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Biologia Cellulare - sintesi delle sbobine, Appunti di Biologia Cellulare

Contiene tutti gli argomenti per l’esame eccetto la traduzione.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 03/08/2023

marameooo
marameooo 🇮🇹

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Scarica Biologia Cellulare - sintesi delle sbobine e più Appunti in PDF di Biologia Cellulare solo su Docsity! La biologia è la somma delle scienze che partono dall’osservazione della natura per poi arrivare all’anatomia. Per andare a studiare in modo più approfondito si iniziò ad utilizzare il microscopio. Il metodo sperimentale va ad investigare sistemi molto complessi e cerca di analizzare piccole parti capendo come esse funzionano per poi andare a definire in seguito come funziona l’insieme nel suo complesso. L’evoluzione è un processo che ha richiesto molto tempo e che si basa su due forze divergenti che portano all’equilibrio: la tendenza alla stabilità e la tendenza al cambiamento. Queste due forze portano alla formazione della teoria sintetica della biologia moderna. Le caratteristiche che accomunano gli esseri viventi sono tre: - capacità di trasformare la materia e l’energia (e viceversa) infatti un organismo è capace di acquisire energia e trasformarla in materia ed è allo stesso tempo capace di assumere materia e trasformarla in energia; - capacità di rispondere agli stimoli, infatti, gli esseri viventi non sono inerti a ciò che li circonda e sono capaci di rispondere a stimoli di tutti i generi; - capacità di moltiplicarsi e quindi di riprodursi per garantire la sopravvivenza della specie. Tutte le caratteristiche descritte, presenti nel vivente, sono le medesime per la cellula (si aggiunge solo il fatto che si autoregola). La cellula è l’espressione minima della vita e viene definita come l’unità funzionale del vivente. Al di sotto della cellula non c’è unità funzionale con tutte queste caratteristiche (ad esempio i virus sono dei parassiti endocellulari che non sono in grado di vivere in modo autonomo). Tutti gli organismi sono costituiti da almeno una cellula e ogni cellula deriva da una cellula preesistente (quindi non nasce in modo spontaneo). La prima distinzione che va fatta è quella tra cellule procarioti e cellule eucarioti. I procarioti sono unicellulari (batteri e alghe) mentre gli eucarioti sono pluricellulari (animali e piante). La differenza sostanziale sta nella dimensione, infatti, la cellula procariote è molto più piccola (0,1 − 10𝜇𝑚) rispetto alla cellula eucariote che può arrivare fino a 100𝜇𝑚 (es: ovocita). Da ciò si intuisce che la cellula procariote è caratterizzata dalla semplicità, infatti, ha un involucro esterno (membrana) e una parete cellulare che fa da scudo perché la membrana è molto delicata. All’interno della membrana si trova il citoplasma (semisolida in cui troviamo i ribosomi che hanno la funzione di sintesi proteica – i ribosomi non sono organelli perché non hanno la membrana) e l’acido nucleico (DNA) che è fondamentale per la formazione di nuove cellule. È localizzato in una zona specifica: la regione nucleare. La caratteristica principale della cellula eucariote che la distingue da quella procariote è la compartimentalizzazione, ovvero un plus evolutivo che ha permesso di creare dei distretti specializzati nel citoplasma. Ciò permette una gestione semplificata oltre che sicura dato che dentro una vescicola si possono avere delle sostanze pericolose per la cellula stessa (es: enzimi). Così facendo si sono formati gli organuli: membrana esterna, nucleo, reticolo endoplasmatico con ribosomi, citoscheletro… Un’altra differenza evolutiva sono i ribosomi che sono presenti in entrambe ma in quella procariote sono più piccoli e hanno diverse sequenze di RNA e proteine. Un’altra capacità della cellula eucariote è quella di organizzarsi con altre cellule eucariote a formare strutture più complesse come tessuti, organi e organismi. Le cellule che compongono ogni tessuto sono diverse, ad esempio lo stomaco si compone di vari tessuti come quello muscolare, connettivo e vascolare (abbiamo quindi un insieme di tipi cellulari diversi che portano al compimento della funzione ottimale dello stomaco). La cellula ha la capacità di specializzarsi in una funzione specifica e questo processo prende il nome di differenziamento: la cellula quando nasce è indifferenziata ma è in grado di recepire stimoli ambientali che la inducono a differenziarsi in una certa direzione. Le cellule staminali restano in uno stato indifferenziato e hanno la funzione di dividersi ed essere sempre pronte a partire per un protocollo di differenziamento. Definiamo cellula terminale una cellula differenziata che non è più in grado di dividersi (es: spermatozoo). Divisione e differenziamento sono i due poli del differenziamento: in una fase staminale la cellula si divide perfettamente mentre quando intraprende il percorso di differenziamento non è più in grado di tornare indietro e dividersi. Teoria di origine delle cellule. Tutto è iniziato da una scarica elettrica che ha dato luogo a una prima sintesi senza che la vita esistesse. La base per lo sviluppo della cellula è una prima sintesi tra un paio di amminoacidi (Gly e Ala). Si è provato a riprodurre ciò in laboratorio; con proto- cellula intendiamo lo spazio circondato da una membrana che ha racchiuso casualmente un materiale informazionale. Le molecole hanno vari compiti, un’esempio è mantenere l’omeostasi (mantenere costante l’ambiente interno alla cellula) con un continuo cambiare per rimanere uguali, infatti, mantenere l’omeostasi e la percezione dei segnali ci permette di rispondere agli stimoli. La capacità di trasformare materia ed energia deriva dalla capacità di controllare l’assunzione e l’escrezione di molecole con l’aiuto di enzimi che catalizzano le reazioni chimiche ed accelerando la sintesi di nuove molecole biologiche per creare materia ed energia. Grazie alla conservazione dell’informazione genetica (DNA) e alla regolazione del flusso di informazioni si ottiene la capacità di moltiplicarsi. Tutti i viventi sono composti da acqua e dai grandi composti carboniosi (lipidi, carboidrati, amminoacidi e nucleotidi). L’acqua ha cinque proprietà importanti: - in condizioni normali è liquida; - anche se non è realmente polare è un dipolo e ciò fa si che cariche opposte si possano attrarre creando effetti come la tensione superficiale; - la fase liquida è più densa della fase solida; - ha un elevato calore di evaporazione (serve molta energia per far evaporare l’acqua); - ha un elevato calore specifico (serve molta energia per elevare di 1° la temperatura di 1ml di acqua) e ciò la rende un ottimo isolante termico L’acqua possiede anche la capacità di solvatazione (il soluto si scioglie nel solvente): essendo l’acqua un solvente polare nel momento in cui viene fatta interagire con un sale o una molecola polare, le molecole di solvente circondano il soluto (ione circondato viene solvatato) in modo da orientare la carica dell'uno verso la carica opposta dell'altro e da stabilizzare il sistema. Il rivestire lo ione di molecole d’acqua è la ragione per la solubilità rapida dei sali in acqua. Per tornare alla situazione precedente è necessario far evaporare completamente l’acqua. I lipidi sono molecole che non sono solubili in acqua perché non hanno carica. Le molecole anfipatiche presentano una testa polare idrofila e due code apolari idrofobe (quando interagiscono con l’acqua tendono a formare un doppio strato nel quale le teste polari sono ricolte perso l’esterno e le code idrofobe verso l’interno). Il 70% dell’organismo è composto da acqua mentre il restante 30% di sostanze chimiche (le più importanti sono le grandi macromolecole – acidi nucleici, polisaccaridi, proteine e lipidi – che hanno una struttura di tipo carbonioso). Il 96% della materia vivente si compone di C, O, H e N. Il carbonio è un atomo che ha la capacità di formare 4 tipi di legami (semplici, doppi o tripli) e ciò crea gli scheletri carboniosi delle macromolecole e si possono avere catene lineari oppure varie diramazioni nello spazio. La loro forma darà origine alla funzione. Gli organelli sono parti della cellula che si sono specializzati nello svolgere una specifica funzione; la maggior parte dei compiti all’interno della cellula viene svolto da molecole proteiche (è necessaria più di una proteina per svolgere le funzioni della cellula). La membrana è costituita principalmente da fosfolipidi e proteine (anche colesterolo e glicolipidi) e regola lo scambio di materiali con l’esterno. È il punto in cui le cellule entrano in contatto con la matrice extra-cellulare (= funzione trasmissione segnali + organizzarsi e formare i tessuti). La membrana è fondamentale per i processi di endocitosi (tirare dentro alla cellula) ed esocitosi (buttare fuori dalla cellula). Il nucleo è la centrale informativa, controlla la maggior parte dell’attività della cellula. I cloroplasti trasformano l’energia solare in molecole organiche. I mitocondri sono la centrale energetica della cellula (dove si forma l’energia). Il sistema delle endomembrane è un insieme di tante vescicole di membrana che si compone di reticolo liscio e reticolo rugoso (contiene i ribosomi) ed è coinvolto nel trasporto di materiali attraverso la cellula. L’apparato del Golgi è costituito da vescicole appiattite (cisterne) ed è un centro di raccolta, rielaborazione e smistamento dei prodotti del RE. I lisosomi sono delle vescicole che contengono enzimi digestivi pericolosi per la cellula. I perossisomi sono vescicole che contengono ossidi pericolosi per l’organismo. Il citoscheletro è costituito da un fitto intreccio di filamenti proteici che danno forma alla cellula e ne permettono il movimento. La compartimentalizzazione ha tre vantaggi fondamentali: crea spazi circoscritti della cellula aumentando enormemente la superficie di membrana disponibile, aumenta la velocità di diffusione delle sostanze ed infine si creano dei piccoli spazi in cui si possono raggiungere concentrazioni elevate di qualcosa (per poi poterla liberare quando serve). Le cellule si organizzano per formare i tessuti che possono essere di vario tipo: epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso. Con il termine “macromolecole” intendiamo delle molecole grandi. Si parte da una catena di monomeri che forma un polimero semplice e poi una catena di polimeri che forma la macromolecola. Andiamo a dare un nome alla macromolecola nel momento in cui si forma una catena che poi acquisisce una funzione. Monomero Polimero semplice Macromolecola Amminoacido Peptide Polipeptide (proteina) Nucleotide Oligonucleotide Acido Nucleico (DNA, RNA) Monosaccaride Oligosaccaride Polisaccaride (carboidrato) Queste famiglie di macromolecole si creano attraverso reazioni di condensazione (si legano due monomeri liberando acqua) e si distruggono attraverso reazioni di idrolisi (serve acqua e i due monomeri vengono liberati distruggendo il legame). Le proteine sono i polimeri risultanti dall’unione di 20 diversi amminoacidi, uniti tra loro dal legame peptidico, a formare catene (ciò determina la forma della proteina). La sintesi delle proteine è controllata direttamente dal DNA e queste possono avere ruolo strutturale oppure funzione catalitica. Tutte le proteine hanno un’emivita (= la metà della durata della vita) e possono essere distrutte attivamente da parte della cellula. Gli amminoacidi sono i costituenti delle proteine e presentano una struttura molto semplice: un carbonio 𝛼 al quale sono legati un H, un gruppo carbossilico (COOH), un gruppo amminico (NH2) e una catena laterale (determina la forma). A determinare la differenza tra un amminoacido e l’altro è la catena laterale mentre si attaccano tra loro tramite il gruppo carbossilico e il gruppo amminico dell’amminoacido seguente. Le catene laterali possono essere polari (quell’area della proteina sarà idrofila – si lega all’acqua) o apolari (idrofobe). Casi speciali: la cisteina (idrofoba con gruppo solfidrico – due cisteine si legano con legame covalente = ponte disolfuro), la glicina (catena laterale = H) e la prolina (catena laterale ciclica = grande ingombro = si crea piega). Il legame peptidico è un legame covalente con liberazione di acqua e la catena laterale non è mai coinvolta nel legame. Tutte le proteine hanno almeno due forme 3D, infatti, sono in grado di legare almeno un ligando (molecola che fa da segnale) e il passaggio da una conformazione all’altra è mediata dal ligando che arriva e si collega alla proteina facendo scattare il passaggio. La struttura primaria è determinata dalla sequenza degli amminoacidi lungo la proteina; la struttura secondaria è di due tipi, i beta-foglietti (ripiegato ma piatto e compatto) e le alpha- eliche (spiralate), quest’ultime le abbiamo quando la proteina deve attraversare la membrana; la struttura terziaria è un ripiegamento della struttura secondaria risultando tridimensionale; la struttura quaternaria presenta due o più subunità di polipeptide. Le chaperonine possono legarsi al polipeptide mentre viene sintetizzato dal ribosoma impedendo un ripiegamento errato. Denaturazione/rinaturazione della proteina: gli agenti denaturanti possono distruggere la struttura secondaria/terziaria e ciò molto spesso è irreversibile perché alcuni ripiegamenti sono possibili solamente durante la sintetizzazione della proteina ribosomiale (codifica gli RNA ribosomiali che poi formano i ribosomi che servono per la sintesi proteica). La scoperta della doppia elica è stata fondamentale perché ha suggerito il meccanismo della replicazione. Questa avviene perché ogni filamento della doppia elica serve da stampo a un filamento neoformato. Inizialmente vi erano vari modelli di replicazione (semiconservativa, conservativa e dispersiva) perché non si riusciva a comprendere come si replicasse il DNA finché non si capì che quella corretta è la replicazione semiconservativa del DNA. La molecola si apre come una cerniera e ciascuno dei due filamenti funge da stampo per gli altri due filamenti complementari (cellule figlie = filamento vecchio + filamento nuovo). Questo processo richiede degli enzimi e molta precisione. In primo luogo, si ha la rottura dei legami a idrogeno e si parte dai punti in cui abbiamo più adenina e timina che sono le basi più facili da separare e questo punto è detto “punto di origine della replicazione”. Questi punti rappresentano segnali di attacco di una proteina iniziatrice che il compito di tendere i due filamenti. Dopodiché interviene il replisoma formato da varie proteine: la DNA elicasi che si lega alla proteina iniziatrice e forza l’apertura della doppia elica, grazie all’energia fornita dall’ATP, la proteina SSB che impedisce che i due filamenti si riassocino e infine la topoisomerasi impedisce il superavvolgimento del DNA. Successivamente vi è l’aggiunta progressiva di tutti i nucleotidi (sono trifosfati perché dalla rottura di due legami fosfato si ricava energia per far avvenire la polimerizzazione) complementari a quelli del filamento vecchio e questo è reso possibile dalla DNA polimerasi che è un enzima che permetta la reazione di polimerizzazione. La DNA polimerasi non può iniziare la polimerizzazione senza un innesco chiamato primer che è un corto filamento di RNA prodotto dalla DNA primasi. Quando parliamo di passaggio attraverso la membrana dobbiamo tener conto di alcuni aspetti: dimensioni, polarità e carica. Vi sono tre tipi di trasporto e tutti mediati da proteine. Il trasporto passivo è quello che non richiede energia ma avviene spontaneamente (anche se in realtà c’è dispendio energetico perché la forza con cui avviene è il gradiente di concentrazione ovvero la differenza di concentrazione fra i due componenti). Quando tra due compartimenti c’è una differenza di concentrazione il soluto tenderà a fluire per arrivare all’equilibrio (= stessa concentrazione) e quindi non richiede sforzo energetico ma disperde gradiente. Il trasporto attivo è un trasporto con dispendio energetico perché c’è bisogno che la cellula metta una quota di energia motivo per cui può avvenire anche contro il gradiente di concentrazione. Poi abbiamo il trasporto vescicolare di cui parleremo più avanti. L’osmosi è una diffusione con la differenza che a diffondersi è il solvente e non il soluto attraverso una membrana semipermeabile (permeabile al solvente ma non al soluto). La differenza con la diffusione sta solo nel fatto che è il soluto a muoversi. Vi sono diversi tipi di soluzioni: le soluzioni isotoniche sono quelle in cui si mantiene l’equilibrio e quindi hanno lo stesso tono osmotico del citoplasma mente le soluzioni ipertoniche e isotoniche non risultano ottimali per le nostre cellule, infatti, nelle soluzioni ipertoniche si ha un ambiente esterno alla cellula molto concentrato quindi il solvente esce dalla cellula per cercare di diluire l’ambiente ma l’effetto finale è un raggrinzimento nel tempo fino alla morte. Per le soluzioni ipotoniche la situazione è opposta ovvero l’ambiente esterno risulta meno concentrato rispetto a quello interno quindi ciò che succede è che il volume all’interno della cellula aumenta fino ad esplodere. L’acqua attraversa le membrane biologiche attraverso un meccanismo di diffusione facilitata tramite le proteine canale. Queste sono dei veri e propri pori che possono essere aperti e chiusi. Sono regolate da diversi agenti (possono essere aperte o chiuse sulla base di): - distribuzione delle cariche sulla membrana (interna ed esterna) - legame con un’altra molecola (potrebbe essere quella da trasportare o una che segnala l’apertura) - controllo meccanico - esistono dei canali che sono tendenzialmente aperti e sono le porine in particolare le acquaporine servono per il passaggio di acqua. Vi sono due tipi di diffusione, quella facilitata e quella semplice. Quest’ultima è lineare infatti maggiore è la differenza di concentrazione e più rapido sarà il passaggio delle molecole. La diffusione facilitata ha un andamento iperbolico e risulta più rapida rispetto alla diffusione semplice. Entrambe sono di trasporto passivo. Le proteine carrier possono trasportare una o più molecole contemporaneamente in entrambe le direzioni: quelle uniporto sono le carrier semplici in cui viene trasportata una singola molecola da un comparto a un altro. Se bisogna trasportare più di una molecola si parla di: simporto quando vengono portate dalla stessa parte e antiporto se bisogna portare una molecola da una parte e un’altra nell’altro verso. Il trasporto attivo necessita dispendio energetico e necessita di proteine di membrana. Il dispendio energetico permette alle molecole di muoversi contro il gradiente di concentrazione. Vi sono due forme di trasporto: attivo primario e attivo secondario. Nel trasporto attivo primario l’energia vien fornita dall’idrolisi di una molecola di ATP e ciò permette lo spostamento di ioni e molecole. Nel trasporto attivo secondario (co-trasporto) viene sfruttata l’energia del passaggio di una molecola a favore di gradiente per trasportare una molecola contro gradiente. La differenza tra trasporto attivo e passivo è che nel momento in cui la cellula muore il trasporto attivo cessa mentre quello passivo può continuare perché una membrana non vitale può continuare a fare la diffusione delle molecole. L’energia si trasforma e può essere di vario tipo come quella dell’energia potenziale che è un gradiente. L’ATP si trasforma in gradiente di concentrazione dei protoni: H+ passa dalle zone poco concentrate a quelle più concentrate aumentando la differenza di concentrazione e quindi il gradiente di concentrazione a costo energetico di ATP (questa differenza di concentrazione di protoni è il motore della proteina carrier per trasportare soluto). La pompa di antiporto sodio-potassio utilizza il trasporto attivo primario per creare un gradiente sia di sodio che di potassio idrolizzando l’ATP (esce il sodio ed entra il potassio). Il simporto sodio-glucosio utilizza il trasporto attivo secondario per generare un gradiente di glucosio usando il gradiente di sodio (quindi il glucosio va contro il gradiente) Ci sono diverse modalità di transito da una parte all’altra della cellula e una di queste è il trasporto vescicolare ovvero mediato da vescicole che hanno il compito di trasportare molecole grandi come le proteine o i polisaccaridi. Il sistema delle endomembrane ovvero tutte le membrane che si trovano dentro la cellula sono necessarie per la produzione di sostanze, l’esocitosi e l’endocitosi. La via dell’esocitosi va dal reticolo endoplasmatico e può coinvolgere anche l’apparato di Golgi fino ad arrivare alla membrana (diretta verso l’esterno). L’endocitosi parte dalla membrana cellulare verso strutture chiamate endosomi (= forma di nutrimento della cellula e demolizione del materiale nocivo). Le membrane sono in equilibrio tra di loro e si scambiano tratti importanti e tutte le proteine vi sono inserite. Vi sono dei compartimenti donatori e compartimenti riceventi perché il percorso non è unico delle vescicole. Dal compartimento donatore si crea la vescicola e questa raggiunge il compartimento ricevente e la membrana di cui è costituita diventa parte del ricevente. La via di trasporto è doppia e in più vi è una particolarità, infatti, sulla via dell’esocitosi vi sono delle vescicolette che tornano indietro di sacca in sacca riportando componenti che non devono essere esocitate. Con il termine shuttling vescicolare si intendono le vescicole shuttle che portano in entrambe le direzioni. Esistono delle proteine di rivestimento che aiutano nell’invaginazione della cellula in particolare riescono a deformare la membrana e a farla diventare sferica per poi farla diventare una vescicola. C’è una fase di adesione in cui delle molecole specializzate si attaccano, si fondono e aiutano a rilasciare il contenuto della vescicola. La separazione della vescicola dalla membrana è resa possibile da una proteina che strozza fino a chiudere la vescicola. L’esocitosi è un processo in cui vengono fatte uscire molecole (ormoni o enzimi) dalla membrana per mezzo di vescicole. Il processo avviene in tre fasi: la vescicola contenente le molecole da espellere si avvicina alla membrana successivamente si fonde ad essa e infine rilascia il suo contenuto all’esterno. Oltre a ciò, ha anche un’altra funzione ovvero quella di introdurre proteine nei vari livelli di membrana. Vi sono due tipi di esocitosi: - costitutiva: man mano che la sostanza viene prodotta viene mandata alla membrana per essere espulsa - regolata: la cellula produce tanta sostanza e si formano tante vescicole che libereranno il contenuto in un momento specifico per raggiungere dei livelli di concentrazione elevati (es: neurotrasmettitori – una cellula per comunicare con l’altra rilascia impulsi di concentrazione elevata in momenti specifici) L’endocitosi è un processo in cui si acquisisce materiale dall’esterno che può avere diverse caratteristiche. Inoltre, questo processo permette il rinnovamento della membrana. Vi sono vari tipi come la fagocitosi (per molecole molto grandi), pinocitosi (per molecole molto piccole e liquide), endocitosi mediata da recettori e la transcitosi (permette alla molecola di entrare da una parte ed uscire dall’altra – es immunoglobine). Le funzioni di questo processo sono: l’acquisizione di materiale esterno, la pulizia dello spazio extracellulare. È caratterizzata dal rivestimento della clatrina, una proteina che troviamo intorno alla vescicola che distorce la membrana causando una curvatura che induce la formazione e gemmazione delle vescicole. I passaggi sono gli stessi dell’esocitosi ma al contrario. I lisosomi sono vescicole, all’interno della cellula, che contengono enzimi litici (proteasi, licasi e dnasi) capaci di rompere ciò che la cellula ha acquisito dall’esterno. Le capacità digestive di queste sono connesse al pH e trasferendo grandi quantitativi di H+ si crea un’ambiente acido. Il lisosoma ha due caratteristiche fondamentali: concentrare le idrolasi acide e avere sulla membrana pompe protoniche che consumando ATP riescono ad acidificare il contenuto della vescicola. Esiste una forma intermedia detta endosoma che accumula le idrolasi acide ma ha un pH basso. Questo inizialmente viene definito precoce quando sta ancora accumulando enzimi e ioni H+, poi nel tempo si evolve e diventa tardivo. La fagocitosi è il processo che prevede il trasporto all’interno della cellula per endocitosi di molecole grandi come i batteri. Le cellule essendo molto grandi non possono creare un’invaginazione della membrana piuttosto si va a creare una sorta di estroflessione che abbraccia e circonda la cellula. Per il resto il processo è analogo: grossa vescicola si fonde con un endosoma matura e degrada il contenuto. La cellula è costantemente a lavoro e per questo motivo necessita energia che produce attraverso varie forme di lavoro. La principale sorgente di energia utilizzata dalle cellule è il glucosio. Il processo di combustione del glucosio, che nelle cellule libera energia utile per le loro attività, è detta respirazione cellulare. Le reazioni come la riduzione con CO2 e acqua, che necessitano di energia fornita dall'esterno, vengono definite reazioni endoergoniche. Nelle reazioni endoergoniche il contenuto energetico dei prodotti è maggiore rispetto a quello dei reagenti. Le reazioni chimiche come la respirazione cellulare, l’organicazione e la demolizione delle sostanze organiche che liberano energia sono definite reazioni esoergoniche. Nelle reazioni esoergoniche il contenuto energetico dei prodotti è inferiore a quello dei reagenti. Il metabolismo cellulare è l’insieme delle reazioni biochimiche che avvengono all'interno delle cellule. Dobbiamo ricordare: - fototrofo: movimento prodotto dalla luce - chemiotrofo: movimento prodotto dalla chimica - autotrofo: sostanza organica prodotta autonomamente - eterotrofo: sostanza organica acquisita dall’esterno altro da sapere: - anabolismo: costruzione di massa organica, necessita energia per avvenire - catabolismo: distruzione massa organica, è esoergonico Il DNA contiene l’informazione genetica, questa viene mantenuta attraverso la replicazione accompagnata dalla traduzione. Però è necessario che il DNA venga trascritto. La trascrizione è il passaggio del DNA in RNA e ciò avviene nel nucleo però il messaggio depositato nel DNA e poi trascritto nell’RNA viene tradotto nel citoplasma. Come la replicazione anche la trascrizione è differente tra eucarioti e procarioti, infatti, in questi ultimi la trascrizione e traduzione avvengono contemporaneamente perché l’RNA trascritto viene subito riconosciuto dai ribosomi e viene tradotto. Negli eucarioti non coincidono perché ciò che viene trascritto inizialmente sono i “trascritti primari” che per esser letti devono essere modificati e diventare “trascritti maturi”. Nel nucleo vi sono una serie di cofattori che spacchettano il DNA super avvolto. la chiave della trascrizione è la DNA polimerasi dato che vanno uniti dei nucleotidi tramite una reazione di polimerizzazione (sono anche necessari dei fattori di transizione). La trascrizione si sviluppa in tre fasi: inizio, allungamento e terminazione. Il gene è l’unità di base dell’ereditarietà (= segmento di DNA formato da sequenze codificanti chiamate esoni e sequenze che intervallano chiamate introni; contiene il codice per una proteina specifica) e nel corso del tempo la sua definizione è cambiata. Il DNA è fatto da tratti che codificano per uno o più prodotti funzionali e da tratti che non vengono trascritti e sono importanti per replicazione e trascrizione. La trascrizione produce tre categorie principali di RNA (vi sono anche altri tipi che sono stati scoperti più recentemente): - mRNA: RNA messaggero che codifica il prodotto funzionale - rRNA: RNA ribosomiale che produce i ribosomi importanti per la sintesi proteica - tRNA: RNA transfer che è l’adattatore molecolare della cellula che serve a tradurre un codone in un amminoacido La trascrizione è la formazione di uno specifico RNA a partire da uno specifico stampo di DNA, i ribonucleotidi e l’RNA polimerasi. All’interno di ciascun gene viene trascritto un solo filamento, quello stampo mentre l’altro resta non trascritto. L’inizio della trascrizione richiede un promotore ovvero una sequenza di DNA a cui si lega l’RNA polimerasi. I promotori sono importanti perché dicono alla RNA polimerasi dove iniziare la trascrizione, quale filamento trascrivere e in quale direzione procedere. Esistono differenze tra quelli procarioti e quelli eucarioti: un promotore procariotico possiede la sequenza di riconoscimento (sequenza riconosciuta dall’RNA polimerasi) e il TATA box (ricco di AT si trova vicino al sito di inizio). Negli eucarioti l’RNA polimerasi non è in grado di legarsi semplicemente al promotore bensì necessita di proteine dette fattori di trascrizione. Questi legandosi inducono un cambiamento di forma che permette il legame di altri fattori di trascrizione e dell’RNA polimerasi andando a formare un complesso di trascrizione. Dopo che l’RNA polimerasi si è legata al promotore incomincia il processo di allungamento: RNA polimerasi mette insieme i nucleotidi (direzione 5’⟶3’) e non essendo presente la DNA polimerasi non vi è alcuna correzione degli errori. Infine, ci sono delle sequenze di basi (nei procarioti troviamo le “forcine”) che ne stabiliscono la terminazione. Negli eucarioti il prodotto non è maturo quindi vi è un processo di maturazione che prevede tre step: - reazione di capping all’estremità 5’ in cui viene attaccata una metilguanosina che protegge dalla degradazione e serve come riconoscimento per i pori nucleari e per i ribosomi - reazione di poliadenilazione all’estremità 3’ in cui viene attaccata una coda di poli-A (tante adenine) per stabilizzare il trascritto e funge anche da sito di legame per altre proteine (sarà anche importante nello splicing) - reazione di splicing rimuove gli introni (sequenze spaziatrici e non codificanti) grazie a un complesso proteico: spliceosoma. (vi è lo splicing alternativo) Il trascritto maturo è pronto per uscire dal nucleo dai pori e arrivare al citoplasma dove ci sono i ribosomi e dove avviene la traduzione. Sono necessari: tRNA, enzimi, fattori di vario genere, ATP e amminoacidi. Stiamo parlando di sintesi proteica che ha come risultato la produzione di una catena polipeptidica che verrà poi ripiegata e trasformata in proteina. Analizziamo il ruolo del tRNA: questo deve mettere in relazione l’informazione contenuta nei codoni dell’mRNA con specifici amminoacidi. Il tRNA deve leggere correttamente i codoni di mRNA e fornire gli amminoacidi corrispondenti quindi si può dire che abbia tre funzioni: prende un amminoacido, si associale alle molecole di mRNA e interagisce con i ribosomi. Verso la metà del tRNA c’è un gruppo di tre basi (=anticodone) che è dove si lega con l’mRNA e ogni tRNA contiene un particolare anticodone di mRNA corrispondente al proprio amminoacido. Per legare gli amminoacidi ai tRNA servono degli enzimi attivanti che sono specifici per l’amminoacido e il tRNA corrispondente. L’amminoacido si attacca all’estremità 3’ con un legame ricco di energia che fornirà l’energia necessaria per creare il legame peptidico che terrà uniti gli amminoacidi adiacenti. Un ruolo importante lo hanno i ribosomi, infatti, grazie alla loro particolare struttura sono in grado di assemblare correttamente una catena polipeptidica trattenendo nella giusta posizione mRNA e tRNA carichi. I ribosomi non sono specifici ma possono usare qualsiasi mRNA e tutti i tipi di tRNA carichi. La sequenza polipeptidica da produrre è specificata solo dalla sequenza lineare dei codoni dell’mRNA. Ogni ribosoma è costituito da due subunità, una maggiore e una minore; negli eucarioti quella maggiore è composta da tre molecole diverse di RNA ribosomiale mentre quella minore contiene una molecola di tRNA e 33 molecole proteiche diverse. Nei procarioti contengono proteine e RNA diversi. Sulla subunità maggiore troviamo tre siti per i tRNA e quest’ultimo passa da un sito all’altro seguendo un ordine preciso: sito A (attacco) dove anticodone tRNA si attacca al codone di mRNA, sito C (condensazione) dove tRNA cede amminoacido alla catena polipeptidica e il sito D (distacco) dove passa il tRNA prima di staccarsi dal ribosoma e andare nel citosol. Anche per la traduzione vi sono tre passaggi. La traduzione inizia con l’mRNA che si lega alla subunità minore del ribosoma e successivamente il tRNA si lega all’mRNA grazie all’appaiamento tra le basi del codone e quelle dell’anticodone. (guarda foglio) + I polipeptidi creati escono dal ribosoma ma possono subire delle modificazioni post-traduzionali come la glicosilazione, la fosforilazione o l’attacco di gruppi particolari. Una volta prodotte le proteine seguono due vie: la prima passa attraverso il reticolo endoplasmatico e la seconda dal citoplasma. Quando il ribosoma è attaccato al RE vi finisce all’interno e ha due destini: rimanere nel reticolo o finire nel Golgi dove avviene la gemmazione delle vescicole di secrezione, può finire nel lisosoma o costruire la membrana. Nel secondo caso extracellulare diversa; questa è composta da acqua, sali minerali e proteine glicosilate. Questa matrice determina la struttura dell’organo e del tessuto ed ha anche un ruolo funzionale perché è attraverso la matrice che passano gli stimoli che poi vengono captati dalle cellule. La matrice viene prodotta dalle cellule stesse. Ciò che troviamo maggiormente sono le proteine glicosilate che comprendono le glicoproteine e i proteoglicani. Le glicoproteine sono proteine glicosilate in cui la percentuale di glicosilazione (quindi degli zuccheri) è limitata; alcuni esempi sono: collagene, fibronectine, elastine, laminine. Queste rendono il tessuto flessibile e resistente. I proteoglicani sono costituiti da glicosamminoglicani (GAG) ovvero dei polisaccaridi con carica negativa (un esempio è l’acido ialuronico). Hanno il compito di garantire un giusto grado di idratazione allo spazio cellulare. La differenza principale tra glicoproteine e proteoglicani è la percentuale di zuccheri legati quindi nei secondi la massa è rappresentata principalmente da zuccheri e carboidrati non proteine (quindi diversa struttura = diversa funzione). Esistono diversi tipi di collagene e costituiscono diversi tipi di matrice extracellulare. La struttura base del collagene è fatta da una tripla elica che si può combinare in eterotrimeri. Quindi vi sono tre catene polipeptidiche, ognuna formata da una sequenza di amminoacidi (glicina, prolina e idrossina). La tripla elica che si forma è contenuta la fibrilla di collagene che è data da tante triple eliche super avvolte che formano tra di loro legami covalenti. Il collagene è dato da tante fibrille. La possiamo definire una struttura modulare e questa determina la funzione. Tanto collagene determina un’ottima capacità del tessuto di resistere alla tensione. Le fibronectine connettono la cellula alla matrice extracellulare. La loro struttura presenta due catene polipeptidiche tenute insieme da ponti disolfuro. L’elastina ha una struttura altamente modulare che presenta due catene polipeptidiche caratteristiche altamente ripetute. La fibra elastica è costituita da tropoelastina e tra queste si formano legami covalenti ed è importante ricordare che ha due conformazioni: stirata e rilassata. L’elastina è responsabile dell’elasticità di organi e tessuti. Le laminine sono eterotrimeri costituite da catene polipeptidiche diverse che si super avvolgono. Le troviamo in organismi semplici e complessi. La cellula e la matrice interagiscono attraverso delle proteine specializzate che prendono il nome di integrine e connettono la cellula al citoscheletro. Da queste interazioni arrivano messaggi importanti che diranno alla cellula di sintetizzare le proteine, di proliferare, di differenziarsi…quindi la matrice extracellulare non ha solo un ruolo strutturale ma anche di comunicazione. Le integrine sono importanti perché nel momento in cui si presenta una tensione meccanica lo spazio extracellulare si oppone ma la cellula riesce ad adattarsi perché le integrine e il citoscheletro sentono la tensione. Le integrine sono delle proteine transmembrana formate da un lato citosolico, un lato extracellulare e uno che attraversa la membrana. Sono formate da due catene alpha e beta che interagiscono e formano la struttura. Esistono varie classi che dipendono dall’adesione cellula-matrice: - Contatto focale: integrina interagisce direttamente con un elemento della matrice e si forma/disfa facilmente infatti è un tipo di contatto che dura poco e avviene perché la cellula ha recepito un messaggio dall’esterno di adesione cellulare al quale ha risposto con la costruzione di questo contatto focale (è il più veloce) - Complesso focale: si forma quando una cellula aderisce alla matrice; questo complesso è costituito da proteine che mediano l’adesione, la comunicazione e la trasmissione di messaggi (a partire da questo si legano altre proteine) - Adesione focale: contatto focale più maturo che permette un’adesione più duratura nel tempo - Adesione fibrillare: durata ancora più superiore - Emidesmosomi: si trovano nelle cellule epiteliali e svolgono un ruolo importante di ancoraggio tra le cellule epiteliali e la membrana basale (componente della matrice); sono i complessi più stabili che appartengono (come struttura) ai desmosomi. Le cellule nei tessuti si legano in modo differente, in particolare riconosciamo tre tipi di interazione tra cellule: - Interazione omofilica: due molecole identiche, una in una cellula e una nell’altra, che interagiscono tra di loro - Interazione eterofilica: due molecole diverse - Interazione mediante molecola bifunzionale: coinvolge una molecola bifunzionale che si lega a due diversi tipi di cellule creando un ponte tra di loro. Queste molecole sono proteine che possono essere identiche, diverse o che necessitano di un ligando che si metta a ponte tra di loro. Le proteine che troviamo nelle adesioni cellulari appartengono a due famiglie: le caderine e le CAM (cell adehision molecules). Le caderine svolgono un ruolo cruciale nell’adesione e nell’interazione tra le cellule dello stesso tipo (interazione omofilica) e per funzionare richiedono ioni calcio (è un sistema complesso che comprende le catenine). Queste attraversano la membrana e si estendono sia sulla superficie interna che esterna. La porzione extracellulare è responsabile dell’adesione tra le cellule mentre quella intracellulare si collega al citoscheletro per stabilizzare la cellula. Le CAM sono una famiglia più grande di proteine coinvolta nell’adesione e nell’interazione cellulare e sono immunoglobine. Le giunzioni cellulari sono delle strutture stabili/permanenti di una cellula in cui troviamo le caderine o le CAM e sono di diverso tipo: - Giunzioni strette (tight junctions): Le giunzioni strette sono strutture che formano una barriera ermetica tra le cellule adiacenti. Si trovano in molti tessuti epiteliali e sono responsabili di regolare selettivamente il flusso di molecole e liquidi tra le cellule. Sono possibili grazie a tre famiglie di proteine: claudine, occludine e JAM - Giunzioni aderenti (adherens junctions): Le giunzioni aderenti sono coinvolte nell'adesione meccanica tra le cellule. Sono composte principalmente da proteine di adesione chiamate caderine, che stabilizzano le connessioni tra le cellule adiacenti. Le giunzioni aderenti sono importanti per mantenere l'integrità dei tessuti e consentono alle cellule di agire come un'unità funzionale. - Giunzioni comunicanti (gap junctions): Le giunzioni comunicanti consentono il passaggio diretto di piccole molecole, come ioni e piccoli metaboliti, tra le cellule adiacenti. Sono costituite da canali proteici chiamati connessioni, che connettono i citoplasmi delle cellule vicine. Permettono un passaggio veloce essendo meno complesse delle altre. - Desmosomi: I desmosomi sono strutture di adesione cellulare che forniscono resistenza meccanica alle cellule. Sono composti da proteine di adesione chiamate desmogleine e desmocoline, che si collegano alle proteine del citoscheletro all'interno delle cellule. I desmosomi sono particolarmente abbondanti in tessuti soggetti a forze meccaniche, come la pelle e il muscolo cardiaco. Il ciclo cellulare è il ciclo vitale della cellula e coinvolge la crescita, la duplicazione del DNA e la divisione cellulare. Lo scopo della divisione cellulare è quello di avere due cellule figlie che sono l’esatta copia della cellula di partenza e dove l’informazione genetica è perfettamente conservata. Il messaggio di proliferazione può arrivare dall’esterno e determina la riorganizzazione strutturale della cellula che porta alla formazione delle cellule figlie. Il ciclo è scandito da una serie di eventi, parlando di cellule eucariote e organismi pluricellulari esistono diversi tipi di cellule e non tutte proliferano nello stesso modo. Ci sono le cellule perenni (es neuroni e cellule muscolari) che sono terminalmente differenziate (si fermano alla fase G0). Le cellule stabili si dividono lentamente o dopo aver ricevuto uno stimolo particolare (es epatociti). Ci sono le cellule che hanno un’emivita molto rapido che si rigenerano continuamente (es quelle dell’epidermide). Il ciclo cellulare è un cerchio diviso in fasi, in particolare si parla di due fasi: interfase e fase M. Nell’interfase sono comprese tre fasi: G1, S e G2. Con fase M intendiamo la mitosi e si divide in tante sottofasi. L’informazione genetica viene duplicata in fase S mentre in fase M avviene la condensazione della cromatina e la spartizione dell’informazione genetica nelle due cellule figlie. Normalmente il ciclo parte da G1 però iniziamo parlando della mitosi dove avviene la divisione del nucleo. Questo processo termina con la citodieresi ovvero la separazione del citoplasma. Alla fine della fase S il materiale genetico è stato replicato e viene replicato anche il centrosoma. Parliamo di cellule somatiche con un corredo diploide e che presenta 46 cromosomi. Durante la mitosi se partiamo da un corredo 2n lo avremmo pure nelle cellule figlie. Il cariotipo viene ottenuto attraverso l’osservazione dei cromosomi di una cellula che sono stati trattati in modo da diventare visibili. Come si prepara? Si isolano delle cellule del sangue, vengono messe in coltura e stimolate dalla fitoemoagglutinina (stimola proliferazione delle cellule). Vengono fatte proliferare perché si vogliono isolare i cromosomi per poi bloccare il citoscheletro ovvero il fuso mitotico in modo da mantenere i cromosomi metafisici bloccati. Le cellule vengono poi rotte e spostate in un vetrino per essere osservate. I gruppi dei cromosomi sono classificati per tipi: da 1 a 3 metacentrici perché la disposizione del centromero è centrale, poi ci sono i submetacentri, gli arcocenti e i piccoli arcocentri e metacentri. La classificazione tradizionale è basata sulle dimensioni e posizione del centromero; altre sul bendaggio. La mitosi avviene secondo un ordine preciso di fasi e dura sempre poco poiché tutto quello che serve è già stato preparato durante l’interfase. Il primo evento è la condensazione della cromatina mentre l’ultimo è la separazione del citoplasma. Alcune definizioni importanti da sapere sono: centromero (strozzatura del cromosoma, dove si forma il cinetocore), centrosoma (centro di organizzazione dei microtubuli, viene replicato in fase S), centrioli (nel centrosoma). Vi sono 5 fasi, la prima è la profase ed è il momento in cui si condensa il DNA e il citoscheletro si riorganizza nel fuso mitotico. Il DNA si condensa grazie a delle proteine regolatrici, in particolare il complesso multiproteico ad anello della condensina. Questo