accettare una consistenza della sua flotta inferiore a quella di GB e USA e lasciar cadere l'alleanza con la GB e il Trattato della Ventun Domande. Si garantisce però la neutralizzazione dei territori insulari vicini al suo territorio nazionale. Nei 10 anni prima della Grande Crisi l'industrializzazione aveva fatto passi da gigante e il Giappone era diventato un paese creditore. Tuttavia, il sistema bancario era inadeguato, i costi di produzione erano troppo alti (si scoraggiavano le esportazioni) e i piccoli proprietari agricoli restavano molto poveri. Questione della Manciuria: 16. Nella seconda metà degli anni Venti, gruppi nazionalistici all'interno del Giappone allontanano i politici più moderati e danno il via all'intervento militare del '27-'28 sul continente, nello Shantung, in difesa dei territori strappati alla Germania.  18 settembre 1931: scoppia una bomba che provoca danni alla ferrovia mancese meridionale gestita dai giapponesi  lo Stato maggiore del contingente militare invade tutto il paese che apparteneva alla Cina esterna  il governo cinese fa appello alla Società delle Nazioni che nomina una commissione d'inchiesta presieduta da Lytton (GB)  Giappone crea in Manciuria lo stato del Manciukuò (semi-protettorato) con a capo l'ultimo imperatore della Cina.  Lytton critica questa azione!  la Società delle Nazioni non riconosce il nuovo stato e impone al Giappone il ritiro delle truppe  Giappone lascia la Società delle Nazioni Il presidente USA Hoover assume un atteggiamento di cautela scontrandosi con Stimson (segretario di Stato) che sosteneva un energico intervento diplomatico. Il 7 gennaio il governo degli Stati Uniti enuncia la Dottrina Stimson: “l'America non riconoscerà la legalità di qualsiasi azione militare in Cina, né considererà valido alcun trattato o accordo in contrasto con la politica della Porta Aperta”, una posizione di sostanziale disimpegno degli USA che conforta il Giappone a proseguire per la sua strada. A tale politica di riarmo del Giappone corrispose un peggioramento delle condizioni di vita della popolazione che accettò con disciplina le misure di mobilitazione e razionamento delle risorse. Tokyo si trovò in breve a 75 7. efficacia della politica economica e del lavoro 8. tensione politica che accompagna l'avvento di Hitler al potere e clima di crociata interna (contro gli ebrei) ed esterna (contro Versailles) GE si servì di una duplice tattica:  tranquillizzare le altre nazioni, mostrandosi pronta alle trattative e impegnandosi ad ottenere un riconoscimento internazionale  dare il via a minacce, azioni di sorpresa e fatti compiuti Aderisce al Patto delle Quattro Potenze, ma si ritira dalla Società delle Nazioni e dalla Conferenza sul disarmo di Ginevra. C'è una rottura della linea di revisionismo graduale e pacifico di Stresemann. Successi di Hitler:  26 gennaio 1934 firma un patto di non aggressione con la Polonia (durata di 10 anni)  riannette, dopo un plebiscito trionfale, la Saar alla Germania (1935)  inizio del riarmo: ricostruzione dell'aviazione militare e reintroduzione del servizio militare obbligatorio Sconfitte:  fallisce il tentativo di colpo di Stato da parte dei nazisti austriaci perchè il cancelliere Dollfuss (assassinato) fu sostituito da Schuschnigg e la milizia governativa ristabilì l'ordine a Vienna. Accordo GB-GE: GE potè ricostruire le forze navali e avere la parità per quanto riguardava i sommergibili. La rottura tra le potenze occidentali e l‟ITA causata dalla guerra d‟Etiopia fa sì che Mussolini si avvicini alla Germania. GE annuncia nel 1936 l'occupazione della Renania e stipula un accordo con AU in cui veniva riconosciuta la piena sovranità della Repubblica Austriaca che a sua volta si impegnava a mettere in libertà un certo numero di nazisti austriaci. Belgio dichiara la sua indipendenza perchè non vuole essere coinvolto in un eventuale conflitto FR-GE. 1939: ITA (Ciano è ministro esteri)-GE 7. convenzione in cui si dichiarava l‟impegno comune nella lotto contro il bolscevismo 8. asse Roma-Berlino GE: Nuovo Piano del 1934: assicura al paese materie prime e prodotti alimentari e si ricerca un'autarchia economica interna. 1937:  prosecuzione della guerra civile spagnola  Giappone si espande in Cina  pausa nell'espansione della GE Nel 1938 GE impose ad AU di accettare come capo della polizia il nazionalsocialista Seyss-Inquart. Fu imposto a Schuschnigg di dimettersi e lasciare il posto a Seyss-Inquart. Il presidente della repubblica Miklas si oppose finchè Seyss-Inquart prese il controllo della cancelleria e chiamò le truppe tedesche che 76 attraversarono la frontiera → una legge AU e una GE sanzionarono l'unione dell'AU al Terzo Reich. Nel 1939 ci fu un accordo ITA-GE con cui si dava agli abitanti di Bolzano la possibilità di trasferirsi oltralpe e prendere la cittadinanza tedesca. La mossa successiva fu il recupero delle popolazioni tedesche immigrate e mirava all‟annessione al Terzo Reich delle popolazioni tedesche immigrate nell'AU e poi passate sotto la sovranità della Repubblica cecoslovacca. Il fronte patriottico dei Sudeti con Henlein, dal 1937, mirava ad annettere alla GE le regioni della Rep. Cecoslovacca confinanti con la GE. GB propone la sua mediazione, mentre ITA aderisce all'iniziativa. Hitler denuncia l'oppressione cecoslovacca sui tedeschi dei Sudeti e minaccia la guerra. Si decise di sottoporre i Sudeti ad un plebiscito, mentre la GE evitava interventi militari. GB disse che, se GE fosse scesa in campo, avrebbe appoggiato la FR in difesa della Cecoslovacchia. Conferenza di Monaco: Hitler potè occupare la zona dei Sudeti. La tregua di Monaco fu comunque illusoria e di breve durata; 3 settimane dopo Hitler diede istruzioni per la liquidazione militare del resto della Cecoslovacchia. Fece trattative con il governo cecoslovacco (con monsignor Tiso), ma fallirono. Hitler minaccia Tiso di abbandonare la Slovacchia e induce il Parlamento a proclamarne l'indipendenza. Il presidente cecoslovacco Hodza affida la Cecoslovacchia alla GE → Praga è occupata e si forma (sul resto della Cecoslovacchia) il Protettorato del Reich sulla Boemia e Moravia. 