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Riassunti di biologia molecolare II, sintesi dal libro Becker-Il mondo della cellula, Sintesi del corso di Biologia Molecolare

Riassunti per l'esame di Biologia molecolare II, basati sul libro di testo Becker-Il mondo della cellula; integrazione con appunti e accenni di patologie.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 12/01/2021

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Scarica Riassunti di biologia molecolare II, sintesi dal libro Becker-Il mondo della cellula e più Sintesi del corso in PDF di Biologia Molecolare solo su Docsity! Biologia molecolare II Programma: Sistema endomembranoso della cellula Reticolo endoplasmatico; liscio e rugoso Apparato del Golgi Riconoscimento vescicola-membrana bersaglio Endocitosi Lisosomi Perossisomi Mitocondri Respirazione cellulare Glicolisi, fermentazione, ciclo Krebs, Fosforilazione ossidativa Comunicazione cellulare Recettori associati a proteine G Via dell’AMP ciclico Via del calcio Recettori ad attività enzimatica Recettori tirosina-chinasi Via di segnalazione di ras Via di segnalazione della PI3K Recettori associati a tirosina-chinasi non recettoriali Recettori con attività chinasica su serina e treonina Morte cellulare Apoptosi: via intrinseca e via estrinseca Ciclo cellulare Biologia dei tumori Protoncogeni Oncosoppressori Virus oncogeni a RNA e DNA SISTEMA ENDOMEMBRANOSO DELLA CELLULA Ruolo cruciale svolto dalle membrane intracellulari: 1. Compartimentalizzazione delle funzioni all’interno di organelli, permette alle cellule eucariotiche di mantenere concentrazioni elevate di enzimi e molecole in regioni specifiche, in modo tale che i processi metabolici possano avvenire in maniera più efficiente; 2. Incremento della superficie totale di membrana a disposizione: contrariamente alle cellule batteriche, quelle eucariotiche attuali hanno un basso rapporto superficie/volume e la membrana plasmatica non è sufficiente per tutte le funzioni che devono avvenire a livello di membrana richieste in una cellula. Il sistema di endomembrane interno alla cellula è costituito da tubuli, cisterne e vescicole rivestite da citomembrane. Organelli provvisti di membrana nascono dall’intro-flessione della membrana plasmatica che invaginandosi catturò elementi dal citosol (come ad esempio il DNA nel nucleo). Diversa è l’origine dei mitocondri per cui una cellula procariotica provvista di membrana propria migrò in una cellula pre-eucariotica anaerobica, causando l’invaginazione della membrana plasmatica fino a rivestire completamente il mitocondrio, da cui l’origine di cellule eucariotiche aerobiche primitive. Ogni compartimento ha un suo corredo caratteristico di proteine, lipidi e altre molecole che determinano la sua funzione. La maggior parte delle molecole che costituiscono un compartimento non sono sintetizzate nel compartimento stesso e devono quindi esservi trasportate. Lo smistamento delle proteine è di importanza fondamentale per la creazione e il mantenimento dell’identità del compartimento. Le proteine vengono trasferite negli organelli tramite 3 meccanismi diversi: 1. Importazione attraverso pori (nucleo): il nucleo è circondato da involucro nucleare composto da una doppia membrana fusa in più punti a formare il complesso del poro, una struttura multiproteica che rappresenta un filtro selettivo quantitativo e dimensionale per il controllo del traffico vescicolare; il traffico è aiutato e integrato da proteine veicolanti: esportine ed importine. A seconda della dimensione della molecola si può parlare di diffusione o trasporto attivo. Una proteina entrante deve necessariamente presentare un NLS (nuclear localization signal), ovvero una sequenza segnale che permette alla proteina di essere localizzata da un recettore, con il quale costituisce un complesso che viene spinto da fibrille verso il poro nucleare; in seguito il recettore di distacca e fuoriesce dal nucleo. Il complesso del poro comprende 3 zone: citoplasmatica, nucleare e zona centrale posta a livello della membrana; comprende inoltre una struttura a canestro con fibrille sul lato interno, che permette il contatto con le proteine che attivano l’apertura del passaggio selettivo. 2. Importazione attraverso il doppio strato fosfolipidico (mitocondri, cloroplasti, perossisomi, reticolo endoplasmatico): nei mitocondri la proteina munita di un Questo enzima è regolato per inibizione da una classe di farmaci che riducono il livello di colesterolo (statine). Inoltre il REL contiene molte monossigenasi P-450, importanti non solo per la sintesi del colesterolo, ma anche per la sua conversione in ormoni steroidei tramite idrossilazione. RETICOLO ENDOPLASMATICO RUGOSO Funzioni: 1. Sintesi dei lipidi di membrana; 2. Sintesi delle proteine del sistema di endomembrane. I ribosomi adesi al lato citosolico della membrana del RER sono responsabili della sintesi sia delle proteine di membrana, sia delle proteine solubili del sistema di endomembrane. La sintesi delle proteine destinate al sistema di endomembrane inizia sui ribosomi citoplasmatici che, subito dopo l’inizio della traduzione, vanno a legarsi al RER tramite recettori proteici posti sulla sua membrana. Le proteine sintetizzate sui ribosomi del RER entrano nel sistema di endomembrane con un meccanismo di co-traduzione, cioè esse sono inserite nel lume del RER attraverso un complesso del poro della membrana del RE mentre il ribosoma sintetizza il polipeptide. Dopo la biosintesi le proteine di membrana rimangono ancorate alla membrana del RER tramite regioni idrofobiche o legami covalenti con i lipidi di membrana, mentre le proteine di secrezione sono rilasciate nel lume del RER. Il corretto indirizzamento delle proteine è dovuto alla presenza di etichette molecolari definite sequenze segnale LS. In alcuni casi la sequenza segnale non è rappresentata dalla sequenza di aminoacidi specifici, ma è importante la sua composizione chimico-fisica (aminoacidi polari, neutri o apolari) e la sua lunghezza. Le sequenze segnale sono necessarie e sufficienti a determinare il destino di una proteina. Esistono due ​vie principali di smistamento​ delle proteine: 1. Via co-traduzionale per proteine destinate al sistema di endomembrane o all’escrezione tramite vescicole di trasporto (veicolate alla membrana plasmatica, ad endosomi, lisosomi o a vescicole secretorie); 2. Via post-traduzionale (citoplasmatica). Via co-traduzionale​: vi sono specifiche sequenze segnale di importazione al RER (amminoacidi attraversano la membrana del reticolo durante la loro sintesi). La LS per il RER si trova generalmente all’estremità N-terminale (con gruppo NH3) della proteina nascente ed essa interagisce con una particella presente nel citoplasma (SRP, particella di riconoscimento del segnale): la SRP oltre a legare la LS è in grado di legarsi ai ribosomi causando un arresto della sintesi proteica. NB importante per formazione di una proteina di lunghezza corretta. La SRP inoltre riconosce uno specifico recettore presente sulla membrana del RER. Proteina nascente è quindi legata al ribosoma e al RER. 1. Inizia la sintesi della proteina nascente su un ribosoma libero nel citoplasma e procede fino a quando non viene prodotta la LS e viene esposta sulla superficie del ribosoma. 2. La SRP si lega alla LS della proteina nascente, interrompe traduzione e il complesso SRP-ribosoma-proteina si trasferisce sulla membrana del RER, legandosi alla subunità alfa del recettore per l’SRP. SRP ha tre siti attivi: uno che riconosce e lega LS, uno che interagisce con il ribosoma per bloccare ulteriore traduzione , uno che lega la membrana del RER. 3. SRP si stacca dal suo recettore tramite idrolisi ed è riciclato, mentre la LS si lega al complesso proteico del traslocone che trasloca la proteina nel lume del RER con l’estremità N-terminale verso il citosol (attraverso cavità centrale). Traslocone comprende recettore per SRP, recettore per ribosoma, proteina del poro e peptidasi del segnale. 4. La sintesi della proteina riprende verso il lume del RER, mentre le peptidasi del segnale tagliano la LS all’altezza della sequenza consenso. 5. La sintesi proteica termina e la proteina è rilasciata nel lume del RER mentre il canale del traslocone si richiude. 6. La proteina subirà modificazioni post-traduzionali, assumendo conformazione finale. Proteine intrinseche di membrana (transmembrana) Alcune proteine non penetrano definitivamente nel RER ma si fermano sulla sua membrana. L’orientamento e il tipo di inserzione è mediato da specifiche sequenze segnale: esse possiedono sia un segnale di localizzazione per il RER che una sequenza segnale idrofoba per l’arresto del trasferimento. 1. Proteine a singolo passo di tipo I​: possiedono una sequenza segnale all’N-terminale che dirige la proteina nascente verso il RER e una sequenza segnale idrofobica interna (sequenza di stop del trasferimento) che diventerà in tratto transmembrana dell’α-elica. La LS ancorata alla proteina nascente sulla membrana del RER viene tagliata da una peptidasi del segnale che libera la porzione N-terminale nel lume del RER. L’allungamento della proteina riprende fino a quando non verrà sintetizzato un nuovo segmento transmembrana idrofobico. La sequenza idrofobica rimarrà bloccata nel traslocone, impedendo a nuovi tratti della proteina nascente di essere immessi nel lume del RER: l’associazione fra traslocone e ribosoma è rotta e l’allungamento della proteina al C-terminale avviene nel citosol, mediante allontanamento del ribosoma dal RER. A sintesi terminata la sequenza idrofobica è traslocata dal traslocone nel doppio strato fosfolipidico insieme all’intera proteina. Es. recettore per l’insulina. 2. Proteine a singolo passo di tipo II​: la sequenza segnale idrofobica interna (sequenza interna di inizio del trasferimento) agisce sia da sequenza segnale e dirige la proteina nascente verso il RER, sia come sequenza di ancoraggio di membrana. La LS in questo caso non viene tagliata dalla peptidasi del segnale (è interna alla proteina), ma serve ad ancorare la proteina nascente sulla membrana del RER: l’estremità C-terminale della proteina è introdotta nel lume del RER attraverso il traslocone mentre l’estremità N-terminale è nel citosol. Es. recettore per la transferrina. Via post-traduzionale​: dopo che la traduzione sui ribosomi liberi è completata nel citosol, alcune proteine sono trasportate nel lume del RER e poi importate in maniera selettiva a nucleo, mitocondri, cloroplasti e perossisomi. Modifiche post-traduzionali: solo le proteine che avranno raggiunto la corretta conformazione potranno uscire dal RER e raggiungere la loro destinazione finale. Le modifiche post-traduzionali a cui le proteine vanno incontro sono: - Folding (assicurato da chaperoni molecolari che legano le regioni idrofobiche delle catene polipeptidiche permettendo ad esse si ritrovarsi all’interno della molecola proteica). - Formazione di ponti disolfuro​ (disolfuro-isomerasi). - Assemblaggio di proteine multimeriche. - Glicosilazione delle proteine​. Glicosilazione​: può essere legata a N se si aggiunge unità oligosaccaridica all’atomo di azoto del residuo di asparagina; legata a O se si aggiunge unità oligosaccaridica all’atomo di ossigeno dei residui di serina o treonina. Nella N-glicosilazione tutte le catene laterali glucidiche aggiunte hanno inizialmente una struttura comune chiamata oligosaccaride core, che consiste di 2 N-acetilglucosamina, 9 mannosio e 3 glucosio. Il completamento del core oligosaccaridico avviene nel lume del RER. L’oligosaccaride viene trasferito da un trasportatore lipidico di dolicolo fosfato (carrier) alle catene peptidiche per mezzo di una oligosaccaridi transferasi. Tre residui di glucosio sono rimossi prima del trasferimento della glicoproteina al Golgi. La glicosilazione influisce sul corretto folding delle proteine: ad una proteina non ripiegata correttamente vengono prima rimosse 2 delle 3 unità di glucosio aggiunte (resta con 1 glucosio), poi prende contatto con proteine del lume come la calnexina per ripiegarsi correttamente; se il ripiegamento non è ancora corretto viene nuovamente aggiunta un’unità di glucosio. Una volta foldata correttamente viene rimosso definitivamente il glucosio e si formano legami intramolecolari come ponti disolfuro permettono la formazione della struttura definitiva terziaria. Le tossine del botulino e del tetano sono in grado di idrolizzare alcune proteine del complesso SNARE della giunzione neuromuscolare, impedendo il rilascio del neurotrasmettitore dalle vescicole sinaptiche e provocando una paralisi. ENDOCITOSI La membrana si invagina formando una cavità contenente macromolecole o altro materiale e si chiude formando una vescicola che si distacca da essa. Le vescicole di endocitosi sono solitamente indirizzate ai lisosomi. Fagocitosi​: ingestione di grosse particelle per nutrizione, difesa o rimozione di detriti. Un caso peculiare di fagocitosi è l’​autofagia​: processo fisiologico in cui la membrana avvolge organelli e citosol formando un autofagosoma, il quale si fonde con il lisosoma e da origine ad un endosoma maturo che digerisce i componenti organiche della cellula stessa. L’autofagia elimina organelli, proteine danneggiate e patogeni intracellulari. Casi di fagocitosi sono: es. globulo bianco che distrugge un batterio, macrofago che elimina globuli rossi invecchiati. Endocitosi aspecifica o generalizzata​: per il controllo del volume e dell’area superficiale della cellula (pinocitosi). Implica l’assunzione aspecifica di molecole di varia natura diluite in goccioline di liquido extracellulare e permette nello stesso tempo il riciclaggio della membrana plasmatica. Endocitosi mediata da recettore​: processo di internalizzazione di macromolecole specifiche, capace di concentrare i soluti riducendo al minimo il bisogno di formare vescicole. L’endocitosi mediata da recettore è sfruttata da alcuni virus per entrare nelle cellule ospiti. L’endocitosi mediata da recettore fu scoperta grazie ad uno studio sulla predisposizione ereditaria per l’ipercolesterolemia familiare, causata da mutazioni del gene che codifica per il recettore delle LDL (trasportano colesterolo nel sangue sotto forma di particelle lipoproteiche: eccessiva quantità di colesterolo LDL circolante nel sangue può accumularsi progressivamente sulle pareti arteriose formando placche aterosclerotiche). Una patologia autosomica dominante causata da un’alterazione della proteina APOB100R, recettore per LDL, provoca alti livelli di colesterolo nel sangue creando una patologia aterosclerotica precoce. Es. assorbimento di vari metaboliti come il ferro (il questo caso il ligando è riciclato insieme al suo recettore). La transferrina è una proteina di trasporto per il ferro che, una volta legato il ferro diventa ferrotransferrina: questo ligando una volta internalizzato in vescicole ricoperte cede il ferro all’interno degli endosomi e poi è rilasciato insieme al recettore specifico; il ferro è poi immagazzinato nel citoplasma insieme alla proteina ferritina (in altri casi sia il recettore che il ligando sono trasferiti nei lisosomi dove sono degradati). Altre vie endocitiche portano ai lisosomi: l’endocitosi può essere usata per regolare la concentrazione di proteine sulla membrana plasmatica come nel caso del trasportatore del glucosio. L’insulina scatena una via di segnalazione che causa la rapida inserzione di trasportatori del glucosio sulla membrana plasmatica, aumentando così l’assunzione di glucosio. Transcitosi​: altre macromolecole possono essere trasferite attraverso i foglietti epiteliali per transcitosi come nel caso di un neonato che ottiene anticorpi dal latte materno trasportandoli attraverso l’epitelio dell’intestino; gli anticorpi vanno a fondersi in un endosoma precoce che diventa così un endosoma riciclante che permette a questi anticorpi arrivati dal lume intestinale di ritrovarsi nel fluido extracellulare (in questo caso si ha un passaggio dal dominio basolaterale a quello apicale della membrana plasmatica). LISOSOMI I lisosomi sono delle sacche di 0,2, 0,5 picometri contenenti enzimi idrolitici (nucleasi, proteasi, glicosidasi, lipasi, fosfatasi, solfatasi e fosfolipasi) per la digestione intracellulare di materiale di diversa natura. Le idrolasi acide funzionano ad un pH acido (4,5-5) che protegge la cellula dall’eventuale rottura dal momento che se rilasciate nel citosol (pH=7,3) sarebbero inattive. Sono sintetizzate nel RER e sono altamente glicosilate (grande quantità di proteoglicani) rendendo la membrana stessa meno suscettibile all’attacco delle idrolasi acide. Le idrolasi lisosomiali sono le uniche a presentare un marcatore specifico MP6 aggiunto nel CGN. Biogenesi dei lisosomi: vescicole provenienti dall’invaginazione della membrana cellulare (endosomi precoci) vanno incontro a maturazione trasformandosi in endosomi tardivi che a loro volta si fondono con vescicole ricche di idrolasi (vescicole idrolasiche) provenienti dal TGN; quando le vescicole idrolasiche si fondono con l’endosoma tardivo si forma l’endolisosoma che successivamente diventerà un lisosoma, dove inizia il processo di degradazione. Malattie da accumulo lisosomiale​: gruppo di più di 40 patologie genetiche caratterizzate dall’accumulo di metaboliti nei lisosomi (di solito polisaccaridi o lipidi); nella maggior parte dei casi sostanza/e si accumula perché gli enzimi digestivi sono difettosi o perché la proteina che trasporta i prodotti della degradazione dal lume lisosomiale al citosol è difettosa. La soluzione a queste patologie è solitamente l’ERT (enzyme replacement therapy): l’enzima sintetizzato in vitro viene somministrato per via endovenosa, esso si lega al recettore Mannosio-6-fosfato tipico del lisosoma e viene endocitato supplendo alla mancanza dell’enzima endogeno. ❏ Malattia di Gaucher: deficit dell’enzima glucocerebrosidasi determina l’accumulo di glucocerebrosidi ❏ Malattia di Tay-Sachs: deficit dell’enzima esosaminidasi e determina l’accumulo del ganglioside GM2. ❏ Malattia a cellule I (con inclusioni) dovuta al difetto di un singolo gene che codifica per una GlcNAc-fosfotransferasi, l’enzima che “marca” gli enzimi lisosomiali nel Golgi. PEROSSISOMI I perossisomi sono piccoli organelli sferici circondati da una singola membrana e particolarmente abbondanti nelle cellule del fegato e dei reni. Non fanno parte del sistema di endomembrane. Contengono numerosi enzimi ossidativi tra cui perossidasi, catalasi e urato ossidasi che utilizzano ossigeno per rimuovere atomi di idrogeno da specifici substrati, producendo H2O2 (degradato senza che lasci mai il perossisoma). I perossisomi costituiscono un compartimento riservato a reazioni “pericolose”: 1. metabolismo del perossido di idrogeno H2O2; 2. detossificazione di composti nocivi; 3. ossidazione degli acidi grassi (come quelli a catena lunga); 4. metabolismo di composti contenenti azoto; 5. catabolismo di sostanze insolite. Ossidasi​: coinvolti in reazioni di ossidazione che usano direttamente O2 come accettore di elettroni, producendo perossido di idrogeno RH2 + 02 ! R + H202 (es. ossidazione e accorciamento di acidi grassi a catena lunga). Catalasi​: è in grado di degradare velocemente l’H2O2, che utilizza per ossidare diversi substrati (fenoli, acido formico, formaldeide e alcol) oppure converte H2O2 in acqua e ossigeno utilizzano l’O per ossidare altri composti. Un esempio è l’ossidazione dell’etanolo nel fegato: la catalasi funziona come perossidasi perché il perossido di idrogeno viene ridotto ad acqua. Urato ossidasi​: catalizza l’ossidazione dell’acido urico seguendo la via delle purine e originando come sottoprodotto H2O2, eliminato poi dalla catalasi. Patologie​: ❏ Adrenoleucodistrofia: progressiva demielinizzazione cerebrale e atrofia delle ghiandole surrenali causata da una mutazione nel gene che codifica per il trasportatore degli acidi grassi a catena lunga (ALDP), i quali vengono perciò mantenuti nella cellula e non vengono portati nei perossisomi per essere accorciati. NB una funzione dei perossisomi è infatti quella di catalizzare le prime reazioni che portano alla formazione del plasmalogeno (fosfolipide trovato nella mielina). Alterazioni a carico dei plasmalogeni sono la causa di diverse malattie neurologiche. L’accumulo di acido cerotico (acido grasso saturo) nel sangue danneggia la mielina. ❏ Sindrome di Zellweger: correlata con deficit neurologici e distruzione progressiva di fegato e reni. In questo caso la mutazione è in più geni “PEX”, cioè i geni che codificano per proteine coinvolte nella biogenesi dei perossisomi: tutte quelle reazioni che RESPIRAZIONE CELLULARE Il metabolismo energetico implica delle reazioni redox in cui un composto viene ossidato cedendo e- (e atomi di H+) e un altro viene invece ridotto acquistandoli. La respirazione cellulare è un processo mediante il quale la cellula ottiene energia da zuccheri o altre molecole organiche ottenute dall’alimentazione, permettendo ai loro atomi di carbonio e di idrogeno di combinarsi con l'ossigeno per produrre CO2 e H2O: il glucosio è uno dei substrati ossidabili più importanti nel metabolismo energetico. L’ossidazione completa del glucosio è fortemente esoergonica e produce ATP. La respirazione cellulare dipende da quella polmonare in quanto essa fornisce l’ossigeno necessario per fare avvenire la reazione (gli elettroni perdono energia potenziale). Nell’ossidazione in più passaggi dello zucchero, l’energia rilasciata viene trasportata da molecole trasportatrici, mentre se facessimo la combustione diretta dello zucchero con una fiamma verrebbe comunque rilasciata l’energia sotto forma di calore senza però poter essere utilizzata. I ​trasportatori di elettroni sono molecole che accettano facilmente elettroni/idrogeno e altrettanto facilmente li cedono a molecole che hanno verso gli elettroni/idrogeno una maggiore affinità. I trasportatori di elettroni assistono la funzione di enzimi che catalizzano reazioni di ossido-riduzione, sono pertanto definiti coenzimi ossidoriduttivi (in grado di passare da uno stadio ridotto ad uno ossidato e viceversa). I ​coenzimi non vengono consumati ma sono riciclati nella cellula in modo che la concentrazione intracellulare relativamente bassa di un dato coenzima sia sufficiente a far fronte alle necessità della cellula stessa. - NAD+, nicotiammide adenin dinucleotide: funge da accettore di elettroni aggiungendo 2e- e un protone al suo anello aromatico, convertendosi nella sua forma ridotta NADH (trasporta e-). - FAD, flavin adenin dinucleotide: accetta 2e- convertendosi nella forma ridotta FADH2. L’ossidazione del glucosio produce liberazione di e- che vengono accettati da trasportatori tramite riduzione durante la glicolisi (citosol) e poi ceduti all’ossigeno durante il ciclo di Krebs o ciclo di acidi carbossilici (mitocondrio) e la fosforilazione ossidativa. In assenza di ossigeno la glicolisi prosegue con la fermentazione lattica o alcolica (citosol): le reazioni fermentative sono necessarie per riossidare NADH in modo da rigenerare NAD+ e generare energia senza interposizione di ossigeno come accettore di elettroni. GLICOLISI La molecola di glucosio a sei atomi di C viene scissa in due molecole a 3 atomi di C (2xpiruvato): durante la formazione verrà ridotto 2xNAD+ in 2xNADH e verrà rilasciato 2xATP. La glicolisi è una sequenza di 10 reazioni, ognuna delle quali è catalizzata da specifici enzimi: il glucosio viene ossidato da diversi enzimi e alla fine diventa piruvato. Nelle prime fasi della glicolisi viene consumato ATP (prime fasi sono reazioni endorgoniche) per permettere la lisi del glucosio, producendo due intermedi che vengono ossidati per formare due molecole di piruvato e produrre 4ATP e 2NADH: una parte dell’energia liberata viene conservata nell’ATP e una parte resta con gli elettroni nei trasportatori di elettroni ovvero il NADH. FERMENTAZIONE In assenza di ossigeno la glicolisi prosegue con la fermentazione: - Fermentazione ​lattica​: avviene nei lattobacilli e in alcuni tessuti come il muscolo scheletrico, il piruvato in assenza di ossigeno rigenera il NAH+ riprendendo H+ ed e- fino ad essere trasformato in lattato (acido lattico). - Fermentazione ​alcolica​: avviene nei lieviti in cui il glucosio dopo essere stato trasformato il piruvato rilascia CO2 ed essendosi trasformato in gliceraldeide, prende gli e- ceduti dal NADH diventando etanolo. Non tutti i batteri sono anaerobi, esistono una vasta gamma di batteri aerobi come ad esempio Helicobacter Pylori. ​ CICLO DI KREBS L’ossidazione del piruvato avviene all’interno della matrice mitocondriale e gli elettroni in questo passaggio sono assorbiti dal NAD+ e dal FAD che ne mediano il trasferimento: il trasferimento degli elettroni all’ossigeno avviene all’interno della membrana mitocondriale interna e l’energia di ossidazione del NADH e del FADH2 viene convertita in energia per fare i legami fosfato dell’ATP. Passaggi: 1. Piruvato viene ossidato (formazione di NADH) in gruppo acetile con 2 atomi di C e si lega al trasportatore di acetato CoA: Acetil-CoA 2. Entrato nel ciclo di Krebs, Acetil-CoA trasferisce il gruppo acetato a 2C ad un accettore a 4C, l’ossalacetato, formando il citrato (6C) 3. Decarbossilazioni si verificano in corrispondenza di 2 tappe del ciclo di Krebs, per cui l’ingresso di 2C sotto forma di acetile è bilanciato dalla perdita di 2C sotto forma di CO2. 4. Ossidazioni si verificano in corrispondenza di quattro tappe, in tre delle quali l’accettore di e- è il NAD+ e in una delle quali è il FAD. 5. In una tappa viene prodotto ATP, con il GTP come intermedio nelle cellule animali. 6. Un giro del ciclo si completa con la rigenerazione dell’ossalacetato: si verificano 2 cicli per le due molecole di Acetil-CoA. NB ad ogni giro dell’attività del ciclo dell’acido citrico due atomi di carbonio entrano in forma organica (come acetato) e due atomi di carbonio escono come forma inorganica (come anidride carbonica) FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA Gli e- (H+) trasportati dal NADH sono utilizzati per ridurre l’ossigeno ad acqua (reazione esoergonica). Il NADH deve essere di nuovo trasformato in NAD+ e l’energia di ossidazione del NADH viene convertita in legami ad alta energia fosfoanidridici, quindi legami dei gruppi fosfato della molecola di ATP. La fosforilazione ossidativa è il processo complessivo della sintesi di ATP conseguente al trasferimento degli elettroni all’ossigeno. 1. Gli e- sono trasferiti dal NADH all’ossigeno tramite una catena di trasporto degli elettroni (catena respiratoria). 2. L’energia liberata dal flusso di elettroni (versi l’esterno) è utilizzata per pompare ioni H+ attraverso la membrana (verso l’interno): man mano che l’elettrone viene trasportato dalla catena di trasporto degli elettroni della membrana mitocondriale interna, gli ioni H+ vengono pompati dalla matrice mitocondriale verso lo spazio intermembrana per gradiente. 3. L’energia del gradiente di protoni è utilizzata dall’ATP sintetasi per formare ATP a partire da molecole di ADP. Complessi multiproteici (complessi respiratori) per il trasporto di elettroni(adenosintrifosfato)​: sono dei complessi transmembrana che agiscono secondo una precisa sequenza temporale e sono collocati nella membrana interna che, avendo un basso contenuto di colesterolo, risulta essere particolarmente fluida. Le proteine durante il trasferimento elettronico subiscono dei cambiamenti conformazionali che permettono di trasferire gli H+ dalla matrice allo spazio intermembrana contro un gradiente di concentrazione, creando una differenza di potenziale elettrico tra matrice e spazio intermembrana. I trasportatori di elettroni comprendono: - Flavoproteine: hanno un gruppo trasportatore di elettroni, il Flavin-Mono-Nucleotide (FMN) - Proteine ferro-zolfo: i gruppi trasportatori sono dei centri ferro-zolfo - Citocromi: i trasportatori sono dei gruppi eme, il ferro è utile poiché può passare dalla forma ossidata a quella ridotta e viceversa, sfruttando la capacità di trasportare gli elettroni - Citocromi contenenti rame: c’è un centro bimetallico ferro-rame che è in grado di acquisire e rilasciare elettroni - Ubichinone (coenzima Q): trasportatore mobile non associato a dei complessi respiratori, passa da una forma ossidata ad una ridotta attraverso il radicale libero ubisemichinone. Citocromi, proteine ferro-zolfo, flavoproteine e citocromi contenenti rame sono proteine contenenti gruppi prostetici che si ossidano e riducono reversibilmente. COMUNICAZIONE CELLULARE È essenziale nell’organizzazione della vita di organismi pluricellulari come l’uomo in cui le cellule comunicano attraverso un’ampia varietà di segnali extracellulari: il problema della coordinazione e della regolazione delle diverse attività cellulari o tissutali assume una particolare importanza in quanto l’organismo è costituito da tessuti diversi in cui risiedono cellule specializzate. Una cellula può ricevere stimoli: - Provenienti da un’altra cellula - Provenienti da agenti esogeni biologici (batteri e virus). - Provenienti da agenti chimico-fisici (raggi UV, calore, durezza del substrato es. la cellula dell’osso risente di un ambiente a durezza molto elevata per cui presenta un differenziamento adeguato ad esso). Principi generali sullo scambio di segnali tra cellule: 1. Sintesi e rilascio di molecole segnale da parte della cellula segnalatrice (esocitosi o per diffusione). 2. Trasporto alla cellula bersaglio. 3. Ricezione dell’informazione da parte della cellula bersaglio tramite un recettore proteico (di membrana o intracellulare). 4. Conversione del segnale extracellulare in un segnale intracellulare che modifica il comportamento della cellula (trasduzione del segnale). Tipi di risposte cellulari possono essere: - Alterazioni del metabolismo. - Alterazioni della forma e dei movimenti. - Aumento o diminuzione della proliferazione. - Differenziamento. Segnalazione può essere: - rapida - lenta: la segnalazione deve essere recepita a livello del nucleo con modifiche a livello trascrizionale (espressione genica): trascrivere, maturare e tradurre un RNA implica una risposta che può impiegare anche diverse ore. La segnalazione può avvenire: - Tramite molecole secrete; - Tramite molecole di membrana: il ligando (molecola segnale) si trova sulla superficie della cellula segnalatrice e il recettore sulla superficie della cellula bersaglio (devono interagire direttamente). - Tramite giunzioni gap: canali che permettono il passaggio di molecole segnale. Inoltre la segnalazione può avvenire in due modi. Segnalazione a breve distanza: - paracrina: le molecole segnale diffondo nel mezzo extracellulare e vanno a colpire la cellula bersaglio es. fattori di crescita che agiscono sui tessuti vicini. - autocrina: la cellula manda il segnale e sé stessa o a cellule vicine dello stesso tipo es. fegato Segnalazione a distanza: - endocrina: le molecole segnali sono gli ormoni, che grazie al torrente circolatorio raggiungono il bersaglio. - sinaptica: un segnale elettrico viaggia lungo l’assone della cellula nervosa e la molecola segnale (neurotrasmettitore) viene secreta a livello della sinapsi. Molecole recettrici​: i recettori sono tipo-specifici e la capacità di una cellula di rispondere alla molecola segnale dipende dal fatto che abbia o meno i recettori. I recettori possono trovarsi: - sulla membrana plasmatica (interfaccia esterno-interno): recettori per molecole idrofiliche (proteine, peptidi, aminoacidi, nucleotidi) - interno della cellula: recettori per molecole segnale idrofobiche (ormoni steroidei e tiroidei, retinoidi, ossido di azoto), capaci di attraversare il doppio strato fosfolipidico. Il fatto che una cellula possieda o no un recettore per quel segnale ha rilevanza nella biologia di base come in clinica. Il non possedere un corretto appaiamento recettore ligando può essere patologico ma anche protettivo. ❏ Ipercolesterolemia familiare ❏ Trasmissione dell’HIV, varianti di CCR5: la delezione di CCR5-D32 porta ad un recettore non funzionante, che previene l’ingresso nella cellula dei ceppi virali di HIV R5-tropici; la presenza di tale mutazione in omozigosi fornisce una forte protezione nei confronti dell’infezione da HIV, tuttavia aumenta la possibilità di infezione di altre infezioni virali come west nile virus (WNL). Molecole idrofobiche​: molte molecole segnale idrofobiche hanno come recettori delle proteine intracellulari che agiscono da regolatori della trascrizione (la risposta a valle è sempre la regolazione dell’espressione genica). L’ormone steroideo entra all’interno della cellula, legandosi ad un recettore proteico intracellulare che cambia conformazione in seguito al legame. Il complesso recettore-steroide attivato entra nel nucleo legandosi alle regioni regolative del DNA, inducendo un’attivazione della trascrizione dei geni bersaglio (risposta di tipo lento). La risposta agli ormoni steroidei, tiroidei e retinoidi dipende tanto dalla natura della molecola segnale quanto dalla natura della cellula bersaglio. I geni attivati da uno stesso recettore sono diversi nei vari tipi cellulari (controllo combinatorio da parte di diversi attivatori e repressori). Funzioni di alcune molecole segnale che si legano a recettori nucleari: - cortisolo: prodotto nella corticale (zona fascicolata) del surrene, influenza il metabolismo di molte cellule, la risposta allo stress e le risposte immunitarie. - estradiolo: prodotto nell’ovaio, influenza i caratteri sessuali secondari nella femmina. - testosterone: prodotto nei testicoli, influenza i caratteri sessuali secondari nel maschio. - tiroxina: prodotto nella tiroide, ha un ruolo nello sviluppo embrionale e aumenta la velocità metabolica in molti tipi cellulari. - acido retinoico: mediatore locale con un ruolo importante nel differenziamento di molti tipi cellulari. Molecole idrofiliche​: si legano a siti di legame presenti a livello della membrana plasmatica. I ligandi possono viaggiare da soli, attraverso proteine carrier (SBP, steroid binding protein) o inseriti in vescicole (LDL o esosomi). Il recettore passa da uno stato inattivo ad uno attivo grazie al legame con il ligando: quando il messaggero primario (ligando) raggiunge il tessuto bersaglio, si lega a recettori presenti sulla superficie delle cellule bersaglio dando inizio al processo della trasmissione del segnale. Il legame ligando-recettore induce una risposta a valle, ovvero la produzione di altre molecole, i messaggeri secondari, piccole molecole o ioni che spostano il segnale da una localizzazione cellulare come la membrana plasmatica, verso l’interno della cellula dando inizio ad una cascata di eventi che spesso porta a modificazioni dell’espressione di specifici geni nella cellula ricevente. Il secondo messaggero fa da ponte tra il complesso recettore-ligando e la molecola bersaglio intracellulare che può essere citoplasmatica o nucleare. A differenza dei recettori di membrana, il numero di secondi messaggeri e vie di segnalazione attivate è ristretto. Si parla di trasduzione del segnale intesa come capacità delle cellule di trasformare un interazione recettore-ligando in una modifica funzionale o di espressione genica. Per ogni molecola segnale che si lega al recettore, a valle possiamo avere l’attivazione di bersagli multipli: ​amplificazione e divergenza​ durante la “cascata” di trasduzione del segnale. Amplificazione del segnale: sono necessarie poche molecole di ligando (limitazione dei recettori e dei ligandi) per indurre una notevole risposta nella cellula bersaglio es. produzione di milioni di molecole di glucosio dal glicogeno, che avviene nel fegato in seguito allo stimolo di una singola molecola di adrenalina. Interazione recettore-ligando​: vi sono recettori specifici per ogni molecola segnale e la capacità di una cellula di rispondere ad una molecola segnale dipende dal fatto che possieda o no un recettore per quel segnale. Le interazioni: - sono interazioni deboli non covalenti (elettrostatiche, idrofobiche, ponti H, forze di Wan der waals). - hanno durata spesso transiente. - hanno diversi gradi di specificità. si disattiva e si riassembla tornando trimerica e il canale del potassio può essere chiuso nuovamente. - enzimi: in questo