Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Destra Storica: Caratteristiche e Problemi nel Primo Quindicennio dell'Italia Unita, Appunti di Storia

Storia Moderna d'ItaliaStoria sociale d'ItaliaStoria politica d'Italia

La destra storica, il primo quindicennio politico dell'italia unita caratterizzato da un indirizzo politico di marca liberal-conservatrice. Viene analizzata la vita sociale e politica durante questo periodo, con una particolare attenzione ai problemi sociali, come la povertà e la guerra civile, e alle caratteristiche politiche e azioni di governo. Il testo illustra come la destra storica dominasse il parlamento ed esprimesse i primi governi dell'italia unita.

Cosa imparerai

  • Come la Destra Storica influenzò la politica estera italiana?
  • Che caratteristiche politiche e azioni di governo sono associate alla Destra Storica?
  • Quali problemi sociali caratterizzano la vita della nuova Italia durante il primo quindicennio dell'unità d'Italia?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 11/12/2019

alessio-rosa-2
alessio-rosa-2 🇮🇹

3.7

(4)

22 documenti

1 / 4

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Destra Storica: Caratteristiche e Problemi nel Primo Quindicennio dell'Italia Unita e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! ntroduzione Con l’espressione “Destra storica” s’intende una corrente ideale e politica i cui esponenti sono costantemente maggioritari nel Parlamento piemontese e in quello italiano dopo il 1861 e che si trovano quindi a gestire gli anni a cavallo dell’Unità nazionale. L’aggettivo “storica” (come nel caso della Sinistra che ad essa si oppone) serve a sottolineare la differenza rispetto alle formazioni successive, più direttamente legate alla questione sociale, che saranno tipiche del XX secolo. Benché il ciclo politico della Destra storica inizi nel 1849, comprendendo quindi anche gli anni dei governi D’Azeglio e Cavour, l’espressione è correntemente utilizzata per indicare il primo quindicennio politico dell’Italia unita, caratterizzato da un indirizzo politico di marca liberal-conservatrice. La condizione del Regno al momento dell’Unità nazionale Il paese, unificato il 17 marzo 1861, lo è tuttavia solo formalmente e l’ampliamento, ratificato volta per volta da plebisciti, si compie nell’arco di appena un biennio. Non solo il Lazio e il Veneto sono ancora al di fuori del territorio nazionale italiano, ma anche all’interno di esso si rendono necessarie profonde misure di riforma per omogeneizzare le leggi di territori fino a quel momento divisi e caratterizzati da usi ed istituzioni profondamente diversi. Il governo di Torino si trova prima di tutto a dover abolire le frontiere interne, creare un nuovo sistema bancario e dare al paese un’unica moneta, stabilire un sistema di misure uniforme e dotare il nuovo Stato di un unico sistema d’istruzione. Oltre alle differenze giuridiche e di costume, sono le profonde disparità sociali a caratterizzare la vita della nuova Italia: il 65% dei suoi abitanti è dedito all’agricoltura ma essa, nel meridione e più in generale lungo tutto l’arco appenninico si serve ancora di mezzi particolarmente arretrati che spesso possono appena garantire la sussistenza a contadini e braccianti. In molte zone, nonostante le riforme della prima parte del secolo, sopravvive il latifondo con rapporti di dipendenza di stampo ancora chiaramente feudale. Le poche manifatture funzionanti sono concentrate in Piemonte e nella Pianura Padana, mentre le industrie del Regno delle Due Sicilie, costituite con capitale straniero grazie agli incentivi fiscali e al protezionismo dei Borbone, non resistono alla concorrenza con le omologhe settentrionali ed europee, che si sono rafforzate con l’apertura del mercato. Anche le infrastrutture della nuova Italia sono distribuite in maniera diseguale: le ferrovie, affidate a tante società private, hanno un percorso complessivo di circa 2000 chilometri, anch’essi quasi tutti collocati nel nord della penisola mentre nelle Due Sicilie - sebbene lo Stato borbonico vanti il primato della prima linea Napoli-Portici inaugurata nel 1839 - questa è rimasta poco più che un giocattolo di corte e non ha dato vita ad una rete capace di migliorare la produttività e la mobilità del paese. Il Regio esercito, nato dall’unione di compagini militari fino a quel momento nemiche, fatica a integrare organici abituati a regolamenti e discipline diverse; nella marina le flotte napoletana, siciliana e ligure sono praticamente paralizzate - e se ne avrà la dolorosa dimostrazione durante la terza guerra di indipendenza - dalle gelosie e le inimicizie tra i rispettivi comandi. Il problema più grave che il nuovo regno deve affrontare dal punto di vista sociale, tuttavia, è la vera e propria guerra civile scatenatasi nelle regioni meridionali che, coniugando malcontento contadino, legittimismo borbonico e criminalità comune, assorbe gran