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Breve storia della Russia dalle origini a Putin. Di P. Bushkovitch, Sintesi del corso di Storia

Libro per l'esame di Storia della Russia e dell'Europa Orientale, Università di Genova. Riassunti dei capitoli dal primo al sedicesimo.

Tipologia: Sintesi del corso

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Ireneparodi
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Scarica Breve storia della Russia dalle origini a Putin. Di P. Bushkovitch e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! Storia della Russia I. La storia russa inizia con quel complesso statale definito “ Rus'kieviana”. Veniva chiamato “Rus' ”dai suoi stessi abitanti il territorio che aveva per capitale Kiev e che oggi comprenderebbe l'intera Bielorussia, la metà settentrionale dell'Ucraina e le regioni centrali e nord-occidentali della Russia europea. Il cuore della Rus'kieviana corrispondeva alla grande via di comunicazione che da Novgorod, a nord, scendeva fino a Kiev seguendo i fiumi principali mentre il suo territorio occupava le grandi foreste che correvano dalla Polonia agli Urali. A ovest e a est le frontiere della Rus'kieviana erano segnate dal controllo militare e dall'appartenenza etnica, mentre verso sud il confine politico ed etnico aveva un carattere sostanzialmente geografico: la grande steppa. Quella prateria era la regione occidentale della grande steppa eurasiatica che si estendeva fino alla Manciuria e che oggi occupa Mongolia, Cina settentrionale, Xinjiang e Kazachstan. Si trattava della terra dei nomadi e dei loro grandi imperi: prima gli sciti e i sarmati di stirpe iranica che furono poi soppiantati dai feroci unni e quindi da successive ondate di popolazioni di lingua turca. Quei nomadi non vagavano senza meta per la steppa ma seguivano una migrazione annuale dove sapevano di poter trovare buoni pascoli, usavano quelle terre come fonte di bottino e di schiavi e, non appena potevano, imponevano tributi anche alle popolazioni sedentarie. Per secoli furono quelli i rapporti tra le tribù nomadi e gli agricoltori. Intorno all'800, lungo l'asse centrale che andava da Kiev a Novgorod, gli slavi orientali costituivano il gruppo etnico predominante e continuavano a spostarsi a nord e a est alla ricerca di nuove terre da colonizzare. Avevano edificato molti villaggi, fortificazioni e luoghi di culto per le loro divinità pagane. Secondo la leggenda, nell'862 un vichingo di nome Rjurik arrivò dal mare con due fratelli per assumere il governo di Novgorod. Questa è piuttosto vaga riguardo ai discendenti di Rjurik che presero il potere a Kiev, si narra solo che il vichingo Oleg, disceso lungo i fiumi si era impadronito della città nell'882, ma non è detto quale fosse il suo rapporto di parentela con Rjurik. Il principe Igor' (figlio di Rjurik) fu un personaggio reale che governò Kiev (913-45) fino alla sua uccisione durante la ribellione di una tribù. L'antenato dinastico rimaneva dunque Rjurik: da lui i successori presero il nome di Rjurikidi. I primi Rjurikidi erano indubbiamente di origine scandinava e la loro comparsa nella Rus' dovette essere collegata alla generale espansione dei popoli della Scandinavia durante l'era vichinga. I reperti appartenenti alla cultura vichinga dei primi secoli di storia della Rus' sono concentrati intorno alla sponda meridionale del lago Ladoga. Le antiche cronache affermano la presenza vichinga a Novgorod, ma la stessa città non esistette fino al 950, cioè dopo che la dinastia dei Rjurikidi si era già saldamente installata a Kiev. Quello che si può affermare con certezza è che un gruppo di guerrieri, che avevano probabilmente la loro base nella regione del Lagoda e dominavano su una comunità scandinavo-slavo-finnica, arrivò a Kiev intorno al 900 e si impadronì del potere, estendendo poi rapidamente la propria autorità sull'intero territorio della Rus' kieviana. Nel 950, l'Europa occidentale era un mosaico di piccoli regni e dinastie locali ormai senza più vigore che assisteva alla nascita della tipica società feudale; In Francia: i vari signorotti e baroni dovevano al re un'obbedienza puramente teorica La Danimarca: era la più grande potenza delle regioni settentrionali L'imperatore del Sacro romano impero: esercitava ancora il suo potere in Germania e manteneva in Italia il proprio controllo sul papato, ma in entrambi i paesi i signori locali si rendevano sempre più indipendenti dall'autorità imperiale. La Penisola Iberica: era in maggior parte sotto il dominio arabo, a eccezione di pochi e piccoli principati nel nord che opponevano resistenza. Le grandi potenze e i veri centri di civiltà erano il califfato di Baghdad e l'Impero bizantino. Il califfato possedeva enormi ricchezze, e i numerosi rinvenimenti nella Rus' ne testimoniano un vivace commercio. Tuttavia per la Rus'kieviana, fu Costantinopoli a rivestire un'importanza ben più determinante. Verso il 900, i greci, superato il profondo trauma delle conquiste arabe del VII e VIII secolo, ridiedero vita alla grande Bisanzio. La civiltà bizantina era estremamente complessa, composta da una società di fede cristiana erede diretta dell'antichità classica. L'Impero bizantino era uno stato fortemente burocratico che ricalcava il modello della tarda romanità attenendosi alle regole del diritto romano e alle antiche fonti scritte in latino. I greci, del resto, non si definivano greci bensì rhomaioi, romani e l'impero era come il proseguimento di Roma. Le terre di Costantinopoli non confinavano direttamente con la Rus'kieviana e le comunicazioni erano difficoltose. Più immediati erano i contatti con i nomadi di lingua turca delle grandi praterie. A partire dal 750 circa, sulle steppe presero a dominare i Cazari, una confederazione di popolazioni turche seminomadi che aveva il loro centro lungo il basso corso del Volga e imponeva tributi alle regioni meridionali della Rus'. I Cazari si distinsero dagli altri popoli perché i loro sovrani, khan, imposero ai sudditi di abbandonare la religione pagana e convertirsi al giudaismo. Gli imperi delle popolazioni nomadi o seminomadi avevano tuttavia vita breve e verso la metà del X secolo ai Cazari si sostituirono i Peceneghi, un'altra popolazione di idioma turco alla quale subentrarono un secolo più tardi le tribù di lingua turco-altaica Qipchak. Questi vivevano nelle steppe divisi in grandi gruppi e la loro migrazione annuale comportava lo spostamento di enormi mandrie seguite dai Qipchak in tende di feltro montate su carri. La loro religione era l'antico paganesimo dei popoli turcofoni, incentrata sul culto del cielo e degli antenati. Verso est, i Qipchak si diffusero lungo il basso corso del Volga e nel Caucaso, intrattenendo commerci con le città greche della Crimea. della città per dare vita alla veče, una sorta di assemblea popolare. Parte delle nostre conoscenze sulla società e sul sistema giuridico della Rus'kieviana è dovuta a un documento chiamato Russkaja Pravda (La giustizia russa), un elenco di leggi e regole compilato dai figli di Jaroslav poco dopo la sua morte. Sembra che la maggior parte delle norme riflettesse le tradizioni preesistenti, anche se il codice introduceva una significativa innovazione, ovvero il divieto di vendicare con il sangue un omicidio. Per evitare tali faide, i figli di Jaroslav escogitarono un complesso sistema di indennizzi in denaro. Il codice prevedeva inoltre indennizzi in denaro per reati di ogni tipo. I giudici preposti a esaminare i vari casi erano gli stessi amministratori delle grandi proprietà terriere. La Russkaja Pravda dovette essere scritta proprio a loro vantaggio, visto che buona parte del codice include regole riguardanti la schiavitù per debiti e varie forme di servitù temporanea o limitata. Nella Rus'kieviana, le leggi fondamentali potevano essere stilate in forma scritta ma l'amministrazione, oltre a restare appannaggio di un piccolo gruppo di funzionari appartenenti al nucleo famigliare del principe, si basava sostanzialmente su comunicazioni orali, consuetudini tradizionali e rari testi scritti. Il regno di Jaroslav, rappresentò l'apice della stabilità della Rus'. I principi norvegesi cercarono presso di lui rifugio dalle guerre civili scoppiate nella loro patria e una delle sue figlie andò in sposa al re di Francia. Negli anni trenta dell'XI secolo il sovrano di Kiev inflisse ai Peceneghi una sconfitta decisiva che mantenne in sicurezza le frontiere con la steppa per un'intera generazione. Jaroslav patrocinò anche la costruzione della cattedrale di Santa Sofia (intorno al 1050) e altre istituzioni. Figli e nipoti del principe governarono i territori più lontani e i rapporti con i greci erano regolari. Alla morte del gran principe sorsero contrasti politici di ogni tipo, finché l'unità e la stabilità non furono ripristinate durante tutto il regno del nipote di Jaroslav, Vladimiro II Monomaco (1113-25) e il figlio di questo, Mstislav (1125-32). Verso la metà del XII secolo iniziarono a emergere numerosi centri di potere, mentre Kiev iniziò a subire un certo declino. La capitale e il titolo di gran principe divennero così la preda ambita di nuove potenze locali in competizione tra loro. Nelle regioni nord-orientali sorse come grande potenza il principato della città di Vladimir, il cui sovrano Andrej Bogoliubskij saccheggiò Kiev nel 1169 nominandosi gran principe (morì nel 1174, vittima di una congiura dei suoi stessi boiari). Dopo il regno di Vsevolod (1176-1212) fratello di Andrej, la dinastia di Vladimir avrebbe dominato per molti secoli sulle regioni nord-orientali. I territori della Rus'kieviana si andavano lentamente disgregando. L'accresciuta vitalità delle forze locali generò una città di per sé unica nella storia medievale russa: Novgorod. La città, leggendaria prima tappa della dinastia vichinga, conduceva nell'XI secolo un florido commercio con le regioni del Baltico. All'inizio era la tipica città in cui i sovrani di Kiev mandavano i loro primogeniti affinché la governassero in loro nome ma nel XII secolo, la città inaugurò un cammino del tutto peculiare: nel 1136 gli abitanti cacciarono il principe e ne scelsero un altro, che da quel momento fu trattato non come sovrano ma condottiero eletto dal popolo. Se prima del 1136 i principi kieviani eleggevano un loro facente funzioni con il titolo di posadnik, adesso era il veče a nominarlo tra i boiari della città. Nel 1156 il popolo di Novgorod elesse a quella carica un arcivescovo, tale pratica era contraria al diritto canonico bizantino ma il metropolita di Kiev non osò mai contrastala, fu così che la città si sviluppò come organo statale unico nel suo genere. Nella repubblica di Novgorod, che vantava grandi tradizioni commerciali, mercanti e artigiani appartenevano ai ceti popolari più umili e, pur presenziando nel veče, avevano scarsa influenza sulle decisioni dell'assemblea. La vera élite era rappresentata dai boiari, ricchi proprietari terrieri che possedevano lussuose abitazioni in città e vaste tenute nelle campagne circostanti. Verso il 1200 la Rus'kieviana poteva considerarsi come un'unica entità statale soltanto di nome; lo stesso sovrano di Kiev poteva perfino non appartenere alla dinastia originaria o essere addirittura uno straniero. A eccezione di Novgorod, ciascun territorio vantava la propria discendenza dinastica, che traeva le sue origini dall'antico lignaggio kieviano dei Rjurikidi. Poiché la Rus' di Kiev non riconosceva il diritto di primogenitura, a ogni figlio del principe spettava una parte dei domini, e in ogni caso poteva essere riconosciuto come legittimo sovrano anche il fratello maggiore del principe. Pertanto sorsero innumerevoli principati. Si trattava di società rurali, dotate ciascuna di una piccola élite di boiari che dominava sui cittadini e forniva consigli al principe. Con la carica di metropolita di Kiev, era di norma un greco a guidare l'istituzione ecclesiastica. Il processo di evangelizzazione delle masse popolari procedeva con lentezza infatti, mentre Kiev era divenuta rapidamente uno dei massimi centri dell'ortodossia, fuori dalle mura cittadine le chiese le chiese erano rare. Nel 1071, a Novgorod e in alcune cittadine nord-orientali, vi era stata un ondata di ribellioni e resistenza verso la nuova fede capeggiate da alcuni sacerdoti dell'antico culto pagano. La nuova cultura giunta con il cristianesimo portò con se la scrittura e vari generi di letteratura religiosa tra cui l'agiografia. I primi santi russi furono i principi Boris e Gleb, i figli minori di Vladimir assassinati nel 1015 dal loro fratello Svjatopolk “il Maledetto” durante la lotta per la successione. Verso la fine dell'XI secolo, i due fratelli divennero oggetto di profonda venerazione popolare e vennero considerati diversi dagli altri cristiani. A santificarli era stata infatti la loro tragica morte, che non li rendeva martiri della fede, Svjatopolk non era un nemico del cristianesimo e il suo scopo era unicamente quello di eliminare due potenziali rivali nella lotta per il potere. A Kiev, il figlio di Vladimir, Jaroslav, fece erigere nel 1037 la cattedrale di Santa Sofia che emulava quella della grande chiesa di Costantinopoli eretta nel VI secolo dall'imperatore Giustiniano. La struttura fisica della chiesa intendeva raffigurare la presenza di Cristo sulla terra dopo l'Incarnazione. L'icona divenne un elemento concreto e fondamentale per la fede nella presenza di Cristo. Nel 1223, nelle steppe meridionali apparve uno strano popolo, mai visto prima, tanto che per affrontarlo i Qipchak si affrettarono a stringere alleanza con i sovrani della Rus'. Il grande esercito mosse incontro ai nuovi invasori e li raggiunse sul fiume Kalka. Quel popolo straniero, i mongoli, sgominò l'armata russo-qipchak e si lanciò a compiere razzie l'intera regione di Kiev. II. Dopo la lenta disgregazione della Rus'kieviana, le potenze regionali che si sostituirono a essa iniziarono a differenziarsi. In quei secoli, nelle terre di Novgorod e in quelle nord- orientali prese a formarsi un'entità linguistica e culturale definibile come russa. Anche se il termine Rus' rimase in uso fino al xv secolo, da quando fu sostituito con Rossija si può cominciare a buon diritto a chiamare quel territorio con il nome di Russia e i suoi abitanti come russi. La Russia, al pari di altre regioni della Rus'kieviana visse l'evento dell'invasione mongola, destinata a plasmarne la storia per i tre secoli successivi. L'impero mongolo fu l'ultimo e il più grande degli organismi statali creati dalle tribù nomadi nelle steppe eurasiatiche. La sua creazione fu opera, in larga misura, di Temujin, un capo tribù che nel 1206 riunì i clan mongoli e assunse il nome di Genghis Khan. Nella sua mente, il dio del cielo, gli aveva affidato il governo di tutto il popolo che viveva nelle tende facendone così il legittimo sovrano di tutta l'Asia interna. Ma le steppe non erano sufficienti. Nel 1211 Genghis Khan mosse le sue armate verso sud, superò la Grande Muraglia e invase la Cina settentrionale. Gli eserciti mongoli dilagarono poi verso ovest e alla morte di Genghis Khan, nel 1227, avevano ormai annesso al loro impero l'intera Asia centrale. Lo straordinario successo dei mongoli derivò dalla loro capacità di equilibrare i vantaggi della società nomade con i benefici delle civiltà dei popoli sedentari. L'unità fondamentale della società mongola era il clan, in cui alle donne spettava la cura degli animali e gli uomini si dedicavano all'arte della guerra. Genghis Khan riuscì a mobilitare l'intero popolo mongolo, trasformando i cavalieri in spietati conquistatori. Non potendo conquistare le città fortificate