caso il substrato della proteina G è un enzima che passa dallo stato attivo a quello inattivo. L’attivazione di un enzima può cambiare la concentrazione di un mediatore intracellulare, ovvero di un secondo messaggero che agisce a sua volta alterando il comportamento di altre proteine intracellulari. I principali bersagli delle proteine G sono: 1. Adenilato ciclasi, enzima responsabile della formazione del cAMP 2. Fosfolipasi C, enzima responsabile della formazione dell’inositolo trifosfato e dal diacilglicerolo 3. Canali ionici (in particolare calcio e potassio). ADENILATO CICLASI ( VIA DELL’AMP CICLICO) L’AMP ciclico (cAMP) è un secondo messaggero sintetizzato a partire dall’ATP citosolico dell'enzima adenilato ciclasi, il quale si trova ancorato alla membrana plasmatica e si affaccia nel citosol con il suo sito catalitico. In condizioni normali l’enzima è inattivo e resta tale fintanto che non si lega alla subunità Gα attivata da una specifica proteina Gs: il legame attiva l’enzima che converte ATP in cAMP. Le proteine G rispondono rapidamente alle modificazioni della concentrazione del ligando (subunità Gα idrolizza rapidamente GTP a GDP ritornando allo stato inattivo): in seguito all’inattivazione della proteina G l’adenilato ciclasi smette di sintetizzare cAMP ma i livelli di cAMP nella cellula rimarrebbero comunque elevati se non intervenisse l’enzima fosfodiesterasi a degradarlo. Il principale bersaglio intracellulare del cAMP è la PKA: essa catalizza la fosforilazione di diverse proteine cellulari trasferendo un gruppo fosfato da una molecola di ATP a una serina o una treonina presente nella proteina bersaglio es. proteine coinvolte nella produzione di energia (può anche fosforilare il recettore causano inibizione retrograda). Proteina chinasi A​: è un tetramero composto da due subunità regolatrici (a cui si legano due molecole di cAMP per ciascuna subunità) e da due subunità catalitiche. Il legame con cAMP comporta la dissociazione della proteina nel dimero regolatore e nelle due subunità catalitiche, che vengono attivate e fosforilano serine o treonine di proteine bersaglio. Ha diverse funzioni nucleari o citoplasmatiche: - risposta nucleare​: la PKA attivata fosforila il fattore trascrizionale CREB e induce l’espressione di geni che contengono una sequenza regolativa chiamata CRE. es. in alcune cellule PKA può attivare geni codificanti ormoni quali la somatostatina: dopo aver fosforilato la proteina CREB attivandola, questa a sua volta si lega a sequenze CRE poste nella regione regolatrice di quel gene. - risposta citoplasmatica​: a livello del citoplasma la PKA attivata fosforila degli enzimi che sono coinvolti nel metabolismo del Glicogeno poiché quando la PKA è attiva il glicogeno si trasforma in Glucosio-1-fosfato, viene scisso e matabolizzato. Es. mobilizzazione del glucosio nelle cellule del muscolo scheletrico: ormone adrenalina attiva il recettore/proteina G che mette in modo la produzione di cAMP e quindi di PKA nel citoplasma; in seguito si ha l’attivazione tramite fosforilazione della glicogeno fosforilasi che induce la degradazione del glicogeno e l’inattivazione della glicogeno sintetasi che causa un blocco della sintesi del glicogeno, portando ad un complessivo aumento del glucosio nel sangue. È l’amplificazione del segnale che porta alla degradazione del glicogeno in risposta all’adrenalina. Patologie dovute ad alterazioni del funzionamento di proteine G eterotrimeriche​: ❏ colera: provocato dalla secrezione della tossina colerica in seguito ad un’infezione intestinale da parte del Vibrio cholerae, la quale altera la secrezione di sali e di liquidi nel lume dell’intestino. In condizioni normali la secrezione è regolata da ormoni che inducono modificazioni dei livelli intracellulari di cAMP attraverso proteine Gs. La tossina colerica ha un dominio enzimatico in grado di modificare chimicamente la proteina Gs, legando covalentemente una molecola di ADP-ribosio e inibendo la sua funzione GTPasica: come risultato la Gs non si spegne (è sempre legata al GTP e non è mai legata al GDP) e i livelli di cAMP restano alti e le cellule intestinali continuano a secernere elevate quantità di sali e acqua provocando disidratazione. ❏ pertosse: la tossina della pertosse, secreta da Bordetella Pertussis, ha come bersaglio una proteina inibitoria (Gi) la cui funzione è quella di spegnere l’adenilato ciclasi (si forma eccessivo cAMP). FOSFOLIPASI C ( VIA DEL CALCIO) La concentrazione degli ioni calcio viene mantenuta bassa nel citoplasma spostando il calcio verso l’esterno della cellula o in compartimenti intracellulari. Il fosfatidil-inositolo-4,5-bifosfato è un fosfolipide che in seguito all’attivazione dell’enzima fosfolipasi C viene scisso in due molecole: inositolo trifosfato (IP3) e diacilglicerolo (DAG). IP3 e DAG funzionano da secondi messaggeri nella regolazione di un gran numero di funzioni cellulari. La sequenza di eventi inizia con il legame di un ligando al suo recettore di membrana, che induce l’attivazione di una proteina G specifica (Gq) la quale, a sua volta, attiva la fosfolipasi Cβ che genera sia IP3 che DAG. IP3 è idrosolubile e diffonde rapidamente nel citosol andandosi a legare ad un canale del calcio ligando-dipendente, il canale recettore dell’IP3, presente nelle membrane del RE. L’apertura del canale genera il rilascio degli ioni calcio che si legano alla proteina calmodulina e il complesso calcio- calmodulina attiva determinati processi fisiologici. Di norma la concentrazione di calcio nel citosol è mantenuta a livelli molto bassi grazie alle calcio ATPasi, presenti nella membrana plasmatica del RE. Calmodulina​: proteina citosolica formata da due domini globulari (mani) connessi da una regione ad elica (braccio). Ciascuna estremità ha due siti di legame per il calcio, permettendo il legame di 4 ioni calcio. A seguito del legame la calmodulina cambia conformazione e si forma un complesso attivo calcio-calmodulina le cui due mani si avvolgono intorno al sito di legame di una proteina bersaglio: il complesso Ca2+/calmodulina attiva una varietà di proteine bersaglio incluse le proteine chinasi Ca/calmodulinadipendenti (CaM-chinasi). Il calcio rilasciato agisce a sua volta come secondo messaggero, attivando enzimi della famiglia delle proteine chinasi C (PKC) in grado di fosforilare residui specifici di serina e treonina. La ​PKC influenza la crescita cellulare, regolazione canali ionici, modifiche del citoscheletro, aumento pH cellulare, secrezione di molecole. La varietà delle risposte mediate dalle proteine G trimeriche dipende dall’esistenza di molte varianti di queste proteine: possono essere attivatrici o inibitrici e gli effettori e i loro substrati possono essere diversi. Alcune malattie dell’uomo sono collegate a proteine G o a recettori accoppiati a proteine G es. alcune tipologie di tumori, la pubertà precoce, l’ipercalcemia familiare, l’iperparatiroidismo grave. Terminazione della risposta dei recettori associati a proteine G: 1. Desensibilizzazione impedisce al recettore attivato di continuare ad attivare ulteriori proteine G es. GRK (chinasi del recettore accoppiato a proteine G) è una chinasi a serina/treonina che fosforila il dominio citoplasmatico del recettore disattivandolo. 2. Arrestine sono molecole che competono con le proteine G e provocano desensibilizzazione favorendo l’internalizzazione del recettore fosforilato in vescicole di clatrina. 3. PKA fosforila il dominio citoplasmatico dei recettori associati a proteine G, inibendone l’attività (esempio di feedback negativo) VIA DI SEGNALAZIONE DI RAS RAS è una proteina monomerica costituita da una singola subunità, attivata attraverso lo scambio GDP(inattiva)- GTP(attiva): una volta attivata, RAS può attivare a sua volta una cascata di chinasi a valle. La disattivazione non avviene per degradazione, ma attraverso una sua attività GTPasica, scindendo GTP in GDP+P. Se il recettore non è stimolato, RAS è nel suo stato inattivo legata al GDP: per essere attivata deve rilasciare GDP e acquisire una molecola di GTP grazie all’intervento di una proteina GEF, fattore di scambio del nucleotide guanina. Meccanismo​: 1. Arrivo della molecola segnale (fattore di crescita) che lega il recettore tirosin-chinasico. 2. Le due catene recettoriali dimerizzano si fosforilano l’un l’altra, attivandosi (autofosforilazione). 3. La proteina RAS non può fare da trasduttore del segnale poiché si trova in stato inattivo: RAS si attiva attraverso l’aiuto di un particolare GEF definito SOS. 4. SOS può interagire con RAS solo in maniera indiretta, attraverso una proteina adattatrice GRB2 che contiene un dominio SH2 (per attivare RAS vengono fosforite triosine del recettore). 