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Blok e il Simbolismo, Sintesi del corso di Letteratura Russa

Blok e il Simbolismo in Russia

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Caricato il 14/06/2021

jnrcs
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Scarica Blok e il Simbolismo e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! Motto dei simbolisti: Il simbolo deve diventare dinamico, trasformarsi in mito: passaggio dalla realtà esterna a quella interiore che risulta più elevata di quella esterna. Il simbolismo russo tiene inizialmente conto del simbolismo francese. 1894 nascita del simbolismo russo. Viene pubblicata la prima raccolta a cura di un simbolista della prima fase. Tre raccolte + poesie + simbolisti francesi. Le raccolte vengono derise da un filosofo e precursore del simbolismo, Vladimir Solov’ev (definito il primo filosofo russo, egli segnò un nuovo inizio nel pensiero filosofico russo). 1898 Tolstoj prende le distanze dai simbolisti e da queste raccolte. Tolstoj non amava i simbolisti, vedeva in loro una malattia, la malattia della decadenza. Estetica di tutto ciò che è sporco, decadente, oscuro, tutto indice del decadentismo. È più difficile stabilire la data di inizio movimento piuttosto che stabilirne la fine . Da un lato è come se il movimento fosse andato in contro ad una crisi che raggiunge l’apice nel 1910 dove i simbolisti sono costretti a dover fare il punto della situazione e mettere per iscritto i precetti del movimento, cosa fosse cambiato rispetto all’inizio. Occorre definire quelli che sono i punti chiave del movimento. Dopo alcuni anni, ci troviamo davanti ad una riflessione dei simbolisti sul simbolismo. Fine prima fase e inizio della seconda. I simbolisti influenzarono molto i movimenti. I futuristi prendono le distanze da tutto ciò che li aveva preceduti compreso il simbolismo ma rimangono comunque influenzati da questo che sarà determinante per lo sviluppo del movimento futurista. Tre fasi del simbolismo: I Fase. Tanto in comune con il simbolismo francese e caratterizzato dal Decadentismo. Il Decadentismo per i simbolisti russi è una reazione al Positivismo (corrente ideologica per cui i fenomeni della realtà sono spiegabili con leggi naturali, progresso e scienza hanno valori importanti) e al materialismo naturalistico (movimenti culturali caratterizzati dalla giustificazione a qualsiasi evento mediante l’uso della scienza, metodo scientifico, ragione e razionalità. Si rifiuta tutto ciò che sia idealistico e non fisico). Il Decadentismo si oppone riportando alla luce la credenza idealistica (si spiegano con la metafisica e religione i fenomeni della realtà, quindi non sono più necessarie le leggi naturali). II Fase. Il simbolismo riprende una piega religiosa, rinascita del pensiero religioso. Periodo conosciuto come Età d’argento che richiama l’età d’oro Puskiniana. Pur avendo elaborato le proprie teorie, i simbolisti dal punto di vista intellettuali influenzano molto l’epoca. È caratterizzata dallo slavofilismo e i simbolisti si dichiaravano vicino alle posizioni slavofile e si sfiora l’etnismo, ossia quando un gruppo etnico si dichiara superiore agli altri. E in Russia questo si vede nello sciismo. La II fase rende unico il simbolismo russo. C’è la convinzione che il simbolismo non significasse solo essere parte di una scuola o un movimento, ma la loro era una concezione di vita, una visione del mondo. (Wilde, uno degli ispiratori del simbolismo). Da un lato i simbolisti francesi volevano elaborare un libro unico che racchiudesse tutte le arti. Sintesi delle arti. Sintesi concetto d’unità, unione fraterna dei popoli umani.  Nella prima generazione tra i decadenti di maggior rilievo troviamo, Sologub, Balmont e Brjusov.  Nella seconda generazione, troviamo Blok, Belyj, Ivanov. Situazione politica e intellettuale. Solov’ev fu definito primo filosofo russo ed elabora un sistema filosofico coerente e originale e segnò un nuovo inizio del pensiero filosofico russo. Negli anni ’60 dell’800, ricordiamo che i populisti volevano la rivoluzione come ultima azione e per cambiare la società russa. Volevano: -Abolizione schiavitù della gleba. -Governo socialista, valori socialisti e maggiore rappresentazione nella DUMA a livello politico. -Fine autocrazia. L’atmosfera intellettuale era legata a problemi molto concreti e si soffermavano su disagi e problematiche attuali al momento. Livello filosofico: da un lato c’è un diffondersi di pensatori a favore della concezione materialistica naturalistica e del Positivismo (rifiuto della metafisica) ma queste concezioni non erano del tutto estranee agli influssi dell’idealismo. Da questo punto di vista Solov’ev davvero segna un nuovo inizio. Solov’ev era figlio di uno storico occidentalista spesso in contrasto con il padre. Inizialmente slavofilo successivamente si apre all’occidentalismo e entra in contatto con il cattolicesimo. Solov’ev professava nel suo sistema filosofico un ritorno al misticismo neoplatonico (neoplatonismo sono presenti delle connessioni tra filosofia greca e orientale e al neoplatonismo spesso viene associato il misticismo, quindi un richiamo alla religione soprattutto negli effetti più mistici) // (filosofia greco-orientale + misticismo). Oltre al misticismo neoplatonico Solov’ev aveva una tendenza di Ecumenismo (tendenza religiosa che vede idealmente tutte le chiese cristiane unite al di là delle differenze dei dogmi). Ci troviamo difronte ad un progetto ambivalente, se da un lato abbiamo un misticismo, occultismo delle religioni orientali, dall’altro abbiamo una tendenza ecumenica e ideali di unione delle chiese cristiane. Il punto di partenza di Solov’ev è il pensiero dei tedeschi romantici (Shelley) e una delle sue convinzioni più importanti è quella della conoscenza integrale. Solov’ev si distanzia dagli slavofili perché era convinto che la società dal punto di vista religioso doveva rispondere al Papa mentre dal punto di vista politico allo zar. Solov’ev si trova dunque a metà tra slavofili e occidentalisti. Concezioni chiavi, unità assoluta e sintesi - temi ripresi dai simbolisti. Elabora una propria cosmogonia (origine del mondo) e secondo Solov’ev il mondo si sarebbe originato in tre movimenti (3 è il numero fortemente simbolico quindi ha una connotazione religiosa): Padre, unità statica e indifferenziata; Figlio, momento di differenziazione, unità non più unita, unità che si differenzia da quest’unità; Spirito Santo, momento più alto. Momento in cui l’unità si ricompone in un’unità assoluta e libera identificata come “Anima del mondo” o “Sofia”. Ricomposizione nell’anima del mondo. L’anima del mondo secondo Solov’ev è unita al logos divino. Nell’unione tra il logos e Sofia troviamo l’esistenza di Gesù. Gesù per Sé prototipo/garanzia di una divinizzazione del mondo. La figura del Cristo ha permesso l’unione tra oriente e occidente (sintesi). Negli scritti del filosofo, Sofia presenta tante sfumature: spesso è l’anima del mondo ma definita anche elemento passivo o femminile di Dio e spesso viene definita “eterno femminino”. Solov’ev è autore anche di scritti sull’amore, lui crede che nel rapporto tra uomo-donna si possa ritrovare l’immagine stessa di Dio perché l’amore tra uomo e donna è il riflesso dell’amore di Dio. L’amore riconduce l’uomo alla sua origine divina. Amore è come se fosse un dio umano, qualità divina come un qualcosa di reale e presente nell’uomo. L’amore è anche forza redentrice, unica forza in grado di contrastare il male. L’amore era anche un qualcosa che si manifestava attraverso la bellezza della