con la cavalleria, i mongoli reclutarono dalla Cina e dall'Asia centrale truppe di fanteria che sapevano costruire e manovrare macchina d'assedio. Tale combinazione si rivelò imbattibile. Le ricche città che cercarono di opporre resistenza alla conquista furono rase al suolo. Grazie al terrore che li precedeva, gli eserciti mongoli si impadronirono delle regioni corrispondenti agli attuali Iran e Iraq e invasero il resto della Cina, solo il popolo del Vietnam oppose una resistenza tale da respingerli. Lo scontro sul fiume Kalka non fu che il risultato di una missione di ricognizione. Nel 1236 il grosso dell'esercito mongolo avanzò verso ovest al comando di Batu Khan, nipote di Genghis Khan e figlio di Djuci Khan. Alla guida dell'esercito, Batu Khan sottomise i Bulgari del Volga e i Qipchak, poi in una serie di campagne condotte fra il 1237 e il 1240, sgominò le forze di Vladimir e delle altre città nord-orientali. Rase al suolo Kiev facendo scomparire l'antico centro di potere della Rus', che sarebbe rinato solo un secolo e mezzo più tardi. Batu Khan proseguì verso occidente sconfiggendo nella Germania orientale un esercito radunato in fretta e volgendosi poi a sud verso l'Ungheria. Improvvisamente, nella primavera del 1242, in seguito alla morte del gran khan Ögodei, l'esercito mongolo rientrò in patria per assistere alla successione. I mongoli non sarebbero più tornati. Due anni dopo la morte di Demetrio, Tamerlano, il grande conquistatore che si era già impadronito dell'Asia centrale, volse le sue truppe contro l'Orda d'Oro e sconfisse Tochtamyš. Per l'Orda fu un colpo mortale, sopraggiunto in un momento di crescente dissenso tra i vari capi e i raggruppamenti tribali. I tartari continuarono le loro incursioni ma senza grandi successi. Negli anni trenta del XV secolo, l'Orda iniziò a frammentarsi, anche se formalmente il dominio mongolo sulla Russia durò fino al 1480. I principati della Rus' nord-orientale caduti sotto il dominio dei granduchi di Mosca e Vladimir non costituivano le sole componenti dello stato Russo. Vi era anche Novgorod che aveva dato vita a una peculiare forma di autogoverno già nel XII secolo. La sua economia particolare, basata sulle ricchezze delle foreste del nord e sui rapporti commerciali con la Lega Anseatica, garantiva alla città ricchezza. In virtù della posizione geografica, inoltre, il suo stato di vassallaggio nei confronti dell'Orda d'Oro era puramente teorico. Per la maggior parte del XIII secolo i cittadini di Novgorod avevano riconosciuto la sovranità del gran principe di Vladimir, che aveva anche inviato un proprio viceré a capo dell'esercito delle città-stato,ora, però avevano stipulato con il sovrano un trattato ufficiale di alleanza. Nell'ultimo decennio del XIII secolo il popolo di Novgorod alterò ulteriormente gli equilibri di potere eleggendo un proprio posadnik, una sorta di sindaco nominato per un anno dall'assemblea dei nobili boiari in rappresentanza dei cinque quartieri della città. Poiché la persona scelta come posadnik poteva essere rieletta, il nuovo sistema rese il governo di Novgorod sempre più oligarchico e indipendente dai principi o dai loro viceré. La città era fittamente popolata e la società aveva un certo grado di alfabetizzazione infatti, uomini e donne erano in grado di scrivere almeno dei semplici messaggi. Novgorod è stata un grande centro culturale e anche l'edificazione delle chiese rifletteva la ricchezza della città. Grazie ala collocazione geografica, Novgorod si trovava in un contesto internazionale diverso da quello di Mosca e di Vladimir. Una generazione prima che i mongoli invadessero la Rus', Novgorod aveva dovuto affrontare un nemico altrettanto feroce: i crociati cristiani dell'Europa occidentale. Erano divisi in due gruppi, di cui il più grande, era costituito dagli ordini cavallereschi germanici: i Cavalieri Teutonici e i Cavalieri Portaspada. A questi ordini monastici appartenevano guerrieri che si erano riuniti in comunità allo scopo di combattere i nemici del cristianesimo. Alla fine del XII secolo, cacciati dalla Terra Santa dai musulmani vittoriosi, avevano rivolto la loro attenzioni alle popolazioni orientali del Baltico, in cui molti popoli autoctoni erano ancora pagani. Con azioni sistematiche, sottomisero e sterminarono i Pruteni nel nome di Dio, insediando sulle loro terre coloni tedeschi. Nel volgere di due generazioni, l'intera Prutenia (corrispondente alla Prussia orientale del XX secolo) divenne un territorio germanico governato dall'Ordine Teutonico. I Cavalieri Teutonici, sbarcati verso il 1200 nei pressi di Riga, avevano subito iniziato l'opera di conquista delle terre oggi corrispondenti a Lettonia ed Estonia, trasformandone gli abitanti indigeni prima in fittavoli poi in servi della gleba. Tutto il potere era concentrato nelle mani dell'arcivescovo di Riga e dei Cavalieri Portaspada, che nel 1237 confluirono poi nell'ordine Teutonico, creando l'ordine monastico dei Cavalieri di Livonia e cementando ulteriormente il potere germanico. La gerarchia sociale ed etnica che ne derivò sarebbe durata fino al XX secolo attraverso vari mutamenti politici. A peggiorare le cose, si stava approntando una nuova crociata. Anche gli svedesi, infatti, avevano iniziato a muoversi verso est, conquistando gradualmente le terre delle tribù finniche. Nel loro tragitto verso oriente lungo le coste della Finlandia, gli svedesi cominciarono a rappresentare una minaccia ai vitali commerci che Novgorod intratteneva con la Lega Anseatica e che transitavano lungo il fiume Neva e il golfo di Finlandia. Nel 1240 il conte svedese Birger Magnusson, aveva sbarcato un'intera armata sulle rive meridionali della Neva, ponendo piede sul territorio di Novgorod. La tribù finnica degli izoriani chiese aiuto alla città russa, da cui partì in loro soccorso il granduca di Vladimir, nonché principe di Novgorod, Alessandro Nevskij (Aleksandr Jaroslavič). Gli svedesi furono ricacciati in mare e Alessandro ricevette da quel momento l'appellativo di Nevskij (della Neva). Due anni dopo, fu lo stesso condottiero a sconfiggere i Cavalieri di Livonia nella famosa battaglia del ghiaccio sul lago Čudskoe. I Cavalieri di Livonia, sconfitti, dovettero ora preoccuparsi della Lituania, l'acerrimo nemico dei cavalieri cristiani. Tra i paesi delle regioni baltiche orientali soltanto la Lituania era riuscita a conservare la propria indipendenza. Allorché i Cavalieri Teutonici mossero inesorabilmente lungo i loro nuovi territori, le tribù lituane si riunirono sotto la guida di un unico condottiero, il granduca Gediminas (1326-41) che seppe trasformare la Lituania in una grande potenza. Egli stabilì la propria capitale a Vilnius, più vicina ai nuovi territori lituani che comprendevano praticamente l'intera Bielorussia odierna. Il figlio Algirdas (1341-77) ottenne successi anche maggiori, annettendo ai propri domini la Volinia, Kiev, Černigov e parte delle terre di Smolensk. La Lituani era divenuta per estensione lo stato più vasto d'Europa. I principi lituani della casata di Gediminas governarono ora su oltre metà dei territori appartenuti in precedenza alla Rus'kieviana, con l'unica ezzezione di Novgorod e delle regioni nord- orientali, sotto il principato di Vladimir, e della Galizia a sud-ovest, conquistata recentemente dai re polacchi. Lo stato lituano era un'insieme di culture, lingue e fedi religiose. La lingua lituana non possedeva ancora un alfabeto e, pertanto, non veniva usata in forma scritta nei documenti ufficiali della nuova entità statale, per i quali si usava una variante dello slavo orientale parlato nella Rus'. Sotto l'aspetto religioso, sovrani e popolo lituani rimanevano pagani, benché la conquista delle terre meridionali di fede ortodossa avesse introdotto un nuovo elemento spirituale. I principi lituani affidavano i nuovi territori a loro consanguinei o ad altri membri della nobiltà, molti dei quali finirono per convertirsi al cristianesimo ortodosso creando nell'antica Rus'kieviana una nuova élite che ridusse i vecchi boiari nella condizione di cavalieri serventi. Ai propri vertici, tuttavia, il granducato di Lituania restava pagano, e pertanto oggetto delle crociate dei fanatici Cavalieri Teutonici. I Cavalieri rappresentavano una minaccia non solo per la Lituania ma anche per la Polonia, da poco riunificata grazie all'opera di Casimiro III il Grande (1333-70). Nel 1385 i polacchi dovettero affrontare un duplice problema: la continua pressione dei militari tedeschi e la successione al trono. Poiché la sovrana Edvige di Polonia (Jadwiga), che portava tuttavia il titolo di “re” anziché “regina”, non aveva ancora preso marito, i nobili polacchi scelsero come suo sposo e re di Polonia il granduca lituano Jogalia il quale, una volta convertitosi al cattolicesimo romano dei polacchi, offrì un valido aiuto contro l'Ordine Teutonico. La conversione di Jogalia (che divenne re come Władysław II Jagełło) e le sue nozze con Edvige accompagnate nel 1385-86 dal trattato di Krewo, che sanciva l'unione tra Lituania e Polonia, diedero vita a una nuova entità statale che avrebbe dominato la politica dell'Europa orientale fino al XVII secolo: la Confederazione polacco-lituana, ovvero l'unione tra il regno di Polonia e il granducato di Lituania, che conservarono le rispettive istituzioni e organi amministrativi ma condividevano il medesimo sovrano. Il primo risultato dell'ascesa di Jogalia al trono di Polonia fu la creazione di uno stato in grado di sconfiggere l'Ordine Teutonico. Nel 1410 le truppe lituane e polacche riportarono la vittoria nella battaglia di Grunewald (Tannenberg). La sconfitta dei cavalieri segnò il momento di svolta in una lotta ormai secolare e verso la metà del XV secolo l'Ordine Teutonico era ormai ridotto allo stato di vassallo della corona polacca. Il matrimonio tra Jogalia e Edvige impose un radicale riordino della società lituana. Dopo che Vilnius divenne sede vescovile, iniziò la conversione del popolo lituano al cattolicesimo. La maggioranza della popolazione slava rimase tuttavia fedele al cristianesimo orientale e nei decenni successivi principi e baroni ortodossi mantennero la loro fede. Nei secoli seguenti, la divisione religiosa all'interno dello stato lituano ebbe conseguenze di vasta portata ma, per il momento, il risultato principale fu quello di incoraggiare la nascita della nazione bielorussa e di quella ucraina. Accrescendosi sempre più la forza della Lituania, le terre attorno a Kiev vissero una vera rinascita e divennero nuovamente uno dei massimi centri della cultura ortodossa. La lotta politica e militare con i numerosi rivali non era l'unica preoccupazione della dinastia regnante sulla Moscovia. Dal 1354 al 1378 la metropolia di Kiev e di tutta la Russia fu nelle mani di sant'Alessio, figlio di un boiaro stabilitosi a Mosca. I lunghi anni in cui Aleksij fu metropolita coincisero con un movimento di rinascita monastica che trovò protezione e incoraggiamento da parte sia dell'alto prelato sia dei principi di Mosca. Da quando la Russia iniziò a venerare i propri santi autoctoni, per i due secoli successivi i monasteri divennero il fulcro della religiosità ortodossa. L'ideale monastico inoltre permeò anche i testi dedicati a figure laiche. Il maggiore risultato emerso dalla rinascita monastica fu l'impulso dato all'architettura sacra e alla pittura di icone. L'idea fondamentale alla base dell'iconoclastia era la presenza di Cristo nel mondo e la sua incarnazione per salvare l'umanità. Questa costituiva il punto d'incontro tra il mondo dello spirito e il mondo visibile. Nel corso del XIV secolo Mosca aveva rafforzato la propria egemonia sulle terre nord- orientali. Alla morte di Basilio I (Vasilij I 1389-1425), la città di Trev' restava ancora una spina nel fianco della Moscovia; Novgorod conduceva la propria linea politica e un certo numero di principati rimanevano di fatto indipendenti e la Lituania continuava a svolgere un ruolo importante e spesso ostile. Nonostante ciò, il granduca di Mosca manteneva saldamente il potere, riuscendo a estendere i territori direttamente soggetti all'autorità di Mosca. Il meccanismo dell'espansione era molto semplice: allorché Mosca annetteva nuove terre, l'élite del luogo veniva cooptata nelle forze militari e nell'apparato amministrativo del granducato e manteneva le sue proprietà. Se la resistenza si rivelava tenace, le terre venivano confiscate e i proprietari, trasferiti altrove, ricevevano nuovi possedimenti. Di norma Mosca poteva contare sulla i due centri principali della Russia medievale. Negli anni successivi, lui e il figlio, Basilio III (Vasilij III 1505-33), avrebbero annesso alla Moscovia i restanti territori. I confini occidentali e settentrionali corrispondevano grosso modo a quelli della Russia odierna, mentre a sud e a est la frontiera correva per la maggior parte lungo la divisione geografica tra le grandi foreste e la steppa. Questo territorio costituì fino alla metà del XVII secolo il nucleo centrale della Russia, che ospitava la maggior parte della popolazione e i principali centri dello stato e della Chiesa. I russi erano ancora un popolo sparso lungi i fiumi che attraversavano le sterminate distese di foreste. A sud e a est, i vicini della Russia continuavano a essere i khanati tatari sorti negli anni trenta del XV secolo in seguito alla disgregazione dell'Orda d'Oro: Kazan', la Crimea e la Grande Orda che a sua volta, verso il 1500, si divise dando origine al khanato di Astrachan' (sul basso Volga), all'Orda Nogaj (più a est) e al khanato di Sibir (Siberia centrale). I khanati erano organismi sociali complessi. Il khanato di Kazan': era l'unico a occupare un'area della zona delle foreste, con una parte di popolazione sedentaria, insediata lungo i fiumi e dedita all'agricoltura, e un'appendice di tribù nomadi concentrate nelle regioni sud-orientali dove iniziava la steppa. L'Orda Nogaj: era costituita da nomadi. I khanati di Crimea e Astrachan': erano una via di mezzo, con una popolazione formata per per lo più da abitanti delle steppe. Astrachan' era una vera città ed entrambe ospitavano agglomerati urbani. La Crimea conduceva un fiorente commercio e intratteneva regolari rapporti politici con gli ottomani. Dopo che Maometto il Conquistatore, conquistò Costantinopoli nel 1453, l'Impero Ottomano (Sublime Porta) raggiunse l'apice della sua potenza. Nel 1516 i turchi avevano iniziato ad avanzare verso sud, impadronendosi rapidamente del Levante e dell'Egitto, dell'Africa del Nord e della Mesopotamia. Sorgeva così l'ultimo grande impero dell'Eurasia occidentale, che ben presto rivolse la sua attenzione all'Europa. Dopo aver sconfitto nel 1526 l'esercito ungherese nella battaglia di Mohács, le armate ottomane ebbero la strada aperta verso la Germania e nel 1529 posero l'assedio alla città di Vienna. Per il momento i loro grandi avversari non erano i russi ma la Persia e il Sacro romano impero, senza contare che il khanato di Crimea, vassallo della potenza ottomana dal 1475, fungeva da stato cuscinetto tra i possedimenti turchi e quelli russi. Per i sultani, i cavalieri della Crimea andavano impiegati nelle guerre contro la Persia e l'Ungheria e non inutilmente contro uno stato di minore importanza. Nonostante ciò, i sovrani dell'Impero Ottomano concedevano ai vassalli di Crimea una considerevole libertà d'azione, grazie alla quale, Ivan III stipulò con essi un accordo di non belligeranza che sarebbe durato fino al XVI secolo. A ovest, la Russia aveva soltanto un grande avversario, la Lituania, ora unita con la Polonia. Lo stato polacco-lituano rappresentava nell'Europa orientale una forza egemone. La