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Berti A.E., Bombi A.S., Corso di psicologia dello sviluppo, Il Mulino, Bologna, 4a Ediz.,, Dispense di Psicologia dello Sviluppo

manuale di psicologia dello sviluppo

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 10/03/2022

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Scarica Berti A.E., Bombi A.S., Corso di psicologia dello sviluppo, Il Mulino, Bologna, 4a Ediz., e più Dispense in PDF di Psicologia dello Sviluppo solo su Docsity! PARTE 1 LA PRIMA INFANZIA CAPITOLO 1 :LO SVILUPPO PERCETTIVO E MOTORIO DAL CONCEPIMENTO ALLA NASCITA   Lo sviluppo prenatale La formazione dell’organismo umano comincia con il concepimento, che avviene quando uno spermatozoo raggiunge un ovulo nelle tube di Falloppio e lo feconda trasformandolo in uno zigote. Lo sviluppo prenatale viene suddiviso in tre periodi denominati germinale, embrionale e fetale. Il periodo germinale (dalla fecondazione alle due settimane) La piccola massa di cellule (blastocisti) formatasi dalle successive duplicazioni dello zigote si impianta nella parete interna all’utero. La prima duplicazione dello zigote si produce tra le 24 e le 36 ore di fecondazione. A volte succede che le due cellule, anziché rimanere unite, si separino costituendo il punto di partenza per lo sviluppo di due gemelli identici o monozigotici, ovvero due individui distinti ma del tutto simili perché dotati dello stesso patrimonio genetico. I gemelli fraterni o dizigotici nascono invece dalla fecondazione di due distinti ovuli da parte di due spermatozoi, a differenza dei primi non si somigliano più di due fratelli  qualsiasi e possono essere di sesso diverso. Le successive duplicazioni cellulari avvengono molto più rapidamente, e nel giro di quattro giorni lo zigote è diventato una blastocisti di una settantina di cellule, nella quale si possono distinguere due parti. 1.  Disco embrionico: da cui si formerà ben presto l’embrione 2.  Trofoblasto: sfera cava dalla quale si formeranno i tessuti (amnios e corion) preposti alla protezione e al nutrimento dell’embrione. Nella parete interne del corion si sviluppano delle piccole appendici (i villi) che si protendono dentro alle pareti dell’utero. Inizia poi a formarsi la placenta che collega la circolazione sanguigna dell’embrione e poi del feto con quella della madre. Con l’annidamento della blastocisti dentro l’utero ha termine il periodo germinale e inizia quello embrionale. Il periodo embrionale (dalla seconda all’ottava settimana) Dopo l’annidamento della blastocisti iniziano a differenziarsi tre strati di cellule nel disco embrionico: ·         L’ectoderma che diverrà il sistema nervoso, la pelle, i capelli e le unghie ·         L’endoderma che darà origine al sistema digestivo e a quello respiratorio ·         Il mesoderma da cui si svilupperanno i muscoli, lo scheletro e il sistema circolatorio. Gli organi che si sviluppano per primi sono quelli più essenziali (cervello, cuore, apparato digestivo, scheletro, muscoli), poi appaiono arti e dita e, nel periodo fetale, vi si aggiungeranno i dettagli (unghie, capelli). Alla fine del secondo mese l’intero corpo del futuro bambino, anche se non più grande di 3 cm ha grosso modo una forma umana. Il cuore e il sistema nervoso sono già in funzione: il primo pompa il sangue attraverso l’embrione ee la placenta, il secondo consente al feto di eseguire vari movimenti, come il sussulto,(un rapido movimento generale , che inizia dagli arti e coinvolge anche il tronco e il collo)e cambiamenti di posizione.  Il periodo embrionale è quello in 1 cui possono originarsi i più gravi difetti congeniti, sia in conseguenza di anomalie genetiche, sia per cause esterne, come malattie della madre o ingestione di sostanze tossiche. Il periodo fetale (dal terzo mese di gravidanza in poi) L’organismo, già differenziato in tutte le sue parti, deve ora solo crescere e perfezionarsi, a 3 mesi può già succhiare e inghiottire. Solo gli organi sessuali, ancora rudimentali al termine del periodo embrionale, cominciano a formarsi ora. Nei mesi successivi il corpo, che prima era come raggomitolato, si distende. Durante il quarto mese, la madre inizia a percepire distintamente i movimenti del feto, che estende braccia e gambe, si gira o si capovolge. Al termine del sesto mese il feto supera il limite minimo di sopravvivenza, poiché il sistema respiratorio ed il sistema nervoso centrale, sono abbastanza perfezionati. Negli ultimi tre mesi di gravidanza, le probabilità di sopravvivenza in caso di nascita prematura, crescono sempre di più: i muscoli si rivestono di uno strato di grasso, si attivano i meccanismi regolatori della temperatura corporea, lo scheletro si irrobustisce utilizzando quasi tutto il calcio ed il ferro che la madre assorbe con l’alimentazione. Dalla fine del sesto mese in poi, il feto cresce di circa 30 grammi al giorno. Le ossa non sono però completamente collegate tra loro e ci sono nel cranio 6 zone ancora morbide (fontanelle), di modo che il corpo possa subire senza danno una certa compressione durante il parto. LO SVILUPPO DEL CERVELLO E DEL SISTEMA NERVOSO Agli inizi della terza settimana l’ectoderma si piega più volte dando origine al tubo neurale da cui deriveranno il cervello e il midollo spinale. Una delle estremità del tubo neurale si ingrossa, formando cervello ed occhi rudimentali. Una volta formatasi questa struttura , inizia la produzione di nuove cellule, i neuroni , entro il tubo neurale(proliferazione) e la loro migrazione verso il cervello. Una volta giunti a destinazione , verso la 15esima settimana di gestazione, i neuroni iniziano a collegarsi con altri neuroni attraverso dei prolungamenti, gli assioni e i dendriti, attraverso le sinapsi , che consentono il passaggio di informazioni tra assioni e dendriti. Alla nascita la formazione di neuroni è quasi ultimata. Con l’eccezione di alcune aree cerebrali (come il bulbo olfattivo) in cui la produzione di neuroni prosegue per tutta la vita, nelle altre non solo non se ne formeranno più ma avverrà al contrario uno sfoltimento di quelli prodotti in eccesso:durante lo sviluppo avverrà una potatura(pruning ), grazie alla quale il loro funzionamento diventerà più efficiente.  La formazione di nuove sinapsi  continua per tutta la vita ogni volta che si apprendono o si affinano abilità e conoscenze. I collegamenti tra  i neuroni diventano più efficienti quando gli assoni si rivestono  con una guaina di sostanza grassa bianca (mielina) che isolandoli,  rende più efficiente la trasmissione degli impulsi nervosi. Questo processo di mielinizzazione procede fino ai 25 anni. Nella corteccia motoria le prime aree a maturare, entro i tre mesi, sono quelle che consentono il controllo della motricità grossolana (testa, tronco, braccia, gambe). Le aree del linguaggio sono particolarmente attive tra il secondo anno e la prima fanciullezza , in corrispondenza  dei rapidi progressi nella comprensione e produzione della lingua. I collegamenti tra corteccia e cervelletto necessari per il controllo volontario della motricità fine (mani, piedi e dita) si completano invece verso i quattro anni. I progressi sul piano percettivo sono legati allo sviluppo del sistema nervoso centrale, ma è uno sviluppo già pre-programmato su base generica, ma stimolato dall’esperienza. 2  IL NEONATO COMPETENTE Secondo alcuni studiosi, sono già presenti alla nascita delle strutture cognitive che consentono fin dall’inizio di integrare in esse le informazioni acquisite mediante l’esperienza. I bisogni fisici: nutrirsi, respirare, dormire. I bisogni psicologici: bisogni non riconducibili ad altri bisogni. I bisogni psicologici si collegano alle predisposizioni o a delle emozioni, provate in seguito alla loro soddisfazione o mancata soddisfazione. Dweck ha identificato 3 bisogni psicologici: ·         Accettazione: bisogno identificato da diversi autori. Attaccamento(Bowlby), calore o conforto(Harlow), amore, appartenenza(Maslow), affetto(Spitz) e consiste nel bisogno di partecipare a un’interazione sociale dalla quale ricevere sostegno. ·         Prevedibilità: Corrisponde al bisogno di capire le relazioni(causali, temporali) tra oggetti ed eventi, ed è dunque un bisogno di tipo cognitivo. Per questo gli infanti osservano, ascoltano, esplorano tutti gli oggetti del loro ambiente. ·         Competenza: riguarda l’acquisizione di abilità per agire con efficacia e può prendere anche il nome di successo. Le ricerche di Piaget mostrano che i bambini possiedono molte abilità e le esercitano spontaneamente e con soddisfazione, sono inoltre dotati di mezzi per costruirne delle altre , molto più complesse, nel corso dello sviluppo. Gli stimoli pedagogici sono la varietà di segnali con cui le altre persone cercano di attirare la loro attenzione per insegnargli qualcosa. A partire da questi bisogni , già nei primi anni di vita se ne formano altri 4: fiducia, controllo, autostima/status e coesione del sé. LE CAPACITÀ COMPORTAMENTALI DEI NEONATI I riflessi sono reazioni automatiche e stereotipate a particolari stimoli: ad esempio variando la luminosità dell’ambiente si provoca la dilatazione o la contrazione delle pupille. Il rooting, è un riflesso presente già nel feto, e consiste nella stimolazione tattile della guancia che consente di volgere la testa verso la fonte della stimolazione aprendo contemporaneamente la bocca , esso avviene già alle 8 settimane mentre il riflesso del collo a 28 settimane. Il rooting è avviene di raro se il bambino è sazio. Alcuni riflessi sono permanenti, cioè rimangono per tutta la vita (starnuto, sbadiglio); altri  invece, detti riflessi neonatali spariscono completamente durante i primi mesi di vita oppure sono sostituiti da azioni volontarie. Alcuni riflessi neonatali sono : il rooting, prensione(la mano si chiude), moro(se sente un rumore forte si attacca saldamente alla madre),marcia automatica(se i piedi toccano una superficie l’infante muoverà le gambe facendo dei passi)collo tonico(se gira il collo da un lato il relativo braccio si allungherà, preparazione all’indicare e al prendere)nuoto(se immerso nell’acqua , l’infante trattiene il respiro e nuota muovendo gambe e braccia) Le stereotipie ritmiche consistono in sequenze ripetute di movimenti eseguite senza ragione apparente, con cui gli infanti tengono in esercizio muscoli, tendini e nervi(strofinare i piedi,dondolarsi, scuotere la testa, scalciare) 5 Alcune di queste attività vengono successivamente integrate in azioni volontarie, come quella di camminare. La loro persistenza oltre l’infanzia invece è segno che c’è qualche patologia nello sviluppo. LE CAPACITÀ DI APPRENDIMENTO DEI NEONATI Apprendimento: cambiamento nel comportamento o nelle strutture mentali per effetto dell’esperienza. Condizionamento classico I neonati sono recettivi a procedure di condizionamento classico, ma solo se la nuova associazione da apprendere è dotata per loro di qualche valore adattativo, e soprattutto se è legata alla nutrizione. Reazioni difensive sono invece difficili da far acquisire ai neonati, che nella nostra specie dipendono dalla protezione parentale. Quando l’autonomia dell’infante si accresce diviene possibile indurre comportamenti di fuga o paura, come ad esempio il caso di Watson che fece acquisire una risposta condizionata di paura alla vista di un topo bianco che inizialmente non suscitava tale reazione.(esempio del bambino Albert di 11 anni) Condizionamento operante Con la tecnica del condizionamento operante è invece possibile consolidare comportamenti spontanei. Ad esempio, un infante può apprendere a succhiare con maggiore intensità se una suzione vigorosa è rinforzata prontamente e chiaramente dall’immissione di un liquido dolce nella bocca. Quando il bambino cresce è possibile condizionare una gamma più vasta di azioni , come la vocalizzazione, il sorriso. Abituazione Con questo termine si indica il graduale attenuarsi dell’intensità, durata o frequenza di una risposta fisiologica o comportamentale alla ripetuta presentazione di uno stimolo. L’abituazione, o assuefazione,  viene considerata come un’indicazione del fatto che l’infante ha immagazzinato nella memoria delle informazioni sullo stimolo e distoglie da esso la propria attenzione. Un fenomeno opposto, chiamato disabituazione, si verifica se, dopo che l’infante si è abituato ad uno stimolo, ne viene presentato uno diverso: la risposta in questo caso aumenta di nuovo. Questo fenomeno viene considerato un indice del fatto che l’infante distingue i due stimoli.  La velocità di abituazione e disabituazione è perciò attualmente il miglior predittore dello sviluppo intellettuale dei bambini negli anni successivi. Imitazione Si tratta della riproduzione (di movimenti, atteggiamenti, o più complessi aspetti)di  un modello. Nel secondo anno di vita i bambini ripetono sempre più spesso i gesti e le azioni che vedono fare; è attraverso l’imitazione delle parole udite che i bambini acquisiscono il vocabolario della lingua materna. L’imitazione viene ritenuta una capacità che è assente alla nascita e si sviluppa gradualmente. Fin dagli albori diversi psicologi ritenevano che l’imitazione costituisse un meccanismo centrale sia nello sviluppo mentale, sia nell’interazione sociale. Secondo Piaget , l’imitazione dapprima coinvolge parti del corpo che i bambini sono in grado di vedere (mani, piedi) e successivamente il viso. L’imitazione di un movimento richiede la traduzione di informazioni visive in programmi motori. 6 Un gruppo di neuroscienziati di Parma , ha gettato una nuova luce sull’imitazione: esistono diverse aree del cervello e dei neuroni che codificano specifici comportamenti motori e che vengono attivati non solo quando li si esegue o si sta per farlo ma anche quando si osserva qualcuno che esegue questi comportamenti. Tali neurono sono stati chiamati neuroni specchio, che  traducono quello che vediamo fare dagli altri in una rappresentazione motoria, come se stessimo programmando l’esecuzione di quei movimenti. Rizzolatti e Siniglia trovarono i neuroni a specchio non solo nell’uomo ma anche in scimmie e uccelli dove svolgono funzioni diverse a seconda dell’area in cui sono collocati. Ecco perché spesso siamo portati a replicare i comportamenti che osserviamo, o perché se vediamo un'espressione di disgusto su una persona siamo portati a farla anche noi. METODI PER LO STUDIO DELLA PERCEZIONE NEGLI INFANTI Secondo Baldwin ogni stimolazione di un organismo vivente suscita in esso dei movimenti. Quelli più facilmente osservabili negli infanti sono i movimenti delle mani e per questo, osservando quante volte i bambini cercano di prendere o toccare dei fogli, ciascuno di un colore diverso e messi ripetutamente davanti a loro uno alla volta, possiamo capire quali colori distinguono. Baldwin si è servito di questo metodo con la figlia Helen che aveva 9 mesi e ha suggerito che si potrebbero studiare infanti ancora più piccoli osservando un altro tipo di movimento: il dilatarsi o il restringersi della pupilla. Tecniche comportamentali e fisiologiche ·         Tecniche psicofisiologiche: consistono nella registrazione dell’attività elettrica del sistema nervoso centrale, oppure della risposta del sistema nervoso autonomo (cambiamenti della frequenza cardiaca, respiratoria, ritmo di suzione etc.). ·         Tecniche comportamentali: si basano sulla registrazione di comportamenti (osservare più o meno a lungo, ruotare la testa, muovere gli occhi etc.). Entrambe le tecniche sopracitate vengono utilizzate per la ricerca sulle capacità percettive degli infanti e viene scelta quale tra le due è la più adatta a seconda della fascia d’età. Gibson e Walk idearono il precipizio visivo, per studiare la percezione della profondità. Ponevano i bambini tra i 6 e i 14 mesi  su un tavolo coperto da un piano di plexiglass trasparente, sotto il quale era disposto un telo a quadretti e a un certo punto si interrompeva o procedeva bruscamente al precipizio. I bambini arrivati  “sull’orlo del precipizio ”    Tipi di tecniche comportamentali Le principali tecniche comportamentali , che si basano sulla registrazione di comportamenti e possono essere suddivise in quattro categorie: 1. Registrazione dei movimenti oculari: consiste nel registrare i movimenti degli occhi per rilevare se e come un bambino esplora un certo stimolo. 2. Preferenza: consiste nel confrontare il tempo complessivo dedicato all’osservazione di stimoli presentati ripetutamente in coppia. Questa tecnica inventata da Robert Fantz consiste nel far vedere al bambino un foglio con delle striscie bianche e nere  e uno con le completamente grigie. 7 Contrariamente a quanto sostenuto dagli empiristi, la capacità di mettere in relazione informazioni ottenute attraverso organi di senso diversi (udito, vista, tatto) è presente alla nascita e si perfeziona nel primo anno di vita. La precoce capacità di discriminare le percezioni a seconda degli organi di senso coinvolti è attestata dalla specificità dei movimenti con cui i neonati reagiscono a vari stimoli. La coordinazione tra le diverse modalità è rilevata dal fatto che i neonati orientano un organo di senso verso uno stimolo percepito con un organo diverso: allungano il braccio verso ciò che vedono e girano occhi e testa verso ciò che sentono. Essi mostrano così di aspettarsi di poter toccare ciò che vedono e di poter vedere ciò che sentono. Ad appena un mese gli infanti sono in grado di riconoscere con la modalità visiva ciò che hanno percepito soltanto per via tattile. La capacità di coordinazione intermodale si perfeziona rapidamente nel corso dei mesi successivi. A 3-4 mesi gli infanti riconoscono i movimenti delle labbra che corrispondono a un certo parlato e quale espressione del volto corrisponde a un tono di voce gioioso o irato. LO SVILUPPO MOTORIO DALLA NASCITA A DUE ANNI C’è un notevole sfasamento tra lo sviluppo motorio quello percettivo.I neonati possiedono uno scarso controllo dei movimenti , e sono necessari alcuni anni prima che i bambini siano in grado di correre, andare in bicicletta ecc.. L’abilità motoria fondamentale è il controllo posturale, cioè la capacità di contrastare la forza di gravità. Il controllo postulare fa da base alla capacità di muoversi nello spazio (locomozione), e liberando le mani dal compito di appoggiarsi da qualche parte per tenere il corpo in equilibrio , apre la strada allo sviluppo della capacità di prendere e manipolare gli oggetti., denominata motricità fine, perché coinvolge i muscoli delle dita. Controllo posturale e locomozione che coinvolgono i grandi muscoli di collo, schiena, arti, sono invece complessivamente indicati come motricità grossolana. Le tappe dello sviluppo motorio L’ordine con cui le varie abilità vengono acquisite suggerisce che lo sviluppo motorio  segue dei principi generali (gradienti di crescita). ·         Progressione cefalo-caudale: lo sviluppo motorio procede dall’alto in basso. Per esempio, il controllo dei movimenti oculari e del capo precede quello delle braccia e delle mani che a sua volta precede l’uso controllato delle gambe. ·         Progressione prossimo-distale: il controllo dei movimenti procede dal centro del corpo verso le estremità. (spalle,poi gomito, polso e infine mano) ·         Progressione dall’indifferenziato allo specifico: tendenza dei movimenti larghi e grossolani a precedere quelli più fini e coordinati. I determinanti dello sviluppo motorio: eredità o ambiente? La regolarità con cui avviene lo sviluppo motorio e la possibilità di ricondurlo a principi simili a quelli sottostanti allo sviluppo fisico possono suggerire che esso è determinato geneticamente. D’altra parte le ampie variazioni nelle età in cui i bambini raggiungono le varie tappe suggeriscono che l’esperienza abbia un ruolo importante. La controversia eredità-ambiente ha perciò ispirato le prime ricerche sullo sviluppo motorio ma è stata superata dalla teoria dei sistemi.secondo la quale 10 una nuova abilità emerge dalle dinamiche interazioni tra i fattori: la presenza  di altre abilità ; la maturazione del sistema nervoso; cambiamenti nelle proporzioni del corpo o nel rapporto tra a massa grassa e quella muscolare. Le ricerche hanno dimostrato gli effetti dell’esercizio: se gli infanti passano ogni giorno qualche minuto  in posizione prona(a pancia in giù) si anticipa l’età in cui essi cominciano a gattonare ; se possono muovere le gambe perché li si tiene per le  braccia, cominciano a camminare prima. Aiutando lo sviluppo motorio si promuove anche lo sviluppo cognitivo. I bambini che raggiungono più tardi le tappe principali della motricità grossolana ,  a 4 anni saranno più indietro degli altri nello sviluppo cognitivo e linguistico. CAPITOLO 2: LO SVILUPPO COGNITIVO Jean Piaget è uno dei più importanti filosofi del 900. Le sue numerose ricerche coprono il periodo che va dalla nascita all’adolescenza e analizzano: il gioco, l’imitazione , l’intelligenza , l’interazione tra i coetanei ecc,; che hanno un ruolo centrale sia nel senso comune e sia nel pensiero scientifico La teoria empirica di piaget e i suoi studi furono condotti osservando sistematicamente i suoi 3 figli (jacqueline,laurent e Lucienne ).Secondo Piaget, la conoscenza non deriva da una passiva ricezione di stimoli ma dall’azione. Le azioni sono: ·         Motorie: quando comportano dei movimenti del corpo: manipolazione e esplorazione degli oggetti ·         Mentali: Quando consistono nel riprodurre col pensiero degli eventi, confrontare degli oggetti, trasformare delle immagini mentali, contare, calcolare etc. Nel primo anno e mezzo di vita i bambini sanno eseguire solo azioni motorie, poi essi diventano capaci di azioni mentali. Man mano che i bambini crescono le loro azioni, sia motorie che mentali, diventano sempre più differenziate e coordinate. <18 mesi =solo operazioni motorie >18 mesi=sia operazioni motorie che mentali I 4 stadi dello sviluppo cognitivo È possibile identificare quattro stadi diversi: 1. Stadio sensomotorio: dalla nascita ai 2 anni circa. I bambini interagiscono con l’ambiente solo mediante la percezione e le azioni, guidati da  schemi sensomotori (una sorta di piani di azione che collegano percezioni e movimenti )poiché non sono ancora in grado di evocare (mediante il ricordo, il linguaggio, l’immaginazione) oggetti o eventi non presenti percettivamente. 2. Stadio preoperatorio: dai 2 ai 7 anni. Grazie all’interiorizzazione delle azioni si formano degli schemi mentali che consentono di rappresentare mentalmente oggetti ed eventi. Ma il pensiero dei bambini ha qualche limite causato dall’egoismo intellettuale, cioè l’incapacità  di differenziare il proprio punto di vista da quello dgli altri. 11 3. Stadio operatorio concreto: dai 7 agli 11 anni. Molti limiti dello stadio precedente vengono superati grazie alla coordinazione degli schemi mentali in strutture d’insieme. Nell’interazione con i coetanei i bambini sanno cooperare in giochi che richiedono il rispetto di diverse regole. I bambini possono ragionare in termini logici quando si trovano di fronte a problemi concreti (cioè riguardanti oggetti visibili e manipolabili), mentre nei problemi presentati soltanto in forma verbale commettono vari tipi di errori (come quelle algebrici) 4.   