donna. Nella bellezza terrena della donna era riflessa la bellezza dell’eterno femminino (Sofia). Reciprocità asimmetrica, l’amore nel rapporto uomo/donna è inteso come reciproco, non esiste il “tu” senza “io”. Tuttavia, non è un rapporto complementare ma asimmetrico perché “tu” è sempre diverso dall’”io”, non è un doppio ma qualcosa di diverso (si raggiunge la massima compiutezza nei figli). Solov’ev seguace dello spiritismo, era convinto della presenza dei morti attorno a sé ed era convinto di vedere demoni. Era convinto dell’esistenza del male, credenza nei demoni, fantasmi, morti, vittima di visioni. Solov’ev è convinto che l’atto sessuale non doveva avere l’obiettivo della procreazione ma era un qualcosa che doveva avvicinare l’uomo e la donna alla condizione divina originaria. Sessualità non simboleggia il peccato ma sottolinea il carattere divino dall’esistenza umana. ma già dalle prime liriche possiamo notare come le parole e gli oggetti che riporta perdonano i propri contorni, si smaterializzano sono immagini molto belle della natura del paesaggio però quasi sempre avvolti dalla nebbia e creano un paesaggio che rimane freddo. Richiamo al bosco qualcosa di estremamente legato alla sua vita, le nuvole avvolgono un po’ tutto. In altre poesie cambia un po’ il rapporto con il naturale. Già all’inizio c’è una situazione di dubbio, incertezza che rende incerto il viaggio del cavaliere questa lirica e del 1900, vivendo nella casa lui è come se fosse protetto da tutte quelle correnti prerivoluzionarie che si stanno formando all’interno del paese, questi momenti rimangono a lui estranei. Da autodidatta scopre le dottrine di Vladimir Solov’ev nel 1901 e ne rimane colpito. Solov’ev, ricordiamo tra il mistico e il clown, la duplicità del suo carattere, secondo lui esistenza di due realtà una terrena effimera e il riflesso di una realtà ultraterrena nella quale risiedono le idee perenne collegandosi al neoplatonismo (richiamo alla religione con effetti mistici). Anima del mondo di queste due realtà è Sofia che avrebbe poi preso forma incarnandosi nell’eterno femminino, avrebbe riscattato l’umanità dal peccato. Ravvicinando l’arte alla teurgia Solov’ev considerava il poeta un vero e proprio leggente, un teurgo. Da un lato eterno femminino attributi divini, religiosi identificandola con la vergine, dall’ altra la descrive anche in modo molto terreno, noti versi erotici. Sofia da un lato molto naturale, carnale, dall’altro no rappresentazione quasi della madonna, vergine, entità celeste. Aspetto duplice, avvicinamento arte e teurgia. Simbolisti: i vari gruppi di simbolisti si dividevano tra due città, Mosca e San Pietroburgo. Blok si spostava tra tutte e due ma frequentava soprattutto Pietroburgo. A Mosca troviamo un gruppo di giovani poeti (gli argonauti) che cercavano di unire il pensiero di Solov’ev ossia le sue teorie escatologiche con le idee visionarie, ossia cercavano di adattare le sue teorie a quella che era la situazione e alle idee del tempo. Tra queste si evidenzia la figura del simbolista Michail Solov’ev fratello di Vladimir Solov’ev che muore nel 1900, Michail figura importante perché la moglie di Solov’ev, Olga Solov’eva era cugina della madre di Blok. La mamma di Blok sapendo che il figlio scriveva soprattutto sotto l’influsso di Solov’ev, raccoglie le sue poesie per mandarle alla cugina affinché si mettessero in contatto Solov’ev e Blok. Blok diverso dai decadenti. Per gli altri decadenti l’arte non doveva essere influenzata da niente né filosofia né religione ma doveva essere qualcosa di autonomo. Amicizia a Mosca con Andrej Belyj particolare, fatta di sfide quotidiane a duello, rappacificamenti, rapporto odio e amore. Epistolario tra i due è indice di un clima fervido nella quale si dibattevano i simbolisti, dispute teologiche ma anche esoteriche, filosofiche tutto intessuto da un gergo particolare difficile da interpretare. Precetti di Solov’ev importanti per le idee di Blok. Nel 1901 pubblica il secondo ciclo “I versi sulla bellissima dama” raccolti tra il 1901 e il 1902 pubblicati poi dalla casa editrice di Mosca “Il Grifone”. Bellissima dama è l’eroina che ricorda la sposa celeste, l’eterno femminino di Solov’ev. È un po’ la variante della sposa di Solov’ev. Ripresa sia nei temi che nello stile della strategia proverbiale di Solov’ev. Per Solov’ev due realtà contrapposte, dualismo tra terreno e ultraterreno riflesso su vari livelli nelle tematiche che nello stile e nella forma, due mondi non così lontani però uniti dalla bellissima dama vista come punto di congiunzione. Versi spesso ad anello, c’è spesso un elemento che apre e chiude e dunque che ritorna e chiude in modo ciclico il componimento. Elementi naturali (neve, tormenta hanno connotazione negativa, conducono al peccato, crepuscolo. Colori valenza simbolica fondamentale. Tutti gli elementi hanno significato. La dama rimane nella sua indefinitezza, visione eterea, smaterializzata i contorni vengono meno. La dama diventa visibile al poeta come se acquistasse corporeità, materia. Dama associata ad un dipinto “Principessa cigno”. Questa dama c’è e non c’è, eterno femminino che prende forma ma il poeta non riesce a raggiungerla fino in fondo. Donna celeste ma anche in carne ed ossa. Aspetto dell’attesa molto importante, si gioca tutto nell’incontro, alcuni versi descrivono l’attesa. Tornando ai versi; Diario d’amore: diario d’amore particolare, turbato, la descrizione momenti statici, tremori, dei sospiri vanno di pari passo con la questione filosofica, porta a un livello più alto la sofferenza d’amore che è un qualcosa di completo, qualcosa di terreno. Molte forme alogiche espresse soprattutto attraverso sinestesie, allusioni, ogni parola è un’allusione a qualcosa (ai classici, esoterismo, erotismo ecc.) e citazioni. Paesaggi avvolti da nebbia, vapore, tutto indefinito se illuminato solo per breve momenti (illuminato da candele, spesso rosse), presenza elementi naturali con aspetto positivo, presenza elementi folkloristici. Varco la soglia degli oscuri templi. Struttura: 4 strofe (sono distici antitetici perché ogni strofa è composta da due coppie di versi. Antitetici ossia opposti gli uni agli altri. Varie opposizioni (es: oscurità-illuminazione, immagine-presenza). Il metro usato è il dolnik (tipico metro russo dove il ritmo del verso tonico è determinato dall'alternarsi variabile di sillabe accentate e non). Occhi del poeta, prospettiva e punto di osservazione del poeta: basso-alto; nella prima strofa il punto di vista dal basso come se il poeta entrasse in un luogo oscuro e illuminato solo da luci fioche, compie una cerimonia, un rito; nella seconda strofa c’è elemento dell’altezza (alta colonna), come se dal basso guardasse in alto, parvenza, lo guarda; nella terza strofa si torna in basso, icone visibili anche dal basso. Le icone ci fanno capire, ci dicono che si tratta di una chiesa; infine, nella quarta strofa si ritorna all’alto ma le candele successivamente ci riportano al basso. Questa presenza non si sa dove sia, opposizione ora nella prospettiva tra basso e alto che riflettono le due realtà, dualismo si riflette nella poesia nella forma e nell’atmosfera. Queste opposizioni si vedono. La bellissima dama è illuminata, potrebbe essere una donna ma nella seconda strofa diventa come un immagine (tradotta con parvenza), quindi si smaterializza, quella volontà di vederla descritta come una donna vera, con consistenza viene avvilita dalla parvenza, da qualcosa di sfumato. Strofa successiva descritta come solenne, imperitura, sposa, attributi tipici della legge. Nell’ultima strofa quasi come una sfumatura, siccome sono ad anello anche qui notiamo che il riferimento iniziale è alla bellissima dama e anche l’ultimo (componimento ciclico). Tema. Solo alla fine a lui sembra di vederla, di vedere le sue fattezze. Tutto giocato sull’attesa trepidante del poeta. Un’attesa che non viene poi del tutto soddisfatta perché nel verso finale dice “io credo” (nell’ottica cristiana indica che si accetta di credere a qualcosa che non è del tutto materiale) però qui è tutto incentrato su una donna, unisce l’elemento teurgo a quella reale terrena che è l’amore. Su questo credo rimane un po’ tutto sospeso, è lei non è lei, tutto indefinito. Interessante come inizia la poesia (in russo non comincia: я вхожу ma вхожу я) e l’io del poeta è quello di Blok che è il protagonista principale, è Blok il protagonista delle proprie opere (autore e personaggio). Di solito nei componimenti il titolo si identifica con il primo verso, qui abbiamo l’inversione come visto in precedenza del verbo e del soggetto. Presenza metafore alogiche, alogismi ossia accostamenti un po’ dissonanti, che cozzano, strani esempio (candele affettuose, qualità umana attribuita ad un oggetto), (sogni) concetti astratti sembrano fuggire in alto verso di lei. Chi è quest’amata, questa bellissima donna? È una donna in carne ed ossa (любовь) nome emblematico. Blok e любовь si incontrano da giovani, in adolescenza, il nonno e la tenuta era vicina a quella dei genitori di любовь che si trovava breve distanza, quindi si frequentavano. Si sposeranno nel 1903 con un rito tradizionale in una chiesa bianca in pietra che ricorre spesso nelle opere di Blok. Gli argonauti decidono che questa donna era l’incarnazione terrestre della bellissima dama, quindi danno proprio vita ad una setta, una setta di blokkisti che si proponeva di venerare come immagine sacra любовь. Questi argonauti tra cui Solov’ev amavano così profondamente questa donna da cercare riferimenti teleologici nei suoi abiti, negli accessori, erano ossessionati. Ossessione che da una parte lusinga la donna ma dall’altra poiché questi erano legati a Solov’ev questi trattava l’eterno femminino con molta ironia. Ironia immancabile per loro. Questa adulazione si trasforma successivamente in qualcosa di insopportabile dall’aspetto amaro. Tutto questo finisce per deviare la visione di любовь a Blok soprattutto nel momento in cui Belyj si innamora di lei e i due diventano rivali. Cambia il rapporto che Blok ha nei confronti dei suoi compagni argonauti e già nel verso della bellissima dama ci sono segnali di questa insofferenza , di questo scherno di questi uomini che si riunivano e discutevano di cose fuori dal mondo. Questi si riunivano di notte impiegando il proprio tempo all’insegna dell’agiatezza. Uomini descritti in modo particolare. Ultima poesia rende già esplicita quella che era l’idea di Blok di introdurre nelle proprie liriche i motivi che erano assenti in precedenza. Pecunia, sortilegi, creature fantastiche, diaboliche iniziano ad inoltrarsi nelle liriche già a partire del 1904 anno prima della rivoluzione. Il ciclo che inaugura questa nuova fase si chiama, Crocevia (rasputa), personaggi che invadono queste poesie sembrano usciti da una seduta spiritica, si tratta di monaci, monaci neri diavoli (spesso di variopinti brandelli) dettaglio particolare, brandello variopinto, motivo che si ripete soprattutto per la figura di Pierrot, Arlecchino, delle maschere in generale. Sono dei colombini, Arlecchino Pierrot, come fossero avvolti da una nebbia nordica, la loro risata somiglia di più a un ghigno. Continuo ricorrere a mascherare gli avvalli delle proprie liriche è segnale di cambiamento rappresentazione ambientazione delle proprie poesie. Non siamo più nella chiesa, nel tempio, natura ricorre ma in forma più palustre, malsana domina il verde il lilla. Il ballo, la mascherata le maschere i barconi (spesso di carta) fanno riferimento all’inconsistenza, come se questa inconsistenza si materializzasse. Inconsistenza caratterizza le figure (Dama). Inconsistenza nella maschera di cartone per sottolineare la caducità, il mistero, la falsità che possiamo incorniciare in un contesto preciso, quando la bellissima dama, identificata con l’amore segreto di Blok 10.12?) la donna non è più considerata angelica la beatrice ma comincia a rivelarsi prostituta. Identificazione e autoidentificazione presente in Blok e nelle sue poesie, spesso uso della parola “IO” anche a inizio componimento. Questi personaggi soprattutto Pierrot, diventano un po’ il sosia di Blok inizia ad identificarsi con questa maschera, a partire dal 1903 già il titolo del ciclo Crocevia. Crocevia. È un punto d’arrivo c’è sempre questa prospettiva dualistica, la ricerca di qualcosa di nuovo, cambiamento, cambia modo di vivere precedente ma ancora no percezione completa di questo cambiamento perché siamo sempre a cavallo di due epoche ancora no cambiamento, siamo al crocevia non si sa ancora quale strada prendere. Crocevia, elemento urbano, la città comincia a diventare protagonista, descritta in modo prosaico concreto, elementi usati da Cechov tramutano qui in lampioni, strade ,canali, superfici bettole ristoranti, considerando che inizialmente aveva dedicato le liriche alla bellissima dama, soffermandosi sull’opposizione tra le due realtà, ora c’è la città che diventa unica vera protagonista, cambia dall’altitudine della bellissima dama si scende alla città, al paesaggio urbano segno della crisi di Blok e del cambiamento di percezione, prospettiva che riguardano la bellissima dama come se scendesse dal cielo e si confondesse con le persone della città con una classe molto più bella identificandosi spesso con la prostituta . (Blok era solito frequentare ristoranti, luoghi di prostitute) quell’IO iniziale un po’ si sfalda rappresentato da questi brandelli di Pierrot. Come il vestito è frammentato così lo è anche la personalità (procedimento di gogoliana memoria, ci si identifica con i dettagli, identità dei personaggi di Pietroburgo frammentata, tendono ad isolarsi). Nonostante l’IO si frammenti, c’è tanto di personale di Blok nelle sue liriche. A Blok non sono indifferenti le sofferenze degli operai, siamo nell’epoca di Nicola II, periodo difficile da un lato politica reazionare fortemente conservatrice dell’imperatore, dall’altro ci sono sommosse, scioperi che coinvolgono paese, nel Crocevia ci sono tanti simboli, Blok non abbandona la dimensione della realtà ultraterrena, realtà più vera della realtà stessa. Il linguaggio si fa un po' meno scuro e poiché il tema è prosaico, quotidiano, vita quotidiana, strade, fabbriche, è più intellegibile il lettore comprende di più il linguaggio però rimangono i simboli che costringono il lettore ad un coinvolgimento perché occorre comunque decifrarli. La fabbrica. Verso usato è il giambo, il giambo è il contrario del trocheo (sillaba lunga, sillaba breve) ovvero sillaba breve, sillaba lunga ritmo ascendente, non discendente come nel trocheo. Ritmo particolare rafforzato anche da ripetizioni che di solito sono a coppie e nello stesso verso sembra come una marcia, ma perché? Perché indica gli operai che marciano, si muovono per andare alla fabbrica, prima non sono al portone, si avvicinano dalla strada con un ritmo che gli dà qualcuno, ritmo dato da qualcuno immobile nero che li chiama, li conta in silenzio e prima di contarli li sollecita con voce di bronzo. Da lontano non possono sentire la voce ma il suono della Cominciava a cadere la pioggia. Sull'orizzonte lontano, dove il cielo non più nascondendo i pensieri e le azioni degli uomini cadeva giù nello