Polonia, a sua volta, avendo sconfitto i Cavalieri Teutonici e riuscendo a controllare lungo i confini sia i turchi che i tatari, aveva come unico concorrente la Russia. La forza della Polonia derivava non solo dalla debolezza di molti stati vicini ma anche dalla sua struttura politica, grazie al duplice fatto che la crescente importanza del Sejm (la Dieta polacca) assicurava un ruolo fondamentale ai magnati e agli aristocratici della szlachta (la nobiltà), affidando all' élite del paese una parte importante nel conseguimento della prosperità nazionale, e che un sovrano forte garantiva l'ordine fondamentale e imprimeva una precisa direzione allo sviluppo dello stato. Grazie a questo, nel 1500, la Polonia era più stabile di ogni altro paese e gli eserciti polacchi dominavano il campo incontrastati. Gli altri vicini occidentali della Russia erano di poco conto: i Cavalieri di Livonia e la Svezia, che faceva parte dal 1520 del regno unito di Danimarca e Norvegia. Il commercio russo con queste terre occidentali, aumentò di importanza senza nessuna ripercussione politica significativa. La situazione generale dei paesi vicini permise alla Russia di emergere sulla scena politica europea in un momento eccezionalmente favorevole. I khanati tatari erano occupati a farsi la guerra a vicenda e a tenere a bada gli ottomani, mentre la Livonia e la Svezia, per motivazioni diverse, davano ai russi scarse preoccupazioni. Al centro della sua politica estera, la Russia aveva un unico grande rivale: la Confederazione polacco- lituana, abbastanza potente da costituire una minaccia per il nuovo stato di Ivan III. Il nuovo stato russo emerso alla fine del XV secolo, superava per estensione e complessità il granducato della Moscovia medievale. Un nuovo stato esigeva nuove istituzioni e una nuova terminologia. Il gran principe iniziò a presentarsi come “zar di tutta la Russia” e perfino come samoderžavec, cioè “autocrate” a rimarcare la nuova indipendenza dall'Orda e da ogni altro possibile pretendente al granducato. Ivan III non esercitò il potere da solo, l'élite al governo della Russia includeva ora i signorotti e i boiari dei territori appena conquistati ovvero i discendenti di Gediminas. Tutti formavano ora una classe dirigente allargata e inserita nell'entourage del principe di Mosca. I membri più anziani di questo alto lignaggio formavano la duma, cioè il consiglio del gran principe ed erano riveriti con il termine di boiari o con il titolo okol'ničii, ovvero piccoli dignitari. La duma, istituzione più che altro formale, si riuniva a palazzo e dibatteva i problemi più importanti in materia legislativa e amministrativa nonché le questioni di guerra e pace. Gli uomini appartenenti a questa classe dirigete accedevano al rango di boiari e ad alti ufficiali attraverso un complesso sistema gerarchico (mestničestvo) che attribuiva a ciascuno una precisa collocazione a corte, nell'esercito e nel governo. Secondo le regole del mestničestvo, nessuno poteva essere ammesso al servizio del principe con un grado gerarchico inferiore a quello investito dai suoi antenati. Il sistema delle precedenze lasciava al gran principe qualche margine d'azione, poiché esso non stabiliva esattamente quale membro di ciascun clan dovesse ricevere un certo grado gerarchico. Il sistema richiedeva soltanto che a qualche rappresentante fosse riconosciuto un certo rango e che i membri dei clan di più nobile lignaggio sedessero nella duma con il titolo di boiari. In teoria, i principi di Mosca avrebbero potuto nominare chiunque alla duma, ma nella pratica sceglievano ogni anno i membri delle stesse famiglie, a cui occasionalmente se ne aggiungevano di nuovi. Questi uomini erano nobili dotati di immense ricchezze e grandi proprietà terriere, che rappresentavano di fatto i vertici della più ampia classe di possidenti. Il primo dovere di un nobile russo era prestare servizio nell'esercito, principalmente lungo le frontiere, dato che l'apparato amministrativo dello stato era nelle mani di un ristretto gruppo di funzionari e stretti collaboratori del principe. Alcuni di questi alti dignitari erano grandi boiari, come per esempio il tesoriere, il gran ciambellano e lo scudiero di corte. Ad assistere questi nobili vi erano dei segretari, di solito legati alla famiglia del principe. Nonostante il ruolo dominante esercitato nella politica russa, il paese non si esauriva nel Cremlino e nell'élite al governo. Milioni di contadini, quasi tutti non ancora asserviti e per lo più fittavoli della corona, costituivano il grosso della popolazione e della Russia. La loro condizione di fittavoli della corona, stava subendo una rapida erosione, poiché i grandi monasteri e i boiari si impadronivano sempre più spesso delle terre. I granduchi di Mosca infatti, avevano bisogno di ricompensare i loro fedeli sostenitori e di mantenere un'intera armata a cavallo. Il granducato non disponeva di denaro sufficiente a pagarli per cui la concessione di terre non serviva unicamente ad assicurarsi la loro lealtà verso la Moscovia. L'unica clausola restrittiva che il gran principe poteva imporre a tali concessioni era che le terre non potevano essere vendute o lasciate in eredità senza che la corte ne fosse informata. Questo tipo di concessione (pomest'e) potevano riceverla sia i boiari sia funzionari di provincia. I nobili che possedevano le terre si dividevano in due gruppi: Gosudarev dvor: letteralmente la “corte del sovrano”, di stanza a Mosca e gerarchicamente situata subito dopo i grandi boiari. Questi inoltre costituivano il corpo elitario dell'esercito. Gorodovye dvorane: ovvero “i nobili delle città”, normalmente proprietari di terre nelle piccole città della provincia russa. La crescita dello stato russo e del suo esercito comportò continui aggiustamenti nell'organizzazione della nobiltà terriera. Le concessioni del pomest'e si diffusero verso i confini meridionali, allargando il ceto dei possidenti terrieri a scapito delle proprietà contadine. Questa nuova situazione contribuì a scatenare le insurrezioni dei decenni successivi. Alcuni centri urbani, come Mosca, Novgorod e Pskov, ospitavano comunità mercantili che commerciavano con l'Europa occidentale e il Vicino Oriente. Pur rappresentando un'economia fondamentalmente rurale, la Russia non era certo priva di attività artigianali o commerciali, né si deve pensare che fosse abitata da contadini che conducessero una pura vita di sussistenza e che fossero tagliati fuori dai mercati dell'epoca. L'estensione stessa del paese e la sua scarsa popolazione determinavano la necessità di scambi tra le diverse regioni. Novgorod e Pskov rimanevano centri importanti nel commercio con l'Europa del Nord attraverso il Mar Baltico, ma la loro portata commerciale era limitata da vie fluviali insufficienti e l'assenza di grandi porti al limite orientale del Golfo di Finlandia. Per inglesi e olandesi, gli scambi commerciali con la Russia non erano un'attività secondaria tanto che fu il commercio russo, almeno in parte, a finanziare la più grande avventura commerciale dell'Olanda, la nuova Compagnia olandese delle Indie orientali. Sullo sfondo di cambiamenti sociali e sviluppo economico, i sovrani della Russia e la loro corte non rimasero inattivi. Per tutta la sua vita Ivan III lottò per espandere il potere e i territori dei gran principi di Mosca. L'annessione di Novgorod rappresentò la sua più grande vittoria ma non fu la sola: lo zar sfruttò abilmente il malcontento diffuso tra i piccoli Kazan', che si era nuovamente avvicinato agli altri khanati ostili a Mosca. Ivan decise di porre fine a quella minaccia nominando un khan filorusso e, dopo ripetuti tentativi di prendere la città, finì per annettere Kazan' al proprio regno non appena l'esercito russo la conquistò nel 1552. le sue armate proseguirono lungo il Volga fino ad Astrachan', impadronendosi della città e del suo territorio. Tali conquiste crearono una situazione nuova per i russi, poiché mai prima d'allora erano stati inglobati all'interno della Russia dei sostanziosi gruppi etnici di religione non cristiana. Una volta presa Kazan', Ivan IV diede ordine ai tatari ancora presenti in città di trasferirsi al di là delle mura della fortezza, dopodiché insediò al loro posto dei coloni russi e fece erigere una cattedrale ortodossa. Alcuni tatari appartenenti ai clan più elitari, che non erano fuggiti in Crimea, si posero al servizio della Russia e si convertirono all'ortodossia. Lo zar arruolò nel suo esercito una buona parte di questi e gli concesse lo status di funzionari militari. Altri piccoli proprietari terrieri, insieme con abitanti di città, agricoltori e rappresentanti di altre etnie presenti nel khanato, acquistarono un nuovo status. Anziché pagare le tasse come tutti gli altri russi, essi versavano lo jasak, una sorta di tributo allo zar. Al di là di questi provvedimenti, tutti i tatari e i baškiri rimasero musulmani, liberi di frequentare la moschea. Il dominio su Astrachan' permetteva il controllo dell'intero bacino del Volga e dei territori circostanti. Negli anni sessanta del XVI secolo i russi possedevano ai piedi del Caucaso una fortezza da cui vigilavano sull'intera catena montuosa. La conquista del Volga, iniziata come semplice reazione a una situazione localizzata lungo il confine con il khanato di Kazan', aveva posto la Russia in una nuova condizione geopolitica. Per la prima volta, il controllo russo del bacino del Volga separava le regioni occidentali delle steppe eurasiatiche dagli sterminati territori più a oriente. Fino al XVIII secolo i popoli nomadi continuarono ad attraversare il fiume nelle due direzioni, ma ora lo facevano sotto il diretto controllo della Russia. Lo zar governava con i boiari, apparentemente sotto l'influenza di Silvestro, suo padre spirituale, e del suo favorito Aleksej Adašev, un proprietario terriero di basso rango ma dotato di grandi capacità e in grado di tenere testa ai grandi clan dei boiari. Di comune accordo, ampliarono l'apparato statale a Mosca e nelle province e riorganizzarono le forze armate. La pace non durò a lungo: nel 1558 lo zar entrò in guerra con l'intento di annettere la Livonia, guerra destinata a continuare anche dopo la sua morte. Nel 1558 la Livonia era un paese travolto dalla crisi innescata dalla Riforma e dalla scomparsa dei Cavalieri di Livonia, l'ordine che deteneva il potere fin dal XIII secolo. Con la dissoluzione dello stato, vari gruppi di cavalieri chiesero aiuto alle potenze vicine, e i primi si rivolsero alla Polonia. Da lungo tempo Ivan IV avanzava su quel territorio rivendicazioni fondate su false argomentazioni di carattere dinastico, asserendo che fosse la terra dei suoi antenati. Nell'inverno del 1558 decise di sferrare un attacco preventivo per scongiurare un possibile intervento polacco. L'esercito russo entrò in Livonia e conquistò rapidamente Dorpat e l'importante porto di Narva, appena oltre il confine russo. Quando negli anni seguenti, le sue fortune militari subirono un tracollo, egli si offrì di rinunciare a tutto il resto se solo avesse potuto conservare Narva ( Nel porto infatti iniziarono ad attraccare le navi mercantili inglesi e inoltre Ivan riuscì a coltivare i rapporti amichevoli con Elisabetta d'Inghilterra). Con il passare degli anni, tuttavia, la Russia si rivelò incapace di sostenere il necessario sforzo militare. L'esercito polacco sconfisse i russi in numerosi scontri campali e, a complicare la situazione, si aggiunsero i nobili dell'Estonia settentrionale che chiesero aiuto alla Svezia. Le truppe svedesi sbarcarono a Reval (odierna Tallinn) nel 1561, trasformando la guerra in uno scontro a tre. In questa situazione l'armonia politica della corte russa cominciò a svanire e con la scomparsa del metropolita, nel 1563, venne a mancare l'ultima persona che poteva influenzare lo zar, diffidente sempre più verso i grandi boiari che iniziarono a finire in esilio. Nel dicembre del 1564 lo zar lasciò improvvisamente il Cremlino portando con se soltanto la sua famiglia, i servitori più fidati e il tesoro della corona. Dopo essersi diretto a sud, ripiegò verso nord e si stabilì ad Aleksandrovo. Inviò quindi a Mosca un messaggero con un annuncio nel quale lo zar di tutta la Russia annunciava di essere in collera per il tradimento e i misfatti dei boiari e di voler abdicare al trono. Gli unici su cui non ricadevano i sospetti di Ivan erano gli abitanti di Mosca. Dopo pochi giorni, il popolo e i boiari, su consiglio del metropolita, inviarono ad Aleksandrovo una delegazione che supplicò lo zar di ripensare alla sua decisione. Ivan acconsentì e fece ritorno a Mosca. Il ritorno al Cremlino segnò l'inizio di cinque anni di disordini e spargimento di sangue. Fu quello il periodo in cui Ivan divenne “il Terribile”. Al ritorno da Aleksandrovo, Ivan divise la Russia e lo stato in due parti, riservando a se stesso il nord del paese (l'opričnina), le rendite e l'amministrazione della regione, la città di Novgorod e buona parte della Russia centrale. L'opričnina costituiva un regno separato all'interno dello stato, con una duma di boiari a se stante e un piccolo esercito. Il resto del paese fu lasciato agli altri boiari e alla vecchia duma. Creata in parte come espediente militare, l'opričnina rappresentava per Ivan IV una base politica da cui sferrare un attacco ai boiari, da lui ritenuti inaffidabili. Le proteste da parte della Chiesa ortodossa furono vane; nel 1568 Ivan depose il metropolita Filippo e lo fece uccidere. Al suo posto e a quello dei suoi sostenitori, furono nominati esponenti del clero di fiducia. Alla fine si arrivò perfino all'uccisione di alcuni degli alti dignitari dell'opričnina, e nel 1570 lo zar condannò a morte quasi tutti gli abitanti di Novgorod. Nel 1572 Ivan pose fine alla politica del terrore, proibendo addirittura di nominare la parola opričnina. Concluso il periodo dell'opričnina, la politica interna russa visse un momento di relativa calma. Un altro momento oscuro fu la morte nel 1581 dell'erede dello zar, Ivan Ivanovič. Secondo una versione, molto probabilmente vera, in un accesso di rabbia incontrollata, Ivan IV colpì violentemente lo zarevič che morì sul colpo. Nel frattempo la guerra in Livonia era rimasta in una situazione di stallo, fino a quando nel 1580 Stefano I Báthory, appena eletto re di Polonia, riuscì a cacciare i russi e a spartirsi con la Svezia il territorio della Livonia. Nel 1584 Ivan IV morì. Dalla guerra in Livonia non aveva ottenuto altro che una paese provato dalle tasse straordinarie imposte per sostenere lo sforzo bellico. I successi riportati in gioventù erano ststi offuscati dai disordini e dallo spargimento di sangue dell' opričnina. Negli ultimi anni di regno, una spedizione dal carattere diverso da quello di una grande campagna militare ampliò la Russia: nel 1582-83 il cosacco Ermak, probabilmente finanziato dalla famiglia Stroganov anziché dallo stesso zar, valicò gli Urali e penetrò nella Siberia occidentale; poi, seguendo il corso dei grandi fiumi, raggiunse la capitale del khanato di Sibir. Emrak si impadronì della città e instaurò il dominio russo a nome dello zar. Ivan e i suoi successori mandarono nel nuovo regno una piccola guarnigione e un governatore: la Siberia occidentale era ormai parte integrante della Russia. Negli anni quaranta del XVII secolo altre esplorazioni e spedizioni militari avrebbero poi portato i confini russi fino all'Oceano Pacifico. III.II Alla morte di Ivan IV il paese si stava lentamente riprendendo dai disastri degli ultimi 25 anni di regno. Lo zar lasciava due figli: il maggiore Teodoro I (Fëdor 1584-98), avuto da Anastasija, e Demetrio di Uglič (Dmitrij) nato nel 1582 da Marija. Teodoro, giovane di scarse capacità e salute cagionevole, aveva sposato Irene Godunova (Irina Godunova), sorella di Boris Godunov, un boiaro di origini modeste che durante l'opričnina aveva assunto una posizione di rilievo tra i proprietari terrieri. Grazie all'ascesa al trono del cognato, era in una posizione ideale per diventare la figura dominante tra i dignitari più vicini allo zar. Prima doveva liberarsi dei potenti boiari rivali che scorgevano in quella congiuntura il momento propizio per ripristinare la loro autorità a corte. Infatti, all'inizio del regno di Teodoro I, le grandi famiglie di boiari che avevano patito sotto Ivan IV, stavano riprendendo il loro posto nella duma. Boris, non perdendo tempo, li emarginò, costringendone alcuni all'esilio. Il suo secondo problema era costituito dalla presenza dello zarevič Demetrio, alla morte di Teodoro infatti, il trono sarebbe passato al fratellastro che tuttavia morì nel 1591, probabilmente fu lo stesso Boris a ordinare di uccidere lo zarevič. Nel 1598 morì lo zar Teodoro I. il suo regno aveva riportato qualche modesto successo. Una breve guerra contro la Svezia aveva recuperato il territorio sul Golfo di Finlandia, originariamente russo ma perso con la guerra di Livonia. La vittoria sugli svedesi riportò almeno la Russia al suo status territoriale precedente il 1558. Nel 1588-89 il governo di Godunov aveva inoltre rafforzato la posizione della Chiesa russa convincendo il il patriarcato greco non solo a prendere atto dell'autocefalia ma anche a riconoscere la metropolita di Mosca il titolo di patriarca. Malgrado l'acquisizione di nuove terre a sud e un boom del commercio, venne creata una nuova istituzione: il krepostnoe pravo, ovvero la servitù della gleba nelle campagne. Di fatto, alla fine del XVI secolo tutti i contadini della Russia centrale e nord-occidentale furono privati della loro libertà personale e ridotti a schiavi dei proprietari terrieri, boiari e piccoli nobili, a cui si aggiungeva la Chiesa. Il particolari del servaggio non furono mai definiti esattamente dalla legislazione russa, salvo il fatto che i proprietari potevano dare la caccia ai contadini che tentavano la fuga. All'inizio, tale diritto era riconosciuto al proprietario solo per cinque anni ma dal 1649 cadde ogni prescrizione. Ogni altro rapporto tra padrone e servo dipendeva unicamente dalla consuetudine. I contadini continuavano a pagare un affitto, in denaro o natura, per le terre che coltivavano molto lentamente. L'intera società russa era stata sconvolta: Smolensk era tornata in mani polacche; ne 1617 la costa russa del Golfo di Finlandia passò definitivamente alla Svezia con il trattato di Stolbovo; enormi territori avevano subito devastazioni e si erano spopolati. Con l'ascesa al trono dello zar Michele, tuttavia, l'Epoca dei Torbidi era terminata e per la Russia iniziava ora una nuova era. Normalizzazione e rivolta (capitolo 4) Il XVII secolo. La fine dell’epoca dei Torbidi portò un periodo di pace che vide la restaurazione dell’ordine politico e sociale precedente alla smuta; anche se sotto la superficie di consuetudini e istituzioni riportate in vita si profilavano nuovi sviluppi. Nel XVII secolo crebbe l’importanza sociale e religiosa della chiesa di Kiev e al tempo stesso gli eventi politici della Polonia, che rientrò in guerra con la Russia, arrivarono a mutare in favore di Mosca gli equilibri politici dell’Europa orientale. Il primo Romanov, lo zar Michele (1613-1645), riportò in vita la duma e le altre istituzioni del sistema precedente. Nel 1619 il padre Filarete ritornò dalla prigionia in Polonia e diventò reggente affiancando il figlio Michele nell’attività di governo. 1632! i russi tentarono di riprendere Smolensk per volere del reggente e per soddisfare la sua smania di vendetta; la campagna militare fu un disastro e con la morte di Filarete nel 1633 Michele ed i boiari poterono occuparsi di altre questioni e porre fine al conflitto. Alla morte di Michele la Russia aveva costruito numerose file di fortezze erette nei punti in cui i maggiori fiumi erano guadabili ed erano collegate con strade protette da palizzate di legname per proteggere i viandanti dagli attacchi dei tatari. Questa struttura permise di popolare finalmente le steppe nere meridionali difese dai cosacchi che pattugliavano il corso meridionale dei grandi fiumi. Si formarono cosi comunità di piccoli nobili e contadini-soldato lungo le linee fortificate. Il XVII secolo vide l’agricoltura e la popolazione della Russia riprendersi dalle devastazioni dell’epoca dei Torbidi con popolamento di vaste aree abbandonate e la crescita economica e demografica. Si sa poco della vita del contadino russo del ‘600; i contadini, intesi come villaggio, occupavano le terre dei rispettivi padroni e gestivano loro stessi la distribuzione degli appezzamenti tra i vari nuclei familiari. La Siberia si trovava sotto l’effettivo controllo della Russia e i suoi confini con la Cina furono segnati lungo il fiume Amur con un trattato nel 1689. L’incremento demografico, il commercio e l’attività dello stato resero rapidamente Mosca una grande città che, verso la metà del XVII secolo, ospitava forse tra le sue mura centomila abitanti. All’esterno delle mura della città, verso nord-ovest, sorgeva un intero insediamento di stranieri chiamato nemeckaja sloboda (il sobborgo tedesco), fondato dalla Chiesa nel 1652, che temeva la corruzione straniera, in cui abitavano mercanti, ufficiali di truppe mercenarie e molti altri forestieri. I ”tedeschi” (categoria che per il popolo includeva anche olandesi, inglesi e scozzesi) rappresentavano il gruppo straniero più numeroso e destinato a diventare anche il più importante. Mosca era comunque una città cosmopolita. La prosperità economica andava di pari passo con la ripresa e lo sviluppo dello Stato. L’amministrazione russa si concentrava principalmente sul prelievo fiscale, sulla giustizia e, quando necessario, sulla leva militare. Per effettuare i censimenti , possibilità che si aveva solo ogni 15/20 anni, Mosca inviava i suoi funzionari e si affidava alla piccola nobiltà e agli anziani della comunità, gli stessi che riscuotevano concretamente le tasse, per avere le informazioni su ciascun villaggio e nucleo familiare, questo metodo risultava poco efficace. Altrettanto stentati apparivano i tentativi di amministrare la giustizia. 1649! emanazione del Codice giuridico Sobornoe Ulozenie. Il problema principale era che gli unici veri tribunali erano quelli di Mosca e, come succedeva per il fisco, i governatori avevano sotto la loro giurisdizione vastissimi territori, grandi come piccoli stati europei, e per reperire prove di crimini commessi, insieme con i loro sottoposti, dovevano affidarsi agli interrogatori dei vicini dell’accusato e della vittima. La carenza di funzionari al di là delle mura di Mosca e dei pochi capoluoghi lungo i confini costringeva il governo ad affidarsi alla cooperazione degli abitanti, il che portava a risultati alquanto diversi. Lungo le frontiere più lontane, nonostante il maggior numero di tutori della legge e funzionari, era comunque difficile esercitare un adeguato controllo, spesso con conseguenze disastrose. Dopo la morte dello zar Michele. 1645! morte dello zar Michele, proclamato nuovo zar dai boiari e dal clero il suo primogenito sedicenne Aleksej Micahajlovic. Subito lo zar venne affiancato dal potente boiaro Boris Morozov che, con il suo progetto di tassazione del sale, fece scoppiare una grossa rivolta 1648! “rivolta del sale” a Mosca. Questo portò alla stesura del Codice di leggi Sobornoe Ulozenie. 1652! Nikolaj Minin venne eletto al soglio patriarcale con il nome di Nikon. La situazione dei confini polacchi meridionali sul fiume Dnepr non era delle migliori perché lì si erano stabiliti cosacchi ucraini di fede ortodossa per rifugiarsi sia dal servaggio, sia dall’oppressione religiosa. 1632! il nuovo re di Polonia cercò un compromesso permettendo agli ortodossi di conservare la loro metropolia di Kiev e di celebrare il loro culto ma nel 1648! i cosacchi ucraini elessero il nuovo atamano Bogdan Chmel’nickij, cioè il loro capo militare e politico, senza avere prima l’approvazione del re polacco. Il nuovo atamano incitò la popolazione a liberarsi e sconfisse sui confini l’esercito polacco riunitosi in gran fretta; nelle terre ucraine esplose la rivolta contro i nobili polacchi, gli uniati(cattolici con una struttura protestante formati nel 1569 dopo un accordo con Roma per tollerare i protestanti) e gli ebrei che furono cacciati dal territorio. L’atamano cercò subito alleanza con la Crimea ma gli interessi erano troppo diversi allora si rivolse allo zar Alessandro che però era impegnato nella “rivolta del sale”, quest’ultimo tentennò per cinque anni fino a quando nel 1653! Chmel’nickij inviò una seconda ambasciata a Mosca per offrire la sovranità delle terre dei cosacchi ucraini allo zar in cambio del supporto e aiuto sui confini; questa volta lo zar accettò. 1654!trattato firmato a Perejaslav tra ucraini e russi per il quale i cosacchi avrebbero continuato ad eleggere il loro atamano, che a sua volta nominava gli ufficiali dell’esercito, amministrava la giustizia, disponeva di un tesoro e aveva il comando supremo dell’armata cosacca, e tutto questo senza doversi consultare con lo zar. Il Cremlino manteneva proprie guarnigioni a Kiev e nelle altre città principali, che conservavano però amministrazioni municipali liberamente elette. La guerra durò tredici anni: 1667! trattato tra Russia e Polonia, l’accordo di pace costituiva senza dubbio una vittoria per Mosca: la città di Smolensk tornava ad essere russa, e all’Ucraina a est del fiume Dnepr, inclusa la città di Kiev, veniva riconosciuto lo statuto di etmanato autonomo ma sotto lo scettro dello zar. Conseguenze della guerra. 1661! “rivolta del rame” dopo una forte svalutazione della moneta in rame rispetto a quella in argento. 1670! esplosero tumulti nella regione del Don, che diedero vita alla grande sibellione dei cosacchi russi capeggiata da Razin; gli insorti si impadronirono di alcune città nella regione del Volga, massacrando nobili e funzionari. Dopo un anno le armate dello zar riuscirono in fine a domare la ribellione. Religione! una grande conseguenza dell’annessione dell’Ucraina fu l’influenza della fede protestante ucraina. I riformatori che chiedevano un’attenzione più sistematica nel momento della predicazione, fulcro dell’ortodossia ucraina dovuto alla condizione di oppressione che avevano subito precedentemente in Polonia. Questo portò una maggiore cultura soprattutto greca e latina alla corte dello zar Alessio che invitava gli studiosi di Kiev a Mosca. 1652! Nikon diventa il nuovo patriarca di Mosca; il quale, l’anno successivo, diede inizio alla pubblicazione di messali russi corretti in base alle usanze liturgiche dell’ortodossia greca che cambiavano ad esempio il modo di fare il segno della croce. 1655! Avvakum, importante vescovo con molto potere e seguito, venne cacciato da Mosca e spedito nelle lande siberiane perché predicava contro i libri di Nikon. 1666-67! Alessio ed i vescovi convocarono il Sobor, il concilio della Chiesa russa, che approvò i cambiamenti apportati ai testi liturgici (Nikon viene deposto dopo dissidi con lo zar). Avvakum, dopo essere tornato per il consiglio, venne mandato in esilio oltre il circolo polare artico dove morì nel 1682. 1678!un gruppo di staroobrjadcy (coloro che seguono i vecchi riti), conosciuti poi come Vecchi credenti, ricorse ad una nuova forma di resistenza contro la persecuzione dello zar che aveva il compito di convertirli alle nuove liturgie: il suicidio di massa. La morte dei dissidenti senza essersi prima riconciliati con la Chiesa russa equivaleva al fallimento della persecuzione. I Vecchi credenti avevano dato vita ad una tradizione autenticamente indigena di dissenso e di resistenza al potere costituito. 1670! Artamon Matveev (che più volte aveva avuto fortuna con i cosacchi ucraini) venne scelto dallo zar come ministro degli esteri per svolgere un compito delicato come quello di convincere il popolo ucraino ad allearsi con la Polonia per fronteggiare l’Impero Ottomano. Con questo incarico Matveev inizia ad avere molto potere . 1669! morte del primogenito dello zar seguito dalla morte della moglie. I fratelli minori avevano una salute cagionevole così lo zar nel 1671! si risposa con Natalja Naryskin figlia di un colonnello e appartenete ad una famiglia legata con rapporti clientelari con Matveev. Da questa unione nel 1672! nasce Petr Alekseevic. Il piccolo Pietro era un bambino forte e robusto. A garantire un posto molto potente a core a Matveev non erano solo i legami con lo zar dati dalla moglie di quest’ultimo ma anche grazie al compimento del suo compito che portò all’alleanza con la Polonia contro la Sublime Porta. Alessio non gli concesse comunque il porto conquistato di Azov era comunque bloccato dai turchi che non avrebbero permesso ai russi di sbarcare e navigare tranquillamente fino al Mar Mediterraneo. Guerra contro la Svezia: 1700! il piccolo esercito di Augusto tentò di prendere Riga ma fallì. Il giovane re di Svezia, Carlo XII, uno stratega nato, eliminò velocemente la Danimarca dal conflitto e spostò le sue armate nelle province baltiche(zona che il re di Polonia voleva conquistare), dove sconfigge velocemente anche le truppe di Pietro. Sprezzante verso le capacità dell’esercito russo si concentra sulla Polonia per circa otto anni cercando di spodestare Augusto per mettere sul trono un re fantoccio; in questi anni Pietro rimise in sesto le sue armate e si organizzò. 1702! dopo aver ricostruito l’esercito ed averlo allenato Pietro mosse contro il forte svedese di Noteborg, sul fiume Neva ribattezzandolo Schlusselburg. 1703!conquistò rapidamente la cittadina alla fine del fiume Neva e vi costruì una fortezza chiamata San Pietro e Paolo. Attorno iniziò a costruire una nuova città, ospitante sia una base navale sia un porto commerciale sul Baltico. 1706! Carlo XII riuscì ad obbligare Augusto ad abdicare. Cominciò così a spostarsi verso il confine russo cercando di eliminare le truppe russe sul territorio polacco e cercando di avvicinarsi ai boiari dissidenti e puntare sul malcontento in Russia per rovesciare Pietro e instaurare a Mosca un governo debole e compiacente. La sua avanzata si rese, però, più difficile del previsto visto che i russi avevano spogliato le terre di ogni rifornimento e visto che i generali russi diventavano sempre più capaci ad ogni battaglia contro gli uomini di Carlo. Raggiunto il confine con la Russia il re svedese si fermò per far riposare le truppe e aspettare qualche capovolgimento nel consenso russo per Pietro ma questo non arrivò; anche la regione dei cosacchi ucraini (l’atamano gli aveva promesso il suo esercito) gli voltò le spalle. 1709! presso la città di Poltava lo zar Pietro sconfisse l’esercito del re Carlo XII. Questa vittoria contro quello che per l’Europa era uno dei migliori comandanti conferì una maggiore importanza a Pietro. 1710! lo zar invase le province baltiche e conquistò la città finlandese di Vyborg, mettendo in sicurezza san Pietroburgo, circondata da territori cuscinetto, e offrendo alla Russia molti nuovi porti. Pietro creò la flotta del Mar Baltico che aveva sede a San Pietroburgo. 1721! la guerra contro la Svezia fini con un trattato di pace con il quale Pietro restituì a Carlo la Finlandia, a eccezione di Vyborg, ma mantenne le province baltiche. I cambiamenti: 1708!Pietro sostituì ufficialmente i tradizionali uffici centralizzati e le cancellerie improvvisate dai suoi favoriti, mentre lui era impegnato al fronte, con otto grandi governatorati di provincia, ai quali fu trasferita la maggior parte delle incombenze di ordine tributario, di reclutamento e dell’amministrazione della giustizia. 