parte delle forze militari dello Stato e impedisce la normalizzazione della vita in quelle province. Il governo, per di più, rifiuta categoricamente di prendere in considerazione le ragioni sociali ed economiche delle sollevazioni e, cogliendone solo gli aspetti criminali e di eversione politica, le derubricherà a semplice brigantaggio, reagendo con leggi spesso sanguinariamente ingiuste come la legge Pica. Caratteristiche politiche e azione di governo della Destra storica La Destra che domina il Parlamento ed esprime i primi governi dell’Italia unita è descrivibile come un’area politica e non come un partito. Questo per varie cause: innanzitutto, la cultura liberal-conservatrice ottocentesca è estranea o contraria all’idea di una formazione organizzata, contando più sull’iniziativa del singolo e sull’accordo parlamentare; in secondo luogo, il sistema elettorale, basato su piccoli collegi uninominali, garantisce l’elezione ai notabili che possano disporre di estese influenze e clientele, mentre solo l’allargamento del suffragio e la nascita di formazioni operaie alla fine del secolo renderanno necessarie forme di coordinamento politico ed ideologico più ampie e strutturate. Gli uomini che siedono nei banchi della destra, per giunta, vengono da estrazioni ed esperienze profondamente diverse - anche per ragioni storiche, viste le differenze tra i vari Stati preunitari della penisola - ma si riconoscono tutti nelle posizioni del conservatorismo moderato e delliberoscambismo economico. Dopo le prime elezioni che coinvolgono tutta la penisola, in ogni caso, gli esponenti conservatori si dividono tra il gruppo dei “piemontesi”, più direttamente legati alla figura di Cavour, e i “tosco-emiliani”, che ricevono il sostegno dei deputati lombardi e meridionali. Elettoralmente, essi sono l’espressione della vittoria dei grandi proprietari terrieri, dei pochi industriali e della forte influenza degli ambienti militari sulla vita pubblica; situazione resa più facile anche dal suffragio estremamente ristretto, visto che hanno titolo per votare meno di 500.000 persone su 22 milioni di (cioè l’1,8% della popolazione). Esponenti come Lanza, La Marmora, Sella, Ricasoli e Minghetti sono quindi l’espressione politica della parte più avvertita dell’aristocrazia (quella che cioè ha rifiutato il legittimismo più chiuso e conservatore) e dei ceti proprietari. Per quanto riguarda l’unificazione legislativa e amministrativa costoro, in perfetta continuità con quanto fatto da Cavour prima del 1861, concepiscono l’unità nazionale come semplice estensione ai territori recentemente acquisiti delle norme piemontesi preesistenti. Da qui derivano alcune delle più discusse e problematiche iniziative di governo, come la restrittiva legge elettorale, l’intervento nel campo dell’istruzione pubblica con la legge Casati sull’istruzione pubblica 1, ma anche un rigido accentramento statale (ad esempio, nessuna autonomia è lasciata alle comunità locali e non solo i prefetti ma perfino i sindaci sono nominati dal governo centrale) e la coscrizione obbligatoria, destinata a causare malcontenti e rivolte soprattutto in quelle parti di popolazione che fino ad allora ne era state esentate. In politica economica, i governi della Destra storica devono tenere conto delle esangui finanze piemontesi, molto ridotte a causa delle spese dovute alle guerre risorgimentali e solo in parte rimpinguate grazie all’acquisizione del tesoro del Regno delle Due Sicilie, l’unico tra gli Stati preunitari a non avere debito pubblico, principalmente a causa dell’’arretratezza della macchina statale e degli scarsissimi servizi offerti ai propri sudditi. Per questa ragione, nel 1862 il ministro dell’economia Quintino Sella dichiarò come obiettivo del proprio dicastero il raggiungimento del pareggio di bilancio. Per raggiungere un simile scopo, si rende necessario varare una politica d’inasprimenti fiscali, dapprima concentrati sulle imposte dirette, destinate quindi a colpire gli agrari e i redditi più alti, in seguito (anche a causa delle proteste della base elettorale di riferimento delle forze di governo) su quelle indirette, destinate quindi a colpire tutti i consumatori e, percentualmente, in misura maggiore le classi meno abbienti. L’apice di questo fenomeno si raggiunge nel 1868, quando il primo ministro Luigi Menabrea vara la tassa sul macinato, un’imposta sulla macinazione dei cereali che, affamando letteralmente le masse agrarie delle regioni più povere, causa violente dimostrazioni in varie regioni del paese, cui l’esecutivo reagisce con una violenta repressione militare affidata al generale Raffaele Cadorna, lo stato d’assedio e il progressivo inasprimento dell’imposta stessa. Anche grazie a queste misure draconiane, il governo Minghetti raggiunge l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 1875. La politica estera: due grandi problemi
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved