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Biologia Generale e cellulare, Dispense di Biologia

PDF complessivo del materiale + approfondimenti atti al superamento dell’esame

Tipologia: Dispense

2019/2020

In vendita dal 30/09/2022

jennyragonese
jennyragonese 🇮🇹

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Scarica Biologia Generale e cellulare e più Dispense in PDF di Biologia solo su Docsity! COS’E LA BIOLOGIA? È lo studio scientifico degli esseri viventi con un approccio di natura sperimentale: si formulano ipotesi e si verifica la veridicità di queste. Si procede quindi a tentativi ed errori. Per “essere vivente” si intendono tutti gli organismi che derivano da un antenato comune unicellulare apparso sulla terra 4 miliardi di anni fa. Tutti gli organismi viventi possiedono cellule, cioè laboratori, al cui loro interno avvengono esperimenti, cioè tutte le reazioni biochimiche e che, associando le componenti genetiche a quelle ambientali, permettono alla cellula di evolvere, determinando così l’affermarsi o meno di una caratteristica. Gli organismi più evoluti sono coloro che sono riusciti ad adattarsi meglio alla variazione ambientale: più si adatta ad un cambiamento qualsiasi, più un organismo è evoluto. Attraverso l’evoluzione, che caratterizza tutta la biologia, si sono formati gli altri esseri viventi, infatti si contano 100 milioni di specie viventi. Il fatto che siamo derivati da un unico organismo permette loro di possedere, nonostante le varie differenze, cioè le varietà, una stupefacente costanza nei meccanismi fondamentali, si pensi ad esempio al DNA. Varietà e costanza sono due temi che rappresentano un contrappunto dell’intera biologia. “Nulla ha senso in biologia se non alla luce dell’evoluzione”. - Theodosius Dobzhansky. LE CARATTERISTICHE COMUNI DEGLI ORGAN. VIVENTI 1. ORGANIZZAZIONE DI TIPO CELLULARE: unica organizzazione che li accomuna tutti; 2. INFORMAZIONE GENETICA, fondamentale per far funzionare la cellula e per riprodursi, altrimenti non potrebbe esserci incrocio per produrre un progenie con caratteristiche esclusive; 3. IMPARENTATI GENETICAMENTE: ciò dovuto all’informazione genetica trasmessa geneticamente; 4. SONO SISTEMI APERTI: scambiano informazioni con l’esterno e ciò permette di costruire le loro strutture biologiche grazie alle molecole e per compiere lavoro biologico, es. metabolismo 5. REGOLANO IL PROPRIO AMBIENTE INETRNO: riescono ad autoregolarsi e raggiungere sempre la condizione di equilibrio con dispendio di energia ed è fondamentale. Senza equilibrio la cellula muore. Tutte queste caratteristiche presentano delle proprietà emergenti: ci sono diversi livelli di più o meno complessità. In quelle con livello di complessità maggiore vengono mantenute tutte le caratteristiche del livello inferiore e ci sono nuove caratteristiche. Vi sono organismi unicellulari: batteri, protozoi, alcune alghe, con le loro caratteristiche. La pluricellularità mantiene tutte le caratteristiche dell’unicellulari ma nello stesso tempo ne ha altre che consentono un maggiore scambio di informazione tra le cellule. Le proprietà emergenti vanno dal livello molecolare, cellulare, tessutale, organismo, popolazione alla biosfera. L’INFORMAZIONE GENETICA DNA -> RNA -> PROTEINA segue quest’ordine. Anche se quello delle proteine riguarda solo l’aspetto fenotipico, quello più visibile ma meno critico di un fenotipo cellulare. La maggior parte della criticità (funzione della cellula) riguarda RNA e quando ci si blocca qui è cruciale per la vita della cellula, cioè se non arriva alla proteina. ATTIVITA’ METABOLICA Il metabolismo si divide in metabolismo Energetico (essenziale per produrre energia per mantenere l’omeostasi cellulare) e metabolismo Informazionale. Tutto questo si traduce in riproduzione e sviluppo. SISTEMA GERARCHICO DI CLASSIFICAZIONE SECONDO LINNEO 1. SPECIE 2. GENERI 3. FAMIGLIE 4. ORDINI 5. CLASSI 6. PHYLA o DIVSIONI 7. REGNI E’ stato costruito un vero e proprio albero della vita: originariamente sulla base di caratteristiche comuni., es. mammiferi: ghiandola mammifera e il pelo. Quest’albero, anche se la classificazione rimane sempre questa, è stato rivisto secondo la cosiddetta “sistematica molecolare”, che si basa sull’analisi di sequenze di DNA o delle proteine che i ricercatori hanno estratto da organismi distanti l’uno dall’altro, dimostrando invece che quegli organismi sono vicini da un punto di vista evoluzionistico. Avevano così strutture omologhe che, da un punto di vista biologico, significa che hanno un’origine filogenetica comune. Invece sono analoghe se si somiglino ma la struttura filogenetica è diversa. (Si parla di omologia e analogia anche a livello morfologico.) Hanno così rimodulato il concetto di albero della vita. 3 GRANDI DOMINI E NUMEROSI REGNI 1. Eucarioti 2. Eubatteri 3. Archeobatteri ATOMI Prima di parlare dell’attrice fondamentale, LA CELLULA, si deve prima comprendere quali sono i fondamenti che hanno permesso l’affermarsi della vita: atomi, molecole e macromolecole. Non si può parlare di vita se non si conosce la base della chimica: la materia. Essa è una combinazione di elementi costituiti da singoli atomi, particelle/unità che mantengono le proprietà chimiche e fisiche degli elementi. -PIU’ ATOMI -> MOLECOLE -PIU’ MOLECOLE -> MACROMOLECOLE -PIU’ MACROMOLECOLE -> stanno alla base degli ORGANULI CELLULARE In natura vi sono 92 elementi, ognuno dei quali è caratterizzato da un numero specifico di protoni ed elettroni, i primi fissi nel nucleo mentre i secondi ruotano attorno ad esso. Tra questi elementi ve ne sono alcuni più importanti per gli esseri viventi: Carbonio, Idrogeno e Ossigeno (il più preponderante perora) che rappresentano il 96% del peso degli organismi viventi. Sono seguiti da altri elementi anche se in minor quantità solo il 4%, (azoto, calcio, magnesio, sodio, potassio, fosforo…). Tutti questi elementi sono “distribuiti” all’interno della Tavola Periodica con caratteristiche periodiche di elettronegatività e altre caratteristiche chimico-fisiche. MA COM’E’ FATTO UN ATOMO? Esso è costituito da un nucleo carico positivamente e centrale che contiene protoni+ e neutroni, attorno al quale ruotano particelle cariche negativamente, gli elettroni che determinano il comportamento dell’atomo stesso. Se infatti un atomo cede un elettrone, esso sarà carico positivamente e diventerà uno ione detto catione; se un atomo acquista elettroni sarà invece carico negativamente, sarà sempre uno ione ma detto anione. Può invece capitare che esso abbia uguale numero di p+ ed e- e sarà quindi neutro. Esistono atomi un po' più particolari: pur avendo lo stesso numero di p+ ed e- hanno un numero differente di neutroni. Questi sono detti “isotopi” e sono molto radioattivi. RICORDA: NUMERO ATOMICO -> num. p+ nel nucleo NUMERO DI MASSA -> p+ + n MASSA DI UN p+ E n -> 1.06 * 10-24 g La struttura atomica classica è l’atomo di Bohr: nucleo ed elettroni che ruotano su orbitali ben definiti. Gli e- più vicini al nucleo sono più stabilmente ancorati al nucleo per effetto delle cariche opposte. Il massimo di elettroni che può contenere l’orbitale più vicina al nucleo è di 2 e-. Quelli che invece si trovano in quella più esterna sono detti “di valenza” e sono quelli meno stabili, condivisibili con gli altri atomi per formare legami. Nel momento in cui il livello energetico più esterno sarà completo, l’atomo raggiunge la piena stabilità, l’ottetto e sono non reattivi. I legami chimici I principali tipi di legame di interesse biologico sono: 1. Legame ionico; 2. Legame covalente; 3. Legame a idrogeno (H); 4. Forze di van der Waals. Il legame ionico si viene a formare tramite la cessione o l’acquisizione rispettivamente di un elettrone, il legame covalente è un legame che si viene a formare mediante la condivisione di elettroni , il legame a idrogeno si ritrova in molecole di interesse biologico critiche quali: gli acidi nucleici( DNA e RNA), o le proteine stesse. Poi le forze di van der Waals che invece si instaurano tra regioni di diverse molecole. Per esempio alcune forze di van der Waals sono presenti anche a livello proteico. Il legame ionico e il legame covalente rientrano tra quelli che sono detti “legami forti”. Legame forte vuol dire che ci vuole un’energia importante per poter rompere questi legami. Il legame ionico, ha una forza attrattiva su distanze maggiori rispetto a qualsiasi altro legame chimico. Questa forza attrattiva è estesa a tutte le direzioni e varia a seconda della presenza di altre sostanze cariche. Classico esempio del legame ionico è la formazione del cloruro di sodio, che grazie alla cessione di un elettrone dall’atomo di sodio al cloro, per completare Quali sono le principali bio-macro-molecole delle cellule? Per comprendere meglio la classificazione delle molecole biologiche dobbiamo prima parlare del principio di polimerizzazione: tutte le molecole presenti nel nostro organismo possono essere ridotte a delle subunità: zuccheri, amminoacidi, acidi grassi e nucleotidi. La polimerizzazione di queste, porta alla formazione di omopolimeri/ eteropolimeri, in ordine: polisaccaridi, proteine, membrane/lipidi/terpeni e infine gli acidi nucleici. I CARBOIDRATI I poli-idrossialdeidi o poli-idrossichetoni sono costituiti da monosaccaridi base che hanno come formula bruta generale: (CH2O)n Inoltre, è importante evidenziare che gli atomi che costituiscono i monosaccaridi sono: carbonio, idrogeno e ossigeno, che rappresentano i costituenti delle macromolecole biologiche. Un esempio è il glucosio =C6H12O6 con n=6. Da un punto di vista biologico, i carboidrati sono fondamentali in quanto sono le principali molecole che funzionano da “carburante” per il metabolismo energetico; infatti, prendendo ancora in considerazione il glucosio diremo che, grazie all’ossigeno e all’insieme di reazioni chimiche, viene scisso in H2O e CO2 con la produzione di energia. Nonostante, però, a livello cellulare i carboidrati rappresentino una bassa percentuale e cioè solo circa il 2% del peso secco totale di una cellula; sulla crosta terrestre sono le macromolecole più abbondanti (grazie alla cellulosa che è presente nella parete della cellula vegetale). PRINCIPALI FUNZIONI BIOLOGICHE DEI GLUCIDI: 1. Sono le molecole combustibili più importanti per gli organismi. 2. Hanno una funzione strutturale (es. cellulosa, chitina). 3. Partecipano alla formazione delle strutture che permettono la comunicazione intercellulare. Inoltre, i carboidrati si stanno rivalutando molto, basti pensare al codice di informazioni che i carboidrati hanno quando si parla di glicocalice, ovvero la struttura più esterna della membrana cellulare caratterizzata da glicoproteine e i carboidrati si assemblano in un determinato modo in modo tale da fungere da antigeni specifici. 4. Partecipano alla formazione delle molecole informazionali (DNA e RNA). 5. Hanno un’importate funzione antigenica, formando la MEC (matrice extra cellulare). I MONOSACCARDI I monosaccaridi sono gli zuccheri più semplici, sono facilmente solubili in acqua e vengono divisi in aldosi e chetosi, a seconda del gruppo funzionale che li caratterizza: i primi dal gruppo aldeidico - COH, mentre i secondi dal gruppo chetonico =CO. Tra gli aldosi abbiamo: la gliceraldeide, il ribosio ed il glucosio, invece tra i chetosi: il diidrossiacetone, il ribulosio ed il fruttosio. In generale, la numerazione di una molecola di un carboidrato viene assegnata agli atomi di carbonio in modo tale che i carboni aldeidici e chetonici abbiano il numero più basso. Aggiungere immagini monosaccaridi Numerazione CHIRALITA’: Si parla anche di chiralità, dove molte molecole biologiche, a seconda di come sono strutturate nello spazio, si distinguono in: destrogiri e levogiri; ma è importante evidenziare che solamente una delle due classi di una stessa molecola è quella biologicamente funzionante. Un esempio è, nel caso degli amminoacidi, la levodopa che viene utilizzata come farmaco solamente nella forma levogira. Un altro esempio è il polimero dell’α glucosio che è facilmente digeribile negli animali, mentre il polimero del β glucosio, al contrario, non è digeribile dagli animali proprio per la diversa disposizione nello spazio del residuo idrossidico che, prendendo in considerazione la gliceraldeide, è posta alla destra della molecola nel caso della D- gliceraldeide e a sinistra nel caso della L-gliceraldeide. Questo perché ci sono degli enzimi specifici che riescono ad aggredire una sola forma. AGGIUNGERE IMMAGINI ENANTIOMERIA Reazione di ciclizzazione (in soluzione acquosa) Il gruppo aldeidico/chetonico tende a reagire con un gruppo alcolico secondario (gruppo ossidrile) più lontano da esso (all’interno della stessa molecola), per far si che la molecola monosaccarida ciclizzi = con la formazione di un anello Piranoso (5C nell’anello = esagono) o Furanoso (4C nell’anello = pentagono ); il ribosio ha una struttura furanosica. AGGIUNGERE IMMAGINI AGGIUNGERE IMMAGINE LEGAME GLICO I monosaccaridi possono interagire tra di loro per formare i polisaccaridi e ciò avviene tramite la formazione del legame glicosidico che si verrà a formare grazie alla reazione di condensazione: due molecole di acqua permettendo la formazione del legame Oglucosidico; ma ciò avviene anche quando un gruppo -OH si lega con il gruppo -NH di un’ammina biologica per formare il legame N-glucosidico con la formazione di nucleosidi, che sono i precursori dei nucleotidi. I monosaccaridi si trovano spesso sotto forma di esteri fosforici (all’interno della cellula per far si che questo non possa essere riportato al di fuori di essa dallo stesso trasportatore che l’ha fatto “entrare”). Il legame tra due monosaccaridi prende il nome di O-glicosidico ( 2 gruppi ossidrilici condensano eliminando una molecola di H O) Dall’unione di due monosaccaridi si formano i disaccaridi e tra i più importanti a livello biologico si hanno: il maltosio, il lattosio ed il saccarosio. Glucosio + glucosio=maltosio Glucosio + galattosio=lattosio Glucosio + fruttosio=saccarosio Nei nucleosidi si formano dei legami tra zucchero e base azotata chiamati N-glicosidici (per la presenza di azoto), come al solito avvengono per condensazione e con espulsione di una molecola di HO) Gli zuccheri, però, possono interagire anche con altre sostanze e in molti, infatti, si associano con il gruppo fosfato. Il glucosio, ad esempio, una volta che entra all’interno della cellula, attraverso il meccanismo di trasporto della membrana cellulare, viene immediatamente sequestrato all’interno della cellula mediante la formazione del glucosio 6-fosfato. Il glucosio, quindi, va ad interagire con un gruppo fosfato in modo tale che lo stesso trasportatore che ne ha permesso l’ingresso, non ne permetterà l’uscita. Il legame che si viene a formare è l’estere che avviene tra: un gruppo -OH del monosaccaride e il gruppo -POH dell’acido fosforico. I polisaccaridi ( a catena lunga ) e gli oligosaccaridi ( a catena corta ) possono essere lineari o ramificati, di riserva o strutturali, animali o vegetali. Sono la forma più presente all’interno della cellula, in quanto si preferiscono per lo stoccaggio, rispetto ai monosaccaridi, per diminuire la pressione osmotica. Tra i più famosi: • Amido: Riserva/Vegetali/formato da amilosio (lineare) e amilopectina (ramificata) • Glicogeno: Riserva/Animali/formato da glucosio ramificato. • Cellulosa: Struttura/Vegetali/formata da glucosio lineare/forma legami H tra due catene sovrapposte. • Chitina: Struttura/Animale/formata da glucosio e azoto (legami beta) AGGIUNGERE IMMAGINI I glicidi si combinano con altre macromolecole (es. Lipidi Glicolipidi), o ancora con le proteine, formando le glicoproteine come le Gonadotropine (FSH, LH, HCG) • alpha1-1(trealosio) • alpha1-2(saccarosio) • alpha1-4(maltosio) • beta1-4(lattosio/cellobiosio) • alpha1-6(amidoeglicogeno) Gli acidi grassi, oltre ad andare a costituire i lipidi più semplici, possono anche andare a esterificare la molecola di glicerolo però con una complessità di livello superiore cioè il fosfolipide tipicamente è costituito dal glicerolo che è esterificato in due gruppi OH da altrettante molecole di acido grasso e da un gruppo OH esterificato dal gruppo fosfato quindi da una molecola di acido fosforico. È una caratteristica molto importante rispetto ai trigliceridi perché se i trigliceridi sono tipicamente delle molecole apolari, nel caso dei Fosfolipidi distinguiamo una testa polare che è quella porzione in cui è presente il gruppo fosfato che a pH fisiologico perde dei protoni e quindi contribuisce all’acidificazione, e una lunga coda apolare costituita invece dagli acidi grassi. Quando siamo in presenza di molecole che presentano caratteristiche sia di polarità che di apolarità le molecole vengono definite anfipatiche. Il gruppo fosfato in alcuni fosfolipidi viene addizionato di ulteriori gruppi funzionali per andare a formare poi vari fosfolipidi. Ricordiamoci che i fosfolipidi sono i principali componenti delle membrane cellulari. Le molecole di fosfolipide possono combinarsi a formare due foglietti che sono caratteristici della membrana cellulare e anche di molecole di interesse proprio biotecnologico, quindi si formano delle micelle che permettono di isolare un ambiente idrofilico a loro interno perché le code apolari interagiscono opponendosi una rispetto all’altra tra di loro mentre le teste idrofile sporgono all’interno o all’esterno della micella, quindi prendendo contatto con l’ambiente esterno che può essere ad esempio una soluzione acquosa e all’interno permette di mantenere un’ambiente idrofilico in cui per esempio possono essere dissolti alcuni farmaci, quindi le micelle possono veicolare dei farmaci. Sfingolipide Un caso particolare di fosfolipide è lo sfingolipide, che è caratterizzato dalla esterificazione da parte degli acidi grassi non di una molecola di glicerolo bensì di una molecola di sfingosina che a sua volta può poi combinarsi, similmente a come abbiamo visto il gruppo fosfato, con altre molecole. Il capostipite è la sfingosina vera e propria. Gli sfingofosfolipidi sono particolarmente abbondanti a livello delle membrane cellulari delle cellule nervose; basti pensare alla sfingomielina che è il componente principale della mielina, che è quel lipide che avvolge l’assone dei neuroni e che permette all’impulso nervoso di essere saltatorio. Steroidi Rappresentano il terzo gruppo, tra cui troviamo il colesterolo. Il colesterolo è una molecola che ormai è anche prodotta artificialmente grazie all’utilizzo delle biotecnologie, ma è una sostanza presente naturalmente nel nostro organismo e a seconda delle molecole di lipoproteine a bassa o alta densità può arrecare un beneficio o un danno nell’organismo; in generale è molto importante perché è il costituente principale insieme ai fosfolipidi delle membrane cellulari. Quando parliamo di membrana cellulare sono 3 le componenti più importanti: gruppo lipidico (costituito dai fosfolipidi e dal colesterolo), gruppo proteico (che permette la comunicazione principalmente della membrana e quindi della cellula con l’ambiente esterno o interno) e gruppo dei glucidi ( che fa parte principalmente del glicocalice, quindi è la parte più esterna della membrana). Altre molecole importanti sono: • il cortisone, il cortisolo e il corticosterone, anche queste prodotte normalmente e naturalmente dalla ghiandola surrenale e hanno una funzione principalmente antinfiammatoria; • gli acidi biliari, implicati nel processo di digestione; • il gruppo degli ormoni sessuali (ovvero estrogeni, progestinici e testosterone). Da un punto di vista strutturale tutte queste molecole sono tutte caratterizzate da questa combinazione di anelli idrocarburici esatomici e pentatomici che nel complesso vanno a costituire lo scheletro del cosiddetto ciclopentanoperidrofenantrene. Questa è la struttura base, poi a seconda dei pathway, delle vie metaboliche che permettono la produzione dell’una o dell’altra molecola, viene arricchito in altri gruppi funzionali. In particolare il colesterolo, oltre a presentare questa struttura esatomica e pentatomica, è caratterizzato da un’ulteriore coda idrocarburica e da un gruppo idrossilico OH che ne determina, anche in questo caso, il comportamento anfipatico; quindi anche il colesterolo è una molecola anfipatica, perché è caratterizzata da un grosso corpo idrofobico e da una piccola testa idrofilica. Il colesterolo e il fosfolipide si interfacciano benissimo tra di loro a livello di una membrana biologica. Infatti il colesterolo tipicamente si frappone tra due fosfolipidi, andando a interagire attraverso il gruppo OH con la testa idrofilica del fosfolipide e attraverso il corpo di quella struttura con la coda idrofobica del fosfolipide. L’importanza biologica del colesterolo all’interno di una membrana è quella di regolarne la fluidità. Questo è un concetto molto importante perché le membrane biologiche devono rimanere sempre ad uno stato semifluido; se sono troppo compatte, troppo rigide, non permetterebbero la comunicazione intercellulare attraverso gli spazi che vengono a formarsi tra i fosfolipidi e se viceversa sono troppo lasse si ha talvolta perdita del materiale per la cellula e quindi la cellula sia nell’uno che nell’altro caso andrebbe incontro a morte. Il colesterolo a livello del flusso ematico viene trasportato grazie al legame con le proteine a bassa o alta densità. In particolar modo le LDL tipicamente sono quelle proteine che trasportano il colesterolo dal luogo di sintesi verso la periferia e sono queste che poi infatti vanno ad accumularsi eventualmente a livello dell’endotelio vascolare producendo le placche aterosclerotiche; viceversa le HDL tendono a ridurre la deposizione del colesterolo nell’ambito delle placche aterosclerotiche perché trasportano il colesterolo dalla periferia alla sede di catabolizzazione poi del colesterolo stesso, che tipicamente è il fegato. Quindi le HDL hanno un compito di ripulire le placche aterosclerotiche, mentre le LDL viceversa no. Da questo punto di vista c’è un interessante connubio con il consumo di acidi grassi omega3 cosiddetti (quelli che si trovano per esempio arricchiti nel salmone), che sembra (ma ancora la via metabolica non è chiaramente studiata) determinare un incremento della produzione delle proteine HDL; quindi l’ingestione di questi acidi omega3 ha un effetto benefico sull’organismo. Questo discorso vale anche per gli omega6, ma in entrambi i casi la via che determina questo arricchimento in HDL non è ancora ben chiara, non si è compreso ancora quali sia l’innesco, lo stimolo che porta a quest’incremento della produzione di HDL. Altri steroidi sono gli ormoni sessuali. La struttura molecolare è identica, cambiano alcuni dei gruppi chimici che sono collegati con lo scheletro della molecola stessa. Le caratteristiche chimico-fisiche degli amminoacidi determinano nel complesso la struttura di una proteina. L’emoglobina per esempio ha la sua capacità di legare l’ossigeno grazie alla sua composizione idrofobica a livello della quale si alloca il gruppo eme che permette i legami con l’ossigeno. Altrettanto le proteine delle membrane cellulari, ad esempio, sono costituite da porzioni apolari nelle regioni di contatto con le code idrofobiche dei fosfolipidi, mentre da porzioni polari nelle regioni di contatto con l’ambiente extracellulare o intracellulare. Gli aminoacidi si distinguono in essenziali e non essenziali. Quelli essenziali non sono sintetizzabili dal nostro organismo e devono essere assunti con la dieta esterna, in quanto non riusciamo a produrne un quantitativo sufficiente per soddisfare le esigenze delle proteine che costituiscono il nostro organismo. (TreoninaMetionina-Lisina-Valina-Leucina- Isoleucina-Istidina-Fenilalanina-Triptofano). Le proteine possono essere costituite solamente da aminoacidi (proteine semplici), o da aminoacidi che si legano a gruppi prostetici di natura non amminoacidica (proteine coniugate). Un tipico esempio di gruppo prostetico è il gruppo eme dell’emoglobina, che contiene il ferro. Ci sono poi altre proteine coniugate, dette apoproteine, prive di gruppo prostetico. Per tutte le molecole biologiche, ma a maggior ragione per le proteine, è fondamentale il connubio STRUTTURA- FUNZIONE. Il semplice susseguirsi degli amminoacidi di per sé non determina la funzione di una proteina. Perché la proteina svolga la sua funzione gli amminoacidi devono assumere nello spazio una conformazione tale da far sì che la proteina acquisisca una sua struttura tridimensionale, a cui si arriva attraverso degli step. Dalla struttura primaria (il semplice susseguirsi della catena di aminoacidi) si arriva alla struttura secondaria (primo riavvolgimento in strutture α-elica e β-foglietto) e grazie a delle proteine, le chaperonine, si passa alla struttura terziaria, e infine, nel caso di proteine multimeriche costituite da più polipeptidi, si arriva alla struttura quaternaria. RICORDA! Il polipeptide (più di 50 aa.) è un insieme di aminoacidi più lungo, gli oligopeptidi (da 2 a 50 residui aa.) invece sono un insieme di aminoacidi numericamente minore e che quindi formano proteine più corte. La proteina può essere costituita da un solo polipeptide (monomerica), o da più polipeptidi legai tra loro da legami non covalenti (multimerica). STRUTTURA PRIMARIA E LEGAME PEPTIDICO: Due amminoacidi si legano formando un legame di natura estere attraverso una reazione di condensazione (con eliminazione di una molecola di H2O) che avviene tra il gruppo carbossilico -COOH di un aa. ed il gruppo aminico -NH2 del successivo aa. Questo particolare legame estere prende il nome di legame peptidico. Quando il legame si viene a formare tra due aminoacidi si ha la formazione di un dipeptide. Ogni proteina è caratterizzata dall’avere un gruppo ammino-terminale in un estremo, mentre in quello opposto il gruppo carbossi-terminale. Ogni proteina ha quindi una sua polarità che va dall’ammino-terminale al carbossi- terminale. [Importante ricordare questo dettaglio per la traduzione ribosomiale, dove viene rispecchiata la polarità dell’RNA]. La struttura primaria, quindi, è caratterizzata esclusivamente da legami covalenti, e si può distinguere un’ossatura costante (successione dei legami peptidici), e una porzione variabile rappresentata dai gruppi “R” che si alternano. I legami peptidici (N-C) sono piuttosto rigidi, mentre i legami a C – N e a C – C sono flessibili. STRUTTURA SECONDARIA (legami covalenti e idrogeno): α-elica e β-foglietto. Intervengono i legami ad idrogeno, legami deboli che si formano quando un atomo di idrogeno si mette a ponte tra due atomi più elettronegativi (due ossigeni, due ossigeni e un azoto e così via). Questi due schemi, perciò, derivano dalla formazione di legami idrogeno tra i gruppi N-H e C=O dell’ossatura polipeptidica, senza coinvolgere le catene laterali. In una proteina si possono alternare strutture secondarie di diverso tipo. Possono a loro volta combinarsi formando le strutture super-secondarie, strutture complesse molto importanti dal punto di vista biologico, in quanto costituiscono il motivo di una proteina. Prendiamo come esempio l’Helix-turn-Helix (HTH) Motif. Costituito da un’α-elica collegata ad un’altra α-elica tramite una regione non strutturata, ovvero strutture primarie, che rappresentano il semplice susseguirsi degli aminoacidi. Ciò dal punto di vista biologico è importante in quanto i motivi rappresentano le regioni della proteina che per esempio possono prendere contatto con il DNA e che consentono alle proteine di iniziare a leggere l’informazione contenuta nel DNA. Esistono altri motivi come Leucine Zipper o Zinc Finger. Mantenere queste conformazioni è importante anche da un punto di vista patologico: è stato visto come in diversi tumori si ha un’abbondanza di proteine non strutturate, che perdono la loro funzione. STRUTTURA TERZIARIA (legami covalenti, idrogeno, interazioni idrofobiche, di Van Der Waals e ponti salini): Più strutture secondarie determinano la struttura tridimensionale, essenziale per la bioinformatica, in seguito al folding (avvolgimento), dovuto alla formazione oltre che di legami a idrogeno anche di interazioni di Van der Waals. In alcuni casi si possono formare anche legami intramolecolari, i ponti disolfuro, che avvengono quando due cisteine si affrontano all’interno della stessa catena polipeptidica. Tipicamente in una struttura tridimensionale si vengono a definire i domini proteici, regioni della proteina in grado di fare folding autonomamente. Questo processo di folding determina la conformazione più stabile della proteina, quella in cui l’energia libera è minima. L’attività biologica di un proteina è messa a rischio da modifiche postraduzionali della proteina. Questi domini strutturali, perciò, rappresentano le regioni della proteina più critiche, come ad esempio il sito attivo di un enzima, dove avviene la catalisi enzimatica. Un dominio in genere consta dai 40 ai 350 aa. Questo concetto si associa strettamente all’evoluzione dei genomi. RICORDA! Il dogma centrale della biologia → DNA -> RNA -> PROTEINE Le proteine rappresentano quindi quello che è già scritto in alcuni tratti di DNA, e vi sono tratti di DNA codificanti (esoni), e tratti non codificanti (introni). Un dominio proteico è una porzione della proteina codificata da un solo esone. Un esone quindi è in grado normalmente di tradurre il dominio di una proteina. Più esoni vanno a costituire più domini di una proteina. Esiste un processo evolutivo, l’exon shuffling (rimescolamento degli esoni), vuol dire che la quantità degli esoni non è enorme e vi sono dei moduli che si ripetono. A seconda di come si combinano questi moduli si ha la formazione di una proteina anziché un’altra. Molte grandi proteine, infatti, si sono evolute per unione di domini preesistenti che si sono combinati in modi differenti. L’evoluzione del genoma ha infatti permesso di risparmiare (non si è dovuto inventare nulla di particolarmente diverso), ma si è avuto un incremento del numero di proteine a seconda del rimescolamento degli esoni, che in termini proteici corrisponde ad un rimescolamento dei domini. Spesso quindi un esone, tratto codificante, è in grado di tradurre autonomamente una porzione di aminoacidi che sono in grado di fare un folding autonomo, creando un dominio proteico ! Ricapitolando, la posizione di ciascun aminoacido all’interno della sequenza ne determina la forma tridimensionale. Quindi la forma che la proteina assume dipende dalla sequenza di aminoacidi che costituiscono la proteina. Conoscendo ipoteticamente la sequenza del DNA, si può conoscere la sequenza primaria della proteina. STRUTTURA QUATERNARIA (proteine multimeriche come l’emoglobina): legata alle strutture terziarie delle singole componenti che la costituiscono. Spesso le proteine constano di più subunità peptidiche (ciascuna già ripiegata nella sua struttura 3d) che interagiscono tra loro tramite legami non covalenti (legami h ed interazioni idrofobiche principalmente) a formare un’unica struttura funzionale: la proteina avente struttura quaternaria. es.:proteina emoglobina ACIDI NUCLEICI Gli acidi nucleici sono l’ultima classe di macromolecole biologiche di nostro interesse. Gli acidi nucleici come sono costituiti principalmente da DNA e da RNA in senso stretto, ovviamente il DNA e l’RNA sono dei polimeri anche in questo caso ritorniamo al concetto di macromolecola biologica e i monomeri da che cosa sono costituiti, dai nucleotidi. Sicuramente l’acido nucleico per eccellenza è il DNA, per la prima volta venne identificato sotto il nome di nucleina una sostanza presente nel pus di alcune ferite, che fondamentalmente era il DNA, ora sappiamo che sono i globuli bianchi, è stata scoperta da Friedrich Miescher, è stata chiamata nucleina poiché è presente abbondantemente nel nucleo di queste cellule. La storia da allora si è evoluta in maniera notevole e si sono fatti diversi esperimenti che non misero ancora del tutto a fuoco che in effetti poi era il DNA in materiale genetico per eccellenza, perché già chimicamente si iniziava a conoscere quelli che poi furono definiti gli acidi nucleici sono costituiti principalmente dall’alternanza solamente di 4 nucleotidi, ma perché venivano prese molto più in considerazione le proteine, le proteine essendo costituite da 20 monomeri diversi avevano più capacità di combinarsi in modo diverso e quindi si pensava che il materiale genetico fosse. Le cose iniziano a cambiare quando nel 1998 furono fatti degli esperimenti da Frederiks Field su delle cavie di laboratorio che vennero trattate con lo pneumococco streptococcus pneumoniae che è un batterio che determina la polmonite che è presente sotto 2 diversi ceppi. Un ceppo più patogeno che è caratterizzato da una capsula, quando parleremo delle cellule procarioti la vedremo meglio. È una struttura esterna di rivestimento di natura glicoproteica che permette al batterio di non essere attaccato dal sistema immunitario. Questo batterio, questo ceppo, è quello più patogeno. Quando le cavie venivano iniettate con questo ceppo batterico andavo incontro a morte. Viceversa l’altro ceppo il cosiddetto R è un ceppo batterico che non è in grado di costruire la capsula esterna e quindi è più facilmente attaccabile dal sistema immunitario e di conseguenza è meno letale. Le cavie iniettate con i batteria tipo R sopravvivono. L’esperimento in che cosa consiste te nell’aver innanzitutto questi 2 controlli: Queste 2 cavie che morirono con il ceppo S e cavie che sono invece sopravvissute con il ceppo R. Poi fece un altro esperimento in cui inietto nelle cavie, batteri di tipo S vivi e di tipo R morti. Sicuramente la cavia moriva. La cosa strana è successa quando la cavia veniva iniettata contemporaneamente con batteri S morti e batteri R vivi. In questo caso che cosa ci sarebbe aspettati? Che la cavia sopravvivesse, perché ovviamente se c’è erano i ceppi S morti e quelli R vivi doveva sopravvivere. In realtà però queste cavie andarono incontro a morte Quando poi furono fatte delle autopsie si verifico la presenza di batteri S vivi, allora che cosa evidentemente era successo? Era successo che c’erano 2 ipotesi o la resurrezione dei batteri S che erano stati uccisi, oppure un qualcosa che avesse trasformato i batteri R vivi in batteri S. Ed è questo che in effetti avvenne, diciamo fu dimostrato in questo esperimento e venne identificato quello che venne definito il principio trasformante, principio trasformante che allora gli scienziati non si sapevano spiegare, non riuscivano a comprendere, pensavano si trattassi di una proteina, un fattore di natura proteica per ciò che abbiamo detto prima. In realtà fu solamente nel 1944 che grazie agli esperimenti di Avel Mc Cloud e Mc Carty, si identificò il principio trasformante come l’acido desossiribonucleotidico. Questo perché vennero fatti diversi trattamenti di queste sostanze isolate, con delle proteasi (enzimi che inibiscono e degradano le proteine), ma la trasformazione continuava ad avvenire, quindi automaticamente si confermò che non erano le proteine a determinare la trasformazione in quell’esperimento. Poi furono utilizzati degli enzimi specifici per la degradazione degli acidi nucleici, in particolar modo dell’RNA e la trasformazione continuava ad avvenire e quindi l’unico elemento rimasto era il DNA, difatti quando il DNA veniva inibito la trasformazione non avveniva ed ecco quindi che venne definito il principio trasformante. DNA quindi ricollegandoci, siamo passati alla nucleina fino ad arrivare a questi esperimenti e questo che ha presente il materiale genetico per eccellenza e quindi l’acido nucleico per eccellenza. Nel 1953 poi venne definito attraverso gli esperimenti effettuati da Watson and Crick, la struttura del DNA, in realtà anche la prima fotografia che venne fatta della prima risoluzione dell’ ?? A raggi x, venne fatta da Rosalind Franklin, però per vari motivi non riuscì ad ottenere il premio Nobel, di cui però furono insigniti Watson and Crick. STRUTTURA DEL DNA La struttura è come dire nella sua semplicità è quasi sconvolgente perché ci si aspetterebbe che il materiale genetico fosse chissà che cosa, in realtà si tratta di una doppia elica, costituita da due polinucleotidi, che si affrontano in maniera antiparallela uno rispetto all’altro e che sono legati tra di loro da legami ad idrogeno. In particolar modo l’unità di base dell’acido nucleico in generale è il nucleotide, che cos’è il nucleotide? L’abbiamo definito parlando dei carboidrati, se vi ricordate parlando dei carboidrati abbiamo definito il nucleoside (base azotata e zucchero (ribosio-desossiribosio)) quindi parliamo di zuccheri con struttura piranosica, la differenza tra il desossiribosio e il ribosio è determinata da questo gruppo legato al carbonio 2’, in particolar modo il gruppo legato al carbonio 2’ nel caso del desossiribosio è un idrogeno, nel caso del ribosio è un gruppo ossidrile(OH-). Questa differenza, tra i due zuccheri, è critica perché il gruppo OH è un gruppo che è molto più reattivo chimicamente rispetto all’idrogeno, tant’è che l’RNA che si basa su una costituzione ribonucleotidica è una molecola molto più instabile rispetto al DNA, molto più instabile perché è molto più facilmente attaccabile dalle specie reattivi dell’ossigeno, dagli enzimi che sono le ribonucleasi e così via, innanzitutto in generale la struttura di un nucleotide, riallacciandoci alla definizione di nucleoside è un nucleoside fosfato, quindi un nucleoside in cui si attacca un gruppo fosfato al carbonio 5’ del nucleoside e questo gruppo fosfato determina la caratteristica di acidità del nucleotide, gli acidi nucleici sono appunto delle sostanze acide perché posseggono questo gruppo fosfato che viene deprotonato a pH fisiologico e quindi nel nucleo si ha tipicamente un ambiente acido. Perché vi dicevo questa differenza risulta essere molto importante? Perché la vita su questo pianeta si pensa inizialmente sia nata come forme di RNA, l’RNA che inizialmente era in grado anche di auto replicarsi, alcune forme di RNA ad attività enzimatica, sono tutt’oggi presenti nelle nostre cellule, i cosiddetti ribozimi e quindi la vita si è iniziata ad innescare con questa molecola più semplice per certi aspetti che rappresentava il materiale genetico, a poco a poco nel corso dell’evoluzione, gli organismi viventi hanno pensato che era più logico conservare in una molecola più stabile, il DNA, il materiale genetico e si è passati da una vita basata sull’RNA ad una vita basata sul DNA. Per definizione abbiamo detto che tutti gli organismi hanno un genoma di DNA. Questo nucleotide è l’unità di base del DNA o dell’RNA, degli acidi nucleici in generale, ma anche da soli i nucleotidi possono svolgere delle funzioni biologiche importanti, come l’ATP (l’adenosina trifosfato), che come sapete è il materiale energetico per definizione presente all’interno di una cellula che viene a determinarsi a seguito di processi di glicolisi e fosfolirazione ossidativa, l’ATP è una adenosina trifosfato, quindi è un nucleoside dell’adenina (la base azotata) a cui si legano tre gruppi fosfato, normalmente tutti i precursori dei nucleotidi sono dei nucleosidi trifosfato, quindi l’ATP e il precursore dell’AMP, il GTP è il precursore del GMP, il CTP è il precursore del CMP , il TTP è il precursore del TNP. Ricordiamoci infatti che le basi azotate che vanno a costituire il nucleoside possono essere di due tipologie, puriniche, l’adenina e la guanina o pirimidiniche, la timina e la citosina(oppure uracile al posto di timina nell’RNA). Queste basi azotate vanno poi a interfacciarsi l’una con l’altra in modo tale che in un caso di struttura a doppia elica, quindi questi due polinucleotidi che si affrontano tra di loro, vi sia una complementarietà tra queste basi in modo tale che l’adenina leghi la timina, attraverso due legami idrogeno o viceversa e la citosina leghi adenina o viceversa attraverso tre legami ad idrogeno, anche in questo il legame ad idrogeno è un legame debole, ma nella complessità in media le molecole di DNA che costituiscono il cromosomi umani sono nell’ordine di 150-200Mb, quindi parliamo di milioni di nucleotidi che si uniscono e chiaramente rendono la struttura del DNA molto resistente e molto stabile. Una cosa molto importante è la polarità, similmente a come vi è detto nelle proteine, nelle proteine abbiamo parlato di una polarità amino terminale carbossiterminale, nel caso degli acidi nucleici parliamo di una polarità 5’ 3’, che cosa vuol dire questa polarità 5’ 3,’ vuol dire che a livello del 5’ di una catena polipeptidica di un estremità 5’, 5’ intendiamo il carbonio 5’ del ribosio o del desossiribosio, sarà collegato ad un gruppo fosfato libero mentre all’estremità 3’, cioè carbonio 3’ del desossiribosio o del ribosio troveremo un estremità 3’ OH libera, ovviamente decorrendo anti parallelamente avremo una catena polinucleotidica che decorrerà in posizione 3’ 5’ e l’altra che decorrerà dal basso verso l’alto in posizione 5’ 3’ e regola generale leggere le sequenze degli acidi nucleici sempre seguendo la direzione 5’ 3’. Anche durante l’evento di polimerizzazione del DNA, quando parleremo della duplicazione del DNA, altrettanto per la sintesi dell’RNA sono tutti dei processi che avvengono secondo questo andamento quindi seguendo questa polarità. Queste due catene polinucleotidiche si avvolgono l’una rispetto all’altra a formare una struttura ad elica di un diametro di 2nn e un passo d’elica, cioè completa un giro di 360 gradi, ogni 3,4 nanometri, cioè ogni 3,4 miliardesimi di metro. La carica netta è una carica netta negativa, perché i gruppi fosfato che sporgono all’esterno di questo scheletro polinucleotidico, a pH fisiologico determinano la liberazione di protoni e quindi è un ph acido quello che ritroviamo tipicamente al livello del nucleo cellulare. Ovviamente il DNA rappresenta solo un aspetto della medaglia, l’altra classe importante è costituita dagli RNA ed è qui che chiaramente si gioca tutta la variabilità fenotipica che riscontriamo sia a livello cellulare che a livello di organismi, gli RNA a parte del ribosio al posto del deossiribosio dell’uracile al posto della timina, sono normalmente caratterizzate molecole mono filamentose, quindi da un solo polinucleotide, sono di più corte di dimensioni rispetto al DNA e sono delle molecole più instabili, all’interno della classe di RNA troviamo una miriade di diversi tipologie di RNA, dagli RNA ribosomiali agli RNA messaggeri , agli RNA transfer, ai piccoli RNA e i piccoli RNA tra cui i micro RNA, ognuno di queste svolge un ruolo molto importante per la regolazione dell’espressione genica nella cellula. DOGMA CENTRALE: DNA  RNA  PROTEINE IL CROMOSOMA È una struttura molto compatta, visibile in metafase e raggiunge un livello di compattamento della cromatina di circa 1400nm. Ha un braccio corto (P) e uno lungo (Q), è dicromatico dopo la fase S in cui si è duplicato il DNA (fatto da due cromatidi fratelli) e monocromatidico dopo la divisione cellulare (fase M). Corredo cromosomico umano: 46 cromosomi ma 23 coppie: 2 copie per ciascuno. Di questi, 22 sono autosomi e 1 è sessuale: XX femmina, XY maschio. Tutte le nostre cellule sono diploidi (46 cromosomi) tranne le cellule gonadiche che hanno un corredo cromosomico aploide (23cromosomi). (Aploidia è un cromosoma rappresentativo per ogni coppia; Diploidia è l’intera coppia.) Il cariotipo di una cellula eucariota è dato dal numero e dalla morfologia dei suoi cromosomi. Come fare l’analisi del cariotipo? 1. Prelievo 2. Coltura 3. Fitoemoagglutinina 4. Dopo 3 giorni, aggiungere la colchicina per bloccare i cromosomi in metafase mitotica 5. Aggiungere una soluzione ipotonica, così che la cellula scoppi 6. Spalmare il risultato su un vetrino 7. Aggiungere tripsina 8. Fare i bandeggi G (colorazione di Giemsa, mette in risalto le zone ricche di G e C) Si fa per mettere a confronto il cariotipo sospetto con un cariotipo sano. Adesso si fa con dei software (CGH-ray o sequenziamento massivo) , anche molto precisi fino ai singoli nucleotidi, per individuare una sospetta malattia. Colorazione di Fish: colorazione con delle sonde che ibridano dei tratti del DNA e, attraverso la fluorescenza, possiamo evidenziare il tratto come come “malato” o meno. Progetto G(enoma): I cromosomi sono specie-specifici, infatti elementi della stessa specie hanno lo stesso numero di cromosomi. La quantità di DNA(cromosomi) presente nelle cellule di un organismo, non è correlata all’evoluzione della specie. Sono poi i meccanismi di traduzione e trascrizione che interessano l’evoluzione. Ci sono organismi tipo il rattus norvegicus che sono molto simili all’homo sapiens e per questo vengono adoperati per studi e sperimentazioni in ambito anche biotecnologico. Il paradosso si spiega perché solamente 1,2 % del genoma è poi utilizzato per tradurre proteine. Organizzazione cellulare Teoria cellulare di Virchow, Schleiden e Schwann (1850): 1. Tutti gli organismi sono fatti di cellule. (una o più) 2. La cellula è l’unità funzionale più piccola tipica della vita 3. Ogni cellula proviene da una cellula preesistente, si moltiplica e divide formandone altre. Ma le cellule sono parecchio differenziate all’interno dello stesso organismo. Esempio: • L’epatocita ha un grande REL per i grassi; • Le cellule pancreatiche hanno un grande RER per poter sintetizzare enzimi e ormoni proteici quali insulina e glucagone. Di conseguenza, ogni cellula si differenzia in base al ruolo che deve svolgere. Tutte hanno in comune: • membrana • citoplasma • materiale genetico IMMAGINE SCALA DI GRANDEZZE Se si raddoppia il diametro di una cellula, il suo volume diventerà 8 volte maggiore, mentre la superficie aumenterà di appena 4 volte. VOLUME DELLA CELLULA = CONTIENE TUTTE LE SOSTANZE NECESSARIE PER FAR AVVENIRE LE REAZIONI BIOCHIMICHE ALL’INTERNO DELLA STESSA CELLULA. SUPERFICIE DELLA CELLULA = CONSENTE LO SCAMBIO DI SOSTANZE TRA AMBIENTE EST. ED INT. E VICEVERSA. CONCLUSIONE: LE CELLULE DEVONO MANTENERE LE DIMENSIONI DEL LORO DIAMETRO ENTRO UN CERTO LIMITE, ALTRIMENTI CI SAREBBE UNA ECCESSIVA DISCREPANZA TRA SUPERFICIE (QUANTITA’ DI SOSTANZE CHE POSSONO SCAMBIARSI) E VOLUME ((QUANTITA’ DI REAZIONI BIOCHIMICHE CHE POSSONO SVOLGERSI)! Scoperte fatte con la microscopia: I microscopi ottici con fasci luminosi permettono di vedere fino al micrometro. Quelli elettronici utilizzano dei fasci di elettroni per unità subcellulari come la membrana. Perchè le cellule sono così piccole? Sono sitemi aperti e devono interagire con l’ambiente, se aumento il volume della cellula sarebbe troppa la superficie che può ricevere e cedere all’ambiente. Questo rapporto è l’optimum per garantire i corretti scambi tra cellula e ambiente. EUCARIOTI LA MEMBRANA CELLULARE ha il compito di: • isolare l’ambiente intracellulare da quello extracellulare (grazie alla natura lipidica della membrana); • permettere la comunicazione tra questi AGGIUNGERE FOTO MEMBRANA Il modello più rappresentativo della membrana cellulare è il modello a mosaico fluido, in cui c’è una componente lipidica abbastanza dinamica, all’interno della quale si intercalano una componente proteica e una glucidica. Le cellule eucariote sono compartimentalizzate, molto più complesse dei procarioti consistono in un sistema di endomembrane che racchiudono organelli specializzati. Queste sono proprie di diversi regni: • Protisti (unicellulari) • Piante • Funghi • Animali La struttura generale della cellula eucariota consiste nella membrana cellulare, il citoplasma con i diversi organelli e il nucleo. Nei vegetali è presente la parete cellulare, costituita da cellulosa, che serve a sostenere la cellula. 1. La prima ipotesi riguardo la struttura lipidica della membrana si ebbe intorno alla fine del 1800, grazie ad Overton, quando fu osservato che le sostanze lipofile attraversavano facilmente la membrana a differenza di quelle idrofile. 2. Nei primi anni del 1900, lo scienziato Langnuir ipotizzò che la membrana cellulare fosse costituita da un monostrato lipidico dopo aver compreso la sua natura anfipatica. 3. Successivamente, Gorter e Grendel compresero che la membrana cellulare fosse costituita da un doppio strato fosfolipidico (BILAYER FOSFOLIPIDICO). 4. Nel 1935 Davson e Danielli compresero che nel doppio strato fosfolipidico della membrana cellulare fossero presenti anche delle proteine. 5. Nel 1960, Robertson visualizzò per la prima volta la membrana attraverso il microscopio elettronico. 6. Infine, nel 1972, Singer e Nicolson definirono il MODELLO A MOSAICO FLUIDO della membrana cellulare, il quale prevede che le proteine di membrana si muovano nel doppio strato fosfolipidico. Questo modello permise di evidenziare la DISTRIBUZIONE ASIMMETRICA DEI FOSFOLIPIDI E DEI GLICOLIPIDI, fosfoadenilserina e fosfoadenilcolina. Il foglietto esterno e interno sono diversi tra di loro, quindi ci sono alcuni lipidi presente sul primo foglietto e non sull’altro e viceversa. L’elemento di asimmetria più importante è quello che riguarda i glicolipidi, che sono sempre e solo presenti sul foglietto esterno, non esistono glicolipidi che sono disposti verso il citosol (solo rivolti verso l’ambiente extracellulare). COMPONENTE LIPIDICA della MEMBRANA: I più comuni fosfolipidi di membrana sono: fosfatidilserina, fosfatidietaliammina, fosfatidilinositolo e la fosfatidilcolina. I fosfolipidi delle membrane cellulari si muovono attraverso movimenti laterali, di rotazione oppure, più raramente, movimenti di flip flop, ovvero quando i fosfolipidi passano da un emistrato ad un altro. Il movimento di flip-flop è dovuto agli enzimi FLIPPASI. • La FOSFATIDILSERINA, che normalmente si trova in percentuale maggiore sull'emistrato interno della membrana plasmatica, durante il processo di apoptosi (morte cellulare programmata) la fosfatidilserina viene esposta, ad opera di flippasi, sul foglietto esterno della membrana plasmatica provocando il riconoscimento della cellula da parte dei fagociti e la sua successiva eliminazione. • Gli SFINGOLIPIDI sono presenti principalmente nella membrana cellulare delle cellule nervose. Tra questi, i CEREBROSIDI e i GANGLIOSIDI sono particolari sfingolipidi arricchiti da residui, come l’acido sialico, e sono particolarmente abbondanti nelle membrane cellulari delle cellule nervose animali. Si distinguono due tipologie di zattere lipidiche: • i RAFT NON INVAGINATI: sono indistinguibili microscopicamente dal resto della membrana • le CAVEOLE: si presentano morfologicamente come invaginazioni della membrana cellulare. In queste è possibile ritrovare importanti recettori anche a livello virologico: ACE2 . Esempio di raft lipidico coinvolto nell’infezione da HIV: Da tempo è noto che diversi virus utilizzano i raft lipidici per infettare la cellula ospite. Il virus dell’HIV, ad esempio, ingloba i raft lipidici della cellula bersaglio nel suo envelope ed utilizza i raft in almeno quattro eventi chiave del suo ciclo vitale: (I) il passaggio attraverso la mucosa dell’ospite; (II) l’ingresso nella cellula bersaglio; (III) la modifica dei sistemi di trasduzione del segnale della cellula ospite, che determinano la capacità infettiva del virus e il rilascio delle nuove particelle virali; (IV) la dispersione attraverso il sistema vascolare dell’ospite. Nella prima fase l’HIV si lega al glicosfingolipide galattosilceramide (GalCer) presente sulla superficie apicale delle cellule della mucosa epiteliale e successivamente per transcitosi attraversa l’epitelio per essere poi rilasciato sul versante basolaterale, in cui potrà entrare in contatto con le cellule bersaglio. È stato dimostrato che l’alterazione della struttura dei raft della porzione apicale delle cellule della mucosa epiteliale blocca la transcitosi del virus. Anche i coronaviridae, e in particolare il SARS-CoV2, presentano dei recettori specifici a livello delle caveole che permettono al virus di essere internalizzato all’interno della cellula. Il recettore ACE2 è uno di questi recettori, coinvolto proprio nell’internalizzazione della particella SARS-CoV2. Il movimento dei fosfolipidi all’interno della membrana è stato dimostrato attraverso un esperimento: sono state fuse attraverso il trattamento con il virus Sendai una cellula umana con una cellula di topo e sono state esposte ad anticorpi fluorescenti contro proteine di membrana tipiche del topo e tipiche dell’uomo ed è stato osservato inizialmente che le proteine di membrana del topo erano ben distinte da quelle dell’uomo, ma già dopo 5 minuti le proteine delle due diverse cellule si erano mescolate ad indice del fatto che i fosfolipidi si erano mossi. Nella membrana plasmatica sono presenti zone in cui la concentrazione di colesterolo, sfingolipidi e particolari proteine di membrana è più alta, dette ZATTERE (rafts) LIPIDICHE, che funzionano: • da zattere di trasporto di componenti di membrana • da piattaforme specializzate per la trasduzione di segnali intracellulari (zone in cui c’è maggiore comunicazione tra l’ambiente interno e l’ambiente esterno) • Influiscono sulla polarità cellulare. (Alcuni microrganismi patogeni, sia virus che batteri, si legano preferenzialmente ai rafts). Anche i lipidi di membrana sono coinvolti in meccanismi dell’infiammazione attraverso l’attivazione delle vie delle ciclossigenasi e degli eicosanoidi. COMPONENTE PROTEICA della MEMBRANA: Le proteine delle membrane cellulari, secondo questo modello, si differenziano in • PROTEINE PERIFERICHE • PROTEINE INTEGRALI o TRANSMEMBRANA (costituite in buona parte da amminoacidi idrofobi e in minima parte, nelle regioni che vanno a contatto con l’esterno o l’interno della cellula, da amminoacidi idrofilici) • PROTEINE ANCORATE AI LIPIDI. COMPONENTE GLICIDICA della MEMBRANA: I glucidi di membrana (oligosaccaridi) si legano covalentemente sia a proteine (glicoproteine), sia a lipidi (glicolipidi). Le glicoproteine e i glicolipidi sono situati nel solo foglietto esterno, a contatto con ambiente extracellulare, e svolgono una funzione recettoriale, in particolare nei processi di adesione tra le cellule, oppure una funzione protettiva/ antigenica (GLICOCALICE batterico). RICONOSCE IL SELF DAL NON-SELF È stato osservato che gli oligosaccaridi, legati alle proteine o ai lipidi, hanno un codice specifico, ovvero presentano delle sequenze specifiche e recenti studi stanno cercando di capire come cambiano i glicidi in alcune condizioni patologiche. Reticolo endoplasmatico • Reticolo endoplasmatico liscio (REL): non presenta associazione con i ribosomi ed è tipicamente coinvolto nella sintesi dei lipidi. Cellule quali quelle del fegato o anche quelle del rene sono abbondantemente arricchite in reticolo endoplasmatico liscio. È infatti compito del REL anche detossificare l’organismo da anfetamine, barbiturici o anche agenti chimici come pesticidi e erbicidi, che vengono idrossilati a livello della membrana del reticolo endoplasmatico attraverso l’azione di enzimi idrossilasi (un esempio ne è il citocromo P-450 (CYT P-450), proteina complessa con Fe che grazie al NADPH riduce il substrato). Successivamente queste sostanze sono facilmente eliminate mediante le urine e più in generale mediante i fluidi biologici. Talvolta l’effetto degli stessi farmaci che poi devono essere eliminati, determinano un’ipertrofia del reticolo endoplasmatico liscio proprio perché deve contribuire allo smaltimento di queste sostanze. Il sistema endomembranoso si diparte dal nucleo ma poi continua con altre strutture citoplasmatiche molto importanti, tipicamente una di queste è il reticolo endoplasmatico. Il reticolo endoplasmatico è spesso in continuità fisica con il nucleo, quindi dall’involucro nucleare spesso si ha un continuum con questa struttura che è un’estesa rete di canali membranosi e vescicole chiamate cisterne, ogni singola cisterna è racchiusa da un’unica membrana. Il reticolo può essere di due tipi: • Reticolo endoplasmatico rugoso (RER): così chiamato per la presenza di ribosomi visibile al microscopio, svolge il compito di sintetizzare proteine, in particolar modo proteine di secrezione. Cellule come ad esempio le cellule endocrine del pancreas, all’interno delle isole di Langherans (α o β pancreatiche), producono rispettivamente il glucagone, un ormone iperglicemizzante, e l’insulina, un ormone ipoglicemizzante, presentano degli estesi RER proprio perché hanno un’attività secretoria molto accentuata. Le proteine poi secrete dal reticolo endoplasmatico rugoso, normalmente subiscono, prima di passare all’esterno della cellule o in generale di formare strutture quali in glicocalice, delle importanti modifiche post-traduzionali all’interno dell’apparato del Golgi. I ribosomi liberi nel citoplasma agiscono anch’essi ovviamente come macchinari fondamentali per la sintesi delle proteine, ma principalmente di quelle destinate a rimanere all’interno della cellula. Nelle cellule muscolari il reticolo endoplasmatico liscio svolge delle importanti funzioni, in questo caso prende il nome di reticolo sarcoplasmatico ed è importante per l’accumulo e l’eventuale rilascio di calcio, che è fondamentale nei meccanismi di contrazione muscolare. È implicato anche nel metabolismo dei carboidrati. Il glucosio, infatti, entra immediatamente a far parte della via glicolitica ed eventualmente, nel caso di metabolismo aerobio, del ciclo degli acidi tricarbossilici. Quando però il glucosio entra all’interno della cellula, viene trasformato in glucosio-6-fosfato da una chinasi, quest’ultimo non riesce più ad uscire dalla cellula. A livello del reticolo endoplasmatico liscio sono presenti degli enzimi, come la glucosio-6- fosfatasi, che ha il compito di defosforilare il glucosio-6-fosfato trasformandolo in glucosio normale, che quindi può essere trasportato al di fuori della cellula. Nel caso del fegato, questa fosfatasi svolge un ruolo fondamentale perchè nelle cellule epatiche si accumula il glicogeno che sappiamo essere un’importante riserva energetica per gli animali. Nel momento in cui è necessario avere un rilascio di glucosio, avviene la cosiddetta glicogenolisi, ovvero la lisi del glicogeno, il quale viene scisso nelle singole subunità. Ribosomi Un’altra caratteristica dei ribosomi è che le loro componenti, maggiore e minore, vengono definite sulla base del coefficiente svedberg (S) che indica la sedimentazione di una particella all’interno di un gradiente di densità dopo ultracentrifugazione. Normalmente lo svedberg è correlato con la dimensione della particella, ma anche con la forma della particella stessa, ecco che si spiega perché la componente globale del ribosoma già completamente assemblato, ha il valore che non è esattamente la somma algebrica delle due singole componenti, perché a quest’ora avremmo dovuto trovare un ribosoma 80S a livello delle cellule procariotiche e un ribosoma 100S a livello delle cellule eucariotiche. Sono dei complessi sopramolecolari costituiti da un insieme di rRNA e proteine. I ribosomi si distinguono in: • Ribosomi eucariotici: sono normalmente di dimensioni più grandi e constano di una subunità maggiore e una subunità minore che siassemblano durante la sintesi delle proteine. • Ribosomi procariotici Mitocondri La membrana interna, all’interno della quale abbiamo la matrice mitocondriale, si invagina per andare a formare le creste mitocondriali. I mitocondri si trovano in tutte le cellule eucariotiche Nei vegetali, in associazione al mitocondrio, troviamo un altro organulo molto importante per il metabolismo energetico: il cloroplasto. Durante la respirazione cellulare succede che le molecole “carburante”, quali i glucidi, principalmente, ma anche i lipidi, sono degradati in CO2 e H2O con un rilascio di energia che, per circa il 43%, viene catturata dalle molecole di ATP e per la restante parte viene dissipata sotto forma di calore. Questo rendimento é di gran lunga il più alto in percentuale esistente poichè, nella migliore delle ipotesi, le macchine costruite dall’uomo hanno un’efficienza non superiore al 20-30%. Il tutto avviene grazie ad un innesto che è dato dall’ossigeno, il quale permette di bruciare questo carburante, il glucosio, per realizzare la respirazione cellulare, che prende il nome di ossidazione del glucosio appunto. La struttura della doppia membrana del mitocondrio è differente a seconda che si tratti di membrana esterna o di membrana interna, infatti: • La membrana esterna contiene delle porine e permette una comunicazione con l’ambiente esterno in maniera quasi del tutto paragonabile alla membrana plasmatica. • La membrana interna è impermeabile alla maggior parte degli ioni e delle molecole, è priva di colesterolo ed è costituita da particolari fosfolipidi che prendono il nome di cardiolipine. È quindi una membrana particolare che in qualche modo richiama le membrane dei batteri ed è proprio per questo che si ritiene che il mitocondrio abbia avuto origine grazie alla simbiosi tra una cellula eucariotica primordiale e un batterio aerobio. Sono degli organuli che a livello procariotico, per ovvi motivi, non esistono e sono sostituiti dai mesosomi, invaginazioni di membrana, che richiamano le creste mitocondriali, al livello dei quali sono presenti degli enzimi che simulano più o meno quello che succede nel mitocondrio durante la fosforilazione ossidativa e la respirazione cellulare. Nel caso delle cellule eucariotiche, la respirazione cellulare avviene all’interno di questi organuli tipicamente costituiti da una doppia membrana, una esterna e una interna, tra le quali intercorre il cosiddetto spazio o compartimento intermembrana. Un’altra caratteristica dei mitocondri è quella di possedere del materiale genetico: sono gli unici organuli, insieme con i cloroplasti, che contengono DNA al loro interno, altra prova a favore di quella che è la teoria dell'embodiment. Questo materiale genetico si trova ormalmente sotto forma di un unico cromosoma circolare di 16,5 Kb, ovvero 16.500 nucleotidi, quindi un genoma piuttosto piccolo se confrontato con il genoma nucleare che nella nostra specie è di circa 3 miliardi di nucleotidi. Nel suo piccolo però sintetizza un buon numero di proteine che poi vengono sfruttate nell’ambito della costruzione del mitocondrio o di alcune funzioni che il mitocondrio deve svolgere all’interno della cellula. Autonomamente trascrive quindi i propri rRNA, tRNA e mRNA. Si pensa che inizialmente il genoma mitocondriale sia stato di dimensioni maggiori e che poi si sia andati incontro ad una perdita di segmenti di DNA, traslocati a livello del nucleo. Tutti i mitocondri sono in grado di autoreplicarsi. I lisosomi sono cosi importanti che qualora alcuni enzimi idrolitici non vengano correttamente sintetizzati o funzionino male, determinano le cosiddette malattie di accumulo lisosomiale come per esempio la Tay-Sachs (malattia a carico del sistema nervoso centrale), la malattia di Gaucher (determina epatosplenomegalia e erosione ossea). Patologie respiratorie causate dall’inalazione di particelle di silice (silicosi) o asbesto (asbestosi) possono portare alla rottura dei lisosomi, causando il rilascio degli enzimi idrolitici che si accumuleranno fino a portare alla morte della cellula fagocitante, arrivando anche a fibrosi polmonare o pleurite e nei casi più gravi a tumori del polmone. Perossisomi Difetti a carico di enzimi dei perossimosi possono portare ad alcune patologie come: • Sindrome di Zellweger: malattia ereditaria. Si presentano privi di enzimi, pur essendo sintetizzati nel citosol non vengono trasportati all’interno degli organuli per un difetto di recettori o di qualche componente del sistema di trasporto. (anomalie neurologiche, visive e del fegato). • Adrenoleucodistrofia (ALD): malattia ereditaria. Dovuta alla mancata importazione di acidi grassi a catena lunga dentro i perossisomi che si accumulano nel sangue e nei tessuti. Nelle cellule nervose porta ad una distruzione della guaina mielinica ed alla alterazione degli impulsi nervosi. L'olio di Lorenzo è una miscela di trigliceridi monoinsaturi, usata nel trattamento dell'adrenoleucodistrofia per diluire la concentrazione, nel sangue e nei tessuti, dell'acido grasso saturo “cerotico”, altamente dannoso per la guaina mielinica. La miscela porta anche ad un aumento della concentrazione di un acido grasso insaturo la cui tossicità ancora non è ben conosciuta. La somministrazione della Un altro processo regolato dai lisosomi è l’autofagia, ovvero la rimozione di organelli difettosi (mitocondri che vanno in conto a invecchiamento e altri organelli intra-cellulari devono essere riciclati). Le dimensioni dei lisosomi sono variabili, da 1 a 25-50 μm di diametro ma, possono essere anche particolarmente grandi, come l’Acrosoma che si trova a livello della testa dello spermatozoo, ed è importante nei meccanismi di fecondazione della cellula uovo. Quando le strutture più esterne delle cellula uovo devono essere disgregate sono proprio gli enzimi idrolitici che vanno a digerire queste componenti proteiche, facilitando la penetrazione dello spermatozoo. I lisosomi intervengono quindi in processi di eterofagia e autofagia. Inoltre, macrofagi e neutrofili utilizzano i lisosomi per neutralizzare batteri o residui cellulari e in rarissimi casi sono coinvolti in processi di digestione extracellulare, come nel caso dell’acrosoma. Organuli presenti all’interno cellule eucariotiche dimensioni abbastanza piccole (0.5 μm), non è certa la loro origine ma si pensa ad un’origine endosimbiontica. Hanno la funzione di ossidare gli acidi grassi a lunga catena: contengono enzimi β-ossidasi. Sono abbondanti nel fegato e nei reni dove svolgono una funzione detossificante (alcol, formaldeide, fenoli, etc...) e si originano per scissione da perossisomi preesistenti, previa loro accrescimento (ciò fa pensare a origine endosimbiontica). I perossisomi collaborarono con mitocondri (e cloroplasti) nelle cellule vegetali per la fotorespirazione (assorbimento fotodipendente di o2 e rilascio di co2). miscela, in associazione a una dieta ipolipidica, ha mostrato "buoni risultati". Tuttavia, nonostante la normalizzazione dei livelli di acido cerotico, nell'arco di 4-6 settimane, la terapia con l'olio di Lorenzo non ha arrestato la regressione neurologica. Il nome deriva da quello di Lorenzo Odone, un bambino a cui i genitori, Augusto e Michaela, per primi somministrarono questa miscela, nell'ambito di un progetto di ricerca non ufficiale. Alla loro iniziativa si deve anche la fondazione del progetto mielina. Il citoscheletro Il citoscheletro consta principalmente di 3 tipologie di proteine: • Microtubuli: i monomeri coinvolti nella formazione di queste molecole proteiche sono α e β tubulina. Ogni monomero di tubulina lega una molecola di GTP che viene idrolizzata in seguito a polimerizzazione. In genere 13 protofilamenti si dispongono l’uno accanto all’altro per formare un cilindretto microtubulare. **La diapedesi è movimento dei globuli bianchi attraverso le membrane cellulari duranti eventi infettivi ed infiammatori. E’ l’insieme di filamenti e tubuli proteici interconnessi tra loro che si estendono nel citoplasma delle cellule eucariotiche. Delle componenti citoscheletriche simili sono state evidenziate anche a livello procariotico però in queste, essendoci la parete cellulare che conferisce una solida struttura alla cellula stessa, non è di fondamentale importanza. A livello eucariotico, delle mutazioni nel citoscheletro sono letali. Tipicamente si formano a partire dal centro della cellula irradiandosi verso la periferia. Sono molto importanti per: ◦ la formazione del fuso mitotico e a seguito di una loro depolimerizzazione si hanno i movimenti dei cromatidi fratelli perché migrano verso i poli opposti della cellula durante la mitosi. ◦ il movimento di molecole proteiche come kinesine e dineine, che sono dei trasportatori di sostanze all’interno della cellule. I microtubuli costituiscono le autostrade all’interno della cellula su cui si muovono queste proteine, con consumo di ATP, permettendo il trasferimento di sostanze da una regione a un’altra della cellula. Tipico esempio è il trasporto dei neurotrasmettitori lungo l’assone del neurone. Abbiamo vari tipi di proteine associate a microtubuli che si distinguono in: ◦ Dineina citoplasmatica: permette il movimento verso l’estremità negativa del microtubulo (movimento retrogrado) ◦ Dineina assonemale: attiva lo scorrimento dei microtubuli nel flagello. ◦ Kinesina: permette il movimento verso l’estremità positiva del microtubulo (movimento anterogrado). ◦ Miosina: associata all’actina, favorisce la contrazione muscolare. Ciglia e flagelli sono delle particolari strutture costituite da tubuli ◦ Ciglia: molteplici, corte, si muovono in movimenti coordinati per liberare l’epitelio respiratorio da sostanze tossiche. ◦ Flagello: unico, lungo, sottile e compie dei movimenti ondulatori. • Microfilamenti: Si determinano a seguito della polimerizzazione di G-actina. L’actina è una proteina, il cui monomero è chiamato G-actina, che va a polimerizzare, grazie all’idrolisi di una molecola di ATP in ADP, con altri monomeri di G-actina seguendo una traiettoria ben precisa di sintesi che porta alla formazione di filamenti di F-actina. • Filamenti intermedi: rappresentano la porzione più stabile del citoscheletro, consolidano la forma della cellula e si oppongono alle forze di trazione. Formano un gruppo eterogeneo di fibre costituito da subunità molecolari diverse. Vanno a costituire dapprima dei dimeri, dei tetrameri e dei protofilamenti che unendosi tra di loro vanno a costituire il filamento intermedio. Data la loro tessuto-specificità [le cheratine (cellule epiteliali), vimentina (tessuto connettivo), desmina (muscoli), neurofilamenti (neuroni)] sono importanti come strumento clinico-diagnostico. ◦ Sono responsabili del mantenimento e del cambiamento della forma della cellula. Se si considerano le cellule neoplastiche, è stato osservato che l’assetto del citoscheletro in termini di componenti microfilamentosi cambia rispetto alla controparte fisiologica e questo cambiamento si esplicita nella capacità che cellule tumorali hanno di penetrare nella matrice extracellulare e nel determinare la metastatizzazione. ◦ Resistono alla deformazione, alla tensione o alle forze di trazione; ◦ Trasmettono forza e limitano la diffusione degli organelli. ◦ Assieme ad altre proteine costituiscono il cortex, un reticolo al di sotto della membrana plasmatica che risulta così rinforzata. Le molecole di F-actina possono organizzarsi per formare delle strutture importanti quali: ◦ I lamellipodi →ampie strutture laminari ◦ I filopodi→ proiezioni nel citoplasma che permettono l’avanzamento delle cellule migranti ◦ Gli pseudopodi cellulari → estroflessioni della membrana plasmatica tipici delle cellule fagocitiche come macrofagi e cellule dendritiche. L’actina contribuisce al movimento in due modi: -Polimerizzando/depolimerizzando la rete di filamenti corticali al di sotto della membrana; -Estendendo filopodi, lamellipodi e pseudopodi. I virus possono essere:Caratteristiche delle cellule infettate sono invece: •La suscettibilità: una cellula è suscettibile all’infezione di un virus solo se ha i recettori specifici. Una cellula per esempio può essere permissiva ma non suscettibile e viceversa. In natura avviene la coinfezione tra citomegalovirus e HIV, il citomegalovirus apre le porte all’HIV, una cellula che non è suscettibile all’HIV, se preinfettata dal citomegalovirus, può diventarlo. •La permissività: capacità della cellula ormai infettata dal virus di far esprimere le caratteristiche del virus; CICLO REPLICATIVO DEI VIRUS 1. Riconoscimento del recettore cellulare, antirecettore o spike che si trova all’esterno del virus stesso. 