Stadio operatorio formale: dopo gli 11-12 anni. Costituisce la tappa più avanzata dello sviluppo dell’intelligenza, nella quale è possibile risolvere non solo problemi presentati in forma verbale, ma anche quelli formulati in modo astratto(come quelle algebrici) Alla base dei processi cognitivi ci sono gli invarianti funzionali, cioè le funzioni che caratterizzano la vita stessa essendo presenti in tutti gli esseri viventi. Essi sono: ·         Organizzazione: riguarda le relazioni tra un organismo e le sue parti, e si manifesta nella tendenza a formare totalità costituite da un numero crescente di parti differenti ed interconnesse. ·         Adattamento: riguarda le relazioni tra un organismo e l’ambiente. L’adattamento può essere suddiviso in due processi complementari: o   Assimilazione: riguarda l’azione dell’organismo sull’ambiente e consiste nell’incorporare qualcosa materialmente(mangiare o respirare) o cognitivamente, come avviene quando si applica  a un oggetto, o mentale o   Accomodamento: riguarda l’azione con cui l’ambiente costringe l’organismo a modificare le azioni ad esso indirizzate (ad esempio imponendo di adeguare i movimenti delle dita all’oggetto che si vuole prendere). Secondo Piaget, l’adattamento c’è quando assimilazione e accomodamento sono in equilibrio, cioè nessuno dei due predomina sull’altro. I bambini sono degli attivi costruttori delle proprie conoscenze. Queste informazioni vengono assimilate a seconda degli stadi di sviluppo, a schemi d’azione motorio interiorizzati , a cencetti e concezioni. Anche le interazioni sociali promuovono lo sviluppo cognitivo costringendo i bambini a confrontarsi con desideri e credenze diversi dai propri, e quindi prendere coscienza delle differenze tra il loro punto di vista e quello degli altri , uscendo così dall’egocentrismo intellettuale. GLI STADI DEL PERIODO SENSOMOTORIO Durante i primi 18 mesi i bambini interagiscono con l’ambiente solo mediante la percezione e le azioni. Piaget ha suddiviso lo stadio sensomotorio in sei sottostadi. I stadio (0 – 1 mesi): Esercizio dei riflessi Le uniche strutture di cui l’infante è dotato alla nascita sono schemi riflessi, cioè coordinazioni neuromuscolari innate, che si modificano man mano che vengono esercitate.Alcuni di questi riflessi rimangono immutati nel corso della vita (es. starnuto) mentre altri scompaiono. Abbiamo poi le azioni congenitamente organizzate ovvero riflessi che si modificano man mano che vengono esercitati, applicati a vari oggetti, integrati gli uni con gli altri, e sono il materiale grazie a cui vengono costruite le strutture di conoscenza. Secondo Piaget, durante il primo mese di vita gli infanti si limitano a esercitare questi schemi in modo isolato l’uno dall’altro: non esiste ancora una coordinazione intermodale. 12 Nel II e III stadio, le azioni acquisite attraverso le reazioni circolari primarie e secondarie possono assumere forma di gioco quando l’infante le esegue per puro piacere, ad esempio emette dei suoni o scuote un sonaglio. Il fatto che si tratti di un gioco è indicato dall’espressione sorridente. Nel IV stadio, l’imitazione si estende anche ai movimenti che l’infante non può vedere su di sé, come aprire e chiudere gli occhi, tirare fuori la lingua, toccarsi il naso. I bambini cominciano inoltre ad imitare movimenti e suoni che non avevano mai eseguito prima per conto proprio, ma che vedono eseguire da altre persone. Per quanto riguarda il gioco, i bambini iniziano a ritualizzare alcuni schemi, cioè ad usarli fuori dal loro contesto abituale. Questo tipo di comportamenti è molto importante perché è il punto di partenza del gioco di finzione , che costituisce una parte considerevole delle attività spontanee dei bambini durante l’età prescolare. Nel V stadio(12-18 mesi), mentre sul piano del gioco continua la costituzione di rituali, novità importanti emergono nell’imitazione: i bambini imitano ora sistematicamente delle azioni per loro nuove, anche quando esse riguardano parti del loro corpo che essi non possono vedere , come mettere la mano sulla fronte, fare marameo, toccarsi la lingua come un dito. Nel IV stadio,(dopo i 18 mesi) la funzione simbolica si manifesta anche nel gioco e nell’imitazione. I bambini diventano capaci di giochi simbolici o di finzione: fingono così di mangiare, bere, dormire, lavarsi. Questi giochi si distinguono dai rituali degli stadi precedenti perché, mentre prima era la vista di un oggetto che induceva i bambini a riprodurre gli schemi ad esso adeguati, ora non è più necessaria una corrispondenza tra gli oggetti usati e lo schema. I bambini possono fingere che un oggetto sia un altro, usando per esempio un cubo come se fosse una tazza, lo trattano cioè come un simbolo.L'imitazione può essere  differita, cioè eseguita per la prima volta a distanza di tempo da quando si è osservato ciò che si imita. Occorre farsi venire in mente ciò che si è visto anche quando questo non è più a disposizione. Questi stadi secondo piaget , sono paralleli e sincroni rispetto a quelli dello sviluppo dell’intelligenza e quelli relativi alle categorie che organizzano l’esperienza della realtà. I RISULTATI DELLE RICERCHE PIÙ RECENTI Le ricerche più recenti hanno identificato già nei neonati o in infanti di pochi mesi abilità che secondo Piaget emergono più tardi. Già nei primi giorni di vita i bambini mostrano una sorprendente predisposizione ad imitare. La costanza della forma e della dimensione e la coordinazione intermodale sono talmente precoci che sono da considerarsi  una predisposizione innata. Il metodo della violazione dell’aspettativa, basato su abituazione e disabituazione, ha minato l’idea che gli infanti siano privi della nozione di oggetto, dimostrando che già a 4 mesi essi si aspettano che un oggetto rimanga dove è stato messo, anche se non lo vedono più, e sembrano sorpresi se questo non avviene. Altre ricerche condotte con il metodo della violazione dell’aspettativa hanno suggerito che gli infanti già verso i 6 mesi possiedono numerose conoscenze, tra cui quella dei rapporti di causa- effetto, e che distinguono tra causalità psicologica e causalità meccanica. Essi dunque non si trovano in quello stato di indifferenziazione tra sé e realtà esterna che secondo Piaget caratterizza i primi stadi del periodo sensomotorio. 15 Il metodo della violazione dell’aspettativa e i risultati con esso conseguiti sono però controversi. Distinzione tra: ·         Nativismo dello stato finale: le nozioni che formano il cardine del pensiero umano sono innate nella loro versione adulta e si manifestano già nei primi mesi di vita. ·         Nativismo dello stato iniziale: ciò che è innato sono solo delle versioni più primitive delle nozioni che formano il cardine del pensiero umano e gli strumenti cognitivi per trasformarle sulla base dell’esperienza. La conoscenza del mondo mentale Alcuni studiosi suppongono che i bambini vengano già al mondo dotati di sistema per il ragionamento logico grazie al quale nei primi 2 anni di vita sviluppano la  capacità di dare senso alle azioni delle persone LO SVILUPPO COGNITIVO SECONDO L’APPROCCIO DELL’ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE (HIP) HIP = Human Information Processing = Elaborazione delle informazioni nell’uomo. Seguendo la metafora del computer, molti studiosi paragonano i processi cognitivi ad una elaborazione di dati ottenuti sul momento dagli organi di senso, o recuperati dalla memoria, che avviene seguendo le istruzioni di diversi programmi. La spiegazione di una certa prestazione cognitiva consiste perciò nell’individuazione del programma seguito nel realizzarla. L’approccio HIP ha anche richiamato l’attenzione sui diversi magazzini di memoria che negli essri umani , come nei computer, conservano le informazioni per diversi lassi di tempo: da quello , molto breve , necessario per portare al termine una certa prestazione , a quello molto lungo che caratterizza le conoscenze permanenti.  Memoria a lungo termine (MLT) Qui si trovano tutte le conoscenze che accumuliamo durante il corso della nostra vita e tutti i programmi che dirigono le nostre attività.Per poter essere utilizzati, questi programmi devono essere attivati. In alcuni casi ciò avviene ponendoli nel magazzino a breve termine.I registri sensoriali  sono associati ai vari organi di senso e conservano per alcune frazioni di secondo un’immagine esatta dello stimolo, come se la stimolazione stesse ancora continuando Memoria a breve termine (MBT) Viene così chiamata perché le informazioni che contiene hanno una breve durata: qualche decina di secondi, dopo di che scompaiono. La Memoria a breve termine ha 2 funzioni principali: ·         Costituire una specie di stazione transito per le informazioni proveniente dall’ambiente , prima che si trasformino in tracce permanenti nella MLT ·         Contenere le informazioni ricavate dalla MLT, che devono interagire con quelle proveniente dall’ambiente  nella soluzione di vari problemi: essa funziona cioè come una memoria di servizio o di lavoro. 16 Il contenuto della memoria a breve termine  corrisponde a  ciò che di cui siamo coscienti in un certo momento. Nelle successive elaborazioni di questo modello , la MBT è stata sostituita dalla memoria di lavoro , una struttura complessa, articolata in diverse componenti :  preposti alla conservazione di informazioni ci sono :  il taccuino visuo-spaziale  per quelle visive,  il ciclo(o loop) articolatorio per suoni e parole, ·         il buffer episodico, interfacciato con entrambi , in cui si integrano informazioni multimodali, ad esempio nella rappresentazione di una persona che gesticola e parla. L’elaborazione delle informazioni , il controllo dell’attenzione e l’integrazione delle informazioni in ingresso con quelle attivate dalla MLT vengono dirette dall’esecutivo centrale che coordina le funzioni esecutive. Attenzione Fin dai primi giorni di vita è presente l’attenzione selettiva , cioè la capacità di selezionare solo alcuni tra gli stimoli offerti dall’ambiente. Dapprima gli infanti prestano attenzione soprattutto ai contorni delle figure, ma a partire dal secondo mese iniziano a esaminarne anche le parti interne. Man mano che il comportamento diventa sempre più intenzionale e si organizza in sequenze che richiedono diversi passi per il conseguimento di uno scopo, aumenta anche la capacità degli infanti di resistere agli stimoli che potrebbero distrarli dalle attività in cui sono impegnati. Tra i 6 e i 9 mesi aumenta così la durata dell’attenzione sostenuta, ovvero la quantità di tempo per cui i bambini riescono a concentrarsi su un certo compito o oggetto. Essa si manifesta con la diminuzione della frequenza cardiaca e dei movimenti del corpo ,un’espressione concentrata e  la resistenza ai distrattori. Memoria Il fatto che i neonati reagiscano alla lingua materna, udita mentre si trovavano ancora nell’utero, in modo differente rispetto a una lingua straniera mai sentita prima, dimostra che la memoria esiste già nel feto. Alcuni studi sulla memoria negli infanti si sono serviti di tecniche basate su abituazione e disabituazione che consentono di verificare se e quanto a lungo un infante è in grado di ricordare uno stimolo visivo o acustico: si è visto che i neonati riconoscono una parola 24 ore dopo averla udita e, un evento di brevissima durata vissuto a 6 mesi può essere ricordato per più di 2 anni. Questi dati implicano una precoce presenza di memoria implicita che si manifesta soltanto nel comportamento o nel sentimento di familiarità, senza che il suo contenuto sia accessibile alla coscienza. Piaget aveva riscontrato questo tipo di memoria nei primi mesi di vita nel riconoscimento di persone e oggetti familiari. Molto più difficile è stabilire la presenza di una memoria esplicita negli infanti che non sanno parlare, perché le prove usate di solito con adulti e bambini più grandi coinvolgono la rievocazione, ossia la riproduzione di uno stimolo mediante denominazione, descrizione, disegno. 17 CAPITOLO 3.  LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO ORIENTAMENTI TEORICI NELLO STUDIO DELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO La comunicazione verbale è l’insieme  di: ·         Competenza linguistica: di cui fanno parte le abilità necessarie a comprendere e produrre delle frasi significative e ben formate(corrispondenti alle regole grammaticali) ·         Competenza comunicativa: che include le abilità grazie a cui tali frasi possono essere usate in modo appropriato in vari contesti e interazioni sociali. Una lingua è un sistema formato da poche decine di unità minime prive di significato (i fonemi), la cui combinazione dà origine a decine di migliaia di unità più grandi fornite di significato (morfemi e parole). Morfemi e parole a loro volta possono essere combinati, seguendo un insieme finito di regole (morfologiche e sintattiche), in modo da generare un numero infinito di frasi, che a loro volta possono essere combinate in discorsi e testi. Già a 4-5 anni i bambini conoscono migliaia di parole e sono in grado di produrre migliaia di frasi diverse, alcune delle quali mai sentite prima. Questo vuol dire che i bambini possiedono un dizionario(o lessico) mentale. Inoltre, per parlare i bambini devono possedere una sintassi, cioè un insieme di regole che presiedono alla costruzione delle frasi. Gli approcci ambientalista e nativista al linguaggio e alla sua acquisizione Verso la fine degli anni 50, lo sviluppo del linguaggio è stato coinvolto nella controversia natura- cultura, che ha stimolato una grande quantità di ricerche. Il versante cultura fu rappresentato dallo psicologo comportamentista Skinner che espose la tesi secondo cui il linguaggio è appreso grazie ai medesimi meccanismi che presiedono ad ogni altra forma di apprendimento, cioè il modellaggio, l’imitazione e il rinforzo. Il versante natura fu invece rappresentato dal linguista Noam Chomsky, secondo il quale il linguaggio si base su meccanismi ad esso specifici,(cioè preposti soltanto all’analisi delle frasi) innati e propri solo dell’uomo. Secondo Chomsky, al di là delle vistose differenze di fonologia e lessico, tutte le lingue condividono molti aspetti. In tutte le lingue possiamo identificare degli elementi che corrispondono a verbo, oggetto e soggetto. I principi universali ,o Grammatica universale, comuni a tutte le lingue, sono innati e diventano attivi quando maturano i circuiti cerebrali ad essi corrispondenti. I bambini non hanno dunque bisogno di impararli. Ci sono poi degli aspetti variabili, chiamati parametri. Ogni parametro ha già un insieme prefissato di valori, e il bambini deve scoprire quale si applica alla lingua che sta imparando. Per questo è necessaria l’esperienza: il bambino deve sentire la lingua. Questo processo, chiamato fissazione di parametri, è molto diverso dall’apprendimento associativo, perché i valori che i parametri possono assumere sono già prefissati, come un ventaglio di alternative o di ipotesi tra cui il bambino sceglie. L’apprendimento associativo, consiste invece nel riprodurre delle configurazioni che si presentano con regolarità 20 Il punto di vista costruttivista L’alternativa attuale al nativismo è il costruttivismo. Esso sostiene che all’acquisizione del linguaggio concorre una serie di processi e abilità che non sono propri del dominio linguistico ma derivano dall’integrazione e ricombinazione delle strutture che sottendono ad altre abilità cognitive, percettive, sociali e affettive. LO SVILUPPO FONOLOGICO Periodo prelinguistico I neonati riescono a distinguere non solo singoli suoni molto simili (per esempio, distinguono PA da BA), ma distinguono anche le caratteristiche prosodiche dei discorsi cioè l’intonazione, l’andamento melodico, il ritmo, le pause.  I neonati sono invece incapaci di produrre suoni linguistici. Nel primo mese di vita essi riescono solo a piangere ed emettere suoni riflessi e vegetativi come ruttini, sospiri, sbadigli e starnuti. I processi sottostanti allo sviluppo fonologico Diversi sono gli ostacoli che impediscono ai neonati di produrre suoni linguistici, ovvero vocali e consonanti. C’è innanzitutto l’immaturità di alcuni degli organi coinvolti nella fonazione: il tratto vocale del neonato (cavità orale, faringe, laringe) presenta infatti caratteristiche anatomiche diverse da quelle dell’adulto, riguardo sia alle dimensioni che alla forma. Il tratto vocale si modifica notevolmente nel primo anno di vita, e questo amplia progressivamente la gamma di suoni che l’infante è in grado di emettere. L’altro ostacolo riguarda la memoria di lavoro: per ripetere una parola occorre identificare e memorizzare l’esatta sequenza di suoni di cui è composta e tenerla attiva il tempo necessario alla riproduzione. Lo sviluppo fonologico riflette il progressivo superamento di questi due ostacoli, e richiede un consistente lasso di tempo: fino a 5-6 anni i bambini possono, infatti, avere ancora qualche difficoltà a pronunciare certe parole. Lo sviluppo fonologico nel periodo prelinguistico Lo sviluppo fonologico, ovvero l’acquisizione dei suoni della propria lingua madre, avviene nei bambini attraverso una sequenza di fasi suddivise in due periodi: ·         Periodo prelinguistico: antecedente alla comparsa della prima parola ·         Periodo linguistico: successivo la comparsa della prima parola. Il periodo prelinguistico inizia con la fase dei suoni vegetativi, che comprende le prime settimane di vita. Verso i 2 mesi inizia la fase delle vocalizzazioni non di pianto: i bambini emettono dei suoni vocalici quando sono contenti, e in particolare nelle interazioni sociali con la madre e le altre persone. La varietà di queste vocali aumenta verso i 4 mesi e ad esse si aggiungono alcune consonanti. Verso i 7 mesi compaiono le prime sillabe (consonante + vocale) o sequenze di sillabe. È questa la fase della lallazione canonica. La lallazione sembra avere una origine innata: essa si manifesta anche nei bambini sordi dalla nascita, incapaci quindi di sentire e riprodurre i suoni, e inizialmente comprende anche dei suoni assenti dal linguaggio parlato nell’ambiente del bambino. Verso i 10-12 mesi, l’infante entra nell’ultima fase dello sviluppo fonologico preverbale, quella della lallazione variata. La gamma di suoni si amplia, risentendo anche dell’influsso ambientale: scompaiono infatti quelli non appartenenti alla lingua madre, cominciano ad alternarsi sillabe diverse, dando origine a delle sequenze che somigliano a vere e proprie parole, e l’intonazione e il 21 ritmo diventano quelli del linguaggio adulto. È dunque in questo periodo che le lallazioni dei bambini cominciano a differenziarsi, a seconda della lingua parlata dagli adulti. Ed è in questo periodo che i bambini raggiungono una tappa di fondamentale importanza, pronunciando la loro prima parola. Lo sviluppo fonologico nel periodo linguistico Con la comparsa delle prime parole e i successivi e rapidi sviluppi del lessico, i bambini cercano sempre più spesso di imitare le parole che sentono dire. Alcune sono formate da sequenze CVCV (C= consonante; V = vocale) simili a quelle in cui essi si erano a lungo esercitati con la lallazione, ma altre contengono strutture sillabiche complesse (ad esempio, CCV), o suoni che il bambino non sa ancora pronunciare (come F, S, SC, R, GL) perché richiedono una precisa coordinazione di corde vocali, denti e lingua. Gli adulti cercano di aiutare i bambini sostituendo le parole più lunghe o i suoni più difficili da pronunciare con parole più semplici. I bambini a loro volta usano spontaneamente delle strategie di linguaggio. A 3 anni la maggior parte dei bambini italiani padroneggia tutti i fonemi della lingua italiana. Tuttavia diversi bambini continuano ad incontrare delle difficoltà, e sostituiscono qualche consonante la cui articolazione è più complessa con altre più semplici (tipica è la sostituzione della R con la L). DALLA COMUNICAZIONE PRE-VERBALE A QUELLA VERBALE Verso i 12 mesi, quando compare la prima parola, il bambino ha già acquisito una serie di abilità comunicative, grazie ad una fitta sequenza di scambi con le persone che gli stanno vicino. L’alternanza di turni Gli infanti mostrano, nell’interagire con l’adulto, un’alternanza regolare tra attenzione e non attenzione che ha basi biologiche e sembra svolgere diverse funzioni adattative. Dal punto di vista del bambino, allentare l’attenzione di tanto in tanto evita un sovraccarico di stimolazioni; dal punto di vista dell’adulto, ciò rende il bambino prevedibile e facilita l’interazione(come per esempio durante l’allattamento) Inizialmente, questi pseudo dialoghi sono dovuti interamente all’iniziativa dell’adulto, che regola le proprie azioni o il proprio discorso in modo da riempire i vuoti nel comportamento dell’infante, il quale contribuisce al mantenimento dell’interazione solo con la sua disposizione biologica alla ritmicità. Verso la fine del primo anno di vita, tuttavia, i bambini sembrano aver già acquisito attivamente la regola dei “turni” e sono in grado di utilizzare a propria volta le pause che la madre introduce tra una frase e l’altra per inserire delle vocalizzazioni. Protoconversazioni o pseudodialoghi Verso i 2 mesi abbiamo le prime interazioni sociali. L’infante e la persona adulta si scambiano a turno mimiche facciali e vocali coordinate e a tonalità emotiva positiva , influendo ciascuno sulle emozioni dell'altro e motivandolo a perseguire l’interazione. Si tratta di interazioni diadiche, che coinvolgono solo i 2 partecipanti e non si riferiscono a oggetti o eventi esterni alla diade. (esperimento still face, pagina 102) Dalla comunicazione preintenzionale a quella linguistica Durante i primi mesi, pur trasmettendo delle informazioni, i suoni i gesti e le smorfie del bambino non sono ancora intenzionalmente comunicativi, perché non sono eseguiti allo scopo di raggiungere 22 I bambini italiani non possono acquisire il lessico senza acquisire contemporaneamente qualche elemento di morfologia; nella nostra lingua infatti, a differenza di altre, le parole non compaiono quasi mai in forma di semplici radici, ma contengono dei suffissi che ne indicano genere e numero (ad esempio bambino, bambina, bambini, bambine) se si tratta di nomi e aggettivi, oppure, nel caso dei verbi, il modo e la persona. Tra i due e i tre anni gli enunciati di due parole diventano sempre più frequenti, mentre diminuiscono parallelamente quelli di una sola parola e compaiono preposizioni, articoli, congiunzioni, avverbi. Entro i 3 anni e mezzo, quasi tutti i bambini sanno ripetere correttamente delle frasi pronunciate da un adulto senza ometterne delle parti. Per quanto riguarda i modi e le forme temporali dei verbi, i primi a comparire sono il presente indicativo e l’imperativo, seguiti dal passato e da ultimo il futuro. Con l’uso più frequente dei verbi cominciano a comparire dei nuclei frasali, cioè espressioni composte da un verbo insieme a uno o più nomi ed eventualmente aggettivi. Le prime a comparire sono le subordinate argomentali implicite, in cui la proposizione subordinata è all’infinito. Successivamente compaiono subordinate argomentali esplicite, in cui la subordinata non è più all’infinito. Il bambino usa l’imperfetto per il gioco sociodrammatico. Secondo la psicolinguista Elissa Newport , un motivo per cui i bambini imparano le lingue con più facilità degli adolescenti  e degli adulti potrebbe risiedere nella minore capacità della loro memoria di lavoro , che li costringe a prestare attenzione solo a sequenze brevi e perciò più facili da analizzare. Il linguaggio come strumento di pensiero e autoregolazione Secondo Lev S. Vygotskij, il linguaggio è lo strumento più avanzato per comunicare con se stessi parlando tra sé e sé a voce o solo con il pensiero, codificare e organizzare i propri ricordi, guidare il proprio comportamento. Secondo Piaget, ascoltando i bambini è possibile distinguere 2 gruppi di frasi: il linguaggio egocentrico e il linguaggio socializzato. Il linguaggio egocentrico Nel linguaggio egocentrico , il bambino non si preoccupa di essere ascoltato , Parla per se stesso e non cerca in alcun modo di porsi dal punto di vista dell’interlocutore. Il linguaggio egocentrico comprende le ecolie(ripetizioni di parole o sillabe che il bambino sente dire da un altro ) e i monologhi, cioè i discorsi che il bambino fa per sé come se pensasse ad alta voce . Sia quando si trova da solo , sia in gruppo, ognuno parla per conto proprio , senza curarsi di essere ascoltato , capito e di ricevere risposta (monologo a 2 e collettivo) Il linguaggio socializzato Il linguaggio socializzato comprende invece le locuzioni volte  a scambiare il proprio pensiero con gli altri, a chiedere e fornire informazioni , o a influire sul comportamento altrui. Il linguaggio socializzato comprende l’informazione adattata, cioè comprensibile a chi ascolta. Dai 3 ai 7 anni , la proporzione di linguaggio egocentrico diminuisce drasticamente , di pari passo con l’aumentare del linguaggio socializzato. 