5. RAS attivata induce la trasduzione del segnale attraverso fosforilazioni successive e vie multiple inducendo la sopravvivenza e la proliferazione cellulare. La proteina RAS è in grado di attivare la via delle map chinasi (MAPK): a seguito dell’attivazione di RAS si ha la trasduzione del segnale e una cascata di fosforilazione. Fra le proteine fosforilate vi sono le MAP-chinasi, famiglia di enzimi che stimolano la divisione cellulare (vengono inattivate da fosfatasi specifiche) La via delle MAPchinasi è composta da: RAS fosforila RAF, che fosforila MEK, che fosforila ERK-1 ed ERK-2. L’ultima MAP chinasi inizia a fosforilare proteine bersaglio coinvolte nella proliferazione, crescita e differenziamento cellulare. Anche l’ambiente in cui si trova la cellula può dare origine ad un segnale di trasduzione: - alcune vie di segnalazione intracellulare (GBR2, SOS, RAS) sono attivate anche da proteine di adesione, che permettono ad una cellula di ancorarsi al substrato - a matrice extracellulare mediante le integrine (connesse a tirosin chinasi citoplasmatiche come FAK, focal adhesion kinase) permette la trasduzione del segnale a valle. VIA DI SEGNALAZIONE DELLA PI3K La PI3K fosforila il lipide fosfatidil-inositolo. Anche questa è fondamentale nella sopravvivenza e nella crescita cellulare ed è inibita da fosfatasi specifiche. Il legame specifico fattore di crescita-RTK e la dimerizzazione di quest’ultima determinano l’attivazione della PI3K. A sua volta, la PI3K fosforila PIP2, che a causa dell’aggiunta di un gruppo fosfato diventa PIP3. PIP3 promuove la sopravvivenza cellulare attivando una chinasi definita AKT in modo:. 1. Diretto (legame e attivazione di AKT). 2. Indiretto (legame e attivazione della chinasi PDK1). ATK può a sua volta interagire con due differenti enzimi: - BAD: dissociandolo da un complesso che viene quindi attivato e che inibisce l’apoptosi - TOR: un’altra chinasi che attiva una via di trasduzione del segnale che determina infine un aumento della trascrizione di mRNA coinvolti nella crescita cellulare, quindi PI3K promuove la crescita cellulare. NB inibitori farmacologici di questo pathway sono farmaci utilizzati nella terapia di vari tumori: l’attività di PI3K è inibita da fosfatasi tra cui PTEN. Via di segnalazione dell’insulina​: il recettore dell’insulina agisce tramite il reclutamento e la fosforilazione della proteina adattatrice IRS1 (substrato del recettore dell’insulina) che a sua volta attiva sia la via di RAS che di PI3K. Una volta che PI3K è stata attivata converte PIP2 in PIP3 che attiva la chinasi AKT che fosforila proteine che attivano la glicogeno sintetasi per fosforilazione e stimolano l’inserimento di GLUT4 in membrana. GLUT4 è trasportato all’interno di vescicole che permettono ne permettono l’inserimento nella membrana plasmatica attraverso la fusione. Tramite questi meccanismi l’insulina controlla il livello del glucosio ematico. RECETTORI ASSOCIATI A TIROSINA-CHINASI NON RECETTORIALI Sono i recettori che non hanno attività tirosin-chinasica intrinseca: l’interazione tra un fattore di crescita e recettore causa l’attivazione di una chinasi intracellulare separata che avvierà poi la trasduzione del segnale determinando l’espressione genica. Un esempio sono i recettori per interleuchine: a seguito di legame fra ligando e recettore e autofosforilazione, viene attivata la chinasi JAK (Janus kinase) che ha attività tirosino chinasica e porta al reclutamento di STAT (Signal Transducer and Activator of Translation), le quali in seguito a fosforilazione si dimerizzano e traslocano al nucleo dove regolano espressione genica. RECETTORI CON ATTIVITÀ CHINASICA SU SERINA E TREONINA La classe più importante è rappresentata da una famiglia di proteine che legano fattori di crescita. Recettore TGFβ​: è un eterodimero composto da due tipi di subunità che una volta attivati si autofosforilano reclutando e fosforilando le proteine SMADs, le quali traslocano nel nucleo dove agiscono come fattori di trascrizione. La famiglia di recettori di TGFβ (transforming growth factor) regola sviluppo, fibrosi, sviluppo del sistema immunitario e ha un ruolo ambivalente nella tumorigenesi (può agire come promotore o soppressore tumorale). Le molecole della famiglia del TGFb sono i principali fattori che regolano l’organizzazione dell’ECM. ❏ Sindrome di Marfan: patologia autosomica dominante causata da mutazioni a carico della fibrillina, una proteina che controlla l’attivazione di TGFβ-1 e che mutata induce aracnoattilia, dislocazione del cristallino, distacco della retina ed aneurisma disseccante aortico. extracellulare il TNFalfa con i recettori per il TNFR1, mentre sul versante intracellulare il “dominio di morte” con TRADD, FADD, TRAF-2 e pro-caspasi 8. Il contatto recettore-legando provoca un cambiamento conformazionale, portando alla dissociazione della proteina inibitoria SODD dal dominio intracellulare: in tal modo la proteina TRADD è in grado di legarsi al "dominio di morte”, servendo da adattatrice per successive proteine. TRADD lega quindi FADD, che recluta la proteasi caspasi-8: un’alta concentrazione di caspasi-8 induce la propria attivazione autoproteolitica e il susseguente clivaggio di altre caspasi effetrici (caspasi-3) che inducono il processo apoptotico. Oltre al TNFalfa, vi sono altre proteine coinvolte ed espresse sulla superficie della cellula: es. FAS e il ligando FAS1. Il FAS1 è espresso in maniera complementare dai linfociti T citotossici: il linfocita citotossico contenente FAS1 incontra una cellula che deve andare in apoptosi e che quindi esprime FAS sulla sua superficie; quando cellula bersaglio e cellula killer interagiscono tra loro, il linfocita fa attivare a valle le procaspasi 8 e 3; a questo punto la cellula bersaglio vede nucleo, Dna e membrana degradarsi e la creazione di corpi apoptotici. Via intrinseca Prevede l’attivazione dell’apoptosi dell’interno della cellula a seguito di vari stress come danni al DNA, scompensi nella progressione del ciclo, mancanza di sostanze nutritive o apossia. In molti tipi cellulari la via intrinseca è costitutivamente attiva in assenza di fattori di sopravvivenza e avviene grazie al mitocondrio. Meccanismo​: 1. La cellula è a digiuno: arriva uno stimolo apoptotico. 2. Le proteine BAX, BAK o BAD si attivano e fanno uscire il citocromo C dal mitocondrio. 3. Il citocromo C viene perciò rilasciato nel citosol (stava nello spazio intermembrana), interagisce con una proteina adattatrice detta Apaf 1, creando il complesso proteina adattatrice-citocromo C. 4. Il complesso assemblato si associa a molecole di procaspasi9, creando una grande struttura detta “apoptosoma” in cui la procaspasi9 viene attivata a caspasi9 attiva che a sua volta attiva la procaspasi3. 5. Subendo taglio proteolitico e diventando caspasi 3, essa comincia l’apoptosi. Le proteine pro-apoptotiche sono Bad, Bax e Bak; mentre le anti-apoptotiche sono Bcl2 e BclXL che bloccano il rilascio di citocromo C (sono esse a regolare la via intrinseca dal momento che controllano il rilascio di citocromo C). Fattori di sopravvivenza possono bloccare l’apoptosi: 1. Produzione aumentata della proteina anti-apoptotica Bcl2 (blocca l’uscita del citocromo C) 2. Inattivazione della proteina pro apoptotica BAD Induttori dell’apoptosi: - attivatori fisiologici: riduzione della concentrazione di fattori di crescita in una cellula, perdita di adesione alla membrana extra cellulare, molecole segnale pro-apoptotiche - attivatori associati a condizioni patologiche: mancanza di sostanze nutritive, risposte immunitarie, tossine batteriche, oncogeni. - agenti chimici e fisici: farmaci chemioterapici, raggi gamma, raggi UV (ionizzanti e non ionizzanti). Inibitori dell’apoptosi: - fattori fisiologici: fattori di crescita, la stessa matrice che mantiene le cellule adese al substrato, ormoni. - prodotti genici virali: adenovirus, herpes virus, papillomavirus. - agenti farmacologici. CICLO CELLULARE La divisione cellulare è alla base di tutti i processi, intesa come riproduzione, accrescimento e rigenerazione. La divisione per gli organismi unicellulari equivale alla riproduzione. Il ciclo cellulare o di divisione è la serie di eventi che avvengono in una cellula tra 2 divisioni cellulari successive. 1. Crescita cellulare e duplicazione del materiale genetico: interfase (duplicazione si ha nella fase S). 2. Segregazione del materiale genetico: fase M o mitosi. 3. Divisione cellulare: citodieresi. Procarioti: nei batteri la divisione cellulare avviene per scissione binaria (semplice). Il DNA va incontro a duplicazione pertanto avviene la replicazione del DNA. La cellula si allunga e si forma un setto, una sorta di parete che divide due emicellule Eucarioti: il ciclo di una cellula eucariotica si divide in 4 fasi G1, S, G2 (interfase) e M (divisione del nucleo e citochinesi). + G0 nel caso in cui dopo G1 non vi sia segnale di divisione cellulare La durata del ciclo è molto variabile tra i diversi tipi cellulari e dipende essenzialmente dalla durata dell’interfase e non della mitosi. La media per un ciclo di cellule umane in coltura è di 24h di cui: Fase G1: 10 ore. Fase S: 8 ore. Fase G2: 4 ore. Fase M: 1 ora. MPF (complesso mitotico Cdk-ciclina)​ è un complesso proteico costituito da 2 subunità: 1. Cdk (cyclin-dependent kinase) mitotica con attività catalitica di tipo chinasico: catalizza la fosforilazione di proteine bersaglio innescando la mitosi; è attivata dalla ciclina e funziona solo in presenza della sua ciclina specifica. 