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Boccaccio, vita e opere , Appunti di Letteratura Italiana

vita, opere con annessa parafrasi e figure retoriche.

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 20/06/2017

matisse5
matisse5 🇮🇹

3.5

(17)

23 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Boccaccio, vita e opere e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! GIOVANNI BOCCACCIO Boccaccio (1313-1375). La sua è una poesia nobile, rappresenta sia una dimensione fantastica, consola l’uomo dalle tristezze della vita, sia uno strumento conoscitivo e formativo che aiuta a comprendere e valorizzare la vita. La moralità e la dignità sono autentiche solo per mezzo della riflessione letteraria. La letteratura è un dono di dio: una forma di conoscenza equiparabile alla teologia. A quei lettori che sapranno andare al di là della superficie dei testi l’opera assicurerà lezioni di vita e riflessioni morali. Boccaccio sperimenta una scrittura polisemica, un continuo sperimentalismo. Opere: elegia di costanza, caccia di diana, filocolo,filostrato,teseida,la commedia delle ninfe fiorentine, l’amorosa visione, l’elegia di madonna fiammetta, il ninfale fiesolano, corbaccio IL DECAMERON La scelta del genere della novella eleva l’opera, ne fanno parte 100 novelle che si finge siano raccontate nell’arco di dieci giornate da dieci giovani. Il titolo allude alle 10 giornate. L’opera è una favola in quanto è un testo letterariamente elaborato frutto dell’invenzione artistica, è una storia perché è un racconto di eventi ed è una parabola perché contiene vicende esemplari su cui riflettere. 7 donne e tre uomini al tempo che la peste devastò Firenze nel 1348 trovò rifugio in una campagna vicino Fiesole e per passare il tempo decidono di raccontare delle novelle. Le 100 novelle sono tra loro molto diverse però di sono 4 ingredienti cardine: fortuna, intelligenza, audacia e amore, comicità. Nel Decameron due forze si confrontano: l’uomo e la fortuna. La fortuna appare a Boccaccio come un principio che può declinare il successo o l’insuccesso di ogni iniziativa umana. Dentro ogni uomo premono forze e desideri di vario genere brama di ricchezza e di potere con intelligenza di attuano stratagemmi per poter soddisfare i propri desideri ma se si lasciano trascinare dalle passioni in maniera irrazionale gli esiti saranno negativi. Il Decameron delinea un modello esemplare di comportamento. La felicità intesa come possesso dell’amato, l’amore accende la gelosia e le conseguenze non sono sempre felici. La comicità: ci sono scherzi finalizzati a scopi pratici e utilitari come raggiungere il proprio obiettivo economico e poi ci sono le beffe gratuite concepite sadicamente per il puro gusto del divertimento. Il realismo di Boccaccio si risolve nella libertà e nella disponibilità del suo sguardo capace di osservare gli infiniti risvolti della società umana. IL PROEMIO Boccaccio definisce lo stato d’animo da cui l’opera trae ispirazione, fornisce una sintetica definizione dei suoi contenuti ne individua i destinatari privilegiati e la duplice finalità. Nasce come manifestazione di un sentimento di compassione nei confronti di quanti sono afflitti dalle pene d’amore e in particolare nei confronti delle donne che più degli uomini sono esposte ai turbamenti della passione. La prima parte è un analisi dello stato d’animo di Boccaccio; egli avverte un sentimento di gratitudine nei confronti degli amici che avendo compassione del suo stato hanno cercato di aiutarlo con piacevoli ragionamenti e consolazioni. Si accinge a narrare 100 novelle a sostegno e conforto di tutti quanti si trovano nella sua passata condizione. Boccaccio ne individua i destinatari privilegiati: lo scopo del libro è di offrire divertimento e distrazione a quanti si sentono morire per effetto di una passione amorosa il pubblico a cui fa riferimento sono le donne che non hanno la possibilità di distrarsi. Al peccato della fortuna che ha negato il sostegno proprio a quegli essere umano che ne avevano più bisogno per la loro debolezza. UNA LIETA BRIGATA AL TEMPO DELLA PESTE I GIORNATA Nella prima giornata del Decameron