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Baxandall-Pitture ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento, Dispense di Metodologia della ricerca

Riassunto completo del manuale

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 30/10/2023

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chiara-puccini-1 🇮🇹

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Scarica Baxandall-Pitture ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento e più Dispense in PDF di Metodologia della ricerca solo su Docsity! Riassunto di Pitture ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento -Michael Baxandall- 1.Le condizioni del mercato Un dipinto del XV secolo è la testimonianza di un rapporto sociale: il pittore che faceva il quadro e chi gliel'aveva commissionato, che gli forniva il denaro e, una volta pronto, decideva in che modo usarlo. In questo secolo, la pittura di migliore qualità era appunto quella che veniva fatta su commissione e il cliente ordinava un prodotto specificandone le caratteristiche. Le opere già pronte erano quelle più ordinarie, mentre le pale d'altare e gli affreschi venivano eseguiti su commissione e veniva stipulato un contratto legale tra mecenate e artista. Un buon cliente fu il ricco mercante Giovanni Rucellai, che aveva in casa dipinti di Filippo Lippi, Domenico Veneziano, il Verrocchio. Per un uomo così facoltoso, spendere denaro per chiese e opere d'arte per abbellire il patrimonio pubblico, era un merito e un piacere. Vi erano diversi tipi di commissione: quelle controllate da grosse istituzioni corporative come le “fabbriche” delle cattedrali (comunali), e quelle di singoli individui o piccoli gruppi (private). In genere il pittore aveva un rapporto diretto con il mecenate, grande differenza con lo scultore, ad esempio Donatello, che lavorava invece per grandi imprese comunali, come l'Opera del Duomo di Firenze amministrata dall'Arte della Lana. I contratti non erano tutti uguali e ne abbiamo un esempio: quello tra Domenico Ghirlandaio e il priore dello Spedale degli Innocenti per l'Adorazione dei Magi, e contiene tre temi: 1. specifica ciò che il pittore deve dipingere in questo caso con l'impegno a eseguire il lavoro sulla base di un disegno concordato; 2. è esplicito per quanto riguarda i modi e i tempi di pagamento da parte del cliente e i termini entro il quale il pittore deve consegnare l'opera; 3. insiste sul fatto che il pittore debba usare colori di buona qualità, come l'oro e l'azzurro ultramarino. Il cliente poteva fornire i colori più costosi e pagare il pittore per il tempo impiegato e per le sue capacità: quando Filippino Lippi dipinse la vita di san Tommaso in santa Maria, il cardinal Carafa gli diede 2000 ducati per il suo apporto personale e pagò a parte per i suoi assistenti e per l'azzurro ultramarino. La somma concordata però non era del tutto rigida: il Ghirlandaio ottenne 7 fiorini in più rispetto ai 115 originariamente pattuiti. In caso non si riusciva a trovare un accordo tra pittore e committente, intervenivano, come arbitri, altri pittori professionisti. Non tutti gli artisti lavoravano con contratti di questo tipo. Alcuni lavoravano per principi da cui percepivano uno stipendio: Mantegna lavorò per i Gonzaga di Mantova dal 1460 fino alla morte (1506). lo stipendio però non gli veniva sempre pagato con regolarità e in certe occasioni gli vennero donate terre o denaro. Successivamente, nei contratti, si inizia a parlare sempre di meno dell'oro e dell'azzurro ultramarino. Si ha l'impressione che i clienti comincino a badare meno di prima all'esigenza di fare sfoggio. Il ruolo meno rilevante dell'oro fa parte di una tendenza dell'Europa occidentale dell'epoca verso una sorta di limitazione dell'ostentazione. Si poteva essere sfarzosi lo stesso, se nei contratti l'oro e l'ultramarino divenivano sempre meno importanti, questi venivano sostituiti dall'uso di qualcos'altro, cioè l'abilità tecnica del pittore. La distinzione tra il valore del materiale prezioso da un lato e il valore attribuito all'abile uso dei materiali dall'altro, assume ora un rilievo decisivo. Nel primo Rinascimento era fondamentale: la dicotomia fra qualità del materiale e qualità dell'abilità tecnica dell'artista (sia in pittura che in scultura). Alberti nel De Pictura sollecita i pittori a rappresentare gli oggetti d'oro, non con l'oro, ma con un'abile applicazione del giallo e del bianco. Il cliente aveva vari modi per trasferire il suo denaro dall'oro al pennello. Ad esempio come sfondo alle figure poteva richiedere dei paesaggi invece della doratura e il contratto poteva specificare ciò che il cliente aveva in mente per i suoi paesaggi. Contratto del Ghirlandaio con Giovanni Tornabuoi, 1485: doveva includervi “civilitates, montes, colles, planities, lapides, vestes, animalia, bestias quascunque...” in più si poteva pagare sulla base del tempo impiegato dall'artista e dalla sua equipe e poi i materiali forniti a parte dipinti ricadevano sotto la giurisdizione di una teoria ecclesiastica sulle immagini con regole ormai consolidate da tempo. Dal punto di vista della Chiesa le immagini dovevano avere un triplice scopo. Il fruitore era indotto a meditare sulla Bibbia e sulle vite dei santi. Nonostante tutto vi erano degli abusi sia nelle reazioni del pubblico di fronte ai dipinti, sia nel modo in cui i dipinti stessi venivano fatti. L'idolatria rappresentava pur sempre una preoccupazione costante per la teologia: ci si rendeva conto che la gente semplice poteva confondere l'immagine della divinità o dei santi con la divinità o la santità stessa e quindi adorarla. In Germania l'idolatria divenne uno scandalo: l'opinione pubblica laica riteneva in genere che la si potesse considerare soltanto un uso scorretto delle immagini, che non costituiva motivo di condanna. Per quanto riguarda i dipinti, la Chiesa si rendeva conto che c'erano nella loro concezione degli errori che andavano contro la teologia e il buon gusto: soggetti con implicazioni eretiche, soggetti apocrifi. Per il pittore la traduzione in immagini di storie sacre era un compito professionale. Le visualizzazioni del pittore erano esteriori, quelle del pubblico interiori. Un buon pittore cercava di evitare di caratterizzare nei particolari le persone e i luoghi: il Bellini, nella Trasfigurazione non ha bisogno di fornire i dettagli di luoghi e personaggi che il pubblico aveva già immaginato. Egli integra la visione interiore del fruitore. I suoi personaggi e luoghi sono generici e decisamente concreti. L'elemento essenziale delle storie era la figura umana e non tanto la sua fisionomia, quanto il suo atteggiamento. Ma c'erano delle eccezioni, specialmente per quanto riguarda la figura del Cristo. Questa lasciava meno spazio di altre all'immaginazione personale perche il XV secolo aveva la fortuna di essere convinto di possedere una testimonianza oculare del suo aspetto. Essa si trovava in un rapporto apocrifo che un Lentulo, governatore della Giudea, avrebbe inviato al Senato romano: “...Homo di statura mediocre, memzana. Facia venerabile, capelli di colore di una noxella matura cioè come de oro, piani quasi fino alle orechie: rici e crespi...” Solo pochi dipinti non rispettano questo modello. La Vergine era raffigurata in modo meno uniforme e c'era una consolidata tradizione di controversie circa il suo aspetto. C'era, per esempio, il problema della carnagione: scura o chiara. Il linguaggio dei gesti del Rinascimento: – Affirmatio → leva manum moderate et move; – Demonstrare → extenso solo poterit res visa notari; – Dolor → palma premens pectus; – Pudor → lumina quando tego digitis designo pudorem. La cacciata dei Progenitori dal Paradiso terrestre: Masaccio. Adamo (lumina tegend digitis) esprime vergogna, Eva (palma premens pectus) dolore. Nelle storie una figura interpretava la sua parte ponendosi in relazione con le altre e nella composizione dei gruppi e negli atteggiamenti il pittore era solito suggerire rapporti e azioni. I drammi sacri: fioritura a Firenze nel Xv secolo. Dipendenza da effetti spettacolari che hanno poco a che fare con la raffinata suggestione narrativa del pittore. Si servivano di elaborati meccanismi, con attori sospesi su fili, dischi rotanti, luce artificiale. Sembravano tableau vivant, ecco perche si avvicinano alla pittura. Abbiamo esaminato le rappresentazioni che i pittori davano dei personaggi: i personaggi rappresentati non venivano stabiliti in base ai modelli relativi a gente reale, ma