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BIOCHIMICA LM67 PREVENZIONE E BENESSERE SCIENZE MOTORIE SAN RAFFAELE, Prove d'esame di Biochimica

ESAME DI BIOCHIMICA LM67 PREVENZIONE E BENESSERE SCIENZE MOTORIE SAN RAFFAELE

Tipologia: Prove d'esame

2023/2024

In vendita dal 20/09/2023

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Scarica BIOCHIMICA LM67 PREVENZIONE E BENESSERE SCIENZE MOTORIE SAN RAFFAELE e più Prove d'esame in PDF di Biochimica solo su Docsity! BIOCHIMICA LM67 PREVENZIONE E BENESSERE SCIENZE MOTORIE SAN RAFFAELE LIPIDI Sono molecole organiche che si differenziano in diversi gruppi e hanno in comune la caratteristica di essere insolubili in acqua. Svolgono diverse funzioni biologiche: - riserva; - strutturale (proteggono importanti organi da traumi e svolgono funzione connettivale); - termoregolazione; - trasportatori di elettroni; - pigmento (in grado di assorbire la luce; - ormonale. Possono essere suddivisi in lipidi semplici (costituiti da carbonio C, ossigeno O, idrogeno H) e lipidi complessi (formati da carbonio, ossigeno, idrogeno e acidi grassi). LIPIDI CON FUNZIONE DI RISERVA I grassi e gli oli, usati come fonte di riserva energetica, sono composti derivati dagli acidi grassi. Questi derivano dagli idrocarburi (composti organici costituiti da atomi di carbonio e di idrogeno) ed hanno lo stesso basso stato di ossidazione (quasi completamente ridotti). L’ossidazione completa degli acidi grassi in CO2 e H2O, comporta una grande produzione di energia (processo altamente esoergonico). L’energia in eccesso derivante dai nutrienti della dieta, viene immagazzinata sotto forma di trigliceridi nel tessuto adiposo. ACIDI GRASSI Sono acidi carbossilici, formati cioè da una lunga catena idrocarburica idrofobica (insolubile in acqua). A un estremità della catena è presente il gruppo carbossilico (OHC= O), caratteristico degli acidi grassi in quanto è l’unico gruppo polare (molecola con una parziale parte positiva e una negativa). La lunghezza della catena può variare dai 4 ai 36 atomi di carbonio, quelli che ne hanno tra i 14 e i 20 sono i più frequenti in natura. In base alla loro lunghezza distinguiamo: - acidi grassi a catena corta: presentano una catena inferiore a quella dell’acido palmitico (acido grasso saturo più comune negli animali e nelle piante, deriva dall’olio di palma) costituito da 16 atomi di carbonio. Questi acidi hanno la caratteristica di avere maggiore libertà di movimento proprio perché sono molecole più piccole. Hanno un livello di idrofobicità minore rispetto agli acidi grassi a catena lunga, questa caratteristica gli consente di attraversare le membrane senza l’intervento di un apposito trasportatore e gli permette di circolare nel plasma sanguigno senza legarsi a specifiche proteine trasportatrici; - acidi grassi a catena lunga: presentano una catena più lunga rispetto quella dell’acido palmitico. Sono più idrofobici rispetto quelli a catena corta, perciò hanno maggiori difficoltà nell’attraversamento delle membrane biologiche e nel trasporto nel flusso sanguigno. Hanno quindi bisogno di strutture predisposte per il loro metabolismo, Dov’è localizzato il tessuto grasso? Il tessuto grasso è composto in gran parte da adipociti ed è localizzato sotto la pelle (nella cavità addominale e nelle ghiandole mammarie). Gli acidi grassi sono immagazzinati nella forma anidra cioè privi di acqua. In alcuni animali, i trigliceridi, assolvono funzione di isolante contro le basse temperature oltre che come riserva energetica. I vantaggi nell’immagazzinare energia sotto forma di trigliceridi: • sono più ridotti: gli atomi di carbonio che costituiscono la catena di acidi grassi sono più ridotti rispetto quelli che costituiscono la catena degli zuccheri, di conseguenza l’ossidazione dei trigliceridi rende una quantità doppia rispetto quella liberata da una pari quantità di carboidrati (un grammo di zuccheri produce 4 Kcal, mentre un grammo di acido grasso produce 9,3 Kcal). Il motivo per cui un grammo di lipidi rende il doppio di un grammo di carboidrati, è che nei carboidrati una percentuale del peso è occupata da acqua, mentre nei lipidi non è presente acqua; • sono idrofobici: i trigliceridi, essendo idrofobici, e quindi non idratati, quando vengono immagazzinati non portano con se il peso extra dell’acqua (quella necessaria per l’idratazione) che invece è sempre associata ai polisaccaridi. Risultano così le molecole più efficienti per l’immagazzinamento di energia. Gli svantaggi nell’immagazzinare energia sotto forma di trigliceridi sono invece: • circolazione: essendo apolari si muovono con difficoltà in un ambiente polare (flusso sanguigno). La presenza di elevate concentrazioni di lipidi nel torrente circolatorio, promuove l’aggregazione tra loro costituendo delle placche arterosclerotiche che occludono il vaso. ✴ Funzione strutturale: i lipidi sono situati nella membrana biologica delle varie cellule, agendo come una barriera selettiva nei confronti di molecole polari o ioni. La caratteristica di questi lipidi di membrana è quella di essere anfipatici, cioè di contenere sia un gruppo idrofilo che un gruppo idrofobo. Possiamo classificare i lipidi con funzione strutturale in due classi: - fosfolipidi: suddivisi a loro volta in glicerofosfolipidi (costituiti da una molecola di glicerolo legata attraverso legame estere a due catene di acidi grassi che costituiscono la porzione idrofobica, mentre il terzo carbonio è legato a un gruppo fosfato costituendo la porzione idrofila) e in sfingolipidi (caratterizzati dalla presenza della sfingosina, che sostituisce il glicerolo, alla quale si lega un acido grasso e un gruppo fosfato più la colina). Considerazioni energetiche Nella condizione di riposo, i lipidi, soddisfano l’80-90% del nostro fabbisogno energetico. In una prima parte dell’esercizio, l’energia deriva dall’utilizzo prevalente di carboidrati e meno di lipidi. Ciò è dovuto al fatto che i carboidrati rappresentano una fonte di energia di facile utilizzo, ma tendono ad esaurirsi precocemente. Per quanto riguarda i lipidi, l’energia sarà ricavata attraverso meccanismi più complessi che richiedono un tempo di attivazione maggiore rispetto quello dei carboidrati, impedendo di utilizzarli come substrato energetico