2. Si ha la fusione della membrana con l’envelope qual ora presente o con la particella virale (virione) infettante. 3. Il virus viene rilasciato all’interno della cellula dove normalmente avviene una disgregazione del capside e la fuoriuscita dell’acido nucleico che può essere RNA o DNA. 4. L’acido nucleico entra nel nucleo della cellula e inizia a impossessarsi dell’apparato trascrizionale della cellula stessa. Vengono prodotti RNA messaggeri virali che, una volta reclutati i ribosomi cellulari, vengono tradotti in proteine virali, che vanno ad assemblarsi per formare i capsidi dentro cui si troverà l’acido nucleico del virus. 5. Quindi si avrà la fuoriuscita del virus per poter infettare o le stesse cellule se fuoriesce per gemmazione o altre cellule se fuoriesce per lisi (distruzione della cellula ospite). Per esempio il virus influenzale determina la lisi delle cellule dell’epitelio respiratorio, mentre il virus dell’HIV è gemmante. In alcuni casi il ciclo diventa litico e quindi determina la lisi dei globuli bianchi e si induce la cosiddetta immunodepressione della seconda fase virale. 1.specie-specifici: esiste un citomegalovirus murino e citomegalovirus umano e l’uno non va ad interferire con l’altro. I casi più gravi sono quelli dove si ha il cosiddetto spill-over, ovvero il passaggio del virus da una specie all’altra, a questo punto si perde la specie specificità del virus e si diventa più difficile controllare la trasmissione. 2. tessuto-specifici: ci sono virus ristretti che colpiscono solo alcuni organi, ad esempio l’HIV ha un tropismo per cellule della mucosa e del sistema immunitario. Per quanto riguarda i fagi ovvero i virus dei batteri, si ha: 1. l’adesione del virus che aderisce alla parete della cellula batterica attraverso le fibre proteiche, 2. l’iniezione del materiale genetico all’interno della cellula batterica, 3. inizia la sintesi degli RNA messaggeri fago-specifici e la replicazione del materiale genetico del fago 4. si assemblano le particelle virali che poi fuoriescono dalla cellula per iniziare nuovamente il ciclo virale. Può succedere che il genoma del fago piuttosto che essere disponibile subito all’interno della cellula vada ad inglobarsi con il genoma del batterio, seguendo la via lisogenica. Il genoma virale resterà incorporato all’interno del genoma batterico fin tanto che le condizioni esterne siano più favorevoli alla vita del batterio stesso e alla riproduzione, a questo punto il profago (genoma virale) si stacca dal cromosoma batterico e nuovamente si ha l’avvio del ciclo litico. Altre componenti infettive: I RETROVIRUS: sono gli unici virus diploidi, ovvero contengono il materiale genetico in doppia copia. Hanno l’RNA, hanno un’organizzazione genomica molto semplice, costano fondamentalmente di 3 geni: • gand; • pond; • end; e altri piccoli geni che aiutano l’attività del virus durante l’infezione. I 3 geni principali codificano per proteine implicate nella formazione del capside, proteine implicate nella retro trascrizione (retro trascrittasi) e per degli enzimi necessari per costruire le glicoproteine dell’envelope. Nel caso del virus dell’HIV: ◦ La membrana si fonde col capside ◦ Il virus entra all’interno della cellula ◦ Il capside si disgrega ◦ Il genoma virale viene retro trascritto in DNA ◦ Il DNA si integra nel genoma della cellula ospite ◦ Si inizia a produrre le proteine tipiche del retrovirus ◦ Il retrovirus esce dalla cellula e potrà rieseguire il ciclo. + I prioni: sono agenti infettivi di natura proteica normalmente presenti all’interno delle cellule nervose degli animali che a seguito di alterazioni strutturali e modifiche della loro struttura secondaria e terziaria vanno a determinare la formazione di una proteina prionica alterata che diventa “infettiva”, cioè quando interagisce con altre proteine prioniche determina un cambiamento conformazionale anche nelle altre, determinando una precipitazione di queste proteine alterate all’interno del neurone con conseguente neurodegenerazione. + I viroidi: sono costituiti solo da materiale genetico, sono principalmente particelle infettanti degli organismi vegetali. • la diffusione facilitata mediata da canali, si ha nel caso in cui debbano essere trasportati ioni secondo gradiente di concentrazione. I canali ionici si trovano sulla superficie di pressochè tutti i tipi cellulari e sono alla base dei processi fondamentali come la trasmissione dell'impulso nervoso, la trasduzione del segnale o in generale la regolazione dell'osmolarità cellulare. Trasportano solo ioni in maniera altamente selettiva e spesso e volentieri sono controllati, cioè si aprono e chiudono in relazione all’attivazione o meno di specifici recettori o di secondi messaggeri. Permettono per esempio il rilascio di ioni Ca2+ dal reticolo sarcoplasmatico nella cellula muscolare in seguito proprio a determinati stimoli. I canali sono sempre delle proteine ma la differenza con le permeasi o carrier è che al loro interno la composizione amminoacidica è tale che riconosce specificatamente alcuni ioni e permette quindi il passaggio solamente di alcuni ioni. TRASPORTO ATTIVO Il trasporto attivo: consuma ATP perché il movimento dei soluti deve avvenire contro gradiente di concentrazione. La cellula deve fare trasporto attivo per poter mantenere una osmolarità con l'ambiente esterno. Es. il bilayer fosfolipidico, che normalmente sul versante extracellulare è carico positivamente e sul versante intracellulare è carico negativamente, dopo la trasmissione di un impulso nervoso avrà un’inversione di polarità della membrana. Le pompe sono sempre di natura proteica quindi anche in questo caso abbiamo delle proteine simili ai carrier o ai canali ionici. Queste pompe atpasiche possono essere di quattro tipi: 1. P (es. pompa Na+/K+, pompa Ca+, pompe H+), 2. V, 3. F, 4. ABC, che trasporta sia ioni che molecole di piccole dimensioni (per esempio i chemioterapici). Quando si fa una chemioterapia durante una patologia neoplastica, il chemioterapico viene trasportato all'interno della cellula tumorale contro gradiente di concentrazione attraverso le pompe ABC. Ad un certo punto queste pompe nella cellula tumorale possono mutare ed espellono il farmaco più velocemente di quanto permettono l'ingresso del farmaco stesso (meccanismo di resistenza). Il trasporto attivo a sua volta si distingue in due tipologie: • trasporto attivo primario: consuma subito ATP, cioè viene primariamente consumato; • trasporto attivo secondario o indiretto: sfrutta il consumo di ATP che avviene durante il trasporto attivo primario per effettuare un trasporto sempre contro gradiente di concentrazione. Nel caso del trasporto attivo primario, le principali responsabili sono le cosiddette pompe atpasiche, cioè delle pompe che consumano ATP. LA POMPA NA+/K+ ATPASICA: consente il trasporto di 3 ioni Na+ verso l'esterno della cellula e di 2 ioni K+ verso l'interno, quindi influenza la differenza di cariche tra l'esterno e l'interno della cellula. Il foglietto più esterno della membrana è carico positivamente, quello più interno è carico negativamente. In entrambi i casi il trasporto avviene contro gradiente di concentrazione, ed è proprio delle cellule animali. L’oubaina, composto di origine vegetale, è nociva per le cellule animali perché blocca proprio il funzionamento della pompa sodio/potassio, fondamentale per mantenere questo gradiente di concentrazione, quindi mantenere vitale la cellula animale. Normalmente il sodio, per compensare questo squilibrio, tenderebbe a rientrare, spinto da un doppio gradiente: elettrico e chimico. Il trasporto attivo indiretto o secondario sfrutta proprio queste differenze di potenziale (gradiente di concentrazione) ottenute con consumo di ATP. Quindi il trasporto attivo di zuccheri,amminoacidi o altre molecole organiche contro gradiente di concentrazione, è spesso associato ad un cotrasporto (simporto o antiporto) con gli ioni sodio nel caso della pompa sodio-potassio o con ioni idrogeno nel caso di altri tipi di pompe. Ecco come avviene il funzionamento della pompa: 1. Steady state: è rivolta verso l'interno della cellula allo stato iniziale ed è affine a 3 ioni Na+, inseriti all'interno della pompa mediante consumo di ATP. 2. L’ATP viene fosforilato trasformandosi in ADP e un gruppo fosfato va a legare la pompa atpasica con conseguente fosforilazione della pompa, che cambia conformazione diventando meno affine agli ioni sodio che quindi vengono rilasciati all'esterno della cellula. 3. A questo punto all'esterno della cellula la pompa è più affine per i 2 ioni K+ che vengono inseriti all'interno della pompa, defosforilata rilasciando ioni potassio all'interno della cellula. E il ciclo può riiniziare. Si è così determinato un gradiente elettrico perché c’è una differenza di cariche elettriche tra esterno e interno della cellula, e un gradiente chimico perché si ha più concentrazione di sodio all’esterno piuttosto che all’ interno e più potassio all’interno. (Per questo si dice elettrogenica). Es. il simporto Na-C6H12O6 dal lume intestinale verso l'interno di una cellula intestinale è un trasporto attivo tipicamente secondario. Il sodio grazie all'attività della pompa sodio-potassio si trova maggiormente concentrato all'esterno della cellula. Se il glucosio deve entrare all'interno di una cellula contro gradiente di concentrazione, esso viene cotrasportato insieme al sodio all'interno della cellula contro gradiente di concentrazione. Nel lume intestinale si ha una quantità maggiore di glucosio rispetto all’ interno di una cellula, ma non da un punto di vista di concentrazione. A questo punto il glucosio si trova all'interno della cellula e deve poi passare all' enterocita, quindi dalla cellula intestinale deve essere distribuito al circolo ematico (i vasi sanguigni). Questo tipo di trasporto avviene secondo gradiente di concentrazione perché all'interno della cellula il glucosio è più concentrato rispetto al lume del vaso sanguigno e quindi in questo caso il trasporto avviene mediante una diffusione facilitata (trasporto passivo). Quando la cellula deve trasportare al suo interno molecole più grandi opera il processo di ENDOCITOSI. L’ENDOCITOSI può essere di tre tipi: La fossetta rivestita da clatrina determina un’invaginazione a livello della membrana cellulare e si ha l’internalizzazione di questa vescicola rivestita da clatrina. A questo punto si liberano i triskelion di clatrina (triskelion, che ricorda il simbolo della Sicilia) e si ha la fusione della vescicola con il lisosoma. Si ha quindi la degradazione della componente amminoacidica (apolipoproteina B) della lipoproteina LDL e la liberazione del colesterolo all’interno della cellula, che può essere usato per costruire o ripristinare parti di membrana della cellula richiedente colesterolo. L’ESOCITOSI: • FAGOCITOSI: nel caso in cui viene inglobata una particella solida in maniera aspecifica attraverso la formazione di pseudopodi. Alcune cellule, come i protisti o i globuli bianchi, possono far entrare un’intera particella all’interno di una vescicola, che prende il nome di ENDOSOMA, la quale successivamente si fonde con il lisosoma primario e vien digerita, andando a formare il lisosoma secondario (la funzione dei lisosomi è quella di attuare la fagocitosi oppure anche autofagia nel caso di digestione di organelli intracellulari). • PINOCITOSI: nel caso in cui vengono inglobati soluti dispersi all’interno di una soluzione mediante la formazione di vescicole più piccole. La pinocitosi, si attua, ad esempio quando i soluti del sangue devono passare all’interno dell’endotelio vascolare. • ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORI: in questo caso si ha il passaggio selettivo di molecole piuttosto grandi all’interno della cellula. È un processo specifico in cui un recettore, situato sulla superficie esterna della cellula, che mediante l’interazione con specifici ligandi, in prossimità di una regione della cellula che prende il nome di fossetta rivestita (regione della membrana cellula in cui è presente la proteina CLATRINA). Un esempio di endocitosi mediata da recettori è il trasporto delle LDL (low density lipoprotein), che permettono il trasporto di glucosio. Sono proteine abbastanza strutturate con una porzione amminoacidica (apolipoproteina B), all’interno della quale troviamo dei fosfolipidi che racchiudono al loro interno il colesterolo che deve essere trasportato. Le LDL trasportano tipicamente il colesterolo dalla sede di sintesi (il fegato) fino ad arrivare alla cellula bersaglio. Questo trasporto dal centro alla periferia, nel caso in cui non avvenga bene l’internalizzazione del colesterolo, fa accumulare il colesterolo nei vasi sanguigni, provocando la formazione delle placche aterosclerotiche. Normalmente la lipoproteina LDL, attraverso recettori specifici, viene riconosciuta dalla cellula dove deve essere internalizzata. È il meccanismo opposto dell’endocitosi. In questo caso si ha una vescicola (tipicamente prodotta dall’apparato del Golgi dopo modifiche post- traduzionali delle proteine prodotte del reticolo endoplasmatico rugoso), che viene veicolata all’esterno della cellula. La membrana della vescicola secretoria andrà a fondersi con la membrana plasmatica, rilasciando all’esterno le sostanze. Il genoma eucariotico è discontinuo, cioè alterna esoni e introni. I primi verranno tradotti in proteine, mentre gli introni verranno eliminati. Negli eucarioti la struttura del gene è molto più complessa: mentre nei procarioti, ad esempio la struttura rimane sempre la stessa, nel caso degli eucarioti distinguiamo tre diverse classi di geni con ciascuno dei promotori leggermente diversi. 1° classe → codificano per RNA ribosomiali 28s, 18s e 5.8s; 2° classe → trascrivono gli RNA messaggeri e anche altri RNA di natura regolatoria; 3° classe → codificano per RNA ribosomiali 5s e per RNA transfer ed RNA piccoli e nucleari prodotti nello SPLICING. Ciascuna di queste ha un promotore caratteristico riconosciuto da una specifica RNA polimerasi e cambia la sequenza sia in termini dell’elemento regolatorio e sia in termini di corpo di gene. • La sequenza regolatrice è più complessa rispetto a quella dei procarioti: ◦vi è una regione che si chiama CORE, in cui spesso, ma non sempre, è presente il TATA BOX, cioè una sequenza di DNA ricca in adenina e timina localizzata intorno a 25 nucleotidi a monte del nucleotide +1. Anche in questo caso si ha ADENINA E TIMINA che faciliterà l’apertura della doppia elica e quindi la trascrizione della sequenza. Poi abbiamo delle sequenze ancora più a monte che sono gli GC-BOX e i CAAT box, che sono sequenze che possono interagire con le proteine e che andranno a controllare l’espressione genica; un PROMOTORE DISTALE che spesso si trova anche migliaia o decine di migliaia di nucleotidi distanti dal nucleotide +1. TRASCRIZIONE DEL DNA La trascrizione è un passaggio dal linguaggio iniziale desossiribonucletidico (DNA) a quello ribonucleotidico (RNA). La differenza principale tra un desossiribonucleotide e un ribonucleotide è: 2. La presenza della base Uracile al posto della Timina Trascrittoma, similmente al proteoma e al genoma, è l’insieme di trascritti in un determinato momento, vale a dire il prodotto di RNA trascritto a partire dal DNA, all’interno di una cellula. Il trascrittoma a paragone del proteoma è un’entità molto dinamica, poiché cambia di continuo a seconda delle informazioni e contesti sia intra che extracellulari a cui la cellula va incontro. ** Se il Dna complessato con gli istoni si trova in una condizione eterocromatica, a monte già non possiamo parlare di trascrizione perché non può avvenire. Quindi parleremo di evento trascrizionale solo se troveremo il dna nello stato di eucromatina. Ricordiamoci che il passaggio dell’informazione avviene unidirezionalmente dal DNA al RNA ed eventualmente alle proteine. Il processo trascrizionale è altamente regolato, sia negli eucarioti che nei procarioti e due geni diversi all’interno di uno stesso genoma possono essere trascritti più o meno efficientemente. Nel caso di una buona efficienza di trascrizione, avrò prodotto più RNA e proteine. Il processo di trascrizione dell’RNA avverrà sempre secondo la polarità 5’>3’ e decorrendo antiparallelamente rispetto al filamento di DNA stampo. In tutto questo i vari nucleotidi verranno richiamati per complementarietà delle basi con il filamento stampo, esempio Timina-Adenina. 1. Lo zucchero di base del nucleoside (zucchero + base azotata). Nel caso del desossiribonucleotide, il desossiribosio presenta al livello del carbonio 2’ un legame con 1H, invece nel caso del ribonucleotide il ribosio ha un gruppo OH al livello del carbonio 2’. È proprio questo gruppo che nel corso del evoluzione ha sfavorito la conservazione dell’informazione genetica a livello del RNA favorendo quella a livello del DNA, poiché si tratta di una molecola più stabile e resistente. Vi sono tantissimi tipi di Rna, come: A. mRna che codifica per le proteine B. tRna e rRna che sono coinvolti nei meccanismi di traduzione quindi neL passaggio da RNA a proteina. C. snRna, snoRna, scRna e miRna, quest’ultimi implicati nella regolazione genica. La differenza nell’efficienza può essere influenzata da: • stato della cromatina • sequenza del promotore del gene che può leggermente variare e quindi determinare una migliore o peggiore attività trascrizionale • fenomeni come la sequenza di enhancers o silencers, che possono contribuire alla attivazione o spegnimento del trascritto stesso. Essendo il DNA una doppia elica, se conosciamo un filamento è possibile conoscere il secondo filamento che è antiparallelo e complementare. Immaginiamo di avere al posto del secondo filamento un RNA ed è proprio così che avviene il processo. L’RNA nascente che viene trascritto, si troverà in una posizione antiparallela rispetto al filamento stampo che ne permetterà la sintesi e sarà collegato con esso mediante legami idrogeno. I substrati utilizzati dall’enzima principale: l’RNA polimerasi (unica nel caso dei procarioti e differente nel caso degli eucarioti) sono: • I nucleosidi trifosfato (ATP, CTP, UTP e GTP). Ricordiamo il nucleoside è zucchero e basa azotata, in particolare i nucleosidi trifosfati sono fosforilati, cioè con 3 gruppi fosfato al livello del carbonio 5’, infatti ogni nucleotide ha una estremità 5’ fosfato e una estremità 3’ OH. È importante il fatto che i nucleosidi trifosfato siano i precursori, perché sia nella trascrizione che nella replicazione del dna, l’idrolisi di due gruppi fosfato a partire da questi nucleosidi trifosfato libererà l’energia che sarà sufficiente per portare avanti la polimerizzazione che è un processo tipicamente anabolico, cioè di sintesi e per avvenire necessita di energia. In generale il filamento che funge da stampo viene detto filamento senso, mentre l’altro filamento che avrà sequenza identica all’RNA di neosintesi, viene detto antisenso. Uno stesso filamento può essere sia senso che antisenso, mentre e la direzione di sintesi avverrà sempre secondo 5’>3’. L’RNA polimerasi permette la polimerizzazione dell’RNA e in generale vengono inseriti 20 nucleotidi per secondo negli eucarioti. L’RNA polimerasi può trascrivere lunghi tratti di DNA senza dissociarsi da esso, per questo si dice altamente processivo (La processività consiste nella possibilità che un enzima ha di procedere senza staccarsi dal substrato). Si muovono a bruco di geometride (si avvicinano le estremità carbossi e amminoterminale). Sebbene l’RNA polimerasi catalizzi la stessa reazione di una DNA polimerasi, vi sono alcune differenze importanti: • substrati, come abbiamo detto l’RNA polimerasi catalizza il legame tra ribonucleotidi; • l’RNA polimerasi può iniziare la sintesi senza un primer di innesco, cioè il primo ribonucleotide che viene ad essere incorporato. Di contro la DNA polimerasi prevede la necessità di un oligonucleotide d’innesco che permetta poi l’inizio della sintesi del DNA. • l’RNA polimerasi è un enzima molto più impreciso rispetto alla DNA polimerasi (che ha attività esonucleasica e si autocorregge), perché l’evoluzione ha fatto sì che ciò avvenisse? un errore in una molecola di RNA prodotta è sicuramente d’impatto ma è decisamente di impatto inferiore rispetto a un errore a livello del DNA. L’RNA è una molecola instabile e dopo un determinato periodo tempo viene degradata. Un errore di sequenza al livello del DNA rimane fissato per sempre e trasmesso alla cellule figlie della cellula in questione. Il nucleoside trifosfato va a legarsi per complementarietà delle basi al DNA stampo. Il DNA in realtà è a doppio filamento, quindi entrambi potenzialmente possono essere trascritti, l’importante è che qualunque filamento venga scelto ci sia il promotore!! Nei procarioti l'RNA polimerasi è unica, essa riesce a riconoscere i vari promotori e dare il via alla trascrizione, quindi nei procarioti c'è molta necessità di andare a reclutare RNA polimerasi (unica come tipologia, ma ne esistono più copie all’interno della cellula). L'RNA polimerasi nei procarioti può presentarsi sotto due forme: - Apoenzima, è una struttura dell'RNA polimerasi che prevede due subunità Ⲁ, due subunità β e una subunità β¹. Ma questa struttura apoenzimatica da sola non è in grado di riconoscere il promotore procarioti, perché si abbia una struttura completa è necessario che una quinta subunità , ovvero la subunità σ , vado a legare la regione promotore e quindi poi consentire l'inizio della trascrizione sottoforma di oloenzima (enzima completo). Nell'omogeneità strutturale dell'RNA polimerasi procariotiche, la subunità σ è l’unica che fa la differenza: esiste un pool di subunità σ all'interno della cellula procariotica che con piccole differenze permette di riconoscere un promotore anziché un altro. Ad ogni promotore, è associata una sequenza leggermente differente di nucleotidi, in base alla sequenza di nucleotidi del promotore si può avere un legame con una subunità σ anziché un’altra. La subunità σ che riconosce la maggior parte dei geni batterici è la subunità σ⁷⁰. - Oloenzima, l'unica forma attraverso la quale l'RNA polimerasi riesce a consentire l'inizio della trascrizione. Quando viene legato il promotore, i due filamenti di DNA devono separarsi fra di loro cosicché la RNA polimerasi potrà iniziare a reclutare i ribonucleotidi e a effettuare la trascrizione. Nel momento in cui, durante la fase di allungamento, vengono sintetizzati i primi nucleotidi la subunità σ, inizialmente fondamente, si stacca, e l’apoenzima può continuare da solo la fase di allungamento. Quando abbiamo parlato di primnor box, abbiamo parlato di una sequenza TATAAT che si trova a -10 nucleotidi e di una sequenza TTGACA che si trova a -35 che è una sequenza generale che prende il nome di sequenza con senso. Definiamo sequenza con senso, una sequenza derivata dalla comparazione di molte sequenze con una stessa funzione di base e che sono caratterizzate da uno stesso nucleotide in una stessa posizione. Se per esempio troviamo una timina, allora essa viene identificata come nucleotide specifico della sequenza con senso, però non vuol dire che nel 100% dei casi nella posizione -38 troverò una timina, questo per dire che nella maggior parte dei promotori troviamo queste sequenze con senso, però non è sempre cosı.̀ Anche nei batteri può succedere che si trovi una sequenza livello del promotore che è leggermente spostata ancora più a monte rispetto alla seconda sequenza -35 del primnor box, questa sequenza può essere riconosciuta da proteine che possono facilitare o inibire la trascrizione stessa, come delle sorte di enhancers e silencers però in ambito procariotico. L'ultima fase della trascrizione nei procarioti, è la terminazione e può essere di due tipi: ◊ Rho-indipendente ◊ Rho-dipendente La proteina Rho è una proteina esamerica costituita da sei subunità che si lega al Tilamento di DNA nascente andando ad inseguire Tisicamente la RNA polimerasi perché nel caso in cui a livello della regione di terminazione che è presente nel gene, quindi a livello del DNA, e che poi si va a trasferire come informazione a livello dell’RNA, vi è una sequenza che determina la formazione di una struttura a stem loop (a stelo e cerchio) che risulta essere particolarmente stabile, in quanto ricca in citosine e guanine, allora in questo caso una volta che l'RNA polimerasi può trascrivere questa struttura si blocca in automatico a causa della formazione di questa forcina. Allora in questo caso la terminazione della trascrizione viene detta Rho-indipendente, nel senso che la proteina Rho si lega al tratto di RNA nascente ma non opera una vera e propria attività , perché è già l’RNA polimerasi stessa a staccarsi dal trascritto nel momento in cui si viene a formare una struttura di questo tipo. Quindi, quando si ha un terminatore forte che va a determinare una struttura a stem loop ricca in guanina e citosina, si va a determinare una terminazione Rho-indipendente. Le sequenze a livello dello stelo normalmente, sono sequenze palindromiche, cioè sequenze che vengono lette nello stesso modo dal 5’ al 3’ o dal 3’ al 5’. Nel caso della terminazione Rho-dipendente succede che la sequenza di terminazione dell’RNA pur presentando una sequenza che determina la formazione di una forcina, quest'ultima è più instabile quindi ricca in adenina e timina (uracile). Questo tipo di struttura non riesce a bloccare l'attività dell'RNA polimerasi ma la rallenta solamente, rallentandola succede che il fattore Rho (che si muove sul Tilamento di RNA nascente) raggiunge l'RNA polimerasi determinando in questo caso lei e non la forcina un ingombro sterico tale da poter fare avvenire il rilascio dell’RNA polimerasi. LA TRASCRIZIONE NEGLI EUCARIOTI Il processo di trascrizione degli eucarioti, è più complesso rispetto a quello dei procarioti già in termini di quantità di RNA polimeri che vanno agire. Infatti, nel caso della trascrizione negli eucarioti, non esiste un'unica RNA polimerasi ma ne esistono tre diverse: • RNA polimerasi I, che agisce tipicamente a livello del nucleolo e che trascrive per alcuni RNA ribosomiali; • RNA polimerasi II, che agisce nel nucleoplasma ed è quella che classicamente trascrive per l’mRNA e altri tipi di RNA regolatori; • RNA polimerasi III, che agisce anch’essa nel nucleoplasma e trascrive per il tRNA, l’rRNA 5S ed altri RNA. In generale le RNA polimerasi non possono agire da sole ma devono essere collegate a fattori generali di trascrizione ed eventualmente, come avviene spesso negli eucarioti, a fattori specifici di trascrizione. Molti fattori di trascrizione (come avviene nei motivi strutturali delle proteine che legano il DNA, come per esempio l’helix-turn-helix o la cerniera di leucine, che lega il solco maggiore del DNA andando a creare dei dimeri di questa proteina che lega il DNA e lo riconosce) riescono a riconoscere il DNA STRUTTURA STEM LOOP attraverso un sito di riconoscimento con il DNA, e poi riescono anche ad attivare il meccanismo di trascrizione mediante l’interazione con l’RNA polimerasi. La RNA polimerasi II ha una struttura del tutto simile alla polimerasi batterica solo che è molto più grande, abbiamo 12 subunità contro le 5 subunità viste nella polimerasi batterica. Anche in questo caso si parla di sequenze con senso, la prima proteina fattori generali di trascrizione che si associa normalmente al DNA è la proteina TBP. TBP sta per tatabox binding protein (proteina legante il tatabox). Questa proteina lega la sequenza con senso del tatabox determinando quello che viene deTinito bending, cioè un ripiegamento della molecola di DNA. Questo è il primo step attraverso cui altri 8-12 fattori generali di trascrizione (GTF) vanno a legarsi con il TBP in una regione del tatabox, andando a formare un complesso multiproteico che prende il nome di TFIID. Quindi in generale negli eucarioti, il processo di riconoscimento del promotore core avviene mediante un iniziale contatto Tisico tra la proteina TBP e il tatabox, e alla proteina TBP si legano i fattori TAF andando a formare il complesso TFIID. Il ripiegamento della molecola di DNA (bending) è importante perché solo in questo modo altri fattori generali di trascrizione possono legarsi per andare a formare il complesso definito DAB, ovvero TFIID+TFIIA+TFIIB, questi fattori rappresentano una sorta di tappeto di molecole su cui potrà legarsi l’RNA polimerasi. L'RNA polimerasi inizialmente verrà bloccata da altri fattori di trascrizione e solamente quando il complesso e completo potrà avvenire una fosforilazione della regione carbossiterminale dell’RNA polimerasi che poi andrà a svolgere la sua funzione, cioè quella di reclutare ribonucleosidi trifosfato e iniziare la trascrizione vera e propria. IL PROCESSO DELLO SPLICING- Consiste tipicamente in una rimozione degli introni e un ricongiungimento degli esoni. Gli introni rappresentano due importanti aspetti: • essendo molto più grande degli esoni, rappresentano dei punti in cui le mutazioni possono accumularsi “dei punti di ristoro” dell'evoluzione, senza che venga intaccata la sequenza mutata; • Il secondo aspetto è dovuto al fatto che in un pseudocompattamento del genoma, All'interno degli introni possono trovarsi sequenze codificanti per altri RNA è il caso dei micro RNA intronici, esistono delle sequenze geniche contenuta all'interno degli introni e quindi come tali possono essere a loro volta trascritte, nell’ottica di un combattimento del genoma in caso eucariotico. Gli introni vengono rimossi attraverso lo splicing, questo processo si esplica attraverso delle reazioni transesterificazione, che vengono mediate da un complesso noto come spliceosoma, lo spliceosoma è un complesso ribonucleo-proteico in cui gli RNA sono i cosiddetti snRNA+ Proteine facenti parte dello spliceosoma; questo complesso tipicamente prende