25 Secondo Vygotskij, se il linguaggio egocentrico è semplicemente una manifestazione dell’egocentrismo intellettuale, esso non svolge alcuna funzione oggettivamente importante, necessaria al comportamento del bambino. La produzione di monologhi aumenta fino a raddoppiare quando i bambini in età prescolare si trovano di fronte a delle difficoltà, ad esempio quando devono disegnare ma non hanno tutto il materiale necessario ; in questi casi il linguaggio egocentrico serve a comprendere la situazione , a cercare di risolverla e a pianificare il comportamento. Il linguaggio egocentrico è una forma transitoria dal linguaggio esterno al linguaggio interno. L’espressione linguaggio egocentrico è stata sostituita con linguaggio privato , priva di connotazione negative. RIEVOCAZIONE VERBALE Stile elaborativo Alcune madri usano questo stile per stimolare i bambini: pongono domande aperte e  inclusione di varie componenti (chi, cosa) , nella narrazione che si sta intessendo;aggiunta di informazioni, quando i bambini non sanno rispondere, in modo da mantenere viva la conversazione Stile ripetitivo Qui le mamme fanno domande chiuse, non aggiungono informazioni quando il bambino e la bambina non rispondono , e così la rievocazione non si prolunga e non si arricchisce. Quelli che hanno sperimentato lo stile elaborativo producono delle rievocazioni più dettagliate e meglio integrate. La memoria autobiografica  La memoria episodica di eventi  della propria vita si tradurrà in memoria autobiografica. L’abilità non solo di rappresentare sé stessi , ma anche di collegare il Sé presente con un Sè passato si sviluppa gradualmente , e così pure quella di ordinare gli eventi in una successione temporale. Un aspetto della memoria autobiografica che ha colpito freud , ha richiamato l’attenzione degli studiosi successivi , è l'incapacità degli adulti di ricordare episodi della prorpia infanzia e fancioullezza. Questa incapacità che freud ha denominato amnesia infantile , si estenderebbe fino ai 6-8 anni e sarebbe dovuta alla rimozione che , dopo il superamento del complesso edipico , colpirebbe le vicende che l’hanno accompagnato e preceduto   CAPITOLO 4: LO SVILUPPO EMOTIVO LO SVILUPPO DEL SÉ Durante i primi due anni, assieme alla conoscenza della realtà esterna ha inizio nell’infante quella della realtà interna, ovvero il proprio Sé. Piaget non ha offerto alcuna trattazione sistematica di questo argomento; il Sé è invece affrontato da diversi altri psicologi. Che cos’è il Sé? L’istanza psicologica che consente a ciascuno di noi di integrare le proprie esperienze, sia tracciando un confine tra individuo e resto del mondo, sia assicurando la continuità tra esperienze che avvengono in momenti diversi. In sintesi, il Sé è ciò che ci consente di definire noi stessi e la realtà esterna. 26 Il sé e le sue articolazioni William James ha analizzato il sé e lo ha distinto in varie componenti: ·         Il sé materiale: costituito dal nostro corpo e dalle cose che ci appartengono (case, abiti, famiglia e amici) ·         I sé sociali: costituiti dalle immagini di noi che ci vengono trasmesse dalle persone che conosciamo e che a loro volta dipendono dall’aspetto di noi stessi che facciamo di volta in volta vedere  agli altri ·         Il sé spirituale: che comprende le capacità e le disposizioni che a nostro avviso ci caratterizzano(i nostri valori, i nostri gusti e le nostre capacità) ·         I sé possibili o potenziali, cioè i diversi tipi di personaggio che una persona si raffigura per scegliere quello da impersonare, o le potenzialità che pensa di avere, le mete che si prefigge di raggiungere   James ha poi introdotto i sentimenti rivolti al sé (self-feeling ) che possono essere raggruppati in 2 classi opposte: 1.  Nella prima: autocompiacimento, orgoglio,vanità arroganza, autostima 2.  Nella seconda: vergogna , umiltà mortificazione , modestia L’autostima(self-regard), è una sorta di tonalità media dei sentimenti che una persona nutre nei propri confronti, deriva dal rapporto tra successi e aspirazioni. Susan Harter ha articolato il concetto di autostima distinguendone 2 tipi: 1.  Una genuina e stabile, che nasce dal riconoscimento dei propri punti di forza e di debolezza e dall’accettazione dei propri limiti 2.  Una contingente,basata sull’approvazione degli altri , deliberatamente cercata anche esibendo qualità che non si possiedono e perciò fluttuante Il Sé presimbolico L’idea che gli inizi della vita umana non siano caratterizzati dallo stato di indifferenziazione tra sé e realtà esterna postulato da Piaget, è alla base delle ricerche attuali sullo sviluppo del Sé. Diversi studiosi parlano di un Sé presimbolico, che è presente già nel neonato, e costituisce la sede dell’esperienza percettiva ed emotiva e dei processi autoregolatori con cui l’organismo reagisce alle variazioni ambientali. Non si tratta ancora di coscienza di sé, ma solo di un’esperienza di tipo intuitivo-affettivo: è quello che chiamiamo “Io ” che traccia la prima distinzione tra Sé e altro, non il Me, che farà la sua comparsa solo successivamente Secondo Rochat e Striano, la capacità di cogliere invarianti intermodali è alla base del senso di Sé come agente, che si sviluppa negli infanti parallelamente alla conoscenza implicita del Sé corporeo (i bambini possiedono uno schema del proprio corpo), grazie alla percezione della contemporaneità dei loro movimenti e di eventi visivi o sonori che coinvolgono entità diverse dal Sé. La conoscenza dei propri organi sessuali, avviene quando a seguito delle normali cure (bagnetto, cambio) il bambino al tocco di uno dei genitori ha delle risposte genitali riflesse(erezione del pene o del clitoride, o la lubrificazione della vagina ), e ciò può avvenire già dai primi giorni di vita. Già nell’infanzia i bambini hanno esperienze di piacere legate a quelle di parti del corpo che Freud ha definito come “zone erogene ”(bocca, mucosa, anale, genitali esterni ) e ben presto saranno in 27 Approccio funzionale o organizzazionale: è stato proposto di recente e media tra le due teorie precedenti. L’organizzazione generale delle emozioni è presente in forma rudimentale poco dopo la nascita, ma tutte le sue componenti si sviluppano, diventando più complesse, differenziate e regolate, grazie a dei processi simili a quelli che presiedono lo sviluppo cognitivo. Verso i 7-8 mesi, quando si è formato un attaccamento vero e proprio nei confronti di una persona, il bambino comincia a reagire con apprensione e pianto se questa si allontana. Bowlby e altri studiosi distinguono questa reazione dal generico dispiacere chiamandola angoscia da separazione. Essa svolge un’importante funzione adattativa: impedisce, infatti, che i bambini si allontanino per propria iniziativa dalle figure di attaccamento, limitando così le situazioni di pericolo in cui si possono imbattere. La comparsa di emozioni sociali o autocoscienti Man mano che si sviluppa la capacità di prevedere o ricordare, compaiono quelle emozioni che richiedono un confronto tra una situazione presente e una rievocata o prevista. Si allarga così la gamma di situazioni in cui i bambini manifestano le emozioni fondamentali. La gioia ad esempio , viene sperimentata sempre più spesso quando i bambini portano a termine con successo un’azione intrapresa . Alla gioia della riuscita fanno da contrappunto il dispiacere e la frustrazione del fallimento . Queste reazioni indicano che i bambini confrontano la propria prestazione (cioè la situazione presente )con un obiettivo, che deve perciò essere evocato mentalmente . Questi cambiamenti aprono la strada alle emozioni sociali o autocoscienti. Perché queste emozioni possano manifestarsi deve prima essere conseguita una consapevolezza di sé. Questa consapevolezza rende possibile una prima serie di emozioni sociali, le cosiddette emozioni esposte (imbarazzo, invidia, gelosia ed empatia). Le emozioni esposte richiedono che si rivolga l’attenzione su se stessi, esponendo il proprio Sé allo sguardo proprio o altrui. Un altro importante gruppo di emozioni sociali è costituito dalle emozioni autocoscienti valutative (orgoglio, senso di colpa, vergogna). Esse sono originate da un confronto tra un proprio comportamento e delle norme sociali. Proviamo orgoglio, quando riteniamo di esserci comportati bene o di aver raggiunto un risultato positivo , in conformità a qualche norma o standard sociale; l’orgoglio è una situazione piacevole che ci induce non solo a sentirci contenti, ma anche a migliorare la nostra autostima e a ripetere in futuro il comportamento che ci ha portato al successo.: esso costituisce perciò un rinforzo positivo. Proviamo senso di colpa e vergogna , quando pensiamo di esserci comportati male . Sono emozioni spiacevoli , e funzionano come punizioni e deterrenti dal ripetere le azioni che le hanno suscitate. Le emozioni autovalutative e i comportamenti di autoregolazione compaiono nella maggior parte dei bambini dopo la capacità di riconoscersi e di descriversi, e hanno uno sviluppo più lento. La regolazione delle emozioni Durante il primo anno di vita i bambini possono fare ben poco per regolare le proprie emozioni, cioè per evitare quelle piacevoli o attenuarne l’intensità, o per provarne di piacevoli. Questa regolazione viene esercitata soprattutto dai genitori che cercano di prevenire le situazioni di disagio e sofferenza e di calmare i bambini quando piangono o sono agitati. 30 Le carezze, o più in generale la stimolazione tattile  , come quella prodotta da messaggi o da un contatto affettuoso corpo a corpo , provocano a tutte le età, una serie di reazioni fisiologiche e biochimiche : frequenza cardiaca ,pressione e cortisolo(l’ormone dello stress) diminuiscono, mentre aumentano serotonina e ossitocina , ormoni collegati a sensazioni di benessere e questo induce rilassamento e attenuazione del dolore. Le capacità di autoregolazione delle emozioni migliorano in parallelo con lo sviluppo di capacità che consentono ai bambini un controllo attivo sugli stimoli. Ad esempio, a 9 mesi i bambini reagiscono in modo diverso all’avvicinarsi di un estraneo, a seconda che si trovino seduti su una sedia troppo alta da poter scendere, oppure liberi di gattonare sul pavimento: nel primo caso scoppiano a piangere, nel secondo si limitano ad allontanarsi. L’acquisizione del linguaggio consente ai bambini di parlare anche delle loro emozioni, spesso avviene a 3 anni. Inizia così una comunicazione sulle emozioni che aiuterà i bambini a comprendere meglio cosa le provoca e come fronteggiarle. La comprensione delle espressioni Comprendere le emozioni è perciò una componente necessaria per interagire efficacemente con gli altri evitando di ferirli o di farli arrabbiare , suscitando interesse, simpatia , gioia. Numerose ricerche mostrano che entro il primo anno di vita gli infanti comprendono le espressioni delle emozioni fondamentali e ne sono influenzati. Già a 10 settimane i bambini reagiscono in modo diverso a seconda che la madre assuma un’espressione di gioia, collera o tristezza. Negli infanti di 10 mesi l’espressione della madre influenza anche l’interazione con gli oggetti: se essa denota tristezza, il bambino gioca di meno. Le espressioni emotive delle persone a più diretto contatto con i bambini possono dunque precocemente influire non solo sulle emozioni che essi stessi provano, ma anche sulla loro disponibilità ad esplorare l’ambiente. La mobilità dei bambini non solo fornisce ai genitori l’occasione per esprimere con crescente frequenza paura e rabbia , ma li induce anche a imporre proibizioni e comandi con le parole , il tono della voce , l’espressione del volto , oppure spostando di peso il figlioletto. L’efficacia comunicativa delle espressioni dei genitori aumenta quando, verso i 12 mesi, i bambini comprendono che le emozioni hanno un carattere referenziale: si è contenti, tristi, spaventati o arrabbiati per qualcosa. Le espressioni, attraverso il riferimento sociale diventano così una fonte di informazione sulle situazioni o gli oggetti a cui sono rivolte. Ad esempio, in presenza di una persona o di un oggetto mai visti prima, il bambino osserva la madre e, a seconda che ella manifesti diffidenza, ripugnanza, paura o al contrario emozioni positive, tenderà ad avvicinarsi o ritirarsi. Lo sviluppo dell’empatia Secondo Darwin, la precoce reattività infantile alle emozioni altrui indica che esiste negli esseri umani una capacità innata di comprendere le espressioni emotive(istinto simpatetico o contagio emotivo), che ci spinge a provare emozioni simili. Alcuni psicologi usano il termine empatia per riferirsi in generale alle emozioni indotte da quelle altrui. 31 Distinzione tra: ·         Simpatia: un bambino o un adulto, oltre ad essere consapevole che le proprie emozioni derivano da quelle di un’altra persona, dirige su di essa la propria attenzione preoccupandosi per lei. ·         Disagio personale: il bambino o l’adulto rivolge la propria attenzione a se stesso e alla propria sofferenza, pur essendo consapevole che è provocata da quella altrui. Nel primo anno di vita i bambini sperimentano solo il contagio emotivo, ovvero non hanno consapevolezza della natura sostitutiva della propria emozione. I bambini più piccoli mostrano soprattutto segni di sofferenza personale, mentre a partire dai 15 mesi si fanno sempre più frequenti i tentativi di consolare la vittima o riparare la malefatta. I bambini più piccoli si limitano ad avvicinarsi alla vittima, toccarla, darle colpetti affettuosi; quelli più grandicelli offrono oggetti, chiamano qualcuno in aiuto, esprimono a parole la propria partecipazione. I meccanismi che determinano risposte empatiche alla condizione altrui Secondo Martin Hoffman, lo sviluppo contemporaneo che ha dato impulso alle ricerche sull’empatia, ci sono vari meccanismi che ci fanno reagire emotivamente alla situazione di un’altra persona: ·         Contagio, risposte innate a certi tipi di stimoli scatenanti come il pianto ·         Condizionamento classico ·         Associazione tra ciò che accade all’ altra persona e una propria esperienza dolorosa ·         Immaginare di essere nei panni di un’altra persona, immaginando cosa si sente. L’ORIGINE DELLE DIFFERENZE INDIVIDUALI Oltre a presentare differenze connesse all’età, le emozioni e la loro regolazione variano molto da un individuo all’altro. È a queste differenze che ci riferiamo dicendo che una persona è timida, paurosa, temeraria, allegra, aggressiva, calma, controllata etc. Quali sono i criteri che permettono di considerare certe caratteristiche come tratti temperamentali? 1.  Appartenenza a uno dei seguenti domini: emotività, attività , attenzione e sensibilità sensoriale 2.  Manifestazioni misurabili in termini di intensità di risposta, tempi di latenza, durata, soglia e tempo di recupero 3.  Comparsa precoce(parziale nell’infanzia e completa entro l’età prescolare 4.  Corrispondenza nel mondo animale(primati e alcuni mammiferi , come il cane) 5.  Stretto anche se complesso, legame con meccanismi biologici (neurochimici, neuroanatomici, genetici ) 6.  Persistenza a lungo termine, con esiti concettualmente coerenti(ad esempio, l’inibizione precoce dovrebbe predire disturbi internalizzanti, quali ansia o ritiro sociale , mentre un'infanzia difficile da gestire dovrebbe essere a rischio per disturbi esternalizzanti, come aggressività o delinquenza) 32 quelli del sesso e dell’alimentazione, rivolto al mantenimento della vicinanza con uno o più individui particolari. (esperimento Harry Harlow , scimmietta di pezza  e scimmietta metallica) La teoria dell’attaccamento considera la propensione a stringere relazioni emotive intime con particolari individui come una componente di base della natura umana, già presente in forma germinale nel neonato e che permane durante la vita adulta e la vecchiaia. LE FASI DI SVILUPPO DEL COMPORTAMENTO DI ATTACCAMENTO Perché ci sia un comportamento di attaccamento, il bambino deve distinguere le persone che sono attorno a loro, formare una preferenza per una o più di esse, e disporre dei mezzi per  mantenersi vicine(cioè comportamenti di segnalazione, come pianto , sorriso , lallazione) oppure  per avvicinarsi essi stessi(cioè comportamenti di avvicinamento, come muoversi gattoni, camminare, aggrapparsi, succhiare) L’immaturità motoria che caratterizza i primi mesi di vita limita i comportamenti di avvicinamento dell’infante alla suzione non alimentare e alla prensione, che possono essere messe in atto solo quando l’adulto è già vicino. Tuttavia, con il pianto gli infanti hanno a disposizione già alla nascita un mezzo potentissimo per far accorrere la madre o il padre, e il sorriso e i vocalizzi seguiranno nel giro di poche settimane. Il legame di attaccamento si instaura gradualmente attraverso un processo composto da varie fasi (Rudolf Schaffer): 1.  Preattaccamento (0-3 mesi): l’infante manifesta un interesse per la voce e per il volto umani, senza distinguere ancora una persona dall’altra, e mette in atto una serie di comportamenti richiamo che provocano l’avvicinamento delle persone (pianto) e mantengono la vicinanza (sorriso, vocalizzi). 2.  Attaccamento in formazione (3-8 mesi): il bambino continua a manifestare interesse per le persone e piacere nell’interagire con esse, ma ora queste reazioni sono più intense nei confronti della madre e di altre persone familiari. Tuttavia, quando la madre si allontana i bambini non protestano né mostrano segni di sofferenza. 3.  Attaccamento vero e proprio (8 mesi – 2/3 anni): con l’inizio della locomozione i bambini cominciano ad esplorare l’ambiente e hanno dei mezzi più efficaci per mantenere la vicinanza con la madre. Quando essa è presente la usano come base sicura (non si allontanano mai da lei oltre una certa distanza), se invece la madre si allontana interviene l’ansia da separazione. 4.  Formazione di un rapporto reciproco (dai 3 anni in poi): i progressi nella sfera cognitiva e linguistica consentono ai bambini di arricchire la propria rappresentazione delle figure di attaccamento con delle idee sempre più elaborate sui loro pensieri e i loro desideri. Questi progressi offrono nuovi mezzi per mantenere la vicinanza: richieste verbali, minacce, negoziazioni, tentativi di persuasione etc. 5.  Ulteriori sviluppi dell’attaccamento: la capacità di capire i motivi dell’allontanamento lo rende più accettabile e consente di prevederne la durata e di raffigurarsi il ritorno. Con il procedere dell’età aumenta dunque la tolleranza alle brevi separazioni. I bambini riescono a giocare da soli per periodi sempre più lunghi. La paura degli estranei tende a diminuire, mentre aumenta la disponibilità a instaurare rapporti di attaccamento con altre figure. 35 Per tutta la vita gli esseri umani hanno dei legami di attaccamento(genitori, fratelli, insegnanti, amici, partner sessuali). L’essere umano, a differenza degli animali, può inoltre instaurare dei legami di attaccamento anche con istituzioni ed entità simboliche, come patria, credo religioso o ideologico, chiesa, partito politico, associazione sportiva etc. La prossimità e il contatto fisico possono essere sostituiti con lettere e telefonate. Si può sopportare anche una lunga separazione da una persona amata, se non si ha ragione di dubitare del suo affetto. La capacità di rievocare mentalmente le persone care ci fa sentire la loro presenza anche quando non ci sono. Comportamento, sistema, legame di attaccamento ·         Comportamento di attaccamento: qualsiasi forma di comportamento che porta una persona al raggiungimento o al mantenimento della vicinanza con un altro individuo differenziato o preferito. Si tratta di qualcosa osservabile , qualcosa che una persona fa per mantenere la vicinanza con un’altra: (chiamare, piangere). Il comportamento di attaccamento è dunque un’espressione osservativa che accompagna l’essere umano per tutta la vita ·         Sistema comportamentale dell’attaccamento: sistema di controllo che non possiamo osservare ,e  che ha come base materiale dei circuiti neurali non ancora identificati , che stabilisce il fine  di mantenere la vicinanza con certi individui e mobilita e organizza a questo scopo vari tipi di comportamento. ·         Legame di attaccamento: legame di lunga durata, emotivamente significativo, con una persona specifica che ci spinge a far di essa l’oggetto dei nostri comportamenti di attaccamento. (se due partner dovessero separarsi, prima o poi uno dei due andrà alla ricerca dell’altro e così si ristabilirà la vicinanza. Ogni tentativo da parte di un terzo di dividere la coppia viene ostacolato. Il partner più forte attacca l’intruso mentre quello più debole o scappa o si aggrappa a quello più forte ·         L’iperdipendenza: teorizzata da Bowlby come disturbo psicologico con attaccamento ansioso, provocato da ripetute esperienze di separazione o perdita(malattia, morte, abbandono)o, dal comportamento poco affidabile della persona a cui l’attaccamento era rivolto(madre che minaccia di andarsene o di non voler più bene ai figli) DIVERSI TIPI DI ATTACCAMENTO E LORO EFFETTI SULLA PERSONA Tre proposizioni stanno alla base del pensiero di Bowlby: 1.  