sono illustrate le circostanze che inducono un gruppo di 10 giovani, mentre a Firenze dilaga la peste, a rifugiarsi in campagna per fuggire. I giovani decidono di occupare il loro tempo mediante il racconto di novelle. Il testo è articolato in 3 parti: la prima parte fornisce al proposito un quadro cupo e angoscioso, la rappresentazione degli effetti della peste è condotta in modo realistico cioè concepita come punizione divina contro i peccati e le colpe degli uomini che travolge le capacità e le competenze della scienza medica del tempo, la specie umana ne è umiliata e si riduce in bestie, spegne in loro ogni sentimento di bontà e generosità. Boccaccio si sofferma ad analizzare le conseguenze sociali della peste, dimostrando come in una simile situazione la comunità viene stravolta, le leggi civili e religiose non hanno più valore. Boccaccio insiste sulla scomparsa di ogni forma di altruismo e affetto generoso. Nella seconda parte racconta di alcuni giovani che incontrandosi in nella chiesa di santa Maria novella decidono di mettersi in salvo e di trasferirsi in una campagna. Pampinea dimostra la legittimità morale della sua proposta: la fuga del male e dalla morte e il conseguente rifugio non sono una scelta egoistica ma obbediscono a un principio elementare ed essenziale, la difesa della vita. Non fuggire al contrario, sarebbe una forma di disprezzo nei confronti del dono della vita: sarebbe un errore. Per non cadere in questo errore la compagnia presieduta da pampinea provvede a organizzare la propria vita finalizzata al piacere. Affermando il principio che il dolore giunge al culmine della gioia così come la letizia subentra alla tristezza. Nella terza scena Boccaccio illustra il luogo ameno e isolato in cui la compagnia abbandonata Firenze si raccoglie dopo un pasto e dopo aver cantato e ballato iniziano a raccontare novelle. Boccaccio sottolinea quale sia la dinamica universale che regola le vicende storiche individuali e collettive: situazioni negative e positive si intrecciano e condizionano reciprocamente generandosi l’una dall’altra. Vuole trasmettere l’insegnamento secondo il quale: affinché l’uomo preso atto che bene e male nella storia non si manifestano mai separatamente l’uno dall’altro e che non ceda né alla cupa disperazione ne alle circostanze sfavorevoli né all’ingenuo ottimismo nelle situazioni di letizia. Riassunto: L’opera si apre con la descrizione della tragica situazione di Firenze oppressa dalla peste. I morti per le strade, i lamenti, le urla, l’aria pesante rendevano la vita in città una continua sofferenza. Per questo motivo sette nobili ragazze (Pampinea, Neifile, Filomena, Fiammetta, Emilia, Lauretta ed Elissa) seguendo la proposta di Pampinea, decidono di fuggire dalla città e rifugiarsi in una villa in campagna dove pensano di trovare allegria e di scampare alla peste. Coinvolgono in questa impresa anche tre giovani nobili Filostrato, Panfilo e Dioneo. Così il giorno dopo giungono in questa bellissima casa con i loro servi e stabiliscono che ogni giorno venga eletto un re o una regina che gestirà a suo piacere la giornata. La prima regina è Pampinea che dopo aver dato disposizioni ai servi e agli amici decide che alla stessa ora per dieci giorni ognuno racconti una novella che dovrà seguire l’argomento proposto dal re o dalla regina della giornata. Il tema della prima è vario e li primo ad incominciare è Panfilo. SER CIAPPELLETTO Il protagonista di questa novella, Ser Ciappelletto, è descritto da Boccaccio come “il peggior uomo che mai nascesse”. Egli è un falsario pronto ad utilizzare tutti i suoi mezzi per contorcere la realtà, un abile bugiardo e uno spietato disseminatore di litigi e contrasti all’interno di parenti e amici; assassino, bestemmiatore, traditore della Chiesa e della religione (che naturalmente non segue), ladro, ruffiano nei confronti di uomini e donne è, oltretutto, un accanito bevitore di vino: un uomo, quindi, non estraneo al peccato. Egli viene assunto da Musciatto Franzesi per la gestione dei suoi intricati affari sparsi in innumerevoli regioni. Durante il suo viaggio, trova accoglienza in casa di due fratelli usurai e qui è vittima di un malore. I due proprietari sono timorosi delle ripercussioni che la diffusione della notizia della morte di un personaggio simile nella loro abitazione senza l’estrema unzione avrebbe comportato. Il loro dialogo, però, non sfugge a Ser Ciappelletto, che rassicura i suoi ospiti garantendo loro nessuna preoccupazione futura. Per questo, fa venire il più “santo” tra i parroci, per una sua prima ed ultima confessione. Durante la visita del prete, Ciappelletto gli fa credere di essere un uomo perfetto, che non abbia mai commesso un peccato, quasi un santo. Il frate, stupito da una simile purezza, dopo la morte dell’uomo, raccoglie tutti i suoi fratelli in riunione con il solo obiettivo di lodare il defunto. Al funerale partecipa un gran numero di persone che, convinte che ciò che è stato detto riguardo il morto sia del tutto vero, adorano la sua salma proprio come se si trattasse di un individuo degno di essere beatificato ed adorato. Panfilo, il primo a raccontare una novella, illustra l’eccezionale e paradossale percorso compiuto da capparello da prato il quale dopo un’esistenza malvagia con un ingannevole confessione riesce a farsi passare per santo e a essere venerato come tale. Boccaccio punta a evidenziare come la sapiente manipolazione del linguaggio complice di facile credulità degli uomini consenta di alterare e ribaltare verità e menzogna secondo l’arbitro dei più scaltri. da parte del cavaliere, al termine del quale i due furono costretti a ricominciare da capo il loro inseguimento, fino a fuggire dalla vista di Nastagio. Il ragazzo decise allora di approfittare di questa situazione, e perciò invitò i propri parenti e la sua amata con i suoi genitori a banchettare in quel luogo il venerdì seguente. Come Nastagio aveva previsto, alla fine del pranzo si ripeté la scena straziante alla quale lui aveva assistito una settimana prima, e questa ebbe l'effetto sperato, infatti, la giovane Traversa, ricordandosi di come aveva sempre calpestato l'amore che il padrone di casa provava nei suoi confronti, per paura di subire la stessa condanna acconsentì immediatamente a sposare Nastagio, tramutando il proprio odio in amore. L’intenzione ideologica di Boccaccio in questa novella è di dimostrare come la giustizia divina castighi la crudeltà delle donne che amate non cedono alla passione dell’innamorato. FEDERICO DEGLI ALBERIGHI Federico degli Alberighi, un ricchissimo nobile di Firenze si innamorò di monna Giovanna, una delle donne più belle della Toscana. Per sedurla organizzò feste in suo onore e le fece doni fino a sperperare tutti i suoi averi e senza suscitare in lei nessuna attrazione. Si ridusse così a possedere solo un piccolo podere ed un falcone, uno dei migliori del mondo che gli permettevano di sopravvivere. Avvenne però che il marito di monna Giovanna morì e questa andò a trascorrere l'estate con il figlio in una tenuta vicino a quella di Federico. Questo e il ragazzo fecero presto la conoscenza, grazie al grande interesse del giovane per il falcone. Il figlio di Giovanna si ammalò e quando gli chiese cosa lui desiderasse, quello rispose che se avesse avuto l'uccello di Federico sarebbe sicuramente guarito. Il giorno dopo la madre si recò da Federico con una altra donna, non senza vergogna di andare a chiedere a lui che a causa sua si era ridotto in miseria una cosa così preziosa. L'accoglienza fu calda, le donne dissero che si sarebbero fermate per la colazione, ma l'uomo non trovando niente da cucinare tirò il collo al falcone e lo servì a tavola. Il pasto trascorre piacevolmente, fino a quando monna Giovanna, raccolto il coraggio, chiede il falcone per il figlio moribondo. Federico scoppia a piangere davanti a lei e le spiega che glielo avrebbe donato volentieri se non lo avesse usato come vivanda per la colazione uccidendolo proprio perché non aveva niente altro di adatto ad una donna come lei. Giovanna torna a casa commossa per il gesto dell'uomo ma sconsolata e nel giro di pochi giorni il suo unico figlio muore, forse per la malattia, forse per il mancato desiderio dell'uccello. Essendo però ancora giovane viene spinta dai fratelli a rimaritarsi per dare un erede ai beni acquisiti dal defunto marito. La donna non vorrebbe altre bozze, ma essendo obbligata sceglie come sposo Federico per la sua generosità, facendolo finalmente ricco, felice e più accorto nelle questioni finanziarie. Boccaccio vuole far riflettere sull’invito di essere circospetti e oculati amministratori di sé e dei propri beni. Ricchezza e povertà costituiscono insieme alla tematica amorosa i due poli semantici della novella, portando con sé un interrogativo elementare: la nobiltà e il valore dell’uomo determinano le qualità dei suoi averi? La ricchezza è ben utilizzata quando è motivo di onore e profitto per chi la impiega e per chi ne è destinatario altrimenti il suo uso è inutile e sciocco. I soldi sono importanti ma non sono tutto e non bastano a decretare il valore positivo di una persona. CISTI FORNAIO Un giorno giunsero a Firenze degli ambasciatori inviati lì da papa Bonifacio. Essi erano ospiti di Geri Spina, marito di Oretta. Il gruppo, ogni giorno passava davanti al negozio del fornaio Cisti, il quale, pur facendo un lavoro umile, aveva potuto arricchirsi. Quest’ultimo aveva una riserva di vini bianchi, la migliore di Firenze, ed era desideroso di offrirne un po’ anche alla brigata che ogni giorno passava di lì. Tuttavia, a causa della sua umile posizione, non poteva invitarli, e così decise di tentarli, mettendosi per due mattine di seguito a gustare il suo vino davanti al locale. Il secondo giorno, Geri, chiese al fornaio di poter assaggiare un po’ del suo vino. Questo piacque talmente tanto agli ambasciatori, che tutte le mattine passarono da lui per berne. Un giorno, Geri decise di organizzare un banchetto in onore degli ambasciatori che stavano per ripartire, e per questo mandò un suo servo dal fornaio a prendere un po’ di quel vino. Il servo si presentò allora da Cisti con un recipiente talmente grande che quando il fornaio lo vide, ridendo, disse al ragazzo che certo il suo padrone non lo aveva mandato da lui. Riferito questo, Geri disse al servo di tornare dal fornaio e chiedergli a chi dunque lo aveva mandato, e Cisti rispose che sicuramente lo aveva mandato a prendere acqua nell’Arno. Geri comprese dunque che era a causa della grandezza eccessiva del fiasco e così, dopo aver rimproverato il servo lo inviò di nuovo dal fornaio, stavolta con un fiasco adeguato. Cisti allora glielo riempì senza problemi e il giorno stesso si recò da Geri per spiegare il suo comportamento. Eccellenza interiore e riconoscimento sociale non vanno di pari passo e anzi si constata spesso una sfasatura tra i due piani. Cisti è un uomo consapevole dei propri meriti e delle proprie qualità ossia del valore di ciò che egli può dispensare perciò esige che il prossimo prima di usufruirne sia avveduto e consapevole sappia cioè riconoscere il pregio di ciò che gli è offerto. CHICHIBIO E LA GRU Viveva a Firenze Currado Gianfigliazzi, un gran signore, ricco e amante della caccia. Avendo un giorno catturato una bella gru, la diede al suo cuoco, Chichibio. Mentre la gru coceva sullo spiedo si spanse tutt’intorno un profumo di arrosto che attirò una servetta del rione di cui Chichibio era invaghito. Questa allora chiese a Chichibio una coscia del volatile ma Chichibio le rispose che non poteva regalargliela. Quella allora lo minacciò sul piano affettivo e al cuoco non rimase che accontentarla. Quella sera si tenne una bella cena con degli ospiti, e Currado, vedendo che alla gru mancava una coscia, chiese spiegazioni, al che il cuoco per difendersi disse che le gru avevano una sola gamba, non due. Allora Currado decise di sfidare il cuoco a dimostrargli, all’alba del giorno seguente, la veridicità delle sue parole. Così al mattino si recarono al lago dove le gru riposavano poggiate su una sola zampa. Proprio mentre Chichibio cominciava a credersi salvo Currado lanciò un forte grido a causa del quale tutte le gru presero il volo mostrando così entrambe le zampe. Al che il cuoco rispose al suo padrone che, se avesse lanciato un urlo simile la sera prima, anche quella gru avrebbe mostrato entrambe le zampe. Currado sorpreso e divertito di quella battuta decise