8. Le alleanze delle potenze nazionaliste totalitarie. La guerra di Spagna e il patto di non aggressione tedesco-sovietico. Mussolini si impegna in 2 direttive espansionistiche:  Africa orientale (successo)  Mediterraneo (insuccesso legato alla mancata estensione dell'influenza dell'ITA al Mediterraneo occidentale attraverso la Spagna che non cede le sue basi. La potenza navale britannica decade negli anni '30). L'alleanza tra GE e ITA è promossa dal governo di Berlino nel 1936 per approfittare dell'isolamento dell'ITA in seguito alla guerra d'Africa e perchè Hitler vuole contare sull'appoggio di Mussolini quando nella sua politica di espansione alterna la via diplomatica a quella dell'azione militare intimidatoria. Mussolini accetta di allinearsi con la GE nel 1936 per superare l'isolamento internazionale. - Asse Roma-Berlino → Patto d'acciaio (22 maggio 1939), matura la convinzione dell'invincibilità della GE e da all'ITA la possibilità di trarre vantaggi. Art. 3: se una delle 2 potenze fosse impegnata in una guerra con un'altra, l'altra l'avrebbe aiutata e sostenuta. Art. 5: entrambe non avrebbero concluso armistizi né paci se non in pieno accordo tra loro. - Patto anti-komintern tedesco-nipponico del 1936 (vi aderiranno poi Ungheria, ITA e SPA). Hitler vuole recuperare le popolazioni tedesche intorno al Reich e i giapponesi vogliono conquistare lo spazio vitale contro la Cina nazionalista. Guerra civile spagnola (1936-1939). Le elezioni dal 1936 danno la maggioranza alle Cortes al Fronte popolare, il cui governo non fa cessare la situazione di disordine, violenze e assassini politici. Il contingente dell'esercito stanziato nel Marocco spagnolo al comando del generale Franco insorge dando inizio alla guerra fra nazionalisti e repubblicani. La Spagna è essenziale nel Mediterraneo e questo spinge l'ITA a impegnarsi nella guerra. Il governo francese del Fronte popolare diretto da Blum prende l'iniziativa proponendo un accordo relativo al non intervento in SPA. 27 paesi aderiscono, ma ci si accorge che GE, ITA e URSS avevano soprattutto l'intenzione di intervenire. Gli Stati totalitari intervennero e anche il governo francese fece pervenire di nascosto volontari e forniture belliche ai repubblicani. 77 L'ITA è il primo posto negli interventi: invia al generale Franco 3 divisioni di camicie nere della Milizia ma anche reparti dell'esercito e dell'aviazione, mentre la marina si impegna nelle acque del Mediterraneo occidentale. Mussolini non vuole che prevalga in SPA un governo di Fronte popolare che alteri l'equilibrio politico del Mediterraneo. GE nutre un interesse ideologico-politico alla vittoria del franchismo, un interesse economico ad ottenere da tale vittoria condizioni privilegiate per lo sfruttamento dei minerali di ferro, manganese e rame che le tornerebbero utili per il suo riarmo; è infine mossa da un interesse militare a sperimentare le capacità dei suoi tecnici, aviatori e artiglieri. URSS conduce un intervento limitato, ma molto importante perchè è il primo intervento di EU occidentale. Prende posizione per il governo repubblicano, ma gli invia solo alcuni commissari politici per le sue formazioni militari, pochi aerei e piloti e qualche contingente di limitata entità. Ha interesse a mantenere la tensione internazionale lontano dalle sue frontiere. In GB i conservatori sono favorevoli ai nazionalisti e contrari al governo di Fronte popolare e i laburisti sono favorevoli ai repubblicani. La GB comunque non interviene. Il generale Franco fra il 1938 e il 1939 prende l'offensiva e travolge la resistenza repubblicana. FR e GB riconoscono il governo franchista. Dopo l'occupazione di Praga Chamberlain denuncia l'impossibilità di venire a patti con Hitler e la FR lo seguì. FR e GB annunciarono che sarebbero intervenute con le armi in caso di aggressione tedesca ai paesi minori dell'EU occidentale (BE, Olanda e Svizzera). In accordo con la FR, la GB avrebbe dato aiuto alla Polonia in caso che il governo di Varsavia ritenesse minacciata la sua indipendenza e decidesse di resistere. GB e FR promisero anche di assistere la Grecia minacciata dall'occupazione ITA dell'Albania. Le preoccupazioni dell'URSS furono accresciute dalla denuncia da parte di Hitler del patto tedesco-polacco stipulato dopo l'avvento del Terzo Reich: GE chiede un passaggio attraverso il territorio polacco che le permetta di ricongiungersi con la Prussia orientale a Danzica. La GB cerca l'adesione dell'URSS che si dichiara disponibile a un accordo di garanzia con le potenze occidentali. Questo avrebbe dato una possibilità operativa all'Armata rossa nell'EU orientale.  Patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov (23 agosto 1939 fra URSS e GER): impegno delle 2 parti a non appoggiare alcuno Stato in guerra con una di esse. Art. 2: se una delle 2 parti contraenti è oggetto di azioni belliche, l'altra non darà appoggio a questa altra potenza. L'impegno vale solo nel caso in cui l'alleato sia attaccato senza provocazione. L'URSS promette alla GE la neutralità se avesse attaccato la Polonia. Il programma di espansione congiunta delle 2 potenze era contenuto in un protocollo segreto aggiuntivo che prevedeva la ripartizione degli Stati baltici e della Polonia, rinviando la questione se gli interessi delle 2 parti rendono desiderabile il mantenimento di uno Stato polacco indipendente e quali confini dovrebbe avere tale stato. Hitler fissò l'attacco alla Polonia per 3 giorni dopo e propose a Londra un accordo su una suddivisione del mondo in sfere d'influenza promettendo l'integrità della GB se la GE avesse avuto mano libera in Polonia. La GB fa con la Polonia un patto di assistenza. 80 Attacco alla GB: operazione Leone Marino. Quest'operazione avrebbe dovuto coordinare le azioni dell'aviazione, della marina e dell'esercito per uno sbarco in GB. Dall‟agosto al settembre 1940 si verificheranno pesanti bombardamenti da parte della Luftwaffe per preparare l‟attraversamento della Manica da parte delle truppe tedesche. Viene inaugurato nella storia militare il bombardamento diretto ai civili (lo ritroveremo a Dresda, Hiroshima e Nagasaki), Londra viene duramente colpita ma la Royal Air Force resiste e infligge dure perdite alla Luftwaffe. Hitler comunica che “non ci sono i presupposti per l‟operazione leone marino”. Nel settembre 1940 viene firmato il Patto Tripartito tra Germania, Italia e Giappone: i 3 stati si sostengono e collaborano l'uno con l'altro nell'azione che essi svolgono in Asia Orientale 10. art. 1: il Giappone rispetta in compito di GE e ITA per lo stabilimento del nuovo ordine in EU 11. art. 2: GE e ITA riconoscono e rispettano il compito del Giappone nello stabilimento di un nuovo ordine in Asia Orientale 12. art. 3: le 3 potenze vengono in aiuto della potenza che fra esse viene attaccata da una potenza non coinvolta nella guerra europea 13. art. 5: non si modifica lo status politico esistente fra l'URSS e le parti contraenti. GE porta avanti una politica duplice nei confronti dell'URSS:  accetta la proposta di trattative riguardo a compensi all'URSS in EU orientale, Finlandia e Stretti Turchi in cambio di benevolenza verso il nuovo Ordine hitleriano  pianifica l‟operazione (antisovietica) Barbarossa. Hitler decide come sarebbe stato definito il confine fra la zona tedesca e quella giapponese nel territorio euroasiatico dell'URSS. Una volta caduta la Russia, la linea di divisione tra l‟influenza tedesca e quella giapponese doveva essere in coincidenza con gli Urali, anche se in seguito Hitler manifesterà la volontà di appropriarsi delle ricchezze oltre gli Urali lasciando al Giappone l‟area Pacifica. La GE si preparava ad una svolta strategica verso est e a cambiare tipo di guerra. Deve essere notato