viene assemblato nel citoscheletro e poi passa nel nucleo; in questa struttura entra la cromatina che prima è lassa e poi viene condensata. Tra i due cromatidi fratelli ci sono le coesine (proteine che mantengono il cromosoma metafasico compatto). La seconda fase è la prometafase in cui ancora non si vedono i cromosomi perché sparsi nel nucleo. Vi è l’involucro nucleare che si dissolve e la sua dissoluzione è data dalla depolimerizzazione delle lamine nucleari (proteine che danno sostegno alla membrana). Si ha poi la formazione di vescivole di digestione che contengono la membrana nucleare. In questa fase si forma il cinetocore a livello del centromero. Si organizza il fuso mitotico che è importante per la separazione del materiale genetico e della sua ripartizione alle cellule figlie. Le cellule comunicano tra di loro per poter svolgere le loro funzioni: nei network cellulari le molecole segnale vengono recepite dalla cellula, tramite dei recettori, che poi elaborerà queste informazioni per produrre una serie di azioni di risposta a questi segnali. La cellula riceve vari tipi di informazioni: alcune servono per vivere, altre possono attivare il ciclo cellulare (quindi l’attivazione del complesso mitotico e la cellula è indotta a proliferare), ma anche informazioni che inducono la cellula a differenziarsi (cellule staminali), altre ancora possono portare segnali che inducono alla morte. Esistono sei categorie per la comunicazione cellulare: - Segnalazione intracellulare: i gap Junction permettono comunicazioni veloci grazie ai canali che attraversano due cellule comunicanti e permettono il passaggio di molecole - Segnalazione contatto-dipendente: dipende dal contatto diretto tra due molecole esposte sulla superficie cellulare di due cellule diverse. Vi è interazione omofilica con molecole uguali ed eterofilica con molecole di diverso genere - Segnalazione autocrina: le cellule possono produrre delle molecole che rilasciate nello spazio extracellulare vanno a legarsi alla superficie della cellula stessa o quella della cellula adiacente dello stesso tipo - Segnalazione paracrina: la cellula può produrre molecole o sostanze che possono fungere da segnale per le cellule di tipo diverso - Segnalazione endocrina: vi è una ghiandola endocrina che produce un ormone che immesso nel torrente circolatorio agisce a lunga distanza. - Segnalazione simpatrica: parliamo di sistema nervoso e di messaggi che viaggiano a grandi distanze ma non attraversano il torrente circolatorio ma lungo l’assone. I dendriti hanno il corpo centrale che produce un’informazione che va all’assone che si prolunga e la fa viaggiare in tutto il sistema nervoso portandola ad un altro neurone grazie alla congiunzione simpatrica. Nel segnale autocrino le molecole prodotte dalla cellula sono “fattori di crescita” e sono di tanti tipi diversi: il PDGF è il fattore di crescita derivante dalle piastrine, TGF è il fattore trasformatore oppure l’EGF è il fattore di crescita dell’epidermide. Trattandosi di comunicazione autocrina, questi fattori si legano alla cellula stessi o a cellule dello stesso tipo. Questi fattori molte volte veicolano anche una segnalazione di tipo paracrino perché possono avere un effetto anche su altri tipi cellulare. Nella maggior parte dei casi questi fattori di crescita portano un segnale che induce la proliferazione. Nel caso di una crescita tumorale i fattori di crescita hanno un ruolo importante, infatti, quando vi è una cellula che trasporta una mutazione questa è indotta ad attivare la proliferazione poiché il sistema di controllo delle cicline viene sregolato e ciò porta a una proliferazione anomala. Ma non sono infatti un epitelio che si trova a ricoprire la cavità interna di un organo acquisisce delle capacità del tutto particolari che lo rendono in grado di digerire la matrice grazie a degli enzimi che fanno si che le cellule vengano liberate da quelle che sono le giunzioni cellulari e migrano al di fuori della cavità. Gli stimolatori di queste trasformazioni sono i fattori di crescita come il TGF. Le cellule tumorali producono questi fattori che agiscono sulle cellule dello stesso tipo. Il ligando è la molecola che lega il recettore. Può essere un fattore di crescita se si tratta di segnalazione autocrina. Il legame ligando-recettore è un legame non covalente quindi il ligando deve legarsi al recettore e deve veicolare una serie di informazioni che poi si traducono in azioni. Il ligando si deve poi staccare del recettore poiché se lo tenesse sempre la cellula sarebbe bloccata. Il legame con il recettore determina un cambiamento conformazionale della struttura del recettore stesso. Quando un ligando si lega a un recettore questo si attiva ma quando non è legato si trova in uno stato di quiescenza. Esistono sei tipi diversi di recettori ma esistono anche diversi tipi di ligandi (es: alcuni formati da proteine, peptidi, amminoacidi o gas disciolti come CO e NO). CO e NO sono importanti nella comunicazione cellulare perché il prima si lega al gruppo eme al posto dell’ossigeno. Le molecole piccole e idrofiliche penetrano nella membrana quindi il recettore non sarà espresso su di esse mentre le molecole grandi e idrofiliche che non penetrano la membrana avranno sicuramente il recettore espresso sulla membrana. Vi sono i recettori espressi sulla membrana e quelli nucleari e la posizione del recettore dipende dal tipo di ligando. Le cellule muoiono secondo diverse vie: principalmente attraverso necrosi (che avviene per evento accidentale – es: cellule si gonfiano e poi esplodono, comporta un’infiammazione ovvero una risposta immunitaria) e apoptosi (morte programmata dalla cellula) ma si possono anche auto digerire. Il segnale può arrivare dall’esterno o dall’interno. L’apoptosi prevede degli eventi: l’attivazione che dipende da meccanismi che possono avvenire dall’esterno o dall’interno. È importante l’attivazione delle caspasi che sono enzimi che tagliano le proteine, esistono di tanti tipi e agiscono i momenti diversi. Dopodiché vi è la condensazione della cromatina e successivamente il citoplasma raggrinzisce, infine si formano delle bolle (corpi apoptotici che verranno fagocitati da una cellula sana vicina).
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