in base ai modelli desunti dall'esperienza di gente reale. I colori: riunire i colori in serie simboliche era un gioco tardo medievale ancora in uso nel Rinascimento. Sant'Antonino e altri elaborarono un codice teologico: – bianco → purezza; – rosso → carità; – giallo-oro → dignità; – nero → umiltà. Alberti e altri fornirono un codice relativo ai quattro elementi: – rosso → fuoco; – blu → aria; – verde → acqua; – grigio → terra. Le tinte non erano uguali e non venivano percepite come uguali: quando Gherardo Starnina si atteneva alle istruzioni di usare un azzurro da 2 fiorini per la Vergine e un azzurro da un fiorino per il resto del dipinto, sottolineava una distinzione teologica. Ci sono tre livelli di adorazione: 1. Latria, il massimo dell'adorazione dovuta solo alla Trinità (si usava l'oro); 2. Dulia, la reverenza per l'eccellenza e cioè ciò che dobbiamo ai santi, agli angeli e ai padri della chiesa; 3. Hyperdulia, veniva misurata a due fiorini l'oncia. A Firenze, un ragazzo, riceveva due gradi di istruzione: per 4 anni, dall'età di sei-sette anni, frequentava una scuola elementare o “botteghuzza” dove imparava a leggere e scrivere e alcune nozioni di base di corrispondenza commerciale e formule notarili. Poi per circa quattro anni, dall'età di dieci-undici, si proseguiva gli studi in una scuola secondaria, “l'abbaco”. Qui si studiava libri un po' più impegnativi, come Dante, ma ci si soffermava soprattutto sulla matematica. Pochi andavano all'università. La matematica, la più importante, era commerciale e strutturata sulle esigenze del mercante e entrambe le sue principali nozioni sono inserite nella pittura del 400: una di queste è la misurazione. Nella storia dell'arte le merci arrivano in contenitori di misura standard solo a partire dal XIX secolo. Prima ogni contenitore era unico, e calcolare il suo volume in modo rapido e preciso era essenziale per gli affari. In Germania, nel 400, i barili si misuravano con complessi regoli e misure da cui si potevano ottenere i risultati: il lavori era spesso fatto da uno specialista. Un italiano misurava i suoi barili per mezzo della geometria e del π. Le istruzioni per misurare un barile sono prese da un manuale di matematica per mercanti scritto da Piero della Francesca, il De abaco. Nel suo trattato Sulla vita civile, Matteo Palmieri raccomanda lo studio della geometria. Giovanni Rucellai la sostituiva con l'aritmetica. E lo strumento aritmetico usato dai mercanti del Rinascimento è la regola del tre. Questa regola rappresenta il modo in cui il Rinascimento trattava i problemi della proporzione. I problemi di proporzione riguardavano: l'allevamento, lo sconto, le merci, il baratto ecc. 3.Dipinti e categorie del dipinto sembrano incontrarsi all'orizzonte nel punto di fuga. Le linee parallele al piano del dipinto non sono convergenti. Filippo Lippi, orfano, entra nell'ordine carmelitano nel 1421. non si parla di lui come pittore fino al 1430 e non si sa chi sia stato il suo maestro. Lavorò per i Medici e il suo più ampio capolavoro si trova a Firenze ed è costituito dai cicli di affreschi nelle cattedrali di Prato e Spoleto, dove morì. – Gratioso: molto diverso da Masaccio. Questa parola può voler dire che possiede “grazia” oppure che è piacevole in generale. La seconda attraeva gli intellettuali come Landino, perche la parola in latino, “gratiosus”, era comunemente usata con questo significato. Landino elogia un altro artista, Desiderio da Settignano e viene lodato proprio per “somma gratia”. Entrambi producevano ritratti a mezzo busto di Madonne con visi dolci e “gratiose” in tutti e due i sensi del termine. Una definizione utile era quella dei critici letterari. Secondo loro la gratia era il prodotto di “varietà” e “ornato”. E sono proprio queste due qualità che Landino più avanti attribuisce a Filippo Lippi. – Ornato: per noi è un elemento decorativo ma nel Rinascimento ciò era solo una piccola parte dell'“ornato” che abbracciava invece molto di più. Che cosa fosse l'ornato, anche in questo caso, ce lo dice la critica letteraria neoclassica, tutto ciò che si aggiungeva alla chiarezza e alla correttezza era ornato. Per Landino, i dipinti di Filippo Lippi e del Beato Angelico erano “ornato”, mentre Masaccio era “senza