nella prima parte dell’esercizio. Proseguendo con l’attività, tale condizione tende ad invertirsi in quanto i carboidrati immagazzinati tendono ad esaurirsi mentre i meccanismi di produzione - glicolipidi: suddivisi in sfingolipidi e galattolipidi. METABOLISMO DEI LIPIDI Si può distinguere un metabolismo esogeno, cioè l’insieme di tutti quei passaggi che servono ad assimilare i lipidi attraverso la dieta, e un metabolismo endogeno, che riguarda quei passaggi di mobilizzazione, sintesi e stoccaggio dei lipidi sintetizzati dall’organismo. METABOLISMO ESOGENO Insieme di quelle reazioni che caratterizzano i lipidi introdotti con la dieta, questo processo è influenzato da diversi fattori: - quantità di grassi introdotti con la dieta (se la quantità è elevata, il processo di assorbimento è meno efficiente); - età del soggetto; - presenza di agenti emulsionanti (emulsione: dispersione di un fluido sotto forma di “bollicine” in un altro fluido non miscibile. Risultato di due o più liquidi che “sbattuti” tra loro non si miscelano in maniera omogenea); - tipologia dell’acido grasso introdotto (quelli a catena lunga, hanno una minore digeribilità rispetto quelli a catena corta); - tasso di saturazione dell’acido grasso (più l’acido grasso è saturo, minore sarà la sua digeribilità). I lipidi introdotti con la dieta sono: - trigliceridi; - fosfolipidi; - esteri del colesterolo → il colesterolo presenta una struttura idrofobica con una porzione idrofila nel gruppo OH. Grazie a questo gruppo, il colesterolo è in grado di legarsi, tramite un legame estere (liberazione molecola H2O), ad un acido grasso, costituendo il colesterolo esterificato caratterizzato da una struttura apolare. La sintesi di esteri del colesterolo avviene nel fegato, una piccola parte del colesterolo viene conservata nelle membrane cellulari del fegato (epatociti), mentre la restante parte (la maggiore) viene utilizzata per costituire gli acidi biliari presenti nella bile o esteri del colesterolo, i quali andranno esportati insieme ad altri lipidi, sotto forma di lipoproteine per raggiungere tutti quei tessuti che necessitano di colesterolo. Il colesterolo è essenziale per l’uomo, ma non è richiesta la sua assunzione attraverso la dieta in quanto tutte le cellule possono sintetizzarlo a partire da precursori semplici. Prima di essere assorbiti dalla parete intestinale, i grassi ingeriti vengono convertiti in particelle di grasso microscopiche in grado di poter attraversare la membrana delle cellule intestinali che costituiscono la parete intestinale stessa. La degradazione delle tre tipologie di lipidi (trigliceridi, fosfolipidi, esteri del colesterolo) introdotti con la dieta, avviene in quanto essi sono sottoposti all’azione di diverse sostanze prodotte dalle varie ghiandole annesse al tubo digerente: la saliva, il succo gastrico, il succo enterico, succo pancreatico e bile. In particolar modo abbiamo uno specifico enzima che si occupa di scindere i lipidi, la lipasi. A differenza di carboidrati e proteine, facilmente digeribili, i lipidi tendono ad unirsi creando grossi agglomerati e a diventare insolubili (la lipasi non può intervenire); per questo i sali biliari contenuti nella bile trasformano i lipidi in aggregati solubili in acqua attraverso un processo di emulsionamento. Gli agenti emulsionanti, sono composti anfipatici che legano la loro parte polare alla molecola d’acqua e la parte apolare ai grassi, ottenendo così micelle miste composte da sali biliari e trigliceridi. La formazione delle micelle aumenta enormemente la porzione di lipidi accessibile all’azione di lipasi. La lipasi agisce sui trigliceridi spezzando un solo legame di acido grasso alla volta, provocando ad ogni azione il rilascio di una molecola di acido grasso libero, così il trigliceride diventa diacilglicerolo, succesivamente monoacilglicerolo per finire nella forma acido grasso + glicerolo. Tutto ciò avviene in maniera progressiva. a) DEGRADAZIONE PARZIALE A LIVELLO DI BOCCA E STOMACO → il processo di digestione ha già inizio a partire dalla bocca attraverso l’enzima lipasi linguale, contenuta nella saliva prodotta dalle ghiandole salivari, successivamente, nello stomaco, troviamo l’enzima lipasi gastrica che permette una ulteriore lisi dei lipidi (comunemente, nella bocca e nello stomaco, avviene la rottura di un solo legame dell’acido grasso). b) DEGRADAZIONE COMPLETA A LIVELLO DELL’INTESTINO TENUE → il processo di digestione continua nell’intestino tenue dove sono presenti: • lipasi pancreatiche (rilasciate dal pancreas): completano la lisi del trigliceride ottenendo un acido grasso più glicerolo; • colesterolo esterasi: enzima presente nel succo pancreatico, riversato nell’intestino, agisce sul colesterolo esterificato spezzando il legame colesterolo acido grasso; • fosfolipasi A2: presente all’interno del succo pancreatico, agisce sui fosfolipidi tagliando solo il legame tra il carbonio del glicerolo in posizione centrale (C2) e l’acido grasso. c) ASSORBIMENTO DEI LIPIDI ATTRAVERSO LE PARETI INTESTINALI → una volta avvenuta la completa degradazione dei lipidi, essi vengono assorbiti dalle cellule direttamente all’interno della quinta reazione glicolitica. Prevalentemente però, il glicerolo liberato dai trigliceridi, va al fegato. Le reazioni sono: • prima reazione (irreversibile): il glicerolo subisce un processo di fosforilazione, attraverso l’enzima glicerolo chinasi, il quale aggiunge un gruppo fosfato al carbonio 3 a spese di una molecola di ATP, ottenendo L-glicerolo-3-fosfato. glicerolo + ATP → L-glicerolo-3-fosfato + ADP • seconda reazione (reversibile): il prodotto ottenuto nella precedente reazione, diventa substrato di una deidrogenazione, mediata dall’enzima glicerolo-3-fosfato deidrogenasi, il quale ossida il subastrato servendosi del coenzima NAD+ e ottenendo diidrossiacetone fosfato. L-glicerolo-3-fosfato + NAD+ → diidrossiacetone fosfato + NADH + H+ • terza reazione (reversibile): il diidrossiacetone fosfato ottenuto, entra nella quinta reazione della glicolisi catalizzata dall’enzima trioso fosfato isomerasi, il quale svolgerà una modificazione strutturale del subastrato, al fine di ottenere la gliceraldeide-3-fosfato. L’enzima è infatti in grado di prelevare un H+ dal carbonio 1, spostandolo