il nome snRNPs (snure). [Per Poter comprendere in che cosa consiste una reazione di transesterificazione è bene dire che normalmente esistono all'interno dell' introne delle sequenze consenso (sequenze che hanno un loro significato, che normalmente sono le stesse, ad eccezione di qualche piccola variazione, essi svolgono un significato biologico ben preciso) le più importanti vi sono: la prima che normalmente prevede una guanina l'estremità 3’ dell' esone, seguita dalla sequenza GU (guanina e uracile) come estremità 5’ dell’introne che deve essere rimosso, G= esone GU= primi due nucleotidi dell’introne. Questa sequenza normalmente è seguita nella porzione 3’ dell' introne da una sequenza AG (ultimi nucleotidi dell’introne) e guanina nuovamente, primo nucleotide dell' esone che deve può essere ricongiunto; spostato nella regione 3’ dell' introne, troviamo anche una sequenza poli pirimidinica In cui è presente un adenina A, che prende il nome di punto di ramificazione o branchpoint.] La prima reazione di transesterificazione prevede un attacco nucleofilo da parte dell’adenina del branchpoint a livello dell’estremità 3’ del primo esone che deve essere staccato dall' introne, a seguito di questa prima reazione, il primo esone si stacca momentaneamente dalla restante sequenza dell’RNA, il gruppo OH all’estremità 3’ che è stato rimosso, determina il secondo attacco nucleofilo a carico della sequenza AG che si trova all’estremità 3’ dell' introne, questo determina una rottura dell' introne e la riunificazione dei due esomeri. Il cappio/lariat finale o viene degradato oppure se contiene sequenze importanti viene lasciata e poi utilizzato per produrre diversi trascritti. All’interno dello spliceosoma esistono questi snRNA (small nuclear) che tipicamente vengono indicati dalla sigla U, perché sono ricchi in uracile; normalmente agiscono in maniera sequenziale per poter determinare la formazione dello spliceosoma. Normalmente è un processo ordinato, quindi prevede la rimozione ordinata degli introni, 1, 2, 3 e la ricongiunzione secondo un ordine prestabilito degli esoni, questo evento ordinato è dovuto a delle proteine che si legano in maniera sequenziale da un lato agli esoni e dall'altro lato gli introni, sono delle proteine che coadiuvano le attività dello spliceosoma, permettendo che il processo avvenga in maniera ordinata , tra queste proteine sono sicuramente da ricordare le proteine SR (sein rich- ricche in seina) che contribuiscono molto affinché avvenga questa sequenza lineare di rimozione degli introni. Talvolta quello che può avvenire e che biologicamente è molto rilevante è Il cosiddetto splicing alternativo che consiste nella ricongiunzione alternative dei vari esoni tra di loro, lo splicing alternativo in realtà può avvenire, oltre che attraverso una ricongiunzione che non segue in maniera lineare la sequenza degli esoni ( può essere che qualche esone venga rimosso e venga trattato come un introne) può avvenire attraverso il meccanismo della intron retention, cioè la ritenzione dell'introne. Sia che avvenga uno o che avvenga l’altro processo, quello che succede è che a partire da un unico pre-RNA (Da un unico trascritto non maturo), possono venire a generarci trascritti maturi diversi, con delle sequenze esoni/introni, differenti una dall'altra e quindi potenzialmente dare origine a delle proteine diverse (perché può cambiare completamente la cornice di lettura), questo processo di splicing alternativo, insieme con l'utilizzo dei promoters alternativi ed eventualmente con segnali di termini alternativi, possono produrre più trascritti a partire da un'unica informazione genetica. Questo processo dello splicing alternativo è stato dal punto di vista evolutivo molto importante perché ha permesso all'uomo di evolversi come tale rispetto ai primati, nonostante la condivisione di più del 90% del loro genoma, un grosso splicing alternativo è nei neuroni celebrali. Un esempio di splicing alternativo lo troviamo in un trascritto molto importante che è il VEGFA, un fattore di crescita dell’endotelio vascolare, molto importante per la costituzione dei vasi sanguigni che si presenta sotto due forme alternative, entrambi sono dei trascritti primari, solo che in un trascritto la maturazione prevedere la presenza di un esone 8 completo, che costa di una sequenza a e una b e un altro trascritto verrà maturata eliminando una parte dell'ultima esone, si avrà quindi un exon skipping parziale di questo esone. Il significato biologico di entrambi i trascritti è esattamente opposto l’uno rispetto all’altro i normalmente il fattore di crescita dell’endotelio vascolare deve fare angiogenesi, deve produrre nuovi vasi sanguigni, di questo solamente la variante che contiene l’esone 8 completo farà questa attività, l’altra variante avrà un’attività opposta, cioè inibirà la formazione dei vasi sanguigni. GENI DI III CLASSE Sono i geni codificanti l’RNA ribosomiale 5S, per vari snRNA (che sono gli RNA che intervengono nella formazione dello spliceosoma) e per i tRNA principalmente. La peculiarità di questi geni è che presentano dei promotori “interni”, quindi a valle rispetto al primo nucleotide trascritto, e anche in questo caso prima di iniziare a trascrivere la RNA polimerasi III necessita di fattori di trascrizione TF3 per il posizionamento all’interno del promotore e poi l’inizio della trascrizione. Per quanto riguarda i tRNA (RNA transfer), anche loro una volta che vengono trascritti normalmente vengono maturati. La maturazione dei tRNA fondamentalmente consiste nella eliminazione di alcune sequenze alle estremità 5’ (leader) e 3’ (trailer), in un’aggiunta al 3’ di una tripletta nucleotidica detta CCA (citosina-citosina-adenina), per cui tutti i tRNA termineranno nella sequenza 3’ con questa tripletta, e sarà quindi l’adenina di questa sequenza che contatterà l’amminoacido per il trasporto; alcuni tRNA presentano un piccolo introne che dovrà essere rimosso per produrre il tRNA maturo. Anche in questo caso il processo di maturazione avviene all’interno del nucleo. Quindi l’RNA transfer maturo avrà questa caratteristica forma cosiddetta a trifoglio, quando dista dalla sua bidimensionalità e le cui strutture più caratteristiche sono rappresentate dall’ansa dell’anticodone al livello della quale è presente la tripletta nucleotidica, che complementerrà con il codone per il riconoscimento e il trasporto di uno specifico amminoacido; l’estremità al 3’ che è sempre costante (CCA), e poi altre anse che caratterizzano diversi tipi di RNA transfer. Nella sua forma tridimensionale assume una forma a “L” rovesciata che è caratteristica del tRNA. In tutto questo abbiamo visto che nell’RNA totale solo il 4% è quello che andrà incontro a formazione di RNA messaggeri e il restante 96% darà vita a RNA non codificante proteine. Tra questi RNA non codificanti i più abbondanti sono gli RNA ribosomiali per la loro critica funzione nei meccanismi della traduzione, seguiti dai tRNA e poi da una serie di RNA a funzione regolatoria tra cui gli snRNA, snoRNA (che sono gli small nucleolar RNA, coinvolti nella produzione e maturazione degli RNA ribosomiali) e i microRNA (RNA a funzione regolatoria). Ovviamente questo 4% dei trascritti equivale a quel famoso 1,1% dell’intera sequenza genomica che poi verrà tradotta in proteine. LA DUPLICAZIONE DEL DNA La duplicazione del DNA è importante perché il DNA è il materiale genetico che deve essere trasmesso alle cellule figlie, quindi chiaramente prima che una cellula possa trasferire la sua informazione alle cellule figlie deve necessariamente duplicare il proprio materiale genetico. Ovviamente la duplicazione è un evento che, similmente a come abbiamo visto nel caso della trascrizione dell’RNA, dovrà prevedere una separazione dei due filamenti, ciascuno dei quali fungerà da stampo per un filamento di neo-sintesi. Questa ipotesi per cui, una volta nota la sequenza di un filamento, si sarebbe dedotta la sequenza del filamento opposto, è intrinseca alla struttura del DNA stesso. Questo meccanismo non è privo di errori, infatti durante la duplicazione del DNA possono essere inserite delle basi diverse rispetto a quelle previste dall’elica stampo e in questo caso, qualora queste basi inserite vengano fissate all'interno delle molecole DNA, si verranno a generare le mutazioni. Ovviamente la mutazione è un processo che non deve essere visto in maniera negativa, ma è un processo che può contribuire all'evoluzione dei geni e quindi anche all’evoluzione della specie. La duplicazione del DNA si va a inserire all'interno del flusso dell'informazione genetica e in particolar modo avviene durante una particolare fase del ciclo cellulare che prende il nome di fase S, fase di sintesi, appunto, del DNA. La fase S è una fase che rientra nella cosiddetta interfase cellulare ed è il momento in cui la cellula si accresce e duplica il proprio DNA e quindi si prepara alla fase successiva, che è la fase M, ovvero di divisione cellulare.  chiaramente nel caso in cui parliamo di organismi eucariotici, questa è la fase in cui si passa dai cromosomi monocromatidici ai cromosomi dicromatidici. La duplicazione è un evento tipicamente semiconservativo, ciò significa che ciascuna molecola di DNA nascente consterà di un filamento parentale e di un filamento di neo sintesi. La semiconservatività della duplicazione del DNA è venuta fuori grazie a degli esperimenti condotti da Meselson e Stahl, che hanno visto un’iniziale crescita (la generazione cosiddetta 1) di batteri in un terreno di coltura contenente azoto 15. (ci sono degli isotopi dell'azoto diversi: azoto 15 e azoto 14) Inizialmente, i batteri sono stati fatti crescere tutti in un terreno contenente azoto 15. Quando il DNA da questi batteri è stato estratto ed è stato poi immesso in un gradiente di ultracentrifugazione, veniva evidenziata un'unica banda compatibile con un azoto 15. A partire dalla seconda generazione è stato cambiato il mezzo di coltura, piuttosto che un mezzo di coltura contenente azoto 15, è stato inserito un mezzo di coltura contenente azoto 14. Anche in questo caso dopo un tot numero di ore, è stato estratto e ultra centrifugato il DNA e anche in questo caso è apparsa un'unica banda. Furono formulate tre ipotesi: la prima ipotesi di una replicazione conservativa, la seconda ipotesi di una replicazione semiconservativa e la terza ipotesi di una duplicazione dispersiva (alcuni tratti di DNA rimanevano parentali, altri di neo sintesi e così via). L’ipotesi conservativa fu rimossa perché, se l'evento fosse conservativo, tutti e due i filamenti che inizialmente si sono aperti per fungere da stampo poi si sarebbero riuniti a formare il DNA azoto 15 e poi i filamenti di neosintesi sarebbero stati azoto 14. Dunque ci saremmo aspettati due bande, una all'altezza dell' azoto 15 e una all'altezza dell’azoto 14. Il fatto di aver trovato una sola banda è già indicativo del fatto che il modello conservativo veniva escluso. Però rimanevano due possibili modelli. Si è giunti alla conclusione che il modello reale fosse quello conservativo attraverso una terza generazione di batteri, fatti crescere sempre in un terreno con azoto 14, è stato estratto il DNA e si è osservata la presenza di due bande, una equivalente a quella precedente (un miscuglio tra isotopi 15 e 14) e una, invece, contenente solamente azoto 14. Venne scartato di conseguenza il modello dispersivo, perché altrimenti avremmo visto solamente una banda, che sarebbe stata il miscuglio dell'azoto 15 e 14. La duplicazione avviene attraverso tre step: inizio, allungamento e fine. Durante la fase di inizio avviene la separazione dei due filamenti di DNA, in modo tale che in prossimità del punto di inizio intervengano delle proteine (ad attività enzimatica) per far sì che avvenga l'allungamento. La prima differenza importante rispetto alla trascrizione è che, affinchè avvenga l’inizio, è necessario un innesco, un primer che tipicamente è costituito da RNA. L’allungamento avviene secondo la direzione di sintesi 5’-3’, utilizzando da stampo l'uno o l'altro filamento di DNA. In seguito si avrà la terminazione che avverrà in maniera automatica, nel momento in cui finisce lo stampo. Il processo di duplicazione del DNA è un processo attivo, che quindi richiede un consumo di energia. Una parte di questa energia è già presente all'interno dei desossiribonucleosidi trifosfati, che rappresentano i precursori dei nucleotidi che verranno inseriti durante la fase di allungamento. Perché avvenga la duplicazione ovviamente è necessario il DNA stampo, che è rappresentato da ciascuno dei due filamenti, la DNA polimerasi, i precursori che sono i desossiribonucleosidi trifosfati e poi le altre proteine accessorie, come le elicasi, le topoisomerasi e le SSB. DNA POLIMERASI Esistono 5 tipi di DNA polimerasi, a livello dei procarioti, 7 tipi a livello degli eucarioti. IMPORTANTE: DNA polimerasi 3 procariotica, che è l'enzima principale nella duplicazione del DNA nei procarioti e DNA polimerasi  degli eucarioti. Attività esonucleasica: può essere in direzione 3’-5’, cioè opposta rispetto alla direzione di sintesi e questa è la cosiddetta attività di proofreading o correzione delle bozze; oppure può avvenire in direzione 5’-3’, nella stessa direzione di sintesi quando per esempio la DNA polimerasi deve scalzare i primer degli inneschi che si devono inserire all'inizio del processo di duplicazione. STEP DELLA DUPLICAZIONE *Normalmente quello che viene effettuato all'inizio è l'inserimento di questo primer di RNA, che presenta un’estremità 3’OH libera perché avvenga poi il processo di allungamento. Come prima cosa avviene la formazione della cosiddetta bolla di replicazione, vuol dire che ci sono delle elicasi (enzimi che hanno il compito di svolgere il doppio filamento) che, riconoscendo il punto di inizio della duplicazione, iniziano a separare il doppio filamento. Si vengono quindi a formare due forcelle di replicazione che agiscono in modo centrifugo, cioè all'esterno, andando una in direzione opposta rispetto all'altra. Queste forcelle di replicazione permetteranno la duplicazione di entrambi i filamenti del DNA. COS’E LA BIOLOGIA? È lo studio scientifico degli esseri viventi con un approccio di natura sperimentale: si formulano ipotesi e si verifica la veridicità di queste. Si procede quindi a tentativi ed errori. Per “essere vivente” si intendono tutti gli organismi che derivano da un antenato comune unicellulare apparso sulla terra 4 miliardi di anni fa. Tutti gli organismi viventi possiedono cellule, cioè laboratori, al cui loro interno avvengono esperimenti, cioè tutte le reazioni biochimiche e che, associando le componenti genetiche a quelle ambientali, permettono alla cellula di evolvere, determinando così l’affermarsi o meno di una caratteristica. Gli organismi più evoluti sono coloro che sono riusciti ad adattarsi meglio alla variazione ambientale: più si adatta ad un cambiamento qualsiasi, più un organismo è evoluto. Attraverso l’evoluzione, che caratterizza tutta la biologia, si sono formati gli altri esseri viventi, infatti si contano 100 milioni di specie viventi. Il fatto che siamo derivati da un unico organismo permette loro di possedere, nonostante le varie differenze, cioè le varietà, una stupefacente costanza nei meccanismi fondamentali, si pensi ad esempio al DNA. Varietà e costanza sono due temi che rappresentano un contrappunto dell’intera biologia. “Nulla ha senso in biologia se non alla luce dell’evoluzione”. - Theodosius Dobzhansky. LE CARATTERISTICHE COMUNI DEGLI ORGAN. VIVENTI 1. ORGANIZZAZIONE DI TIPO CELLULARE: unica organizzazione che li accomuna tutti; 2. INFORMAZIONE GENETICA, fondamentale per far funzionare la cellula e per riprodursi, altrimenti non potrebbe esserci incrocio per produrre un progenie con caratteristiche esclusive; 3. IMPARENTATI GENETICAMENTE: ciò dovuto all’informazione genetica trasmessa geneticamente; 4. SONO SISTEMI APERTI: scambiano informazioni con l’esterno e ciò permette di costruire le loro strutture biologiche grazie alle molecole e per compiere lavoro biologico, es. metabolismo 5. REGOLANO IL PROPRIO AMBIENTE INETRNO: riescono ad autoregolarsi e raggiungere sempre la condizione di equilibrio con dispendio di energia ed è fondamentale. Senza equilibrio la cellula muore. Tutte queste caratteristiche presentano delle proprietà emergenti: ci sono diversi livelli di più o meno complessità. In quelle con livello di complessità maggiore vengono mantenute tutte le caratteristiche del livello inferiore e ci sono nuove caratteristiche. Vi sono organismi unicellulari: batteri, protozoi, alcune alghe, con le loro caratteristiche. La pluricellularità mantiene tutte le caratteristiche dell’unicellulari ma nello stesso tempo ne ha altre che consentono un maggiore scambio di informazione tra le cellule. Le proprietà emergenti vanno dal livello molecolare, cellulare, tessutale, organismo, popolazione alla biosfera. L’INFORMAZIONE GENETICA DNA -> RNA -> PROTEINA segue quest’ordine. Anche se quello delle proteine riguarda solo l’aspetto fenotipico, quello più visibile ma meno critico di un fenotipo cellulare. La maggior parte della criticità (funzione della cellula) riguarda RNA e quando ci si blocca qui è cruciale per la vita della cellula, cioè se non arriva alla proteina. ATTIVITA’ METABOLICA Il metabolismo si divide in metabolismo Energetico (essenziale per produrre energia per mantenere l’omeostasi cellulare) e metabolismo Informazionale. Tutto questo si traduce in riproduzione e sviluppo. SISTEMA GERARCHICO DI CLASSIFICAZIONE SECONDO LINNEO 1. SPECIE 2. GENERI 3. FAMIGLIE 4. ORDINI 5. CLASSI 6. PHYLA o DIVSIONI 7. REGNI E’ stato costruito un vero e proprio albero della vita: originariamente sulla base di caratteristiche comuni., es. mammiferi: ghiandola mammifera e il pelo. Quest’albero, anche se la classificazione rimane sempre questa, è stato rivisto secondo la cosiddetta “sistematica molecolare”, che si basa sull’analisi di sequenze di DNA o delle proteine che i ricercatori hanno estratto da organismi distanti l’uno dall’altro, dimostrando invece che quegli organismi sono vicini da un punto di vista evoluzionistico. Avevano così strutture omologhe che, da un punto di vista biologico, significa che hanno un’origine filogenetica comune. Invece sono analoghe se si somiglino ma la struttura filogenetica è diversa. (Si parla di omologia e analogia anche a livello morfologico.) Hanno così rimodulato il concetto di albero della vita. 3 GRANDI DOMINI E NUMEROSI REGNI 1. Eucarioti 2. Eubatteri 3. Archeobatteri ATOMI Prima di parlare dell’attrice fondamentale, LA CELLULA, si deve prima comprendere quali sono i fondamenti che hanno permesso l’affermarsi della vita: atomi, molecole e macromolecole. Non si può parlare di vita se non si conosce la base della chimica: la materia. Essa è una combinazione di elementi costituiti da singoli atomi, particelle/unità che mantengono le proprietà chimiche e fisiche degli elementi. -PIU’ ATOMI -> MOLECOLE -PIU’ MOLECOLE -> MACROMOLECOLE -PIU’ MACROMOLECOLE -> stanno alla base degli ORGANULI CELLULARE In natura vi sono 92 elementi, ognuno dei quali è caratterizzato da un numero specifico di protoni ed elettroni, i primi fissi nel nucleo mentre i secondi ruotano attorno ad esso. Tra questi elementi ve ne sono alcuni più importanti per gli esseri viventi: Carbonio, Idrogeno e Ossigeno (il più preponderante perora) che rappresentano il 96% del peso degli organismi viventi. Sono seguiti da altri elementi anche se in minor quantità solo il 4%, (azoto, calcio, magnesio, sodio, potassio, fosforo…). Tutti questi elementi sono “distribuiti” all’interno della Tavola Periodica con caratteristiche periodiche di elettronegatività e altre caratteristiche chimico-fisiche. MA COM’E’ FATTO UN ATOMO? Esso è costituito da un nucleo carico positivamente e centrale che contiene protoni+ e neutroni, attorno al quale ruotano particelle cariche negativamente, gli elettroni che determinano il comportamento dell’atomo stesso. Se infatti un atomo cede un elettrone, esso sarà carico positivamente e diventerà uno ione detto catione; se un atomo acquista elettroni sarà invece carico negativamente, sarà sempre uno ione ma detto anione. Può invece capitare che esso abbia uguale numero di p+ ed e- e sarà quindi neutro. Esistono atomi un po' più particolari: pur avendo lo stesso numero di p+ ed e- hanno un numero differente di neutroni. Questi sono detti “isotopi” e sono molto radioattivi. RICORDA: NUMERO ATOMICO -> num. p+ nel nucleo NUMERO DI MASSA -> p+ + n MASSA DI UN p+ E n -> 1.06 * 10-24 g La struttura atomica classica è l’atomo di Bohr: nucleo ed elettroni che ruotano su orbitali ben definiti. Gli e- più vicini al nucleo sono più stabilmente ancorati al nucleo per effetto delle cariche opposte. Il massimo di elettroni che può contenere l’orbitale più vicina al nucleo è di 2 e-. Quelli che invece si trovano in quella più esterna sono detti “di valenza” e sono quelli meno stabili, condivisibili con gli altri atomi per formare legami. Nel momento in cui il livello energetico più esterno sarà completo, l’atomo raggiunge la piena stabilità, l’ottetto e sono non reattivi. I legami chimici I principali tipi di legame di interesse biologico sono: 1. Legame ionico; 2. Legame covalente; 3. Legame a idrogeno (H); 4. Forze di van der Waals. Il legame ionico si viene a formare tramite la cessione o l’acquisizione rispettivamente di un elettrone, il legame covalente è un legame che si viene a formare mediante la condivisione di elettroni , il legame a idrogeno si ritrova in molecole di interesse biologico critiche quali: gli acidi nucleici( DNA e RNA), o le proteine stesse. Poi le forze di van der Waals che invece si instaurano tra regioni di diverse molecole. Per esempio alcune forze di van der Waals sono presenti anche a livello proteico. Il legame ionico e il legame covalente rientrano tra quelli che sono detti “legami forti”. Legame forte vuol dire che ci vuole un’energia importante per poter rompere questi legami. Il legame ionico, ha una forza attrattiva su distanze maggiori rispetto a qualsiasi altro legame chimico. Questa forza attrattiva è estesa a tutte le direzioni e varia a seconda della presenza di altre sostanze cariche. Classico esempio del legame ionico è la formazione del cloruro di sodio, che grazie alla cessione di un elettrone dall’atomo di sodio al cloro, per completare Quali sono le principali bio-macro-molecole delle cellule? Per comprendere meglio la classificazione delle molecole biologiche dobbiamo prima parlare del principio di polimerizzazione: tutte le molecole presenti nel nostro organismo possono essere ridotte a delle subunità: zuccheri, amminoacidi, acidi grassi e nucleotidi. La polimerizzazione di queste, porta alla formazione di omopolimeri/ eteropolimeri, in ordine: polisaccaridi, proteine, membrane/lipidi/terpeni e infine gli acidi nucleici. I CARBOIDRATI I poli-idrossialdeidi o poli-idrossichetoni sono costituiti da monosaccaridi base che hanno come formula bruta generale: (CH2O)n Inoltre, è importante evidenziare che gli atomi che costituiscono i monosaccaridi sono: carbonio, idrogeno e ossigeno, che rappresentano i costituenti delle macromolecole biologiche. Un esempio è il glucosio =C6H12O6 con n=6. Da un punto di vista biologico, i carboidrati sono fondamentali in quanto sono le principali molecole che funzionano da “carburante” per il metabolismo energetico; infatti, prendendo ancora in considerazione il glucosio diremo che, grazie all’ossigeno e all’insieme di reazioni chimiche, viene scisso in H2O e CO2 con la produzione di energia. Nonostante, però, a livello cellulare i carboidrati rappresentino una bassa percentuale e cioè solo circa il 2% del peso secco totale di una cellula; sulla crosta terrestre sono le macromolecole più abbondanti (grazie alla cellulosa che è presente nella parete della cellula vegetale). PRINCIPALI FUNZIONI BIOLOGICHE DEI GLUCIDI: 1. Sono le molecole combustibili più importanti per gli organismi. 2. Hanno una funzione strutturale (es. cellulosa, chitina). 3. Partecipano alla formazione delle strutture che permettono la comunicazione intercellulare. Inoltre, i carboidrati si stanno rivalutando molto, basti pensare al codice di informazioni che i carboidrati hanno quando si parla di glicocalice, ovvero la struttura più esterna della membrana cellulare caratterizzata da glicoproteine e i carboidrati si assemblano in un determinato modo in modo tale da fungere da antigeni specifici. 4. Partecipano alla formazione delle molecole informazionali (DNA e RNA). 5. Hanno un’importate funzione antigenica, formando la MEC (matrice extra cellulare). I MONOSACCARDI I monosaccaridi sono gli zuccheri più semplici, sono facilmente solubili in acqua e vengono divisi in aldosi e chetosi, a seconda del gruppo funzionale che li caratterizza: i primi dal gruppo aldeidico - COH, mentre i secondi dal gruppo chetonico =CO. Tra gli aldosi abbiamo: la gliceraldeide, il ribosio ed il glucosio, invece tra i chetosi: il diidrossiacetone, il ribulosio ed il fruttosio. In generale, la numerazione di una molecola di un carboidrato viene assegnata agli atomi di carbonio in modo tale che i carboni aldeidici e chetonici abbiano il numero più basso. Aggiungere immagini monosaccaridi Numerazione CHIRALITA’: Si parla anche di chiralità, dove molte molecole biologiche, a seconda di come sono strutturate nello spazio, si distinguono in: destrogiri e levogiri; ma è importante evidenziare che solamente una delle due classi di una stessa molecola è quella biologicamente funzionante. Un esempio è, nel caso degli amminoacidi, la levodopa che viene utilizzata come farmaco solamente nella forma levogira. Un altro esempio è il polimero dell’α glucosio che è facilmente digeribile negli animali, mentre il polimero del β glucosio, al contrario, non è digeribile dagli animali proprio per la diversa disposizione nello spazio del residuo idrossidico che, prendendo in considerazione la gliceraldeide, è posta alla destra della molecola nel caso della D- gliceraldeide e a sinistra nel caso della L-gliceraldeide. Questo perché ci sono degli enzimi specifici che riescono ad aggredire una sola forma. AGGIUNGERE IMMAGINI ENANTIOMERIA Reazione di ciclizzazione (in soluzione acquosa) Il gruppo aldeidico/chetonico tende a reagire con un gruppo alcolico secondario (gruppo ossidrile) più lontano da esso (all’interno della stessa molecola), per far si che la molecola monosaccarida ciclizzi = con la formazione di un anello Piranoso (5C nell’anello = esagono) o Furanoso (4C nell’anello = pentagono ); il ribosio ha una struttura furanosica. AGGIUNGERE IMMAGINI AGGIUNGERE IMMAGINE LEGAME GLICO I monosaccaridi possono interagire tra di loro per formare i polisaccaridi e ciò avviene tramite la formazione del legame glicosidico che si verrà a formare grazie alla reazione di condensazione: due molecole di acqua permettendo la formazione del legame Oglucosidico; ma ciò avviene anche quando un gruppo -OH si lega con il gruppo -NH di un’ammina biologica per formare il legame N-glucosidico con la formazione di nucleosidi, che sono i precursori dei nucleotidi. I monosaccaridi si trovano spesso sotto forma di esteri fosforici (all’interno della cellula per far si che questo non possa essere riportato al di fuori di essa dallo stesso trasportatore che l’ha fatto “entrare”). Il legame tra due monosaccaridi prende il nome di O-glicosidico ( 2 gruppi ossidrilici condensano eliminando una molecola di H O) Dall’unione di due monosaccaridi si formano i disaccaridi e tra i più importanti a livello biologico si hanno: il maltosio, il lattosio ed il saccarosio. Glucosio + glucosio=maltosio Glucosio + galattosio=lattosio Glucosio + fruttosio=saccarosio Nei nucleosidi si formano dei legami tra zucchero e base azotata chiamati N-glicosidici (per la presenza di azoto), come al solito avvengono per condensazione e con espulsione di una molecola di HO) Gli zuccheri, però, possono interagire anche con altre sostanze e in molti, infatti, si associano con il gruppo fosfato. Il glucosio, ad esempio, una volta che entra all’interno della cellula, attraverso il meccanismo di trasporto della membrana cellulare, viene immediatamente sequestrato all’interno della cellula mediante la formazione del glucosio 6-fosfato. Il glucosio, quindi, va ad interagire con un gruppo fosfato in modo tale che lo stesso trasportatore che ne ha permesso l’ingresso, non ne permetterà l’uscita. Il legame che si viene a formare è l’estere che avviene tra: un gruppo -OH del monosaccaride e il gruppo -POH dell’acido fosforico. I polisaccaridi ( a catena lunga ) e gli oligosaccaridi ( a catena corta ) possono essere lineari o ramificati, di riserva o strutturali, animali o vegetali. Sono la forma più presente all’interno della cellula, in quanto si preferiscono per lo stoccaggio, rispetto ai monosaccaridi, per diminuire la pressione osmotica. Tra i più famosi: • Amido: Riserva/Vegetali/formato da amilosio (lineare) e amilopectina (ramificata) • Glicogeno: Riserva/Animali/formato da glucosio ramificato. • Cellulosa: Struttura/Vegetali/formata da glucosio lineare/forma legami H tra due catene sovrapposte. • Chitina: Struttura/Animale/formata da glucosio e azoto (legami beta) AGGIUNGERE IMMAGINI I glicidi si combinano con altre macromolecole (es. Lipidi Glicolipidi), o ancora con le proteine, formando le glicoproteine come le Gonadotropine (FSH, LH, HCG) • alpha1-1(trealosio) • alpha1-2(saccarosio) • alpha1-4(maltosio) • beta1-4(lattosio/cellobiosio) • alpha1-6(amidoeglicogeno) Gli acidi grassi, oltre ad andare a costituire i lipidi più semplici, possono anche andare a esterificare la molecola di glicerolo però con una complessità di livello superiore cioè il fosfolipide tipicamente è costituito dal glicerolo che è esterificato in due gruppi OH da altrettante molecole di acido grasso e da un gruppo OH esterificato dal gruppo fosfato quindi da una molecola di acido fosforico. È una caratteristica molto importante rispetto ai trigliceridi perché se i trigliceridi sono tipicamente delle molecole apolari, nel caso dei Fosfolipidi distinguiamo una testa polare che è quella porzione in cui è presente il gruppo fosfato che a pH fisiologico perde dei protoni e quindi contribuisce all’acidificazione, e una lunga coda apolare costituita invece dagli acidi grassi. Quando siamo in presenza di molecole che presentano caratteristiche sia di polarità che di apolarità le molecole vengono definite anfipatiche. Il gruppo fosfato in alcuni fosfolipidi viene addizionato di ulteriori gruppi funzionali per andare a formare poi vari fosfolipidi. Ricordiamoci che i fosfolipidi sono i principali componenti delle membrane cellulari. Le molecole di fosfolipide possono combinarsi a formare due foglietti che sono caratteristici della membrana cellulare e anche di molecole di interesse proprio biotecnologico, quindi si formano delle micelle che permettono di isolare un ambiente idrofilico a loro interno perché le code apolari interagiscono opponendosi una rispetto all’altra tra di loro mentre le teste idrofile sporgono all’interno o all’esterno della micella, quindi prendendo contatto con l’ambiente esterno che può essere ad esempio una soluzione acquosa e all’interno permette di mantenere un’ambiente idrofilico in cui per esempio possono essere dissolti alcuni farmaci, quindi le micelle possono veicolare dei farmaci. Sfingolipide Un caso particolare di fosfolipide è lo sfingolipide, che è caratterizzato dalla esterificazione da parte degli acidi grassi non di una molecola di glicerolo bensì di una molecola di sfingosina che a sua volta può poi combinarsi, similmente a come abbiamo visto il gruppo fosfato, con altre molecole. Il capostipite è la sfingosina vera e propria. Gli sfingofosfolipidi sono particolarmente abbondanti a livello delle membrane cellulari delle cellule nervose; basti pensare alla sfingomielina che è il componente principale della mielina, che è quel lipide che avvolge l’assone dei neuroni e che permette all’impulso nervoso di essere saltatorio. Steroidi Rappresentano il terzo gruppo, tra cui troviamo il colesterolo. Il colesterolo è una molecola che ormai è anche prodotta artificialmente grazie all’utilizzo delle biotecnologie, ma è una sostanza presente naturalmente nel nostro organismo e a seconda delle molecole di lipoproteine a bassa o alta densità può arrecare un beneficio o un danno nell’organismo; in generale è molto importante perché è il costituente principale insieme ai fosfolipidi delle membrane cellulari. Quando parliamo di membrana cellulare sono 3 le componenti più importanti: gruppo lipidico (costituito dai fosfolipidi e dal colesterolo), gruppo proteico (che permette la comunicazione principalmente della membrana e quindi della cellula con l’ambiente esterno o interno) e gruppo dei glucidi ( che fa parte principalmente del glicocalice, quindi è la parte più esterna della membrana). Altre molecole importanti sono: • il cortisone, il cortisolo e il corticosterone, anche queste prodotte normalmente e naturalmente dalla ghiandola surrenale e hanno una funzione principalmente antinfiammatoria; • gli acidi biliari, implicati nel processo di digestione; • il gruppo degli ormoni sessuali (ovvero estrogeni, progestinici e testosterone). Da un punto di vista strutturale tutte queste molecole sono tutte caratterizzate da questa combinazione di anelli idrocarburici esatomici e pentatomici che nel complesso vanno a costituire lo scheletro del cosiddetto ciclopentanoperidrofenantrene. Questa è la struttura base, poi a seconda dei pathway, delle vie metaboliche che permettono la produzione dell’una o dell’altra molecola, viene arricchito in altri gruppi funzionali. In particolare il colesterolo, oltre a presentare questa struttura esatomica e pentatomica, è caratterizzato da