stagno, rosseggiava una stria di bagliori. Lasciai la metropoli, e adagio scendei pel declivio d'una via non ancora finita: e c'era un compagno con me. Ma pur camminando anche lui tacque per tutta la strada. O che io gli chiedessi il silenzio o ch'egli fosse disposto a mestizia, certo eravamo stranieri e guardavamo con occhio diverso. Vedeva il suo le carrozze dove dandies giovani e calvi abbracciavano donne incipriate. E non gli erano aliene nemmeno le fanciulle guardanti nei vetri traverso alle gialle cortine... Ma tutto ingrigiva, imbruniva e faceva lo stesso la vista del mio compagno di via - e lo turbavano ancora altre brame, allorquando sparì dietro a un angolo calcandosi in testa il berretto - e io di ciò fui davvero contento perché al mondo che mai c'è di meglio che perdere gli amici migliori? Scemavano sempre i viandanti. Mi si precipitavano incontro soltanto cani digiuni e soltanto massaie ubriache urlavan da lungi fra loro - e si vedevan sull'umido piano torsoli, salici, betulle. e c'era un olezzo di stagno. La strada si fece deserta: non c'erano più costruzioni. Da collina a collina, sull'acqua rugginosa e stagnante, eran gettati dei piccoli ponti e intorno girava un sentiero fra le biancoverdi penombre verso il sonno, il languore ed il sogno, là dove in basso ed in alto, notturna), viene quindi introdotto questo fiore che cresce in questi luoghi. Azione descritta è un sogno, il poeta, protagonista sta ricordando un sogno, temi assumono una valenza simbolica mentre prima (il varco, la soglia, lo scorrimento, scaturivano un sentimento d’attesa del poeta che aspettava la dama), adesso invece torniamo indietro come se il presente non possa dare la stessa sensazione trepidante e la risposta andasse cercata nel passato nella memoria, memoria del sogno, già il sogno dà tutta l’atmosfera sfocata, ambigua e il tutto e impregnato dagli odori, odori degli stagni, della violetta notturna. Presenza di una frase sugli amici in cui si sottolinea l’ironia. e sul cumulo secco e sulle rosse strie dell'occaso l'aria celava l'attesa, come se stesse di scolta attendendo il germoglio della tenera figlia dell'onde d'etere e d'acqua. Non per nulla era tutto tranquillo e ricolmo d'incontri trionfali: ché certo ancora nessuno non aveva sentito mai dire dai genitori defunti o da chi ne facesse le veci, né aveva mai letto nei libri, che nei pressi dalla metropoli, sullo stagno sordo e deserto, nell'ora in cui fischiano le sirene degli opifici, si dimentica il bene ed il male, si dissolve il bennato sentire, nell'ora fissa dei ricevimenti e delle dispute senza confine e disperatamente noiose sulle digestioni cattive e sul nuovo Consiglio di Stato, quando colei che non cura di celare le proprie cadute vede senza vergogna il suo corpo, e battendo la polvere dei marciapiedi sonori, ti guarda con impudica modestia negli occhi, nessuno non sa che in quest'ora di male e di fango tutti possono avere visioni. E che un vagabondo mio pari, e fors'anche tu stesso che leggi questi versi con odio od amore, può vedere il pacifico e puro fiore di giglio e smeraldo che si chiama violetta notturna. Ed io ciò che seppi passando lungo lo stagno ove scorsi traverso una rete di pioggia una modesta capanna. Senza saper dove andavo dischiusi la porta pesante e turbato la soglia varcai. Presenza di un motivo Puskiniano, sembra una fiaba, presenza della capanna che ricorda l’Evgenij Onegin perché Tatiana quando sogna, sogna di entrare in questa capanna. Questa capanna non più familiare, fiabesca, puskiniana. Capanna dove c’è questa ragazza, non si sa quanti anni abbia ma non è bella (dai tratti invisibili) ha il volto invisibile ma forse Nella bassa ed angusta capanna c'eran ruvidi banchi alle mura. Su un di quelli, dinanzi a una tavola sedeva e filava in silenzio, lasciando ogni tanto cadere sul lavoro la rocca ed il fuso, una ragazza non bella, dall'invisibile volto. Io purtroppo bene non so s'ella fosse giovane o vecchia, di che colore avesse i capelli, come fossero gli occhi di lei. Ma filava un tessuto tranquillo, e staccandosi poi dal suo filo, lungo tempo restava seduta senza pensiero né sguardo. Ed io so con certezza che un tempo in qualche dove l'avevo veduta, ed ella era forse più bella e, di grazia, più giovane e fiera, e si rattristavano spesso cadendo ai suoi piedi i re dall'azzurra canizie. Ed allora così mi sovvenne che in quella stretta capanna alitava odor di datura, perché un dolce languore di stagno scorrevami lungo le spalle, perché l'etere si saturava di violetta notturna, e perché alla serotina festa non giunsi con veste nuziale. Io non sono che un frequentatore di ristoranti notturni, e lì dentro si radunavano re: ma ricordai chiaramente che pur io fui nel circolo un tempo e toccai con le labbra le coppe, chissà in quale scoglio fra i fiordi dove non c'è più né terra né mare, ma fra nivee penombre scintillano le dorate corone soltanto dei principi di Scandinavia. l’aveva già vista e in quell’occasione era più bella, giovane e fiera. Questa ragazza sta filando seduta, non è sola, ci sono i re e c’è un odore nella capanna. (tutto questo mi sovvenne), presenza del ricordo, il poeta ricorda, l’io lirico si ricorda che un tempo lì dentro in una vita lontana visto che ora frequenta bettole, anche lui un tempo fu nel circolo dove si radunavano i re. Si tratta quindi di una principessa affiancata dal re, re di una zona particolare (ricordati i Fiordi), non è una principessa russa ma scandinava. Torniamo agli antichi abitanti di Pietroburgo. Nonostante l’immagine bella della principessa bisogna dire che l’odore che emana è velenoso, la violetta notturna è un fiore velenoso e quindi sia lei che i re sono bloccati in questa capanna che non è più un tempio con luci rosse e icone ma è una capanna che probabilmente sorge su una palafitta instabile, molto vecchia. È come se la principessa avvelenasse chi le sta intorno. Era grave a compirsi di nuovo il severo dovere, adorare le dimenticate corone, ma essi attendevano sempre e l'anima triste beffava Emergono altri personaggi, il re e la regina decrepiti, presenza di un uomo che sta seduto davanti a un boccale di birra, presenza di altre persone alle quali stringe la mano, magari sono cavalieri come lo era anche lui. Quindi la principessa al suo filo, lasciando ogni tanto cadere sul lavoro la rocca ed il fuso. Ci profuma di sogni soavi, ci avvelena di filtri di stagno, ci ravvolge di un velo di fiaba, ma nell'ombra fiorisce e s'infiora la violetta che sempre sospira, e la rocca che il filo rigira in silenzio lavora lavora. M'addormento tremando e m'accoro, e celando il mio lungo pensiero contemplo la striscia dell'alba. Trascorrono forse momenti o forse trascorron millenni. Ma sento attraverso il mio sonno tuoni al di là delle mura, insieme con lampi lontani in una risacca lontana, come voci di patrie mai viste, come gemiti di procellarie, come pianti di sorde sirene, come un vento che folle trascini via le navi da un dolce paese. Ma improvvisa qui giunge la gioia, e la spuma lontana s'infuria e fioriscono i fuochi lontani. Si piegò il compagno vicino sulla sua coppa ricolma, adagio suonaron le mani, la testa toccò lo sgabello: la spada si ruppe in frantumi, lo scudo cascò, ma dall'elmo un piccolo topo fuggì. E il vecchio e la vecchia sul banco s'accostano adagio l'un l'altro, e non hanno sui capi vetusti più le corone regali. Io m'assido vicino allo stagno Ma sullo stagno fiorisce, senza invecchiare o cambiare, il mio fiorellino di giglio che si chiama violetta notturna. Ed oltre lo stagno così la mia città si fermò, la stessa sera e lo