ornato”, perche perseguiva altri valori. Lippi e l'Angelico erano acuti, ricchi, ilari, nitidi e accurati, mentre Masaccio sacrificava queste virtù in favore di una chiara e corretta imitazione del reale. – Varieta: il resoconto sulla varietà pittorica di trova nel trattato del De Pictura dell'Alberti del 1435. si occupò di mettere a punto la nozione di “varietà” e di differenziarla dalla semplice abbondanza dei materiali. Egli distingueva due tipi di interesse, la “copia”, che è una profusione di soggetti e la “varieta”, che invece è la diversità dei soggetti. La varietà è un valore assoluto e risiede in due fattori, il primo in una diversità e contrasto di tinte, il secondo in una diversità e contrasto degli atteggiamenti delle figure. Un esempio ne è il mosaico di Giotto della Navicella → “... pose undici discepoli, tutti commossi da paura vedendo uno de suoi compagni passeggiare sopra l'acqua, chè ivi expresse ciascuno con suo viso et gesto, tale che in ciascuno erano suoi diversi movimenti et stati.” – Compositione: inteso come armonizzazione sistematica dei vari elementi del dipinto, usato per la prima volta dall'Alberti e ripreso da Landino. Per la critica classica degli umanisti, il “compositio” era il modo in cui una proposizione veniva costruita su quattro livelli gerarchici → proposizione-clausola-frase-parola. Alberti trasferì lo schema e il termine alla pittura → dipinto-corpo-membro- superficie. I dipinti sono composti di corpi, che sono composti di parti, che sono composte,a loro volta, di superfici piane. Le superfici si compongono nei mebri, i membri nei corpi, i corpi nei dipinti. Il concetto di varietà e di composizione sono complementari, la composizione disciplina la varietà e la varietà alimenta la composizione. – Colorire: Landino non loda mai un pittore per il suo colore in quanto tale, come lo intendiamo noi. Con “colorire” Landino intende stendere il colore. Andrea del Castagno, non si sa chi fu il suo maestro e nemmeno quando nacque, forse nel 1423. nel '44 si trova a Firenze ad affrescare Sant'Apollonia nella chiesa della santissima Annunziata. Fu: – Disegnatore: riferito alla rappresentazione degli oggetti basata sulle linee di contorno contrapposta a quella fondata sul tono. Le linee del disegno definiscono le forme e la loro posizione nello spazio indicando con precisione i contorni. – Amatore delle difficulta: il buon pittore fa con facilità cose difficili, falso paradosso che affascinava i critici del Rinascimento, e Ludovico Dolce, giocò su questo per distinguere gli stili di Michelangelo e Raffaello. – Scorci: applicazione particolare della prospettiva. Landino disse di Paolo Uccello che ergli era 2artificioso negli scorci, perche intese bene di prospectiva.” La prospettiva è quindi la scienza, gli scorci la specifica manifestazione nella sua pratica. Scorci nel Cristo di Andrea del Castagno nella Trinità. – Prompto: oltre ad essere amante delle difficoltà, ha attirato l'attenzione per i suoi scorci e per il rilievo. Landino lo definisce “vivo e prompto”, è il pittore per i pittori, l'artista cioè apprezzato da gente che capiva le capacità artistiche. Landino attribuisce ciò anche a Giotto nella Navicella e a Donatello. Il David di Andrea testimonia la qualità di atteggiamento “vivo e prompto”. Si traduce in una più forte diversificazione della figura in una maggior suggestione di particolari movimenti. Beato Angelico, Fra Giovanni da Fiesole, nell'ordine domenicano a Fiesole. La prima commissione gli fu affidata nel 1433 (quindi tardi) e dal 1436 in poi dipinse molti affreschi nel convento di San Marco. Egli fu: – Vezzoso: un vezzo era una carezza, vezzoso quindi delizioso. Non era qualità maschile e in alcuni contesti non era affatto una virtù. Landino però non parla di un uomo ma di una qualità che sta a metà tra il carattere dell'Angelico e il carattere delle figure umane dipinte dal Beato Angelico. – Devoto: la devozione è la coscienza e la volontà di rivolgere la mente a Dio. Il suo strumento specifico è la meditazione. Nelle produzioni artistiche il “devoto” si manifesta con uno stile contemplativo, che unisce gioia e tristezza, non elaborato e non intellettualmente complesso.
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