sul carbonio 2. In questo modo il trioso passa dalla forma chetonica a quella aldeidica. Con questa reazione si vanno ad ottenere due molecole di gliceraldeide-3- fosfato che entreranno nella via metabolica. METABOLISMO ENDOGENO Ha inizio nel fegato, il quale è capace di riciclare le strutture rimanenti dei chilomicroni (ma non solo) per risintetizzare acidi grassi per i tessuti. È rappresentato dall’insieme di quelle reazioni che caratterizzano i lipidi prodotti dall’organismo. Quando abbiamo un eccesso di acidi grassi questi vengono convertiti in trigliceridi e andranno a legarsi alle lipoproteine. Il trasporto dei lipidi endogeni nel torrente ematico e linfatico, è garantito da altre tipologie di lipoproteine prodotte dal fegato: - VLDL [FEGATO → TESSUTI] [very low density lipoproteine] (70% trigliceridi, 20% colesterolo, 10% proteine): contengono trigliceridi, colesterolo, esteri del colesterolo, apoB-100, apoC-I, apoC-II, apoC-III, apoE. Quando la dieta contiene più acidi grassi di quanto non sia immediatamente necessario, essi vengono convertiti in trigliceridi nel fegato e si legano alle apolipoproteine VLDL. Appena messe in circolo, queste apolipoproteine non sono ancora mature e sono formate da molti trigliceridi e poco colesterolo. Entrando a contatto con le HDL (altra lipoproteina) ricevono da esse apoC-II e apoE, raggiungendo la maturità. A questo punto le VLDL vengono trasportate al tessuto muscolare e al tessuto adiposo dove, grazie all’apoC-II viene attivata la lipoproteina lipasi (come nell’esogeno) determinando il rilascio di acidi grassi e glicerolo a partire dai trigliceridi contenuti nella stessa (VLDL). Svuotata dai trigliceridi, la VLDL diventa IDL (forma di passaggio tra VLDL e LDL) perdendo apoC-II. Il 50% di questa (IDL) viene assorbito dagli epatociti grazie all’interazione con l’apoE presente sulla superficie delle IDL; il restante 50% perde ulteriori trigliceridi e cedendo l’apoE all’HDL nascente, diviene LDL. - LDL [FEGATO → TESSUTI] [low density lipoproteine] (20% trigliceridi, 55% colesterolo, 25% proteine): proteine molto ricche di colesterolo ed esteri del colesterolo, la loro apolipoproteina principale è l’apoB-100. Il ruolo delle LDL è quello di trasportare principalmente colesterolo ai tessuti periferici che possiedono uno specifico recettore per l’apoB-100. Il legame apoB-100 - recettore innesca un processo di endocitosi che andrà ad inglobare l’LDL più il recettore, trasferendoli all’interno della cellula. Il fenomeno di endocitosi è mediato da una proteina posta sotto la membrana cellulare, essa prende il nome di clatrina, la quale attira i recettori legati all’LDL in un punto specifico della superficie della cellula, creando un invaginazione verso l’interno della membrana che porterà alla formazione della vescicola (endosoma). La vescicola creata, andrà poi a fondersi con un lisosoma (fagosoma) contenente gli enzimi in grado di idrolizzare l’LDL e rilasciare nel citosol colesterolo, acidi grassi e amminoacidi. Il colesterolo liberato andrà ad essere riesterificato per poter poi essere immagazzinato sotto forma di piccole gocce. - HDL [TESSUTI → FEGATO] [high density lipoproteine] (15% trigliceridi, 35% colesterolo, 50% proteine): hanno origine nel fegato e nell’intestino tenue (ambiente extracellulare), inizialmente contengono molte proteine e quantità limitate di colesterolo. Le apolipoproteine contenute sono apoA1, apoA2, apoA4, apoC1, apoC2 (ricevute da VLDL), apoC3, apoD, apoE (ricevute da IDL). La funzione di questa lipoproteina è quella di captare il colesterolo in eccesso, presente nei tessuti extraepatici, e trasformarlo in colesterolo esterificato, mediante uno specifico enzima localizzato sulla superficie dell’HDL, il quale prende il nome di lecitina-colesterolo aciltransferasi. Questo enzima esterifica il colesterolo utilizzando la lecitina. A questo punto il colesterolo esterificato entra all’interno dell’HDL per essere convogliato nel fegato dove, le HDL, tramite l’apoE, possono interagire con specifici recettori degli epatociti, che mediano l’endocitosi. Oppure possono interagire con un recettore SR-Bl (permette il passaggio di colesterolo nella direzione cellula → HDL), che non media endocitosi ma permette il trasferimento del colesterolo da HDL a tessuto. L’HDL vuoto si dissocia dal recettore per tornare in circolo per estrarre lipidi da chilomicroni e VLDL o colesterolo da tessuti extraepatici. In particolar modo, l’HDL vuota può prelevare il colesterolo presente in un tessuto, grazie all’interazione con il recettore SR-Bl. Esiste poi un’altra via dove il recettore SR-Bl interagisce con l’apoA1 che viene internalizzata per poi essere secreta di nuovo carica di colesterolo. Per quanto riguarda i tessuti steroidogenici (ghiandole surrenali, gonadi) l’HDL reagisce con il recettore SR-Bl che non media endocitosi ma permette il trasferimento del colesterolo dall’HDL al tessuto. L’HDL vuoto si dissocia dal recettore per tornare in circolo per estrarre lipidi da chilomicroni e VLDL o colesterolo da tessuti extraepatici. In particolar modo l’HDL preleva colesterolo da un tessuto grazie all’interazione con il recettore SR-Bl, che permette il passaggio di colesterolo nella direzionecellula → HDL. TESSUTO ADIPOSO I lipidi circolano nel torrente ematico, associati a lipoproteine le quali rilasciano il loro contenuto lipidico ai vari tessuti corporei. In questi tessuti gli acidi grassi possono svolgere una funzione energetica ma possono anche essere immagazzinati in tessuti specifici, il tessuto adiposo, sotto forma di goccioline lipidiche costituite da un nucleo ricco di trigliceridi, circondato da uno strato di fosfolipidi. Glucagone e adrenalina Questi due ormoni vengono immessi in circolo nelle situazioni in cui è necessario alzare i livelli di glicemia (attivazione glicogeno lisi epatica con conseguente disattivazione glicogeno sintesi epatica) o in quelle situazioni in cui è necessario produrre energia per svolgere un’attività di una certa intensità (attivazione glicogeno lisi muscolare con conseguente disattivazione glicogeno sintesi muscolare). L’ossalacetato rientrerà nel mitocondrio per essere disponibile per il ciclo di Krebs, ciò mediante un meccanismo indiretto (l’ossalacetato è ridotto in malato, tramite la malato deidrogenasi; tale reazione produce energia). A questo punto il malato diventa piruvato per via di una decarbossilazione ossidativa per poi trasformarsi in ossalacetato grazie alla piruvato carbossilasi. L’acetil-CoA citoplasmatico potrà invece entrare a disposizione del meccanismo di biosintesi degli acidi grassi, e se prodotto in eccesso non viene sprecato bensì utilizzato per costituire nuovi acidi grassi da poter ossidare (betaossidazione) o immagazzinare sotto forma di trigliceridi o fosfolipidi. REGOLAZIONE BIOSINTESI ACIDI GRASSI L’esportazione del citrato, con conseguente formazione dell’acetil-CoA citoplasmatico, svolge un ruolo essenziale nell’attivazione dell’ossidazione degli acidi grassi o la conservazione degli stessi attraverso la loro sintesi. Quando all’interno del mitocondrio aumenta la concentrazione di ATP e acetil-CoA, viene esportato citrato fuori dal mitocondrio, determinando: - attivazione della biosintesi degli acidi grassi → il citrato è precursore dell’acetil-CoA citosolico che rappresenta il segnale allosterico per l’attivazione dell’acetil-CoA carbossilasi (enzima che catalizza la reazione acetil-CoA + CO2 → malonil-CoA). - inibizione glicolisi → allo stesso tempo il citrato inibisce l’attivazione della fosfofruttochinasi (reazione 3 glicolisi) inibendo a sua volta il processo della glicolisi. I due processi (attivazione e inibizione) non avvengono simultaneamente in quanto l’attivazione di uno disattiva l’altro. La ragione di questa regolazione è determinata dal fatto che se i due cicli avvenissero simultaneamente, si avrebbe un ciclo futile con dispendio di energia. L’acetil-CoA carbossilasi, è dotato anche di un sistema di regolazione ormonale: gli ormoni glucagone e adrenalina innescano una reazione di fosforilazione cellulare con conseguente fosforilazione dell’enzima (lo disattivano), il quale inattivato blocca la biosintesi degli acidi grassi. L’insulina, invece, attiva la biosintesi degli acidi grassi e la conseguente biosintesi dei trigliceridi. BIOSINTESI TRIGLICERIDI Nel fegato e nel muscolo dell’uomo, possono essere conservate solo poche centinaia di unità di glicogeno, sufficienti esclusivamente per i fabbisogni energetici dell’organismo per un periodo di circa 12 ore. Le quantità di trigliceridi che possono essere conservate in un uomo, di corporatura media, è intorno ai 15kg, sufficienti per le richieste energetiche basali dell’organismo per un periodo di almeno 12 settimane. Gli acidi grassi che costituiscono i trigliceridi possono derivar dalla dieta o dalla conversione di carboidrati o proteine in eccesso. La sintesi dei trigliceridi avviene a partire da due precursori: - acil-CoA→ deriva dagli acidi grassi attivati dall’acil-CoA sintetasi; [attenzione, non è acetil-CoA] - L-glicerolo-3-fosfato → si forma nel citosol a partire da diidrossiacetone fosfato (intermedio della quarta reazione della glicolisi); - regolazione biosintesi trigliceridi. OSSIDAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI (BETAOSSIDAZIONE) La betaossidazione è un processo articolato in quattro tappe, attraverso il quale gli acidi grassi introdotti attraverso la dieta, vengono convertiti in acetil-CoA e acil-CoA. Questo processo è catalizzato da enzimi situati nella matrice mitocondriale, che agiscono in modo ripetitivo per degradare uno dopo l’altro gli acidi grassi rimuovendo unità a due atomi di carbonio. Gli acidi grassi con catena non più lunga di 12 carboni, possono entrare direttamente nei mitocondri senza l’aiuto di trasportatori di membrana; gli acidi grassi con 14 o più carboni, invece, sono costretti a subire un processo di tre reazioni denominato shuttle della carnitina. L’obiettivo di questa serie di tre reazioni è quello di mantenere separato il CoA citosolico da quello mitocondriale, in quanto essi hanno funzioni diverse nei due compartimenti: il CoA mitocondiale è coinvolto nella degradazione del piruvato, degli acidi grassi e di alcuni amminoacidi; il CoA citosolico viene utilizzato per la biosintesi degli acidi grassi oppure può essere trasferito nella matrice mitocondriale per essere ossidato e produrre ATP. Ricapitolando Quando viene prodotta più energia del necessario si ha: - attivazione della biosintesi degli acidi grassi; - disattivazione betaossidazione. I due meccanismi non possono avvenire simultaneamente in quanto, durante la sintesi degli acidi grassi, la produzione del primo intermedio, il malonil-CoA, inibisce la betaossidazione agendo sul sistema shuttle della carnitina. I due processi se dovessero avvenire simultaneamente, genererebbero un ciclo futile con dispendio di energia. PREPARAZIONE ALL’OSSIDAZIONE: SHUTTLE DELLA CARNITINA - REAZIONE 1: attivazione degli acidi grassi → questa prima reazione è catalizzata da un enzima localizzato nella membrana mitocondriale esterna, l’acil-CoA sintetasi, il quale catalizza due reazioni successive: • prima reazione → l’enzima catalizza la reazione tra ATP e acido grasso. Dalla rottura dei due gruppi fosfati dell’ATP, si ha la formazione di pirofosfato e si ottiene l’energia necessaria per permettere la formazione di acil-adenilato. Il pirofosfato liberato nell’ambiente citosolico, andrà ad essere immediatamente idrolizzato per mezzo della pirofosfatasi inorganica. L’energia liberata da questa reazione contribuirà a spingere la reazione precedente verso la seconda, catalizzata dallo stesso enzima (acil-CoA sintetasi). ATP + acido grasso → acil-adenilato + PPi • seconda reazione → l’acil-adenilato va a reagire con il CoA legandosi mediante legame covalente, liberando AMP (adenosin mono fosfato) formando un composto ad alta energia, l’acil-CoA. carnitina acil transferasi I carnitina acil transferasi II acil-adenilato + CoA → acil-CoA A questo punto l’acil-CoA potrà avere due destini: o venire utilizzato nel citosol per sintetizzare lipidi, o per entrare nei mitocondri per essere ossidato (l’acil-CoA destinato all’ossidazione viene sottoposto alle due rimanenti reazioni dello shuttle della carnitina). - REAZIONE 2: trasporto nel mitocondrio mediante carnitina → l’acil-CoA, a causa della presenza del gruppo acile, non può attraversare la membrana mitocondriale. Per consentire il passaggio, il gruppo acetile si lega alla carnitina formando acil-carnitina e liberando CoA citosolico. Questa reazione è catalizzata da un enzima localizzato sulla membrana mitocondriale esterna, la carnitina acil transferasi I. Tale enzima si attiva quando l’organismo necessita di energia, cioè durante attività prolungate e costanti. acil-CoA + carnitina → acil-carnitina + CoA citosolico Il prodotto di questa reazione attraversa la membrana mitocondriale esterna, mediante uno specifico trasportatore, e penetrando all’interno della matrice mitocondriale. - REAZIONE 3 → una volta all’interno l’acil-carnitina reagisce con il CoA mitocondriale, in una reazione catalizzata dalla carnitina acil transferasi II rigenerando acil-CoA e carnitina libera. Quest’ultima uscirà dalla matrice mitocondriale mediante un trasportatore e finendo nello spazio intermembrana. acil-carnitina + CoA mitocondriale → acil-CoA + carnitina libera GUADAGNO ENERGETICO DA BETAOSSIDAZIONEper ogni unità bi-carboniosa vengono rimossi 4 elettroni con la produzione di 4 ATP: - 2 elettroni dal FADricavo di 1,5 ATP; - 2 elettroni dal NADricavo di 2,5 ATP. BETA-OSSIDAZIONE ACIDI GRASSI INSATURI la presenza di uno o più doppi legami tra un carbonio e l altro,permette di evitare la prima reazione della BETAOSSIDAZIONE (in quanto il doppio legame è stato già stabilito) passando direttamente alla seconda reazione, dove si presenta una problematica: questi doppi legami, al contrario di quelli che si creano nella prima reazione della betaossidazione degli acidi grassi saturi, sono in configurazione cis e sono perciò resistenti all’azione dell’enoil-CoA Idratasi ( enzima che catalizza l’aggiunta di H2O al doppio legame trans dell’enoil-CoA nella beta ossidazione degli acidi grassi saturi). Per superare questa problematica e proseguire nella beta ossidazione, a seconda che si abbia a che fare con acidi grassi monoinsaturi o polinsaturi, sarà necessario solo un enzima o altri 2: - BETA-OSSIDAZIONE ACIDO GRASSO MONOINSATURO questa tipologia di acido grasso presenta un doppio legame lungo la catena carboniosa. La lunga catena sarà sottoposta alle stesse reazioni che caratterizzano la betaossidazione degli acidi grassi saturi, fino a quando non si arriverà in prossimità del doppio legame in posizione cis ( C=C). Su questo legame l’enoil-CoA idratasi non potrà intervenire in quanto riconosce solo doppi legami trans. Fondamentale è l’intervento dell’enzima enoil-CoA isomerasi, il quale converte il doppio legame dalla configurazione cis a trans sul quale potrà agire l’enoil CoA idratasi permettendo il “normale” proseguimento della betaossidazione. - BETA-OSSIDAZIONE ACIDO GRASSO POLINSATURO questa tipologia di acido grasso, presenta due o più doppi legami. La lunga catena sarà sottoposta alle stesse reazioni che caratterizzano la betaossidazione degli acidi grassi saturi, fino a quando non si arriverà in prossimità del primo doppio legame ( C=C) in posizione cis. Su questo legame l’enoil-CoA idratasi non potrà intervenire (come già detto precedentemente). La situazione si risolve grazie all’azione combinata di due enzimi: ◦ l’enoil-CoA isomerasi che converte il primo doppio legame dalla configurazione cis a trans ◦ la reduttasi che ridurrà il substrato servendosi del coenzima NADP, determinando la trasformazione del secondo doppio legame cis in legame semplice BETA-OSSIDAZIONE ACIDI GRASSI A CATENA CARBONIOSA DISPARI questi acidi grassi sono presenti in natura con percentuale più ridotte (rientrano nella nostra dieta poiché presenti in alcuni organismi marini o nei lipidi delle proteine) rispetto agli acidi grassi con catena pari. Essi sono ossidati nello stesso modo degli acidi grassi a catena pari, iniziando dall’estremità carbossilica della catena. La differenza nel processo ossidativo si presenta quando dopo un certo numero di cicli di betaossidazione, si ottiene un substrato a 5 atomi di C. Di fronte a questa situazione, il substrato subisce le normali reazioni della beta ossidazione ottenendo però un frammento a 2 atomi di C, l’Acetil-CoA, e l’altro a 3 atomi di C il Propionil- CoA. Questo composto a 3C viene introdotto direttamente anche con la dieta, in quanto presente in alcuni tipi di pane o cereali, nei quali viene aggiunto artificialmente con lo scopo di bloccare la crescita di muffe. Vista la ricorrenza di questo composto, il nostro organismo ha previsto una via apposita per la sua conservazione in un composto dal quale poter ricavare energia. Questa via è costituita da 3 reazioni enzimatiche: - CARBOSSILAZIONE il Proprionil-CoA viene carbossilato ad opera della proprionil-CoA carbossilasi, un enzima che contiene come cofattore (piccola molecola di natura non proteica che si associa all’enzima e ne rende possibile l’attività catalitica tipica dell’enzima stesso) la BIOTINA (una vitamina che svolge il ruolo di trasportatore specializzato di gruppi a 1C nella loro forma più ossidata: CO2). La BIOTINA trasportando CO2 reagisce (andando a decarbossilizzarsi) con il substrato (Proprionil-CoA) che si carbossilizza, formando il D-Metilmalonil-CoA. Affinchè la CO2 si leghi alla BIOTINA, dando il via al processo di DECARBOSSILAZIONE-CARBOSSILAZIONE è necessario il consumo di 1 molecola di ATP. Proprionil-CoA +CO2 D-metilmalonil-CoA - EPIMERARIZZAZIONE il D-metilmalonil-CoA viene epimerizzato dalla Metilmalonil-CoA EPIMERASI in L-metilmalonil-CoA. D-metilmalonil-CoA L-metilmalonil-CoA - RIARRANGIAMENTO si ha un riarrangiamento del substrato catalizzato dalla Metilmalonil-CoA mutasi, che utilizza come coenzima il COENZIMA B12 (derivato della vitamina B12). Il risultato è il Succinil-CoA che entrerà come substrato nella tappa 5 del ciclo di krebs L-metilmalonil-CoA Succinil-CoA Al termine della beta ossidazione, si procederà con i seguenti processi: CICLO DI KREBS Da qui in poi, ogni Acetil-CoA ottenuto subirà lo stesso destino che aspetta all’Acetil-CoA di derivazione glucolitica (tutte le macromolecole energetiche vengono modificate al fine di ottenere una comune via metabolica per la produzione di energia). SINTESI CORPI CHETONICI (CHETOGENESI) PRIMA REAZIONE 2 acetil-CoA, si uniscono attraverso una reazione di condensazione catalizzata da una tiolasi (reazione inversa all’ultima tappa della beta ossidazione). Questa reazione porta alla liberazione di un CoA che tornerà a disposizione per la betaossidazione e alla produzione di acetoacetil-CoA. Acetil-CoA+Acetil-CoAAcetoacetil-CoA+CoA libero SECONDA REAZIONE l’acetoacetil-CoA reagisce con un’altra molecola di acetil-CoA attraverso una condensazione(aggiungendo H2O), catalizzata dall’enzima HMG-CoA sintasi, determinando la liberazione di un CoA che tornerà a disposizione della betaossidazione e la produzione di β- idrossi β-metilglutaril-CoA. Acetoacetil-CoA+Acetil-CoA+H2O β-idrossi β-metilglutaril-CoA+CoA libero TERZA REAZIONE il β-idrossi β-metilglutaril-CoA viene scisso (azione di lisi) da una HMG-CoA liasi, producendo acetil-CoA e acetoacetato. β-idrossi β-metilglutaril-CoA Acetil-CoA+Acetoacetato A questo punto, L’acetil-CoA resta nella matrice mitocondriale, mentre l’acetoacetato potrà essere sottoposto a una delle seguenti reazioni: - IDROGENAZIONE questa reazione è quella che normalmente avviene con più frequenza in soggetti sani e prevede la riduzione dell’acetoacetato nel corpo chetonico D-β- idrossibutirrato, da parte dell’enzima D-β-idrossibutirrato deidrogenasi. Il D-β-idrossibutirrato, una volta sintetizzato nel fegato entra nel flusso sanguigno dove, essendo di piccole dimensioni, viene veicolato molto velocemente fino a raggiungere i vari tessuti extraepatici dove, attraverso una serie di reazioni, viene ritrasformato in acetil- CoA entrando nel ciclo di Krebs svolgendo la sua funzione energetica. Acetoacetato+NADH+H D-β-idrossibutirrato+NAD - DECARBOSSILAZIONE questa reazione porta alla perdita del gruppo carbossilico (CO2) con formazione del corpo chetonico Acetone. Questa decarbossilazione può avvenire spontaneamente oppure ad opera dell’enzima aceto acetato decarbossilasi. Nelle persone sane, l’acetone si forma in piccole quantità a partire da acetoacetato (come abbiamo appena visto), mentre nei diabetici non trattati, si ha una produzione maggiore di acetone che a livelli elevati può diventare tossico. L’acetone è volatile e conferisce all’alito un odore caratteristico che in alcuni casi può costituire un’indicazione diagnostica per la malattia. AcetoacetatoAcetone + IL 2 Acety-CoA H}CT CSCOA Hi SCoA Thiolase CoA-SH o o LA Acetoacetyl-CoA He SCA Acety-C0A HMG-CoA synthase CoA-SH Q oH o LAA beta-hydroxy-beta-methylglutary-CoA o SCIA (HMG-CoA) CH | Acetyl-CoA HMG-CoA lyase O O AA Acetoacetate o CH Non-enzymatic NADH +H* D-beta-hydroxybutyrate decano Neue: dehydrogenase a Pb O OH A ha He CcH, 5 Acetone D-beta-hydroxybutyrate NEL DIABETICO ALLA CONDIZIONE DI CHETO-ACIDOSI SI SOMMA QUELLA DI CRESCENTE IPERGLICEMIA. In condizioni di digiuno prolungato, la situazione è più grave in un diabetico rispetto che ad un soggetto sano, in quanto egli presenta un’incapacità di captare glucosio dovuto dalla scarsa produzione di insulina. In una situazione del genere i vari tessuti utilizzano gli acidi grassi come fonte energetica, e allo stesso tempo si attivano quei meccanismi come la glicogeno lisi epatica e, in caso di assenza di glucosio epatico la gluconeogenesi . Ciò porta alla formazione e all’immissione nel circolo sanguigno di glucosio che innalzerà ulteriormente i livelli di glicemia, aggravando l’iperglicemia. Inoltre il processo gluconeogenetico utilizzando come precursori gli intermedi del ciclo di Krebs, determina un rallentamento del ciclo stesso che porta ad un accumulo temporaneo di acetil-CoA alle porte del ciclo di Krebs. L’acetil-CoA non potendo entrare nel ciclo viene trasformato in corpi chetonici i quali andranno ad essere esportati ai tessuti extraepatici. Di conseguenza i tessuti extraepatici si trovano a ricavare energia sia dal proprio metabolismo degli acidi grassi sia dai corpi chetonici, i quali essendo prodotti in quantità superiori rispetto alle necessità si accumulano nel sangue determinando chetosi e progressiva acidosi. METABOLISMO AMINOACIDI Anche dagli aminoacidi è possibile ricavare energia attraverso la loro ossidazione. In un soggetto sottoposto ad una dieta equilibrata, gi aminoacidi svolgono un ruolo energetico di scarso rilievo, infatti da essi si ricavano solo piccole frazioni dell’energia totale utilizzata, la restante e consistente parte deriva da carboidrati e lipidi. Gli aminoacidi utilizzati per produrre energia, derivano dalla degradazione delle proteine introdotte con la dieta e non esiste la possibilità di immagazzinarli a scopo energetico. IL DIGIUNO PROLUNGATO E IL DIABETE MELLITO PROVOCANO UNA SOVRAPPRODUZIONE DI CORPI CHETONICI CON RISVOLTI PROBLEMATICI. Nel caso di una dieta ipocalorica o di un digiuno protratto, i vari tessuti in condizione di scarsa presenza di glucosio, sono costretti a ricavare energia prevalentemente dagli acidi grassi, ma allo stesso tempo dal fegato arrivano i corpi chetonici prodotti come conseguenza del rallentamento del ciclo di Krebs in seguito ad utilizzo degli intermedi come precursori gluconeogenetici. Questi corpi chetonici prodotti in quantità maggiori rispetto alle capacità degli organi extraepatici, si accumulano nel sangue determinando un abbassamento del pH ematico,generando cosi una condizione di acidosi. L’acidosi estrema può portare al coma e in alcuni casi alla morte. La condizione in cui si ha un’alta concentrazione nel sangue o nelle urine di corpi chetonici, si chiama chetosi. CATABOLISMO PROTEINE Due-tre etti di aminoacidi, vengono degradati giornalmente da un individuo sano. 60-100 g di essi, derivano dalle proteine introdotte con la dieta ma oltre 2 etti si ottengono dal normale turnover delle proteine che sono parte integrante dell’organismo. Dalla loro degradazione si ottiene energia, inoltre in quelle condizioni di alimentazione iperproteica o di digiuno estremo, aumenta la porzione di proteine derivanti dalla dieta o di derivazione intracellulare che vanno ad essere degradate per ottenere energia. Il catabolismo proteico, è caratterizzato da una tappa ( transaminazione) in cui si ha la rimozione del gruppo amminico (gruppo tossico che dovrà essere “staccato” dall’aminoacido per essere poi metabolizzato in una forma meno tossica, l’urea, ed essere infine espulso definitivamente) dallo scheletro carbonioso. Il sito dove vengono maggiormente catabolizzati gli aminoacidi è il fegato. (Struttura aminoacido) TRANSAMINAZIONE Reazione permessa dagli enzimi amminotrasferasi, specifici per ogni aminoacido sui quali agiscono. Questi enzimi agiscono sugli L-aminoacidi staccando il gruppo amminico trasferendolo al C-ALFA dell’alfa-chetoglutarato. Questa amminazione trasforma l’alfa-chetoglutarato in L- glutammato (aminoacido) contemporaneamente si assiste ad una deamminazione (perdita del gruppo amminico) che trasforma l’aminoacido (L-aminoacidi) nel corrispondente alfa- chetoacido (intermedio ciclo di Krebs) Con questa reazione non vi è perdita del gruppo amminico, in quanto esso viene trasferito e conservato in un altro composto, l’alfa-chetoglutarato. Lo scopo della transaminazione (processo reversibile) quindi è quello di raccogliere i gruppi amminici derivanti da diversi tipi di amminoacidi su un aminoacido comune, L-glutammato. Di conseguenza l’alfa-chetoglutarato rappresenta l’accettatore di tutti i gruppi amminici “staccati” dai diversi aminoacidi. FUNZIONE AMMINOTRASFERASI nonostante esistano enzimi specifici per ogni aminoacido, tutti contengono lo stesso gruppo prostetico rappresentato dal coenzima PLP (piridossal fosfato o vitamina B6). Il PLP è legato al sito attivo dell’amminotrasferasi e agisce come trasportatore di gruppi amminici, trasformandosi reversibilmente nelle forme: - FORMA ALDEIDICA: PIRIDOSSAL FOSFATO che può accettare un gruppo amminico; - FORMA AMMINATA: PIRIDOSSAMMINA FOSFATO che può donare il suo gruppo amminico ad un alfa-chetoglutarato. Nello specifico si può suddividere la transaminazione in due parti: ▪PRIMA PARTE DEL MECCANISMO il substrato amminoacidico si lega al sito attivo dello specifico enzima amminotrasferasi, in particolar modo va a legarsi al PLP, dove subirà una serie di riarrangiamenti molecolari che porteranno alla formazione di un doppio legame tra il C-alfa e N del gruppo amminico (C-alfa=N). La situazione che si viene a creare, determinerà un alto livello di suscettibilità del doppio legame che andrà incontro a rottura essendo diventato più reattivo. L’entrata in seguito di una molecola di H2O determinerà l’idrolisi del doppio legame C-alfa=N, reso debole dagli arrangiamenti avvenuti a livello dell’enzima (se non fossero avvenuti questi arrangiamenti si avrebbe una deformazione dell’aminoacido). Come conseguenza dell’idrolisi si avrà, il rilascio di alfa-chetoacido mentre il gruppo amminico rimarrà legato al PLP che passa nella sua forma amminata, piridossammina fosfato. ▪SECONDA PARTE DEL MECCANISMO nel sito attivo, lasciato libero dal primo substrato (alfa- chetoacido), entrerà un secondo substrato, l’alfa-chetoglutarato. Esso si legherà al PLP amminato a cui preleverà il gruppo amminico diventando L-glutammato, mentre il PLP si trasformerà nella sua forma aldeidica (piridossal fosfato). A questo punto L-glutammato potrà essere sottoposto a diversi destini: - Può essere nuovamente sottoposto a transaminazione, donando così gruppi amminici a nuovi aminoacidi; - Può essere ulteriormente metabolizzato attraverso una deamminazione ossidativa; - Può essere trasformato in glutammina. TRASPORTO GRUPPO AMMINICO AL FEGATO L’ammoniaca è prodotta da diversi tessuti extraepatici, come ad esempio dalla degradazione dei nucleotidi nel cervello. Avendo un’elevata tossicità, prima di giungere al fegato, essa viene convertita in composti non tossici. Per la funzione di trasportatore ematico, il glutammato, essendo essenziale per il meccanismo intracellulare dei gruppi amminici, viene sostituito dalla L-glutammina attraverso una reazione catalizzata dall’enzima glutammina sintetasi. In questa reazione viene utilizzata una molecola di ATP che reagendo con il glutammato, forma un intermedio (6-fosfo-alfa-chetoglutarato) e ADP. L’intermedio appena formato sarà il substrato della prossima tappa, infatti esso reagisce con l’ammoniaca ( ione ammonio NH4+), generando L- glutammina e fosfato (Pi) La L-glutammina dunque trasporterà due gruppi amminici, essa è presente nel sangue e se in eccessive quantità rispetto a quelle richieste, viene metabolizzata nell’intestino, nel fegato e nei reni grazie alla presenza dell’enzima glutamminasi che la converte nuovamente in glutammato e NH4+. A questo punto l’NH4+ viene trasportato nel fegato dal sangue per essere convertito definitivamente in urea. Il glutammato invece potrà essere: - Ulteriormente metabolizzato nel fegato dalla glutammato deidrogenasi che liberando l’altro NH4+ rende disponibile l’alfa-chetoglutarato (per entrare nel ciclo di Krebs) CICLO DELL’UREA Via metabolica scoperta da Hans Krebs nel 1932. La produzione di urea ha luogo quasi esclusivamente nel fegato (inizia nella matrice mitocondriale degli epatociti), ed è il destino della maggior parte dell’ammoniaca che vi giunge. Una volta prodotta l’urea, attraverso il sangue, giunge ai reni dove verrà escreta sottoforma di urine. Questo “ciclo” prevede la successione di 5 reazioni, 2 mitocondriali e 3 citosoliche: PRIMA REAZIONE MITOCONDRIALE Il gruppo amminico NH4+ (derivante della reazioni precedenti) andrà a reagire con la CO2 (prodotta attraverso la respirazione mitocondriale) sottoforma di HCO3- ( presente in quanto si forma per ionizzazione dell’acido carbonico che a sua volta è formato da CO2, prodotta dal ciclo di Krebs, a contatto con H20) in una reazione irreversibile catalizzata dall’enzima carbamil fosfato sintetasi producendo carbamil fosfato. La seguente reazione utilizza 2 molecole di ATP. NH4+ +HCO3- + 2ATP CARBAMIL FOSFATO + 2ADP+Pi SECONDA REAZIONE MITOCONDRIALE il carbamil fosfato in una reazione catalizzata dall’ ornitina transcarbamilasi dona il gruppo carbamilico all’ornitina formando citrullina (che lascerà il mitocondrio per giungere nel citosol) e rilasciando fosfato (Pi). CARBAMIL FOSFATO + ORNITINA  CITRULLINA + Pi PRIMA REAZIONE CITOSOLICA la citrullina diventa substrato di una reazione catalizzata dall’argininosuccinato sintetasi, un enzima che si serve di una molecola di ATP per formare un intermedio, il citrullil AMP liberando contemporaneamente pirofosfato (PPi). CITRULLINA+ATP CITRULLIL AMP + PPi Questo intermedio (citrullil AMP) si andrà a legare con l’aspartato [prodotto nel mitocondrio (transaminazione glutammato + ossalacetato alfa-chetoglutarato + aspartato) ma trasportato nel citosol per mezzo di un trasportatore presente nella membrana mitocondriale interna] attraverso una reazione di condensazione che porterà alla produzione di argininsuccinato e alla liberazione di AMP. Questa reazione con l’aspartato, permette l’aggiunta di un gruppo amminico, favorendo l’espulsione di un altro gruppo potenzialmente tossico per il nostro organismo. CITRULLIL + ASPARTATO ARGININSUCCINATO + AMP SECONDA REAZIONE CITOSOLICA l’argininsuccinato andrà poi ad essere scisso tramite l’arginino- succinasi in arginina e fumarato, il primo composto servirà per la continuazione del ciclo, il fumarato invece verrà convertito, nel citosol, in malato per mezzo di una fumarato idratasi citosolica (aggiunta di H2O). Il malato potrà essere ulteriormente metabolizzato nel citosol o entrare nel mitocondrio per aggiungersi agli altri intermedi del ciclo di Krebs. ARGININSUCCINATO ARGININA + FUMARATO FUMARATO + H2O MALATO TERZA REAZIONE CITOSOLICA reazione di idratazione catalizzata dall’enzima arginasi, il quale si serve di una molecola di H2O per scindere l’arginina in urea e ornitina. L’urea verrà riversata nel sangue per giungere ai reni dove verrà espulsa sottoforma di urina, mentre l’ornitina entrerà nel mitocondrio per permettere l’avvio di un nuovo ciclo dell’urea. ARGININAUREA + ORNITINA REGOLAZIONE CICLO DELL’UREA La velocità di azione del ciclo dell’urea è dettata dalla dieta: - Se ipercalorica, essendoci più aminoacidi, essi vengono utilizzati come combustibile e la loro deaminazione determina un aumento della produzione di urea, in seguito all’aumentata disponibilità di gruppi amminici; - Se digiuno prolungato, il nostro metabolismo ricorre alle proteine del muscolo per ricavare energia, anche in questo caso la grande disponibilità di gruppi amminici determina un aumento di produzione di urea. I COLLEGAMENTI TRA LE VIE METABOLICHE RIDUCONO I COSTI ENERGETICI DI SINTESI UREA Il ciclo dell’urea richiede l’utilizzo di 3 ATP, di conseguenza se questa via metabolica fosse rimasta isolata risulterebbe notevolmente dispendiosa. Ciò viene evitato in quanto l’ossalacetato all’interno della matrice mitocondriale viene convertito in aspartato attraverso una transaminazione (ossalacetato+glutammatoalfa- chetoglutarato+aspartato). L’aspartato entra nel ciclo dell’urea e concorre alla formazione di fumarato nella reazione: ARGININSUCCINATOARGININA+FUMARATO Il fumarato prodotto, verrà convertito in malato, attraverso l’enzima citosolico fumarato idratasi. Il malato potrà poi rientrare nella matrice mitocondriale dove, oltre a poter entrare nel ciclo di Krebs, potrà essere riconvertito in ossalacetato grazie alla deidrogenasi catalizzata dall’enzima mitocondriale malato deidrogenasi. Tale reazione permetterà, oltre a ricostituire ossalacetato, la produzione di NADH, il quale potrà entrare nella catena di trasporto degli elettroni, generando più di 2,5 ATP, riducendo così il costo energetico della sintesi di urea. FIBRE MUSCOLARI Dal punto di vista funzionale si possono distinguere 2 tipi di fibre muscolari: lente e veloci (o rapide). Le prime sono anche dette fibre rosse perché i muscoli in cui prevalgono si presentano di colore rosso scuro, a causa dell'abbondanza in questo tipo di fibre di mioglobina e dell'elevato livello di capillarizzazione. Si presentano inoltre ricche di mitocondri. Hanno la caratteristica di avere una maggior quantità di alfa actinina e delle altre proteine a costituire linee Z ed un'"impalcatura" sarcomerica più abbondante. Vengono reclutate in azioni muscolari di scarsa entità ma di lunga durata.I motoneuroni che innervano le fibre rosse sono più piccoli rispetto a quelli che trasmettono l'impulso nervoso alle fibre veloci. Mentre i primi scaricano continuamente a basse frequenze, i secondi scaricano ripetutamente a elevata frequenza. Le fibre veloci sono invece dette fibre bianche perché i muscoli in cui prevalgono si presentano più chiari rispetto a quelli prevalentemente "rossi". Presentano quindi scarsa mioglobina e capillarizzazione, oltre ad minor numero di mitocondri, mentre presentano abbondanti granuli di glicogene. Le fibre bianche hanno inoltre maggior diametro e dimensioni maggiori delle rosse, come anche le loro giunzioni neuromuscolari. Intervengono nelle azioni muscolari rapide ed intense. Le fibre veloci vengono reclutate durante esercizi di breve durata che richiedono un grosso impegno neuromuscolare. Esse si attivano soltanto quando il reclutamento delle fibre a contrazione lenta è massimo. MIOFIBRILLE Responsabili del meccanismo di contrazione muscolare, determinano nelle cellule muscolari stesse il classico aspetto striato per il regolare alternarsi di bande chiare e bande scure. ◦ BANDA CHIARA divisa in due parti uguali da una sottile linea scura Z; ◦ BANDA SCURA presenta nella sua parte centrale una banda chiara H, attraversata al centro da una sottile striscia scura M. La porzione di miofibrilla compresa tra due linee scure Z, nonché la più piccola unità del muscolo in grado di contrarsi è detta sarcomero. Tutti i sarcomeri sono formati da due diversi tipi di miofilamenti disposti parallelamente tra loro: - MIOFILAMENTI SPESSI costituiti prevalentemente da miosina (nella banda A); - MIOFILAMENTI SOTTILI costituiti prevalentemente da actina (nella banda I). CONTRAZIONE MUSCOLARE I principali elementi della contrazione muscolare sono: - Miosina; - Actina; - Tropomiosina quando il muscolo è a riposo, maschera i siti di interazione tra miosina e actina; - Troponina è costituita dalle sub unità: ▪ T: unisce la troponina alla tropomiosina; ▪ C: ha un sito di legame per il Ca; ▪ I: inibisce il legame tra actina e miosina. Durante la contrazione muscolare, i filamenti sottili di actina scivolano sui filamenti spessi di miosina, avvicinando le linee Z alla linea M, determinando l’accorciamento del sarcomero fino al 30% della sua lunghezza. Tale processo richiede energia che viene fornita dall’idrolisi di ATP in ADP+Pi . In condizioni di riposo, le teste della miosina, alle quali sono legate una molecola di ADP e una di Pi, non posso interagire con i siti di legame presenti nel filamento di actina, dal momento che questi sono mascherati dalla tropomiosina. All’arrivo dell’impulso nervoso per la contrazione, a
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