Un individuo fiducioso che la sua figura di attaccamento gli sarà disponibile tutte le volte che egli lo desidera sarà molto meno propenso ad avere una paura intensa e cronica dell’allontanamento. 2.  La convinzione della disponibilità/mancanza delle figure di attaccamento si costruisce lentamente durante gli anni dell’immaturità (prima infanzia, fanciullezza, adolescenza). Tutte le aspettative che si sviluppano in tali anni tendono a persistere pressoché immutate per il resto della vita. 3.  Le diverse aspettative circa l’accessibilità e la disposizione a rispondere in modo appropriato delle figure d’attaccamento sono dei riflessi abbastanza esatti delle esperienze effettivamente avute da quegli individui. 36 I modelli operativi interni L’influenza delle prime relazioni di attaccamento su quelle successive è mediata dal fatto che esse vengono codificate precocemente in rappresentazioni mentali che perdurano nel tempo e orientano il comportamento. Bowlby per designare queste rappresentazioni usa il termine working models (modelli operativi) per sottolineare che esse vengono usate per prevedere e spiegare i rapporti con le altre persone significative. I modelli operativi determinano da un certo modello in poi le attese dei bambini nei confronti di tutte le figure che incontreranno: genitori, insegnanti, amici, partner sessuali.  Chi fin da piccolo è trattato male penserà di non meritarsi di meglio. Tuttavia questi modelli possono essere modificati da esperienze significative. Diversi tipi di attaccamento Esistono diversi tipi di attaccamento, caratterizzato dalla fiducia o meno nella disponibilità della figura di attaccamento; essi hanno effetti profondi e di lunga durata sul benessere del bambino prima e dell’adulto poi. La Ainsworth ha condotto negli anni 60 in Uganda e negli Stati Uniti delle ricerche sull’interazione madre-bambino nel primo anno di vita che le hanno consentito di mettere a punto una procedura di osservazione sistematica, la Strange Situation. La Strange Situation ha consentito di identificare tre tipi di attaccamento. Il quarto è stato aggiunto da studi successivi. ·         Sicuro: i bambini giocano ed esplorano un nuovo ambiente, avvicinandosi periodicamente alla madre. Rimangono turbati dal suo allontanamento. La salutano al rientro, accettano di farsi consolare e ritornano al gioco. ·         Insicuro-evitante: i bambini evitano il contatto con la madre, sono scarsamente turbati dal suo allontanamento, non la salutano al suo ritorno o addirittura la ignorano, specie dopo una seconda separazione. ·         Insicuro-resistente (ambivalente): i bambini piangono intensamente durante la separazione. Sono difficili da consolare, cercano il contatto ma poi lo rifiutano tirandosi indietro, opponendosi, scalciando. Alternano momenti di rabbia a momenti in cui si stringono alla madre. ·         Disorganizzato: Si riscontra in  bambini sottoposti a seri abusi, che  manifestano comportamenti ed espressioni contraddittori (distolgono lo sguardo mentre la madre li prende in braccio, assumono posture bizzarre, hanno un’espressione depressa) CAUSE, STABILITÀ, CONSEGUENZE DEI DIVERSI TIPI DI ATTACCAMENTO Da cosa dipendono i diversi tipi di attaccamento? Quale stabilità presentano? Che relazioni hanno con altri aspetti dello sviluppo? Cause dei diversi tipi di attaccamento nella prima infanzia Sulla base dei suoi studi clinici, Bowlby è arrivato alla conclusione che gravi disturbi psichici (come quelli presenti in delinquenti e tossicodipendenti) sono associati a una frequenza insolitamente alta di separazioni (per morte o malattia di un genitore, per disgregazione della 37 adolescenziali dei figli. In definitiva, vi sono preferenze di genere, legate anche alla cultura di appartenenza, nel modo in cui ciascun genitore interagisce con il figlio, ma i ruoli di padre e madre sono almeno in parte interscambiabili, a seconda delle propensioni individuali e delle esigenze prevalenti in ciascuna famiglia. Relazione tra l’infante e le educatrici di asilo nido Con le educatrici di asilo nido, l’infante può stabilire una relazione veramente significativa? Andare al nido minaccia l’attaccamento alla madre? Dagli studi svolti sembra possibile per il bambino stabilire relazioni di attaccamento all’interno del nido, a patto che non vi sia un ricambio sconsideratamente frequente di figure di riferimento. Queste relazioni, più che porsi in contrapposizione o in stretta continuità con quelle familiari, possono svolgere un ruolo compensatorio , riuscendo a fornire risorse affettive aggiuntive ai bambini con attaccamento materno insicuro. L’esperienza al nido cambia a seconda di molte variabili, sta quindi al genitore compiere questa scelta valutando costi e benefici   I RAPPORTI CON GLI ALTRI BAMBINI Le relazioni tra bambini, anche quando sono poco rilevanti, sono tendenzialmente positive. Nel primo anno di vita la presenza di un altro infante provoca raramente le classiche reazioni negative che possono manifestarsi in presenza di adulti sconosciuti(pianti, capricci). D’altra parte gli infanti rivolgono raramente verso i coetanei comportamenti di attaccamento, come abbracci, espressioni di affetto e ricerca di contatto. Fino al sesto mese circa, un lattante che vede un altro bambino mostra interesse, guardandolo, toccandolo, emettendo dei vocalizzi o sorridendo: si tratta però più o meno delle stesse azioni che i bambini di pochi mesi compiono quando esplorano o manipolano un oggetto inanimato. Tra i 6 e i 9 mesi il bambino inizia a rivolgere ai coetanei dei gesti più specificatamente sociali. All’azione del primo bambino non corrisponde però ancora un’azione del secondo (ad esempio, il bambino non prende ciò che l’altro gli tende). Per un infante interagire con un coetaneo è meno facile che con un adulto , un coetaneo e una coetanea , presentano invece gli stessi limiti e incapacità : così le prime attività in comune tra compagni di nido risultano un po' inferiori per qualità e durata rispetto a quelle che ciascuno dei 2 bambini riuscirebbe a portare avanti con il sostegno di un adulto. Dopo i 12 mesi i bambini danno vita ad interazioni complementari, che implicano azioni coordinate di entrambi i partecipanti. Si tratta naturalmente di scambi assai semplici, come dare e prendere qualcosa, e spesso non durano che pochi minuti. Già tra i 9 e i 12 mesi, se si offre a due bambini la possibilità di familiarizzare incontrandosi ripetutamente, la relazione tra essi subisce delle trasformazioni in senso positivo: essi interagiscono di più e meglio, compiendo in prevalenza azioni positive (imitazione, ricerca di contatto, sorriso), mentre tra bambini estranei gli scambi sono spesso aggressivi (portar via un oggetto, mordere). Perché si possa parlare di gioco sociale devono essere però soddisfatte altre 2 condizioni:   I bambini devono condividere l’idea che si tratta di un gioco   Devono riuscire a portarlo avanti coordinando le loro azioni Nel secondo anno di vita, al competenza interattiva cresce rapidamente: a questa età due bambini sono capaci di imitarsi l’un l’altro ed effettuano con successo crescente interazioni complementari e reciproche. 40 Secondo la Howes, i piccoli che riescono a farsi un amico mantengono con lui un riferimento più stabile , perché ne traggono una rassicurazione emotiva in assenza delle figure adulte di attaccamento. PARTE 2:LA PRIMA FANCIULLEZZA CAPITOLO 6: LO SVILUPPO COGNITIVO  LA FIORITURA DELLA FUNZIONE SIMBOLICA La prima fanciullezza è il periodo compreso tra i 2 e i 6 anni, e per questo viene anche chiamata età prescolare. Un’altra denominazione usata spesso è età del gioco, ad indicare che in questo periodo il gioco è l’attività a cui i bambini si dedicano con il massimo entusiasmo. Per Piaget, questo periodo coincide con lo stadio preoperatorio, caratterizzato dalla presenza della funzione simbolica, che costituisce un enorme progresso rispetto all’intelligenza puramente sensomotoria.A differenza dello stadio senso motorio, di cui Piaget ci ha fornito un quadro dettagliato, la trattazione di quello preoperatorio è frammentaria. Il motivo per cui Piaget non ha studiato sistematicamente questo periodo risiede nei metodi d’indagine da lui usati, che si basano su scambi verbali. •         Colloquio clinico: prevede una serie di punti da toccare con tutti i bambini, ma non la formulazione esatta delle domande, in modo tale da poterle adattare al linguaggio di ogni bambino e seguire flessibilmente il suo pensiero. •         Metodo critico: estensione del colloquio clinico. Consiste nel porre i bambini di fronte a dei materiali concreti, che essi devono osservare e manipolare, integrando lo scambio verbale con l’azione effettiva sugli oggetti. Poiché entrambi i metodi richiedono ai bambini di impegnarsi in una conversazione senza divagare, e di giustificare le proprie risposte, essi sono poco adatti a età inferiori ai 4-5 anni. Lo sviluppo del gioco simbolico Durante i primi anni dell’età prescolare aumentano la quantità di tempo che i bambini dedicano al gioco simbolico o di finzione e la complessità e varietà di forme che questo assume. Lorraine McCune ha individuato cinque livelli di sviluppo del gioco simbolico, gerarchicamente ordinabili in base a tre parametri. I tre parametri sono: 1. Il progressivo decentramento delle azioni del bambino, ovvero il coinvolgimento di altre persone (o loro simulacri come bambole e pupazzi) in veste di agenti o oggetti. 2. La loro sempre maggiore decontestualizzazione, cioè l’uso di oggetti diversi da quelli richiesti dalle azioni che vengono simulate (ad esempio, fingere di telefonare con le dita delle mani anziché con la cornetta di un telefono giocattolo). 3. L’integrazione crescente di più attività simboliche. I cinque livelli di sviluppo del gioco simbolico di Mccune sono: 1.  Stadio degli schemi presimbolici: uso ritualizzato di azioni quotidiane fuori dal contesto abituale (es. mescolare con il cucchiaino in una tazza vuota). 2.  Stadio degli schemi autosimbolici: il bambino manifesta una certa consapevolezza della finzione (es. sorride prima di portare la tazzina alla bocca e aspira rumorosamente un liquido che non c’è). 41 3.  Stadio del gioco simbolico decentrato: il bambino applica ad altri gli schemi simbolici che conosce, grazie anche all’imitazione di azioni materne in contesti reali o di gioco (es. finge di dare da mangiare all’orsacchiotto). 4.  Stadio del gioco simbolico combinatorio: implica la combinazione di più schemi in una sequenza coordinata (es. prima preparare una minestra e poi imboccare l’orsacchiotto). 5.  Stadio del gioco simbolico gerarchico: i bambini iniziano a pianificare sequenze complesse, a volte solo pensate, a volte annunciate esplicitamente prima di essere messe in atto o commentate durante l’esecuzione. Lo sviluppo del disegno I primi tentativi di tracciare dei segni su una superficie con matite e colori si verificano verso i 12 mesi. Durante il secondo anno di vita i bambini cominciano ad eseguire vari tipi di scarabocchio, cioè dei tracciati che derivano da movimenti (verticali, orizzontali, diagonali o circolari) del braccio o della mano, ma solo verso i 2 anni questi tracciati cominciano a presentare delle caratteristiche che denotano un controllo visivo dei movimenti. Gli scarabocchi non nascono da un intento rappresentativo , ma dal piacere di lasciare una traccia sul foglio. Nell’apparente disordine degli scarabocchi si possono già ravvisare delle forme ricorrenti (linee, spirali, circoli, croci etc.), con cui i bambini comporranno le prime raffigurazioni, unendo le forme base in combinazioni e aggregati. Prima di poter rappresentare qualcosa con carta, matite e colori, i bambini devono riconoscere nell'immagini bidimensionali la possibilità di simboleggiare qualcosa. Judy DeLoache ha presentato a bambini di 2 e di 3 anni dei plastici, delle fotografie e dei disegni raffiguranti la stanza nella quale si trovavano; indicava poi, entro il modello, il nascondiglio di un orsacchiotto che i soggetti erano invitati a cercare nella stanza reale. Solo a 3 anni i bambini tentavano di servirsi dei modelli (soprattutto delle fotografie) per localizzare l’orsacchiotto, mostrando così di intuire la corrispondenza tra rappresentazione e realtà. Diversamente dal linguaggio, che si sviluppa su una base innata, il mondo delle immagini grafiche richiede un apprendimento. Questo comunque è relativamente rapido. Appena coglie la potenzialità rappresentativa dei segni grafici, il bambino è pronto a passare dallo scarabocchio al disegno. Per disegnare occorre conoscere in modo via via più accurato caratteristiche visibili degli oggetti e le relazioni spaziali tra essi. Il primo passo è costruire un sistema di denotazione, che istituisca una corrispondenza tra segni e oggetti. Prendiamo come esempio il disegno della figura umana: ·         Inizialmente i bambini disegneranno il cosiddetto omino testone. I bambini utilizzano due soli tipi di segni, cerchi e linee: con i cerchi denotano sia il volume tondeggiante della testa sia le superfici degli occhi, con le linee rappresentano gli arti. ·         Intorno ai 4-5 anni giungiamo alla figura convenzionale in cui testa, tronco e arti sono denotati da regioni distinte. A questi elementi si aggiungeranno ben presto mani, piedi e dettagli del volto. ·         Fino  ai 7 anni circa i bambini continuano di solito a comporre la figura a blocchi :un tondo per la testa, un ovale o un rettangolo per il tronco, delle striscie per gli arti , dita delle mani a petalo. ·         Nel corso della fanciullezza diverrà più frequente l’uso di un contorno continuo che delimita più parti (ad esempio tronco e braccia) o l’intera figura. 42 Le risposte errate dei bambini evidenziano alcuni effetti della mancanza di reversibilità: l’attenzione è centrata, cioè si sofferma su una sola caratteristica alla volta, considera gli stati anziché le trasformazioni che li hanno provocati, Egocentrismo intellettuale Secondo Piaget la caratteristica più generale del pensiero preoperatorio, che riassume tutte le altre e da cui esse derivano, è l’egocentrismo intellettuale, cioè la tendenza a prendere il proprio punto di vista momentaneo come assoluto, senza considerare la possibilità che ne esistano degli altri. LE IDEE DEI BAMBINI IN ETÀ PRESCOLARE SECONDO PIAGET La distinzione tra mondo interno e mondo esterno Se il modo di pensare dei bambini è tanto diverso da quello degli adulti. I bambini inizialmente confondono il mondo esterno, materiale, con quello interiore, psichico. Questa confusione si manifesta in una materializzazione dei prodotti dell’attività psichica, ai quali i bambini attribuiscono caratteri propri degli oggetti fisici, e in una sorta di umanizzazione degli oggetti fisici ai quali i bambini attribuiscono alcune caratteristiche come coscienza, sensibilità e intenzionalità, che essi sperimentano su di sé e che fanno parte del mondo psichico. Questa confusione presente soprattutto in età prescolare viene superata in modo graduale e scompare del tutto solo nella preadolescenza. Animismo: tendenza a considerare i corpi come vivi e dotati di intenzioni. A partire dagli 11-12  anni l vita veniva attribuita solo a piante e animali , mentre la coscienza era riservata solo agli animali Artificialismo: tendenza a considerare le cose come il prodotto dell’attività umana. Questa tendenza inizia a manifestarsi verso i 5-6 anni , quando i bambini cominciano per la prima volta a porsi degli interrogativi sull’origine delle cose. Anche l’artificialismo come l’animismo , viene superato gradualmente La nozione di causalità La confusione tra mondo materiale e mondo mentale si accompagna, secondo Piaget, ad una nozione della causalità altrettanto confusa perché priva di distinzioni che per l’adulto sono fondamentali e ovvie. Le causali personali servono per spiegare le azioni delle persone e consistono nell’attribuire loro desideri e credenze . Un individuo può prefiggersi certi scopi per i più svariati motivi : perché gli piace, perché sta obbedendo a qualcuno, o lo vuol fare contento, perché si sente moralmente obbligato a farlo, perché teme punizioni , perché stabilisce qualche convenzione sociale , perché deve essere professionale Le causali impersonali La casualità si articola in una molteplicità di spiegazioni che hanno raggiunto grandissimi livelli di complessità e d differenziazione , non solo nelle teorie scientifiche , ma anche nel pensiero dell’uomo comune . Piaget si è soffermato sulla causazione meccanica , cioè quella relativa alla trasmissione del movimento da un corpo all’altro. Secondo Piaget, fino ai 7-8 anni, quando prevalgono concezioni di tipo animistico o artificialistico, i bambini spiegano l’azione delle entità naturali attribuendola ad obblighi o intenzioni, allo stesso modo in cui spiegherebbero un comportamento umano, dimostrando così di non distinguere tra causazione fisica e causazione psicologica. 45 Piaget ha chiamato finalismo la tendenza a spiegare gli eventi individuando il fine che essi consentono all’uomo di realizzare. Artificialismo, animismo e finalismo sono forme di spiegazione precausale, perché non distinguono tra le attività umane e i processi e gli eventi naturali, tra causalità psicologica e causalità fisica. CRITICHE A PIAGET E PUNTI DI VISTA ALTERNATIVI SULLO SVILUPPO COGNITIVO NELL’ETÀ PRESCOLARE Le ricerche più recenti mettono in discussione Piaget rimproverandolo di aver sottovalutato le conoscenze e le abilità dei bambini. Le prestazioni inadeguate dei bambini in età prescolare nei compiti piagetiani non sono dovute necessariamente a mancanza di competenza: questa potrebbe esserci, ma non venire utilizzata perché ostacolata da altri fattori. Le ricerche condotte nell’ambito dell’approccio dell’elaborazione dell’informazione hanno mostrato quanto siano eterogenee le abilità dei bambini: la riuscita in un compito non assicura un pari successo con un altro compito apparentemente simile. Alla concezione olistica della mente , proposta da piaget , si è contrapposta quella pluralistica secondo cui i bambini possiedono miriadi di abilità e conoscenze distinte I bambini come teorici in erba Uno dei testi più influenti nella psicologia dello sviluppo è quello di Susan Carey, che ha proposto in modo esplicito il suo punto di vista in alternativa sia a quello olistico di Piaget, sia a quello dell’approccio HIP. Le teorie possedute dai bambini e dalle persone in generale condividono diverse proprietà con quelle elaborate dagli scienziati: esse impiegano concetti che si riferiscono a entità e processi non osservabili, sono coese, cioè sono costituite da una rete di proposizioni interconnesse, e si appellano a strutture causali sottostanti. Le loro funzioni sono predire, interpretare e spiegare. Inoltre, come alle teorie scientifiche, a quelle ingenue dei bambini e degli adulti non scienziati è possibile applicare la distinzione tra: •         Teorie cornice: definiscono una serie di entità e processi fondamentali •         Teorie specifiche: si servono delle entità e dei processi definiti dalle teorie cornice per spiegare dei complessi di fenomeni più delimitati. L’idea che non solo gli scienziati, ma anche le altre persone e addirittura i bambini possiedano delle teorie può sembrare tutto sommato abbastanza condivisibile. Molto meno condivisibile lo è l’altra tesi, ad essa connessa, proposta dai sostenitori di questo punto di vista: i bambini vengono al mondo già dotati di alcune teorie rudimentali. Teorie, moduli, generalizzazioni empiriche Le teorie sono solo uno dei vari tipi di strutture cognitive presenti nella memoria a lungo termine. Esse dunque convivono fianco a fianco con altre strutture che riguardano l’abilità, ad esempio: ·         Abilità motorie: sono importanti soprattutto nei primi anni di vita , quando i bambini  imparano a esplorare gli oggetti e a muoversi autonomamente , perché danno loro la possibilità di venire a contatto con un ambiente sempre più vasto e ricco di stimoli , e quindi di fenomeni da spiegare. 46 ·         Abilità cognitive: consentono di acquisire e confrontare vari tipi di dati scoprendo collegamenti o contraddizioni. ·         Abilità sociali: facilitano le interazioni con gli altri. I bambini hanno diverse occasioni per arricchire le proprie teorie o scoprirne i limiti e incongruenze che li spingono a trasformarle. Un altro tipo di strutture riguarda invece, come le teorie, la conoscenza del mondo. SI tratta delle generalizzazioni empiriche o conoscenze di fatti, costituite da formulazioni di tipo generale  che sintetizzano informazioni ricavate dall’esperienza. Alcune generalizzazioni empiriche (chiamate Script o copioni) descrivono la struttura di eventi ricorrenti. Altre strutture cognitive (chiamate narrazioni ) descrivono sequenze temporali di azioni e di stati mentali che le accompagnano. Tutti gli psicologi sono convinti che accanto ai processi generali per dominio, esistono dei sistemi specializzati , i moduli,  che operano solo su certi tipi di stimoli (ad esempio , stimoli visivi, sequenze di parole ) producendo autonomamente un certo output(ad esempio , la visione di un oggetto tridimensionale , oppure la comprensione del significato di una parola o di una frase) Le teorie innate consentono agli infanti di collegare e interpretare le informazioni che ricevono dall’ambiente e dalle proprie azioni, e rendono possibili i progressi, altrimenti sorprendenti, che si realizzano nei mesi e negli anni successivi. Questi progressi avvengono man mano che i bambini incontrano dei dati che le teorie di cui sono in possesso non consentono di interpretare, e che possono venire formulati soltanto come generalizzazioni empiriche. La conoscenza della vita mentale La comprensione delle attività cognitive ha cominciato ad essere studiata negli anni 70 del secolo scorso, sotto la voce metacognizione, nella convinzione che il modo in cui i bambini si rappresentano processi cognitivi influisca sulle strategie che essi impiegano quando devono imparare qualcosa, sullo studio e l’apprendimento. Un altro filone d’indagine sulle conoscenze psicologiche dei bambini ha le sue radici nello studio del Sé e della motivazione. Diversi studiosi impegnati in questi campi di ricerca sono convinti che i modi in cui i bambini rappresentano se stessi rispecchiano le loro concezioni più generali sulle caratteristiche o tratti di personalità che differenziano le persone, e che queste concezioni orientino il modo in cui essi affrontano i compiti cognitivi e sociali. Infine, altri ricercatori, che si dedicano allo studio dello sviluppo emotivo, hanno esaminato come cambia con l’età la conoscenza delle diverse emozioni, dei modi in cui vanno manifestate a seconda dei contesti in cui ci si trova, e delle strategie da usare per evitare o attenuare quelle spiacevoli. Questo insieme di conoscenze costituisce la competenza emotiva, che influisce sia sulle emozioni che una persona vive in prima persona, sia sulla capacità di comprendere quelle degli altri. Origini e sviluppo della psicologia ingenua (teoria della mente) Secondo Alison Gopnik e Andrew Meltzoff, l’iniziale teoria della mente di cui gli infanti sono dotati alla nascita è costituita dalla consapevolezza di essere simili alle altre persone e da una rappresentazione astratta del corpo, che consente loro di rappresentare mediante lo stesso codice sia le sensazioni cinestesiche prodotte dalle proprie azioni sia quelle visive relative alle azioni altrui. I neonati possono così tradurre immediatamente in un programma motorio le azioni che vedono fare ad un altro, ed eseguirle a propria volta mostrando sorprendenti capacità di imitazione. 