stesso splendore. Sogno finito ma è come se gli elementi sognati contaminassero anche la realtà. L’acqua invade l’ultima parte del poemetto, visione negativa contamina tutti. Riferimento all’amicizia. Questi cavalieri sembrano scheletri. La Violetta Notturna è la Bellissima Dama, ma non più miraggio di teologali lontananze, ma E quel giorno di certo il mio amico a casa non fece ritorno, e adirandosi mi maledisse e dormì con un sonno di morto. Io pensavo lo stesso pensiero e passarono mille tramonti. Come un bimbo vagavo leggero fino agli estremi orizzonti. E rividi la greve mia terra e si spense il tramonto vermiglio: risplendeva il mio fiore di serra più tranquillo di un fiore di giglio. E fra brume volubili e vane lieto sento sull'onde soavi l'accostarsi di placide navi come voci di rive lontane. E un bel sogno col suo filo biondo la mia rocca tessè taciturna: ma la gioia sarà senza fondo e la santa violetta notturna in eterno fiorisce sul mondo. fantasma ipnotico che germina dalle paludi; il giovane scaldo, irrigidito in una torpida adorazione, è un sosia, un riflesso del poeta ingolfato in un culto sterile e ozioso; e i guerrieri del seguito arieggiano «argonauti». È molto importante la vivezza olfattiva, gli odori dello stagno ma soprattutto quello velenoso della violetta notturna. Балаганчик. (dramma), fa parte dei salti in banchi, diminutivo di “БАЛАГАН” ovvero baraccone,” ovvero baraccone, viene quindi di solito tradotto come piccolo baraccone o la baracchetta dei salti in banchi titolo in italiano di questo dramma. Il piccolo baraccone rappresenta la trasposizione di questa tipologia di teatro popolare, baraccone fa pensare alle marionette e al teatro delle marionette. Teatro popolare tradizione lunga e florida basti pensare alla commedia dell’arte che viene dal Veneto, Toscana (Arlecchino, Colombina, tutte maschere della commedia dell’arte), tradizione popolare che ha subito poi cambiamenti, nasce come teatro popolare. Балаганчик, trasposizione di questa tipologia di teatro in un fenomeno teatrale più convenzionale, più stilizzato. In un contesto artistico ben preciso che è quello dell’inizio del XX secolo, questa commedia fu scritta nel 1905 e inaugura una trilogia che viene poi definita trilogia dei drammi lirici. Trilogia, Piccolo baraccone (балаганчик), Il re sulla piazza (король на площади), La sconosciuta (незнакомка). Ci troviamo come abbiamo già visto in un periodo di rottura di Blok con gli estremisti, mistici, gli altri frequentanti dei salotti. Rottura data da un lato dal rapporto di questi intellettuali, artisti ecc. con la propria moglie (любовь), dall’altra dalla destituzione dello stesso Blok nei valori promulgati da costoro, la teologia, la bellissima dama che diventa prostituta, inoltre è il periodo della Prima rivoluzione, fallita. In questo contesto dobbiamo collocare балаганчик, momento in cui Blok svuota la propria produzione artistica di ogni significato mistico, ossia lo mantiene però soltanto per deriderlo, sbeffeggiarlo. Dramma messo in scena poco dopo essere scritturato, nel 1906 da un famoso regista teatrale (Mejerchol'd) celebre per aver inventato la disciplina della biomeccanica, tutto un metodo di recitazione autoriale che va in contrasto con l’immedesimazione e la reminiscenza di Stanislavskij. Siamo nel periodo post-rivoluzionario, secondo questa disciplina l’attore doveva essere anche un atleta, l’attore doveva saper gestire e muovere il proprio corpo con gesti e movimenti ben studiati, nulla doveva essere lasciato al caso proprio per questo occorreva anche una preparazione fisica e atletica che dovevano essere in grado di fare piroette, alzare le gambe, le braccia ecc. In secondo piano passava l’immedesimazione, fa rivivere il personaggio attraverso la personalità dell’autore stesso, fu una volta di rivoluzione in questo ambito. Ci troviamo nel periodo simbolista che prima della rivoluzione in ambito teatrale. Prima della rivoluzione, Mejerchol'd lavorava con un’attrice famosa con la quale collaborò anche Blok Komissarževskaja, Mejerchol'd fu proprio in grado di comprendere il motivo del dramma e introdusse attraverso la messa in scena di tutta una serie di innovazioni che testimoniavano la rottura con la messa in scena teatrale del passato, con il teatrodell’800. L’Idea di mettere in scena questo dramma salta fuori da questa poesia ma il motivo del baraccone è ricorrente, come il motivo del pagliaccio lo è nelle liriche di Blok però l’idea principale è data dalla poesia балаганчик. Parlando di contenuti troveremo lo straniamento, come se il lettore si trovasse di fronte a qualcosa che è estraneo e non reagisse nel modo corretto. La lettura della prima strofa rende proprio l’idea come se un pagliaccio, un attore, un giullare con organetti a manovella, danno un senso di ritmo al lettore, prospettiva del lettore, versi regolari, rima regolare, ABAB CDCD, rima alternata, nessun segno di elemento dissonante, almeno nella forma della struttura del verso. Il lettore si aspetta di vedere qualcosa di leggero, un intrattenimento che faccia divertire, destinato soprattutto ai bambini, infatti i protagonisti sono un bambino e una bambina che aspettano di ascoltare la storia raccontata dagli autori, questi bimbi allegri e buoni, questo spettacolo in realtà non è per tutti perché i bambini guardano le dame, i diavoli e i soprani. Il diavolo già qui è un elemento dissonante però potrebbero rappresentare il cattivo all’interno della narrazione ma nei versi successivi (risuona la luce infernale…) le aspettative il lettore vengono completamente ribaltate non si tratta di uno spettacolo per bambini, i personaggi con le loro movenze non sono soggetti tipici per bambini. Primo elemento dissonante diavolo a questo sostantivo si aggiunge tutta una serie di aggettivi quale infernale, malinconico, orrido che rendono, rivelano il vero nucleo semantico di quel diavolo, questi aggettivi servono ad arricchire e intensificare questa sensazione di negatività, di orrore. Il diavolo probabilmente colpisce prende qualcuno e ma ancora non sappiamo chi è che gocciola di succo di mirtillo (elemento fondamentale). Rappresentazione teatrale inizia e iniziano a dialogare i due bimbi, dal punto di vista di segni grafici osserviamo punti di sospensione, punti di interiezione (interrogativi esclamativi) per comunicare da un lato l’atmosfera più nervosa irrequieta , dall’altro rimanda al linguaggio di bimbi, perché sono bambini e spesso parlano cosi con esclamazioni ecc. Presenza di tante opposizioni in Blok, anche qui opposizione cromatica il rosso del succo di mirtillo domina la prima strofa noi lo associamo subito al diavolo, poi nella seconda strofa il rosso (corteo di cammelli che associamo al fuoco), abbiamo poi il nero (meno sdegno, bianca mano) poi quando parla la bimba descrive l’immagine della regina inghirlandata di rose che noi associamo al rosso, la regina viene poi di giorno allontanandoci cosi dalla visione del nero e avvicinandoci a un immagine diurna luminosa abbiamo quindi un opposizione cromatica domina le strofe anche se i colori non vengono esplicitamente menzionati. Questo contribuisce alla caratterizzazione del verso ed è il lettore stesso che deve farlo, coinvolgere il lettore nel verso. Struttura dei versi poi cambia diventando sempre più irregolare fino a terminare con un distico di rime AA, ma nella strofa precedente viene introdotta la figura del protagonista, di балаганчик che qui è паяц (pagliaccio), diventerà Pierrot. Però le cose che dice, le dice con una sequenza di punti di esclamazione che già caratterizzano il personaggio, inoltre