2. Ciclina ha un ruolo di regolazione allosterica su Cdk: la ciclina costituisce la proteina regolatrice e attivatrice. Nel corso del ciclo cellulare si assiste a un aumento dell’attività di MPF correlato ad un aumento della concentrazione di ciclina che inizia nella fase S e continua per l’intera fase G2, raggiungendo una soglia critica che permette l’attivazione della Cdk mitotica alla fine della fase G2. In fase M vi è una brusca diminuzione di entrambe, dovuta alla distruzione delle cicline. Ne risulta il declino dell’attività della Cdk mitotica, che a sua volta impedisce il verificarsi di un’altra mitosi fino a che la concentrazione della ciclina mitotica non raggiunge di nuovo il picco durante il successivo ciclo cellulare. In popolazioni cellulari di intensa attività proliferativa si osserva una fluttuazione ciclica dei valori di MPF e di concentrazioni di ciclina. Oltre a richiedere il legame alla ciclina mitotica, l’attivazione della Cdk coinvolge anche la fosforilazione e la defosforilazione della proteina Cdk stessa: - appena la ciclina mitotica si lega alla Cdk, il complesso è inattivo e per essere attivo e indurre la mitosi il complesso deve ricevere un gruppo fosfato su un particolare amminoacido della molecola Cdk - inizialmente una chinasi inibitoria fosforila la Cdk in due posizioni, aggiungendo due gruppi fosfato inibitori e bloccandone il sito attivo - successivamente una chinasi attivatrice aggiunge il gruppo fosfato attivatore - l’attivazione avviene grazie alla rimozione degli inibitori da parte di una fosfatasi. - una volta attivata la sua attività chinasica induce l’entrata in mitosi. - cicline vengono degradate per ubiquitinazione da parte del proteasoma. Bersagli fosforilati dal complesso ciclina-cdk mitotico: 1. Lamina nucleare: è la frammentazione della membrana nucleare necessaria in mitosi affinché il materiale genetico possa segregare, avviene a seguito di una fosforilazione a carico delle lamine e delle proteine del poro nucleare. Le lamine fosforilate dalla Cdk, vengono depolimerizzate e disgregate e l’involucro nucleare viene destabilizzato; in telofase la defosforilazione permette un riassemblaggio di porzioni di membrana nucleare e di lamine che permettono, in seguito alla formazione di vescicole, la ricostituizione della membrana. 2. Istone H1, condensine: le condensine sono complessi proteici che contribuiscono all’avvolgimento dei cromatidi in strutture più corte e compatte (cromosomi). 3. MAP nucleari (proteine associate ai microtubuli): formazione del fuso mitotico. 4. APC/C (complesso che promuove l’anafase): permette la separazione dei cromatidi con la transizione anafase-telofase e la distruzione della ciclina mitotica impedendole di andare incontro ad un’ulteriore divisione. APC​: è un complesso proteico con attività di ubiquitina-ligasi che promuove l’ubiquitinazione (aggiunta di residui di ubiquitina) e la degradazione della securina e della ciclina mitotica. La securina è una proteina che inibisce la separazione dei cromatidi fratelli ed è un inibitore della separasi. Il complesso APC induce una degradazione della securina e il funzionamento della separasi che degrada la coesina permettendo la segregazione dei due cromatidi fratelli. Allo stesso tempo l’APC attiva la degradazione della ciclina mitotica che permette l’uscita dalla fase M e la transizione in G1. Le varie fasi del ciclo cellulare sono controllate da famiglie di Cdk e cicline. Nel lievito la stessa Cdk forma dei complessi con diverse cicline per controllare diverse fasi del ciclo. Nelle cellule animali si hanno invece diverse Cdk e diverse cicline. Le Cdk descritte negli organismi animali sono le Cdk4, Cdk2 e Cdk1 e ad ogni fase del ciclo c’è una diversa espressione del livello delle cicline D, E, A, V che interagiscono a loro volta con un unico partner, ovvero la loro specifica Ciclina attivatrice. Proteina Rb (poiché trovata nel retinoblastoma): è un bersaglio dei complessi ciclina/CdK della transizione G1/S, poiché controlla l’espressione di geni i cui prodotti proteici sono necessari per oltrepassare il punto di restrizione ed entrare in fase S. Prima di essere fosforilata dal complesso Cdk-ciclina G1, Rb lega ed inibisce il fattore trascrizionele E2F, una proteina che attiva la trascrizione di geni che codificano prodotti necessari per iniziare la replicazione del DNA. In seguito allo stimolo proliferativo (es. fattori di crescita) il complesso Cdk-ciclina G1 catalizza la fosforilazione di Rb: le molecole di Rb fosforilate perdono la capacità di trattenere E2F che, essendo libero, attiva la trascrizione dei geni necessari all’ingresso in fase S. I geni attivati da E2F comprendono: - Ciclina A e E (servono in fase S e G2). - Enzimi per la biosintesi di nucleotidi. - Subunità della DNApolimerasi. Regolazione dell’attività delle CdK: - mediante cicline - mediante fosforilazione - mediante proteine inibitrici: se è presente in alta concentrazione un inibitore, esso lega il complesso ciclina-Cdk attivato rendendolo inattivo sui suoi geni bersaglio a causa di un ingombro sterico (sono specifici per Cdk) Gli inibitori delle Cdk mediano l’arresto del ciclo in risposta a segnali provenienti dall’esterno o dall’interno. Gli inibitori largamente studiati sono; - P21​: è attivato in risposta al differenziamento cellulare (una cellula che differenzia terminalmente non ha attiva proliferazione), oppure a causa di danni al DNA per evitare che le cellule figlie non abbiano a loro volta il DNA danneggiato. - P27​: è indotto dai contatti cellula-cellula (inibizione da contatto) e viene bloccato da fattori di proliferazione. - P57​: è indotto da un segnale pro-differenziativo, come il differenziamento terminale. - P16​: è indotto dalla senescenza cellulare. Il sistema di controllo che regola la progressione del ciclo cellulare ha diversi compiti. - deve garantire che tutti i processi associati con le diverse fasi siano portati a termine al tempo dovuto e nella sequenza corretta - deve assicurare che ogni fase del ciclo sia stata completata correttamente prima che inizi la successiva - deve essere in grado di rispondere alle condizioni esterne che segnalano alla cellula di crescere e dividersi Il controllo del ciclo cellulare avviene in 3 fasi: 1. Transizione G1-S, punto di controllo in G1: avviene un controllo di qualità della cellula verificando la corretta dimensione, la presenza di nutrienti e fattori di crescita necessari e l’assenza di danni al DNA. In presenza di problemi la cellula entra in G0. 2. Transizione G2-M, punto di controllo in G2: controllo di parametri come la dimensione della cellula e il completamento della replicazione del DNA. 3. Transizione metafase-anafase, punto di controllo di assemblaggio del fuso: si controlla che tutti i cromosomi siano attaccati al fuso poiché si programma la segregazione dei cromosomi nelle due cellule figlie e l’uscita dalla mitosi; il cromosoma non ancora attaccato al fuso recluta proteine Mad e Bad che si accumulano a livello dei cinetocori cromosomici non agganciati, dove sono convertite in un complesso multiproteico che inibisce il complesso che promuove l’anafase, bloccando l’azione di uno dei suoi attivatori fondamentali, la proteina Cdc20. BIOLOGIA DEI TUMORI Un cancro consiste in una crescita anomala di tessuto in cui le cellule si dividono e si accumulano in modo incontrollato e relativamente autonomo, portando ad un aumento progressivo del numero di cellule in divisione. La risultante massa di tessuto in crescita è detta tumore (neoplasia). Un tumore benigno si accresce in un’area locale confinata e di rado risulta essere pericoloso. In contrasto i tumori maligni sono in grado di invadere tessuti circostanti e di entrare nel circolo sanguigno, diffondendosi in zone corporee distanti. Omeostasi cellulare: equilibrio finemente regolato tra moltiplicazione cellulare e morte cellulare. Una popolazione deve mantenere sempre un numero stabile di cellule pertanto la grandezza complessiva della popolazione è standard. Nel caso in cui aumenti il tasso di proliferazione con un uguale tasso di apoptosi si nota un aumento del numero di cellule e le cellule che iperproliferano sono alla base delle neoplasie. La proliferazione del ciclo cellulare è stimolata da mitogeni. La morte cellulare si base invece sull’attivazione delle caspasi, indotta da segnali apoptotici e danno cellulare. Cellule tumorali: - Non rispettano i segnali che regolano la proliferazione cellulare ma sfuggono a segnali che bloccano la proliferazione come la senescenza o il differenziamento - Aggirano le limitazioni programmate alla proliferazione sfuggendo alla senescenza replicativa ed evitando il differenziamento. - Sono meno propense, rispetto alle cellule normali ad andare in apoptosi. - Inducono la collaborazione di cellule normali presenti nel loro microambiente. - Sfuggono al tessuto dove risiedono (sono invasive): cellule ad alto potenziale metastatico che entrano nel torrente