come il carattere ideologico e razzista dell‟operazione Barbarossa (anticomunista e antislavo) non fosse tuttavia accompagnato da una corretta preparazione politica e tanto meno da una preparazione propagandistica. Nel periodo trascorso fra il crollo della FR e l'inizio dell'attacco all'URSS la GE fu impegnata a sostenere l'ITA a sud. Mussolini temeva di vedere la Germania “unica vincitrice della guerra”, questo lo spinse ad atti poco prudenti e spesso dannosi per le forze armate italiane; si arrivò così alla prima conferenza militare italo- tedesca di Innsbruck in cui la GE dichiarò il proprio disinteresse per il mondo arabo mediterraneo di cui si doveva occupare l'ITA. L'avanzata in Africa settentrionale porta l'ITA a penetrare in Egitto dove fu fermata dalla GB che con gli australiani contrattaccavano avanzando in Cirenaica fino a Tobruk. ITA contro la Grecia nell'ottobre del 1940 → riunione a palazzo Venezia fra Mussolini, Ciano e il governatore dell'Albania condanna l'irresponsabilità con cui fu preparata questa impresa. Dopo alcuni iniziali successi le divisioni del generale Visconti Prasca furono ricacciate indietro e il maresciallo Badoglio fu sostituito dal generale Cavallero nella carica di capo di Stato maggiore. Mussolini decise quindi di chiedere aiuto a Hitler che dovesse assumersi anche questo peso. Si prepara un attacco contro la Grecia attraverso la Bulgaria, anche se nel 1941 la pressione tedesca si esercita soprattutto sulla Jugoslavia. Si convince il reggente Paolo ad aderire al Patto Tripartito provocando a 81 Belgrado un colpo di Stato che porta al trono re Pietro. La GE invade la Jugoslavia con l'aiuto di ITA e Ungheria. La GE annette la Stiria e la Carniola, l'ITA occupa Lubiana e Dalmazia e l'Ungheria occupa Banato. Croazia e Montenegro sono indipendenti e sotto la protezione ITA. L'Albania ottiene parte della Macedonia, mentre l'altra tocca ai Bulgari. L'operazione contro la Grecia si conclude in 2 settimane; la GB si ritira e ritorna in Africa. Hitler decide anche di aiutare l'ITA in Libia. Le truppe al comando del generale Rommel arrivano fino al confine egiziano, ma furono fermati e dovettero subire il contrattacco della forze della GB che aumentavano per l'aiuto di India, Nuova Zelanda e Australia. Nella campagna di Russia nell'estate del 1941 si impose la guerra lampo. La guerra era favorevole ai tedeschi, ma l'avanzata rallentò sotto il peso dell'autunno che riempì le pianure russe di fango ostacolando il funzionamento dei mezzi corazzati. Nella primavera del 1942 la GE si trovò di fronte a grossi problemi tecnici: l'impossibilità di disporre di effettivi sufficienti e la riduzione della potenza di fuoco. Nell‟area sud, dove era presente tra l‟altro l‟Armir (Armata italiana in Russia), i vertici militari cercarono di concentrare l‟offensiva per raggiungere le zone petrolifere cecene. La piazzaforte sovietica di Sebastopoli resse e la campagna di Russia fu fermata dalla battaglia di Stalingrado iniziata a settembre e finita il 2 febbraio 1943. Inizia qui l‟inversione di tendenza nelle sorti della guerra. 3. La Grande alleanza anglo-russo-americana e la svolta della guerra, 1941-1943. Vinta la battaglia d‟Inghilterra, Churchill si impegna nel riarmo, inizia un controllo delle rotte marittime da e per le isole britanniche, mobilita il Commonwealth e l'impero e coinvolge gli USA. Mentre nell‟autunno del 1940 i bombardamenti tedeschi continuavano (ormai senza l‟intenzione di uno sbarco), la GB era intenta a proteggere i convogli che arrivavano e partivano dai porti britannici, va detto anche che, nonostante le gravissime perdite inglesi, le vittorie tedesche sul continente misero a disposizione degli inglesi un ampio numero di navi polacche, olandesi, francesi, norvegesi, greche. La Germania dal conto suo aveva disponibilità di sommergibili e di agevoli “corazzate tascabili”. Nel Mediterraneo inizialmente la marina dell'ITA aveva posto la flotta GB sulla difensiva. La GB sgombra la base di Malta e costituisce 2 squadre: una a Gibilterra, l'altra ad Alessandria per la scorta dei convogli che viene all‟occorrenza divisa in due pezzi l‟uno sotto la protezione della prima squadra l‟altro sotto la protezione della seconda, tutto il percorso è così garantito. Nel giugno del 1941 Hitler da inizio all'operazione Barbarossa contro l'URSS. La sola possibilità per i britannici di vincere la guerra era quella di coinvolgere gli amici americani, Roosevelt era personalmente convinto di dover aiutare il fronte delle democrazie, anche se nel congresso di Washington restavano ancora parecchie resistenze isolazioniste. Già il 2 settembre 1940 vi era stato un accordo anglo-americano sulla cessione di cacciatorpediniere ai britannici in cambio dell‟acquisizione di basi nei Carabi, nelle Bermuda e a Terranova. Nel 1941 ci fu anche la legge Affitti e Prestiti che autorizzava il presidente ad aiutare con prestiti, affitti e scambi i paesi la cui difesa era importante per la difesa degli USA. Dopo il crollo della Francia il congresso stanziò 17 miliardi di dollari in spese militari e fu reintrodotta la coscrizione militare obbligatoria, nello stesso tempo, attraverso la conferenza inter-americana dell‟Avana, gli americani ottennero l‟impegno di tutti gli stati dell‟emisfero occidentale ad impedire qualsiasi cambiamento nelle colonie di stati europei nelle Americhe e a considerare un‟aggressione contro uno di essi un‟aggressione contro tutti. 82 Già nell‟aprile del 1940 per questioni difensive gli USA avevano occupato la Groenlandia e sostituito la GB in Islanda. La GB era disposta a coordinare i suoi sforzi difensivi con quelli dell'URSS. Quando l'attacco tedesco ebbe inizio il primo ministro britannico dichiarò che la GB si sentiva coinvolta nella causa della difesa dell'URSS. Appena la Russia fu attaccata l‟Inghilterra inviò Sir Stafford Cripps che propose a Stalin due accordi: 11. uno di natura militare che prevedeva l‟esclusione di un armistizio o pace separata di ciascuno dei due paesi (GB e URSS) con la Germania 12. uno politico che per il momento non fu portato avanti. Stalin mando in seguito un messaggio in cui chiedeva che l‟Inghilterra aprisse un nuovo fronte in FR o nell‟Artico. La GB si impegnò nel garantire una rotta artica che stabilisse un canale di comunicazione con l'URSS; GB e USA decisero che fosse data la precedenza all'URSS negli aiuti offerti dagli USA a norma della Legge Affitti e Prestiti. Il progresso più importante nella creazione della Grande Alleanza fu la pubblicazione da parte di Churchill e Roosevelt della Carta Atlantica che sarà la premessa ideologica e programmatica dell‟istituzione dell‟ONU. L'8 dicembre del 1941 ci fu l'attacco del Giappone alla base americana di Pearl Harbour; questo provocò la dichiarazione di guerra della GB al Giappone e quella di GE e ITA agli USA. La dichiarazione delle Nazioni Unite del 1° gennaio 1942 associò circa 25 paesi tra cui l‟URSS