1711! lo zar fondò il Senato come organismo preposto a funzioni di coordinamento per ovviare al problema della decentralizzazione dovuta al trasferimento della capitale a San Pietroburgo. Membri di questo senato erano i rappresentanti dell’aristocrazia e i loro clientes, questo creò un nuovo equilibrio affidando gli incarichi di maggior prestigio alla grande nobiltà. 1712!Pietro sposò Caterina, una cameriera di una famiglia baltica portata a Mosca dallo zar. La coppia aveva avuto già diversi figli ma tutte femmine tra cui la futura imperatrice Elisabetta Petrovna. 1715! lo zar iniziò a creare una nuova forma di governo centrale guidato da vari Collegi, ciascuno diretto da un comitato composto da funzionari russi ed esperti stranieri. Santo Sinodo! nuova istituzione a capo della Chiesa composto da clerici e laici comandato da un laico non la carica di Ober-prokuror. Con questa nuova struttura lo zar diventava il “protettore” della Chiesa in quanto era lui a scegliere i componenti della nuova istituzione. Tabella dei ranghi! una sorta di equivalenza tra i gradi militari e quelli civili, permettendo anche a funzionari e ufficiali di umili origini di avere un titolo nobiliare. Amministrazione! divise le 8 grandi province in altre 50 più piccole (anche se dopo la sua morte diminuirono a 14 perché lo stato non era in grado di supportare a livello economico un’amministrazione così fitta). 1718!Pietro sostituì il vecchio sistema fiscale russo con un’imposta unica, la “tassa per anima”, che veniva versata da tutti gli abitanti di sesso maschile. Gestione politica delle nuove terre: Estonia e Livonia! la nobiltà tedesca appoggiò lo zar durante la guerra contro la Svezia e alla fine nel 1710 Pietro riconobbe loro gli antichi privilegi, compresi i tribunali locali e le diete, oltre a confermare alla Chiesa luterana il pieno controllo delle sue proprietà terriere. Etamanato ucraino!1722 lo zar abolì la figura dell’atamano lasciando, però, intatto il resto della struttura politica e giuridica. Pietro riuscì a portare in Russia la conoscenza europea, non volle eliminare la religione ma semplicemente la rese un insieme di credenze all’interno di una società con una cultura scientifica. Lo zar, inoltre, cercò di europeizzare anche le abitudini sociali russe eliminando i tradizionali banchetti e sostituendoli con le “assemblee” dove ci si svagava con musica e discorsi piacevoli, ebbero molto successo soprattutto perché offrivano un momento per scambiarsi opinioni politiche. Pietro cambiò anche la concezione dello Stato stesso: dal preoccuparsi solo del potere dello zar e della nobiltà si passò a preoccuparsi del bene della società e dei suoi membri (anche dei sudditi), vale a dire l’istituzione di un ordinamento legale ed equo. La Russia, tuttavia, non aveva una struttura amministrativa adeguatamente ramificata e con amministratori non molto competenti; le misure illuminate e impeccabili prese nella capitale, San Pietroburgo, non avevano ripercussioni sul resto del paese. Lo stato russo aveva ora le proprie istituzioni fondamentali, dotate di poteri e investite di doveri stabiliti per la prima volta da leggi scritte e pubblicate. Il nuovo sistema di governo appariva ora, almeno sotto l’aspetto formale, circa lo stesso delle altre monarchie europee. Successione: Problemi con il figlio Alessio! il quale deluse il padre soprattutto in campo di studio perché non aveva interesse a studiare le lingue, le strategie e la guerra. 1715! sia Caterina che la moglie del figlio Alessio diedero alla luce due figli maschi. Lo stesso anno Pietro ripartì per l’Europa alla volta della Francia; in questo periodo Alessio, l’erede al trono, scomparve da Mosca e venne ritrovato dopo lunghe ricerche a Vienna nascosto dall’Impero austriaco, avversario di Mosca. Convinto dagli emissari russi a tornare a Mosca venne messo a processo e condannato a morte dagli stessi che lui aveva indicato come suoi fidati alleati (nobiltà e clero). Prima che il padre potesse decidere sul verdetto finale morì, forse a causa delle pesanti torture subite durante gli interrogatori. Lo zar emanò un ukaz in cui decretava che da questo momento il sovrano autocrate poteva scegliere il proprio successore, indipendentemente dal diritto di primogenitura. 1725! Pietro il Grande morì non lasciando designato un erede. La scelta fu tra Caterina, il figlio del principe Alessio, Pietro II (di 10 anni) e le figlie di Pietro e Caterina, però troppo piccole. Alla fine venne scelta Caterina che però morì nel 1727. 1727! i principi Dolgorukij e Golicyn governarono al fianco del piccolo zar Pietro II che però 1730! Pietro II morì di vaiolo. La scelta allora ricadde sulla nipote di Pietro il Grande, Anna Iannovna. Due imperatrici (capitolo 6) Con il ritorno dell’autocrazia Anna Ioannovna salì al trono con il titolo di imperatrice di tutta la Russia. Riprese gran parte delle opere di Pietro il Grande, riportò la capitele a San Pietroburgo ma non ridiede gli stessi poteri al Senato preferendo governare con un Consiglio dei ministri dominato dai suoi preferiti. Durante il suo regno la Russia si scontrò con la Francia in territorio prussiano e con l’Impero Ottomano riprendendo la fortezza di Azov persa nel 1711. L’imperatrice non aveva un erede e scelse, sul letto di morte, come futuro zar Ivan VI; un principe tedesco di appena due mesi che aveva ovviamente bisogno di un reggente. 1741! giunse la dichiarazione di guerra da parte della Svezia che complicò ulteriormente le cose, così, i soldati della Guardia imperiale portarono Elizaveta Petrovna sulle loro spalle fino al Palazzo d’Inverno e la proclamarono imperatrice di tutta la Russia. Con il suo regno il Senato tornò ad avere i poteri di cui era investito sotto Pietro il Grande. 1743! l’esercito Russo sconfisse gli svedesi e pose fine alla guerra. Come Anna anche Elisabetta non aveva eredi, così scelse come futuro zar Karl Peter Ulrich (PietroIII) duca di Holstein-Gottorp e figlio di sua sorella Anna Petrovna. Il legame con la casata degli Holstein presentava dei vantaggi diplomatici con la Svezia e stati tedeschi, in particolare la Prussia. Scelse anche la futura sposa dello zar: Sophie Auguste Friederike (Caterina II) figlia del duca di un piccolo principato tedesco nell’orbita prussiana. Con il passare degli anni i due futuri reggenti svilupparono interessi sempre più diversi, Pietro si disinteressava sempre di più al suo paese e Caterina si interessava sempre più di politica e si istruì al meglio. 1754! Caterina da alla luce il suo primogenito Pavel Petrovic, avuto con un suo amante. 1756! la Russia entra nella guerra dei sette anni dalla parte dell’Inghilterra e dell’Austria contro Francia e Prussia. Però il cancelliere austriaco cambia le alleanze e la Francia si allea con l’Austria, di conseguenza l’Inghilterra con la Prussia. La Russia rimane con l’Austria contro la Prussia senza dichiarare guerra all’Inghilterra. 1760!Caterina si “fidanza” con uno dei cinque fratelli Orlov, tutti ufficiali della Guardia imperiale. Pietro manifesta sempre di più la sua simpatia per la Prussia e, quando nel 1762! Elisabetta muore, sale al potere come zar Pietro III, proprio quando la Russia stava per battere la Prussia. Lo zar concluse la guerra con una pace e, per aggiungere la beffa al danno, convinse la Prussia a fornirgli aiuti militari per una guerra contro la Danimarca, un tradizionale alleato della Russia. Impone all’esercito russo le divise prussiane; il suo intento era quello di offenderlo. Caterina e i fratelli Orlov cominciarono a progettare un piano per rimuovere Pietro e proclamare la legittima imperatrice. 1762! nella caserma del reggimento di Izmailovskij i soldati giurarono fedeltà all’imperatrice e lo stesso fecero quelli delle caserme di Semenovskij e Preobrazenskij; riunendosi portarono l’imperatrice fino al Palazzo d’Inverno dove venne proclamata legittima sovrana. impegno di stampo Luterano combaciava con le idee illuministiche di Caterina, che vedeva nella religione un fondamento del senso civico. I teatri, fondati dai suoi predecessori, rimasero al centro della vita di corte di Caterina e delle arti dello spettacolo russo; nel 1768 fondò una società per la traduzione di libri stranieri; nel 1769 la stessa sovrana pubblicò una propria rivista chiamata “Un po’ di questo e di quello” con il compito di abbinare il divertimento all’istruzione senza toni eccessivamente moraleggianti. In questo periodo diventarono molto potenti i massoni che si attribuivano il compito di favorire il progresso nel mondo, erano un’associazione sociale ma anche un vero movimento di idee. Gli ecclesiastici conservatori li vedevano come propagatori di una religione alternativa e pericolosa, mentre nobili illuminati li ritenevano oscurantisti. Invece preoccupavano Caterina perché facevano parte di un movimento globale che aveva contatti con dinastie straniere di Prussia e Svizzera, ostili alla Russia, e fatto ancora più grave lo zarevic Paolo li tutelava, insoddisfatto del suo ruolo marginale a corte e nel governo. Nel 1782-83 Caterina nominò la principessa Daskova, sua vecchia amica, direttrice dell’Accademia delle scienze e della nuova Accademia imperiale russa, che aveva per scopo lo studio della lingua russa. Però la maggior parte della società era ancora analfabeta e questo colpiva molto le piccole case editrici perché i libri erano comprati da poco; questo non influenzava molto gli scrittori che erano quasi tutti funzionari statali nobili che non basavano il loro guadagno sulla vendita dei loro scritti. Le arti che ebbero più fortuna e si liberarono dal mecenatismo di corte furono la letteratura russa, il teatro, la poesia e la prosa in quanto iniziarono ad avere un loro pubblico, indipendente dalla corte. I musicisti erano quasi tutti d’importazione e i russi non erano nobili, questo ostacolò la loro accettazione come artisti seri, situazione simile si ripeté nel campo delle arti figurative dove l’Accademia di belle arti manteneva la piena egemonia; gli studenti erano talvolta servi della gleba, avevano il compito di fornire opere d’arte con continuità destinate ai palazzi dell’imperatrice, della nobiltà e della Chiesa. L’Accademia dava borse di studio per soggiornare per qualche tempo a Parigi e Roma, ampliando enormemente la formazione e l’esperienza. L’età di Caterina segnò l’inizio dell’architettura russa di stile neoclassico, simmetria rigorosa, colonne romane e archi trionfali erano all’ordine del giorno. Riforme del governo e della società che seguirono dalla “Commissione legislativa”. Gli anni seguenti alla grande guerra contadina di Pugacev non furono solo pieni di innovazioni culturali ma anche di innovazioni amministrative, legislative e giurisdizionali. Decreto del 1775: Amministrazioni province: 50 governatorati suddivisi a loro volta in 10-12 distretti. La figura più importante è il Governatore provinciale(nobile). Amministrazione della giustizia: Tribunali per la nobiltà!operano giudici nominati e nobili del luogo eletti per assisterli. Tribunali per contadini!soprattutto istituiti in zone con molti contadini e sono formati da funzionari statali e contadini liberamente eletti. Tribunali cittadini!istituiti nelle città e sono costituiti in base al ceto dei cittadini. 1785: Carta delle città: Caterina suddivise la popolazione urbana in base al censo e affidò la Maggior parte dell’amministrazione, inclusi i tribunali, alle classi più elevate. Carta della nobiltà: 1. I nobili sono liberati dal servizio di stato obbligatorio (già sancito da Pietro III nel 1762). 2. I nobili non potevano subire pene corporali né essere privati della proprietà senza un procedimento giudiziario condotto da un tribunale di loro pari. 3. La nobiltà era ereditaria e non poteva avere fine se non con una condanna in tribunale per reati specifici come omicidio o tradimento. 4. Ai nobili era riservato il diritto di possedere terre e servi della gleba. 5. I nobili, in ogni governatorato, avevano la possibilità di creare un’”Assemblea della nobiltà” che eleggeva un proprio maresciallo che agiva da guida della nobiltà locale comunicando con la capitale in nome dei membri dell’assemblea, riportando, inoltre, gli ordini del governo. Guerra contro la sublime porta(1787-1791) e la questione Polonia. Seppur impegnata nella riorganizzazione del Governo, Caterina ed i suoi ministri non perdevano la situazione sui confini meridionali. I turchi erano riluttanti ad accettare i termini dell’accordo fatto alla fine dell’ultimo conflitto (possibilità di creare flotta nel Mar Nero e terre inglobate); mentre l’autonomia della Crimea sotto controllo russo si era rivelata alquanto stabile. 1783!la Russia annette la Crimea! Caterina e Potemkin (principe di Tauride) chiedono all’Austria di unirsi a loro nel “Progetto greco” (spartizione dei Balcani ed il ripristino in Grecia di una monarchia con sovrani Russi e Ortodossi). 1787!La Sublime Porta dichiara guerra: Russia!manda il suo esercito verso i Balcani. Austria!l’imperatore Giuseppe II manda verso sud l’esercito ma viene sconfitto dai turchi. Svezia!re Gustavo III attacca la Russia per vendicarsi dei territori persi. Polonia!Poniatowski raduna la Dieta per decidere se aiutare la Russia ma i deputati insorgono per recuperare la propria indipendenza contro il controllo russo, elaborando una riforma costituzionale. Prussia!appoggia la Polonia nella speranza di un futuro ampliamento del proprio territorio a sfavore polacco. Caterina non ha nessuno su cui fare affidamento, a parte Potemkin, l’esercito e la marina. Gustavo III non ha successo militare contro la Russia e, inoltre, deve occuparsi di una rivolta attuata da ufficiali finlandesi scontenti dell’assolutismo svedese sulla Finlandia. Questo lo porta a firmare nel 1790 il trattato di pace con la Russia. 1790!il generale russo Sovorov conquista la fortezza di Izmail sulla foce del Danubio. 1791!i russi si spostano verso la Bulgaria dove sconfiggono i Turchi (Potemkin muore). 3-5-1791! la Dieta polacca approva la nuova riforma costituzionale. Caterina, tessendo relazioni segrete con i nobili polacchi conservativi contrari alla nuova riforma e guadagnandosi la loro approvazione, finita la guerra con i Turchi, muove contro Poniatowski ed il nuovo governo distruggendo con facilità il piccolo esercito polacco. Nuova spartizione con la Prussia e la Polonia viene ridotta ad un piccolissimo stato con una costituzione conservatrice. 