47 Carol Deck ha scoperto che le teorie di sé e delle altre persone riflettono 2 concezioni più generali: ·         Teoria entitaria (o dell’entità ), le persone possiedono delle qualità o tratti permanenti (come bontà , intelligenza, egoismo) che hanno un’origine innata , sono difficilmente modificabili, e sono rivelate dal comportamento   ·         Teoria  incrementale, ritiene che le persone possiedano delle potenzialità su cui influisce l’ambiente e che queste ultime possano essere modificate con l'impegno personale Non ci sono bambini stabilmente buoni o cattivi, e se uno sbaglia o si comporta male non vuol dire che si comporterà sempre così. L’autostima è tanto più elevata quanto più i bambini sono curiosi , attivi, socievoli. Senso di colpa e vergogna Il senso di colpa è  probabilmente la più studiata tra le emozioni autocoscienti per il ruolo che, anche da Freud , gli è stato attribuito  nello sviluppo della moralità , sia nella genesi di vari disturbi mentali. Gli studiosi contemporanei sono invece convinti che il senso di colpa sia un’emozione positiva Il senso di colpa va assolutamente distinto dalla vergogna. •         Nella vergogna la valutazione negativa è indirizzata alla nostra intera persona. •         Nel senso di colpa il giudizio sfavorevole riguarda una specifica azione Il senso di colpa ci spinge perciò a riparare il malfatto (se possibile), oppure a chiedere scusa, o a formulare buoni propositi. La vergogna invece ci fa venire voglia di nasconderci, scomparire. Essa ci induce a evitare di ripetere il misfatto, ma ci è di scarso aiuto a rimediarlo. L’idea che il senso di colpa abbia degli effetti positivi perché induce a prevenire o riparare la violazione di norme sociali, e a evitare di ferire le persone con cui si ha un legame, si  affermata di recente. Per questo si identificano 2 tipi di senso di colpa: benefico e patologico. Distinzione  ulteriore tra 2 sensi di colpa : •         Senso di colpa predisposizionale: tendenza a provare senso di colpa in circostanze appropriate. Forma normale del senso di colpa. •         Senso di colpa cronico: tendenza a sentirsi sempre in colpa, indipendentemente da quello che si è fatto o che sta succedendo. Forma patologica del senso di colpa riscontrabile in malati mentali. Alla base della vergogna c’è l’imbarazzo, e quindi la focalizzazione su di sé, mentre il senso di colpa deriva dall’empatia, nella quale l’attenzione è concentrata sull’altro. Chi tende a focalizzare l'attenzione su di sé e a esprimere nei propri confronti una valutazione negativa globale prova vergogna , mentre chi dirige l’attenzione sugli altri e valuta i propri specifici comportamenti prova senso di colpa. La disposizione alla vergogna deriva dall’intreccio di 2 fattori: 1.  Aver vissuto delle esperienze frequenti particolarmente intense che hanno provocato quest’emozione come: il favoritismo (reale o percepito)dei genitori, pratiche disciplinari basate sul ritiro dell’affetto o sulla denigrazione dei bambini con messaggi che li fanno sentire inadeguati  o addirittura stupidi; pratiche educative caratterizzate da un eccessivo controllo, maltrattamenti e abusi sessuali, stigmatizzazione. 50 2.  Temperamento: che influisce sul modo in cui una persona reagisce a tali situazioni. I bambini che nel primo anno di vita avevano un temperamento difficile, a circa 2 anni erano i più inclini degli altri a provare imbarazzo, un precursore della vergogna. La conoscenza delle emozioni Francismo Pons  e Paul Harris hanno costruito nel 200 un test per valutare, tutte le principali componenti della conoscenza emotiva nell’arco di età compreso tra i 3 e gli 11 anni. Si tratta del Test di comprensione delle emozioni(TEC), che chiede ai bambini di associare delle situazioni descritte verbalmente e illustrate con dei disegni , a emozioni fondamentali(gioia, paura, tristezza, collera) La TEC distingueva 3 periodi inizialmente: 1.  Periodo esterno, i bambini riconoscono le espressioni delle emozioni fondamentali, gli eventi che tipicamente le suscitano, tra cui il fatto che certi eventi o immagini ci facciano tornare in mente eventi emotivamente significativi. 2.  Periodo mentale, che inizia verso i 7 anni i bambini comprendono  anche il ruolo di credenze , desideri e ricordi e capiscono che l’intensità delle emozioni diminuisce nel tempo 3.  Periodo riflessivo, dai 9 agli 11 anni , essi comprendono la possibilità di regolare le emozioni attraverso processi mentali(distraendosi, pensando ad altro) capiscono anche che un individuo può riflettere su una situazione da diversi punti di vista e che può perciò provare emozioni diverse. Le regole di esibizione Non sempre le emozioni che una persona manifesta a parole o con l’espressione del volto corrispondono a quello che essa prova effettivamente. A volte le emozioni vengono nascoste o dissimulate in ottemperanza a regole di esibizione che, entro una data cultura o sottocultura, stabiliscono quali stati d’animo si possono o si devono manifestare in una certa situazione e nei confronti di certe persone; oppure vengono celate per evitare di essere presi in giro o comunque danneggiati dalla rivelazione di quello che si prova. In altri casi le espressioni possono essere amplificate o simulate per ottenere un vantaggio, come avviene quando un bambino esagera la propria sofferenza per uno spintone ricevuto da un coetaneo, e piange disperatamente per far punire il colpevole o farsi coccolare. I bambini cominciano molto presto a controllare il proprio comportamento espressivo; la prima manifestazione di questa capacità compare già nel secondo anno di vita. I bambini di 3-4 anni sanno già assumere un’espressione che non corrisponde a quello che provano allo scopo di ingannare qualcuno, e sanno nascondere le emozioni positive e quelle negative. La regolazione delle emozioni L’osservazione mostra come, durante l’età prescolare, i bambini ampliano il proprio repertorio di strategie di regolazione delle emozioni. La presenza della madre riduce l’attivazione dell’amigdala , una struttura subcorticale coinvolta nella paura , e influisce sul corto circuito che la collega ai lobi prefrontali Questo effetto cessa nell’adolescenza alla semplice restrizione degli input (coprirsi gli occhi, tapparsi le orecchie) si aggiungono la richiesta esplicita di aiuto e conforto e verbalizzazioni con cui i bambini cercano di minimizzare la portata di un evento (es. non fa male) o ne prevedono la fine (es. la mamma torna presto). 51 Anche il gioco è un mezzo per regolare le emozioni. Oltre a questo, i giochi simbolici possono contribuire in modi più specifici alla regolazione di diverse emozioni.Così una bambina che ha provato spavento e dolore subendo un’iniezione, potrebbe nel gioco impersonare il ruolo del medico facendo la puntura ad una bambola o ad un coetaneo. Verso i 5-6 anni i bambini sanno anche spiegare verbalmente in che modo si può far passare un’emozione spiacevole. Bisogna però aspettare i 9-10 anni perché i bambini parlino esplicitamente dei processi mentali coinvolti, come distrarsi, dimenticare, smettere di pensare all’accaduto.Per il senso di colpa , sia i bambini in età prescolare sia quelli più grandi sostengono che bisogna chiedere scusa o riparare il danno causato Funzioni emotive del gioco Una teoria di herbert spencer, secondo cui il gioco è un mezzo con cui gli animali superiori e l’uomo stesso si liberano del surplus di energia che rimane loro dopo aver eseguito le azioni necessarie alla propria sopravvivenza. Moritz lazarus , secondo cui il gioco serve al rilassamento , essendo un’attività libera dalle costrizioni e dai vincoli del lavoro : anche in questa teoria corrisponde a un concetto quotidiano , soprattutto in merito ai giochi e agli hobby degli adulti. Karl Gross considerò il gioco un pre-esercizio delle abilità adulte , necessario per la complessità psicologica e sociale della specie umana e favorito dalla lunga durata dell’età evolutiva. Anche Piaget considera una forma di esercizio i primi giochi del periodo sensomotorio. Ripetendo più volte delle azioni per puro piacere funzionale , cioè per assaporare la soddisfazione di padroneggiare qualche attività , l’infante perfeziona gli schemi acquisiti Piaget dedica una speciale attenzione al gioco simbolico che appare verso il termine del periodo sensomotorio, permettendo ai bambini non solo di riprodurre eventi o situazioni , ma soprattutto di trasformare e dominare la realtà. Piaget distingue 3 modi in cui questo può avvenire tramite:   la compensazione, il bambino corregge la realtà, fingendo di fare qualcosa di proibito e di difficile , oppure dando un lieto fine a un episodio che in realtà è finito male.   la liquidazione,è invece assolta dai giochi o racconti nei quali il bambino riproduce un evento sgradevole che gli è successo per dominarlo o a dilurine la portata emotiva   l’anticipazione, i bambini possono anticipare , rappresentando un gioco , qualcosa che temono o desiderano : essi riescono così a raffigurarsi più concretamente le conseguenze delle proprie azioni , o a realizzare i propri desideri almeno con la fantasia  Vygotskij , il quale sottolinea come, nel passaggio dallinfanzia alla fanciulleza , sia particolarmente utile ai bambini uno strumento che permette di realizzare i desideri insoddisfatti. Freud ha considerato   il gioco infantile come una manifestazione simbolica di bisogni profondi. Osservare i giochi che un bambino e una bambina praticano diviene così un mezzo per conoscere i loro problemi e i loro stati emotivi, e può costituire il punto di partenza dell'intervento LO SVILUPPO MORALE Lo sviluppo morale è la conoscenza e l’osservanza di regole di comportamento : la capacità di resistere alle tentazioni, e quella di giudicare  autonomamente cosa sia bene e cosa male . Lo sviluppo morale è dunque strettamente intrecciato con lo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo. 52 Genesi e sviluppo del senso di colpa Il senso di colpa deriva da un intreccio di dispiacere empatico, coscienza di sé e attribuzione a sé di una malefatta. Questo intreccio, secondo Hoffman, non si realizza spontaneamente ma richiede necessariamente l’intervento dei genitori o di un altro adulto. I bambini tra i 12 mesi e i 3 anni sono facilmente coinvolti dal dispiacere degli altri solo quando non sono stati loro a provocarlo, ma lo osservano dalla posizione dello spettatore innocente.  Un intervento disciplinare di questo genere, basato sull’induzione, ha l’effetto di suscitare il dispiacere empatico, che combinandosi con l’attribuzione a sé della sofferenza della vittima diventa senso di colpa; esso inoltre fa capire ai bambini dove hanno sbagliato e come possono riparare. Meno efficaci, se non addirittura dannosi, risultano invece altri due tipi di intervento disciplinare: Ø  Asserzione di potere: usare o minacciare la forza fisica oppure privare il bambino di possessi o privilegi. Ø  Ritiro dell’amore: ad esempio dire al bambino di non volergli più bene oppure non rivolgergli la parola. Se provassimo senso di colpa solo dopo aver compiuto una malefatta cioè se esistesse solo il senso di colpa per la trasgressione, esso sarebbe di scarsa utilità nella vita sociale, perchè non eviterebbe il ripetersi dei comportamenti che nuocciono agli altri. A funzionare da deterrente, a distoglierci dal danneggiare gli altri, è il senso di colpa che proviamo prima di una malefatta, al solo pensiero di compierla, cioè il senso di colpa anticipatorio, che si forma a partire dal primo, al ripetersi delle esperienze in cui lo si è provato. Queste esperienze vengono memorizzate in script, o copioni,  nei quali viene rappresentata l’intera sequenza di trasgressione intervento del genitore senso di colpa. Quando lo script è formato, basta il presentarsi (nella realtà o nel pensiero) di un evento corrispondente ad una sua parte, perché esso si attivi per intero. Ad esempio succede che quando un  bambino di 2-3 anni viene più volte ripreso in seguito a un comportamento, poi tenderà a sentirsi in colpa anche se non vi è nessuno a rimproverarlo , infine proverà senso di colpa anche al solo pensiero di farlo cioè il senso di colpa anticipatorio. La frequenza e l’intensità del senso di colpa aumentano durante tutta la fanciullezza, e con esse anche la capacità di immedesimarsi nella vittima di un sopruso e di usare concetti di giustizia sempre più astratti per spiegare perché l’azione descritta è riprovevole. Una maggior propensione al senso di colpa è nei maschi. I meccanismi di disimpegno morale Albert Bandura ha catalogato i meccanismi di disimpegno morale , raggruppandoli a seconda della componente dell’azione riprovevole a cui essi si applicano: l’azione di sè, l’agente che ne è responsabile, io suoi affetti, la vittima.  I primi 3 meccanismi , che agiscono sulla valutazione o interpretazione della condotta, sono:  La giustificazione morale, consente di rendere accettabili, ed encomiabili , condotte immorali, indicandole come strumenti necessari per conseguire dei fini superiori: la difesa 55 della patria , della pace, l’abbattimento di un governo tirannico , l’affermazione della vera religione , la costruzione di una società più equa.  Il confronto vantaggioso , consiste nel paragonare un’azione o un evento con un altro di  maggior gravità , contemporaneo, avvenuto nel passato o nel prevedibile futuro . I sostenitori della guerra in Iraq affermavano che le sofferenze che la popolazione stava vivendo erano inferiori a quelle supportate sotto la tirannia di Saddam Hussein  Con l’adattamento eufemistico, viene usata un’espressione neutrale, asettica , o addirittura rispettabile, per mascherare eventi e azioni violente , ripugnanti , o che provocano sofferenza a  qualcuno. I 2 meccanismi successivi consistono nel minimizzare la propria responsabilità , attribuendola  a un altro agente  o a circostanze esterne incontrollabili(spostamento della responsabilità) oppure distribuendola e diluendola su molteplici agenti (diffusione della responsabilità)  sono esempi di spostamento della responsabilità l’affermazione di aver soltanto eseguito degli ordini , oppure la dichiarazione , da parte di terroristi , che la responsabilità per l’uccisione degli ostaggi è dei governi che non hanno accolto le loro richieste , o che è l’intollerabile situazione in cui vive il loro popolo a rendere necessari gli attentati suicidi.  La diffusione della responsabilità è resa possibile da decisioni di gruppo, da azioni collettive e da una divisione del lavoro grazie  alla quale un individuo esegue una singola azione , apparentemente innocua, e lontana dal risultato finale a cui concorre. Quando più persone sono coinvolte in un risultato, ciascuno può attribuirne la colpa agli altri.  Altri meccanismi consiste nell'ignorare o minimizzare le conseguenze dell’azione. IL loro intervento è facilitato quando la sofferenza delle vittime non è visibile.  La disumanizzazione della vittima  è volta a prevenire le emozioni empatiche nei suoi confronti , ostacolando la percezione di una somiglianza con essa.  La disumanizzazione viene realizzata classificando la vittima come appartenente a una razza inferiore(selvaggio) o a una specie inferiore (bestia, verme, maiale)  L'attribuzione del torto alla vittima (caso dello stupratore che dice di essere stato provocato)oltre a  giustificare la violenza aumenta i suoi effetti devastanti , perché può indurre la medesima vittima a condividere il punta di vista dell’aggressore e a disprezzare sè stessa. Differenze individuali nell’empatia e nel senso di colpa La sensibilità alla sofferenza degli altri è mediata da specifiche strutture cerebrali (localizzate nell’area ventromediale della regione frontale della corteccia prefrontale): nel caso esse siano danneggiate da lesioni, tale sensibilità scompare. Negli psicopatici si riscontra in quest’area un’attività elettrica ridotta. Questo induce a ritenere che nelle reazioni ai dispiaceri altrui possano esistere delle differenze individuali di origine biologica. Una ricerca di Mary Main e Carol george condotta con bambini tra  1 e 3 anni si osservarono 2 diverse reazioni da parte dei bambini: i bambini provenienti da famiglie normali in presenza di un coetaneo che piange cercano di dargli conforto. I bambini maltrattati invece in presenza del coetaneo che piange si dimostrano ostili e sofferenti . La conclusione di nancy Eisenberg , è che l’emotività non influisce sull’empatia in modo diretto ma in interazione con la regolazione delle emozioni. Ella inoltre sosteneva che nei bambini che non 56 sono inclini a provare emozioni intense la capacità di concentrare l’attenzione al di fuori di sè può favorire la raccolta di informazioni sugli altri e la capacità di capire quello che provano. Bandura parla di disimpegno morale, perché questi meccanismi consentono di disattivare quei processi e quelle emozioni grazie ai quali gli standard morali posseduti da una persona diventano una guida effettiva per il suo comportamento. Altri studiosi utilizzano il termine di razionalizzazione, introdotto da sigmund freud , per indicare in generale le giustificazioni delle proprie azioni che una persona si costruisce quando ne ignora i reali moventi.  Le razionalizzazioni delle azioni riprovevoli vengono distinte in: Ø  Giustificazioni: ci si assume la responsabilità dell’azione compiuta ma se ne nega la gravità, ad esempio minimizzando la sofferenza che essa provoca alla vittima , o svalutando la vittima stessa Ø  Scuse: si riconosce la gravità dell’azione ma si nega o si attenua la propria responsabilità, attribuendole ad altre persone e , o chiamando in causa le proprie condizioni fisiche , o la mancanza di conoscenze necessarie per prevedere gli esiti della propria azione. La tendenza a razionalizzare presenta una correlazione positiva anche con il senso di sicurezza in situazioni sociali , ma anche con aggressività e razzismo , mentre correla negativamente con l'inclinazione a provare senso di colpa e a mettere in atto comportamenti prosociali. Le razionalizzazioni possono dunque essere benefiche per coloro che ne fanno un uso frequente, ma nocive  per le persone con cui essi hanno a che fare. Il comportamento morale Le prime regole a venire imposte riguardano la sicurezza dei bambini stessi , con i divieti di fare o toccare cose pericolose; con l’età prescolare i bambini vengono introdotti alle regole di pulizia , di comportamento nei confronti degli altri bambini e di buona educazione. Inizialmente i bambini sono in grado di obbedire a ordini e divieti solo in presenza di chi li impone. Perchè obbediscano anche quando la sorveglianza cessa è necessaria un’ulteriore capacità: quella di ripetere o impartire a se stessi un comando, cosa che richiede una certa padronanza del linguaggio . Grazina Kochanska , ha potuto identificare 2 tipi diversi di obbedienza:  obbedienza situazionale: è tenuta viva dalla madre , che deve controllare e spronare il bambino o la bambina perché portino a termine l’azione richiesta.  obbedienza convinta: i bambini obbediscono di buon grado alla richiesta , senza che essa debba essere ripetuta. Questa obbedienza , a propria volta, è connessa a un attaccamento sicuro, che induce i bambini ad accettare volentieri le richieste della madre come se fossero desideri propri.  Secondo Kochanska, l’obbedienza convinta porta i bambini a costruire un’immagine di sè come bravi bambini , e questo a propria volta li spinge a obbedire anche quando non c’è nessuno che li controlla. Il differimento della gratificazione, ideato da Walter Mischel consiste nel mettere in tentazione il bambino o la bambina dopo aver pattuito una regola : ad esempio , lo sperimentatore si allontana 57 in una scuola in cui nessuna regola lo proibisce , e che invece, in assenza di regole, si può mangiare come si vuole. Secondo Turiel,  Smetana e Nucci , grazie a tipi diversi di esperienze sociali, si formano 3 domini ,o ambiti, della vita sociale: 1. quelli della moralità, 2. delle convenzioni morali  3. della sfera personale. Per questo essi chiamano la loro teoria , teoria dei sistemi (o ambiti) Nel corse della media fanciullezza, quando si tratta di distribuire delle risorse ottenute gratuitamente, i bambini condividono in modo egualitario ciò che hanno , rinunciando a una disuguaglianza vantaggiosa. Tuttavia, quando le risorse da condividere sono il prodotto di un lavoro a cui hanno partecipato, i bambini usano anche il criterio del metodo: a partire dai 3 anni essi sono in grado di graduare le ricompense in base a quanto hanno lavorato , anche se non in misura proporzionale. Reciprocità e cooperazione Esistono 2 tipi di reciprocità:  Quella diretta: consiste nell’agire verso un altro individuo tenendo conto di come questi ha agito nei nostri confronti. Ciò può avvenire in 2 modi: o ricambiando un favore ricevuto (o viceversa rifiutandolo a chi ce lo ha rifiutato) o scegliendo di interagire con gli individui che ci hanno fatto dei favori, e non con quelli che ce li hanno rifiutati o non hanno collaborato con noi.  Quella indiretta: che consiste nel tenere conto di come un individuo ha agito in precedenza nei confronti di altri. Essa si verifica in gruppi di 3 o più individui in funzione della reputazione dei membri e richiede in primo luogo di distinguere chi collabora con gli altri e chi no. Quando il compito cooperativo prevede una distribuzione di risorse , la preferenza si manifesta solo se non è possibile una ripartizione ugualitaria. CAPITOLO 8: LO SVILUPPO SOCIALE  La vita quotidiana dei bambini dai 3 ai 5 anni è molto più articolata , in termini di interazioni faccia a faccia , di relazioni significative e di modi di porsi nei confronti degli altri. Fin dai primi giorni di vita il bambino subisce l’influsso dell’ambiente in un senso molto ampio, fisico e psicologico. LA TEORIA DEI SISTEMI ECOLOGICI La teoria dei sistemi ecologici di Urie Bronfenbrenner ci aiuta a comprendere meglio i diversi aspetti dell’ambiente che hanno rilevanza per lo sviluppo della persona e dell’ambiente. Le caratteristiche di una persona in un determinato momento della sua vita sono una funzione congiunta delle caratteristiche della persona e dell’ambiente lungo il corso della vita di quella persona fino a quel determinato momento.  L’ambiente psicologico dipende dal modo in cui il soggetto lo percepisce e lo vive: poiché l’essere umano è in costante e evoluzione nel corso del tempo, anche l’ambiente cambia: il tempo non 60 appare meramente come un attributo del  genere umano che cresce, am anche come una proprietà dell’ambiente circostante. Bronfen brenner nega che l’ambiente psicologico si possa definire in termini fisici , biologici, sociologi o altro, come qualcosa che “sta fuori ” dall’individuo.  