agli scopi di guerra della Carta Atlantica. Le Nazioni unite nascevano così come alleanza di guerra contro le potenze del Patto Tripartito. La Carta Atlantica tuttavia trasmette alle Nazione Unite impegni precisi riguardanti la rinuncia ad annessioni e l‟autodeterminazione dei popoli, l‟URSS a questo proposito risulta disposta (pur di cacciare i tedeschi dal suo territorio) ad accettare questi principi. Il 26 maggio 1942 viene firmato il trattato di alleanza tra URSS e GB (promosso e ottenuto da Eden); i rapporti tra Stalin e Churchill in questa occasione diventano meno formali e più amichevoli. Va tuttavia ricordato che nonostante queste parole l‟alleanza con i sovietici continuò ad essere dominata da diffidenza. L‟8 novembre 1942 inizia l‟operazione Torch in nord-Africa (tre sbarchi alleati a Casablanca, Orano e Algeri) con l‟idea di colpire alle spalle tedeschi e italiani e di spaventare la Spagna di Franco inducendola a non intervenire. (Alcuni problemi si ebbero con la FR di Vichy che sulle sue coste nordafricane era disposta ad accettare gli americani ma non gli inglesi). In nord-Africa gli alleati dovettero fronteggiare un maestro della guerra nel deserto come Rommel, che portò le truppe dell‟Asse a 60 km da Alessandria. Sul fronte anglo-americano fu dato l‟incarico al generale Montgomery che riuscì, a far ripiegare le truppe dell‟Asse presso El Alamein. Le operazioni si prolungarono fino alla resa definitiva del 13 maggio 1943. L‟annuncio a Hitler della sconfitta si sommò ben presto a quello del cattivo andamento delle operazione sul fronte di Stalingrado, in cui i tedeschi verranno definitivamente sconfitti il 2 febbraio del 1943. Oltre a questi dati è da sottolineare che in questo periodo inizia la riscossa aeronavale americana nel Pacifico. E‟ qui che emerge l‟inversione di tendenza nell‟andamento della seconda guerra mondiale (tra la fine del 1942 e la primavera del 1943). Con la Conferenza di Casablanca iniziata il 14 gennaio 1943 si decide di portare avanti la guerra fino alla 85 5. La vittoria della Grande Alleanza: da Yalta a Hiroshima. Tra il 6 e l‟11 febbraio 1945 a Yalta, si ebbe il secondo ed ultimo incontro fra i tre leader della Grande Alleanza: Churchill, Stalin e Roosevelt. La conferenza ebbe una durata forse troppo breve (una settimana) per essere considerata una conferenza di pace. Altro limite risiedeva nel fatto che l‟atmosfera amichevole del “noi tre” non fosse attribuibile anche ai ministri e ai generali, i “tre” tra l‟altro erano anziani e molte questioni venivano affidate a collaboratori; molte importanti questioni, in particolare relative all‟Europa orientale, furono lasciate in sospeso. Nell'Europa orientale la situazione era favorevole ai sovietici, ma dopo aver occupato tutta la regione dal Baltico alla Grecia l'avanzata si arresta. In FR gli occidentali avevano stabilito il secondo fronte procedendo dalla Normandia verso il territorio del Terzo Reich, ma avevano subito una grande offensiva sulle Argonne. Sul fronte italiano la strategia difensiva del generale Kesselring sulla Linea gotica aveva costretto gli alleati a mettersi sulla difensiva. Sul fronte del Pacifico-Asia orientale Mac Arthur aveva compiuto grandi progressi contro il Giappone, ma Roosevelt era preoccupato che l'esercito giapponese opponesse una resistenza accanita. I 3 Grandi vollero affrontare nuovamente i problemi delle Nazioni Unite, della GE e della Polonia. A livello internazionale Roosevelt si convince che solo istituendo l'ONU avrebbe potuto indurre i suoi compatrioti a far partecipare stabilmente gli USA alla politica internazionale post-bellica. Venne precisata la composizione e il sistema di voto del Consiglio di Sicurezza. L‟Inghilterra dal canto suo, mentre la Russia rinunciava nell‟assemblea generale ad avere tanti voti quanti le repubbliche sovietiche, riusciva ad ottenere che nessuna decisione fosse presa contro gli imperi coloniali, in questo campo a Yalta fu introdotta la sostituzione dei vecchi mandati della società delle nazioni con i fiduciariati delle Nazioni Unite. Rilevante la questione dello smembramento tedesco: a Teheran Roosevelt, Churchill e Stalin si erano pronunciati per uno smembramento del Reich che impedisse un nuovo accentramento delle sue forze di aggressione. A Yalta Churchill si preoccupava di come sarebbe avvenuta l'occupazione alleata del territorio tedesco. La prospettiva di un vuoto di potere preoccupava anche Stalin che si accingeva ad occupare la Germania orientale in modo da ampliare la fascia territoriale che separava la Russia dall‟Occidente. La Francia in questa occasione riemerse come grande potenza con l‟offerta di partecipare con gli altri tre membri (GB, USA e URSS) all‟occupazione della Germania. In relazione alla Polonia si sottolineò la necessità di dare un governo al paese “su basi più ampie” facendo chiaro riferimento alla necessità di fondere il governo messo in piedi dalle autorità di occupazione (formato dal cosiddetto comitato di Lublino, un gruppo di esponenti non di primo piano del partito comunista polacco) con il governo polacco in esilio a Londra (conservatore). Quanto alle frontiere Roosevelt si rivelò favorevole a che quelle orientali corrispondessero alla linea Curzon. Churchill avrebbe voluto una frontiera più a est, ma Stalin si oppose. Roosevelt e Churchill e Stalin si impegnarono a far sì che il governo provvisorio di unità nazionale tenesse al più presto libere elezioni alle quali avrebbero potuto presentare i propri candidati tutti i partiti democratici e antifascisti. Nella Dichiarazione sull'Europa Liberata (documento più importante emerso dalla conferenza; garantiva l'assistenza ai paesi liberati e l'appoggio per istituirvi governi democratici sorti da libere elezioni) si nota il ricorrente utilizzo in questa dichiarazione di termini come “libere elezioni”, “partiti antifascisti”, “istituzioni democratiche”, “volontà popolare” che erano del tutto aperti agli equivoci sulle loro possibili interpretazioni. 