allora di perdonare il cuoco. Boccaccio celebra il valore e la forza naturali della parola umana che al di sopra dei sentimenti e dei progetti dei due personaggi del testo, capovolge una situazione che pareva senza rimedio. GUIDO CAVALCANTI Un'usanza dell’aristocrazia di Firenze era quella di formare liete brigate di gentiluomini, cui partecipavano anche gentiluomini forestieri. Una di queste brigate di giovani cavalieri era capeggiata da Betto Brunelleschi, un giovane coraggioso, il quale desiderava che nel gruppo entrasse il celebre poeta e filosofo Guido Cavalcanti: per dare prestigio alla brigata. Un giorno, Cavalcanti si trovava dalle parti di San Giovanni, dove a quel tempo c'era il camposanto con grandi sarcofagi di pietra. Passava di lì la brigata di Betto Brunelleschi che pensò di andare a punzecchiare il poeta. Tutti gli si avvicinarono stringendolo con i cavalli contro i sarcofagi di pietra e si misero quindi a scherzare e a prenderlo in giro. Allora il poeta disse: «Egregi signori, a casa vostra voi potete dire tutto quello che vi piace» e se ne andò. I giovani non capirono, ma Betto Brunelleschi, che era il più sveglio di tutti, spiegò: «Guido ci ha offeso con eleganza infatti ci ha detto che siamo come dei morti perché siamo ignoranti e di conseguenza noi qui al camposanto siamo come a casa nostra». Da quel giorno nessuno della brigata osò più infastidire il poeta. La figura di cavalcanti viene proposta da boccaccio come esempio e paradigma di un modo di essere che coniuga la prestanza fisica la raffinatezza dei costumi e la tensione intellettuale e non teme di ostentare una sprezzante indifferenza rispetto ai giovani ricchi e gaudenti del suo tempo. Il lamneto per la decadenza e la corruzione die costumi cittadini a causa del dilagare della ricchezza e dell’avidità che contrastano con le belle e lodevoli usanze del passato, all’insegna della generosità e della cortesia. CALANDRINO ASPETTA UN FIGLIO In questa novella si parla di Calandrino, il quale eredita da una sua zia defunta una piccola somma di denaro che vuole spendere per acquistare un podere, nonostante gli amici, Bruno e Buffalmacco, vedendo la esigua somma, gli suggeriscono di spenderla festeggiando con loro ma Calandrino rifiuta. Per punire la sua avarizia, con l’aiuto di un altro amico Nello e di un dottore Simone di star male o meglio di essere gravido, Calandrino si dispera ma il dottore gli propone un rimedio, un infuso, che lo farà guarire ma che gli costerà molto, non curante di ciò Calandrino accetta. Per tre giorni beve la bevanda e si sente cosi guarito e uscendo comincia a lodare tutti. Intanto gli autori dello scherzo sono soddisfatti di averlo schernito. GRISELDA Nell'ultima novella viene raccontata la storia del marchese di Saluzzo che sposa Griselda malvolentieri seguendo le preghiere dei suoi uomini. Griselda, figlia di un villano, viene sottoposta dal marchese a struggenti prove di fedeltà: il marchese finge di avergli ucciso i figli, finge di non essere più innamorato di lei e le porta dentro casa una donna facendola passare per la sua amante e finge addirittura di risposarsi. Dopo addirittura dodici anni, con i figli ormai grandi e maritati, svela tutto a Griselda e con lei trascorre la vecchiaia. La liberalità e la magnificenza sono per Boccaccio il contrassegno della dignità umana, ovvero le qualità che definiscono il valore di ogni uomo. Le parole di Griselda al marito che lo invitano a non infliggere alla seconda moglie le offese che già a lei erano state inflitte sono lo specchio in cui si riflettono la sua statura morale e la viltà di Gualtieri. La magnificenza di Griselda risiede nell’umiltà con la quale accetta le angherie del marchese di Saluzzo, la perseguita al fine di dimostrare l’incapacità della donna di essere all’altezza della situazione. Ma a questo pregiudizio Griselda oppone la sua grandezza. La donna è elevata al rango di beatrice e delle creature angeliche celebrate dai poeti della tradizione medievale mentre l’uomo viene beffardamente sottolineata la miseria morale, in questo modo diventa il prototipo negativo
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