Pierrot è triste, lamentevole, languido però anche irrequieto, nervoso e poi gli ritorna un immagine (pagliaccio grida: aiutatemi, perdo succo di mirtillo..) ritorna il succo di mirtillo non c’è esplicitamente la parola sangue in russo ma quest’immagine del succo ha una valenza rafforzativa e ci dà un idea ancora più chiara di come il diavolo aveva agguantato lui e lo aveva colpito e questo Pierrot perché perde succo di mirtillo? Perché c’è proprio lo svelamento della finzione, il trucco diventa evidente, un manifesto e questo sarà fondamentale perché si abbandona, rottura con produzione teatrale dell’800 perché il trucco irrompe sulla scena diventano evidenti i meccanismi di teatro nel teatro, il pagliaccio qui irrompe come se volesse liberarsi della scena finta del baraccone e rivolgersi agli spettatori è un Pierrot vestito di un cencio, visione del giullare, Pierrot in realtà e lo stesso Blok, diventa quasi un sosia, lui in realtà ha elementi difensivi contro il diavolo, l’elmo di cartone quindi da un lato torniamo allo svelamento del trucco, dall’altro ci fa capire che in comunque smarrimento che attraversa un disorientamento per i personaggi ma anche per i lettori. Dramma molto dinamico cambi di scena molto rapidi, questo senso di attesa caratterizza anche Arlecchino (ti attendo agli incroci) coinvolge i personaggi che fanno parte del triangolo che sono Arlecchino, Colombina e Pierrot, Colombina è quasi ridotta a una figura marginale questo perché Colombina è quasi del tutto inconsistente prima associata alla neve che ha si una consistenza ma con il calore scompare e poi è associata anche alla tormenta. La neve, il turbinio della neve è associato sempre all’elemento del ballo e in балаганчик è un ballo in maschera (simbolisti rappresentarono un ballo in cui tutti avrebbero dovuto recitare davanti la commedia dell’arte e utilizzare però come colore principale il bianco, ancora una volta per sottolineare l’associazione tra le maschere e la neve). Fascinazione per la neve data anche da i rombi raffigurati sul mantello di Arlecchino o sul domino, turbinio del mantello associato alla neve, fascinazione per questo elemento naturale che cercarono proprio di produrre e ne deriva poi la scrittura neve proprio per mettere in relazione la libertà. Arlecchino prende Colombina, nella tormenta cerca di cingerla con il mantello però questa cade e si presenta nella fattezza reale di maschera di carta. Ad un tratto esce fuori l’autore che da un lato è molto romantico, perché l’autore che esce e si introduce in scena e simbolo di romanticismo però sulla scena russa rispettando la tradizione l’autore dice che ciò che sta succedendo lui non lo ha previsto, quasi si giustifica con la platea. Tutto questo è diverso dal teatro di Stanislavskij dove per esempio l’immedesimazione, l’autoidentificazione degli attori non si preoccupano della platea è come se non ci fossero non è importante il rapporto con la platea, per kalka invece il dramma riusciva anche solo se uno degli spettatori lo capiva e entrava in sintonia con l’attore. Qui invece c’è proprio la volontà di coinvolgere tutta la platea e di mostrare loro il gioco scenico , ci sono tutta una serie di stratagemmi, non sono di carta solo i personaggi ma anche i fondali. Da un lato questo coinvolgimento del pubblico dall’altro volontà di volergli mostrare che ciò che stanno vedendo è finzione. C’è un riferimento dopo il monologo in cui l’autore si scusa con gli spettatori c’è una didascalia che termina cosi: Pierrot siede afflitto su una panchina dove di solito si baciano Venere e un Tannhauser, questa è una citazione doppia, immagine molto stereotipata, nelle raffigurazioni di solito Pierrot seduto su una panchina vicino a un lampione , doppio riferimento da un lato a un romanzo di un autore liberty (Beardsley), è un romanzo erotico, un poeta, lui è un trovatore accolto nelle redini di Venere che si innamora di lui, cede ma poi si pente, storia tra il coinvolgimento della passione amorosa Tatiana e l’amore cristiano, ad un certo punto lui pronuncia il nome di Maria e Venere scompare questo per sottolineare come il cristianesimo vinca sul paganesimo questo è il primo riferimento, il secondo riferimento è a Vagner perché Tannhauser è un’opera Vagneriana, Vagner tra i compositori era molto amato dai simbolisti. Pierrot su questa panchina era solo mentre leggeva la storia di questo amore come se fosse predestinato a non conoscere quel tipo di passione che invece coinvolse i protagonisti. Poi ritorna il motivo del cerchio, quando parla dell’anello nuziale, la bufera e soprattutto quando parla della danza intorno alla slitta, anche qui non c’è amore ma qualcosa di logico che potrebbe essere ricollegato ai riti antichi, Pierrot danza intorno alla slitta dove ci sono la sua Colombina e il rivale. Vera e propria ossessione per il cerchio. Quando compare sulla panca una coppia di innamorati lui è vestito d’azzurro e lei in rosa, le maschere del colore dei vestiti, l’introduzione del colore è frequente nei simbolisti (presenza di altri colori, il rosso, il nero, il viola, il bianco) la gamma cromatica che per i simbolisti aveva significati molto profondi per esempio Gogol viene riscoperto da loro. I due personaggi dovevano essere distanti anche nei colori. Pag 14 lei della prima coppia dopo il bacio dice (qualcuno ammicca…), qualcuno in russo кто-то presente anche in una delle poesie presenti all’inizio. Questa indeterminatezza qui non è più attribuita ad altri personaggi come i lavoratori di fabbrica, la dama ma diventa un personaggio indefinito, ma a un personaggio che è come il sosia del poeta il lui della seconda coppia. Il sosia come figura molto amato dai simbolisti, qui c’è proprio l’identificazione del poeta che nei primi componimenti era ben presente ma dalla violetta notturna compare il sosia. Il protagonista si sente seguito da qualcuno e poi lo vede proprio nella capanna, quindi è un sosia cupo che teme di innamorarsi. Ballo della maschera presenza di un turbinio di mantelli associato al turbinio della bufera e il cerchio ricorre anche per dare l’idea del ballo e delle coppie che ballano in cerchio. (momento della danza) momento dell’innamoramento, l’amante che entra nel cerchio dell'altro e poi lui successivamente lo dice chiaramente che si tratta di qualcun altro (tu mi hai condotto nella tenebra dove un mero sosia mi faceva cenno…), dietro la maschera che si toglie l’amante, non c’è volto. Questo motivo della maschera che non nascondi niente dietro di concreto reale sottolinea ancora di più il fatto che i personaggi sono del tutto inconsistenti, privi di corposità, sono persone vuote. Pag. 15: inconsistenza data non solo dall’assenza di volto dietro la maschera ma la consistenza c’è si materializza ma non è altro che un tipo di carta che ricorre anche in Балаганчик, nella didascalia autoriale a pag. 16 ritroviamo il succo al mirtillo (io non sono vero umano in carne ed ossa, io perdo succo di mirtillo) proprio sottolineare l’elemento della finzione, io platea sono un attore una maschera pura finzione. Torna la neve nel monologo di Arlecchino, sensazione fisica che vuole dare l’autore a volte è proprio quello di freddo, rigido, pungente, questa sensazione Blok cerca di rappresentarla attraverso la neve e la tormenta. Ultima didascalia (estrae il piffero...), non si tratta di una poesia però c’è un elemento unificante con l’inizio del dramma ovvero il pallore e la nota triste con la quale inizia il dramma perché Pierrot subito irrompe in scena con il suo monologo triste. Anche qui struttura circolare dall’elemento