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Borghesi e proletari, Marx, Sintesi del corso di Sociologia

primo capitolo del Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 09/01/2018

Anna.Muner
Anna.Muner 🇮🇹

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Scarica Borghesi e proletari, Marx e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Borghesi e Proletari, 1848 Marx e Engels Questo è il primo capitolo del Manifesto del partito comunista del 1848 che fu la dichiarazione di un intervento soggettivo in quella singolare situazione politica, per rispondere alla domanda “come pensare e organizzare una politica egualitaria alla prova del binomio operaio-fabbrica”. *OPERAIO-FABBRICA: non compongono una forma di legame sociale con le altre categorie ma un legame triedrico composto da tre strati: 1. Il libero mercato della forza lavoro salariata 2. L’espropriazione delle potenze mentali della produzione 3. Il dispotismo di fabbrica L’operaio vende la propria forza lavoro come merce, l’operaio in fabbrica non è un individuo, c’è intercambiabilità di essi sul libero mercato. Gli operai insieme non sono nemmeno comunità (vuoto di socialità). Il capitalista è l’autorità impersonale e decide i salari. *POLITICA E STORIA Marx e Engels volevano uguaglianza nel lavoro salariato, nelle libere individualità. Concezione materialistica della storia: innalzandosi all’intelligenza teorica del movimento storico nel suo insieme risalendo al fondamento materialista della storia. La società borghese è il prodotto della discontinuità storico-sociale, dissolve tutti i posti fissi e stabili nell’insieme dei rapporti sociali. Gli operai devono organizzarsi in forma indipendente dalla fabbrica, prescrivendo allo Stato un sistema di uguaglianza relativa al lavoro industriale e abolendo la forma capitalistica dell’economia. *LOTTE DI CLASSE E POLITICA Il Manifesto conteneva una scommessa sulle capacità degli operai. Le lotte di classe in Francia nel 1848: gli operai vincono nella proclamazione della Repubblica, nel suffragio universale, nel diritto al lavoro, tutte conquiste rapidamente vanificate dalla sconfitta della rivoluzione. *LA FINE DEI PARTITI COMUNISTI Gli stati socialisti furono un tentativo di colmare il vuoto di socialità del binomio operaio-fabbrica mediante la costituzione di uno stato speciale che lo inglobasse interamente con il risultato che in essi la fabbrica era un’istituzione chiave dello Stato e l’operaio era il livello di base del funzionamento statale. Essi entrarono in crisi quando le turbolenze soggettive degli operai a livello mondiale contestarono agli Stati socialisti e ai partiti comunisti che la politica egualitaria da essi promessa era solo un’altra forma di disciplinamento della fabbrica, politicamente vuota e soggettivamente intollerabile. Capitolo Primo del Manifesto del Partito Comunista Il Manifesto del partito comunista, opera non accademica ma di carattere divulgativo propagandistico, scritto da Marx e Engels, espone i punti fondamentali della nuova ideologia politica, riproponedo la dialettica nei termini di storia e di lotta di classi. Il testo prende avvio con una breve introduzione sui motivi per cui si dovrebbe scrivere un manifesto del partito comunista: "Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro del comunismo. Il comunismo viene ormai riconosciuto da tutte le potenze europee come una potenza. Da tempo i comunisti espongano apertamente a tutto il mondo la loro prospettiva, i loro scopi, le loro tendenze, e oppongano alla favola dello spettro del comunismo un manifesto del partito." Marx già dal primo capitolo “Borghesi e proletari” ci mostra la sua visione del mondo, analizzando la funzione storica della borghesia, dalla sua nascita, allo sviluppo, e i rapporti con il proletariato, basandosi sul concetto di storia vista come "lotta di classe”. Non a caso, in ogni epoca si possono rilevare scontri fra i ristretti gruppi di dominatori e vasti gruppi di sfruttati: l'antichità vide compiuto ogni tipo di lavoro manuale dalle masse degli schiavi, mentre arti, scienze e amministrazione degli affari pubblici erano esclusivamente riservate ai ceti più abbienti. L'età feudale che seguì fu caratterizzata da una società divisa fra chi possedeva la terra (l'aristocrazia) e chi la lavorava (servi della gleba). Questa contrapposizione, secondo Marx, porta necessariamente solo due tipi di risoluzione: il rovesciamento dei valori e cambiamento delle classi sociali, o la distruzione di entrambe le fazioni in lotta. Nella sua analisi rivolta alla borghesia, Marx deduce che essa ha sempre giocato un ruolo principalmente rivoluzionario. La borghesia per affermare il suo potere dovette prima distruggere "tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali e idilliache", non lasciando fra uomo e uomo "altro vincolo che il nudo interesse, lo spietato pagamento in contanti". Strappò la parte sentimentale, morale e "poetica" alla vita traducendola in burocrazia e denaro. Con la borghesia, scomparvero i limiti tra le diverse società, unificandole in un unico sistema sociale ed economico e creando di conseguenza una centralizzazione politica = capitalismo. Ma la borghesia non può esistere se non si ha una continua rivoluzione e innovazione dei mezzi di produzione e di conseguenza dei rapporti sociali. È per tale ragione che la borghesia appare come una classe dinamica per struttura. Grazie ad essa si è avuta per la prima volta l'unificazione del genere umano, in quanto l'attività commerciale l'ha spinta in tutto il mondo, creando un mercato mondiale. La borghesia: • assoggettò la campagna alla città, privandola, in questo modo della propria indipendenza • distruggendo l'identità delle popolazioni • costringendo tutti i paesi ad adottare il medesimo sistema di produzione • trasformando tutto in grandissimi centri urbani e favorendo uno scambio universale, un'interdipendenza fra le nazioni. • instaurò uno sfruttamento aperto, spudorato, diretto e arido La borghesia fu terribilmente abile nel riuscire ad avvicinare le varie "classi" e popolazioni, creando forze produttive mai generate prima. Come Marx stesso afferma: "Essa si crea un mondo a propria immagine e somiglianza". Egli la considera una classe dinamica che vive e prospera rivoluzionando continuamente sia gli assetti tradizionali sia gli strumenti di produzione. Marx si rende conto che il sistema capitalistico è debole, perché la borghesia ha in sé anche delle contraddizioni che non gli hanno permesso di tenere in mano le redini della situazione e delle forze da essa stessa create. Da tutto ciò, ne deriva una crisi terribile e inaspettata, che minaccia l'esistenza stessa del capitalismo. L'errore compiuto dalla borghesia fu quello di cercare di ottenere profitti sempre maggiori sfruttando e proponendo mezzi di produzione sempre più efficienti, ma che, inevitabilmente, con il passare del tempo, si rivelano incontrollabili. Possiamo pensare che sia un’antitesi il fatto che mezzi efficienti non portino guadagno, bensì deficit economico. La spiegazione di questo fenomeno sta nel fatto che incrementando la produzione mediante il lavoro di macchine si avrà un doppio effetto negativo che porta alla crisi dell'economia: 1. Le macchine, in quanto tali, producono sistematicamente la stessa quantità di lavoro in un determinato arco di tempo, l'effetto diretto di questo fenomeno è il calo del plusvalore e conseguentemente del profitto. Il capitalismo, allora, si sta rivelando una macchina produttiva che però produce in eccesso, rispetto a ciò che il mercato stesso è in grado di consumare (sovrapproduzione).
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