86 Nel “fronte del Pacifico” la guerra era giunta ad una fase decisiva, a Yalta Roosevelt chiederà l‟intervento sovietico contro il Giappone per risparmiare vite americane. L‟URSS rivendicava in cambio del suo intervento l‟accesso ai mari caldi. A questo proposito il dibattito è aperto: pare vi possa essere stato un cedimento americano, verso le richieste russe, a causa del quale fu firmato tra statunitensi e sovietici un accordo (senza la presenza di Churchill) a scapito degli interessi cinesi. L‟accordo avrebbe avallato il riconoscimento delle posizioni ottenute dalla Russia zarista in Cina e poi cedute al Giappone. Fatto sta che l‟11 febbraio fu firmato una accordo (anche da Churchill) che prevedeva: 1) Mantenimento status quo nella Mongolia esterna 2) Ripristino di antichi diritti della Russia violati dalla perfida aggressione giapponese del 1904 e cioè: a) restituzione all‟Unione Sovietica della parte meridionale dell‟isola di Sakhalin e di tutte le isole vicine b) internazionalizzazione del porto di Dairen con la salvaguardia degli interessi sovietici, ripristino dell‟affitto di Port Arthur come base militare sovietica. c) sfruttamento comune della ferrovia cino-orientale e della ferrovia della Manciuria meridionale attraverso una compagnia mista cino-sovietica 3) Consegna delle isole Kurili all‟Unione Sovietica. Tra gli equivoci di Yalta vi è ovviamente quello relativo alla “spartizione del mondo”, che verrà a crearsi in modo progressivo e complesso. A questo proposito De Gaulle chiarirà che la Franca considerava “nullo e non avvenuto qualsiasi accordo che metta in discussione l‟indipendenza dei paesi europei”. Dopo Yalta la guerra proseguì verso la vittoria degli alleati. In ITA gli anglo-americani passarono il Po e il 29 aprile capitolarono le forze tedesche a sud delle Alpi. Sul fronte tedesco gli occidentali, superato il Reno, puntarono verso la Germania centrale, mentre i sovietici il 19 aprile iniziarono l'accerchiamento di Berlino che si arrese il 2 maggio dopo il suicidio di Hitler. Il 25 aprile si verificò a Torgau l‟incontro tra la 3° armata americana con i russi provenienti da est. I prodromi della Guerra Fredda si sentivano già col telegramma inviato in aprile da Roosevelt a Stalin, di lì a poco il presidente americano morirà e Truman (molto diverso dal predecessore) diventerà presidente. La conferenza di Potsdam del 17 luglio – 2 agosto non vide certamente prevalere lo “spirito di Yalta” (anche perché ora c‟era Truman). In questa occasione fu confermato che sarebbe stata data priorità ai trattati di pace con gli alleati satelliti della Germania e venne definita l‟istituzione di un consiglio dei Quattro Ministeri degli esteri a cui sarebbe stata affidata la definizione dei trattati di pace e i vari aspetti del sistema di occupazione della Germania. A Potsdam le conseguenze decise per la Germania furono:  disarmo completo,  scioglimento del partito nazionalsocialista e interventi nella legislazione del terzo Reich,  istituzione di un tribunale per i crimini di guerra,  controllo del sistema d‟istruzione,  decentramento dello stato,  democratizzazione dei suoi sistemi di governo,  controllo sull‟economia. Riguardo alle frontiere della Germania gli anglo-americani accettarono di appoggiare il trasferimento all'URSS di Koeningsberg. I sovietici insisteranno per ottenere tutte le riparazioni di guerra della loro zona d‟occupazione tedesca e il 15% della zona occidentale, oltre a ciò riproporranno il problema degli stretti. Churchill parteciperà solo a 87 una parte della conferenza di Potsdam perché verrà sostituito in seguito alle elezioni da Attlee. Il 26 luglio da Potsdam gli USA, l‟Inghilterra e la Cina inviarono un ultimatum al Giappone chiedendo la resa senza condizioni. L‟ultimatum fu respinto e il 6 agosto fu sganciata la bomba atomica a Hiroshima. L‟8 agosto l‟URSS dichiarò guerra al Giappone e iniziò le operazioni in Manciuria, Mongolia e Corea. Il 9 agosto arrivò la seconda bomba su Nagasaki che portò alla capitolazione nipponica. Il 2 settembre ci fu la resa senza condizioni del Giappone, ma l‟imperatore rimase al suo posto. 90 interna viene mantenuto al punto che non incide sugli equilibri europei se non nel fatto che toglie all‟URSS la punta avanzata del suo sottosistema. 2- L‟Europa fra le superpotenze. Verso l‟unità dell‟Europa occidentale La trasformazione dell‟Europa si presenta come l‟evento più complesso in seguito alla seconda guerra mondiale. L‟Europa ha perduto tutto il suo aspetto centrale nella politica mondiale e deve adeguarsi all‟egemonia che le due superpotenze stabiliscono all‟interno del vecchio continente. La guerra come lunga pace ha un senso però per l‟Europa, che nonostante sia imperativa dall‟esterno, viene costruita all‟interno dagli stessi europei. L‟Europa si trova divisa fra vincitori e vinti prima ancora della divisione in blocchi causata dalla guerra fredda, e continua a pesare anche dopo sulle psicologie collettive. Ci si trova davanti ancora una volta di fronte al problema tedesco nelle sue diverse forme: prima nella paura del ritorno di una potenza nazionalista, poi con il timore di una preminenza economica della repubblica federale che prospetta la formazione di una potenza civile e commerciale. L‟Europa del dopoguerra eredita la gloriosa tradizione di Inghilterra e Francia, le quali vorrebbero restaurare posizioni e riattivare politiche ambiziose che rischiano di risultare inadeguate di fronte ai problemi dei loro imperi coloniali. Rimane in Europa però il problema della presenza-distanza dell‟unione sovietica. Nel 1945 l‟URSS è in Europa perché ne occupa militarmente la parte orientale fino ai paesi baltici, e allo stesso tempo come potenza globale è al di fuori dell‟Europa. Dal 1917 la Russia si è sempre più avvicinata all‟Europa: fra le due guerre ha trasferito il cuore del nuovo stato socialista fra Europa e Asia, sia perché il secondo conflitto mondiale l‟ha posta al di sopra di molti stati europei. Stesso discorso si può fare per gli USA. Si parla infatti di sovietizzazione per la parte orientale d‟Europa e di americanizzazione per la parte occidentale. L‟americanizzazione è il fattore dominante di una trasformazione della società euro-occidentale più profonda in quanto esteso attraverso tecniche commerciali estese ai costumi e ai modi di vivere. Viene intaccata così non solo l‟omogeneità geografica dell‟Europa ma anche la sua entità storica,politica e culturale. La divisione dell‟Europa nel secondo dopoguerra trova riscontro in differenze antiche. Quella degli anni 40 però è una divisione fondata su condizioni attuali: imposta in primo luogo dall‟esigenza difensiva dell‟URSS di creare fra se e l‟occidente una fascia territoriale di sicurezza sufficientemente ampia e creare una situazione di incomunicabilità con l‟occidente che nella storia non aveva mai raggiunto questo livello. Il processo storico che ha portato nella seconda metà del secolo verso una unità che non aveva mai conosciuto è il risultato della convergenza di numerosi fattori: collettivi, individuali, politici e militari. La prima iniziativa per affrontare il problema Europa fu preso dagli Stati Uniti con il Piano Marshall con la creazione dell‟organizzazione internazionale che riunisce i paesi che accolgono il piano (OECE poi OCSE). Un altro problema è l‟approccio dell‟Inghilterra: protagonista della storia europea e che negli ultimi secoli ha sviluppato un impero extraeuropeo. Churchill è l principale promotore di una coscienza europea che crede dovrebbe essere anche guidata da Francia e Germania e con la Russia e stati uniti promotori di questi stati uniti d‟Europa. Durante la guerra fredda l‟Inghilterra si pone come obiettivo quello di creare un gruppo occidentale con Francia, Belgio,Olanda, Lussemburgo e aperto ai paesi dell‟Europa meridionale. Con il dopoguerra e il governo laburista adotta la politica dei tre cerchi, cioè mettere il cerchio “Europa” in 91 collegamento con “cerchio commonwealth” e “cerchio USA”. Il crescente pericolo URSS portò i laburisti (primo ministro BEVIN) a coinvolgere gli USA nella difesa dell‟Europa, avviando nel 1947 il piano per l‟alleanza atlantica firmata nel 1949. In questo modo l‟Inghilterra aveva garantito una difesa militare per l‟Europa, accelerando il processo di unificazione europea sotto l‟influenza americana. Con l‟impostazione atlantica della difesa ha termine l‟iniziativa inglese, lasciando il passo alla Francia per una parte perspicua ma non esclusiva. La fase successiva è quella delle tre comunità (Carbone e acciaio, mercato comune e EURATOM) che portano all‟inizio del superamento dello stato nazionale e della storica rivalità fra Francia e Germania. Il patto di Bruxelles viene visto dalla Francia come una politica di futura integrazione europea: a cinque ma aperta a tutti. Altro passo importante è il piano Schumann del 1950 che riconsidera la produzione industriale della Ruhr e crea un mercato unico europeo per il settore siderurgico. Il significato politico del piano è ancora maggiore: se da una parte promuove il rientro della Germania nella comunità internazionale, dall‟altro la Francia assume un controllo su di essa togliendole il monopolio sulla sua principale fonte economica per il riarmo. Termina anche il rapporto tra Francia e Inghilterra che non accetta di sottostare al piano Shumann. Nel 1951 nasce la CECA. Il processo di integrazione europea viene fermato da importanti eventi esterni (guerra di corea su tutti) che impongono un rafforzamento della NATO. La Francia riprende l‟iniziativa di integrazione nel 1950 con la proposta della CED (comunità europea di difesa) che vede la luce nel 1952. Ma il trattato esecutivo non entrerà mai in vigore proprio perché la stessa Francia nel 1954 non ratifica il piano vedendo in essi troppi limiti alla sovranità nazionale. Il fallimento però stimola però il processo europeo di integrazione. L‟Inghilterra approfittando della situazione di stallo perfeziona il sistema di difesa includendo nell‟unione europea occidentale Italia e Germania. Nonostante sembri che l‟iniziativa francese passi la mano, sono sempre i transalpini a promuovere la nascita di una comunità per il nucleare. Dal compromesso di una comunità di settore e un mercato comune generale nasce fra 56 e 57 l‟EURATOM. Nonostante l‟Euratom è sempre la Francia a lottare per mantenere comunque un certo grado di autonomia nella creazione di un armamento atomico nazionale. Nel 1957 è da segnalare la nascita della comunità europea e l‟avvento in questa parte d‟Europa delle relazioni comunitarie tra gli stati. I rapporti dei paesi della comunità con i paesi del terzo mondo assumono dal 1963 con la conferenza di Yaoundè un andamento promettente. Il vero miracolo della integrazione europea è quello di aver conciliato le due aree centrali dell‟Europa ovvero quella francese e quella tedesca. Nel 1963 il trattato franco-tedesco dell‟Eliseo è la prova della fine del passato sanguinoso e pone le basi per uno sviluppo costruttivo, grazie alla pace che fra questi due paesi vuol dire pace in Europa e per lo sviluppo dell‟integrazione europea. Questi risultati di pace raggiunti dall‟Europa le hanno permesso di acquisire una maggiore potenza commerciale nel mondo e di arrivare ad essere la seconda potenza industriale del mondo. Questo successo ha portato ad una evoluzione dei rapporti con gli USA rendendo necessari accordi commerciali a più largo raggio. Gli anni „70 e la crisi delle superpotenze hanno consentito uno sviluppo impensabile per l‟Europa, quello del “processo Helsinky”. A Helsinky vennero stabiliti una serie di principi di grande importanza per l‟evoluzione dei rapporti intereuropei tra cui: l‟inviolabilità delle frontiere ma la loro possibile modifica in modo pacifico, relazioni fra gli stati ed i propri cittadini basato sul rispetto dei diritti dell‟uomo. La comunità europea ha svolto una sua politica estera nella guerra fredda? Il problema è stato affrontato sin dagli anni ‟70 quando i ministri degli esteri delle comunità approvarono il rapporto Davignon nel quale si 92 afferma che “gli sviluppi attuali della comunità impongono agli stati membri di aumentare la loro cooperazione politica e di dotarsi di mezzi per armonizzare i loro punti di vista.” Tuttavia l‟enunciazione di intenti non basta. Nei primi anni „70 è il momento in cui le diplomazie internazionali si conoscono e attuano una collaborazione mai avuta prima. La presenza della comunità europea comincia a farsi sentire a livello internazionale. Il contrasto fra poteri nazionali e uno strumento per una politica estera europea continuò a prevalere, e si accentuò nel decennio successivo che portò all‟Atto unico europeo (1986) che infatti nell‟indicare l‟organo che si occupa della politica internazionale non andò oltre la definizione di un processo in più fasi. 3- Il problema tedesco dalla caduta del Terzo Reich alla riunificazione L‟Europa del secondo dopoguerra si trova ancora una volta di fronte al problema tedesco che secondo alcuni studiosi è il problema di fondo delle relazioni internazionali. Problema che va considerato secondo due criteri: il primo è il problema della divisione fra vincitori e vinti che ha impostato proibizioni e poi restrizioni al riarmo delle potenze sconfitte nella seconda guerra mondiale, ma ha consentito loro di convogliare le risorse verso la crescita economica. Questo criterio colloca la ex grande potenza tedesca accanto alla ex grande potenza giapponese che diventano così potenze civili e industriali. Il secondo criterio è quello di considerare il problema tedesco nell‟ambito temporale del secondo dopoguerra ma di tutta la seconda metà del secolo XX e oltre. Prospettiva questa utile per rendersi conto che lo spettro che era stato attribuito alla Germania nell‟epoca pre 1945 era scomparso. In parte questa situazione è dovuta la contesto che vede una trasformazione, accanto allo stato-nazione tedesco, dello stato nazione francese e giapponese riguardo l‟adattamento al mondo nel secondo dopoguerra e al problema inglese circa la ricerca di una identità in bilico fra Europa e Atlantico. A due mesi circa dalla fine della guerra la conferenza di Potsdam precisa forme e metodi dell‟occupazione militare alleata in Germania. I progetti di smembramento cadono e si inizia a parlare di una divisione fra due Germania. A Postdam venne stabilito che il trattato di pace con la Germania sarebbe stato definito dopo quello con gli alleati del Reich ma la guerra fredda fa si che il trattato venga rimandato fino al 1990. Nell‟attesa del trattato l‟autorità amministrativa viene assunta dai quattro comandanti delle zone d‟occupazione militare alleate. La soluzione dei problemi interni viene affidata al Consiglio dei Quattro Ministri degli esteri. Da oggetto a soggetto di politica internazionale: la Germania occidentale occupata dagli alleati compie un salto di qualità tra gli anni quaranta e cinquanta: si arriva ad una costituzione (rinuncia a forme di cambiamento e alla riunificazione nazionale) . Nel 1950 iniziano le trattative per l‟entrata nella CECA e nel 1952 per la CED. LA conferma della Germania federale come stato sovrano avviene qualche anno dopo con il suo inserimento nel sistema militare occidentale e gli alleati cedono il posto ai contingenti NATO. Ancora qualche anno e i trattati di Roma fanno della repubblica federale un elemento centrale del processo di integrazione europeo. Il merito di questo balzo è senza dubbio dovuto alla guerra fredda ma anche il risultato di un ripensamento interno ed esterno della Germania circa la sua posizione storica. Da ricordare in quest‟ottica il trattato dell‟Eliseo. In questo modo la Germania lascia alla Francia un ruolo di iniziativa nella politica globale e non rinuncia alla sua collaborazione con gli USA. In questa ottica non si può più parlare di problema tedesco dato che la Germania (o meglio la repubblica 95 cobelligeranza con gli alleati. Alla conferenza di Postdam la questione italiana ha una posizione rilevante ma anche deludente : gli usa riescono a mettere in primo piano il caso italiano ma incontrano resistenze sia in Inghilterra sia nell‟URSS che vuole occuparne le colonie. Nel 1946 gli USA si trovano costretti ad imporre condizioni di pace dure che coinvolgevano Inghilterra, URSS e persino la Francia. L‟Italia è anche campo di prova per l‟URSS per una politica generale verso l‟occidente (emblematico il caso della cessione di Trieste alla Jugoslavia) Il caso viene risolto dopo che la Francia presenta il 1 luglio il progetto per l‟internazionalizzazione di Trieste e quindi l‟Unione Sovietica sposta il suo mirino altrove. L‟Italia viene quindi invitata a firmare il trattato su progetto francese: trattato che conteneva clausole territoriali, coloniali, politiche e militari. Le clausole territoriali definivano le correzioni dei confini italo francesi ( a favore ovviamente dei transalpini) e della creazione di un territorio libero di Trieste sotto un governatore alleato. Le condizioni coloniali contenevano la rinuncia dell‟Italia di tutte le sue colonie, cosa non facile data la complessità della situazione storico giuridica delle colonie, sia la riluttanza italiana a rinunciarvi. Rimaneva tuttavia fondamentale la questione di Trieste che non si poteva far altro di sperare che si risolvesse favorevolmente, mentre le colonie avevano un significato perlopiù morale e simbolico e che andava ad incidere sullo spirito di un paese appena uscito dalla umiliazione della guerra e dell‟occupazione straniera. Le clausole politiche erano in parte semplicemente punitive (rinuncia ai vantaggi derivanti dai trattati internazionali firmati in passato: Losanna,Tangeri,Congo) e in parte rivolte ad eliminare il risorgere del fascismo ed a imporre i diritti dell‟uomo. Le clausole militari imponevano restrizioni agli armamenti che sarebbero state messe da parte poco dopo con il consenso degli USA e con il contributo economico a stelle e strisce. La conferenza del 1946 non prevedeva trattative di pace fra vincitori e vinti quindi il ministro degli esteri di allora (DE GASPERI) si limitò ad esporre la posizione dell‟Italia postfascista. E‟ di questo periodo l‟accordo con l‟Austria per le popolazioni dell‟Alto Adige mentre questo rimaneva all‟Italia. L‟accordo concedeva una certa dose di autonomia alla regione ed ai suoi cittadini. L‟importanza del trattato riguarda la nuova politica estera di de Gasperi inteso come punto di partenza per la successiva definizione della zona. La seconda mossa riguarda il celebre viaggio di De Gasperi negli USA che rese evidente “l‟interdipendenza dipendete” dagli Stati Uniti, inoltre si può anche individuare nel viaggio l‟intento di portare fuori dall‟Italia dal perverso gioco de “l‟ultima delle potenze europee”. Dopo la firma del trattato di pace il reinserimento dell‟Italia nella politica internazionale fu molto rapido grazie anche alla politica anticomunista e di esclusione degli esponenti pro URSS dal governo ponendo l‟Italia in linea con il resto dell‟Europa occidentale. Ma nel momento in cui l‟Italia rientrava in Europa, questa si spaccava nella guerra fredda. Nel 1948 l‟Italia compì la sua scelta di campo più significativa quando i partiti guidati dalla DC batterono il fronte socialista alle elezioni. Il risultato permise all‟Italia, inizialmente estromessa dai trattati per l‟alleanza atlantica, di entrare nella NATO grazie alla spinta degli USA e all‟appoggio francese. Il 4 aprile l‟Italia firma il trattato ed entra nella NATO. Il problema in sospeso più importante era ancora quello di Trieste che il trattato di pace aveva lasciato in sospeso. La sua eccezionalità aveva assunto un ruolo strategico evidente Visto che anche Churchill l‟aveva posta come confine della cortina di ferro. Diffusa nel paese era la speranza di contare su una evoluzione che restituisse il territorio alla nazione. In questo senso si espresse il trattato franco-italo-americano del 1948 che pone il cardine della politica italiana su Trieste. Gli anni seguenti però, la prospettiva di un passaggio della Jugoslavia ad “occidente” portò ad una divisione 96 in due della città, una zona A all‟Italia ed una zona B alla Jugoslavia. (1954 trattato di Osimo) . Con il trattato di pace l‟Italia aveva formalmente rinunciato alle colonie ma gli uomini di governo erano decisi a dimostrare di essere in grado di assolvere gli impegni di guida verso i paesi coloniali. Proposito che però urta con la guerra fredda già in atto: inglesi e americani erano tendenzialmente contrari a cedere alle richieste italiane, ma ciò che contava era la prospettiva dell‟Unione Sovietica. Questa infatti per favorire il fronte socialista alle elezioni del 48 propose la restituzione delle colonie all‟Italia ma l‟obiezione dell‟Inghilterra porto alla divisione della Libia in 3 zone di amministrazione di cui 1 sola all‟Italia. L‟Italia entra nell‟ONU nel 1955 superando il veto che era stato sempre posto dall‟URSS (veto che era una risposta al veto americano nei confronti degli stati satelliti del gigante comunista). Lo stallo fu superato grazie all‟accordo con l‟Austria (CAP 21). I risultati ottenuti dalla politica di de Gasperi per quanto soddisfacenti nella prospettiva storica, appaiono come semplici premesse ad una radicale trasformazione del modo di concepire la politica internazionale che ha portato al superamento della dimensione nazionale di economia e difesa. Gli aiuti del piano Marshall permisero la ricostruzione economica dell‟Italia ma non davano per scontata l‟eccezionale sviluppo produttivo, commerciale, di un sistema occidentale di cui l‟Italia fa ora parte. Tanto che nel 1957 l‟Italia entra nel G7, il maggior club economico al mondo. Questo non permette di assimilare l‟Italia tra le potenze civili (come Germania e Giappone) visto che il suo inserimento nel sistema militare fu pressoché immediato e le riserve verso la sua costituzione e il suo sistema erano meno esplicite. Questo perché l‟Italia con la sua struttura fragile non aveva le risorse per diventare una grande potenza economica. L‟economia del secondo dopoguerra vede comunque l‟Italia passare da paese povero a paese ricco e diventare parte di un blocco economico avanzato. L‟ingresso nella NATO ebbe 2 conseguenze radicali: l‟alleanza mise subito in evidenza la posizione dominante del membro maggiore, gli USA, che si collocano nella tradizione italiana (visibile sin dai liberali, e poi con i fascisti) a legarsi con un alleato forte. La condizione di “interdipendenza dipendenza” è però ancora qualcosa di più dei vincoli del regno d‟Italia fra 800 e 900. La seconda conseguenza è la rapida trasformazione della NATO che provoca sul piano strategico-militare una trasformazione nel modo di concepire ed usare fini e mezzi della politica estera nazionale. Tuttavia, il dipendere da un‟altra potenza per la difesa, rappresenta un mutamento rivoluzionario data la storia dell‟Europa moderna basata su una politica di potenza militare. Il rapporto con gli usa e la scarsa disposizione dei governi a far accettare ai cittadini le spese per la difesa, rendono l‟Italia un membro disciplinato della alleanza atlantica grazie anche al suo cappello nucleare. D‟altra parte l‟Italia dovette far accettare agli USA il maggior partito comunista occidentale e la partecipazione al governo dei socialisti e l‟avvicinamento all‟area governativa degli stessi comunisti. Col passare della Guerra Fredda, l‟Italia vede diminuire la sua importanza strategica. Il primo evento è la fuoriuscita della Jugoslavia di Tito dal blocco comunista, togliendo all‟Italia il privilegio di essere il primo baluardo della cortina di ferro. Poi l‟evoluzione verso sud della nato e la strategia missilistica mondiale resero meno importante lo scenario europeo. Nell‟83 l‟Italia accetta di creare basi per gli euromissili americani. Mutamenti importanti portarono l‟Italia al processo di unificazione dell‟Europa occidentale. L‟assenza dell‟Inghilterra conferì all‟Italia un posto più significativo, ma dovette conformarsi alla politiche che venivano da Bruxelles, dal quale veniva fortemente influenzata. La fase iniziale di unificazione europea fu felice per l‟Italia, visto che fu proprio de Gasperi con Schumann e Adenauer uno dei tre padri di una Europa “carolingia” e segnatamente cristiana. 97 L‟unico neo, il mancato salto della CED per livelli di integrazione superiori. Il tutto sostenuto da un consenso popolare considerevole. Il lungo passaggio dagli stati europei alla politica mondiale ha permesso all‟Italia di acquisire la sui identità di media potenza. Questo è dovuto anche alla scomparsa della categoria delle “grandi potenze”, l‟entrata in scena di una terza potenza come la Cina e l‟emergere di stati importanti come india e Brasile. Il sorgere della grande potenza civile Giapponese. In questo contesto l‟Italia postbellica è da definirsi come la tipica media potenza, divenuta tale in seguito alla mutazione genetica del sistema internazionale che fini per risolvere la gran parte dei problemi storici insoluti eliminando molte delle questioni geografiche. L‟epoca della guerra fredda vede il nascere di molti paesi nuovi e il vantaggio dell‟Italia è quello di trovarsi nel gruppo dei paesi avanzati che accanto al fattore militare portano anche un importante fattore economico. Media potenza politico militare in un sistema militare dominato fino agli anni 90 da usa e URSS, l‟Italia si presenta come grande potenza entro una situazione economica mondiale che sfugge al sistema bipolare e come potenza primaria nel contesto del continente e delle sue trasformazioni comunitarie. 5- Il Giappone “grande potenza civile” della guerra fredda Il Giappone, l‟altro grande membro del patto tripartito si arrese alla grande alleanza anglo-sovietico- americana circa 4 mesi dopo il crollo della Germania. Questa lieve differenza temporale fece sì che la resa giapponese, il 2 settembre 1945, avvenisse in una situazione strategica e politica particolare. Anzitutto non fu la conseguenza di azioni militari come x la Germania, ma dell‟impiego della nuova arma atomica con il suo effetto diretto sul Giappone e indiretto sugli alleati degli usa tra cui i russi. Contro il Giappone gli stati uniti avevano vinto da soli, senza l‟aiuto degli alleati e se ora l‟Europa occidentale era sotto la pressione e occupazione parziale dell‟unione sovietica, l‟Asia orientale dopo la resa giapponese appariva disponibile a un ristabilimento dell‟influenza occidentale. In realtà nella situazione politica lasciata dal crollo del Giappone, si pongono le premesse x la trasformazione di tutta l‟area con annessa la decolonizzazione del sud-est, la caduta della Cina nazionalista con l‟avvento del regime comunista di Mao e la sua influenza sulla situazione della guerra fredda e il ruolo della corea. La conferenza di Postdam,un mese prima della resa giapponese, aveva indicato gli intenti dell‟occupazione alleata, da sottoporre al controllo di una commissione consultiva x l‟estremo oriente cui i sovietici avevano opposto riserve e volevano una loro partecipazione più attiva. Alla fine di fatto il controllo militare del territorio e anche la gestione della politica e dell‟economia giapponese vennero assunti dal comando supremo delle potenze alleate diretto dal generale Mac Arthur. In questo periodo la situazione del Giappone è caratterizzata da due elementi: in primis la ricostruzione dell‟economia e della società durante un biennio di occupazione USA, impegnata a eliminare le strutture autoritarie e gerarchiche dell‟impero e a introdurre riforme economiche a favore dei piccoli agricoltori e a smantellare le grandi concentrazioni industriali che erano state alla base dell‟espansionismo giapponese. Processo culminato con l‟introduzione di una Costituzione nel maggio 1947 che, x intervento esplicito della potenza occupante, applicò fedelmente i principi tipici di una liberaldemocrazia occidentale. Il secondo elemento fu la inversione di rotta con l‟introduzione del piano Marshall, lo stabilimento dell‟alleanza atlantica e l‟avvento di Mao in Cina, grande fenomeno rivoluzionario ai confini col Giappone. Nel 1948 gli usa avvisarono la commissione x il medio oriente la loro intenzione di cambiare la politica economica in Giappone: l‟economia fu riconvertita a favore delle grandi industrie con relative concentrazioni e monopoli che erano stati smantellati e tutto su pressione del gen. Mac Arthur che intendeva impostare la strategia americana della guerra fredda in quell‟area. Lo scopo era il rilancio economico del Giappone x farne la base produttiva necessaria alla strategia usa di
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