un’ulteriore coda idrocarburica e da un gruppo idrossilico OH che ne determina, anche in questo caso, il comportamento anfipatico; quindi anche il colesterolo è una molecola anfipatica, perché è caratterizzata da un grosso corpo idrofobico e da una piccola testa idrofilica. Il colesterolo e il fosfolipide si interfacciano benissimo tra di loro a livello di una membrana biologica. Infatti il colesterolo tipicamente si frappone tra due fosfolipidi, andando a interagire attraverso il gruppo OH con la testa idrofilica del fosfolipide e attraverso il corpo di quella struttura con la coda idrofobica del fosfolipide. L’importanza biologica del colesterolo all’interno di una membrana è quella di regolarne la fluidità. Questo è un concetto molto importante perché le membrane biologiche devono rimanere sempre ad uno stato semifluido; se sono troppo compatte, troppo rigide, non permetterebbero la comunicazione intercellulare attraverso gli spazi che vengono a formarsi tra i fosfolipidi e se viceversa sono troppo lasse si ha talvolta perdita del materiale per la cellula e quindi la cellula sia nell’uno che nell’altro caso andrebbe incontro a morte. Il colesterolo a livello del flusso ematico viene trasportato grazie al legame con le proteine a bassa o alta densità. In particolar modo le LDL tipicamente sono quelle proteine che trasportano il colesterolo dal luogo di sintesi verso la periferia e sono queste che poi infatti vanno ad accumularsi eventualmente a livello dell’endotelio vascolare producendo le placche aterosclerotiche; viceversa le HDL tendono a ridurre la deposizione del colesterolo nell’ambito delle placche aterosclerotiche perché trasportano il colesterolo dalla periferia alla sede di catabolizzazione poi del colesterolo stesso, che tipicamente è il fegato. Quindi le HDL hanno un compito di ripulire le placche aterosclerotiche, mentre le LDL viceversa no. Da questo punto di vista c’è un interessante connubio con il consumo di acidi grassi omega3 cosiddetti (quelli che si trovano per esempio arricchiti nel salmone), che sembra (ma ancora la via metabolica non è chiaramente studiata) determinare un incremento della produzione delle proteine HDL; quindi l’ingestione di questi acidi omega3 ha un effetto benefico sull’organismo. Questo discorso vale anche per gli omega6, ma in entrambi i casi la via che determina questo arricchimento in HDL non è ancora ben chiara, non si è compreso ancora quali sia l’innesco, lo stimolo che porta a quest’incremento della produzione di HDL. Altri steroidi sono gli ormoni sessuali. La struttura molecolare è identica, cambiano alcuni dei gruppi chimici che sono collegati con lo scheletro della molecola stessa. Le caratteristiche chimico-fisiche degli amminoacidi determinano nel complesso la struttura di una proteina. L’emoglobina per esempio ha la sua capacità di legare l’ossigeno grazie alla sua composizione idrofobica a livello della quale si alloca il gruppo eme che permette i legami con l’ossigeno. Altrettanto le proteine delle membrane cellulari, ad esempio, sono costituite da porzioni apolari nelle regioni di contatto con le code idrofobiche dei fosfolipidi, mentre da porzioni polari nelle regioni di contatto con l’ambiente extracellulare o intracellulare. Gli aminoacidi si distinguono in essenziali e non essenziali. Quelli essenziali non sono sintetizzabili dal nostro organismo e devono essere assunti con la dieta esterna, in quanto non riusciamo a produrne un quantitativo sufficiente per soddisfare le esigenze delle proteine che costituiscono il nostro organismo. (TreoninaMetionina-Lisina-Valina-Leucina- Isoleucina-Istidina-Fenilalanina-Triptofano). Le proteine possono essere costituite solamente da aminoacidi (proteine semplici), o da aminoacidi che si legano a gruppi prostetici di natura non amminoacidica (proteine coniugate). Un tipico esempio di gruppo prostetico è il gruppo eme dell’emoglobina, che contiene il ferro. Ci sono poi altre proteine coniugate, dette apoproteine, prive di gruppo prostetico. Per tutte le molecole biologiche, ma a maggior ragione per le proteine, è fondamentale il connubio STRUTTURA- FUNZIONE. Il semplice susseguirsi degli amminoacidi di per sé non determina la funzione di una proteina. Perché la proteina svolga la sua funzione gli amminoacidi devono assumere nello spazio una conformazione tale da far sì che la proteina acquisisca una sua struttura tridimensionale, a cui si arriva attraverso degli step. Dalla struttura primaria (il semplice susseguirsi della catena di aminoacidi) si arriva alla struttura secondaria (primo riavvolgimento in strutture α-elica e β-foglietto) e grazie a delle proteine, le chaperonine, si passa alla struttura terziaria, e infine, nel caso di proteine multimeriche costituite da più polipeptidi, si arriva alla struttura quaternaria. RICORDA! Il polipeptide (più di 50 aa.) è un insieme di aminoacidi più lungo, gli oligopeptidi (da 2 a 50 residui aa.) invece sono un insieme di aminoacidi numericamente minore e che quindi formano proteine più corte. La proteina può essere costituita da un solo polipeptide (monomerica), o da più polipeptidi legai tra loro da legami non covalenti (multimerica). STRUTTURA PRIMARIA E LEGAME PEPTIDICO: Due amminoacidi si legano formando un legame di natura estere attraverso una reazione di condensazione (con eliminazione di una molecola di H2O) che avviene tra il gruppo carbossilico -COOH di un aa. ed il gruppo aminico -NH2 del successivo aa. Questo particolare legame estere prende il nome di legame peptidico. Quando il legame si viene a formare tra due aminoacidi si ha la formazione di un dipeptide. Ogni proteina è caratterizzata dall’avere un gruppo ammino-terminale in un estremo, mentre in quello opposto il gruppo carbossi-terminale. Ogni proteina ha quindi una sua polarità che va dall’ammino-terminale al carbossi- terminale. [Importante ricordare questo dettaglio per la traduzione ribosomiale, dove viene rispecchiata la polarità dell’RNA]. La struttura primaria, quindi, è caratterizzata esclusivamente da legami covalenti, e si può distinguere un’ossatura costante (successione dei legami peptidici), e una porzione variabile rappresentata dai gruppi “R” che si alternano. I legami peptidici (N-C) sono piuttosto rigidi, mentre i legami a C – N e a C – C sono flessibili. STRUTTURA SECONDARIA (legami covalenti e idrogeno): α-elica e β-foglietto. Intervengono i legami ad idrogeno, legami deboli che si formano quando un atomo di idrogeno si mette a ponte tra due atomi più elettronegativi (due ossigeni, due ossigeni e un azoto e così via). Questi due schemi, perciò, derivano dalla formazione di legami idrogeno tra i gruppi N-H e C=O dell’ossatura polipeptidica, senza coinvolgere le catene laterali. In una proteina si possono alternare strutture secondarie di diverso tipo. Possono a loro volta combinarsi formando le strutture super-secondarie, strutture complesse molto importanti dal punto di vista biologico, in quanto costituiscono il motivo di una proteina. Prendiamo come esempio l’Helix-turn-Helix (HTH) Motif. Costituito da un’α-elica collegata ad un’altra α-elica tramite una regione non strutturata, ovvero strutture primarie, che rappresentano il semplice susseguirsi degli aminoacidi. Ciò dal punto di vista biologico è importante in quanto i motivi rappresentano le regioni della proteina che per esempio possono prendere contatto con il DNA e che consentono alle proteine di iniziare a leggere l’informazione contenuta nel DNA. Esistono altri motivi come Leucine Zipper o Zinc Finger. Mantenere queste conformazioni è importante anche da un punto di vista patologico: è stato visto come in diversi tumori si ha un’abbondanza di proteine non strutturate, che perdono la loro funzione. STRUTTURA TERZIARIA (legami covalenti, idrogeno, interazioni idrofobiche, di Van Der Waals e ponti salini): Più strutture secondarie determinano la struttura tridimensionale, essenziale per la bioinformatica, in seguito al folding (avvolgimento), dovuto alla formazione oltre che di legami a idrogeno anche di interazioni di Van der Waals. In alcuni casi si possono formare anche legami intramolecolari, i ponti disolfuro, che avvengono quando due cisteine si affrontano all’interno della stessa catena polipeptidica. Tipicamente in una struttura tridimensionale si vengono a definire i domini proteici, regioni della proteina in grado di fare folding autonomamente. Questo processo di folding determina la conformazione più stabile della proteina, quella in cui l’energia libera è minima. L’attività biologica di un proteina è messa a rischio da modifiche postraduzionali della proteina. Questi domini strutturali, perciò, rappresentano le regioni della proteina più critiche, come ad esempio il sito attivo di un enzima, dove avviene la catalisi enzimatica. Un dominio in genere consta dai 40 ai 350 aa. Questo concetto si associa strettamente all’evoluzione dei genomi. RICORDA! Il dogma centrale della biologia → DNA -> RNA -> PROTEINE Le proteine rappresentano quindi quello che è già scritto in alcuni tratti di DNA, e vi sono tratti di DNA codificanti (esoni), e tratti non codificanti (introni). Un dominio proteico è una porzione della proteina codificata da un solo esone. Un esone quindi è in grado normalmente di tradurre il dominio di una proteina. Più esoni vanno a costituire più domini di una proteina. Esiste un processo evolutivo, l’exon shuffling (rimescolamento degli esoni), vuol dire che la quantità degli esoni non è enorme e vi sono dei moduli che si ripetono. A seconda di come si combinano questi moduli si ha la formazione di una proteina anziché un’altra. Molte grandi proteine, infatti, si sono evolute per unione di domini preesistenti che si sono combinati in modi differenti. L’evoluzione del genoma ha infatti permesso di risparmiare (non si è dovuto inventare nulla di particolarmente diverso), ma si è avuto un incremento del numero di proteine a seconda del rimescolamento degli esoni, che in termini proteici corrisponde ad un rimescolamento dei domini. Spesso quindi un esone, tratto codificante, è in grado di tradurre autonomamente una porzione di aminoacidi che sono in grado di fare un folding autonomo, creando un dominio proteico ! Ricapitolando, la posizione di ciascun aminoacido all’interno della sequenza ne determina la forma tridimensionale. Quindi la forma che la proteina assume dipende dalla sequenza di aminoacidi che costituiscono la proteina. Conoscendo ipoteticamente la sequenza del DNA, si può conoscere la sequenza primaria della proteina. STRUTTURA QUATERNARIA (proteine multimeriche come l’emoglobina): legata alle strutture terziarie delle singole componenti che la costituiscono. Spesso le proteine constano di più subunità peptidiche (ciascuna già ripiegata nella sua struttura 3d) che interagiscono tra loro tramite legami non covalenti (legami h ed interazioni idrofobiche principalmente) a formare un’unica struttura funzionale: la proteina avente struttura quaternaria. es.:proteina emoglobina ACIDI NUCLEICI Gli acidi nucleici sono l’ultima classe di macromolecole biologiche di nostro interesse. Gli acidi nucleici come sono costituiti principalmente da DNA e da RNA in senso stretto, ovviamente il DNA e l’RNA sono dei polimeri anche in questo caso ritorniamo al concetto di macromolecola biologica e i monomeri da che cosa sono costituiti, dai nucleotidi. Sicuramente l’acido nucleico per eccellenza è il DNA, per la prima volta venne identificato sotto il nome di nucleina una sostanza presente nel pus di alcune ferite, che fondamentalmente era il DNA, ora sappiamo che sono i globuli bianchi, è stata scoperta da Friedrich Miescher, è stata chiamata nucleina poiché è presente abbondantemente nel nucleo di queste cellule. La storia da allora si è evoluta in maniera notevole e si sono fatti diversi esperimenti che non misero ancora del tutto a fuoco che in effetti poi era il DNA in materiale genetico per eccellenza, perché già chimicamente si iniziava a conoscere quelli che poi furono definiti gli acidi nucleici sono costituiti principalmente dall’alternanza solamente di 4 nucleotidi, ma perché venivano prese molto più in considerazione le proteine, le proteine essendo costituite da 20 monomeri diversi avevano più capacità di combinarsi in modo diverso e quindi si pensava che il materiale genetico fosse. Le cose iniziano a cambiare quando nel 1998 furono fatti degli esperimenti da Frederiks Field su delle cavie di laboratorio che vennero trattate con lo pneumococco streptococcus pneumoniae che è un batterio che determina la polmonite che è presente sotto 2 diversi ceppi. Un ceppo più patogeno che è caratterizzato da una capsula, quando parleremo delle cellule procarioti la vedremo meglio. È una struttura esterna di rivestimento di natura glicoproteica che permette al batterio di non essere attaccato dal sistema immunitario. Questo batterio, questo ceppo, è quello più patogeno. Quando le cavie venivano iniettate con questo ceppo batterico andavo incontro a morte. Viceversa l’altro ceppo il cosiddetto R è un ceppo batterico che non è in grado di costruire la capsula esterna e quindi è più facilmente attaccabile dal sistema immunitario e di conseguenza è meno letale. Le cavie iniettate con i batteria tipo R sopravvivono. L’esperimento in che cosa consiste te nell’aver innanzitutto questi 2 controlli: Queste 2 cavie che morirono con il ceppo S e cavie che sono invece sopravvissute con il ceppo R. Poi fece un altro esperimento in cui inietto nelle cavie, batteri di tipo S vivi e di tipo R morti. Sicuramente la cavia moriva. La cosa strana è successa quando la cavia veniva iniettata contemporaneamente con batteri S morti e batteri R vivi. In questo caso che cosa ci sarebbe aspettati? Che la cavia sopravvivesse, perché ovviamente se c’è erano i ceppi S morti e quelli R vivi doveva sopravvivere. In realtà però queste cavie andarono incontro a morte Quando poi furono fatte delle autopsie si verifico la presenza di batteri S vivi, allora che cosa evidentemente era successo? Era successo che c’erano 2 ipotesi o la resurrezione dei batteri S che erano stati uccisi, oppure un qualcosa che avesse trasformato i batteri R vivi in batteri S. Ed è questo che in effetti avvenne, diciamo fu dimostrato in questo esperimento e venne identificato quello che venne definito il principio trasformante, principio trasformante che allora gli scienziati non si sapevano spiegare, non riuscivano a comprendere, pensavano si trattassi di una proteina, un fattore di natura proteica per ciò che abbiamo detto prima. In realtà fu solamente nel 1944 che grazie agli esperimenti di Avel Mc Cloud e Mc Carty, si identificò il principio trasformante come l’acido desossiribonucleotidico. Questo perché vennero fatti diversi trattamenti di queste sostanze isolate, con delle proteasi (enzimi che inibiscono e degradano le proteine), ma la trasformazione continuava ad avvenire, quindi automaticamente si confermò che non erano le proteine a determinare la trasformazione in quell’esperimento. Poi furono utilizzati degli enzimi specifici per la degradazione degli acidi nucleici, in particolar modo dell’RNA e la trasformazione continuava ad avvenire e quindi l’unico elemento rimasto era il DNA, difatti quando il DNA veniva inibito la trasformazione non avveniva ed ecco quindi che venne definito il principio trasformante. DNA quindi ricollegandoci, siamo passati alla nucleina fino ad arrivare a questi esperimenti e questo che ha presente il materiale genetico per eccellenza e quindi l’acido nucleico per eccellenza. Nel 1953 poi venne definito attraverso gli esperimenti effettuati da Watson and Crick, la struttura del DNA, in realtà anche la prima fotografia che venne fatta della prima risoluzione dell’ ?? A raggi x, venne fatta da Rosalind Franklin, però per vari motivi non riuscì ad ottenere il premio Nobel, di cui però furono insigniti Watson and Crick. STRUTTURA DEL DNA La struttura è come dire nella sua semplicità è quasi sconvolgente perché ci si aspetterebbe che il materiale genetico fosse chissà che cosa, in realtà si tratta di una doppia elica, costituita da due polinucleotidi, che si affrontano in maniera antiparallela uno rispetto all’altro e che sono legati tra di loro da legami ad idrogeno. In particolar modo l’unità di base dell’acido nucleico in generale è il nucleotide, che cos’è il nucleotide? L’abbiamo definito parlando dei carboidrati, se vi ricordate parlando dei carboidrati abbiamo definito il nucleoside (base azotata e zucchero (ribosio-desossiribosio)) quindi parliamo di zuccheri con struttura piranosica, la differenza tra il desossiribosio e il ribosio è determinata da questo gruppo legato al carbonio 2’, in particolar modo il gruppo legato al carbonio 2’ nel caso del desossiribosio è un idrogeno, nel caso del ribosio è un gruppo ossidrile(OH-). Questa differenza, tra i due zuccheri, è critica perché il gruppo OH è un gruppo che è molto più reattivo chimicamente rispetto all’idrogeno, tant’è che l’RNA che si basa su una costituzione ribonucleotidica è una molecola molto più instabile rispetto al DNA, molto più instabile perché è molto più facilmente attaccabile dalle specie reattivi dell’ossigeno, dagli enzimi che sono le ribonucleasi e così via, innanzitutto in generale la struttura di un nucleotide, riallacciandoci alla definizione di nucleoside è un nucleoside fosfato, quindi un nucleoside in cui si attacca un gruppo fosfato al carbonio 5’ del nucleoside e questo gruppo fosfato determina la caratteristica di acidità del nucleotide, gli acidi nucleici sono appunto delle sostanze acide perché posseggono questo gruppo fosfato che viene deprotonato a pH fisiologico e quindi nel nucleo si ha tipicamente un ambiente acido. Perché vi dicevo questa differenza risulta essere molto importante? Perché la vita su questo pianeta si pensa inizialmente sia nata come forme di RNA, l’RNA che inizialmente era in grado anche di auto replicarsi, alcune forme di RNA ad attività enzimatica, sono tutt’oggi presenti nelle nostre cellule, i cosiddetti ribozimi e quindi la vita si è iniziata ad innescare con questa molecola più semplice per certi aspetti che rappresentava il materiale genetico, a poco a poco nel corso dell’evoluzione, gli organismi viventi hanno pensato che era più logico conservare in una molecola più stabile, il DNA, il materiale genetico e si è passati da una vita basata sull’RNA ad una vita basata sul DNA. Per definizione abbiamo detto che tutti gli organismi hanno un genoma di DNA. Questo nucleotide è l’unità di base del DNA o dell’RNA, degli acidi nucleici in generale, ma anche da soli i nucleotidi possono svolgere delle funzioni biologiche importanti, come l’ATP (l’adenosina trifosfato), che come sapete è il materiale energetico per definizione presente all’interno di una cellula che viene a determinarsi a seguito di processi di glicolisi e fosfolirazione ossidativa, l’ATP è una adenosina trifosfato, quindi è un nucleoside dell’adenina (la base azotata) a cui si legano tre gruppi fosfato, normalmente tutti i precursori dei nucleotidi sono dei nucleosidi trifosfato, quindi l’ATP e il precursore dell’AMP, il GTP è il precursore del GMP, il CTP è il precursore del CMP , il TTP è il precursore del TNP. Ricordiamoci infatti che le basi azotate che vanno a costituire il nucleoside possono essere di due tipologie, puriniche, l’adenina e la guanina o pirimidiniche, la timina e la citosina(oppure uracile al posto di timina nell’RNA). Queste basi azotate vanno poi a interfacciarsi l’una con l’altra in modo tale che in un caso di struttura a doppia elica, quindi questi due polinucleotidi che si affrontano tra di loro, vi sia una complementarietà tra queste basi in modo tale che l’adenina leghi la timina, attraverso due legami idrogeno o viceversa e la citosina leghi adenina o viceversa attraverso tre legami ad idrogeno, anche in questo il legame ad idrogeno è un legame debole, ma nella complessità in media le molecole di DNA che costituiscono il cromosomi umani sono nell’ordine di 150-200Mb, quindi parliamo di milioni di nucleotidi che si uniscono e chiaramente rendono la struttura del DNA molto resistente e molto stabile. Una cosa molto importante è la polarità, similmente a come vi è detto nelle proteine, nelle proteine abbiamo parlato di una polarità amino terminale carbossiterminale, nel caso degli acidi nucleici parliamo di una polarità 5’ 3’, che cosa vuol dire questa polarità 5’ 3,’ vuol dire che a livello del 5’ di una catena polipeptidica di un estremità 5’, 5’ intendiamo il carbonio 5’ del ribosio o del desossiribosio, sarà collegato ad un gruppo fosfato libero mentre all’estremità 3’, cioè carbonio 3’ del desossiribosio o del ribosio troveremo un estremità 3’ OH libera, ovviamente decorrendo anti parallelamente avremo una catena polinucleotidica che decorrerà in posizione 3’ 5’ e l’altra che decorrerà dal basso verso l’alto in posizione 5’ 3’ e regola generale leggere le sequenze degli acidi nucleici sempre seguendo la direzione 5’ 3’. Anche durante l’evento di polimerizzazione del DNA, quando parleremo della duplicazione del DNA, altrettanto per la sintesi dell’RNA sono tutti dei processi che avvengono secondo questo andamento quindi seguendo questa polarità. Queste due catene polinucleotidiche si avvolgono l’una rispetto all’altra a formare una struttura ad elica di un diametro di 2nn e un passo d’elica, cioè completa un giro di 360 gradi, ogni 3,4 nanometri, cioè ogni 3,4 miliardesimi di metro. La carica netta è una carica netta negativa, perché i gruppi fosfato che sporgono all’esterno di questo scheletro polinucleotidico, a pH fisiologico determinano la liberazione di protoni e quindi è un ph acido quello che ritroviamo tipicamente al livello del nucleo cellulare. Ovviamente il DNA rappresenta solo un aspetto della medaglia, l’altra classe importante è costituita dagli RNA ed è qui che chiaramente si gioca tutta la variabilità fenotipica che riscontriamo sia a livello cellulare che a livello di organismi, gli RNA a parte del ribosio al posto del deossiribosio dell’uracile al posto della timina, sono normalmente caratterizzate molecole mono filamentose, quindi da un solo polinucleotide, sono di più corte di dimensioni rispetto al DNA e sono delle molecole più instabili, all’interno della classe di RNA troviamo una miriade di diversi tipologie di RNA, dagli RNA ribosomiali agli RNA messaggeri , agli RNA transfer, ai piccoli RNA e i piccoli RNA tra cui i micro RNA, ognuno di queste svolge un ruolo molto importante per la regolazione dell’espressione genica nella cellula. DOGMA CENTRALE: DNA  RNA  PROTEINE IL CROMOSOMA È una struttura molto compatta, visibile in metafase e raggiunge un livello di compattamento della cromatina di circa 1400nm. Ha un braccio corto (P) e uno lungo (Q), è dicromatico dopo la fase S in cui si è duplicato il DNA (fatto da due cromatidi fratelli) e monocromatidico dopo la divisione cellulare (fase M). Corredo cromosomico umano: 46 cromosomi ma 23 coppie: 2 copie per ciascuno. Di questi, 22 sono autosomi e 1 è sessuale: XX femmina, XY maschio. Tutte le nostre cellule sono diploidi (46 cromosomi) tranne le cellule gonadiche che hanno un corredo cromosomico aploide (23cromosomi). (Aploidia è un cromosoma rappresentativo per ogni coppia; Diploidia è l’intera coppia.) Il cariotipo di una cellula eucariota è dato dal numero e dalla morfologia dei suoi cromosomi. Come fare l’analisi del cariotipo? 1. Prelievo 2. Coltura 3. Fitoemoagglutinina 4. Dopo 3 giorni, aggiungere la colchicina per bloccare i cromosomi in metafase mitotica 5. Aggiungere una soluzione ipotonica, così che la cellula scoppi 6. Spalmare il risultato su un vetrino 7. Aggiungere tripsina 8. Fare i bandeggi G (colorazione di Giemsa, mette in risalto le zone ricche di G e C) Si fa per mettere a confronto il cariotipo sospetto con un cariotipo sano. Adesso si fa con dei software (CGH-ray o sequenziamento massivo) , anche molto precisi fino ai singoli nucleotidi, per individuare una sospetta malattia. Colorazione di Fish: colorazione con delle sonde che ibridano dei tratti del DNA e, attraverso la fluorescenza, possiamo evidenziare il tratto come come “malato” o meno. Progetto G(enoma): I cromosomi sono specie-specifici, infatti elementi della stessa specie hanno lo stesso numero di cromosomi. La quantità di DNA(cromosomi) presente nelle cellule di un organismo, non è correlata all’evoluzione della specie. Sono poi i meccanismi di traduzione e trascrizione che interessano l’evoluzione. Ci sono organismi tipo il rattus norvegicus che sono molto simili all’homo sapiens e per questo vengono adoperati per studi e sperimentazioni in ambito anche biotecnologico. Il paradosso si spiega perché solamente 1,2 % del genoma è poi utilizzato per tradurre proteine. Organizzazione cellulare Teoria cellulare di Virchow, Schleiden e Schwann (1850): 1. Tutti gli organismi sono fatti di cellule. (una o più) 2. La cellula è l’unità funzionale più piccola tipica della vita 3. Ogni cellula proviene da una cellula preesistente, si moltiplica e divide formandone altre. Ma le cellule sono parecchio differenziate all’interno dello stesso organismo. Esempio: • L’epatocita ha un grande REL per i grassi; • Le cellule pancreatiche hanno un grande RER per poter sintetizzare enzimi e ormoni proteici quali insulina e glucagone. Di conseguenza, ogni cellula si differenzia in base al ruolo che deve svolgere. Tutte hanno in comune: • membrana • citoplasma • materiale genetico IMMAGINE SCALA DI GRANDEZZE Se si raddoppia il diametro di una cellula, il suo volume diventerà 8 volte maggiore, mentre la superficie aumenterà di appena 4 volte. VOLUME DELLA CELLULA = CONTIENE TUTTE LE SOSTANZE NECESSARIE PER FAR AVVENIRE LE REAZIONI BIOCHIMICHE ALL’INTERNO DELLA STESSA CELLULA. SUPERFICIE DELLA CELLULA = CONSENTE LO SCAMBIO DI SOSTANZE TRA AMBIENTE EST. ED INT. E VICEVERSA. CONCLUSIONE: LE CELLULE DEVONO MANTENERE LE DIMENSIONI DEL LORO DIAMETRO ENTRO UN CERTO LIMITE, ALTRIMENTI CI SAREBBE UNA ECCESSIVA DISCREPANZA TRA SUPERFICIE (QUANTITA’ DI SOSTANZE CHE POSSONO SCAMBIARSI) E VOLUME ((QUANTITA’ DI REAZIONI BIOCHIMICHE CHE POSSONO SVOLGERSI)! Scoperte fatte con la microscopia: I microscopi ottici con fasci luminosi permettono di vedere fino al micrometro. Quelli elettronici utilizzano dei fasci di elettroni per unità subcellulari come la membrana. Perchè le cellule sono così piccole? Sono sitemi aperti e devono interagire con l’ambiente, se aumento il volume della cellula sarebbe troppa la superficie che può ricevere e cedere all’ambiente. Questo rapporto è l’optimum per garantire i corretti scambi tra cellula e ambiente. EUCARIOTI LA MEMBRANA CELLULARE ha il compito di: • isolare l’ambiente intracellulare da quello extracellulare (grazie alla natura lipidica della membrana); • permettere la comunicazione tra questi AGGIUNGERE FOTO MEMBRANA Il modello più rappresentativo della membrana cellulare è il modello a mosaico fluido, in cui c’è una componente lipidica abbastanza dinamica, all’interno della quale si intercalano una componente proteica e una glucidica. Le cellule eucariote sono compartimentalizzate, molto più complesse dei procarioti consistono in un sistema di endomembrane che racchiudono organelli specializzati. Queste sono proprie di diversi regni: • Protisti (unicellulari) • Piante • Funghi • Animali La struttura generale della cellula eucariota consiste nella membrana cellulare, il citoplasma con i diversi organelli e il nucleo. Nei vegetali è presente la parete cellulare, costituita da cellulosa, che serve a sostenere la cellula. 1. La prima ipotesi riguardo la struttura lipidica della membrana si ebbe intorno alla fine del 1800, grazie ad Overton, quando fu osservato che le sostanze lipofile attraversavano facilmente la membrana a differenza di quelle idrofile. 2. Nei primi anni del 1900, lo scienziato Langnuir ipotizzò che la membrana cellulare fosse costituita da un monostrato lipidico dopo aver compreso la sua natura anfipatica. 3. Successivamente, Gorter e Grendel compresero che la membrana cellulare fosse costituita da un doppio strato fosfolipidico (BILAYER FOSFOLIPIDICO). 4. Nel 1935 Davson e Danielli compresero che nel doppio strato fosfolipidico della membrana cellulare fossero presenti anche delle proteine. 5. Nel 1960, Robertson visualizzò per la prima volta la membrana attraverso il microscopio elettronico. 6. Infine, nel 1972, Singer e Nicolson definirono il MODELLO A MOSAICO FLUIDO della membrana cellulare, il quale prevede che le proteine di membrana si muovano nel doppio strato fosfolipidico. Questo modello permise di evidenziare la DISTRIBUZIONE ASIMMETRICA DEI FOSFOLIPIDI E DEI GLICOLIPIDI, fosfoadenilserina e fosfoadenilcolina. Il foglietto esterno e interno sono diversi tra di loro, quindi ci sono alcuni lipidi presente sul primo foglietto e non sull’altro e viceversa. L’elemento di asimmetria più importante è quello che riguarda i glicolipidi, che sono sempre e solo presenti sul foglietto esterno, non esistono glicolipidi che sono disposti verso il citosol (solo rivolti verso l’ambiente extracellulare). COMPONENTE LIPIDICA della MEMBRANA: I più comuni fosfolipidi di membrana sono: fosfatidilserina, fosfatidietaliammina, fosfatidilinositolo e la fosfatidilcolina. I fosfolipidi delle membrane cellulari si muovono attraverso movimenti laterali, di rotazione oppure, più raramente, movimenti di flip flop, ovvero quando i fosfolipidi passano da un emistrato ad un altro. Il movimento di flip-flop è dovuto agli enzimi FLIPPASI. • La FOSFATIDILSERINA, che normalmente si trova in percentuale maggiore sull'emistrato interno della membrana plasmatica, durante il processo di apoptosi (morte cellulare programmata) la fosfatidilserina viene esposta, ad opera di flippasi, sul foglietto esterno della membrana plasmatica provocando il riconoscimento della cellula da parte dei fagociti e la sua successiva eliminazione. • Gli SFINGOLIPIDI sono presenti principalmente nella membrana cellulare delle cellule nervose. Tra questi, i CEREBROSIDI e i GANGLIOSIDI sono particolari sfingolipidi arricchiti da residui, come l’acido sialico, e sono particolarmente abbondanti nelle membrane cellulari delle cellule nervose animali. Si distinguono due tipologie di zattere lipidiche: • i RAFT NON INVAGINATI: sono indistinguibili microscopicamente dal resto della membrana • le CAVEOLE: si presentano morfologicamente come invaginazioni della membrana cellulare. In queste è possibile ritrovare importanti recettori anche a livello virologico: ACE2 . Esempio di raft lipidico coinvolto nell’infezione da HIV: Da tempo è noto che diversi virus utilizzano i raft lipidici per infettare la cellula ospite. Il virus dell’HIV, ad esempio, ingloba i raft lipidici della cellula bersaglio nel suo envelope ed utilizza i raft in almeno quattro eventi chiave del suo ciclo vitale: (I) il passaggio attraverso la mucosa dell’ospite; (II) l’ingresso nella cellula bersaglio; (III) la modifica dei sistemi di trasduzione del segnale della cellula ospite, che determinano la capacità infettiva del virus e il rilascio delle nuove particelle virali; (IV) la dispersione attraverso il sistema vascolare dell’ospite. Nella prima fase l’HIV si lega al glicosfingolipide galattosilceramide (GalCer) presente sulla superficie apicale delle cellule della mucosa epiteliale e successivamente per transcitosi attraversa l’epitelio per essere poi rilasciato sul versante basolaterale, in cui potrà entrare in contatto con le cellule bersaglio. È stato dimostrato che l’alterazione della struttura dei raft della porzione apicale delle cellule della mucosa epiteliale blocca la transcitosi del virus. Anche i coronaviridae, e in particolare il SARS-CoV2, presentano dei recettori specifici a livello delle caveole che permettono al virus di essere internalizzato all’interno della cellula. Il recettore ACE2 è uno di questi recettori, coinvolto proprio nell’internalizzazione della particella SARS-CoV2. Il movimento dei fosfolipidi all’interno della membrana è stato dimostrato attraverso un esperimento: sono state fuse attraverso il trattamento con il virus Sendai una cellula umana con una cellula di topo e sono state esposte ad anticorpi fluorescenti contro proteine di membrana tipiche del topo e tipiche dell’uomo ed è stato osservato inizialmente che le proteine di membrana del topo erano ben distinte da quelle dell’uomo, ma già dopo 5 minuti le proteine delle due diverse cellule si erano mescolate ad indice del fatto che i fosfolipidi si erano mossi. Nella membrana plasmatica sono presenti zone in cui la concentrazione di colesterolo, sfingolipidi e particolari proteine di membrana è più alta, dette ZATTERE (rafts) LIPIDICHE, che funzionano: • da zattere di trasporto di componenti di membrana • da piattaforme specializzate per la trasduzione di segnali intracellulari (zone in cui c’è maggiore comunicazione tra l’ambiente interno e l’ambiente esterno) • Influiscono sulla polarità cellulare. (Alcuni microrganismi patogeni, sia virus che batteri, si legano preferenzialmente ai rafts). Anche i lipidi di membrana sono coinvolti in meccanismi dell’infiammazione attraverso l’attivazione delle vie delle ciclossigenasi e degli eicosanoidi. COMPONENTE PROTEICA della MEMBRANA: Le proteine delle membrane cellulari, secondo questo modello, si differenziano in • PROTEINE PERIFERICHE • PROTEINE INTEGRALI o TRANSMEMBRANA (costituite in buona parte da amminoacidi idrofobi e in minima parte, nelle regioni che vanno a contatto con l’esterno o l’interno della cellula, da amminoacidi idrofilici) • PROTEINE ANCORATE AI LIPIDI. COMPONENTE GLICIDICA della MEMBRANA: I glucidi di membrana (oligosaccaridi) si legano covalentemente sia a proteine (glicoproteine), sia a lipidi (glicolipidi). Le glicoproteine e i glicolipidi sono situati nel solo foglietto esterno, a contatto con ambiente