1794!rivolta in Polonia, i ribelli conquistano Varsavia che viene liberata dall’intervento di Sovorov che schiaccia i ribelli. Spartizione che pone fine alla Polonia: Austria e Prussia si spartiscono i territori abitati dai polacchi, invece la Russia si appropria dell’Ucraina occidentale, della Bielorussia e della Lituania; Caterina, con questa spartizione, ingloba i territori della Rus’ Kieviana d’epoca medievale. Conclusioni. Con lo scoppio della Rivoluzione francese e l’uccisione di Luigi XVI la politica di tolleranza e illuminismo a poco a poco si estinse. Nel 1796 Caterina, poche settimane prima di morire, istituì il primo sistema russo di censura di stato, che non dipendeva più dall’Accademia delle scienze o dalla polizia locale. La morte di Caterina nel 1796 concludeva il XVIII secolo russo. La Russia ora istituzioni e leggi mutuate da modelli europei; la struttura del nuovo stato aveva fornito la base per l’ascesa del paese al ruolo di grande potenza e aveva contribuito alla crescita del commercio e dell’industria, dell’istruzione e della scienza. La trasformazione culturale fu profonda, il pensiero politico russo si nutriva degli stessi elementi e si basava sugli stessi scritti di quello nato più a occidente e l’istituzione monarchica veniva vista, più o meno, come in Francia, Prussia, Austria e Svizzera. Ma la stessa realtà russa aveva posto dei limiti a questi cambiamenti, lo stato era ancora troppo povero per sostenere un adeguato ed ampio sistema d’istruzione. Al di fuori delle grandi città e delle tenute di campagna la vita scorreva come prima, fatta di lavoro quotidiano nei campi. Esistevano zone di progresso economico ma si trattava di una società ancora prevalentemente agraria. Il problema dei servi della gleba non poteva ancora essere risolto da Caterina, non le piaceva il sistema del servaggio ma era consapevole che quasi tutti i nobili, da cui dipendeva il suo trono, lo consideravano alla base della loro ricchezza e della loro posizione nella società, come in effetti era. Alla fine del Settecento la Russia non era l’unico stato in cui sopravviveva la servitù della gleba, che persisteva per esempio in Polonia e in Prussia e Giuseppe II aveva appena a smantellarla i Austria. Proprio quando sembrava che la Russia aveva raggiunto un assetto stabile ed europeo, la Rivoluzione francese cambiò le carte in tavola (facendo allontanare gli zar ed i nobili dalla progressiva apertura mentale portata dall’illuminismo), facendo iniziare una nuova era, densa di pericoli Un’epoca di sconvolgimenti (capitolo 8) Alla morte della madre salì al trono Paolo. Il nuovo zar iniziò subito con una politica conservativa centralizzando di nuovo il governo e cambiando la maggior parte dei ministri scelti dalla madre, la sua fu una contro-riforma alla riforma di Caterina. Paolo I iniziò ad affermare il suo potere dall’esercito imponendo un vestiario e una suddivisione gerarchica di stampo prussiano (come fece Pietro III che lui crede sia suo padre). Per affermare ancora di più il suo potere decise che chiunque, di qualsiasi sesso ed età, si sarebbe dovuto inginocchiare al passaggio di un membro della famiglia reale. Innamorato degli ideali cavallereschi europei d’epoca medievale, diffidava dei nobili compiaciuti e avidi che, secondo lui, erano frutto della politica della madre. Uno dei provvedimenti materni che non rovesciò fu la censura di stato. Conseguenze della Rivoluzione francese. Dalla caduta della dittatura giacobina nel 1794 il Direttorio aveva convogliato le energie dello stato francese verso l’estero, puntando alla conquista del Belgio, della Renania e dell’Italia settentrionale. Proprio quando Paolo era salito al trono Napoleone Bonaparte otteneva le attraccare a San Pietroburgo, cariche delle molte merci coloniali britanniche che Napoleone stava cercando di escludere da ogni porto. Quando il trono francese si levò sempre più minaccioso, lo zar rammentò ai francesi il popolo degli Sciti, antichi abitanti della Russia meridionale, che avevano sconfitto il potente Impero persiano ritirandosi nella steppa. Il messaggio non sarebbe potuto essere più chiaro ma Napoleone non vi prestò la dovuta attenzione. Napoleone in Russia. Nella primavera del 1812 Bonaparte poteva creare un esercito attingendo risorse da mezza Europa siccome Paesi Bassi, Germania e Italia erano stati annessi all’Impero francese o trasformati in stati satellite. Nel giugno del 1812 Napoleone ammasso sul confine occidentale russo quattrocentomila soldati dell’esercito francese; la Russia poteva radunare solo la metà degli uomini schierati dai francesi. La Francia, inoltre, era un paese prospero e molto avanzato in tecnologia militare, la Russia un paese industrialmente arretrato. Tutti i pronostici favorivano l’armata napoleonica. In realtà la Russia, con l’istituzione del ministero della Guerra e di uno Stato generale maggiore, aveva una buona organizzazione dell’esercito, logistica e pianificazione di tipo moderno. Il più importante dei piani militari era la strategia scita. La cosa più importante, dal punto di vista tattico, era evitare uno scontro frontale sul confine dove l’esercito nemico era al pieno delle forze. Così Alessandro lasciò il comando ai grandi Generali e iniziò la ritirata verso est. Questa costrinse i francesi a lasciare sempre più soldati a controllare le vie di comunicazione con la Francia; in più la Russia con la sua bassa densità di popolazione non forniva abbastanza cibo per rifocillare la grande armata che avanzava in un territorio sempre più spoglio. Alessandro si accorse che la ritirata offendeva sempre più il patriottismo del popolo, allora decise di dare il comando a Kutuzov nominandolo comandante supremo. Uomo di 67 anni, veterano delle grandi battaglie sotto Caterina la Grande e reduce delle ultime battaglie nei territori del sud, decise di continuare la ritirata e accettò a malincuore di scontrarsi nella battaglia di Borodino il 7 settembre (26 agosto nel calendario giuliano) 1812, ad un centinaio di miglia a ovest da Mosca. Fu la battaglia più sanguinosa dell’Ottocento europeo. Il numero dei soldati schierati dai due fronti era pressoché lo stesso; i russi si trincerarono dietro costruzioni campali e aspettarono che i francesi attaccassero, con il conseguente massacro di 40-50 000 caduti su entrambi i fronti. I francesi riuscirono a conquistare alcune roccaforti russe e poi tornarono agli accampamenti. Kutuzov, con l’obiettivo di mantenere l’esercito in grado di combattere, si ritirò del tutto portando i suoi uomini a est, verso Mosca. Napoleone, come al solito, dipinse la battaglia come una schiacciante vittoria francese ma se i russi avessero continuato la resistenza i francesi non avrebbero avuto truppe sufficienti per occupare il paese e Kutuzov non aveva alcuna intenzione di arrendersi, e neanche la popolazione. Mosca si svuotò completamente di civili e l’esercitò attraversò il fiume Moscova spostandosi verso occidente, ponendo l’accampamento a sud-ovest, esattamente attraverso le linee di comunicazione di Napoleone e bloccando la strada che portava alle ricce province agricole del sud e verso la città di Tula, il maggiore centro industriale di armi della Russia. Quando Napoleone entrò a Mosca trovò una città deserta in cui fu facile entrare ma dove non trovò persone da arruolare al suo esercito. I francesi saccheggiarono e rasero al suolo Mosca. L’imperatore francese aspettò diverse settimane la resa di Alessandro ma questa non arrivò: i cosacchi pattugliavano la campagna e i contadini massacravano i soldati francesi mandati a cercare provviste. Alla fine Napoleone fece l’unica cosa che gli restava: battere in ritirata. Cercò di dirigersi verso sud, poiché la strada ad est era spoglia di qualsiasi viveri e le comunicazioni con la Francia non potevano fornire vettovagliamenti, ma la strada era bloccata da Kutuzov e Napoleone fu abbastanza prudente da evitare una battaglia campale. Allora l’esercito francese si rivolse a ovest sentendo l’inverno russo alle porte ma la ritirata fu distruttiva, sia a causa delle truppe russe e dei contadini che seguirono i francesi, uccidendo chi restava indietro e rendendo ancora più difficile il sistema dei rifornimenti, sia per l’inverno arrivato presto che fece moltissime vittime. Bonaparte abbandonò l’esercito al suo destino e scappò a Parigi. Solo pochi uomini della grande armata riuscirono a raggiungere il confine della Polonia. Conseguenze della sconfitta di Napoleone. La sconfitta di Napoleone in Russia trasformò in pochi mesi la politica europea. Ni suoi alleati, già riluttanti, iniziarono ad abbandonarlo, prima fra tutti la Prussia, poi l’Austria, che si unì alla Russia e alla Gran Bretagna contro la Francia. L’esercito russo continuò la sua strada verso occidente prima in Polonia e poi in Prussia creando il più grande contingente alleato nella battaglia di Lipsia (ottobre 1813) e nella successiva campagna in Francia. 1814!l’Impero napoleonico era giunto al termine. 1815!ultimo disperato tentativo di riportarlo in vita si concluse con la disastrosa sconfitta di Waterloo. Alessandro al fianco della Gran Bretagna insistette affinché allo stato francese post- napoleonico fosse data una costituzione con una sorta di governo per impedire un altro assolutismo. Comunque per altri aspetti i rapporti con la Gran Bretagna non erano così tranquilli, come avrebbe dimostrato di lì a poco il congresso di Vienna; inoltre non mancarono lunghi scontri diplomatici sul ristabilimento dei confini in Prussia e Polonia. Alessandro voleva, seguendo sempre la sua politica liberale, qualche tipo di entità politica polacca che portasse il nome Polonia, ma la voleva sotto l’influenza russa. Il risultato fu il Regno di Polonia, con lo zar come re; integrato nell’Impero russo ma con un governo proprio, simile alla Finlandia. Il conservatorismo di Alessandro. Dopo la vittoria sulla Francia Alessandro si avvicinò sempre più alle politiche di destra europee e alle credenze mistiche e unì in un unico collegio il ministero dell’Istruzione, il Santo Sinodo e il Dipartimento delle confessioni non ortodosse con a capo il principe Golicyn; riunendo nelle sue mani la più ampia autorità sulla religione e sulla cultura, nelle mani di uno dei grandi favoriti del potere imperiale. Con diverse riforme conservative e non molto ortodosse Golicyn si inimicò i docenti russi e la Chiesa ortodossa che nel 1824 riuscirono a screditarlo. Ancora più potente di Golicyn era il generale Arakceev, una volta favorito dello zar Paolo I, fu richiamato dall’esilio forzato nel 1803 per assumere il comando dell’artiglieria russa. Nel 1814 Alessandro lo mise a capo della sua cancelleria personale, questo significava che tutti i ministri, i generali ed i cortigiani per avvicinarsi allo zar dovevano passare prima attraverso la sua persona. Con diversi programmi insensati, ossia le colonie agricole militari, fece scoppiare molte rivolte contadine che soppresse con brutalità. Nel 1817 Alessandro trasformò la Gendarmeria, prima una forza di polizia militare destinata a trattare solo con i soldati, in una forza di polizia militarizzata incaricata di mantenere l’ordine interno: la prima forza di polizia politica della storia della Russia. In Europa nel frattempo si era creata la Santa Alleanza (Russia, Austria, Prussia e Francia) che vedeva Alessandro e il cancelliere austriaco Metternich i principali protagonisti. Il compito di quest’alleanza era quello di distruggere qualsiasi idra della rivoluzione ovunque nascesse. Questo portò, tra il 1822-23, a sopprimere rivoluzioni in Spagna e in Italia meridionale. Nel 1821 la Grecia si ribellò ai turchi, ma Alessandro si fece convincere da Metternich che i rivoluzionari greci non erano diversi da quelli spagnoli ed italiani anche se queste ribellioni erano favorevoli alla politica estera russa, e che i turchi erano i legittimi governatori dei Balcani e non il popolo ortodosso; i greci quindi furono lasciati a loro stessi contro i turchi. Prima rivoluzione russa (dicembre 1825). Grazie alla grande vittoria contro Napoleone, gli ufficiali dell’esercito, giovani con un istruzione europea, divennero fieri del loro paese e del suo popolo; trascorsero due o tre anni d’istanza in Europa, principalmente in Francia e Germania, frequentando i caffè, gli ambienti culturali e leggendo libri e giornali. Il ritorno in patria, dopo gli anni inebrianti della vittoria e una più piena consapevolezza della vita e del pensiero europei, fu per molti ufficiali russi come una doccia fredda. La Russia diventava sempre più conservativa e a peggiorare le cose, era per la prima volta nella storia l’unico paese a mantenere la servitù della gleba, eliminata da Napoleone in Polonia e la Prussia aveva già fatto riforme in tal senso. A partire dal 1816-17 gruppi di giovani ufficiali iniziarono a formare società letterarie e di discussione più o meno segrete, con l’obbiettivo di continuare il dialogo intenso e le letture degli anni della guerra. La prima di queste società fu l’Unione della salvezza, formata da una trentina di membri. In questa prima fase le discussione politiche erano già presenti ma successivamente si accesero sempre di più. Nel 1818 fu fondata una società segreta più numerosa chiamata l’Unione del bene pubblico, a cui era affiliata una società letteraria, la Lampada verde. Leggere poesie, andare alle feste e recensire opere teatrali facevano parte delle attività di questi giovani ma dal 1821-22 l’attività di discussione politica divenne quella centrale, con piani d’azione più concreti e stesure di costituzioni per il futuro. Nel 1825 esistevano due grandi centri di tale attività: la Società del Nord a San Pietroburgo, che aveva l’obiettivo di rovesciare la monarchia e proclamare uno stato costituzionale, con a capo Murav’ev, il quale voleva una monarchia costituzionale e un parlamento eletto in base al censo. Di opinioni radicale era il poeta ex ufficiale della guardia Ryleev che nutriva idee repubblicane. L’altro grande centro era la Società del Sud stanziata in Ucraina a Vjatka, dove il colonnello Pestel’ e altri ufficiali avevano idee radicali come Ryleev. Pestel’ aveva redatto una costituzione per una repubblica democratica secondo linee giacobine. Tra le diverse società e anche all’interno c’erano contrasti tattici ma le divergenze non venivano mai risolte anche perché si pensava di avere tempo per reclutare ancora nuovi membri e che Alessandro sarebbe vissuto ancora a lungo. 