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Biennio Rosso e Repubblica di Weimar, Schemi e mappe concettuali di Storia

Riassunto completo sul Biennio Rosso e la Repubblica di Weimar

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

In vendita dal 17/05/2023

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Scarica Biennio Rosso e Repubblica di Weimar e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia solo su Docsity! BIENNIO ROSSO E REPUBBLICA DI WEIMAR Biennio Rosso Gli anni 1919-1920 furono definiti «biennio rosso» perché in tutta Europa, durante il primo dopoguerra, si ebbero degli scontri che videro come protagonisti gli operai. Essi, infatti, ispirandosi al comunismo, non rivendicavano soltanto gli aumenti salariali o la riduzione dell’orario a otto ore, ma volevano il controllo e la gestione delle fabbriche. Si formarono spontaneamente consigli operai che scavalcavano le organizzazioni tradizionali dei lavoratori e che si proponevano la rappresentanza diretta del proletariato oltre che un governo socialista. Le lotte degli operai furono contenute in Francia e Inghilterra; in Germania e in Italia videro la successiva nascita del nazismo e del fascismo; in Austria la Sinistra fu sconfitta nonostante i tentativi rivoluzionari; in Ungheria, in seguito a una rivoluzione popolare si instaurò un’effimera Repubblica Democratica, venuta meno quando socialisti e comunisti si riunirono in una Repubblica Sovietica e attuarono una durissima repressione della borghesia. Il regime, guidato dal comunista Bela Kun, durò poco più di 4 mesi, per poi essere soppresso dall’ammiraglio conservatore Miklos Horthy che, assieme alle truppe rumene, scatenò l’ondata controrivoluzionaria definita terrore bianco, le cui principali vittime erano gli ebrei, e instaurò un regime totalitario retto dalla Chiesa e dai grandi proprietari terrieri. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la rivoluzione di ottobre non aveva che allargato il divario tra le diverse frange dei movimenti socialisti e comunisti, aprendo la strada all’ascesa delle destre estreme in Germania e in Italia. Negli USA, invece, si diffuse il terrore della sinistra, il red- scare. Rivoluzione e reazione in Germania Già al momento della firma dell’armistizio, la Germania era in una situazione tipicamente rivoluzionaria. L'esercito si disgregò e molti soldati presero con sé le proprie armi. Il governo era nelle mani di un Consiglio dei commissari del popolo presieduto dal socialdemocratico Ebert e composti unicamente da socialisti, compresi gli indipendenti dell’Uspd. Il potere, nelle città, era in realtà dei consigli degli operai e dei soldati, che occupavano aziende requisendo beni per poi ridistribuirli alla popolazione. I socialdemocratici erano l’unica vera realtà politica compatta in Germania, che rifiutavano l’idea di una rivoluzione bolscevica, preferendo una graduale democratizzazione del Paese: non avrebbero, infatti, smantellato le istituzioni militari dello Stato senza prima convocare un’assemblea costituente. La linea democratica della Spd si scontrava facilmente con le correnti più radicali del movimento operaio tedesco, in particolare l’Uspd e i rivoluzionari della Lega di Spartaco, ovvero il nucleo originario del Partito Comunista Tedesco. Quest'ultimi si opponevano alla convocazione della costituente e puntavano a fondare una democrazia socialista sui consigli. Il 5-6 gennaio 1919, centinaia di migliaia di berlinesi scesero in piazza per protestare contro la destituzione di un esponente della sinistra dalla polizia della capitale. I dirigenti spartachisti e dell’Uspd cercarono di approfittarne e diffusero un comunicato in cui incitavano il proletariato a un colpo di Stato; la mobilitazione dei lavoratori, però, non fu sufficiente. Durissima fu invece la reazione del governo socialdemocratico, che fece reprimere la rivolta dal commissario della Difesa Gustav Noske. Questi, non potendo contare su un esercito sufficientemente numeroso, fece affidamento a truppe volontarie chiamate “Freikorps”, i “Corpi Franchi”, composti prevalentemente da soldati smobilitati e indirizzati da ufficiali nazionalisti e conservatori. Nel giro di pochi giorni, la rivolta fu sedata nel sangue e i leader dell’insurrezione spartachista – Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg – furono arrestati e trucidati.   Poco dopo, il 19 gennaio, si tennero le elezioni per la Costituente. I comunisti si assentarono boicottando le elezioni, dunque i socialdemocratici si affermarono come il partito più forte, ma non raggiunsero la maggioranza assoluta neppure con l’aiuto dell’Uspd. Dunque non potevano governare da soli, ma dovevano allearsi con almeno una parte dei gruppi ”borghesi”: i Cattolici del centro (secondo tra i partiti tedeschi) o i partiti liberali e conservatori, che avevano dominato la scena politica in età imperiale e ora si ripresentavano, ridimensionati, con nuove sigle e programmi. L’accordo tra socialisti, cattolici e democratici rese possibile l’elezione di Friedrich Ebert alla presidenza della Repubblica, la formazione di un governo di coalizione a direzione socialdemocratica e il varo, nell’agosto del 1919, della nuova Costituzione repubblicana e democratica, che prevedeva il mantenimento della struttura federale dello Stato, il suffragio universale maschile e femminile, un governo responsabile di fronte al Parlamento e un presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo: la Costituzione di Weimar (composta, appunto, a Weimar), alla base della neonata Repubblica di Weimar. Ciò non bastò, però, a riportare la tranquillità nel Paese. La Costituzione aveva varie problematiche: essa garantiva sì molti diritti ai cittadini, ma, all’articolo 48, si concedono forse troppi poteri al Presidente, in grado di sospendere costituzionalmente tutte le libertà e i diritti concessi, cosa che sarà sfruttata, negli anni ‘30, da Adolf Hitler. Ai primi di marzo vi furono nuovi disordini a Berlino, repressi molto violentemente. In primavera l’epicentro del moto rivoluzionario si spostò in Baviera, dove comunisti e ”indipendenti” avevano autonomamente proclamato una Repubblica dei Consigli, stroncata ad aprile, dopo duri combattimenti, dall’intervento dell’esercito e dei Freikorps. I comunisti continuarono, però, a organizzare manifestazioni e tentativi insurrezionali. Molto più grave era però la minaccia che veniva dall’estrema destra: corpi franchi e ufficiali dell’esercito agivano spesso per un proprio tornaconto, senza pensare alla protezione delle istituzioni repubblicane. Proprio questi generali, i principali responsabili della sconfitta nella Grande Guerra, diffusero la leggenda della ”pugnalata alla schiena”, dando la colpa della disfatta al tradimento di parte delle forze politiche del Paese. A pagarne le spese furono soprattutto i socialdemocratici che, sconfitti nelle elezioni del 1920, dovettero cedere la guida del governo ai Cattolici del Centro. In modo simile, in Austria, i comunisti fallirono nei tentativi insurrezionali e le elezioni del 1920 videro trionfare con maggioranza assoluta i clericali del Partito cristiano-sociale. La Repubblica di Weimar tra crisi e stabilizzazione Nonostante i problemi, negli anni 20 la Repubblica di Weimar rappresentò un modello di democrazia senza precedenti, che rese la Germania la zona più culturalmente vivace dell’Europa del tempo. La debolezza della Repubblica non tardò però a dare problemi: i partiti politici erano estremamente frammentati; i ceti medi, per esempio, si riconoscevano in parte nel Centro cattolico, in parte nelle formazioni di destra moderata o conservatrice, il Partito tedesco-nazionale e il Partito tedesco-popolare. Vi era poi il Partito democratico tedesco che, dopo un iniziale successo dovuto all’appoggio di borghesi e intellettuali, si ridusse a una piccola nicchia politica. Altro punto di debolezza era la generale sfiducia del popolo nel sistema democratico, che oltre all’estrema destra coinvolgeva media e piccola borghesia. Dopo che nel 1921 fu fissata la cifra esorbitante delle riparazioni di guerra, si scatenò un’ondata di proteste. I gruppi d’estrema destra nazionalista – tra cui iniziava a emergere il partito nazionalsocialista di Adolf Hitler – scatenarono una vera e propria offensiva terroristico contro le istituzioni repubblicane, accusate di tradimento per essersi piegate alle condizioni dei vincitori della Grande Guerra. In due anni vennero uccisi numerosi rappresentanti del governo, colpevoli di aver contribuito all’armistizio del novembre del 1918. I governi succedutisi tra il ‘21 e il ‘23 dovettero quindi pagare le rate del debito di riparazione ma, per evitare di inimicarsi i cittadini alzando troppo le tasse, il governo decise di stampare più carta moneta, cosa che, ovviamente, provocò un rapidissimo processo inflazionistico. Nel gennaio del 1923, Francia e Belgio, col pretesto di non aver riscosso parte delle riparazioni di guerra della Germania, occuparono il Bacino della Ruhr. Non riuscendo per ovvie ragioni a intervenire militarmente, il governo tedesco incoraggiò la resistenza passiva della popolazione: imprenditori e operai abbandonarono le fabbriche, rifiutando ogni collaborazione con gli occupanti. Per le finanze tedesche, l’occupazione della Ruhr rappresentò il tracollo definitivo, privando il Paese di parte delle sue risorse produttive e costringendo il governo a finanziare la resistenza passiva con sussidi ai nuovi disoccupati. Il marco precipitò fino ad assumere un potere d’acquisto praticamente nullo, tanto che un chilo di pane e uno di burro arrivarono a costare rispettivamente 400 e 5000 miliardi di marchi. La moneta subì quella che in gergo finanziario si definisce polverizzazione; il governo stampò sempre più denaro con un valore nominale sempre più alto. Chi riceveva del denaro, sapendo che si sarebbe ulteriormente svalutato, lo rimetteva al più presto in circolo; la grande velocità di circolazione del denaro non faceva altro che accelerare il processo inflazionistico. Chi possedeva risparmi in denaro o titoli di Stato perse tutto. Chi riceveva uno stipendio mensilmente iniziò a riceverlo quotidianamente per adattarlo alle fluttuazioni del valore della moneta; furono invece avvantaggiati coloro che possedevano beni reali o chi aveva contratto debiti. Ma la Germania decise di reagire e, nell’agosto 1923 si formò un governo di “grande coalizione” comprendente tutti i gruppi costituzionali presieduto da Gustav Stresemann, leader del partito tedesco- popolare. Egli era convinto che fosse necessario fare accordi con le potenze vincitrici per rinascere come Paese, dunque sospese la resistenza passiva nella Ruhr, decretò lo stato d’emergenza con cui sospese i governi regionali di Sassonia e Turingia, represse un’insurrezione comunista ad Amburgo e una ribellione della destra nazionalista in Baviera.
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