extracellulare, e svolgono una funzione recettoriale, in particolare nei processi di adesione tra le cellule, oppure una funzione protettiva/ antigenica (GLICOCALICE batterico). RICONOSCE IL SELF DAL NON-SELF È stato osservato che gli oligosaccaridi, legati alle proteine o ai lipidi, hanno un codice specifico, ovvero presentano delle sequenze specifiche e recenti studi stanno cercando di capire come cambiano i glicidi in alcune condizioni patologiche. Reticolo endoplasmatico • Reticolo endoplasmatico liscio (REL): non presenta associazione con i ribosomi ed è tipicamente coinvolto nella sintesi dei lipidi. Cellule quali quelle del fegato o anche quelle del rene sono abbondantemente arricchite in reticolo endoplasmatico liscio. È infatti compito del REL anche detossificare l’organismo da anfetamine, barbiturici o anche agenti chimici come pesticidi e erbicidi, che vengono idrossilati a livello della membrana del reticolo endoplasmatico attraverso l’azione di enzimi idrossilasi (un esempio ne è il citocromo P-450 (CYT P-450), proteina complessa con Fe che grazie al NADPH riduce il substrato). Successivamente queste sostanze sono facilmente eliminate mediante le urine e più in generale mediante i fluidi biologici. Talvolta l’effetto degli stessi farmaci che poi devono essere eliminati, determinano un’ipertrofia del reticolo endoplasmatico liscio proprio perché deve contribuire allo smaltimento di queste sostanze. Il sistema endomembranoso si diparte dal nucleo ma poi continua con altre strutture citoplasmatiche molto importanti, tipicamente una di queste è il reticolo endoplasmatico. Il reticolo endoplasmatico è spesso in continuità fisica con il nucleo, quindi dall’involucro nucleare spesso si ha un continuum con questa struttura che è un’estesa rete di canali membranosi e vescicole chiamate cisterne, ogni singola cisterna è racchiusa da un’unica membrana. Il reticolo può essere di due tipi: • Reticolo endoplasmatico rugoso (RER): così chiamato per la presenza di ribosomi visibile al microscopio, svolge il compito di sintetizzare proteine, in particolar modo proteine di secrezione. Cellule come ad esempio le cellule endocrine del pancreas, all’interno delle isole di Langherans (α o β pancreatiche), producono rispettivamente il glucagone, un ormone iperglicemizzante, e l’insulina, un ormone ipoglicemizzante, presentano degli estesi RER proprio perché hanno un’attività secretoria molto accentuata. Le proteine poi secrete dal reticolo endoplasmatico rugoso, normalmente subiscono, prima di passare all’esterno della cellule o in generale di formare strutture quali in glicocalice, delle importanti modifiche post-traduzionali all’interno dell’apparato del Golgi. I ribosomi liberi nel citoplasma agiscono anch’essi ovviamente come macchinari fondamentali per la sintesi delle proteine, ma principalmente di quelle destinate a rimanere all’interno della cellula. Nelle cellule muscolari il reticolo endoplasmatico liscio svolge delle importanti funzioni, in questo caso prende il nome di reticolo sarcoplasmatico ed è importante per l’accumulo e l’eventuale rilascio di calcio, che è fondamentale nei meccanismi di contrazione muscolare. È implicato anche nel metabolismo dei carboidrati. Il glucosio, infatti, entra immediatamente a far parte della via glicolitica ed eventualmente, nel caso di metabolismo aerobio, del ciclo degli acidi tricarbossilici. Quando però il glucosio entra all’interno della cellula, viene trasformato in glucosio-6-fosfato da una chinasi, quest’ultimo non riesce più ad uscire dalla cellula. A livello del reticolo endoplasmatico liscio sono presenti degli enzimi, come la glucosio-6- fosfatasi, che ha il compito di defosforilare il glucosio-6-fosfato trasformandolo in glucosio normale, che quindi può essere trasportato al di fuori della cellula. Nel caso del fegato, questa fosfatasi svolge un ruolo fondamentale perchè nelle cellule epatiche si accumula il glicogeno che sappiamo essere un’importante riserva energetica per gli animali. Nel momento in cui è necessario avere un rilascio di glucosio, avviene la cosiddetta glicogenolisi, ovvero la lisi del glicogeno, il quale viene scisso nelle singole subunità. Ribosomi Un’altra caratteristica dei ribosomi è che le loro componenti, maggiore e minore, vengono definite sulla base del coefficiente svedberg (S) che indica la sedimentazione di una particella all’interno di un gradiente di densità dopo ultracentrifugazione. Normalmente lo svedberg è correlato con la dimensione della particella, ma anche con la forma della particella stessa, ecco che si spiega perché la componente globale del ribosoma già completamente assemblato, ha il valore che non è esattamente la somma algebrica delle due singole componenti, perché a quest’ora avremmo dovuto trovare un ribosoma 80S a livello delle cellule procariotiche e un ribosoma 100S a livello delle cellule eucariotiche. Sono dei complessi sopramolecolari costituiti da un insieme di rRNA e proteine. I ribosomi si distinguono in: • Ribosomi eucariotici: sono normalmente di dimensioni più grandi e constano di una subunità maggiore e una subunità minore che siassemblano durante la sintesi delle proteine. • Ribosomi procariotici Mitocondri La membrana interna, all’interno della quale abbiamo la matrice mitocondriale, si invagina per andare a formare le creste mitocondriali. I mitocondri si trovano in tutte le cellule eucariotiche Nei vegetali, in associazione al mitocondrio, troviamo un altro organulo molto importante per il metabolismo energetico: il cloroplasto. Durante la respirazione cellulare succede che le molecole “carburante”, quali i glucidi, principalmente, ma anche i lipidi, sono degradati in CO2 e H2O con un rilascio di energia che, per circa il 43%, viene catturata dalle molecole di ATP e per la restante parte viene dissipata sotto forma di calore. Questo rendimento é di gran lunga il più alto in percentuale esistente poichè, nella migliore delle ipotesi, le macchine costruite dall’uomo hanno un’efficienza non superiore al 20-30%. Il tutto avviene grazie ad un innesto che è dato dall’ossigeno, il quale permette di bruciare questo carburante, il glucosio, per realizzare la respirazione cellulare, che prende il nome di ossidazione del glucosio appunto. La struttura della doppia membrana del mitocondrio è differente a seconda che si tratti di membrana esterna o di membrana interna, infatti: • La membrana esterna contiene delle porine e permette una comunicazione con l’ambiente esterno in maniera quasi del tutto paragonabile alla membrana plasmatica. • La membrana interna è impermeabile alla maggior parte degli ioni e delle molecole, è priva di colesterolo ed è costituita da particolari fosfolipidi che prendono il nome di cardiolipine. È quindi una membrana particolare che in qualche modo richiama le membrane dei batteri ed è proprio per questo che si ritiene che il mitocondrio abbia avuto origine grazie alla simbiosi tra una cellula eucariotica primordiale e un batterio aerobio. Sono degli organuli che a livello procariotico, per ovvi motivi, non esistono e sono sostituiti dai mesosomi, invaginazioni di membrana, che richiamano le creste mitocondriali, al livello dei quali sono presenti degli enzimi che simulano più o meno quello che succede nel mitocondrio durante la fosforilazione ossidativa e la respirazione cellulare. Nel caso delle cellule eucariotiche, la respirazione cellulare avviene all’interno di questi organuli tipicamente costituiti da una doppia membrana, una esterna e una interna, tra le quali intercorre il cosiddetto spazio o compartimento intermembrana. Un’altra caratteristica dei mitocondri è quella di possedere del materiale genetico: sono gli unici organuli, insieme con i cloroplasti, che contengono DNA al loro interno, altra prova a favore di quella che è la teoria dell'embodiment. Questo materiale genetico si trova ormalmente sotto forma di un unico cromosoma circolare di 16,5 Kb, ovvero 16.500 nucleotidi, quindi un genoma piuttosto piccolo se confrontato con il genoma nucleare che nella nostra specie è di circa 3 miliardi di nucleotidi. Nel suo piccolo però sintetizza un buon numero di proteine che poi vengono sfruttate nell’ambito della costruzione del mitocondrio o di alcune funzioni che il mitocondrio deve svolgere all’interno della cellula. Autonomamente trascrive quindi i propri rRNA, tRNA e mRNA. Si pensa che inizialmente il genoma mitocondriale sia stato di dimensioni maggiori e che poi si sia andati incontro ad una perdita di segmenti di DNA, traslocati a livello del nucleo. Tutti i mitocondri sono in grado di autoreplicarsi. I lisosomi sono cosi importanti che qualora alcuni enzimi idrolitici non vengano correttamente sintetizzati o funzionino male, determinano le cosiddette malattie di accumulo lisosomiale come per esempio la Tay-Sachs (malattia a carico del sistema nervoso centrale), la malattia di Gaucher (determina epatosplenomegalia e erosione ossea). Patologie respiratorie causate dall’inalazione di particelle di silice (silicosi) o asbesto (asbestosi) possono portare alla rottura dei lisosomi, causando il rilascio degli enzimi idrolitici che si accumuleranno fino a portare alla morte della cellula fagocitante, arrivando anche a fibrosi polmonare o pleurite e nei casi più gravi a tumori del polmone. Perossisomi Difetti a carico di enzimi dei perossimosi possono portare ad alcune patologie come: • Sindrome di Zellweger: malattia ereditaria. Si presentano privi di enzimi, pur essendo sintetizzati nel citosol non vengono trasportati all’interno degli organuli per un difetto di recettori o di qualche componente del sistema di trasporto. (anomalie neurologiche, visive e del fegato). • Adrenoleucodistrofia (ALD): malattia ereditaria. Dovuta alla mancata importazione di acidi grassi a catena lunga dentro i perossisomi che si accumulano nel sangue e nei tessuti. Nelle cellule nervose porta ad una distruzione della guaina mielinica ed alla alterazione degli impulsi nervosi. L'olio di Lorenzo è una miscela di trigliceridi monoinsaturi, usata nel trattamento dell'adrenoleucodistrofia per diluire la concentrazione, nel sangue e nei tessuti, dell'acido grasso saturo “cerotico”, altamente dannoso per la guaina mielinica. La miscela porta anche ad un aumento della concentrazione di un acido grasso insaturo la cui tossicità ancora non è ben conosciuta. La somministrazione della Un altro processo regolato dai lisosomi è l’autofagia, ovvero la rimozione di organelli difettosi (mitocondri che vanno in conto a invecchiamento e altri organelli intra-cellulari devono essere riciclati). Le dimensioni dei lisosomi sono variabili, da 1 a 25-50 μm di diametro ma, possono essere anche particolarmente grandi, come l’Acrosoma che si trova a livello della testa dello spermatozoo, ed è importante nei meccanismi di fecondazione della cellula uovo. Quando le strutture più esterne delle cellula uovo devono essere disgregate sono proprio gli enzimi idrolitici che vanno a digerire queste componenti proteiche, facilitando la penetrazione dello spermatozoo. I lisosomi intervengono quindi in processi di eterofagia e autofagia. Inoltre, macrofagi e neutrofili utilizzano i lisosomi per neutralizzare batteri o residui cellulari e in rarissimi casi sono coinvolti in processi di digestione extracellulare, come nel caso dell’acrosoma. Organuli presenti all’interno cellule eucariotiche dimensioni abbastanza piccole (0.5 μm), non è certa la loro origine ma si pensa ad un’origine endosimbiontica. Hanno la funzione di ossidare gli acidi grassi a lunga catena: contengono enzimi β-ossidasi. Sono abbondanti nel fegato e nei reni dove svolgono una funzione detossificante (alcol, formaldeide, fenoli, etc...) e si originano per scissione da perossisomi preesistenti, previa loro accrescimento (ciò fa pensare a origine endosimbiontica). I perossisomi collaborarono con mitocondri (e cloroplasti) nelle cellule vegetali per la fotorespirazione (assorbimento fotodipendente di o2 e rilascio di co2). miscela, in associazione a una dieta ipolipidica, ha mostrato "buoni risultati". Tuttavia, nonostante la normalizzazione dei livelli di acido cerotico, nell'arco di 4-6 settimane, la terapia con l'olio di Lorenzo non ha arrestato la regressione neurologica. Il nome deriva da quello di Lorenzo Odone, un bambino a cui i genitori, Augusto e Michaela, per primi somministrarono questa miscela, nell'ambito di un progetto di ricerca non ufficiale. Alla loro iniziativa si deve anche la fondazione del progetto mielina. Il citoscheletro Il citoscheletro consta principalmente di 3 tipologie di proteine: • Microtubuli: i monomeri coinvolti nella formazione di queste molecole proteiche sono α e β tubulina. Ogni monomero di tubulina lega una molecola di GTP che viene idrolizzata in seguito a polimerizzazione. In genere 13 protofilamenti si dispongono l’uno accanto all’altro per formare un cilindretto microtubulare. **La diapedesi è movimento dei globuli bianchi attraverso le membrane cellulari duranti eventi infettivi ed infiammatori. E’ l’insieme di filamenti e tubuli proteici interconnessi tra loro che si estendono nel citoplasma delle cellule eucariotiche. Delle componenti citoscheletriche simili sono state evidenziate anche a livello procariotico però in queste, essendoci la parete cellulare che conferisce una solida struttura alla cellula stessa, non è di fondamentale importanza. A livello eucariotico, delle mutazioni nel citoscheletro sono letali. Tipicamente si formano a partire dal centro della cellula irradiandosi verso la periferia. Sono molto importanti per: ◦ la formazione del fuso mitotico e a seguito di una loro depolimerizzazione si hanno i movimenti dei cromatidi fratelli perché migrano verso i poli opposti della cellula durante la mitosi. ◦ il movimento di molecole proteiche come kinesine e dineine, che sono dei trasportatori di sostanze all’interno della cellule. I microtubuli costituiscono le autostrade all’interno della cellula su cui si muovono queste proteine, con consumo di ATP, permettendo il trasferimento di sostanze da una regione a un’altra della cellula. Tipico esempio è il trasporto dei neurotrasmettitori lungo l’assone del neurone. Abbiamo vari tipi di proteine associate a microtubuli che si distinguono in: ◦ Dineina citoplasmatica: permette il movimento verso l’estremità negativa del microtubulo (movimento retrogrado) ◦ Dineina assonemale: attiva lo scorrimento dei microtubuli nel flagello. ◦ Kinesina: permette il movimento verso l’estremità positiva del microtubulo (movimento anterogrado). ◦ Miosina: associata all’actina, favorisce la contrazione muscolare. Ciglia e flagelli sono delle particolari strutture costituite da tubuli ◦ Ciglia: molteplici, corte, si muovono in movimenti coordinati per liberare l’epitelio respiratorio da sostanze tossiche. ◦ Flagello: unico, lungo, sottile e compie dei movimenti ondulatori. • Microfilamenti: Si determinano a seguito della polimerizzazione di G-actina. L’actina è una proteina, il cui monomero è chiamato G-actina, che va a polimerizzare, grazie all’idrolisi di una molecola di ATP in ADP, con altri monomeri di G-actina seguendo una traiettoria ben precisa di sintesi che porta alla formazione di filamenti di F-actina. • Filamenti intermedi: rappresentano la porzione più stabile del citoscheletro, consolidano la forma della cellula e si oppongono alle forze di trazione. Formano un gruppo eterogeneo di fibre costituito da subunità molecolari diverse. Vanno a costituire dapprima dei dimeri, dei tetrameri e dei protofilamenti che unendosi tra di loro vanno a costituire il filamento intermedio. Data la loro tessuto-specificità [le cheratine (cellule epiteliali), vimentina (tessuto connettivo), desmina (muscoli), neurofilamenti (neuroni)] sono importanti come strumento clinico-diagnostico. ◦ Sono responsabili del mantenimento e del cambiamento della forma della cellula. Se si considerano le cellule neoplastiche, è stato osservato che l’assetto del citoscheletro in termini di componenti microfilamentosi cambia rispetto alla controparte fisiologica e questo cambiamento si esplicita nella capacità che cellule tumorali hanno di penetrare nella matrice extracellulare e nel determinare la metastatizzazione. ◦ Resistono alla deformazione, alla tensione o alle forze di trazione; ◦ Trasmettono forza e limitano la diffusione degli organelli. ◦ Assieme ad altre proteine costituiscono il cortex, un reticolo al di sotto della membrana plasmatica che risulta così rinforzata. Le molecole di F-actina possono organizzarsi per formare delle strutture importanti quali: ◦ I lamellipodi →ampie strutture laminari ◦ I filopodi→ proiezioni nel citoplasma che permettono l’avanzamento delle cellule migranti ◦ Gli pseudopodi cellulari → estroflessioni della membrana plasmatica tipici delle cellule fagocitiche come macrofagi e cellule dendritiche. L’actina contribuisce al movimento in due modi: -Polimerizzando/depolimerizzando la rete di filamenti corticali al di sotto della membrana; -Estendendo filopodi, lamellipodi e pseudopodi. I virus possono essere:Caratteristiche delle cellule infettate sono invece: •La suscettibilità: una cellula è suscettibile all’infezione di un virus solo se ha i recettori specifici. Una cellula per esempio può essere permissiva ma non suscettibile e viceversa. In natura avviene la coinfezione tra citomegalovirus e HIV, il citomegalovirus apre le porte all’HIV, una cellula che non è suscettibile all’HIV, se preinfettata dal citomegalovirus, può diventarlo. •La permissività: capacità della cellula ormai infettata dal virus di far esprimere le caratteristiche del virus; CICLO REPLICATIVO DEI VIRUS 1. Riconoscimento del recettore cellulare, antirecettore o spike che si trova all’esterno del virus stesso. 2. Si ha la fusione della membrana con l’envelope qual ora presente o con la particella virale (virione) infettante. 3. Il virus viene rilasciato all’interno della cellula dove normalmente avviene una disgregazione del capside e la fuoriuscita dell’acido nucleico che può essere RNA o DNA. 4. L’acido nucleico entra nel nucleo della cellula e inizia a impossessarsi dell’apparato trascrizionale della cellula stessa. Vengono prodotti RNA messaggeri virali che, una volta reclutati i ribosomi cellulari, vengono tradotti in proteine virali, che vanno ad assemblarsi per formare i capsidi dentro cui si troverà l’acido nucleico del virus. 5. Quindi si avrà la fuoriuscita del virus per poter infettare o le stesse cellule se fuoriesce per gemmazione o altre cellule se fuoriesce per lisi (distruzione della cellula ospite). Per esempio il virus influenzale determina la lisi delle cellule dell’epitelio respiratorio, mentre il virus dell’HIV è gemmante. In alcuni casi il ciclo diventa litico e quindi determina la lisi dei globuli bianchi e si induce la cosiddetta immunodepressione della seconda fase virale. 1.specie-specifici: esiste un citomegalovirus murino e citomegalovirus umano e l’uno non va ad interferire con l’altro. I casi più gravi sono quelli dove si ha il cosiddetto spill-over, ovvero il passaggio del virus da una specie all’altra, a questo punto si perde la specie specificità del virus e si diventa più difficile controllare la trasmissione. 2. tessuto-specifici: ci sono virus ristretti che colpiscono solo alcuni organi, ad esempio l’HIV ha un tropismo per cellule della mucosa e del sistema immunitario. Per quanto riguarda i fagi ovvero i virus dei batteri, si ha: 1. l’adesione del virus che aderisce alla parete della cellula batterica attraverso le fibre proteiche, 2. l’iniezione del materiale genetico all’interno della cellula batterica, 3. inizia la sintesi degli RNA messaggeri fago-specifici e la replicazione del materiale genetico del fago 4. si assemblano le particelle virali che poi fuoriescono dalla cellula per iniziare nuovamente il ciclo virale. Può succedere che il genoma del fago piuttosto che essere disponibile subito all’interno della cellula vada ad inglobarsi con il genoma del batterio, seguendo la via lisogenica. Il genoma virale resterà incorporato all’interno del genoma batterico fin tanto che le condizioni esterne siano più favorevoli alla vita del batterio stesso e alla riproduzione, a questo punto il profago (genoma virale) si stacca dal cromosoma batterico e nuovamente si ha l’avvio del ciclo litico. Altre componenti infettive: I RETROVIRUS: sono gli unici virus diploidi, ovvero contengono il materiale genetico in doppia copia. Hanno l’RNA, hanno un’organizzazione genomica molto semplice, costano fondamentalmente di 3 geni: • gand; • pond; • end; e altri piccoli geni che aiutano l’attività del virus durante l’infezione. I 3 geni principali codificano per proteine implicate nella formazione del capside, proteine implicate nella retro trascrizione (retro trascrittasi) e per degli enzimi necessari per costruire le glicoproteine dell’envelope. Nel caso del virus dell’HIV: ◦ La membrana si fonde col capside ◦ Il virus entra all’interno della cellula ◦ Il capside si disgrega ◦ Il genoma virale viene retro trascritto in DNA ◦ Il DNA si integra nel genoma della cellula ospite ◦ Si inizia a produrre le proteine tipiche del retrovirus ◦ Il retrovirus esce dalla cellula e potrà rieseguire il ciclo. + I prioni: sono agenti infettivi di natura proteica normalmente presenti all’interno delle cellule nervose degli animali che a seguito di alterazioni strutturali e modifiche della loro struttura secondaria e terziaria vanno a determinare la formazione di una proteina prionica alterata che diventa “infettiva”, cioè quando interagisce con altre proteine prioniche determina un cambiamento conformazionale anche nelle altre, determinando una precipitazione di queste proteine alterate all’interno del neurone con conseguente neurodegenerazione. + I viroidi: sono costituiti solo da materiale genetico, sono principalmente particelle infettanti degli organismi vegetali. • la diffusione facilitata mediata da canali, si ha nel caso in cui debbano essere trasportati ioni secondo gradiente di concentrazione. I canali ionici si trovano sulla superficie di pressochè tutti i tipi cellulari e sono alla base dei processi fondamentali come la trasmissione dell'impulso nervoso, la trasduzione del segnale o in generale la regolazione dell'osmolarità cellulare. Trasportano solo ioni in maniera altamente selettiva e spesso e volentieri sono controllati, cioè si aprono e chiudono in relazione all’attivazione o meno di specifici recettori o di secondi messaggeri. Permettono per esempio il rilascio di ioni Ca2+ dal reticolo sarcoplasmatico nella cellula muscolare in seguito proprio a determinati stimoli. I canali sono sempre delle proteine ma la differenza con le permeasi o carrier è che al loro interno la composizione amminoacidica è tale che riconosce specificatamente alcuni ioni e permette quindi il passaggio solamente di alcuni ioni. TRASPORTO ATTIVO Il trasporto attivo: consuma ATP perché il movimento dei soluti deve avvenire contro gradiente di concentrazione. La cellula deve fare trasporto attivo per poter mantenere una osmolarità con l'ambiente esterno. Es. il bilayer fosfolipidico, che normalmente sul versante extracellulare è carico positivamente e sul versante intracellulare è carico negativamente, dopo la trasmissione di un impulso nervoso avrà un’inversione di polarità della membrana. Le pompe sono sempre di natura proteica quindi anche in questo caso abbiamo delle proteine simili ai carrier o ai canali ionici. Queste pompe atpasiche possono essere di quattro tipi: 1. P (es. pompa Na+/K+, pompa Ca+, pompe H+), 2. V, 3. F, 4. ABC, che trasporta sia ioni che molecole di piccole dimensioni (per esempio i chemioterapici). Quando si fa una chemioterapia durante una patologia neoplastica, il chemioterapico viene trasportato all'interno della cellula tumorale contro gradiente di concentrazione attraverso le pompe ABC. Ad un certo punto queste pompe nella cellula tumorale possono mutare ed espellono il farmaco più velocemente di quanto permettono l'ingresso del farmaco stesso (meccanismo di resistenza). Il trasporto attivo a sua volta si distingue in due tipologie: • trasporto attivo primario: consuma subito ATP, cioè viene primariamente consumato; • trasporto attivo secondario o indiretto: sfrutta il consumo di ATP che avviene durante il trasporto attivo primario per effettuare un trasporto sempre contro gradiente di concentrazione. Nel caso del trasporto attivo primario, le principali responsabili sono le cosiddette pompe atpasiche, cioè delle pompe che consumano ATP. LA POMPA NA+/K+ ATPASICA: consente il trasporto di 3 ioni Na+ verso l'esterno della cellula e di 2 ioni K+ verso l'interno, quindi influenza la differenza di cariche tra l'esterno e l'interno della cellula. Il foglietto più esterno della membrana è carico positivamente, quello più interno è carico negativamente. In entrambi i casi il trasporto avviene contro gradiente di concentrazione, ed è proprio delle cellule animali. L’oubaina, composto di origine vegetale, è nociva per le cellule animali perché blocca proprio il funzionamento della pompa sodio/potassio, fondamentale per mantenere questo gradiente di concentrazione, quindi mantenere vitale la cellula animale. Normalmente il sodio, per compensare questo squilibrio, tenderebbe a rientrare, spinto da un doppio gradiente: elettrico e chimico. Il trasporto attivo indiretto o secondario sfrutta proprio queste differenze di potenziale (gradiente di concentrazione) ottenute con consumo di ATP. Quindi il trasporto attivo di zuccheri,amminoacidi o altre molecole organiche contro gradiente di concentrazione, è spesso associato ad un cotrasporto (simporto o antiporto) con gli ioni sodio nel caso della pompa sodio-potassio o con ioni idrogeno nel caso di altri tipi di pompe. Ecco come avviene il funzionamento della pompa: 1. Steady state: è rivolta verso l'interno della cellula allo stato iniziale ed è affine a 3 ioni Na+, inseriti all'interno della pompa mediante consumo di ATP. 2. L’ATP viene fosforilato trasformandosi in ADP e un gruppo fosfato va a legare la pompa atpasica con conseguente fosforilazione della pompa, che cambia conformazione diventando meno affine agli ioni sodio che quindi vengono rilasciati all'esterno della cellula. 3. A questo punto all'esterno della cellula la pompa è più affine per i 2 ioni K+ che vengono inseriti all'interno della pompa, defosforilata rilasciando ioni potassio all'interno della cellula. E il ciclo può riiniziare. Si è così determinato un gradiente elettrico perché c’è una differenza di cariche elettriche tra esterno e interno della cellula, e un gradiente chimico perché si ha più concentrazione di sodio all’esterno piuttosto che all’ interno e più potassio all’interno. (Per questo si dice elettrogenica). Es. il simporto Na-C6H12O6 dal lume intestinale verso l'interno di una cellula intestinale è un trasporto attivo tipicamente secondario. Il sodio grazie all'attività della pompa sodio-potassio si trova maggiormente concentrato all'esterno della cellula. Se il glucosio deve entrare all'interno di una cellula contro gradiente di concentrazione, esso viene cotrasportato insieme al sodio all'interno della cellula contro gradiente di concentrazione. Nel lume intestinale si ha una quantità maggiore di glucosio rispetto all’ interno di una cellula, ma non da un punto di vista di concentrazione. A questo punto il glucosio si trova all'interno della cellula e deve poi passare all' enterocita, quindi dalla cellula intestinale deve essere distribuito al circolo ematico (i vasi sanguigni). Questo tipo di trasporto avviene secondo gradiente di concentrazione perché all'interno della cellula il glucosio è più concentrato rispetto al lume del vaso sanguigno e quindi in questo caso il trasporto avviene mediante una diffusione facilitata (trasporto passivo). Quando la cellula deve trasportare al suo interno molecole più grandi opera il processo di ENDOCITOSI. L’ENDOCITOSI può essere di tre tipi: La fossetta rivestita da clatrina determina un’invaginazione a livello della membrana cellulare e si ha l’internalizzazione di questa vescicola rivestita da clatrina. A questo punto si liberano i triskelion di clatrina (triskelion, che ricorda il simbolo della Sicilia) e si ha la fusione della vescicola con il lisosoma. Si ha quindi la degradazione della componente amminoacidica (apolipoproteina B) della lipoproteina LDL e la liberazione del colesterolo all’interno della cellula, che può essere usato per costruire o ripristinare parti di membrana della cellula richiedente colesterolo. L’ESOCITOSI: • FAGOCITOSI: nel caso in cui viene inglobata una particella solida in maniera aspecifica attraverso la formazione di pseudopodi. Alcune cellule, come i protisti o i globuli bianchi, possono far entrare un’intera particella all’interno di una vescicola, che prende il nome di ENDOSOMA, la quale successivamente si fonde con il lisosoma primario e vien digerita, andando a formare il lisosoma secondario (la funzione dei lisosomi è quella di attuare la fagocitosi oppure anche autofagia nel caso di digestione di organelli intracellulari). • PINOCITOSI: nel caso in cui vengono inglobati soluti dispersi all’interno di una soluzione mediante la formazione di vescicole più piccole. La pinocitosi, si attua, ad esempio quando i soluti del sangue devono passare all’interno dell’endotelio vascolare. • ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORI: in questo caso si ha il passaggio selettivo di molecole piuttosto grandi all’interno della cellula. È un processo specifico in cui un recettore, situato sulla superficie esterna della cellula, che mediante l’interazione con specifici ligandi, in prossimità di una regione della cellula che prende il nome di fossetta rivestita (regione della membrana cellula in cui è presente la proteina CLATRINA). Un esempio di endocitosi mediata da recettori è il trasporto delle LDL (low density lipoprotein), che permettono il trasporto di glucosio. Sono proteine abbastanza strutturate con una porzione amminoacidica (apolipoproteina B), all’interno della quale troviamo dei fosfolipidi che racchiudono al loro interno il colesterolo che deve essere trasportato. Le LDL trasportano tipicamente il colesterolo dalla sede di sintesi (il fegato) fino ad arrivare alla cellula bersaglio. Questo trasporto dal centro alla periferia, nel caso in cui non avvenga bene l’internalizzazione del colesterolo, fa accumulare il colesterolo nei vasi sanguigni, provocando la formazione delle placche aterosclerotiche. Normalmente la lipoproteina LDL, attraverso recettori specifici, viene riconosciuta dalla cellula dove deve essere internalizzata. È il meccanismo opposto dell’endocitosi. In questo caso si ha una vescicola (tipicamente prodotta dall’apparato del Golgi dopo modifiche post- traduzionali delle proteine prodotte del reticolo endoplasmatico rugoso), che viene veicolata all’esterno della cellula. La membrana della vescicola secretoria andrà a fondersi con la membrana plasmatica, rilasciando all’esterno le sostanze. Il genoma eucariotico è discontinuo, cioè alterna esoni e introni. I primi verranno tradotti in proteine, mentre gli introni verranno eliminati. Negli eucarioti la struttura del gene è molto più complessa: mentre nei procarioti, ad esempio la struttura rimane sempre la stessa, nel caso degli eucarioti distinguiamo tre diverse classi di geni con ciascuno dei promotori leggermente diversi. 1° classe → codificano per RNA ribosomiali 28s, 18s e 5.8s; 2° classe → trascrivono gli RNA messaggeri e anche altri RNA di natura regolatoria; 3° classe → codificano per RNA ribosomiali 5s e per RNA transfer ed RNA piccoli e nucleari prodotti nello SPLICING. Ciascuna di queste ha un promotore caratteristico riconosciuto da una specifica RNA polimerasi e cambia la sequenza sia in termini dell’elemento regolatorio e sia in termini di corpo di gene. • La sequenza regolatrice è più complessa rispetto a quella dei procarioti: ◦vi è una regione che si chiama CORE, in cui spesso, ma non sempre, è presente il TATA BOX, cioè una sequenza di DNA ricca in adenina e timina localizzata intorno a 25 nucleotidi a monte del nucleotide +1. Anche in questo caso si ha ADENINA E TIMINA che faciliterà l’apertura della doppia elica e quindi la trascrizione della sequenza. Poi abbiamo delle sequenze ancora più a monte che sono gli GC-BOX e i CAAT box, che sono sequenze che possono interagire con le proteine e che andranno a controllare l’espressione genica; un PROMOTORE DISTALE che spesso si trova anche migliaia o decine di migliaia di nucleotidi distanti dal nucleotide +1. TRASCRIZIONE DEL DNA La trascrizione è un passaggio dal linguaggio iniziale desossiribonucletidico (DNA) a quello ribonucleotidico (RNA). La differenza principale tra un desossiribonucleotide e un ribonucleotide è: 2. La presenza della base Uracile al posto della Timina Trascrittoma, similmente al proteoma e al genoma, è l’insieme di trascritti in un determinato momento, vale a dire il prodotto di RNA trascritto a partire dal DNA, all’interno di una cellula. Il trascrittoma a paragone del proteoma è un’entità molto dinamica, poiché cambia di continuo a seconda delle informazioni e contesti sia intra che extracellulari a cui la cellula va incontro. ** Se il Dna complessato con gli istoni si trova in una condizione eterocromatica, a monte già non possiamo parlare di trascrizione perché non può avvenire. Quindi parleremo di evento trascrizionale solo se troveremo il dna nello stato di eucromatina. Ricordiamoci che il passaggio dell’informazione avviene unidirezionalmente dal DNA al RNA ed eventualmente alle proteine. Il processo trascrizionale è altamente regolato, sia negli eucarioti che nei procarioti e due geni diversi all’interno di uno stesso genoma possono essere trascritti più o meno efficientemente. Nel caso di una buona efficienza di trascrizione, avrò prodotto più RNA e proteine. Il processo di trascrizione dell’RNA avverrà sempre secondo la polarità 5’>3’ e decorrendo antiparallelamente rispetto al filamento di DNA stampo. In tutto questo i vari nucleotidi verranno richiamati per complementarietà delle basi con il filamento stampo, esempio Timina-Adenina. 1. Lo zucchero di base del nucleoside (zucchero + base azotata). Nel caso del desossiribonucleotide, il desossiribosio presenta al livello del carbonio 2’ un legame con 1H, invece nel caso del ribonucleotide il ribosio ha un gruppo OH al livello del carbonio 2’. È proprio questo gruppo che nel corso del evoluzione ha sfavorito la conservazione dell’informazione genetica a livello del RNA favorendo quella a livello del DNA, poiché si tratta di una molecola più stabile e resistente. Vi sono tantissimi tipi di Rna, come: A. mRna che codifica per le proteine B. tRna e rRna che sono coinvolti nei meccanismi di traduzione quindi neL passaggio da RNA a proteina. C. snRna, snoRna, scRna e miRna, quest’ultimi implicati nella regolazione genica. La differenza nell’efficienza può essere influenzata da: • stato della cromatina • sequenza del promotore del gene che può leggermente variare e quindi determinare una migliore o peggiore attività trascrizionale • fenomeni come la sequenza di enhancers o silencers, che possono contribuire alla attivazione o spegnimento del trascritto stesso. Essendo il DNA una doppia elica, se conosciamo un filamento è possibile conoscere il secondo filamento che è antiparallelo e complementare. Immaginiamo di avere al posto del secondo filamento un RNA ed è proprio così che avviene il processo. L’RNA nascente che viene trascritto, si troverà in una posizione antiparallela rispetto al filamento stampo che ne permetterà la sintesi e sarà collegato con esso mediante legami idrogeno. I substrati utilizzati dall’enzima principale: l’RNA polimerasi (unica nel caso dei procarioti e differente nel caso degli eucarioti) sono: • I nucleosidi trifosfato (ATP, CTP, UTP e GTP). Ricordiamo il nucleoside è zucchero e basa azotata, in particolare i nucleosidi trifosfati sono fosforilati, cioè con 3 gruppi fosfato al livello del carbonio 5’, infatti ogni nucleotide ha una estremità 5’ fosfato e una estremità 3’ OH. È importante il fatto che i nucleosidi trifosfato siano i precursori, perché sia nella trascrizione che nella replicazione del dna, l’idrolisi di due gruppi fosfato a partire da questi nucleosidi trifosfato libererà l’energia che sarà sufficiente per portare avanti la polimerizzazione che è un processo tipicamente anabolico, cioè di sintesi e per avvenire necessita di energia. In generale il filamento che funge da stampo viene detto filamento senso, mentre l’altro filamento che avrà sequenza identica all’RNA di neosintesi, viene detto antisenso. Uno stesso filamento può essere sia senso che antisenso, mentre e la direzione di sintesi avverrà sempre secondo 5’>3’. L’RNA polimerasi permette la polimerizzazione dell’RNA e in generale vengono inseriti 20 nucleotidi per secondo negli eucarioti. L’RNA polimerasi può trascrivere lunghi tratti di DNA senza dissociarsi da esso, per questo si dice altamente processivo (La processività consiste nella possibilità che un enzima ha di procedere senza staccarsi dal substrato). Si muovono a bruco di geometride (si avvicinano le estremità carbossi e amminoterminale). Sebbene l’RNA polimerasi catalizzi la stessa reazione di una DNA polimerasi, vi sono alcune differenze importanti: • substrati, come abbiamo detto l’RNA polimerasi catalizza il legame tra ribonucleotidi; • l’RNA polimerasi può iniziare la sintesi senza un primer di innesco, cioè il primo ribonucleotide che viene ad essere incorporato. Di contro la DNA polimerasi prevede la necessità di un oligonucleotide d’innesco che permetta poi l’inizio della sintesi del DNA. • l’RNA polimerasi è un enzima molto più impreciso rispetto alla DNA polimerasi (che ha attività esonucleasica e si autocorregge), perché l’evoluzione ha fatto sì che ciò avvenisse? un errore in una molecola di RNA prodotta è sicuramente d’impatto ma è decisamente di impatto inferiore rispetto a un errore a livello del DNA. L’RNA è una molecola instabile e dopo un determinato periodo tempo viene degradata. Un errore di sequenza al livello del DNA rimane fissato per sempre e trasmesso alla cellule figlie della cellula in questione. Il nucleoside trifosfato va a legarsi per complementarietà delle basi al DNA stampo. Il DNA in realtà è a doppio filamento, quindi entrambi potenzialmente possono essere trascritti, l’importante è che qualunque filamento venga scelto ci sia il promotore!! Nei procarioti l'RNA polimerasi è unica, essa riesce a riconoscere i vari promotori e dare il via alla trascrizione, quindi nei procarioti c'è molta necessità di andare a reclutare RNA polimerasi (unica come tipologia, ma ne esistono più copie all’interno della cellula). L'RNA polimerasi nei procarioti può presentarsi sotto due forme: - Apoenzima, è una struttura dell'RNA polimerasi che prevede due subunità Ⲁ, due subunità β e una subunità β¹. Ma questa struttura apoenzimatica da sola non è in grado di riconoscere il promotore procarioti, perché si abbia una struttura completa è necessario che una quinta subunità , ovvero la subunità σ , vado a legare la regione promotore e quindi poi consentire l'inizio della trascrizione sottoforma di oloenzima (enzima completo). Nell'omogeneità strutturale dell'RNA polimerasi procariotiche, la subunità σ è l’unica che fa la differenza: esiste un pool di subunità σ all'interno della cellula procariotica che con piccole differenze permette di riconoscere un promotore anziché un altro. Ad ogni promotore, è associata una sequenza leggermente differente di nucleotidi, in base alla sequenza di nucleotidi del promotore si può avere un legame con una subunità σ anziché un’altra. La subunità σ che riconosce la maggior parte dei geni batterici è la subunità σ⁷⁰. - Oloenzima, l'unica forma attraverso la quale l'RNA polimerasi riesce a consentire l'inizio della trascrizione. Quando viene legato il promotore, i due filamenti di DNA devono separarsi fra di loro cosicché la RNA polimerasi potrà iniziare a reclutare i ribonucleotidi e a effettuare la trascrizione. Nel momento in cui, durante la fase di allungamento, vengono sintetizzati i primi nucleotidi la subunità σ, inizialmente fondamente, si stacca, e l’apoenzima può continuare da solo la fase di allungamento. Quando abbiamo parlato di primnor box, abbiamo parlato di una sequenza TATAAT che si trova a -10 nucleotidi e di una sequenza TTGACA che si trova a -35 che è una sequenza generale che prende il nome di sequenza con senso. Definiamo sequenza con senso, una sequenza derivata dalla comparazione di molte sequenze con una stessa funzione di base e che sono caratterizzate da uno stesso nucleotide in una stessa posizione. Se per esempio troviamo una timina, allora essa viene identificata come nucleotide specifico della sequenza con senso, però non vuol dire che nel 100% dei casi nella posizione -38 troverò una timina, questo per dire che nella maggior parte dei promotori troviamo queste sequenze con senso, però non è sempre cosı.̀ Anche nei batteri può succedere che si trovi una sequenza livello del promotore che è leggermente spostata ancora più a monte rispetto alla seconda sequenza -35 del primnor box, questa sequenza può essere riconosciuta da proteine che possono facilitare o inibire la trascrizione stessa, come delle sorte di enhancers e silencers però in ambito procariotico. L'ultima fase della trascrizione nei procarioti, è la terminazione e può essere di due tipi: ◊ Rho-indipendente ◊ Rho-dipendente La proteina Rho è una proteina esamerica costituita da sei subunità che si lega al Tilamento di DNA nascente andando ad inseguire Tisicamente la RNA polimerasi perché nel caso in cui a livello della regione di terminazione che è presente nel gene, quindi a livello del DNA, e che poi si va a trasferire come informazione a livello dell’RNA, vi è una sequenza che determina la formazione di una struttura a stem loop (a stelo e cerchio) che risulta essere particolarmente stabile, in quanto ricca in citosine e guanine, allora in questo caso una volta che l'RNA polimerasi può trascrivere questa struttura si blocca in automatico a causa della formazione di questa forcina. Allora in questo caso la terminazione della trascrizione viene detta Rho-indipendente, nel senso che la proteina Rho si lega al tratto di RNA nascente ma non opera una vera e propria attività , perché è già l’RNA polimerasi stessa a staccarsi dal trascritto nel momento in cui si viene a formare una struttura di questo tipo. Quindi, quando si ha un terminatore forte che va a determinare una struttura a stem loop ricca in guanina e citosina, si va a determinare una terminazione Rho-indipendente. Le sequenze a livello dello stelo normalmente, sono sequenze palindromiche, cioè sequenze che vengono lette nello stesso modo dal 5’ al 3’ o dal 3’ al 5’. Nel caso della terminazione Rho-dipendente succede che la sequenza di terminazione dell’RNA pur presentando una sequenza che determina la formazione di una forcina, quest'ultima è più instabile quindi ricca in adenina e timina (uracile). Questo tipo di struttura non riesce a bloccare l'attività dell'RNA polimerasi ma la rallenta solamente, rallentandola succede che il fattore Rho (che si muove sul Tilamento di RNA nascente) raggiunge l'RNA polimerasi determinando in questo caso lei e non la forcina un ingombro sterico tale da poter fare avvenire il rilascio dell’RNA polimerasi. LA TRASCRIZIONE NEGLI EUCARIOTI Il processo di trascrizione degli eucarioti, è più complesso rispetto a quello dei procarioti già in termini di quantità di RNA polimeri che vanno agire. Infatti, nel caso della trascrizione negli eucarioti, non esiste un'unica RNA polimerasi ma ne esistono tre diverse: • RNA polimerasi I, che agisce tipicamente a livello del nucleolo e che trascrive per alcuni RNA ribosomiali; • RNA polimerasi II, che agisce nel nucleoplasma ed è quella che classicamente trascrive per l’mRNA e altri tipi di RNA regolatori; • RNA polimerasi III, che agisce anch’essa nel nucleoplasma e trascrive per il tRNA, l’rRNA 5S ed altri RNA. In generale le RNA polimerasi non possono agire da sole ma devono essere collegate a fattori generali di trascrizione ed eventualmente, come avviene spesso negli eucarioti, a fattori specifici di trascrizione. Molti fattori di trascrizione (come avviene nei motivi strutturali delle proteine che legano il DNA, come per esempio l’helix-turn-helix o la cerniera di leucine, che lega il solco maggiore del DNA andando a creare dei dimeri di questa proteina che lega il DNA e lo riconosce) riescono a riconoscere il DNA STRUTTURA STEM LOOP attraverso un sito di riconoscimento con il DNA, e poi riescono anche ad attivare il meccanismo di trascrizione mediante l’interazione con l’RNA polimerasi. La RNA polimerasi II ha una struttura del tutto simile alla polimerasi batterica solo che è molto più grande, abbiamo 12 subunità contro le 5 subunità viste nella polimerasi batterica. Anche in questo caso si parla di sequenze con senso, la prima proteina fattori generali di trascrizione che si associa normalmente al DNA è la proteina TBP. TBP sta per tatabox binding protein (proteina legante il tatabox). Questa proteina lega la sequenza con senso del tatabox determinando quello che viene deTinito bending, cioè un ripiegamento della molecola di DNA. Questo è il primo step attraverso cui altri 8-12 fattori generali di trascrizione (GTF) vanno a legarsi con il TBP in una regione del tatabox, andando a formare un complesso multiproteico che prende il nome di TFIID. Quindi in generale negli eucarioti, il processo di riconoscimento del promotore core avviene mediante un iniziale contatto Tisico tra la proteina TBP e il tatabox, e alla proteina TBP si legano i fattori TAF andando a formare il complesso TFIID. Il ripiegamento della molecola di DNA (bending) è importante perché solo in questo modo altri fattori generali di trascrizione possono legarsi per andare a formare il complesso definito DAB, ovvero TFIID+TFIIA+TFIIB, questi fattori rappresentano una sorta di tappeto di molecole su cui potrà legarsi l’RNA polimerasi. L'RNA polimerasi inizialmente verrà bloccata da altri fattori di trascrizione e solamente quando il complesso e completo potrà avvenire una fosforilazione della regione carbossiterminale dell’RNA polimerasi che poi andrà a svolgere la sua funzione, cioè quella di reclutare ribonucleosidi trifosfato e iniziare la trascrizione vera e propria. IL PROCESSO DELLO SPLICING- Consiste tipicamente in una rimozione degli introni e un ricongiungimento degli esoni. Gli introni rappresentano due importanti aspetti: • essendo molto più grande degli esoni, rappresentano dei punti in cui le mutazioni possono accumularsi “dei punti di ristoro” dell'evoluzione, senza che venga intaccata la sequenza mutata; • Il secondo aspetto è dovuto al fatto che in un pseudocompattamento del genoma, All'interno degli introni possono trovarsi sequenze codificanti per altri RNA è il caso dei micro RNA intronici, esistono delle sequenze geniche contenuta all'interno degli introni e quindi come tali possono essere a loro volta trascritte, nell’ottica di un combattimento del genoma in caso eucariotico. Gli introni vengono rimossi attraverso lo splicing, questo processo si esplica attraverso delle reazioni transesterificazione, che vengono mediate da un complesso noto come spliceosoma, lo spliceosoma è un complesso ribonucleo-proteico in cui gli RNA sono i cosiddetti snRNA+ Proteine facenti parte dello spliceosoma; questo complesso tipicamente prende il nome snRNPs (snure). [Per Poter comprendere in che cosa consiste una reazione di transesterificazione è bene dire che normalmente esistono all'interno dell' introne delle sequenze consenso (sequenze che hanno un loro significato, che normalmente sono le stesse, ad eccezione di qualche piccola variazione, essi svolgono un significato biologico ben preciso) le più importanti vi sono: la prima che normalmente prevede una guanina l'estremità 3’ dell' esone, seguita dalla sequenza GU (guanina e uracile) come estremità 5’ dell’introne che deve essere rimosso, G= esone GU= primi due nucleotidi dell’introne. Questa sequenza normalmente è seguita nella porzione 3’ dell' introne da una sequenza AG (ultimi nucleotidi dell’introne) e guanina nuovamente, primo nucleotide dell' esone che deve può essere ricongiunto; spostato nella regione 3’ dell' introne, troviamo anche una sequenza poli pirimidinica In cui è presente un adenina A, che prende il nome di punto di ramificazione o branchpoint.] La prima reazione di transesterificazione prevede un attacco nucleofilo da parte dell’adenina del branchpoint a livello dell’estremità 3’ del primo esone che deve essere staccato dall' introne, a seguito di questa prima reazione, il primo esone si stacca momentaneamente dalla restante sequenza dell’RNA, il gruppo OH all’estremità 3’ che è stato rimosso, determina il secondo attacco nucleofilo a carico della sequenza AG che si trova all’estremità 3’ dell' introne, questo determina una rottura dell' introne e la riunificazione dei due esomeri. Il cappio/lariat finale o viene degradato oppure se contiene sequenze importanti viene lasciata e poi utilizzato per produrre diversi trascritti. All’interno dello spliceosoma esistono questi snRNA (small nuclear) che tipicamente vengono indicati dalla sigla U, perché sono ricchi in uracile; normalmente agiscono in maniera sequenziale per poter determinare la formazione dello spliceosoma. Normalmente è un processo ordinato, quindi prevede la rimozione ordinata degli introni, 1, 2, 3 e la ricongiunzione secondo un ordine prestabilito degli esoni, questo evento ordinato è dovuto a delle proteine che si legano in maniera sequenziale da un lato agli esoni e dall'altro lato gli introni, sono delle proteine che coadiuvano le attività dello spliceosoma, permettendo che il processo avvenga in maniera ordinata , tra queste proteine sono sicuramente da ricordare le proteine SR (sein rich- ricche in seina) che contribuiscono molto affinché avvenga questa sequenza lineare di rimozione degli introni. Talvolta quello che può avvenire e che biologicamente è molto rilevante è Il cosiddetto splicing alternativo che consiste nella ricongiunzione alternative dei vari esoni tra di loro, lo splicing alternativo in realtà può avvenire, oltre che attraverso una ricongiunzione che non segue in maniera lineare la sequenza degli esoni ( può essere che qualche esone venga rimosso e venga trattato come un introne) può avvenire attraverso il meccanismo della intron retention, cioè la ritenzione dell'introne. Sia che avvenga uno o che avvenga l’altro processo, quello che succede è che a partire da un unico pre-RNA (Da un unico trascritto non maturo), possono venire a generarci trascritti maturi diversi, con delle sequenze esoni/introni, differenti una dall'altra e quindi potenzialmente dare origine a delle proteine diverse (perché può cambiare completamente la cornice di lettura), questo processo di splicing alternativo, insieme con l'utilizzo dei promoters alternativi ed eventualmente con segnali di termini alternativi, possono produrre più trascritti a partire da un'unica informazione genetica. Questo processo dello splicing alternativo è stato dal punto di vista evolutivo molto importante perché ha permesso all'uomo di evolversi come tale rispetto ai primati, nonostante la condivisione di più del 90% del loro genoma, un grosso splicing alternativo è nei neuroni celebrali. Un esempio di splicing alternativo lo troviamo in un trascritto molto importante che è il VEGFA, un fattore di crescita dell’endotelio vascolare, molto importante per la costituzione dei vasi sanguigni che si presenta sotto due forme alternative, entrambi sono dei trascritti primari, solo che in un trascritto la maturazione prevedere la presenza di un esone 8 completo, che costa di una sequenza a e una b e un altro trascritto verrà maturata eliminando una parte dell'ultima esone, si avrà quindi un exon skipping parziale di questo esone. Il significato biologico di entrambi i trascritti è esattamente opposto l’uno rispetto all’altro i normalmente il fattore di crescita dell’endotelio vascolare deve fare angiogenesi, deve produrre nuovi vasi sanguigni, di questo solamente la variante che contiene l’esone 8 completo farà questa attività, l’altra variante avrà un’attività opposta, cioè inibirà la formazione dei vasi sanguigni. GENI DI III CLASSE Sono i geni codificanti l’RNA ribosomiale 5S, per vari snRNA (che sono gli RNA che intervengono nella formazione dello spliceosoma) e per i tRNA principalmente. La peculiarità di questi geni è che presentano dei promotori “interni”, quindi a valle rispetto al primo nucleotide trascritto, e anche in questo caso prima di iniziare a trascrivere la RNA polimerasi III necessita di fattori di trascrizione TF3 per il posizionamento all’interno del promotore e poi l’inizio della trascrizione. Per quanto riguarda i tRNA (RNA transfer), anche loro una volta che vengono trascritti normalmente vengono maturati. La maturazione dei tRNA fondamentalmente consiste nella eliminazione di alcune sequenze alle estremità 5’ (leader) e 3’ (trailer), in un’aggiunta al 3’ di una tripletta nucleotidica detta CCA (citosina-citosina-adenina), per cui tutti i tRNA termineranno nella sequenza 3’ con questa tripletta, e sarà quindi l’adenina di questa sequenza che contatterà l’amminoacido per il trasporto; alcuni tRNA presentano un piccolo introne che dovrà essere rimosso per produrre il tRNA maturo. Anche in questo caso il processo di maturazione avviene all’interno del nucleo. Quindi l’RNA transfer maturo avrà questa caratteristica forma cosiddetta a trifoglio, quando dista dalla sua bidimensionalità e le cui strutture più caratteristiche sono rappresentate dall’ansa dell’anticodone al livello della quale è presente la tripletta nucleotidica, che complementerrà con il codone per il riconoscimento e il trasporto di uno specifico amminoacido; l’estremità al 3’ che è sempre costante (CCA), e poi altre anse che caratterizzano diversi tipi di RNA transfer. Nella sua forma tridimensionale assume una forma a “L” rovesciata che è caratteristica del tRNA. In tutto questo abbiamo visto che nell’RNA totale solo il 4% è quello che andrà incontro a formazione di RNA messaggeri e il restante 96% darà vita a RNA non codificante proteine. Tra questi RNA non codificanti i più abbondanti sono gli RNA ribosomiali per la loro critica funzione nei meccanismi della traduzione, seguiti dai tRNA e poi da una serie di RNA a funzione regolatoria tra cui gli snRNA, snoRNA (che sono gli small nucleolar RNA, coinvolti nella produzione e maturazione degli RNA ribosomiali) e i microRNA (RNA a funzione regolatoria). Ovviamente questo 4% dei trascritti equivale a quel famoso 1,1% dell’intera sequenza genomica che poi verrà tradotta in proteine. LA DUPLICAZIONE DEL DNA La duplicazione del DNA è importante perché il DNA è il materiale genetico che deve essere trasmesso alle cellule figlie, quindi chiaramente prima che una cellula possa trasferire la sua informazione alle cellule figlie deve necessariamente duplicare il proprio materiale genetico. Ovviamente la duplicazione è un evento che, similmente a come abbiamo visto nel caso della trascrizione dell’RNA, dovrà prevedere una separazione dei due filamenti, ciascuno dei quali fungerà da stampo per un filamento di neo-sintesi. Questa ipotesi per cui, una volta nota la sequenza di un filamento, si sarebbe dedotta la sequenza del filamento opposto, è intrinseca alla struttura del DNA stesso. Questo meccanismo non è privo di errori, infatti durante la duplicazione del DNA possono essere inserite delle basi diverse rispetto a quelle previste dall’elica stampo e in questo caso, qualora queste basi inserite vengano fissate all'interno delle molecole DNA, si verranno a generare le mutazioni. Ovviamente la mutazione è un processo che non deve essere visto in maniera negativa, ma è un processo che può contribuire all'evoluzione dei geni e quindi anche all’evoluzione della specie. La duplicazione del DNA si va a inserire all'interno del flusso dell'informazione genetica e in particolar modo avviene durante una particolare fase del ciclo cellulare che prende il nome di fase S, fase di sintesi, appunto, del DNA. La fase S è una fase che rientra nella cosiddetta interfase cellulare ed è il momento in cui la cellula si accresce e duplica il proprio DNA e quindi si prepara alla fase successiva, che è la fase M, ovvero di divisione cellulare.  chiaramente nel caso in cui parliamo di organismi eucariotici, questa è la fase in cui si passa dai cromosomi monocromatidici ai cromosomi dicromatidici. La duplicazione è un evento tipicamente semiconservativo, ciò significa che ciascuna molecola di DNA nascente consterà di un filamento parentale e di un filamento di neo sintesi. La semiconservatività della duplicazione del DNA è venuta fuori grazie a degli esperimenti condotti da Meselson e Stahl, che hanno visto un’iniziale crescita (la generazione cosiddetta 1) di batteri in un terreno di coltura contenente azoto 15. (ci sono degli isotopi dell'azoto diversi: azoto 15 e azoto 14) Inizialmente, i batteri sono stati fatti crescere tutti in un terreno contenente azoto 15. Quando il DNA da questi batteri è stato estratto ed è stato poi immesso in un gradiente di ultracentrifugazione, veniva evidenziata un'unica banda compatibile con un azoto 15. A partire dalla seconda generazione è stato cambiato il mezzo di coltura, piuttosto che un mezzo di coltura contenente azoto 15, è stato inserito un mezzo di coltura contenente azoto 14. Anche in questo caso dopo un tot numero di ore, è stato estratto e ultra centrifugato il DNA e anche in questo caso è apparsa un'unica banda. Furono formulate tre ipotesi: la prima ipotesi di una replicazione conservativa, la seconda ipotesi di una replicazione semiconservativa e la terza ipotesi di una duplicazione dispersiva (alcuni tratti di DNA rimanevano parentali, altri di neo sintesi e così via). L’ipotesi conservativa fu rimossa perché, se l'evento fosse conservativo, tutti e due i filamenti che inizialmente si sono aperti per fungere da stampo poi si sarebbero riuniti a formare il DNA azoto 15 e poi i filamenti di neosintesi sarebbero stati azoto 14. Dunque ci saremmo aspettati due bande, una all'altezza dell' azoto 15 e una all'altezza dell’azoto 14. Il fatto di aver trovato una sola banda è già indicativo del fatto che il modello conservativo veniva escluso. Però rimanevano due possibili modelli. Si è giunti alla conclusione che il modello reale fosse quello conservativo attraverso una terza generazione di batteri, fatti crescere sempre in un terreno con azoto 14, è stato estratto il DNA e si è osservata la presenza di due bande, una equivalente a quella precedente (un miscuglio tra isotopi 15 e 14) e una, invece, contenente solamente azoto 14. Venne scartato di conseguenza il modello dispersivo, perché altrimenti avremmo visto solamente una banda, che sarebbe stata il miscuglio dell'azoto 15 e 14. La duplicazione avviene attraverso tre step: inizio, allungamento e fine. Durante la fase di inizio avviene la separazione dei due filamenti di DNA, in modo tale che in prossimità del punto di inizio intervengano delle proteine (ad attività enzimatica) per far sì che avvenga l'allungamento. La prima differenza importante rispetto alla trascrizione è che, affinchè avvenga l’inizio, è necessario un innesco, un primer che tipicamente è costituito da RNA. L’allungamento avviene secondo la direzione di sintesi 5’-3’, utilizzando da stampo l'uno o l'altro filamento di DNA. In seguito si avrà la terminazione che avverrà in maniera automatica, nel momento in cui finisce lo stampo. Il processo di duplicazione del DNA è un processo attivo, che quindi richiede un consumo di energia. Una parte di questa energia è già presente all'interno dei desossiribonucleosidi trifosfati, che rappresentano i precursori dei nucleotidi che verranno inseriti durante la fase di allungamento. Perché avvenga la duplicazione ovviamente è necessario il DNA stampo, che è rappresentato da ciascuno dei due filamenti, la DNA polimerasi, i precursori che sono i desossiribonucleosidi trifosfati e poi le altre proteine accessorie, come le elicasi, le topoisomerasi e le SSB. DNA POLIMERASI Esistono 5 tipi di DNA polimerasi, a livello dei procarioti, 7 tipi a livello degli eucarioti. IMPORTANTE: DNA polimerasi 3 procariotica, che è l'enzima principale nella duplicazione del DNA nei procarioti e DNA polimerasi  degli eucarioti. Attività esonucleasica: può essere in direzione 3’-5’, cioè opposta rispetto alla direzione di sintesi e questa è la cosiddetta attività di proofreading o correzione delle bozze; oppure può avvenire in direzione 5’-3’, nella stessa direzione di sintesi quando per esempio la DNA polimerasi deve scalzare i primer degli inneschi che si devono inserire all'inizio del processo di duplicazione. STEP DELLA DUPLICAZIONE *Normalmente quello che viene effettuato all'inizio è l'inserimento di questo primer di RNA, che presenta un’estremità 3’OH libera perché avvenga poi il processo di allungamento. Come prima cosa avviene la formazione della cosiddetta bolla di replicazione, vuol dire che ci sono delle elicasi (enzimi che hanno il compito di svolgere il doppio filamento) che, riconoscendo il punto di inizio della duplicazione, iniziano a separare il doppio filamento. Si vengono quindi a formare due forcelle di replicazione che agiscono in modo centrifugo, cioè all'esterno, andando una in direzione opposta rispetto all'altra. Queste forcelle di replicazione permetteranno la duplicazione di entrambi i filamenti del DNA. Vediamo cosa avviene più nel dettaglio: In ciascuno dei repliconi si ha un complesso DNA primasi/DNA polimerasi alpha, la primasi determina la formazione degli inneschi (primers), la polimerasi alpha determina la sintesi del DNA. Quindi viene sintetizzato l’innesco e un piccolo tratto di DNA. A questo punto il complesso DNA primasi/DNA polimerasi alpha dev’essere scalzato dalla DNA polimerasi delta, che è l’enzima principale della polimerizzazione nel caso degli eucarioti. Questo sloggiamento (che segna l’allungamento e quindi l’inizio della replicazione) avviene grazie al fattore di replicazione C (RF-C) insieme con l’antigene nucleare di proliferazione cellulare (PCNA), quindi si ha questa interazione tra queste due proteine. Questa interazione al livello del replicone permette quindi il legame della polimerasi delta, che a questo punto rappresenta l’enzima principale che agisce sia sul leading che sul lagging strain (per i meno internescional “strain” significa “catena”). A questo punto si procede come nei procarioti, tranne per alcune differenze: nei procarioti la rimozione degli inneschi avviene ad opera dell’attività 5’-3’ esonucleasica della DNA polimerasi 1, nel caso degli eucarioti gli inneschi vengono eliminati dalla RNasi H, che è un enzima che degrada specificatamente l’RNA e quindi gli inneschi di RNA. E la saldatura dei frammenti di okazaki avviene grazie alla ligasi in maniera del tutto simile ai procarioti. Un ulteriore problema è dato dalla presenza dei nucleosomi, ovviamente i nucleosomi determinano un problema nel momento in cui si deve aprire il doppio filamento, devono essere spacchettati questi nucleosomi e quindi gli istoni che li costituiscono devono essere disassemblati per poter far sì che il DNA nudo venga esposto all’attività della DNA polimerasi. Cosa succede, però, quando i nuovi istoni devono venirsi a formare sul doppio filamento di DNA replicato? Sembrerebbe che via sia un modello conservativo, cioè gli istoni vecchi che erano assemblati nei vecchi nucleosomi si riassemblano tra di loro e invece gli istoni di nuova sintesi verranno assemblati in nuovi ottameri. Il terzo problema è quello della linearità dei cromosomi. Nei cromosomi si ha un raccorciamento delle estremità telomeriche che porta conseguentemente a determinare le problematiche di invecchiamento somatico che sono alla base appunto dell'invecchiamento delle cellule somatiche. Ci sono alcune cellule però che normalmente sono in attiva proliferazione ,vedi per esempio le cellule staminali Oppure ancora le cellule precursori delle cellule germinali che devono di continuo soprattutto nel caso della spermatogenesi dare un contributo per produrre nuove cellule differenziate. Le cellule in attiva proliferazione normalmente hanno questo enzima attivo che si chiama telomerasi e che ha proprio in compito di mantenere inalterate le dimensioni delle estremità cromosomiche in cromosomi lineari. Questo ovviamente consente alle Cellule in attiva replicazione di rimanere sempre “giovani” e quindi possibilmente proliferanti. La telomerasi è un complesso ribonucleoproteico, nuovamente troviamo un complesso ribonucleoproteico ne abbiamo già identificati almeno due (iribosomi da un lato e lo spliceosoma con lo snurp nell'altro) l è costituito in particolar modo da una componente proteica che è la componente Tert con la t finale che è una trascrittasi inversa, cioè una polimerasi che sintetizza DNA a partire da RNA ricordiamo il caso del retrovirus che presente un genoma ad RNA e portano proprio con se’ la trascrittasi inversa e poi c’è una componente invece di RNA di acido nucleico che è la componente TERC che è appunto le RNA stampo che verrà aggiunto vedremo tra breve per fungere da primer, cioè da innesco per la nuova sintesi. La cosa più importante è che questa componente TERC è tipicamente specie specifica cioè ogni specie ha una propria caratteristica componente TERC, quindi sequenza di RNA. Questa componente agisce così: Se questo che vi sto indicando con il mouse è il filamento parentale ,questo qua è il filamento in ritardo che ovviamente alla eliminazione del primer come ti ho detto rimane vuoto. Allora la telomerasi estende l’estremità 3 primo del filamento stampo del filamento parentale quindi sullo stampo dell’RNA, quindi la telomerasi porta con sé questa sequenza che permette di fungere da stampo per estendere la sequenza al tre primo del filamento parentale, quindi il filamento parentale viene esteso di un tot numero di nucleotidi, utilizzando come filamento stampo questo filamento artificiale costituito appunto da RNA. Allora la telomerasi estende l’estremità 3 primo del filamento stampo del filamento parentale quindi sullo stampo dell’RNA, quindi la telomerasi porta con sé questa sequenza che permette di fungere da stampo per estendere la sequenza al tre primo del filamento parentale, quindi il filamento parentale viene esteso di un tot numero di nucleotidi, utilizzando come filamento stampo questo filamento artificiale costituito appunto da RNA. quindi la componente di DNA polimerasi RNA dipendente sfrutta la sequenza in azzurro in questo caso per poter sintetizzare del DNA. A questo punto una volta che si è esteso artificialmente il filamento parentale a questo punto si HA la DNA polimerasi che attraverso un primer si ripete nuovamente il ciclo di duplicazione DNA riesce a ripristinare la lacuna a livello del filamento legging. A questo punto una volta che si è esteso artificialmente il filamento parentale a questo punto si ha la DNA polimerasi che attraverso un primer si ripete nuovamente il ciclo di duplicazione DNA riesce a ripristinare la lacuna a livello del filamento legging. Quindi viene esteso artificialmente grazie a una componente di RNA portata dalla telomerasi il filamento parentale che sarebbe il filamento leading , questa estensione artificiale del filamento leading permette al filamento legging di essere ripristinato con la normale duplicazione del DNA, inserendo come