1825! un ufficiale di origini inglesi inviò agli altri gradi dell’esercito d’istanza al sud i nomi di molti congiurati, ma era troppo tardi perché l’onnipotente Arakceev fu bloccato da una sciagura personale: la morte della sua governante ed amante seguita dalla scoperta di menzogne e bugie su denaro e figli. Inoltre arrivò inaspettata la morte dello zar Alessandro I, il 19 novembre 1825, che era in viaggio in Crimea. Alessandro non aveva figli quindi, per la legge del 1797, il successore al trono era il fratello minore Costantino che, però, nel 1822 aveva abdicato al trono d’accordo con Alessandro ma senza comunicarlo al terzo fratello in linea di successione Nicola. La notizia arrivo come un fulmine a ciel sereno per il successore al trono che insistette per una conferma dal fratello Costantino. Mentre dei corrieri correvano avanti e indietro tra San Pietroburgo e Varsavia (dove Costantino risiedeva), Nicola ordinò alle guardie di prestare giuramento al fratello; ma quando da Varsavia arrivò la comunicazione ufficiale dell’abdicazione, il futuro zar fissò la data del giuramento per poi salire al potere il 14 dicembre del 1825. importante circolo artistico moderatamente liberale che affrontava argomenti di politica non affrontati dalla stampa e fortemente disapprovati in altri ambiti aristocratici. In Russia non esisteva un dibattito politico pubblico ma questo veniva sostituito dalla filosofia e dalla letteratura che davano sfogo alle riflessioni sulla vita russa. Filosofi come Schelling e Hegel ispirarono molti giovani intellettuali tra cui Stankevic!ed il suo circolo di studiosi dell’università di Mosca; erano lo schieramento degli occidentalisti, che vedevano il destino della Russia come una tardiva variante dello sviluppo sociopolitico europeo. Hegel aveva ragione riguardo all’Europa, che appariva l’ideale verso cui l’umanità si dirigeva, ma diversa era la situazione della Russia, che aveva bisogno di mettersi alla pari. La Russia poteva imitare l’attuale società occidentale, che sembrava muovere verso il capitalismo industriale e gli stati costituzionale, oppure seguire la nuova tendenza emersa in Occidente: il socialismo. Comunque non si imponeva ancora la scelta tra liberalismo e socialismo in quanto sembravano entrambe soluzioni utopistiche per la Russia del tempo. Slavofilismo!respingevano il postulato che la Russia dovesse seguire i modelli occidentali, convinti che la civiltà russa differisse in modo radicale da quella europea. L’Europa stava affondando nel fango dell’egoismo, i cui risultati erano evidenti nel conflitto sociopolitico e nell’impoverimento del popolo come conseguenza del capitalismo industriale. Neanche la religione dava scampo alla situazione europea visto che il protestantesimo rafforzava l’individualismo e il cattolicesimo combatteva soprattutto per esercitare potere e influenza politica. In Russia l’ortodossia avrebbe mantenuta viva una comunità cristiana senza però scontrarsi con il potere laico. Pur essendo cosi conservatori negli ideali in realtà gli slavofili auspicavano ad un’autocrazia temperata da una legislatura consultiva, come gli occidentalisti più moderati. Ad ispirarli era una cultura diversa più che una politica diversa. Verso gli anno quaranta questi impulsi culturali: • Principio di nazionalità • Slavofilismo • Liberalismo occidentalizzante • Radicalismo si erano cristallizzati in ideologi distinte, ciascuna con i propri seguaci. La maggior parte di loro erano accentrati a Mosca mentre San Pietroburgo rimaneva politicamente quieta sull’onda della disfatta decabrista. Tuttavia proprio a San Pietroburgo, nella decade successiva si levarono nuove voci, seppur poco numerose, nel soggiorno di un semplice funzionario del governo Pertasevskij!e i suoi compagni appartenevano ad una diversa tipologia sociale. Nessuno di oro proveniva dall’aristocrazia e alcuni erano divenuti nobili in tempi recenti. Comunque tutti avevano frequentato la stessa scuola dove si erano formati in precedenza molti decabristi, oltre ad un gran numero di nobili e dignitari dell’Impero. Uno dei compagni e seguace di Pertasevskij su il famoso scrittore Dostoesvskij. I membri di questo gruppo concordavano con le idee dello scrittore francese Fourier, secondo il quale la fondazione di colonie utopiste senza proprietà privata e basate sul lavoro comune si sarebbe diffusa rapidamente per avviare un nuovo ordine sociale. Ma si erano resi conto di non poter agire nelle condizioni russe e che quindi dovevano prima assicurare l’ordine legale e la libertà politica. Le rivoluzioni del 1848 in Europa fornirono uno stimolo all’insurrezione ma innalzarono anche i livelli di controllo del governo. La Terza Sezione infiltrò tre spie nel gruppo di Pertasevskij e nell’aprile del 1849 tutti i membri furono arrestati. Dopo tre mesi di interrogatori ebbero il processo davanti ad una corte marziale e furono condannati per aver complottato contro la vita dello zar, per aver organizzato una società segreta e per progettare una rivolta; già il primo capo d’accusa da solo prevede la pena capitale. Nel momento dell’esecuzione, però, un messo dello zar comunicò la commutazione della pena in lavori forzati in Siberia. La Russia giunse così alla metà del secolo mantenendo intatte l’autocrazia e la servitù della gleba, ma con un crescente fermento sotto la superficie, sia nella società in generale sia tra l’élite dominante. Un cambiamento era inevitabile ma Nicola I restava impassibile. Politica estera. Confine occidentale: lo scopo di Nicola era quello di non perdere i controlli che già aveva. Finlandia!anche se Nicola non convocò mai la dieta finlandese il governo autonomo rimase in vigore e contribuì allo sviluppo del paese. Province baltiche!la situazione appariva tranquilla, con i contadini appena resi liberi e una combinazione di governo imperiale centrale e di governo locale nobile. Polonia!era il problema occidentale. La Costituzione del 1815 prevedeva una Dieta, un esercito polacco e un governo locale soggetto al controllo russo solo in linea generale; il crescente conflitto tra Varsavia e San Pietroburgo e l’impatto dello scoppio in Francia della Rivoluzione di luglio del 1830 portarono ad una ribellione polacca nel novembre dello stesso anno. L’esercito russo soffocò la rivolta e Nicola abolì la Costituzione. Ungheria!nel 1848 con la rivoluzione in Germani ed in Ungheria gli Asburgo chiesero l’intervento russo contro i ribelli ungheresi. Era dal 1814 che l’esercito russo non marciava verso occidente; gli irredentisti magiari dovettero arrendersi. [irredentismo: Ogni movimento politico-culturale, a carattere nazionalistico, tendente a riunire alla madrepatria quei territorî e quelle popolazioni che si ritengono ad essa legati per razza, lingua, storia e civiltà ma che sono politicamente incorporati in uno stato straniero]. Confine sud: affrontava una situazione più complicata. Zona Transcaucasica (sud Caucaso)!nel 1826 un tentativo di vendetta persiano, per la presa della Georgia di Alessandro I, portò ad una breve guerra che diede alla Russia confini più difendibili che includevano il Khanato di Erevan, stato vassallo della Persia che occupava parte del territorio dell’Armenia medievale. Dopo la fine della guerra nel 1828 la politica russa variò in ciascuna di queste regioni. La nobiltà georgiana era l’alleato più ovvio e venne inclusa nell’élite russa; sorsero nuove scuole con i programmi dei ginnasi russi con forme di socializzazione volte ad europeizzare i georgiani “orientali”. Alla piccola comunità armena venne concessa l’emancipazione dalla comunità georgiana e alla Chiesa armena venne concesso il diritto di mantenere un ampio sistema di scuole, nonostante la grande diversità dottrinale ortodossa. Se nel 1828 il khanato aveva il 20 per cento di popolazione armena e la restante turco-curda, sotto il dominio russo gli armeni dei territori ottomani e circostanti si spostarono nella zona di Erevan, tanto che alla fine del secolo costituivano la maggioranza della popolazione. In questi territori l’Impero russo si appoggiò ancora una volta alla nobiltà locale o alla chiesa armena e ai notabili locali delle città azere. Caucaso del nord!era dominio di una serie di popoli semi-nomadi, i più importanti dei quali erano i circassi e le numerose tribù del Dagestan. 1817!l’esercito russo aveva iniziato a costruire nuove linee di fortificazioni e a spostarsi verso sud incontrando una continua resistenza da parte circassa. 1830!il fronte di guerra si spostò più verso est, in Dagestan, dove l’esercito dell’Impero si scontrò contro i Murid. 1834!il guerriero Samil’ divenne loro capo e mosse contro i russi in Cecenia mentre il conflitto con i circassi continuava più a ovest. 1853!scoppio della guerra di Crimea. L’esercito russo non sottomise ne i Murid ne i circassi, non era una guerra particolarmente impregnativa, era soprattutto un susseguirsi di atti di guerriglia. Per molti aspetti l’importanza del conflitto caucasico era legata alla sua vicinanza al fronte principale della politica estera russa: l’Impero ottomano. I Balcani Dal tempo della rivolta in Grecia del 1821 la politica estera russa si era trovata davanti a seri dilemmi. I nuovi confini russi in occidente creavano la necessità di un continuo controllo; l’esercito russo era il più grande del tempo ma la maggior parte era dislocata sul confine occidentale e, in caso di guerra, sarebbe stato difficile spostarlo a sud. Un eventuale territorio nei Balcani sarebbe stato molto lontano e ancora più difficile da controllare e difendere. La prudenza aveva portato ad una politica estera immobilizzata e ad un mantenimento dei confini esistenti a sud. Al tempo stesso i cristiani sottomessi ai turchi stavano diventando sempre più insofferenti, e la maggior parte era ortodossa: sarebbero stati un buon alleato. Ma i ribelli greci immaginavano una monarchia costituzionale- ipotesi a dir poco detestabile sia per Alessandro sia per Nicola. La Russia non poteva neanche permettersi di far crollare l’Impero ottomano, in quanto non era l’unica potenza interessata alla regione: la Francia aveva da tempo interesse nel commercio del mediterraneo orientale e nel 1830 aveva iniziato la conquista dell’Algeria; la Gran Bretagna era ancora più preoccupante dopo il completamento della conquista dell’India, perché diventata la prima superpotenza mondiale. Un crollo della potenza ottomana poteva portare al controllo francese o britannico nelle regioni baltiche e Nicola preferiva mantenere un vicino debole sotto l’influenza russa, come sua nonna aveva fatto in Polonia. In questa situazione la Russia cercò un accordo con i suoi principali rivali e con un accordo con i britannici, che acconsentirono ad aiutare i ribelli greci, una forza navale anglo-russa affondò la flotta navale turca a Navarino nel 1827. Questo fece dichiarare alla Turchia guerra contro la Russia, quest’ultima marciò nei Balcani arrivando quasi a Costantinopoli. Il trattato successivamente stipulato costringeva la Turchia a riconoscere l’indipendenza greca e l’autonomia della Serbia e dei principati romeni. Fine dell’Impero di Nicola I In Egitto creava scompiglio il vassallo ribelle del sultano ottomano Mohammed Ali con la sua fondazione di uno stato indipendente da Istanbul, cosa che minacciava di portare al collasso dell’intero Impero ottomano. Nel 1840, pertanto, la Russia appoggiò la Gran Bretagna contro la Francia al fine di difendere il legittimo sultano ottomano. Negli anni subito precedenti alla Guerra di Crimea l’Europa stava passando un periodo di pace e ristabilimento delle logiche del Congresso di Vienna e della Santa Alleanza. In Francia Luigi Napoleone diventa presidente della repubblica per poi revocare la costituzione e proclamarsi imperatore Napoleone III nel 1851, lo stesso successe in Austria nello stesso anno. Cercando spazi in cui affermare la potenza francese, Napoleone III approfittò di un’oscura disputa tra cristiani ed ortodossi sul controllo dei Luoghi Santi in Palestina (territorio ottomano) per trasformarla in un problema internazionale. Quando i Turchi accettarono le proposte francesi cristiane, Nicola I, all’inizio del 1853, presentò ai turchi un ultimatum, che portò alla guerra. La Gran Bretagna, temendo l'espansione russa verso il Mediterraneo, si unì alla Francia ed entrambe si mossero per difendere la Turchia, dichiarando guerra alla Russia nel marzo del 1854. La flotta russa distrusse quella turca sulle coste di Sinope, ma non reggeva confronto con la Marina Militare inglese e quella francese. L’esercito russo ottenne diverse vittorie contro i turchi in Asia Minore ma in Crimea fu respinto e costretto a difendere la sua base principale a Sebastopoli, davanti alla quale la flotta russa del Mar Nero dovette essere affondata per impedire l’entrata nel porto delle navi nemiche. La Russia poteva ancora contare su massicce forse terrestri ma non sarebbero arrivate in Crimea abbastanza velocemente e avrebbero lasciato scoperti i territori sul confine; le ormi obsolete complicavano ulteriormente il compito dei soldati russi. Nel 1824 Puskin ottenne il permesso di tornare nella tenuta materna a sud di San Pietroburgo ma non nella capitale, gli avvenimenti con i decabristi complicarono ulteriormente il suo rientro. Era continuamente sorvegliato dalla Terza Sezione, di recente costituzione, che mandò degli agenti particolarmente attenti a scoprire se parlava con i contadini e di che cosa ma non scoprirono niente di utile. Infine si appellò direttamente a Nicola che nel 1826 lo incontrò a Mosca e dopo un lungo colloquio gli permise di tornare nella capitale. Dall’ora in poi l’unico censore sarebbe stato lo zar in persona. Venne nominato storico imperiale e scrisse una storia della ribellione di Pugacev; prese perfino a prestito del denaro dalla Terza Sezione per fondare un suo giornale “Il contemporaneo”. Si trattava in parte di un’iniziativa a scopo commerciale in quanto le possibilità economiche della letteratura erano in rapida ascesa soprattutto con l’arrivo dell’almanacco. Puskin sperava di entrare in questo mercato ma il destino non glie lo permise visto che 27 gennaio del 1837 morì sfidando a duello D’Anthès, presunto amante della moglie Natal’ja sposata nel 1831. I due si erano conosciuti frequentando i le dimore della grande aristocrazia e una lettera anonima avvisava Puskin della loro relazione. Sul punto di morte Puskin scrisse a Nicola per chiedere perdono, il duello era un crimine, che lo zar gli concesse, e gli promise di prendersi cura della sua famiglia, cosa che fece e pagando tutti i debiti dello scrittore. La morte di Puskin fu un evento importante presto mitizzato in martirio per mano di un’aristocrazia e di una corte insensibile, anche se in realtà egli stesso era profondamente legato a quel mondo e fu questo a provocare la sua morte. Lermontov!il più vicino alla posizione sociale di Puskin, anch’egli di nobili origini ma senza antenati ma senza antenati cosi famosi come i suoi. Subì l’immediato trasferimento nel Caucaso a causa di una poesia scritta per la morte in duello del famoso poeta, e proprio nel Caucaso ambientò il suo più grande scritto: Un eroe del nostro tempo, che parlava di un giovane soldato che era diviso tra l’educazione europea e i limiti della situazione russa. Nel 1838 ritornò a San Pietroburgo e iniziò a frequentare l’aristocrazia e la corte; ritornò successivamente nel Caucaso, per aver sfidato in duello per amore il figlio dell’ambasciatore francese, dove trovò la morte nel 1841 per un altro duello. Puskin e Lermontov furono scrittori tipici del loro tempo. Entrambi nobili vivevano come tutti gli uomini del loro rango. Partecipavano ai grandi avvenimenti della capitale e trascorrevano molta parte del loro tempo bevendo, giocando a carte, andando a caccia e di tanto in tanto andavano nelle loro tenute di campagna. La generazione successiva di scrittori, seppur anch’essi nobili, non vantò legami con la corte e percepì San Pietroburgo non tanto come la residenza ufficiale dello zar quanto come una grande metropoli moderna. Gogol’!figlio di un proprietario terriero della provincia ucraina che vantava una nobiltà recente, studiò in una grande scuola prestigiosa che, però, non aveva collegamenti con la corte e l’aristocrazia di San Pietroburgo. Finiti gli studi si trasferì nella capitale e trovò impiego come insegnante in una scuola per le figlie degli ufficiali. Continuò a mantenersi con lo stipendio da insegnante che integrava con quello da scrittore, conobbe Puskin che pubblicò alcune sue opere dopo il successo dello scritto Le veglie alla fattoria presso Dikan’ka, una serie di storie divertenti ispirate alla vita ucraina. Nel 1840 ricevette una serie di sovvenzioni direttamente dallo zar in uno degli ultimi esempi di mecenatismo in campo letterario. Gogol’ arricchì la letteratura russa di nuovi temi: conosceva San Pietroburgo dal punto di vista dell’impiegato in miseria e del vagabondo solitari, non conosceva la città delle scintillanti feste da ballo e dai saloni risplendenti. Gli eroi dei suoi Racconti di Pietroburgo erano piccole persone. La sua prima commedia del 1836, L’ispettore generale, era una graffiante satira della vita provinciale e della corruzione che piacque molto allo zar in quanto ci si rivedeva ella sua lotta contro la corruzione. Ma l’opera maggiore dello scrittore e anche quella che fece più dibattito fu il romanzo Le anime morte del 1842 che racconta le avventure di un imbroglione in viaggio attraverso la provincia russa. Gogol’, pur essendo profondamente religioso, nazionalista e conservatore in politica, vedeva le carenze della Russia rispetto al puro ideali di conservatore dell’autocrazia e dell’ortodossia. Le reazioni al romanzo: i conservatori filogovernativi lo ebbero