circolatorio invadendo altri tessuti - Sopravvivono e proliferano anche in siti estranei. La crescita tumorale è il risultato di mutazioni somatiche: un’unica mutazione non è sufficiente a scatenare l’insorgenza di un tumore, al contrario esso è dovuto ad un accumulo di mutazioni (mutazioni in geni della regolazione del ciclo cellulare, geni per i recettori dei fattori di crescita, per la trasduzione del segnale). Ruolo delle mutazioni somatiche nell’insorgenza del cancro​: molti agenti noti come mutageni sono anche cancerogeni (esempio: il melanoma, causato da un accumulo di mutazioni dovute ai raggi solari), difetti genetici nei meccanismi di riparazione del DNA provocano una forte suscettibilità al cancro. Mutazioni che fanno aumentare la capacità proliferativa (pro-tumorigeniche): - Incremento di funzione di proteine che promuovono la progressione del ciclo cellulare. - Perdita di funzione di proteine che inibiscono la progressione del ciclo cellulare. Mutazioni che fanno diminuire la sensibilità all’apoptosi (e anti-tumorigeniche, muoiono di meno): - Incremento di funzione di proteine che inibiscono l’apoptosi. - Perdita di proteine che promuovono l’apoptosi. Mutazioni che incrementano l’instabilità genomica: - Perdita di proteine coinvolte nella riparazione del DNA. PROTONCOGENI Sono geni che vengono normalmente espressi e codificano per proteine che favoriscono la proliferazione del ciclo cellulare, promuovendo la progressione del ciclo cellulare o inibendo la morte cellulare: questi protoncogeni diventano causativi della patologia nel momento in cui vanno incontro ad un evento di mutazione che permette loro di passare da protooncogeni ad oncogeni. Gli alleli mutanti dei protoncogeni (gli oncogeni) sono in genere dominanti (l’iperattività è un guadagno di funzione: è sufficiente una sola copia per indurre un eccesso di proliferazione cellulare aberrante). Casi principali di proto-oncogeni: - Fattori di crescita: se troppi, la cellula va incontro ad iper-proliferazione - Recettori per i fattori di crescita - Proteine della trasduzione del segnale - Proteine che promuovono la progressione del ciclo cellulare (ciclina-Cdk) • Proteine che inibiscono l’apoptosi - Fattori trascrizionali che promuovono la proliferazione (es. E2F) Molti oncogeni sono stati identificati tramite la loro capacità di indurre la trasformazione cellulare in coltura. L’attivazione di un protoncogene può essere quantitativa e/o qualitativa. Le mutazioni che possono provocare l’iperattività di un protoncogene sono: 1. Mutazioni puntiformi es. attivazione oncogenica di RAS: il gene che codifica per la proteina RAS può andare incontro ad eventi di mutazione di singola base dell’amminoacido in posizione 13, causando l’attività GTPasica che rende la proteina RAS attiva (RAS rimane perennemente legata al GTP continua a trasmettere il segnale a valle di proliferazione: proliferazione costante). 2. Piccole delezioni es. attivazione del recettore EGF (tirosin-chinasico) mediante delezione: la delezione del dominio extracellulare provoca un cambiamento di conformazione che rende attivo il dominio intracellulare, indipendentemente che ci sia o meno il ligando. 3. Amplificazione genica es. attivazione oncogenica del gene N-MYC: l’aumento del numero di copie di un gene provoca l’iper-espressione della proteina da esso codificata e nel caso del gene N-MYC, il quale attiva in quantità importanti la proliferazione cellulare, ci sarà più RNA trascritto da più regioni del DNA e ci sarà una maggiore quantità di questa proteina stimolatrice del ciclo cellulare 4. Riarrangiamenti cromosomici​: come nel caso di traslocazione, ovvero un gene che si va a trovare in una regione che non è quella sua e che stimola la trascrizione; un oncogene che si sposta da un punto all’altro di un cromosoma oppure da un cromosoma all’altro si esprime di più o perché è vicino ad un promotore costitutivamente attivo oppure perché va sotto il controllo di un enhancer genico. es. ​attivazione oncogenica del gene N-MYC per traslocazione​: l’espressione aberrante di MYC non è dovuta soltanto ad amplificazione genica, ma alcune volte può essere dovuta anche a traslocazione. Per esempio traslocazione di MYC è stata osservata nel linfoma di Burkitt, traslocazione 8-14: il gene MYC va a traslocare in prossimità del locus delle IgH, le immunoglobuline, le quali sono sempre attive in quanto il locus stesso è sempre attivo. MYC si va dunque a trovare sotto il controllo delle IgH, in particolar modo dall’enhancer delle IgH: se prima si esprimeva in un determinato livello in seguito a traslocazione va ad esprimersi molto di più, rispetto alle condizioni normali. Quindi nel linfoma di Burkitt MYC è molto più espresso. es. ​traslocazione cromosomica nel gene antiapoptotico BCL-2​: la traslocazione cromosomica si riscontra in un linfoma a cellule B ed è una traslocazione 18-14. Nel Nel cromosoma 14 c’è l’enhancer delle IgH mentre sul cromosoma 18 c’è il gene per BCL-2 che è generalmente inattivo: in seguito a traslocazione il gene viene a trovarsi sotto la regione di controllo, precisamente sotto l’enhancer dell’IgH e ciò comporta l’espressione del gene Bcl-2 es. ​traslocazione tra i cromosomi 9-22 (cromosoma Philadelphia) è responsabile della leucemia mieloide cronica: sul cromosoma 22 c’è il gene Bcr e sul 9 il gene Abl, in seguito all’evento di traslocazione si viene a formare un prodotto di fusione che si chiama Bcr/Abl che è una chinasi iperattiva. VIRUS ONCOGENI A RNA Appartengono alla famiglia dei retrovirus: un retrovirus presenta un capside con proteine virali e all’interno un RNA e l’enzima trascrittasi inversa. L’RNA virale può essere retrotrascritto: viene sintetizzato un filamento complementare di cDNA e successivamente una doppia elica che può entrare nel nucleo inserendosi nel genoma della cellula ospite. I retrovirus oncogeni possono attivare i protoncogeni cellulari: 1. Portando a trasduzione il protoncogene: in questo caso presentano anche il gene per la codifica della proteina oncogenica in modo che venga poi trascritto e tradotto dalla cellula ospite. 2. Attivando un protoncogene cellulare mediante mutagenesi inserzionale es. si considera la proteina RAF che ha un dominio regolativo e uno chinasico; quando il dominio regolativo a monte viene sostituito dalle sequenze Gag virali, il dominio chinasico risulta costitutivamente attivo. Mutagenesi inserzionale: un gene che va a trovarsi a valle di un enhancer virale che stimola la trascrizione del gene stesso. 3. Transattivando i protoncogeni tramite proteine virali che regolano la trascrizione. 4. Meccanismi indiretti. Un retrovirus semplice è composto da sequenze terminali ripetute (LTR) e dei geni all’interno: - Gag: codifica per proteine strutturali del virone. - Pol: codifica per la trascrittasi inversa. - Env: codifica per glicoproteine dell’involucro. Retrovirus associati a tumori nell’uomo: - Virus HTLV-1 associato a leucemia a cellule T nell’adulto: può codificare per fattori trascrizionali oltre ad attivare il virus stesso, attivano anche l’espressione di protoncogeni cellulari. - Virus dell’immunodeficienza umana ​HIV​, associato a linfomi e al sarcoma di Kaposi (cancro delle cellule endoteliali). VIRUS ONCOGENI A DNA Inducono la trasformazione cellulare quando si integrano nel genoma dell’ospite, nella trasformazione sono generalmente espresse solo le proteine precoci. Ciclo vitale di un virus a DNA: 1. Il virus si lega alla cellula ospite. 2. Il virus entra e si libera del capside. 3. Una parte del DNA virale viene trascritta e vengono sintetizzate le proteine “precoci”, funzione regolativa. 4. Il DNA virale si replica. 5. Sintesi delle proteine “tardive”, proteine del capside. 6. Maturazione delle particelle virali e rilascio. I meccanismi di trasformazione usati dai virus oncogeni a DNA: 1. spengono l’attività delle proteine ad azione oncosoppressiva 2. attivano le proteine codificate dai protoncogeni così che passino ad essere oncogeni veri e propri 3. attivano i protoncogeni cellulari mediante mutagenesi inserzionale 4. trans-attivano i protoncogeni mediante proteine virali che regolano la trascrizione 5. altri complessi meccanismi indiretti Esempi di virus oncogeni a DNA associati a tumori nell’uomo: - HPV (papilloma virus): può spegnere l’attività di oncosoppressori come Rb e P53. Le proteine E6 e E7 agiscono su bersagli diversi ma anche in contemporanea: E6 stimola l’attacco dell’ubiquitina a p53 promuovendo così la degradazione di p53, E7 si lega a RB e altera la sua capacità di bloccare le cellule al punto di restrizione G1/S. La proteina E5 del virus del papilloma bovino invece va ad interferire con il corretto funzionamento del recettore del PDGF (fattore di crescita derivato dalle piastrine) lo attiva e causa tumore della vescica. Nell’uomo è associato a verruche benigne e carcinoma della cervice uterina. - Virus di Epstein-Barr (​EBV​), associato al linfoma di Burkitt. - Virus dell’epatite B (​HBV​), associato a carcinoma epatocellulare.
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