nuziale e dal pallore, pallore attribuito inizialmente alla bellissima dama alla donna celestiale ma anche alle maschere o meglio al cerone di queste e degli attori in generale. Riflessione che parte da un semplice colore il bianco che ha poi tante associazioni, qui c’è anche tanto Cechov, una delle prime prove di Cechov nel teatro è un racconto (il canto del cigno, dove c’è un attore ubriaco che non si accorge che tutti se ne sono andati e lo hanno chiuso dentro il teatro, è un omologo di questo attore anziano molto triste è appunto il canto del cigno, il canto di un attore che probabilmente in passato era stato molto apprezzato ma che poi si è logorato anche a recitare sempre la stessa parte). Blok era un rappresentatore di teatro ma non del teatro di Mariinskij, il teatro più famoso di san Pietroburgo e definiva grasso perché i frequentatori e gli attori stessi erano membri della classe benestante, nobili e le rappresentazioni che proponevano erano sempre le stesse, prive di originalità, Blok per esempio amava molto di più il cabarè e il cabarè importante per Majakovskij e futuristi che amavano incontrarsi lì. In sostanza il cabarè rispetto al teatro si pone in modo più leggero, più popolare libertà creativa improvvisazione, invece per il teatro più rigido, cabarè più vitale, non bisogna ricordare, presenza inoltre dell’aspetto autobiografico in quanto Blok beveva e frequentava prostitute tutto ciò riflette i cabarè. Il fatto che già il titolo Балаганчик richiami il teatro popolare delle marionette della commedia dell’arte però è una firma estetizzata, si prende una forma del teatro e la si rende artistica la si connota di tanti attributi, quindi forma del teatro popolare ripresa ed estetizzata. I simbolisti e in generale Blok ancora speranzosi nel cambiamento permeato dal preannuncio dell’avvento della rivoluzione che infondeva speranza in begel questo non c’è più. Personaggi di Blok rimangono all’interno del loro mondo quelli di beque/l/t? hanno la possibilità di uscire fuori dallo squarcio ma l’altro personaggio gli dice una volta caduto rimanendo lo squarcio perché rimani immobile? Perché non vai? Tu non vuoi andare, non si vuole andare altre non c’è più speranza volontà di andare oltre quel mondo fittizio irreale assurdo e completamente vuoto qui la scenografia è tutta scena Beckett è come se i motivi di балаганчик li portasse alle estreme conseguenze questo per far capire quanto i simbolisti siano stati poi fondamentali per gli sviluppi del teatro e di come lo svuotamento della scena e la scenografia che anche Cechov non amava c’è e sempre di più uno svuotamento verso l’essenziale che sarà ben evidente nei futuristi dove tutto è volto all’essenziale addirittura la parola, non c’è bisogno di elementi aggiuntivi. La Sconosciuta. Blok riprende motivi che poi rielabora in modo originale partendo da una sua lirica scritta nel 1906 raccolta nel ciclo (Città/Город). A differenza del Балаганчик descritto nelle sue lettere e taccuini negli scambi con gli altri artisti, abbiamo poche notizie, documenti sulla sconosciuta e sulla sua genesi della lirica, della poesia, e poi del dramma alcuni motivi di questo dramma si ritrovano nella poesia. Dramma scritto nello stesso anno. Rima: è regolare schema tradizionale, tetrapodia giambica. Verso puskiniano. L’opera ci rimanda a Dostoevskij e Gogol’ non solo per il tema dell’ubriachezza ma anche per la distinzione tra realtà e finzione. Temi già iniziano a diversificarsi, si tratta di quartine, tredici quartine, ci sono temi riconoscibili, quali (immagine della città, dei bambini che piangono strillano, città, l’io lirico si trova in un luogo che non si capisce ma poi scopriamo lui essere in una taverna ma è come se l’aria esterna della città selvatica, sorda penetrasse all’interno, o come se l’aria infuocata domina tenendo all’esterno il freddo ossia l’aria perniciosa della primavera, siamo all’interno aria soffocante. Seconda quartina siamo all’esterno, aria sotto forma di polvere dei vicoli di una zona periferica, ville sono (ДАЧЕ) illuminate dove vivono i cittadini nel fine settimana, odore diverso aria non più selvatica e) illuminate dove vivono i cittadini nel fine settimana, odore diverso aria non più selvatica e sorda ma odore di una ciambella appena sfornata, quartina dopo abbiamo 2 parole: il tubino che è una sorta di bombetta (cappello) e poi abbiamo i borri che sono dei fossi che si trovano ai lati delle strade e raccolgono l’acqua, siamo ancora una volta San Pietroburgo zona Paludosa, presenza di acqua, siamo nella parte della città periferica, bontemponi vanno in giro a bere o in cerca di prostitute, atmosfera notturna non diurna, quarta strofa parola: scalmo è la parte dove si poggia il remo. Nella scena sopra il lago c’è silenzio e si sente il suono del remo che passa sopra questo lago forse ghiacciato, echeggia uno strillo femminile dovuto non si sa a cosa, il cielo è abituato ad ogni cosa è chiaro che siamo di notte (disco) identifica la luna. Каждый вечер (anafora, poi ripetuta), (l’unico amico mio si riverbera…) riferimento al vino e alla presenza di un amico che gli sta davanti e si riflette sul calice che come lui è ubriaco . Questo amico potrebbe essere anche lui ubriaco che guarda sé stesso. Motivo dell’ebbrezza viene introdotto, legato al vino ma anche all’autobiografia ricordiamo che Blok beveva e frequentava prostitute. “Occhi di conigli…” perché sono rossi, situazione un po’ soffocante, regna lo stordimento. Fine prima parte poesia. Prima parte, è più pesante, prosaica dove rientrano immagini paludose dell’esterno, notturne, poco ariose e poi arriviamo alla seconda parte dominata da questa donna che entra lentamente (ogni sera ripetizione), dato che l’io lirico frequenta la bettola ogni sera, ogni sera vede questa donna che si va sedere sempre allo stesso posto, veste sempre uguale, di nero vestito attillato con un cappello di piume di struzzo e la mano tutta anellata. La donna è una prostituta di lusso. È da sola, importante perché invece nel dramma (inizio parallelo alla poesia), la donna entra nella bettola ma è accompagnata e viene trattata male dall’accompagnatore. Nella poesia è sola, ricollegamento alla vecchia poesia di Blok perché si ha la sensazione di essere davanti una rivelazione visione quasi mistica accompagnata però dalla consapevolezza di essere ubriaco, la donna gli rivela degli arcani (misteri). Opposizione all’interno della stessa strofa (sesta strofa), i primi due versi, visione mistica, gli altri due il vino ormai li possiede completamente e l’ubriaco vede queste piume di struzzo che è come se vacillassero nel cervello dell’ubriaco. Occhi azzurri, azzurro importante, colore positivo per Blok, questi occhi azzurri sono vuoti, inespressivi, torna il motivo dell’acqua che però è lontano. (riva lontana). Le composizioni di Blok sono spesso ad anello questa anche, torna il motivo dell’ubriachezza anche se la percezione è un po’ confusa e questa percezione è tipica di questo dramma e delle successioni. È confuso, mix tra sogno e realtà, quasi visione onirica, percezione confusa, non si sa se sta vivendo veramente quella situazione, potrebbe essere dovuta al vino o magari il poeta vuole dare questa impressione, atmosfera. Lo stesso arrivo della donna è avvolto dal sogno. Qui troviamo l’io lirico non ancora poeta, protagonista della poesia. Poeta da un lato incatenato alle sue assuefazioni date dall’alcol e alle bettole frequentate ma allo stesso tempo permane l’immagine della donna quasi ultraterrena anche se ormai non abbiamo più la visione della donna celeste. Non sappiamo