Ecologia psicologica: insieme di condizioni esterne in grado di influire sullo spazio di vita ad un momento dato.  Spazio di vita: interrelazione persona-ambiente (concetto preso da Lewin).  Nicchie ecologiche: regioni dell’ambiente che risultano particolarmente favorevoli o sfavorevoli per lo sviluppo in relazione alle caratteristiche del bambino. Bronfenbrenner ha inoltre elaborato una concezione più articolata di quella lewiniana, individuando diverse condizioni, tra loro interconnesse, che formano nel loro insieme l’ambiente ecologico. L’ambiente ecologico può essere concettualizzato a gradi diversi d’astrazione , ciascuno dei quali corrisponde a diversi scenari o strutture ambientali, racchiusi l’uno nell’altro in un modo che l’autore stesso paragona a una serie di matrioske. Bronfenbrenner divide l’ambiente ecologico in quattro livelli: 1.  Microsistema: entro i quali le unità interpersonali minime costituite da diadi (ad esempio madre-bambino)  si rapportano al loro interno e con altre diadi con significative interazioni dirette. Un microrganismo è dunque un pattern organizzato di relazioni interpersonali, attività condivise, ruoli e regole , che si svolgono per lo più entro luoghi definiti. La famiglia , la rete della parentela più estesa , la scuola , sono esempi di microsistemi. 2.  Mesosistema: l’individuo inserito in una relazione tra due o più microsistemi (es. contesto scuola-famiglia). 3.  Esosistema: interconnessione di duo o più contesti sociali uno dei quali è esterno all’azione diretta del soggetto (es. bambino in rapporto con il lavoro del padre).Altri esosistemi sono istituiti dall'esistenza dei mass media, del sistema scolastico , dei servizi sociali, tutti fattori in grado  di influenzare in modo  considerevole i micro e i mesosistemi di cui il bambino fa parte 4.  Macrosistema: comprende istituzioni politiche ed economiche, valori e cultura della società. L’AMPLIAMENTO DEL MICROSISTEMA FAMILIARE I fratelli Il sistema di relazioni familiari cambia profondamente con la nascita di un secondo bambino. Nei primi mesi la madre deve dedicare molto tempo ed attenzioni al nuovo nato, e questo conduce all’intensificarsi dei rapporti tra il primogenito e il padre. A mano a mano che il piccolo inizia a interagire in modo significativo anche con il padre ed il fratello maggiore, il gruppo-famiglia si trasforma dall’iniziale triade più uno in una tetrade e, nell’arco di un paio d’anni, si delineano entro la famiglia due sottosistemi: da un lato gli adulti che formano la coppia parentale e dall’altro i figli uniti nel sottosistema fraterno. Questa transizione non è sempre indolore: il fratellino si presenta come un piccolo essere urlante che monopolizza l’interesse dei grandi e le cure della mamma. Talvolta i genitori si sentono rivolgere la richiesta di mandar via l’intruso; altre volte la gelosia si esprime in capricci o in temporanee regressioni, come tornare a fare la pipì a letto. 61 La possibilità di superare questa fase di turbamento non dipende tanto dall’intensità delle reazioni immediate alla nascita del fratello, quanto dal contesto familiare e ambientale nel suo insieme. Le  interazioni tra fratelli nel corso dell’infanzia e della fanciullezza sono una palestra relazionale e un’occasione di apprendimento sia per i fratelli maggiori sia per i secondi nati. I genitori infatti, tendono a comportarsi diversamente con ciascun figlio . Il processo di differenziazione dei fratelli è stato definito (branching off, diramazione ). Crescendo i rapporti fraterni si fanno più paritari , soprattutto grazie allo sforzo dei fratelli minori per ridefinire  i ruoli riducendo la supremazia dei maggiori. I primogeniti spesso guadagnano in famiglia una posizione speciale, sperimentando per un lasso di tempo più o meno lungo la posizione privilegiata di figlio unico; ai bambini nati successivamente, viene invece richiesto di adattarsi ad un ambiente familiare con regole più stabilite e di condividere fin dall’inizio con qualcun altro le cure genitoriali.  Gli studi familiari rilevano correlazioni abbastanza elevate tra genitori e figli in caratteristiche quali il quoziente intellettivo o aspetti della personalità. Si studiano i casi di adozione : si è così riscontrato che il punteggio in un test di intelligenza correla maggiormente  tra il bambino e la madre biologica (con la quale solo i geni sono condivisi) che tra il bambino e i genitori adottivi , con cui vive e da cui viene educato. I monozigoti si somigliano maggiormente dei dizigoti non solo per le caratteristiche fisiche ma anche per il QI e personalità. I primogeniti sono candidati a diventare più autoritari e ambiziosi, ma anche più rivolti verso la famiglia, esercitando un ruolo protettivo nei confronti dei fratelli minori fino a costruire per essi una figura di attaccamento. La relazione fraterna è caratterizzata molto spesso da un coinvolgimento ambivalente, per cui alla condivisione positiva di giochi ed esperienze si affianca spesso anche il conflitto, la discussione o la lite. La psicologia del figlio unico , ha inizio nel 1930 e si pensava che i figli unici fossero candidati a diventare egoisti , presuntuosi e aggressivi.  Chi non ha fratelli usufruisce in pieno  delle risorse familiari , sia materiali come il tempo trascorso con i genitori , la disponibilità economica . Secondo alcuni studi, difatti, i figli unici sarebbero addirittura più intelligenti , adattati , socievoli dei loro coetanei con  fratelli. I nonni I nonni, e soprattutto la nonna materna, svolgono nel nostro paese un ruolo importante nella vita dei bambini, molte donne si sentono più tranquille nell’affidare un bambino di pochi mesi alla madre o alla suocera piuttosto che ad una baby-sitter. Il coinvolgimento con i nipoti risulta estremamente positivo anche per gli anziani che svolgono attivamente la funzione di nonni, permettendo loro di mantenere in famiglia un ruolo importante di sostegno materiale ed emotivo. La dimensione che più fortemente caratterizza l’immagine del nonno è quella affiliativa, che richiama la capacità di fare qualcosa insieme per il semplice gusto che tale condivisione comporta. 62 ma può essere anche un oggetto personificato: in ogni caso, la caratteristica principale di questo amico è di essere visibile solo dal suo inventore, che interagisce con lui proprio come se fosse reale. I bambini che hanno un amico immaginario non mostrano carenze nelle abilità relazionali, inoltre sembrano riceverne beneficio a vari livelli: sono più creativi dei loro coetanei, più continui e perseveranti nell’attività ludica, e più inclini alla collaborazione sia con i compagni reali, sia con gli adulti. Gradi di coinvolgimento sociale La classificazione delle attività infantili in base al grado di partecipazione sociale in esse implicato, proposta molti anni fa da Mildred Parten, conserva ancora oggi la sua validità. Se si osserva un gruppo di bambini all’asilo, si nota che prima o poi ciascuno di essi mette in atto dei comportamenti non sociali, come bighellonare senza far nulla, giocare da soli o stare a guardare gli altri. Secondo Parten la frequenza delle azioni non sociali declina rapidamente dopo i 2 anni; ma da studi successivi risulta che esse sono ancora il comportamento più frequente a 3-4 anni, e che il gioco solitario, in particolare, rimane per tutta l’età prescolare. Un primo grado di coinvolgimento sociale, si trova nel gioco parallelo, molto comune nelle giornate dei bambini alla scuola dell’infanzia: è una situazione in cui vari bambini giocano indipendentemente l’uno dall’altro, ma in circostanze che li accomunano, come usare lo stesso tipo di giocattoli o condividere lo spazio disponibile. Certi, angoli attrezzati, per il disegno o la lettura favoriscono il gioco individuale; altri  con materiali da costruzione , abiti e stoffe, utensili da cucina e altri oggetti domestici , incoraggiano giochi collettivi , sia di esercizio sia sociodrammatici. All’esterno , la presenza di altalene, scivoli, buche con sabbia, è l'occasione per attività motorie sia che individuali sicché coordinate   Il gioco con gli altri diventa invece associativo quando i bambini svolgono attività uguali o simili, rivolgendo un interesse particolare al carattere comune dell’azione.  Si definisce infine cooperativo un gioco organizzato in cui i partecipanti rivestono ruoli diversi, necessari alla realizzazione di un’attività costruttiva complessa, di una drammatizzazione o di una gara.  Alcuni autori avevano considerato il gioco parallelo come una manifestazione dell’egocentrismo infantile, in quanto tale tipo di attività il bambino sembra poco sensibile alla presenza degli altri. GIOCO E SOCIALIZZAZIONE Molti autori concordano nel non ritenere il gioco una classe di comportamenti a sé stanti, ma una disposizione, o meglio un insieme di disposizioni, applicabili a qualunque azione. Piaget considera il gioco come un’attività in cui l’assimilazione prevale sull’accomodamento: il bambino che gioca è quindi libero dallo sforzo di adeguare la sua condotta alle richieste della realtà esterna e può fare ciò che più gli piace. Secondo Mead, l’assunzione del punto di vista di un altro nel corso dell’azione (role- taking) viene appresa attraverso due forme di esperienze che il bambino fa nel corso dello sviluppo. 1.  Vi sono gli scambi interpersonali nel corso dei quali il bambino sperimenta numerose costellazioni di azioni-reazioni (sue e degli altri). Dapprima sono esperienze concrete e ancorate alla situazione contingente ma poi, grazie allo sviluppo cognitivo e linguistico, il 65 bambino inizia a sistematizzare gli elementi costitutivi dei vari generi di scambi in forma astratta e generalizzata. 2. Nel corso dei giochi di finzione il bambino impersona più ruoli:la prospettiva di finzione permette al bambino di identificarsi con persone per lui rilevanti, e di anticipare sperimentalmente le azioni-reazioni implicate dagli scambi interpersonali in situazioni diverse. La prospettiva  di finzione permetterebbe quindi al bambino di identificarsi con percorse per lui rilevanti. Vi sono 3 ipotesi del gioco di finzione: 1. è un fattore unico e cruciale per lo sviluppo in molte aree 2. è una tra molte occasioni di sviluppo,  3. è una manifestazione del procedere dello sviluppo, che dipende però da altri fattori.  La qualità e la quantità del gioco sembrano avere un ruolo positivo, a solo in associazione  con le caratteristiche del bambino Il gioco sociodrammatico L’uso ludico di simboli permette scambi sociali particolarmente salienti , sostenuti inizialmente dall’interazione con una figura adulta. Dai 3 anni nasce il gioco simbolico condiviso , comunemente detto sociodrammatico. Tra i 3 e i 6 anni questa forma di gioco sociale tende a soppiantare le finzioni individuali, e diviene una delle principali forme di attività condivisa: i bambini vi si impegnano più a lungo e più volentieri che in altri passatempi collettivi, cooperano meglio e aggregano nel gioco un maggior numero di compagni. Un gioco sociodrammatico di una certa durata e complessità può essere considerato proprio come una sorta di commedia, in cui i bambini sono nel medesimo tempo autori, attori e registi. Il gioco sociodrammatico sembra utile a rafforzare numerose abilità cognitive: attenzione, memoria, ragionamento logico, creatività, oltre che favorire l’assunzione dei ruoli messa in luce da Mead. Differenze di genere nel gioco Tra le differenze individuali che hanno richiamato l’attenzione degli studiosi vi sono quelle legate al genere. In un classico studio osservativo dei giochi di costruzione, Erik Erikson mise in luce come le preferenze dei maschi si rivolgessero verso edifici a torre, interpretabili come simboli fallici, mentre le femmine sviluppavano strutture basse ed ampie, con recinti e spazi allusivi all’accogliere dentro di sé. In una recente ricerca sono stati censiti i giochi di bambini e bambine di 5 anni in tre scuole dell’infanzia della provincia di Roma. Alcuni giochi di movimento, come le corse o la giostra, sembrano piacere a tutti; del pari disegni e costruzioni sono stati osservati in entrambi i sessi. Tuttavia nessuna bambina è stata vista giocare a calcio o alla lotta per finta, così come nessun bambino è stato visto danzare, fare il girotondo o il trenino. 66 Anche le esplorazioni in giardino si sono orientate diversamente: raccolta di fiori e foglie per le bambine, caccia agli insetti per i maschi. Colpisce infine la diversità di temi nei giochi di fantasia, che quasi mai hanno impegnato bambini e bambine insieme: guerra, mostri, robot e dinosauri sono gli scenari maschili, mentre al femminile troviamo temi tradizionali come casetta, parrucchiera, medico, maestra ed altri un po’ più frivoli come i fidanzati, Sailor Moon e Barbie. LO SVILUPPO DELLE DIFFERENZE DI GENERE La divisione in gruppi omogenei per sesso è al tempo stesso conseguenza e causa delle diversità di interessi e comportamenti tra maschi e femmine. Componenti della tipizzazione sessuale Bambini e bambine cominciano a mostrare vari segni di tipizzazione sessuale o di genere ben prima di andare all’asilo. Per tipizzazione sessuale si intende l’assunzione di modo di comportamento e preferenze concordanti con quelli ritenuti generalmente appropriati al proprio sesso biologico e anagrafico. La tipizzazione sessuale è un processo psicologico lungo e sfaccettato che, secondo una classificazione proposta da Aletha Huston, si manifesta in almeno 6 ambiti (righe della tabella) mediante almeno 4 tipi di punti di vista (colonne della tabella). Nelle varie celle della matrice vi sono esempi di caratteristiche personali, modi di pensare e comportamenti che riflettono la tipizzazione sessuale. AMBITO PUNTO DI VISTA COGNITIVO PUNTO DI VISTA DELL’IDENTITA’ PUNTI DI VISTA MOTIVAZIONALE PUNTO DI VISTA COMPORTAMENTALE Sapere che … Percepirsi come uno/a che… Preferire... Comportamenti quali… Sesso biologico o categoria sessuale Il sesso biologico è una caratteristica permanente È di sesso maschile o femminile Essere maschio o femmina Essere sessualmente attratti da una femmina o da un maschio Attività e interessi (ad esempio giochi) Si pensa che giocare con le macchinine sia da maschi, con le bambole da femmine Ama le macchinine o le bambole Macchinine o bambole Giocare effettivamente con macchinine o con bambole 67 Teorie sulle cause sociali e cognitive della tipizzazione sessuale Molto lavoro è stato speso dagli psicologi per individuare le cause delle differenze di genere. Due approcci storicamente importanti, la psicoanalisi e la teoria dell’apprendimento sociale hanno identificato nell’imitazione e nell’identificazione con i genitori la strada che porta ad assumere motivazioni, idee e comportamenti congruenti con il proprio sesso biologico. Imitazione: acquisizione di comportamenti specifici simili a quelli di un modello (es. un bambino che cerca di camminare con la stessa andatura del padre). Identificazione: assunzione di principi cognitivi simili a quelli del modello (es. una ragazza che sceglie il corso di studi che la madre desiderava frequentare da giovane). Teoria della psicoanalisi: Freud sostiene che, durante la fase fallica, i bambini e le bambine scoprono la differenza tra i sessi, concepite in modo assai primitivo come possesso o mancanza del pene. Interrogandosi sulla causa di ciò, essi giungono ad immaginare che le femmine siano state private del pene. I maschi, poi, temono di subire la stessa sorte. Questa angoscia di castrazione, alimentata dai desideri incestuosi nei confronti della madre, induce il bambino a percepire il padre- rivale come un potenziale aggressore: identificarsi con lui sarebbe un modo inconscio di ridurne la pericolosità ed al tempo stesso un modo per piacere alla madre (complesso di Edipo o Elettra). Teoria dell’apprendimento sociale: familiari, insegnanti e coetanei rinforzano sistematicamente nei maschietti l’adesione al ruolo maschile (ed a quello femminile nelle bambine), premiando con la loro approvazione i comportamenti corrispondenti allo stereotipo e ignorando o addirittura disapprovando apertamente quelli dissonanti. I genitori trattano i figli e le figlie in modi chiaramente diversificati fin dai primi giorni di vita, a partire dall’ovvia attribuzione di un nome maschile o femminile e dalla scelta di colori convenzionalmente associati al genere per culle e vestitini. Inoltre spesso gli stereotipi vengono originati proprio dai familiari  (dei maschi si valorizza il vigore e l’assertività mentre delle femmine la dolcezza o la docilità). Accanto a queste influenze mediate dai meccanismi del rinforzo, la teoria dell’apprendimento sociale attribuisce un ruolo importante l'apprendimento osservativo che avviene tramite l’imitazione di comportamenti degli adulti, dei compagni o dei modelli proposti dalla televisione. Un ruolo importante come modelli è assunto dalle figure affettivamente salienti, ed in particolare il padre e la madre. Vari studi documentano come, nelle famiglie dove i ruoli non sono distribuiti in modo tradizionale tra padre e madre (ad esempio, il padre cucina e la madre si destreggia con le riparazioni elettriche), bambini e bambine si mostrano meno attaccati agli stereotipi di genere. Inoltre, in caso di divorzio, i maschi che vivono con la madre e le femmine che vivono con il padre appaiono meno tipizzati sessualmente, forse per la minore esposizione alla divisione dei ruoli che si osserva nelle famiglie in cui sono presenti entrambi i genitori. Secondo Kohlberg, la tipizzazione sessuale dipende dalla costanza di genere, cioè dalla comprensione che il genere a cui una persona appartiene non cambia. È la comprensione dei fatto che si è e si resterà per sempre un maschio o una femmina a motivare e organizzare la ricerca di informazioni sui ruoli sessuali e a spingere ai comportamenti ad essi corrispondenti. 1.  Il primo livello di conoscenza, raggiunto dalla maggior parte dei bambini entro i 3 anni, è quello dell’identità di genere, caratterizzato dalla capacità di indicare correttamente il proprio sesso e quello di altre persone. I bambini però ignorano la costanza di genere. 70 2.  Una parziale conoscenza della costanza del genere viene raggiunta verso i 5 anni, con il livello della stabilità del genere. I bambini sanno che il loro sesso non cambierà con il tempo, e tuttavia credono che esso venga modificato da comportamenti appropriati al sesso opposto. 3.  Infine, verso i 6-7 anni i bambini comprendono che il sesso di una persona è una caratteristica immodificabile, che non dipende da aspetti superficiali come abbigliamento, pettinature e comportamenti, raggiungendo il livello finale, quello della permanenza del genere. Una ricerca condotta con la tecnica della preferenza visiva , ha dimostrato che già  a 9 mesi le bambine osservano più a lungo le bambole che le macchinine , mentre i bambini fanno il contrario. Teoria dello schema sessuale: i bambini iniziano molto presto a riconoscere la presenza di differenze tra individui dei due sessi, e ad organizzarle in schemi che permettono loro di interpretare il mondo sociale intorno a sé.  TEORIA FREUDIANA APPROCCIO COMPORTAMENTISTA APPROCCIO COGNITIVO- EVOLUTIVO 1. Desiderio della madre e paura e vendetta del padre 2. identificazione col padre 3. tipizzazione sessuale 1. Rinforzo esterno all’imitazione del padre 2. Identificazione cl padre 3. Tipizzazione sessuale 1. Permanenza del genere 2. Imitazione del padre 3. Tipizzazione sessuale Componenti biologiche nelle differenze di genere Numerosi studi sono stati condotti per valutare quanto sia determinante, sulla personalità, la diversa struttura cromosomica e la diversa presenza degli ormoni maschili e femminili. Si è riscontrato che i maschi affetti dalla sindrome di Klinefelter (il soggetto ha una tripletta di cromosomi sessuale XXY) presentano sovente una personalità poco mascolina. Nelle donne con sindrome di Turner (assenza di un cromosoma X) è stata riscontrata invece una personalità ultra- femminile.  Il caso di David-Brenda (circoncisione andata male, pag. 283, oppure cerca su internet) La correlazione tra comportamento e fattori biologici non permette di asserire che questi ultimi ne siano l’unica causa; molti etologi, sociobiologi e psicologi evoluzionisti sono stati i più inclini a considerare le differenze di genere come radicate nella dotazione biologica innata. I ruoli di genere che ancor oggi sopravvivono sono spiegati, in questa prospettiva, dall’investimento parentale, ossia il diverso costo della riproduzione: basso per i maschi, alto per le femmine. Assumendosi rischi e fatiche connessi a gravidanza, parto e cura della prole, le donne ricevono dai maschi protezione e risorse materiali; la tendenza del maschio a controllare la sessualità femminile deriverebbe dalla necessità di assicurarsi che la prole a cui dedica i propri sforzi sia effettivamente sua; con una logica simile sono spiegate anche le specificità del corteggiamento e dell’attrattiva sessuale. Ruoli sessuali e cultura 71 Le ricerche hanno evidenziato il ruolo dei microsistemi (famiglia, scuola ) nel processo di tipizzazione di genere, e anche quello della società (televisione ) In effetti, le prime ricerche tendevano a sottolineare proprio il carattere universale di alcune basilari differenze di genere, ossia la presenza di ruoli differenziati e l’attribuzione ai maschi di uno status sociale superiore; la diversità la diversità di ruolo era poi considerata responsabile delle differenze di personalità riscontrabili tra uomini e donne. Un esempio classico di questo approccio è costituito dalla teoria sociologica proposta negli anni 50 da Talcot Parsons e Robert Bales, i quali distinguevano entro la famiglia un ruolo paterno strumentale (ossia volto in prevalenza a fornire supporto materiale e cognitivo) e un ruolo materno espressivo (teso cioè soprattutto agli aspetti emotivi e relazionali). A differenza della teoria di Parsons e Bales , al giorno d’oggi madre e padre hanno ruoli meno stereotipati e più intercambiabili. Ma con delle eccezioni:  Pigmei Aka,il padre presta ai figli cure quotidiane, e la madre procura la legna  Kenya, i maschietti dai 5 anni in poi fanno le faccende domestiche e badano ai fratelli, le femmine giocano con le coetanee PARTE 3: LA MEDIA FANCIULLEZZA (terzo stadio=operazioni concrete) CAPITOLO 9 LO SVILUPPO COGNITIVO  La media fanciullezza abbraccia il periodo compreso tra i 6 gli 11 anni, che in Italia e in molti altri paesi coincide con la frequenza della scuola elementare. La scuola offre ai bambini l’occasione non solo di uscire dall’ambito ristretto della famiglia, incontrarsi regolarmente con dei coetanei, sperimentare le regole e i ruoli di un’istituzione pubblica, ma anche di apprendere in modo sempre più sistematico, in attività guidate da adulti, abilità e conoscenze considerate basilari nella società in cui vivono: leggere, scrivere, fare i conti, e i rudimenti di alcune discipline come storia, geografia, scienze naturali.  Tutto questo ha un impatto enorme sullo sviluppo cognitivo e sociale. La media fanciullezza corrisponde al III stadio nella teoria di Piaget, quello delle operazioni concrete. Caratteristiche dello stadio operatorio concreto: pensiero reversibile, può compiere le operazioni, le seriazioni e le classificazioni additive e moltiplicative , le nozioni di conservazione vengono comprese , l’egocentrismo intellettuale è in via di progressivo superamento .L’emergere di queste abilità si traduce in una crescente differenziazione tra realtà mentale e realtà materiale e quindi nell’abbandono delle concezioni realistiche , animiste e artificialiste tipiche del pensiero preoperativo. IL PUNTO DI VISTA PIAGETIANO Secondo Piaget durante lo stadio delle operazioni concrete emergono due vasti insiemi di operazioni mentali: quelle logico-aritmetiche e quelle spazio-temporali (o infralogiche). Le operazioni spazio-temporali (infralogiche) 72 LO SVILUPPO COGNITIVO NELL’APPROCCIO HIP L’analogia tra mente e computer, su cui si basa l’approccio dell’elaborazione dell’informazione ha suggerito una visione più variegata dello sviluppo, stimolando a investigare i cambiamenti che hanno luogo con l’età: sia nei processi attraverso cui le informazioni vengono acquisite, memorizzate, trasformate e utilizzate per decidere e pianificare le azioni;sia nella memoria di lavoro, nella quale queste operazioni vengono attivate e compiute, sia nei modi in cui le informazioni sono rappresentate e organizzate nella memoria a lungo termine. La metafora del computer: studiare il software della mente umana (i programmi e i dati) senza doversi curare di studiare anche l’hardware , cioè il computer come macchina e , nel caso della mente umana , il cervello. I cambiamenti nei magazzini di memoria Già i primi test di intelligenza ideati da Binet e Simon comprendevano delle prove per misurare la quantità di stimoli (numeri o parole) rievocati correttamente subito dopo la loro presentazione, cioè lo span di memoria immediata, e hanno indicato che questo aumenta con l’età. Per memoria di lavoro  si intende l'elaborazione di queste informazioni e la conservazione dei loro prodotti intermedi .  Il concetto di memoria  a breve termine e quello di memoria di lavoro non erano distinti nei primi modelli della memoria. Tuttavia essi vanno distinti perché la memoria di lavoro comporta delle componenti in più e coinvolge strutture corticali diverse rispetto alla memoria a breve termine. La capacità della memoria di lavoro delimita la complessità delle operazioni che possiamo eseguire e quindi si riflette su tutto quello che facciamo in modo non automatico: capire il senso  di un discorso , collegando le parti sentite in un dato momento con quelle precedenti ; rivedere le nostre idee alla luce di informazioni nuove; valutare varie alternative, confrontare le nostre aspirazioni con le nostre conoscenze per formulare dei piani ; svolgere un ragionamento. Secondo gli studiosi neopiagetiani, è la scarsa capacità della memoria di lavoro dei bambini più piccoli che impedisce loro di risolvere quei problemi , come le prove di conservazione , che richiedono l’attivazione contemporanea dei diversi dati o operazioni. Le migliori prestazioni al crescere dell’età nelle prove di memoria immediata derivano sia  dalla maturazione del sistema nervoso centrale, sia dall’esperienza. I bambini sono testimoni attendibili?  Molte sono le cose che i bambini devono saper fare per essere testimoni attendibili: memorizzare gli eventi, capire le domande, , capire la differenza tra verità e bugia e sentirsi impegnati a dire la verità. Le capacità che i bambini hanno di memorizzare e recuperare le informazioni su eventi che li hanno particolarmente colpiti sono notevoli. Ciò di cui i bambini difettano è invece la capacità di capire se i ricordi riguardano ciò che hanno visto o che hanno solo immaginato. Le precauzioni che devono essere prese quando si vogliono ottenere testimonianze attendibili dei bambini : formulare le domande in modo semplice e chiaro , in forma aperta. Evitare le domande suggestive . Condurre l’esame in un luogo tranquillo , in modo da evitare che i bambini si distraggono . Spiegare ai bambini che possono rispondere “non so”, e anche  correggere l’intervistatore. Infine i bambini possono anche cambiare spesso l’argomento senza segnalarlo. 75 Le ricerche sulle bugie dei bambini mostrano che essi  cominciano a dirle intorno ai 2 anni non appena possiedono abbastanza parole per farlo. La capacità di definire verbalmente cos’è  una bugia  si sviluppa gradualmente: per i bambini di 3 anni , una bugia è un’affermazione non veritiera; solo tra i 6 e i 10 anni i bambini capiscono anche le intenzioni di chi le proferisce.  Ciò che induce i bambini a mentire è la previsione delle conseguenze negative che potrebbero subire se dicessero la verità. Mentire non è facile : bisogna saper costruire una storia coerente e credibile , ricordarsela per non smentirla e saper controllare le espressioni facciali. Le strategie mnemoniche e il loro sviluppo Le strategie mnemoniche sono sequenze di operazioni di solito eseguite consapevolmente e deliberatamente per immagazzinare o recuperare delle informazioni. per esaminare se i bambini usano strategie mnemoniche bisogna coinvolgerli in compiti o situazioni giocose in cui a un certo punto , si chiede loro di ricordare qualcosa. Tra le strategie rivolte all’immagazzinamento delle informazioni rientrano la reiterazione, l’organizzazione e l’elaborazione che vengono usate dagli adulti e dai bambini più grandi nei compiti sperimentali in cui si chiede di ricordare liste di item, oppure coppie di parole, in modo da poter ripeterne una quando lo sperimentatore dice il nome dell’altra. Flavell ha concluso che nello sviluppo delle strategie mnemoniche i bambini passano attraverso tre livelli: 1.  La strategia non è disponibile perché non sono ancora presenti o abbastanza consolidate le operazioni che ne costituiscono il materiale di costruzione. 2.  Carenza di produzione: i bambini possiedono la strategia o le operazioni di cui è composta e sono perciò in grado di usarla con successo se stimolati a farlo, ma non lo fanno spontaneamente, c’è carenza di produzione. 3.  Uso maturo della strategia: i bambini possiedono la strategia e la usano spontaneamente in modo efficace. L’idea che non basti possedere una strategia, ma occorra anche sapere di possederla e in quali circostanze usarla, ha dato origine ad un filone di studi sulla conoscenza che i bambini hanno sul funzionamento della memoria (metamemoria). Questo genere di studi è stato poi esteso ad altre funzioni e attività cognitive, come ad esempio attenzione, comprensione, ragionamento, lettura e scrittura dando origine ad un’area di ricerca denominata metacognizione. La metamemoria e il suo sviluppo Ø  Processi metacognitivi di controllo: particolare tipo di attività mentale, consistente nel sovraintendere al funzionamento cognitivo scegliendo tra i processi di base quelli che sembrano più adatti per svolgere un certo compito, monitorandone l’esecuzione e valutandone i risultati. Ø  Conoscenze metacognitive: conoscenze su cui si basano le attività metacognitive. Secondo John Flavell la metamemoria ha due componenti principali: 76 1.  La prima consiste nel distinguere la memoria e le situazioni che la coinvolgono da altri tipi di attività mentali. Il precoce possesso di questa conoscenza è testimoniato dal fatto che già a 2-3 anni i bambini usano rudimentali strategie mnemoniche. 2.  La seconda è costituita dalla conoscenza dei fattori che rendono un compito più o meno difficile. Tali fattori possono essere distinti in tre gruppi: ·         Caratteristiche della persona: vi rientrano sia quelle generali, cioè proprie di tutti gli esseri umani, sia le caratteristiche peculiari che differenziano gli individui gli uni dagli altri. ·         Caratteristiche del materiale: per poter predisporre le strategie mnemoniche più efficaci, è necessario anche avere qualche idea del grado di difficoltà del materiale da ricordare. ·         Caratteristiche del compito: compiti diversi presentano diversi gradi di difficoltà. Lo sviluppo di strategie per la soluzione di problemi: l’enumerazione Enumerare (o contare) vuol dire associare dei numeri ed una collezione di oggetti, seguendo delle regole precise, in modo da determinarne la quantità: deve esserci una corrispondenza biunivoca tra numeri e oggetti; i numeri devono essere organizzati secondo un ordine stabile, cioè che rimane identico ogni volta che si conta. I bambini cominciano molto presto a enumerare, sebbene nel farlo compiano degli errori. Secondo Piaget: Il fatto di enunciare dà un contributo marginale alla conoscenza della nozione di numero da parte dei bambini , perché essa si fonda sulle operazioni di classificazione e seriazione addittive. Negli studi più recenti viene attribuito un ruolo importante nell'enumerazione, considerandola una componente fondamentale , se non addirittura la radice delle conoscenze numeriche nei bambini. Secondo Robbie Case: verso la fine del secondo anno di vita i bambini hanno sviluppato numerose strutture di controllo esecutivo grazie alla differenziazione e coordinazione di quelle presenti alla nascita. Si conclude cosi lo stadio senso motorio e i bambini entrano , verso i 3 anni , in un nuovo stadio (interrelazionale) STADIO INTERRELAZIONALE  Ø  Consolidamento delle operazioni (fra i 18 mesi e i 2 anni): le strutture di controllo esecutivo relative all’imitazione rispettivamente di gesti e parole si fanno ciascuna più complessa. I bambini ripetono due parole di fila, come “uno, due” e sanno imitare qualcuno che tocca due oggetti uno dopo l’altro.  Ø  Coordinazioni unifocali (tra i 2 e i 3 anni): le due strutture precedenti vengono integrate e i bambini toccano gli oggetti dicendo contemporaneamente “uno, due”.  Ø  Coordinazioni bifocali (3 anni): i bambini compiono l’operazione appena descritta contando anche 4 o 5 oggetti, purché siano messi in fila.  Ø  Coordinazioni elaborate (tra i 3 anni e mezzo e i 5 anni): i bambini riescono a eseguire delle operazioni ancora più complesse, come contare degli oggetti disposti in ordine sparso anziché in fila, oppure contare solo alcuni oggetti. I bambini ad esempio, possono contare per valutare delle quantità , come la numerosità di una collezione di elementi, oppure l’altezza di due torri formate da cubi . Quando ciò avviene hga inizio un nuovo stadio quello funzionale. 77 Lo studio dell'aritmetica potenziale sviluppa le spontanee abilità di enumerazione e di calcolo emerse durante l’età prescolare , e fornisce la base sia per affrontare in modo nuovo problemi quotidiani , sia per comprendere le discipline scientifiche. La scuola costituisce anche un contesto essenziale per lo sviluppo sociale. E’ qui che i bambini hanno modo di giocare e interagire con coetanei che non sono genitori Dal disegno alla scrittura L’ingresso nella scuola elementare segna un salto in avanti nel progresso intellettuale e sociale. L’ingresso a scuola viene mediato da genitori ed educatori in modo che i bambini ne colgano soprattutto gli aspetti piacevoli senza restare spaventati e disorientati dalla novità  L’approccio stadiale di Luquet Agli inizi del Novecento, Georges-Henry Luquet ha indicato la successione di fasi attraverso cui progredisce il grafismo infantile. ·         Stadio del realismo fortuito (2 anni): il bambino intuisce che i segni sul foglio possono rappresentare qualcosa ed inizia quindi ad interpretare i propri prodotti grafici come rappresentativi di questo o quell’oggetto sulla base di somiglianze anche fragili: un segno tondeggiante può essere definito come un sole o come una pentola. ·         Stadio del realismo mancato (dai 2 anni e mezzo fino ai 4/5 anni): il piccolo disegnatore si pone più chiaramente degli intenti figurativi, ma spesso non riesce a raggiungerli; egli reinterpreta perciò il suo disegno alla luce di quello che è uscito. Il bambino incontra difficoltà a coordinare le diverse parti di un disegno (incapacità di sintesi) cosicché in alcuni casi si limita a giustapporre vari elementi senza rispettarne le relazioni spaziali (ad esempio, attacca le braccia di una figura direttamente alla testa). ·         Stadio del realismo intellettuale (dai 5 agli 8 anni circa): il bambino diviene molto più abile nel rappresentare l’aspetto delle cose che disegna. Le figure si arricchiscono di particolari, anche grazie al miglior controllo della motricità fine, e le relazioni tra le parti sono rese più accuratamente. ·         Stadio del realismo visivo (dagli 8 anni circa fino all’adolescenza): si manifesta nei tentativi sempre meglio articolati di raffigurare la prospettiva entro e tra gli oggetti disegnati, talora anche grazie al ricorso a soluzioni convenzionali che il bambino riprende dai fumetti e dai libri illustrati. In questo modo il disegnatore cattura il modo in cui gli oggetti appaiono da un preciso punto di vista. Lo sviluppo del disegno Il compromesso tra sapienza ed economicità di esecuzione spiega la presenza, nei disegni dei bambini e degli adulti non specialisti, di figure canoniche, ossia forme ricorrenti ad alta riconoscibilità e semplicità: la casa col tetto a punta, l’omino stilizzato, il pino con i rami a raggiera. Una caratteristica delle figure canoniche è di essere centrate sull’oggetto, cioè di rappresentare ciò cui si riferiscono dal punto di vista che meglio ne mostra le caratteristiche. 80 “il bambino disegna ciò che sa e non ciò che vede.” Le ricerche successive hanno dimostrato però che la tendenza al conservatorismo, evidente nella preferenza per schemi canonici, coesiste con la capacità di variare i particolari (variabilità intraindividuale). In sintesi, i bambini prediligono forme esemplari degli oggetti, relativamente semplici da eseguire e ben padroneggiate grazie al loro uso ripetuto, ma efficaci dal punto di vista comunicativo. Dal disegno alla lingua scritta Il nostro sistema scolastico , tende successivamente ad assegnare un ruolo molto marginale al disegno, e particolarmente ai suoi aspetti tecnici. Disegnare ordinatamente costituisce invece, secondo alcuni autori, un prerequisito per imparare a scrivere. Ferreiro sostiene che i bambini giungono a distinguere tra segni pittorici e segni rotazionali (lettere e numeri) tramite un processo attivo di scoperta, che precede la scolarizzazione e costituisce una base per il successo scolastico. La distinzione tra disegno e scrittura si afferma solo dopo i 4 anni, quando i bambini considerano i disegni come cose da guardare o da vedere, affermando che solo il testo è da leggere. Alcuni bambini sono però convinti che nelle didascalie possa essere scritto solo il nome di ciò che è raffigurato nelle figure: manca quindi l’idea che la scrittura convenzionale ha una natura astratta e svincolata dall’immagine. Più difficile è impadronirsi della struttura generale del testo, comprendendo che per leggere si deve procedere da sinistra a destra e dall’altro in basso. La scrittura di parole e numeri Alla richiesta di scrivere, i bambini più piccoli eseguono solo scarabocchi, ma già intorno ai 4 anni appaiono segni differenziati (quali cerchietti o aste) e infine lettere dell’alfabeto.  Le prime notazioni usate dai bambini sono notazioni idiosincratiche, consistono cioè in tracciati simili a scarabocchi, incomprensibili a chi li osserva, o notazioni pittografiche, cioè riproduzioni figurative degli oggetti della collezione.  Fra i 3 e i 4-5 anni sono frequenti anche le notazioni basate sulla corrispondenza biunivoca: i bambini usano segni discreti come aste, cerchi, lettere, pseudo-lettere, numerali o anche disegni schematici degli oggetti, in numero corrispondente alla quantità da rappresentare.  A volte compaiono anche delle notazioni miste, caratterizzate dall’uso combinato di numerali e dalla corrispondenza biunivoca.  Infine i bambini arrivano alle notazioni convenzionali, cioè all’uso standard dei numerali, anche se non sempre scritti correttamente. Le notazioni basate sulla corrispondenza biunivoca persistono fino ai 6 anni e talora convivono con quelle convenzionali anche negli anni successivi. IMPARARE A LEGGERE E SCRIVERE Occorre analizzare ciò che appare sulla pagina e riconoscere che vi sono delle lettere (o grafemi); poi il processo può seguire 2 percorsi. Con la via visiva semantica si arriva rapidamente al sistema semantico, tramite il lessico visivo di input, che permetti di collegare direttamente la forma di ciascuna parola scritta con il suo significato e quindi di comprendere il testo ; se poi si vuole leggere ad alta voce, entrano in azione il lessico fonologico di output  che trasforma la parola scritta in una rappresentazione del suono e il sistema articolatorio con cui si effettua la pronuncia. 81 La via fonologica prelessicale procede dall'identificazione delle lettere al collegamento con il loro suono (conversione grafema-fonema ) e giunge al sistema semantico tramite il riconoscimento uditivo: è ciò che fanno i lettori alle prime armi, che spesso pronunciano sottovoce ogni singola parola per poterla comprendere. PRONUNCIA Anche lo scrivere può essere ricondotto ad un modello a due vie, che rispetto alla lettura percorre un percorso a ritroso: ·         si parte dall’analisi acustica dell’input uditivo e si giunge alla composizione della parola sulla carta solo dopo che ciascun fonema è stato fatto corrispondere ad un grafema, ·         oppure dopo che il lessico fonologico di input è stato riconosciuto nel sistema semantico, dando origine alla comprensione e rendendo possibile la conversione nel lessico fonologico di output. Utah Frith sostiene che l’accesso alla lingua scritta si organizza attraverso stadi legati allo sviluppo cognitivo del bambino: •        Strategia logografia: durante il periodo prescolare i bambini identificano la configurazione visiva globale di alcune parole (ad esempio la parola mamma di riconosce perché ha molte gambette). •        Strategia alfabetica: con l’ingresso a scuola il bambino si basa sull’abbinamento tra singole lettere e suoni. Il bambino scompone le parole in lettere e le ricompone pezzetto per pezzetto senza riuscire ad ottenere una lettura fluente. •        Strategia ortografica: la scomposizione delle parole non è più così analitica come con quella alfabetica, in quanto la traduzione in suono del testo scritto avviene sillaba per sillaba. La lettura diviene più fluida anche se molti passi avanti restano da fare circa le parole con grafia irregolare. •        Strategia lessicale: il processo del leggere è automatizzato ed il bambino accede al significato delle parole senza faticose ricodifiche fonemiche. Il metodo sintetico, si basa sull'apprendimento della corrispondenza suono-forma per le singole lettere, e sulla loro successiva sintesi per comporre le parole. A tutt’oggi coloro che seguono un approccio fondato sulle abilità di base considerano necessario partire da materiali molto semplici(lettere o sillabe) per passare a parole e frasi solo dopo che sia stato consolidato il collegamento tra singoli grafemi e fonemi; principi almeno in parte simili sono seguiti dall’approccio linguistico fonologico. Il metodo analitico ha come idea centrale quella di offrire fin dall'inizio ai bambini testi di senso compiuti, di cui sia chiara la funzione comunicativa. Questo approccio è designato nella letteratura anglosassone come approccio linguistico integrale ed è comunemente noto da noi come metodo globale. L’avanzamento nell’alfabetizzazione richiede inoltre al bambino di sviluppare funzioni cognitive che si esercitano solo sul testo scritto , come quelle di analizzare , studiare, riassumere, verificare le informazioni. Per favorire l’efficacia di questo processo sono essenziali , accanto alla qualità delle proposte scolastiche , l’ampiezza e l'intensità delle esperienze di familiarizzazione con la lingua scritta, con le sue finzioni e i suoi scopi, vissute dal bambino nei contesti extrascolastici. TEORIE INGENUE E APPRENDIMENTO DI MATERIE SCOLASTICHE 82 Le ricerche condotte da Carol Dweck mostrano che le persone, compresi i bambini, possono aderire a due teorie differenti: •        Teoria incrementale: le capacità derivano dall’apprendimento e dall’esercizio. Lo sforzo ha un ruolo cruciale. I compiti intellettuali sono visti come delle occasioni di apprendimento e l’insuccesso non segnala un deficit ma indica che si è in presenza di una situazione non ancora padroneggiata, dalla quale è possibile imparare qualcosa di nuovo. L’insuccesso suscita il desiderio di impegnarsi di più. •        Teoria dell’entità: la capacità sono caratteristiche permanenti che non vengono modificate dall’impegno. L’insuccesso è una prova della propria incapacità e il suo verificarsi genera uno spiacevole senso di incompetenza e di impotenza che induce a desistere dai compiti difficili. Queste diverse modalità di reazione agli insuccessi, quando si presentano ripetutamente in uno stesso individuo, costituiscono degli stili o orientamenti permanenti: •        L’orientamento alla padronanza induce a rimanere concentrati sul compito e padroneggiare la situazione nonostante le difficoltà. Tipico della teoria incrementale. •        L’impotenza appresa induce a fuggire dalle difficoltà. Tipico delle teoria dell’entità. I loro effetti si fanno invece sentire in misura crescente con il passaggio alla scuola media, a partire dal quale i ragazzi che hanno uno stile di impotenza appresa vanno incontro a un deterioramento progressivo dei loro risultati scolastici CAPITOLO 11:LO SVILUPPO SOCIALE L’ingresso di bambini e bambine nella scuola elementare costituisce un fattore  di reale discontinuità nella loro vita sociale. Per i bambini sotto i 6 anni si utilizzano soprattutto osservazione del comportamento e misure indirette (come questionari compilati dai genitori). Diversamente, dalla media fanciullezza in poi si può utilizzare anche quanto ci dice il bambino stesso, mentre diviene difficile cogliere comportamenti spontanei con l’osservazione diretta, perché i soggetti si fanno più consapevoli e guardinghi. La maggioranza degli studi sullo sviluppo sociale dopo i 5-6 anni si avvale di strumenti verbali (interviste, test sociometrici, questionari) cui i bambini stessi rispondono, dapprima oralmente e poi, quando lettura e scrittura sono ben padroneggiate, anche in forma scritta. Facendo leva sull’acquisita capacità di agire in modo meno legato al contesto reale, i bambini tra i 6 e gli 11 anni sono stati studiati anche in situazioni sperimentali , nelle quali vengono riprodotti in vario modo aspetti della vita quotidiana. L’elaborazione delle informazioni sociali  L’interazione sociale, e specialmente quella tra pari, è concepita da Dodge e colleghi come un compito che presenta spesso aspetti problematici. Questi autori presentano 8 categorie di situazioni  che mettono alla prova la competenza sociale dei bambini nell’ambito della scuola primaria: A. riuscire a partecipare alle attività di un gruppo di coetanei B. reagire in modo adeguato a una possibile provocazione  C. farsi accettare dagli altri dopo un fallimento che mette in condizione di inferiorità  D. dopo un successo che fa apparire il bambino come superiore 85 E. corrispondere alle aspettative sociali , rispettando le norme condivise dal gruppo F. adeguarsi alle aspettative dell’insegnante , rispettandone le prescrizioni. Punto di partenza di questo problem-solving sociale  è un insieme di indizi che costituiscono lo stimolo sociale.  