primer questo qui in verde (inserendo un nuovo frammento di Okazaki per certi aspetti )questa estensione permetterà quindi di ripristinare la lacuna che altrimenti si verrebbe a determinare dopo ogni ciclo di duplicazione. La telomerasi è assente nelle cellule somatiche, che sono Normalmente le cellule che tra le altre cose una volta che vengono terminalmente differenziate proliferano veramente poco , spesso maggior parte di loro entra in quella che viene definita fase g0 del ciclo cellulare che determina quindi una stasi un blocco . La telomerasi è assente nelle cellule somatiche, che sono normalmente le cellule che tra le altre cose una volta che vengono terminalmente differenziate proliferano veramente poco , spesso maggior parte di loro entra in quella che viene definita fase g0 del ciclo cellulare che determina quindi una stasi un blocco . Per esempio le cellule del cervello direttamente sono bloccate in una fase cosiddetta V0 e quindi in questo caso sono cellule che non necessitano di avere la telomerasi perché non si duplicano più. Le cellule germinali e le cellule staminali fisiologiche ma anche del cancro (neoplastiche) presentano un’ attivazione della telomerasi proprio perché devono di continuo proliferare; si pensa anzi che le cellule staminali del cancro derivino proprio da un riassetto di cellule somatiche internamente differenziate in cui avviene tutto un insieme di processi tra cui la riattivazione della telomerasi che porta la cellula somatica a differenziarsi tra virgolette ed a diventare una cellula attivamente proliferante in un luogo dove non lo dovrebbe essere. Cosa viene rappresentato? Sull'asse delle ordinate la prima base quindi che può essere una delle quattro basi del RNA, sull'asse delle ascisse anche in questo caso la seconda base che può essere una delle quattro basi del DNA e poi la prima e la seconda base possono combinarsi nuovamente con una delle quattro basi nel secondo asse delle ordinate per andare a formare le varie triplette. Di queste triplette se ne formano 64 di cui solamente 61 sono codificati per aminoacidi. Tre di queste combinazioni che sono quelle indicate in rosso (UAA,UAG,UGA) sono dei cosiddetti Codoni o segnali di stop, cioè non codificano per nessun aminoacido, la tripletta indicata in verde invece AUG è normalmente il CODONE di inizio della traduzione. Ciò che principalmente varia a livello delle triplette che codificano per uno stesso amminoacido è normalmente la terza base. Infatti il meccanismo della degenerazione del codice è dovuta proprio al vacillamento della terza base che è il meccanismo per cui codoni diversi possono essere riconosciuti da uno stesso tRNA perché la complementarietà tra la terza base del codone e la prima base del tRNA non è clinica spesso quindi può avvenire anche una complementarità non perfetta tale comunque da determinare il legame tra TRNA e codone. L’UNICA DIFFERENZA è che quando l’AUG si trova all'inizio della ORF viene riconosciuto da un tRNA peculiare che è detto iniziatore, perché può capitare che AUG si trovi in mezzo alla ORF, viene riconosciuto da un altro tRNA non iniziatore che codifica sempre per AUG. Il macchinario principale l deputato alla sintesi proteica è il RIBOSOMA. Dove si assemblano i ribosomi? nel nucleolo. L'importante è che normalmente i ribosomi migrano nel citoplasma attraverso i pori nucleari e nel citoplasma normalmente si ritrovano separati in subunità minore e subunità maggiore. Solamente nel momento in cui devono fare la sintesi proteica le due unità si uniscono per formare il ribosoma completo. Un'altra cosa che vi ricordo e di cui abbiamo già parlato è che mi ribosomi ne esistono di due tipi, abbiamo i ribosomi liberi nel citoplasma e quelli collegati al reticolo endoplasmatico rugoso. La differenza tra ribosomi procariotici ed eucariotici principalmente sulla base delle loro dimensioni e composizione di ribosoma procariotico completo ha un coefficiente di sedimentazione un 70 svenberg e il ribosoma eucariotico completo ha un coefficiente di sedimentazione di 80 svenberg. Ricordiamoci che lo svenberg è quella unità di misura che indica la capacità che ha un complesso molecolare di sedimentare un gradiente di ultracentrifugazione e dipende non solo dalla dimensione ma anche dalla forma della molecola. Vi ricordate i mitocondri sono capaci di vivere autonomamente e quindi posseggono il loro DNA e fanno la loro sintesi e quindi la sintesi proteica che dico. I principali attori della traduzione oltre ai ribosomi con le loro proteine ribosomiali. L’altro attore fondamentale è il tRNA, che presenta l’anticodone. Innanzi che è la sequenza che complementarizza con il codone per riconoscere e fare una Trade Union tra del mrna e l’amminoacido. un'altra porzione molto importante è sicuramente il braccio accettore la famosa tripletta nucleotidica CCA dal 5‘ al 3’ in corrispondenza della estremità 3’ del tRNA ed è proprio all'adenina di questo braccio accettore che si andrà come vedremo tra breve a legare l'aminoacido perché appunto possa trasportare , poi ci sono altre caratteristiche sequenze che sono per esempio il braccio variabile ed è questo soprattutto che va a differenziare i vari tRNA fra di loro ,come vedremo nella lezione sull'organizzazione del genoma, i tRNA In generale sintetizzati all’interno della cellula sono 40 a fronte dei 61 codoni. questo perché appunto attraverso poi la ridondanza del codice genetico anche uno stesso tRNA può riconoscere diversi codoni. Come avviene il riconoscimento codone anticodone? Vedremo che i vari t RNA che si andranno a legare al ribosoma scorreranno secondo la famosa direzione sempre 5 primo 3 primo del RNA messaggero che verrà letto dal 5 primo verso il tre primo. quando abbiamo guardato nelle prime lezioni introduttive della polarità degli acidi nucleici e della popolarità delle proteine vi avevo detto che c'è una stretta associazione. Ed è proprio spiegabile attraverso questo. L’estremità amino- terminale della proteina corrisponderà alla sequenza 5 ‘+ 5’ del messaggero. L’estremità carbossi- terminale della proteina corrisponderà all’estremità 3’ del rna messaggero. La complementarietà tra codone e anticodone avverrà sempre secondo la legge dell'anti-parallelismo. Quindi se abbiamo dalla vostra destra alla vostra sinistra RNA messaggero letto 5 primo 3 primo automaticamente il DNA sarà dalla vostra sinistra la vostra destra 5’3’. SINTESI PROTEICA Ci sono due grosse fasi, una prima fase cosiddetta ATP dipendente, che viene definita la fase di attivazione della nuova acido e poi c'è una seconda fase che è invece GTP dipendente che si suddivide a sua volta in inizio, allungamento e fine. Durante la fase ATP dipendente il trna deve essere caricato con il proprio amminoacido. Questo caricamento dell’aminoacido sul tRNA avviene mediante consumo di una molecola di ATP. Attraverso la formazione dell’amminoacido adentato che è quello che entra a contatto con l’ATP, ecco perché si ha il consumo di una molecola di ATP, poi si ha uno scambio tra questa adenilazione dell'amminoacido e il gruppo OH del famoso braccio accettore. Attraverso questo scambio si ha un legame tra il gruppo carbossilico dell’amminoacido ed il gruppo oh del braccio accettore. Quindi automaticamente sia la formazione di questo amminoacil-tRNA. (Legame di tipo estere) Per quanto riguarda l’aminoacil-tRNA-sintetasi è quell’enzima che permette la formazione, quindi l’attivazione dell’aminoacido. L’attivazione dell’amminoacido che consiste nella aggiunta dell’amminoacido al 3’ OH della adenina del braccio accettore del tRNA, attraverso un legame mediato dalla formazione di un intermedio di amminoacido adenilato grazie al consumo di una molecola di ATP il legame si viene a costituire tra il gruppo carbossilico dell’amminoacido adenilato e il gruppo 3’ OH del braccio accettore, quindi si viene a formare questa struttura: L’aminoacil-tRNA è fondamentale perché avvenga l’inizio della traduzione. Da un RNA messaggero attraverso questa struttura polisomiale vengono prodotte più proteine, ricordiamoci che la struttura dell’RNA messaggero in fase di traduzione è una struttura semi-circolare, non chiusa covalntemente ma questa circolarità permette che si determina mediante un’interazione tra il 5’CAP e la coda di POLI-A permette appunto il riconoscimento del fattore di inizio della traduzione per facilitare l’inizio della traduzione. Ricordiamo che uno dei significati delle code di POLI-A del 5’ CAP è quello di stimolare l’inizio della traduzione e l’inizio della traduzione viene proprio stimolato grazie al fatto che mediante questa conformazione il fattore inizio della traduzione entra più facilmente nella catena polisomiale. Lo studio dei dei meccanismi molecolari che hanno portato alla comprensione della tradizione dei batteri è stato di fondamentale importanza per lo sviluppo di antibiotici quanto più mirato possibile cioè quanto più inibenti il meccanismo traduzione nei procarioti, quindi classicamente i fattori d'inizio specifici della traduzione dei procarioti sono dei target, dei bersagli questi antibiotici ma anche altri che per esempio inibiscono appunto la attività peptidil- trasferasicai dei procarioti come cloramfenicolo. Quali sono le principali differenze con la traduzione nei procarioti a livello invece eucariotico? REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA La regolazione è notoriamente fondamentale durante lo sviluppo embrionale, quando si passa dallo zigote ai diversi stati in sviluppo è chiaro che sia più l'attivazione di alcuni geni e l’inattivazione di altri geni. Una completa descrizione della sequenza di DNA di un organismo non sarebbe in grado di ricostruire lo stesso organismo più di quanto una lista di vocaboli inglese non sarebbero in grado di ricostruire un sonetto di Shakespeare, cioè sono delle informazioni frammentate. In entrambi i casi il problema principale consiste nel conoscere come gli elementi nella sequenza di DNA o le parole nella lista sia un usate. Sotto quali condizioni ciascun prodotto genico viene generato? E una volta sintetizzato che cosa fa? Quando si parla di regolazione genica parliamo di accensione o spegnimento. Innanzitutto che una cellula risulti essere già in grado produrre informazioni quindi svilupparsi in un senso anziché in un altro era già chiaro sin dai primi esperimenti condotti sulla rana o anche su organismi più complessi dove andando a enucleare una cellula uovo e andando ad inserire invece il nucleo di una cellula somatica all’interno di una cellula uovo questa iniziava a sviluppare un intero organismo. La stessa cosa è poi avvenuta con gli esperimenti effettuati sulla pecora Dolly attraverso la clonazione dove inserendo il nucleo di una cellula somatica all’interno di una cellula uovo enucleata si era sviluppato un intero organismo. Il nostro genoma per intenderci consta di circa 22.000 geni codificanti per proteine e di questi 22.000 geni codificanti per proteine, all’incirca 10/15.000 geni vengono normalmente attivati all’interno di una cellula del nostro organismo. -Abbiamo un controllo epigenetico, che avviene sul DNA stesso. -Un controllo di natura trascrizionale, verifica il passaggio dell’informazione genetica da DNA a RNA. -insieme di controlli post-trascrizionali, avvengono dopo che la molecola di RNA messaggero è già stata trascritta. -controlli traduzionali, quindi sulla traduzione (passaggio RNA messaggero-proteina) -controllo post-traduzionale, cioè dopo che la proteina è stata sintetizzata. Quando parliamo di gene procariotico ricordiamoci che l’organizzazione dei geni nei procarioti è di tipo policistronica, cioè sotto il controllo di un unico promotore si hanno diversi geni strutturali. Questa organizzazione prende il nome di OPERONE. L’operone è un tratto di DNA comprendente tratti regolativi (promotore ed operatore) sotto il cui controllo si hanno più geni strutturali. Gli operoni si distinguono in: -operoni Inducibili: sono normalmente indotti da un induttore, normalmente sono spenti (geni spenti) che vengono accesi da un induttore e normalmente sono catabolici cioè degradano quindi attivano delle vie di degradazione quindi geni coinvolti nella digestione di alcune molecole. Un classico operone inducibile è quello dell’operone cosidetto ‘’lattosio operon lac’’. Come è strutturato? Abbiamo una regione regolatoria che comprende una regione chiamata CAP (è una regione di controllo del promotore), un promotore vero e proprio che nei procarioti è tripobox e poi abbiamo un operatore che è un’altra regione di controllo sempre del gene. A valle di questa regione di controllo troviamo i geni strutturali che sono lacZ, lacY, lacA che codificano per pre-proteine coinvolte nella degradazione del lattosio. NEL MONDO DEGLI EUCARIOTI: Il discorso è un po’ più complesso ed è dovuto principalmente alla separazione fisica tra nucleo e citoplasma. Lo stesso James Watson disse che il maggiore problema è la cromatina cioè come è organizzata la cromatina e dedurre come questa possa poi permettere l’espressione genica. Quando abbiamo parlato di cromatina e cromosomi abbiamo descritto due principali tipo di cromatina, quali: eucromatina e eterocromatina. L’eucromatina è quella aperta quindi la cromatina che è trascrizionalmente attiva e parliamo nuovamente di attivazione o repressione; L’eterocromatina invece è quella compatta in cui non può accedere la RNA polimerasi. Il passaggio da eu ad eterocromatina è mediato da diversi fattori tra cui per esempio delle modifiche post-traduzionali degli istoni quale l’acetilazione. Queste insieme di modifiche che abbiamo visto a livello degli istoni ma che possono essere presenti anche a livello delle basi del DNA, quindi delle modifiche chimiche e questi insieme di modifiche sia a livello di proteine della cromatina che a livello di alcune basi del DNA prendono il nome di “modifiche epigenetiche” e queste rappresentano il primo step dell’espressione genica negli eucarioti. L’epigenetica è un campo molto vasto. Questi fenomeni in generale pur non modificando la sequenza del DNA perché rimane la stessa determinano però delle alterazioni nell’accessibilità al genoma da parte degli apparati trascrizionali. I cambiamenti epigeneticiè sono dei meccanismi che vengono in maniera assolutamente fisiologica durante lo sviluppo dell’organismo o possono essere responsabili dell’insorgenza di molte malattie (nel cancro tipicamente si ha un’alterazione importante della epigenetica, ovviamente è proprio l’epigenetica che spiega molto la correlazione tra ambiente e cambiamento del fenotipo che spesso è l’ambiente che va a determinare dei cambiamenti a livello epigenetico che si trasformano in cambiamenti del fenotipo. Cambiamenti epigenetici ereditari più noti sono: 1)inattivazione del cromosoma X (mammiferi) 2)imprinting genomico (vertebrati in generale) Differenze tra generica ed epigenetica: La genetica è quella materia che studia la ereditarietà al livello di linee cellulari e si cloni cellulari. L’epigenetica invece è un qualcosa che controlla determinati gruppi di cellule all’interno anche di uno stesso clone cellulare. Un altro importante differenza tra genetica ed epigenetica è che nella genetica tipicamente i cambiamenti sono stabili e raramente reversibili mentre nella epigenetica i cambiamenti sono spesso reversibili, cioè si ha una maggiore duttilità. Il campo di interesse principali della epigenetica sono: -quella riguardante i pathways molecolari richiesti per lo stabilimento e il mantenimento della metilazione del DNA. -le variazioni cellulo-specifico nei pattern di metilazione. -il coinvolgimento della metilazione in processi cellulari (regolazione genica). -le interazioni DNA-proteine. -differenziamento cellulare. -soppressione di elementi trasportabili. -embriogenesi. METILAZIONE DURANTE LO SVILUPPO La modifica epigenetica più studiata nell'uomo nella metilazione della citosina. La metilazione del DNA avviene quasi esclusivamente nel contesto dei dinucleotidi CpG. I dinucleotidi CpG tendono a raggrupparsi in regioni chiamate isole CpG, definite come regioni di più di 200 basi con un contenuto G + C di almeno il 50% e un rapporto tra le frequenze CpG osservate e statisticamente attese di almeno 0,6 dinucleotidi CpG sono generalmente abbastanza raro nei genomi dei mammiferi (~ 1%). Circa il 60% dei promotori genici umani sono associati all'isola CpG e sono solitamente non metilati nelle cellule normali, sebbene alcuni di essi (~ 6%) vengano metilati in modo tessuto-specifico durante lo sviluppo iniziale o in tessuti differenziati. La metilazione del DNA nei vertebrati avviene tipicamente nei siti CpG (citosina-fosfato-guanina; che si ha ove la citosina è direttamente seguita da una guanina nella sequenza del DNA); tale metilazione risulta nella conversione della citosina in 5-metilcitosina. La formazione del Me-CpG è catalizzato dall'enzima DNA metiltransferasi. I siti CpG sono poco comuni nel genoma degli invertebrati mentre sono spesso trovati con maggior densità nei promoters genici dei vertebrati, in cui sono collettivamente denominati isole CpG. Lo stato di metilazione di questi siti CpG può avere un grave impatto sull'attività/espressione genica. La divergenza tra il numero di C e 5 meC nel genoma è dovuta al fatto che il sistema di riparazione del disadattamento può riconoscere e correggere accuratamente il prodotto di deaminazione delle basi della citosina (uracile), ma non il prodotto di deaminazione della metilcitosina (timina). Circa il 60% dei promotori del gene umano è associato alle isole CpG. Sebbene sia stato suggerito che la maggior parte delle isole CpG siano sempre non metilate, è stato dimostrato che un sottoinsieme è soggetto a metilazione tessuto-specifica durante lo sviluppo. Nel dna dei vertebrati una grande frazione delle c delle isole cpg è metilata. La metiltransferasi di mantenimento permette di ereditare pattern di metilazione pre-esistenti anche dopo la duplicazione del DNA. Circa il 70% delle isole cpg mostrano una metilata nei mammiferi in condizioni fisiologiche. una metilazione aberrante (ad es. a livello delle isole cpg associate ai promotori di geni oncosoppressori) è stato dimostrato contribuire alla cancerogenesi. La regione “a" del chr. 6 e 'metilata in modo differente a seconda del tessuto ed in base ai diversi campioni per uno stesso tessuto. il modello di metilazione di cpg puo' essere individuo-specifico, tessuto-specifico e locus-specifico alcune proteine che riconoscono le 5mec se mutate possono determinare malattie - es .: mecp2 mutato causa la sindrome di Rett. L’IMPRINTING genomico prevede un alternarsi di stati di METILAZIONE a stati di DEMETILAZIONE. Per le regioni che sono (e devono) rimanere metilate questo stato di metilazione verrà poi ereditato dalla progenie. Durante la produzione delle CELLULE GERMINALI PRIMORDIALI, dalle quali poi derivano i gameti, quello che avviene è una deleizione di tutto ciò che in precedenza era in uno stato di metilazione. Quando poi le cellule germinali cominciano a differenziare verso spermatozoi e cellule uovo viene ripristinato lo stato di metilazione imprinted tipico dei genitori. Quindi ogni spermatozoo e ogni cellula uovo avrà nel suo corredo aploide una parte IMPRINTED. Si viene successivamente a formare, in seguito alla fecondazione, lo zigote che sappiamo essere la cellula TOTIPOTENTE per eccellenza, quindi capace di esprimere tutti i geni, per questo motivo lo stato di metilazione al livello dello zigote diminuisce drasticamente, essendo che la metilazione corrisponde ad una repressione dell’espressione genica, un suo azzeramento equivale ad una potenziale espressione di tutti i geni. Man mano poi che si passa alle varie fasi di sviluppo embrionale lo stato di metilazione aumenta nuovamente, mantenendo le regioni imprinted, quindi geni di origine paterna e materna che erano imprinted verranno nuovamente metilati. Successivamente potranno subentrare le cosiddette metilazioni “DE NOVO” che possono poi indurre variazioni rispetto quelle che sono le caratteristiche epigenetiche iniziali (strettamente legato anche alle condizioni ambientali). Da un punto di vista tecnico queste modifiche possono essere evidenziate tramite una tecnica chiamata “TRATTAMENTO CON BISOLFITO” seguito poi dalla PCR. In particolare il Bisolfito converte i residui di Citosina in Uracile ma non agisce sulle regioni in cui è presente 5-METILCITOSINA. Quindi se voglio andare a studiare una regione metilata, tramite tecnica PCR andrò a disegnare dei PRIMERS che andranno a riconoscere le regioni contenenti le CITOSINE (metilate) ma non quelle contenenti uracile. Alla fine del processo di PCR, in presenza di metilazione avrò un risultato positivo, in presenza di demetilazione il risultato sarà negativo. Ricordiamo delle regioni pseudoautosomiche che “sfuggono” a questa eterocromatizzazione. Infine durante l’OVOGENESI gli ovociti aploidi riattiveranno il cromosoma X inattivato per poter esprimere i geni legati ad esso. Quindi le caratteristiche principali dell’eterocromatizzazione del cromosoma X sono:  DEACETILAZIONE DEGLI ISTONI  METILAZIONE DEGLI ISTONI E DEL DNA (a livello delle isole CpG)  PRESENZA DI ISTONI CHE DETERMINANO IL RIMODELLAMENTO DELLA CROMATINA (istoni differenti dai tipici che abbiamo studiato, ad esempio al posto dell’istone H2A troviamo l’istone MACRO H2A) In sostanza nell’inattivazione del cromosoma X è riassunta tutta l’importanza dell’epigenetica. Il processo attraverso l’espressione genica è abbastanza lungo, al momento abbiamo visto solo la prima parte (controllo epigenetico) che consideriamo anche quella fondamentale per l’espressione di un gene. Se a monte questo controllo “dice” che non si deve esprimere un gene esso non verrà espresso. Nel caso in cui questo non avvenga e si possa procedere alla trascrizione non è ancora detto che il gene venga espresso dato che possono intervenire altri processi, come ad esempio la REGOLAZIONE DELLA TRASCRIZIONE. CONTROLLO DELL’ ESPRESSIONE A LIVELLO TRASCRIZIONALE Uno dei momenti fondamentali per l’inizio della trascrizione è l’interazione fra fattori di trascrizione e promotore. Questo è vero al livello dei procarioti, dove troviamo il fattore sigma del RNA polimerasi che funge da fattore di trascrizione ed è vero soprattutto per gli eucarioti dove abbiamo visto che c’è una pletora di fattori di trascrizione che deve legarsi al promotore prima di iniziare la trascrizione. Oltre ai fattori generali esistono anche i fattori specifici di trascrizione che si vanno a legare al livello degli ENANCHERS e dei SILENCERS, regioni regolatrici del DNA. I fattori trascrizionali sono caratterizzati da alcuni MOTIVI, che sono determinati da strutture super secondarie delle proteine. La maggior parte di questi MOTIVI prendono contatto con il DNA a seguito di una OMODIMERIZZAZIONE dei fattori trascrizionali (troviamo fattori differenti come Zinc Finger, Leucine Zipper e Helix-Turn-Helix). Normalmente il fattore di trascrizione è formato da queste due grandi porzioni:  Il DOMINIO DI LEGAME o DI RICONOSCIMENTO: che prende contatto con il DNA ed è formato dai motivi  DOMINIO DI ATTIVAZIONE: che permette l’interazione con RNA polimerasi o con altri fattori di trascrizione per determinare la formazione del COMPLESSO DI INIZIO DELLA TRASCRIZIONE A seconda di quanti e di quali fattori di trascrizione si legano si può avere un EFFETTO SINERGICO, ossia anche con poche combinazioni fra fattori di trascrizione si ha un effetto moltiplicatore al fine dell’inizio della trascrizione o della repressione. Inoltre a seconda di quali fattori di trascrizione legano determinate regioni riconoscimento potrò avere come output finale un’attivazione o una repressione. Il CONTROLLO COMBINATORIALE mediante l’interazione di fattori di trascrizione è fondamentale per determinare l’attivazione o la repressione. Solo dopo che il complesso epigenetico avrà dato il via all’ apertura della cromatina potranno intervenire questi fattori trascrizionali che agiranno in maniera combinatoriale. STRATEGIE UTILIZZATE DAI FATTORI DI TRASCRIZIONE PER ATTIVARE O REPRIMERE L’ESPRESSIONE GENICA:  Un repressore “scalza” (compete) con un attivatore occupando il sito in cui si stava posizionando -> REPRESSIONE  Attraverso i DOMINI DI ATTIVAZIONE (permettono l’interazione fra fattori di trascrizione) il repressore lega un attivatore “mascherandolo” e impossibilitandolo ad agire -> REPRESSIONE  Interazione diretta con i fattori generali di trascrizione: ad esempio un repressore lega TFIID inibendo l’inizio della trascrizione. Questi sono i tre punti principali che riguardano la regolazione trascrizionale da parte di un’interazione fra attivatori e repressori. I repressori possono anche agire da ponti con l’epigenetica quindi con i complessi di rimodellamento della cromatina. Ad esempio un repressore, una volta che lega una molecola di DNA può reclutare complessi di rimodellamento in modo da determinare un eterocromatizzazione. Questo può avvenire attraverso riposizionamento dei nucleosomi, attraverso l’azione di ISTONE DEACETILASI o attraverso l’azione di ISTONE METIL-TRASFERASI. Questo avviene attraverso l’assemblaggio dei fattori trascrizionali al livello delle regioni regolatorie del DNA quindi enanchers o silencers, e può avvenire anche attraverso proteine regolatrici, che però non legano direttamente DNA come quelle viste fino ad ora ma che si assemblano alle proteine direttamente legate a DNA e prendono il nome di COATTIVATORI e COREPRESSORI. Tutto questo complesso di attivatori, repressori, coattivatori e corepressori prende il nome di ENHANCEOSOMA. Il diagramma di flusso mostra che il flusso dell’espressione genica va dal DNA verso RNA ed è controllato in molteplici punti. Abbiamo visto il controllo a livello trascrizionale, post-trascrizionale, processamento dell’RNA e alti controlli che riguardano tutto quanto ciò che avviene all’RNA dopo che passa dal nucleo al citosol, quindi un controllo del trasporto dal nucleo al citosol, e una volta al citoplasma si ha un controllo al livello della degradazione del RNA. Il controllo al livello post-trascrizionale riguarda la traduzione dell’RNA messaggero e quando RNA messaggero viene tradotto in proteina abbiamo il controllo post traduzionale. Abbiamo visto il controllo che sta a monte di tutto ciò: il controllo epigenetico che avviene al di là della sequenza dei nucleotidi del DNA e quindi attraverso modifiche che riguardano la metilazione di alcune basi, come la 5-metil citosina poi il controllo dei nucleosomi e il controllo di modiche degli istoni che sono post-traduzionali e le proteine però relative all’epigenetica. Abbiamo fatto l’esempio del controllo epigenetico che riguarda l’inattivazione del cromosoma x che riassume l’epigenetica e abbiamo parlato di imprintig genomico come quella caratteristica secondo la quale vengono ereditate dalle regioni specifiche del genoma definite impronte che sono caratterizzate da uno status di metilazione di origine materna paterna. Abbiamo visto l’applicazione pratica di patologie dovute alla meiosi e mitosi. Ad esempio abbiamo uno zigote dove vengono ereditari entrambi gli alleli paterni o materni per una non disgiunzione dei cromosomi in una prima divisione meiotica. Al livello trascrizionale abbiamo parlato di quello che è l’effetto sinergico dei fattori di trascrizione e dell’effetto combinatoriale dei fattori di trascrizione. Gli enhancer e i silencer che si trovano a migliaia di basi a monte rispetto al primo nucleotide trascritto regolano l’espressione genica a livello degli eucarioti, al di là di quello che sono i fattori generali di trascrizione (tf2b). Esistono i fattori specifici di trascrizione che hanno diversi modi di comportarsi ed essere eventualmente attivati o inattivati a seconda come interagiscono con i repressori e se avviene un legame competitivo tra attivatore e repressore, a seconda se ci sia un mascheramento da parte del repressore ai confronti dell’ attivatore a seconda se vi sia una netta interazione del repressore con i fattori generali di trascrizione e quindi a monte va a inibire il fatto che l’attivatore interagisca con il fattore generale di trascrizione che quindi non si attiva la trascrizione o oppure tutto ciò che riguarda il rimodellamento della cromatina quindi come i repressori possono indurre per esempio il riposizionamento di complessi che rimodellano la cromatina in termini di inattivazione istone metil trasfreasi acetilazione. Un esempio di regolazione dell’espressione genica si ha durante lo sviluppo embrionale e in particolar modo per la produzione della globina e della beta globina nel caso specifico. Durante lo sviluppo embrionale nelle prime settimane di vita l’embrione, ha una globina costituita da epsilon globina nel sacco vitellino mentre la gamma globina tipicamente si va ad accumulare nel fegato fetale e poi la delta e beta globina che si accumula nel midollo osseo. Nel caso della globina vi sono diversi geni che sono tutti raggruppati all'interno di una stessa regione genomica quindi sullo stesso cromosoma e vedete che a monte di tutto ciò c'è una regione di controllo che prende il nome di LCR che significa regione di controllo del locus, (locus control region), e durante le diverse fasi di sviluppo succede che questa L.C.R. questa ragione del locus a seconda di come interagisce con i fattori specifici di trascrizione può attivare o uno o l'altro gene. LCR andando a interagire con le proteine specifiche permetterà di produrre la epsilon globina quindi di trascrivere in maniera specifica il gene della epsilon globina ma mano che si procede durante la crescita e lo sviluppo embrionale si avrà lo spegnimento di alcuni geni e l'attivazione degli altri: prima la epsilon poi la gamma e delta e beta globina. Questa locus control region è talmente importante che soggetti che presentano delle delezioni al livello dell’LCR non possono esprimere nessuno dei geni delle globine e quindi si va a contro a talassemia. In particolar modo proteine regolatrici che si legano al l L.C.R. e vanno a regolare positivamente l'espressione di alcuni geni e negativamente l'espressione di altri geni. E qua si mostra come a seconda di dove la regione di controllo risulti essere localizzata potranno essere espressi alcuni geni anziché altri si attua il ripiegamento della cromatina che è dovuta all’interazione tra fattori specifici di trascrizione e il LCR che altro non è se non un enhancers. Un esempio di controllo coordinato dell'espressione genica è dato dagli ormoni steroidei. Che succede quando un ormone steroideo entra all'interno di una cellula? Un ormone steroideo normalmente è un ormone è una sostanza appunto di natura lipidica che quindi riesce a penetrare attraverso il doppio strato lipidico in maniera diciamo senza bisogno di alcun recettore e il recettore invece si trova all’interno della cellula. abbiamo un ormone steroideo che entra all’interno della cellula, si lega ad un proprio recettore tipicamente se intracellulare e questo complesso ormone- recettore entra dentro il nucleo e va quindi andrà a determinare l'inizio della trascrizione siccome come spesso i recettori che si legano con un ormone steroideo riescono a riconoscere in maniera multipla più promotori di più geni automaticamente ormone può controllare una batteria può controllare una batteria di geni. Il cortisolo che va a determinare poi la trascrizione coordinate di geni che sono regolati nell'attività del cortisolo quindi i geni di risposta allo stress ecc. implicati nella glicogenolisi a livello del fegato. Quindi un unico recettore che funge da fattore trascrizionale va a controllare molteplici geni. Un altro esempio molto importante è quello che riguarda il differenziamento cellulare. è un altro processo è che può mediato sia livello sia livello epigenetico ma anche a livello trascrizionale a seconda come al solito dei fattori specifici di trascrizione che andranno a determinare la trascrizione di specifiche batterie di geni implicate nel differenziamento cellulare. Nel caso della cellula del muscolo scheletrico (sincizio) cellula multinucleata derivata dalla fusione di più mioblasti precursori una cellula che tipicamente risulta essere più con unico citoplasma ma nuclei poi abbiamo il sincizio funzionale invece che è rappresentato dai miocardiociti che sono delle cellule singole ma separate ma funzionano sinergicamente che permettono un battito cardiaco coordinato. Al cellula del il muscolo-scheletrico si differenzia quando appunto più mioblasti vanno a fondersi per formare un sincizio nel momento in cui il mioblasto si fondono determinano la rimodulazione dell'espressione genica e il differenziamento attraverso l'attivazione delle cosiddette proteine miogenica che sono dei fattori di trascrizione che hanno il compito di differenziare la cellula verso il muscolo- scheletrico. E’ la cosa interessante che questi fattori di trascrizione oltre a stimolare la trascrizione di geni che verranno applicati per il differenziamento cellulare in un feedback positivo vanno a stimolare la trascrizione di se stessi quindi quando inizia un innesco di trascrizione si ha una amplificazione della trascrizione dei geni implicati nel differenziamento cellulare. questo è lo schema finale di quello che è il processo che possiamo definire come implicato proprio nel differenziamento cellulare. Abbiamo una cellula primordiale che potrebbe essere rappresentata dallo zigote che poi attraverso le diverse divisioni cellulari andrà a sviluppare i diversi tipi cellulari esattamente lo stesso discorso che abbiamo fatto durante l’epigenetica. In questo caso che cosa succede che quando uno zigote si divide in due cellule figlie abbiamo la prima divisione e vedremo che in una cellula A non si andranno ad attivare al momento
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