precisamente se sia una prostituta ma di certo non è un ambiente la bettola per una nobil donna, interno, esterno, qui e altrove si confondono. Io lirico e sconosciuta, paragonati a Euridice e Orfeo (Orfeo è nella mitologia il poeta, musicista che suona la lira incantando con i suoi versi chiunque lo circonda. Soprattutto donne. Orfeo ama intensamente la ninfa Euridice, si sposano, amore breve, lei vittima di uno dei figli di Apollo Aristeo che la vuole, lei fedele al marito scappa e viene morsa da un serpente che la uccide. Orfeo disperato cerca di riportarla in vita scendendo nell’Ade dove tenta Elemento autobiografico questa donna non è più Liubof ma un’attrice di nome Natalia (Nastasia?) di cui si innamora Blok, vestita sempre con un abito nero di seta stretto con uno strascico, e in alcune poesie di questo periodo c’è l’immagine di questa donna e della neve. Qui la neve, il turbinio, l’ossessione del cerchio, i mulinelli, tutto legato alla passione che Blok ritrova a questa donna, richiama al vino all’ebbrezza d’amore. Blok molto innamorato ma anche questo amore infelice. Liubof ad un tratto si staccherà da Blok e diventerà un’attrice. EPIGRAFE: le due epigrafi di questo dramma sono entrambe tratte dall’Idiota di Dostoevskij. Si riferiscono entrambe alla visione di Natalia; nel ritratto era raffigurata una donna… (prima epigrafe…), dialogo tra lei e il principe (seconda epigrafe). Prima volta che lui vede la donna è in foto, in un ritratto e si chiede chi sia. Successivamente, quando si conoscono, nel dialogo dicono: Ma come avete saputo che ero io … Motivi ripresi, da un lato la riconosce per via della foto dall’altra gli sembra di averla vista ancora prima in un sogno anche nel dramma il poeta non sa se l’ha vista in sogno o nella realtà. Motivo ripreso da Dostoevskij. Questa donna vestita di nero era la sconosciuta. I dodici. scritto nel 1918, è l’opera blokiana più famosa, un testo apparentemente disorganico diviso in 12 capitoletti di diverso tono, metro e misura che riporta diversi scenari quali l’universo mondo, la città, la strada. È presente la bellissima dama in un altro triangolo amoroso e una nuova fuga sulla slitta fino alla morte della bella. Katja è una prostituta, Petja ne è innamorato (fa da sfondo la Pietrogrado del 1918). La bella fugge in slitta con Vanja, un traditore, Petja spara ma colpisce Katja che muore nella neve, lo sguardo finisce col posarsi sui dodici nella tormenta fino all’arrivo del finale, che riprende l’inizio (ad anello). Drappello bolscevico che marcia nella tormenta verso il futuro, come riscatto della cultura sulla civiltà. Il suo poema I Dodici è dedicato proprio alle prime fasi della rivoluzione, ed infatti è stato scritto nel gennaio 1918, solo pochi mesi dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi, e descrive con successo lo stato di spaesamento e insieme di entusiasmo vissuto dai suoi connazionali – e da lui per primo – di fronte all’instaurazione del nuovo ordine. Questo lungo componimento, di 335 versi, è ambientato in una sera di bufera di gennaio, e, benché segua le gesta dei dodici rivoluzionari, da cui appunto prende il nome, si sofferma tuttavia su diverse percezioni della rivoluzione, attraverso vari personaggi: la vecchietta che non capisce lo spreco di fogli per gli slogan politici («Piange una vecchia, sta a soffrire, / mai capirà che vorrà dire, / a che serve lo striscione, / quell’enorme telone»), il letterato dai capelli lunghi che decreta la morte della Russia («Traditori! / La Russia muore!»), il prete che cammina tra la neve, il borghese che alza il bavero del colletto per ripararsi dal freddo («Passerotto di un borghese: fila!»), il cane tignoso, e i dodici bolscevichi che proseguono nella tormenta per andare a combattere. E lo sconvolgimento rivoluzionario si riversa nella vita di ognuno, con esiti rovinosi perfino per i dodici compagni: uno di loro, Petja, uccide la sua amata prostituta Katja, e già non è più chiaro se a spingerlo a tanto sia stato il tradimento in sé o il fatto che il suo nuovo amante Vanja fosse un soldato, quindi un nemico. Petja è un compagno ma è anche un uomo, e si tormenta per quel che ha fatto, quasi impazzisce, riversa il suo dolore sui compagni, che però gli ricordano del loro primo e unico impegno: la guerra («ma che sei, una comare? […] / Ma ti pare che è il momento / di sentire la tua lagna?! / Ci son cose più pesanti / che ci attendono, compagno!»). La particolarità del poema è proprio l’inserire una grande varietà di situazioni che si accorda con la molteplicità di toni usata da Blok: dal linguaggio basso da bordello – dove vanno a rifocillarsi i dodici insieme agli operai, e dove si trova Katja – a quello aulico e addirittura religioso, per esempio nell’ultima parola del poema: Cristo, «Iesuchristo». Persino nella grafia del nome di Gesù, Blok si rifà alla tradizione ortodossa più antica. E come mai, in un inno alla rivoluzione, è presente Gesù Cristo? Questo è ciò che ha creato scompiglio anche un secolo fa tra i critici e i letterati: la rivoluzione bolscevica è stata una rivoluzione atea, e in questo stesso poema si ripete spesso il sintagma «senza croce», eppure proprio alla fine, quindi in posizione di estremo risalto nella costruzione del componimento, compare il nome sacro per eccellenza. Probabilmente, concordando con la lettura che ne dà Cesare G. De Michelis, è perché Blok percepisce la rivoluzione, impersonata dai Dodici, come un andare, come una processione aperta da un Cristo-guida per la creazione del suo Regno sulla terra di Russia. Il testo è interessante anche a livello musicale, come lo stesso Blok si era reso conto, grazie a un continuo gioco di rime, che ha creato non pochi problemi ai traduttori italiani: il loro principale dilemma è stato se rispettare la musicalità, sacrificando il senso letterale del testo, o se operare in maniera opposta, a discapito delle rime russe. Proprio per questo motivo, in Italia sono state fatte circa 14 edizioni del poemetto. La più recente, e probabilmente la più mediana tra le due prassi traduttive, è quella di De Michelis, che è riuscita a restituire al lettore italiano una versione puntuale e musicale. I dodici sono interpretabili anche con gli apostoli. All’interno del tema rivoluzionario vengono inserite anche tematiche religiose molto forti, infatti il poema si chiude con il nome (storpiato) di Gesù Cristo. È presente anche l’immagine del diavolo, rappresentato come un cane randagio (Goethe lo rappresenta così in Faust). Grazie a queste immagini sottolinea la natura messianica della rivoluzione, che accolse con gran fermento. La struttura è disordinata e irregolare, così come la metrica, ma troviamo una simmetria tra il 1° e il 12° capitolo (=struttura ad anello) che trascendono dai capitoli centrali nei quali viene raccontata la storia di un triangolo amoroso tra Petja, Vanja e Katja (Pierrot, Arlecchino, Colombina // Blok, Belyj e Ljubov). Il narratore partecipa alla marcia dei dodici. Il linguaggio si abbassa costantemente e rispecchia l’ambiente della città, i movimenti disordinati delle persone ricordano le maschere e le marionette. Vengono dati attributi femminili alla Russia, la quale sostituisce i personaggi femminini. L’evoluzione dell’eterno femminino termina quindi con la Russia, il baratro. La Russia è cantata sotto l’influsso sciita del periodo. Il miracolo finale dell’apparizione di Cristo è realistico, egli appare come una figura rivoluzionaria. Non risorge per salvare l’uomo ma viene fatto risorgere dagli uomini.
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