Lo sviluppo delle abilità di role -taking Nel corso della media fanciullezza , accanto al gioco di finzione , compaiono giochi con regole , anch’essi importanti per lo sviluppo della competenza sociale, inclusa la capacità di role-taking. A 2-3 anni i bambini seguono delle regole motorie dettate dall'abitudine, ma non vincolate a un codice condiviso con altri giocatori, come invece accade a 3-5 anni. Verso i 7-8 anni i bambini capiscono che è il rispetto delle regole da parte di tutti ad assicurare la validità della gara. Da questa cooperazione incipiente , in cui i bambini si accontentano di coordinazioni collettive momentanee. Verso gli 11-12 anni alla codifica delle regole, quando i bambini prendono gusto alla legislazione del gioco , interessandosi a tutte le sue possibili varianti. I giochi con le regole , nel senso più preciso del termine , si impongono solo alle soglie dell’adolescenza , mentre la media fanciullezza è ancora uno spazio aperto a esperienze ludiche molto varie.  Secondo Selman , alla base del role-taking ci sono 2 capacità:   differenziare tra i vari punti di vista delle persone    mettere in relazione tra loro le prospettive così individuate IL PROBLEMA DEL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO Teorie sul comportamento aggressivo ·         Pensiero freudiano: Freud giunse a teorizzare  che potesse esistere, accanto alla libido, anche un istinto di morte, espressione  di una tendenza universale di ciò che è vivo a tornare a uno stato precedente , privo di vita. Freud aveva affermato che i bambini ,manifestano tendenze aggressive , non temperate ancora dalla compassione per gli altri e strettamente intrecciate con lo sviluppo psicosessuale : l'impulso a mordere durante la fase orale, la volontà di offendere e dominare durante la fase anale e il desiderio di uccidere il genitore rivale durante la fase edipica . In un secondo momento Freud avanzò poi l’idea che, accanto alla pulsione sessuale, la cui funzione è la conservazione della specie, vi sia un altro gruppo di pulsioni, preposte all’autoconservazione : quando la soddisfazione di queste pulsioni viene contrastata , l’io può reagire costruttivamente , tanto quanto di fronte alle interferenze per l’esplicarsi della libido ·         Teoria della frustrazione-aggressività (Dollard): l’aggressione è sempre determinata da un’interferenza con la realizzazione di un obiettivo e, per converso, interferenze di questo tipo sfociano in qualche forma di aggressione. Etologi e sociobiologi hanno sottolineato la funzione adattativa dell’aggressione. Nel mondo animale le azioni aggressive non si rivolgono solo verso altre specie nel corso della predazione, ma anche verso i co-specifici, con cui è necessario competere per l’uso di risorse, come acqua e cibo, per accedere all’accoppiamento e per controllare il territorio: sono i più forti che si assicurano la sopravvivenza, per il principio della selezione naturale. 86 ·         Teoria social cognitiva (Bandura): in questa teoria si evidenzia come la pressione dei modelli culturali , non deve far perdere di vista l’importanza della capacità non deve far perdere di vista l'importanza della capacità umana di agire sulla relat. Una componente centrale dell’agenticità è l’autoefficacia , ossia la convinzione , basata soprattutto sull'esperienza diretta , di essere in grado di raggiungere uno specifico risultato.     Una persona potrebbe scegliere di aggredire se : A. si sente capace di farlo  B. si aspetta di ottenere risultati positivi dalla sua azione C. sé il suo giudizio etico è stato distorto da uno o più meccanismi di disimpegno morale  Problemi metodologici Per quanto riguarda i criteri che permettono di classificare un comportamento come aggressivo. Gli etologi hanno individuato posture e sequenze di movimenti che permettono di definire operativamente il comportamento agonistico e ostile.  Gli studiosi dell’aggressività umana si sono focalizzati su due aspetti: il danno procurato e l’intenzione di nuocere I comportamenti aggressivi fanno parte della categoria più ampia dei comportamenti antisociali che comprende violazioni ricorrenti di norme di comportamento prescritte socialmente e che includono abuso fisico o verbale di un’altra persona , furto, danni alla proprietà , o condotte che non recano danni agli altri come marinare la scuola , assumere alcool o altre droghe Diversi tipi di aggressione: •      Aggressione strumentale: per sopraffare qualcuno che si frappone ad un intento personale. •      Aggressione ostile: il suo scopo è far male ad un’altra persona. •      Aggressione fisica. •      Aggressione verbale. •      Aggressione reattiva: nasce in risposta ad azioni o eventi percepiti come un attacco.  •       Aggressione proattiva: l’attivazione emotiva è bassa mentre prevale un uso pianificato della  forza o dell’azione lesiva in vista del raggiungimento di uno scopo. L'aggressione verbale si manifesta sia in forma diretta (minacce, insulti) si indiretta, ossia agendo con pettegolezzi o critiche malevole sulla reputazione di chi viene aggredito , o escludendolo dalle attività condivise. All’ingresso nella scuola elementare la maggioranza dei bambini è solitamente già in grado di tenere sotto controllo gli impulsi aggressivi. Bullismo Nella scuola elementare inizia a costituire un problema la prepotenza (o bullismo), ossia la sistematica sopraffazione di una o più vittime designate da parte di uno o più compagni, facilitata dall’indifferenza o dal l'implicita approvazione del resto del gruppo. Solo nella media fanciullezza i bambini iniziano a comprendere la differenza tra aggressioni strumentali e bullismo identificando la natura prevalentemente ostile di quest’ultimo. Le ricerche dimostrano che sono prevalentemente  maschi ad essere bulli  87 In questo modo non si ottiene una classificazione completa di tutti i membri del gruppo , perché vi sono sia bambini intermedi ,  del gruppo, sia bambini in situazioni atipiche non catturate da alcuna di queste tipologie. Le procedure di nomina dei pari sono ampiamente utilizzate, oltre che per stabilire lo status nel gruppo, anche per valutare il comportamento dei bambini o per individuare empiricamente le relazioni di amicizia, definita operativamente come scelta reciproca.  Una notevole attenzione è stata dedicata, in particolare, ai correlati di rifiuto in quanto la condizione di rifiutato, che in moltissimi casi è stabile, costituisce un fattore di rischio: un alunno escluso dal gruppo in prima elementare tende ad esserlo anche nelle classi successive, e può addirittura accadere che bambini rifiutati dai compagni di asilo si trovino nella medesima spiacevole situazione a distanza di anni e con compagni diversi. Difficoltà di adattamento sociale si manifestano anche per gli isolati, bambini che rimangono “invisibili” ai coetanei e spesso anche agli insegnanti. Pur non presentando connotazioni negative, gli isolati perdono l’occasione di sperimentare situazioni interpersonali e di sviluppare le capacità emotive e cognitive che da esse derivano. I bambini isolati, nonostante sembrino capaci di capire i bisogni degli altri, tendono a non manifestare comportamenti prosociali, come se avessero difficoltà a tradurre i loro pensieri in azioni positive .L ’isolamento tende a perdurare in adolescenza , quando a essa si associa spesso anche il rifiuto dei coetanei , seguito da sentimenti di scarsa autostima e malessere psicologico . La popolarità ha come principale ingrediente la competenza sociale. Sin dall’età prescolare, i membri del gruppo più popolari sono quelli che sanno rispettare le norme, soprattutto nelle interazioni sociali, e che sono coinvolti attivamente nel rapporto con gli altri, proponendo attività piacevoli o intervenendo in aiuto dei compagni. L’età  sembra avere un ruolo non indifferente : solo sei mesi di differen consentono ai bambini “più vecchi” di conquistare nell’ultimo anno di scuola  dell'infanzia  una popolarità significativamente superiore ai bambini “più giovani”. Non sempre tuttavia la correlazione tra status sociometrico e comportamento è lineare. Vi sono poi differenze legate al genere. Nei maschi l’aggressività è tra i maggiori discriminanti tra bambini rifiutati e popolari mentre, per quanto riguarda le femmine, è il comportamento cooperativo a discriminare la posizione nel gruppo. LA RELAZIONE CON I GENITORI I genitori svolgono una vera e propria funzione manageriale  nella vita dei figli, sia direttamente, sia regolando l’impatto di altri agenti di socializzazione , essi agiscono quindi come ponte tra casa e mondo esterno, svolgendo così uno dei principali compiti della famiglia. Attraverso l’imitazione e l'identificazione con i genitori, i bambini acquisiscono abitudini , regole e credenze di tipi morale e convenzionale. Non meno importante è la qualità  affettiva delle interazioni che fonda e sostiene il legame di attaccamento.  Il Parenting positivo, ossia i modi di agire più raccomandabili ai genitori nell’assolvere l loro ruolo , sintetizzati con 5 parole-chiave : accettazione , guida, protezione, insegnamento, comunicazione. Un buon management familiare guida il bambino, riducendo le occasioni in cui di potrebbe comportare male e offrendo , per contro, opportunità per comportarsi bene e , lo protegge sia fisicamente sia emotivamente e moralmente; l'insegnamento coincide invece con l’erogazione di istruzioni dirette: nozioni , consigli , regole , divieti  , che devono essere appropriati all’età del 90 bambino e alle sue effettive possibilità di apprendere . In queste istruzioni , è indispensabile una comunicazione sincera, che includa un attento ascolto del bambino. Gli effetti del divorzio sui bambini Uno dei casi peggiori è quello in cui uno dei 2 genitori usa la prole come elemento di ricatto o indebolisce sistematicamente l’immagine dell’altro agli occhi dei figli: l'insieme di sintomi psicopatologici che ne possono derivare è stato definito sindrome di alienazione parentale. Tuttavia anche quando i genitori si comportano civilmente tra loro , i bambini sono inevitabilmente turbati: alcuni si sentono abbandonati , altri si credono colpevoli, altri ancora diventano depressi , oppure aggressivi.Di solito questi problemi sono più gravi nel primo periodo quando i genitori sono maggiormente distolti dalla propria funzione educativa a causa dei numerosi problemi pratici da risolvere e delle loro stesse emozioni Gli effetti di diverse pratiche disciplinari(pagina 391) Sulla funzione educativa degli studiosi hanno oscillato tra 2 strategie di ricerca:   un approccio molecolare, focalizzato su specifiche pratiche educative , e un approccio molare , tendente a mettere in luce costellazioni di atteggiamenti genitoriali che danno significato alle singole pratiche e nel loro insieme , creano un clima educativo , meno favorevole allo sviluppo  un approccio molare, tendente a mettere in luce costellazioni di atteggiamenti genitoriali che danno significato alle singole pratiche e , nel loro insieme , creano un clima educativo più o meno favorevole allo sviluppo Le pratiche educative sono state studiate principalmente da 2 prospettive:  comportamentista,  ad esempio lodare la bambina di 8 anni perché ripone i giochi da sola  cognitivo-evolutivo, si cerca di evitare il rinforzo a comportamenti inopportuni o si puniscono quelli negativi. Una pratica utilizzata è il time-out, il cui obiettivo è quello di interrompere l’azione inopportuna del bambino e nel contempo eliminare i rinforzi positivi(stimoli sociali, attività piacevoli) per 2 o 3 minuti , ad esempio facendo sedere il bambino in una seggiolina all’angolo della stanza. Nella tradizione cognitivo-evolutiva  Martin Hoffman ha individuato 3 tipi di intervento da lui distinti: 1. asserzione del potere, può avvenire verbalmente , con ordini , minacce, rimproveri , o fisicamente come quando un bambino di 2 anni viene sollevato di peso per non impedirgli di fare qualcosa. Inoltre le punizioni fisiche non hanno la stessa intensità  e gravità. Una cinghiata non è paragonabile a uno schiaffo. 2.  ritiro dell’affetto può avere diverse intensità. Minacciare di mandare un figlio in collegio e non vederlo mai più non è come tenere il muso al figlio. 91 3. induzione , per correggere un bambino piccolo che fa dispetti sono necessarie spiegazioni chiare  e sono utili anche commenti più sottili che incoraggiano il ragionamento autonomo. Una delle condizioni più importanti per rendere efficace una pratica educativa è la coerenza nell’applicazione  In una serie di importanti lavori condotti a partire dagli anni 70, Gerald Patterson ha approfondito lo studio delle interazioni tra genitori e bambini aggressivi, individuando un processo di azioni e reazioni in quattro fasi (ciclo di coercizione) con cui senza volere si finisce per addestrare il bambino a disobbedire e ad usare la forza per imporsi: 1. Tentativo del genitore di obbligare il bambino a fare qualcosa o di smettere ciò che sta facendo. 2. Reazione negativa del figlio, che non obbedisce e protesta con strilli o parolacce. 3. Il genitore cede e smette di esigere obbedienza. 4. Il figlio ottiene il risultato immediato cui mirava e impara per di più che agire in modo ribelle e aggressivo funziona. Patterson ha rilevato che nelle famiglie problematiche (con problemi di divorzio, malattie, alcool, droga) le risposte avversive del bambino nella fase 2 del ciclo sono tre volte più frequenti che nelle famiglie normali. Inoltre le madri ai bambini aggressivi cedono al comportamento ribelle , più spesso delle madri di bambini non aggressivi.  I cattivi risultati cui conduce l’incoerenza non devono far dimenticare che anche l’uso eccessivo della forza (ordini bruschi e non motivati, punizioni fisiche o minacce) può costituire una vera e propria scuola di aggressione. Queste modalità di interazione suscitano nei bambini sentimenti di ribellione e non favoriscono l’acquisizione dell’autocontrollo. Per di più il genitore che picchia o minaccia dà per primo l’esempio del ricorso alla forza come mezzo per ottenere i propri scopi. Lo stile educativo(pag. 393) Alfreed Baldwin fu tra i primi a studiare l’ambiente educativo familiare in termini ampi , proponendo  di inquadrare lo stile interattivo dei genitori secondo 3 dimensioni:  caldo-freddo  democratico-autocratico  coinvolto-non coinvolto  Nello stesso periodo anche altri autori cercarono di ricondurre a poche dimensioni fondamentali il comportamento e gli atteggiamenti  dei genitori:  accettazione -rifiuto  e dominanza -sottomissione  amore-ostilità e autonoma-controllo   calore-ostilità e restrittività-permissività    ACCETTAZIONE DEL BAMBINO CALORE RIFIUTO DEL BAMBINO FREDDEZZA ALTE ASPETTATIVE Autorevole: si aspetta molto dal bambino, è fermo nelle sue richieste, Autoritario: Rigido nell’esercizio del potere. Non tiene conto del 92 CAPITOLO 12 :L’ADOLESCENZA LO SVILUPPO FISICO E COGNITIVO L’adolescenza è il periodo evolutivo che segna la transizione dalla fanciullezza all’età adulta. Il suo inizio è marcato dalla pubertà. La pubertà è un processo fisiologico esteso nel tempo e caratterizzato da rilevanti variazioni tra gli individui e tra i gruppi umani. Ancor più sfuggente è il momento in cui l’adolescenza può dirsi conclusa, con l’approdo alla condizione adulta. Anche se qui possiamo addirittura indicare una data, quella in cui si diventa maggiorenni, essa ha pieno significato solo dal punto di vista legale; dal punto di vista sociologico e psicologico l’uscita dall’adolescenza è molto meno netta. Una volta avremmo potuto indicare l'uscita dalla pubertà  all’indipendenza economica e abitativa del soggetto. Adesso più diffuso il fenomeno dell emerging adulthood, che indica i maggiorenni che non trovano lavoro e convivono con i genitori , ma che psicologicamente  hanno poco in comune con  dei sedicenni Nelle società tradizionali la pubertà è accompagnata da riti di transizione che includono forme di separazione dalla famiglia, istruzioni fornite da membri adulti della comunità ed infine cerimonie di ingresso nel mondo adulto, spesso implicanti prove di coraggio e responsabilità, al temine delle quali l’individuo ha il permesso di avere rapporti sessuali e sposarsi. Transizioni rilevanti esistono anche nelle società industrializzate; basti pensare al passaggio dalla scuola al lavoro, o all’uscita dalla casa paterna per formare una propria famiglia: cene di maturità , consegne di diplomi , banchetti matrimoniali. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’ADOLESCENZA Granville Stanley Hall è un trattato in cui ‘adolescenza veniva descritta come un periodo colmo doi turbamenti e contraddizioni corrispondente all'umanità dallo stato selvaggio e alla conquista della civiltà Solo una parte degli adolescenti vive esperienze di crescita tumultuosa che costituiscono indicatori di rischio nel successivo adattamento psicologico. Per la maggioranza dei ragazzi e delle ragazze si può parlare o di crescita continuativa, senza particolari scosse, o di crescita intermittente, caratterizzata da episodiche difficoltà in un quadro generalmente tranquillo. Seguendo l’esposizione di Ritagrazia Ardone possiamo identificare tre concetti importanti per un corretto studio dell’adolescenza: 1. •        Interrelazione di fattori intrapsichici e sociali. 2. •        Molteplicità di eventi critici con cui l’adolescente si confronta. 3. •        Carattere di percorso piuttosto che di stadio unitario. Interrelazione dei fattori intrapsichici e sociali Lo sviluppo puberale agisce sull’individuo in modo diretto (grazie alla maturazione degli organi genitali e dei caratteri sessuali secondari, al manifestarsi degli stimoli sessuali e all’incidenza degli ormoni sui meccanismi di regolazione dell’umore) ed indiretto, attraverso le nuove opportunità e necessità dell’organismo adulto. 95 Lo sviluppo intellettuale rende possibili azioni e valutazioni di portata molto più ampia rispetto alle età precedenti. L’ambiente sociale co-determina i cambiamenti, non solo cognitivi ma anche fisiologici (attraverso la nutrizione, la protezione o l’esposizione a malattie). Inoltre, il senso stesso che assumono per l’individuo le trasformazioni dell’adolescenza è profondamente influenzato dai valori e dalle richieste dell’ambiente circostante. Molteplicità degli eventi critici John Coleman ha introdotto la nozione di cambiamento focale, secondo cui nel corso degli anni si presentano all’adolescente diversi compiti di sviluppo, i quali vanno dall’elaborare la nuova immagine di sé che emerge dalla pubertà, al cimentarsi nelle relazioni con l’altro sesso, alla presa di distanza emotiva e materiale dalla famiglia, fino alla scelta dell’occupazione futura. Collegamento tra adolescenza ed altre fasi Oltre agli adolescenti ben adattati e a quelli disadattati, si possono identificare anche individui in progresso. Questi ultimi entrano nella fase adolescenziale con problemi di vario tipo alle spalle e riescono a recuperare un buon funzionamento psicologico e/o un soddisfacente adattamento sociale o, per converso, può trattarsi di persone che giungono all’adolescenza senza grossi problemi ed iniziano proprio in questa fase a mostrare difficoltà inedite. Esistono anche ragazzi/e che durante l’adolescenza attraversano un periodo di disagio transitorio o di ribellione, per poi ritornare ad un buon livello di adattamento personale e sociale. Harold Grotevant propone di identificare tre tipi di cambiamenti primari che contraddistinguono l’adolescenza: il raggiungimento della maturità sessuale, l’acquisizione dello status di adulto e lo sviluppo cognitivo. Questi cambiamenti sono primari, nel senso che costituiscono la base più generalizzata, se non proprio universale, per le numerose modificazioni che si osservano nella decade tra i 10 e i 20 anni.  A 14 anni si ha ad esempio l’età del consenso per i rapporti sessuali, l’età in cui cessa l’assoluta imputabilità in caso di reato e , restando a una situazione più comune , l’età in cui si può guidare un motorino , con le relative responsabilità Essi tuttavia non devono oscurare la presenza di forti elementi di continuità e il ruolo essenziale del contesto in cui si verifica lo sviluppo. LO SVILUPPO FISICO E I SUOI CORRELATI PSICOLOGICI Pubertà: con questo termine si intende il giungere a maturazione dell’apparato riproduttivo (caratteri sessuali primari) e il comparire dei caratteri sessuali secondari, come il cambio della voce nei maschi. Lo sviluppo puberale nei maschi e nelle femmine Il primo insorgere dei segni puberali si verifica intorno ai 10 anni nelle femmine. e circa un anno più tardi nei maschi, presentando quindi una notevole asincronia tra i due sessi.  96 Gli eventi che nel loro insieme portano l’individuo a raggiungere una forma adulta si sistibuiscano in un ampio arco temporale : 2-3 anni in media per le femmine , 4-5 anni per i maschi . In questo lasso di tempo il corpo perde via via i suoi connotati infantili senza però raggiungere rapidamente quelli adulti D’altra parte non va sottovalutato il peso delle componenti ereditarie: mediamente, le gemelle identiche, raggiungono il menarca a distanza di un paio di mesi l'una dall’altra, mentre le gemelle dizigoti sono sfasate di circa un anno in media. Un rapido aumento di peso e di grasso in una ragazzina può comportare la causa della prima mestruazione molto precocemente , mentre le ragazze che sono molto magre possono presentare un menarca molto ritardato. L'inizio  della pubertà è stimolato dall'aumento della concentrazione nel cervello dell’ormone kisspeptina , la cui produzione è proprio volta a stimolare da altri 2 ormoni:  la leptina,  prodotta dalle cellule lipidiche in proporzione alla loro quantità   la melatonina,  prodotta in funzione dell'esposizione alla luce , inclusa quella artificiale Altri fattori che influiscono sul funzionamento ormonale sono gli interferenti endocrini (presenti in plastiche, pesticidi, carni) e l’essere nati sottopeso . Infine lo stress influisce a  seconda delle sue intensità : se è elevato causa un ritardo della pubertà , se è moderato , come quello dovuto a frequenti battibecchi con i genitori , un’anticipazione  MASCHI ANNI FEMMINE ANNI I testicoli iniziano ad ingrossarsi 9.5-14 I capezzoli iniziano ad affiorare e a pigmentare 8-13 Compaiono i peli pubici 10-15   Inizia lo scatto di crescita 8-13 Il pene inizia ad ingrandirsi 10.5- 14.5 Compaiono i peli pubici 8-14 Inizia lo scatto di crescita 10.5-16 Lo scatto di crescita è massimo 9.5-14 Prima eiaculazione 12.5-16 Menarca(prima mestruazione) 10.5- 15.5 Lo scatto di crescita è massimo 12.5- 15.5 Statura definitiva 10-16 Compare peluria sul viso e sul corpo 12.5- 15.5 Compaiono i peli sotto le ascelle 10-16     La voce inizia a cambiare 12.5- 15.5 La crescita del seno è completata 10-16 97
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