subito in odio, gli slavofili lo vedevano come un’apoteosi della Russia e del suo futuro mistico, mentre gli occidentalisti come Belinskij lo apprezzavano per la rappresentazione senza abbellimenti della Russia del tempo. Anche la pubblicazione del romanzo i Brani scelti della corrispondenza con gli amici creò enormi polemiche, peraltro soffocate dalla censura, poiché l’autore sembrava non solo fornire un sostegno allo stato e alla Chiesa ma indicava una perdita di fede nella letteratura stessa. La letteratura si stava trasformando nel campo d’azione del dibattito ideologico; negli anni quaranta i giornali, come quello introdotto da Puskin, ospitarono scontri vivaci, a volte al limite dell’ingiuria; sull’arte di Gogol’, Lermontov, Goethe e Georg Sand. A dimostrare la maggior forza creativa tra i giovani scrittori era Dostoevskij, che riprendeva i personaggi dei Racconti di Pietroburgo di Gogol’, ritraendo sartine in miseria e altri piccoli personaggi della grande metropoli. Nella critica letteraria la figura di punto del decennio era Belinskij. Belinskij!la sua opinione sull’arte derivava dalla sua giovinezza hegeliana. Vedeva l’arte come un “pensare per immagini”, una delle tante manifestazioni dell’Idee nella storia; equivaleva al pensiero politico e sociale. Poiché lo sviluppo dell’Idea nella società non era che il progresso della libertà, in Russia l’arte doveva riflettere il movimento del paese verso tale idea. L’arte che non portava a questo era definita persino cattiva arte. Questo inquadramento teorico lo portò a rifiutare la cultura russa più antica, e al suo entusiastico giudizio su Gogol’, in cui vedeva un critico implacabile dell’ordine esistenziale nella società russa, il creatore di una satira che non risparmiava né la nobiltà né lo stato. Anche se, per quanto riguarda l’ideologia iniziale, si distaccava del tutto da Gogol’ in quanto, quest’ultimo, partiva da una posizione conservatrice che aveva un fondamento religioso, dall’ideologia che la Russia non era ancora all’altezza del suo potenziale per creare una società profondamente diversa da quella occidentale; invece Belinskij era un occidentale convinto, la società russa era accettabile solo nella misura in cui essa si avvicinava al livello di un Occidente idealizzato, che attendeva di essere trasformato dal socialismo francese che era il suo credo politico. La risposta di Belinskij alla pubblicazione di Gogol’ dei Brani scelti della corrispondenza con gli amici divenne per le due generazioni successive un classico esempio del pensiero liberale e radicale della Russia; nella sua opinione “la Russia vede la sua salvezza non nel misticismo (…) ma nei successi della civiltà, dell’istruzione, degli ideali umanitari”. La Russia doveva avviarsi per il cammino dell’abolizione della servitù della gleba, delle punizioni corporali e nella creazione di un chiaro ordine legale. La figura di Belinskij fu importante forse quanto le sue idee per la società russa in quanto fu il primo rappresentante di spicco dell’intelligencija russa – lo strato istruito della società – che sottrasse la cultura all’uso esclusivo della nobiltà. Sopravvisse con il guadagno ricavato dai suoi articoli e del lavoro editoriale per varie riviste, prima fra tutte “Sovremennik” (il contemporaneo), il periodico di Puskin, che fu molto importante nella cultura russa degli anni a venire. Turgenev!amico scrittore di Belinskij, nobile, abbastanza ricco, che che era entrato in contatto don il circolo Stankevic a Berlino. Con Belinskij condivideva, se non il pensiero critico hegeliano, il pieno sostegno alla cultura occidentale e e la visione critica della situazione della Russia. Verso i trentacinque anni diede espressione del suo talento prima con la commedia Un mese in campagna poi con la serie di racconti di vita rurale intitolati Memorie di n cacciatore (1847-1852) che con i loro ritratti di nobili eccentrici e prepotenti e di servi dotati di grande umanità fecero scalpore. Queste storie mettevano a nudo la povertà e le umiliazioni a cui era condannata la maggior parte della popolazione russa: i contadini. La pubblicazione delle memorie nel periodo più cupo del regno di Nicola I fu un azzardo ma Turgenev fini in carcere per un mese e poi confinato nella sua tenuta perché, alla morte di Gogol’, scrisse un breve saggio per onorarlo ma non lo pubblicò a San Pietroburgo per la paura che venisse censurato dai tanti funzionari conservatori che non vedevano lo scrittore di buon occhio e lo fece a Mosca, così lo accusarono di aver violato le regole della censura. L’incidente non fece che confermare in lui la sua naturale opposizione al regime autocratico. Scienze naturali. Turgenev prefigurò di pochi anni il dibattito sulla servitù della gleba che sarebbe scaturito dopo la guerra di Crimea, e, inoltre, capì anche l’allontanarsi della cultura russa dalla filosofia per avvicinarsi alle scienze naturali. Già all’epoca di Alessandro I si erano sviluppate tante Università scientifiche che però non aggiunsero nei programmi nessun successo conseguito fino alla prima metà del XIX, fino a Lobacevskij, che in ambito matematico propose un problema geometrico riguardante le rette parallele. Però arrivò ad una scoperta così bizzarra che non gli valse nessun riconoscimento in vita. Altri scienziati europei si erano posti il problema ma non avevano pubblicato le loro ipotesi per paura di essere screditati. Benché quasi del tutto sconosciuta, la Russia ebbe la sua prima grande scoperta scientifica, anche se non avrebbe dimostrato le sue vere capacità fino agli anni sessanta dell’Ottocento, e sarebbe stato proprio Turgenev a far conoscere per la prima volta al grande pubblico la scienza e le sue applicazioni. La nuova passione per le scienze naturali portò anche ad una nuova corrente di pensiero nella politica radicale russa. L’era delle grandi riforme (capitolo 11) La sconfitta della Russia nella guerra di Crimea rivelò la debolezza di un sistema politico che andava fiero della sua presunta potenza militare e di un conservatorismo che non aveva paragoni nell’Europa del tempo. Ad essere sconfitta era stata l’autocrazia, l’esercito aveva dimostrato la sua tenacia con la resistenza nell’assedio di Sebastopoli frenato dall’arretratezza della società e del governo. L’Europa era immersa nell’innovazione con le ferrovie, le locomotive a vapore sempre più moderne, l’importo sempre maggiore di prodotti alimentari e materie prime provenienti dalle colonie e dai paesi lontani. La società dovette evolversi a supporto dell’economia con macchine da stampa sempre più veloci e sistemi scolastici che dovevano creare ingegneri, avvocati, uomini capaci di utilizzare le nuove macchine. In questo nuovo mondo la Russia si trovò in forte ritardo. I riformatori presenti nel governo ne presero rapidamente atto e capirono che al paese, se voleva sopravvivere come grande potenza, erano indispensabili nuove tecniche di produzione e una nuova economia. La Russia aveva bisogno di un nuovo ordinamento giuridico, di un sistema educativo moderno e ampliato e perfino di alcune forme di dibattito pubblico sulle tematiche più importanti. Ciò che la Russia non poteva permettersi – pensavano i riformatori – era un nuovo sistema politico. La maggior parte di essi era convinta che la Russia fosse troppo primitiva, con le sue masse di contadini analfabeti, l’agricoltura antiquata e uno strato troppo sottile di popolazione istruita. Una società di Alcuni procedimenti continuavano a rimanere fuori dall’ordinamento giudiziario come i tribunali speciali di volost’ creati appositamente per i contadini. Formati da una giuria elettiva di contadini e un impiegato (quasi sempre l’unico alfabetizzato) con il ruolo di cancelliere, non si attenevano alle leggi dello stato ma alle consuetudini trasmesse oralmente nei villaggi e si pronunciavano spesso in base ad un semplice giudizio di coscienza, deliberavano spesso in base alla reputazione dei soggetti in questione. Questo sistema manteneva i contadini separati dal resto della società, preservando la comunità del villaggio e i suoi valori. Aprile 1865!leggi sulla censura: abolivano la precedente censura, ormai troppo lenta per controllare il sistema di stampa moderno, ma preservavano le sanzioni che minavano il rispetto per lo stato, la famiglia e la religione. Le norme prevedevano la risoluzione dei casi principali nei tribunali, ma questo metodo fallì subito vista la grande clemenza che le giurie avevano per gli imputati. Lo stato ricorse così ad altri mezzi, visto che con le nuove leggi l’attività di censura non era più nelle mani del ministero della Pubblica istruzione ma in quelle del ministero degli Interni, le sanzioni erano di tipo amministrativo aggirando così il sistema giudiziario. Le nuove regole sulla censura soffocarono buona parte del dibattito pubblico, anche se non era loro scopo cancellarlo del tutto. Ideologie. Inteligencija!in questo periodo non è più formata solo dall’élite nobile colta ma è spesso di origine plebee e senza legami con l’aristocrazia. Il nucleo del ceto intellettuale era formato da professori ma il termine inteligencija includeva chiunque avesse un titolo di studi superiore al livello elementare, e comprendeva ovviamente gli studenti. Giovani uomini e, per la prima volta, anche donne appartenenti all’ambito universitario respingevano la leadership dello stato e si riconoscevano in una nuova cultura che aveva abbandonato ogni interesse per l’idealismo tedesco e si rivolgeva soprattutto alle “scienze naturali”. Un credo accusato di “nichilismo”, quindi di non credere in nulla, da Turgenev. Radicali: Furono soprattutto gli studenti delle università che seguirono come ispirazione Nikolaj Gavrilovic Cernisevskij. Nel 1853 compare come scrittore della rivista “Sovremennik” divenne per l’inteligencija radicale la figura intellettuale e culturale dominante. Contrario alle idee degli economisti liberali sosteneva la necessità di preservare la comunità contadina russa, caratterizzata dal carattere comunitario della proprietà terriera, dai lavori agricoli e dai processi decisionali a livello di villaggio. Nutriva la convinzione che la Russia potesse edificare una sorta di socialismo agricolo costruito attorno alla comunità di villaggio ed evitare in tal modo gli orrori dell’industrializzazione dell’Inghilterra vittoriana. Era anche un rivoluzionario e, pur non creando mai una vera organizzazione rivoluzionaria, attendeva il momento di rovesciare il regime zarista. I radicali che gravitavano intorno alla rivista “Sovremennik” erano che le scienze naturali fossero la vera chiave di tutta la conoscenza e che le scienze sociali avrebbero presto raggiunto la chimica e la matematica. La loro visione della vita era prettamente biologica: non esistevano entità spirituali, al punto che la loro opposizione religiosa sembrava fondarsi più sulla mancanza di fede nell’anima che in Dio. Anche la visione dell’arte cambiava in senso unilaterale: il suo compito era quello di trasformare con i suoi argomenti la coscienza dei lettori, presentando loro un’immagine della realtà quale essa era effettivamente. Nel 1862, con l’accusa di fomentare rivolte contadine, Cernisevskij venne esiliato in Siberia. I valori della nuova generazione trovarono la loro espressione più completa nel romanzo di Cernisevskij Che fare?. Il romanzo poté essere pubblicato legalmente per uno sbaglio della censura, benché auspicasse ad una completa riorganizzazione della società russa. L’idea era quella di creare laboratori di produzione e modi di vita comunitari che avrebbero liberato l’individuo dal peso della povertà e della famiglia tradizionale. Era una sorta di trattato sul femminismo e sul socialismo. I personaggi del libro offrivano ai giovani studenti radicali non solo ideali astratti ma veri e propri modelli da seguire. Capelli lunghi per i maschi e corti per le femmine e il disprezzo per le buone maniere e gli abiti delle classi superiori divennero di moda tra gli studenti e segnarono lo stile di un’intera generazione. L’arresto e l’esilio di Cernisevskij privarono i radicali di una voce pubblica ma contribuirono alla nascita di tutta una letteratura clandestina. Liberali: Il decennio successivo alla guerra di Crimea fu anche il periodo di formazione del liberalismo russo, che trovò nell’inteligencija – soprattutto tra professori, medici e insegnanti che ne costituivano il vero nucleo – un sostegno di gran lunga superiore a quello concesso ai radicali. Anche la generazione liberale rimase molto influenzata dal nuovo scientismo dell’epoca. Il primo leader assoluto dei liberali fu Boris Cicerin, un professore di legge secondo il quale la storia della Russia da Pietro il Grande era stata semplicemente la storia dello sviluppo dello statalismo. L’autocrazia, necessaria a suo tempo, era ora sempre più obsoleta. Il regno di Pietro aveva segnato l’inizio dello sviluppo della legalità all’interno della struttura autocratica, un’evoluzione che stava raggiungendo la propria maturità con il tempo delle grandi riforme. Il compito della generazione riformista era di portare avanti tale processo, per arrivare a formare una Costituzione, ma questa era ancora per il futuro. Questa visione faceva sentire i liberali parte integrante di un processo mondiale che, prima o poi, avrebbe trionfato anche in Russia Di queste idee si parlava sulle “riviste pesanti” che non erano come i giornali ed i quotidiani; parlavano di argomenti più intellettuali come l’amministrazione locale inglese o dei problemi economici scaturiti dall’emancipazione dei contadini. Queste pubblicazioni passavano più facilmente tra le maglie della censura. Tra le “riviste pesanti” il mensile più popolare era “Vestnik Evropy” (il messaggero d’Europa), fondato nel 1866. Le riviste di questo tipo mantenevano viva una linea di comunicazione, erano un anello di congiunzione tra la Russia e il mondo oltre i suoi confini, una fonte di ispirazione per persistere tenacemente nel lavoro degli Zemstvo e negli altri umili tentativi di modernizzare la società russa. Conservatori: A differenza dei liberali i conservatori erano suddivisi in piccoli gruppi reciprocamente ostili o isolati pensatori senza seguito. Il gruppo più importante era ancora rappresentato dagli slavofili. Erano in generale favorevoli al processo riformista, ma ritenevano che ci fossero troppi elementi mutuati, erano contro l’industrializzazione e temevano che altri cambiamenti avrebbero potuto nuocere alla forma sociale delle campagne, caratteristiche ed uniche che erano la base di un’armonia tipicamente Russa. Un sostenitore ben più potente delle idee conservatrici era Michail Katkov, la voce principale del nazionalismo russo e dell’ideale autocratico. Era favorevole ad una sorta di conservatorismo occidentalizzante, con cui la Russia avrebbe acquisito l’ordinamento sociale di una società industrializzata mantenendo l’autocrazia. Katkov era fortemente anti-polacco e anti-semita e, nonostante la sua ammirazione per la Germania di Bismarck, nutriva un’implacabile ostilità nei confronti della nobiltà baltico-tedesca che rivestiva ancora un ruolo importante nel governo della Russia e nel suo esercito, oltre che a corte; finì per auspicare una politica estera fortemente anti-germanica. Per i nobili e funzionari più conservatori Katkov era un oracolo, nessuna delle altre voci conservatrici aveva il suo seguito. Lo sviluppo di un vero movimento rivoluzionario. Lo stato manteneva tutto il potere nelle sue mani e non permetteva la nascita di partiti politici, neppure quelli favorevoli all’autocrazia. I radicali si muovevano in clandestinità, i liberali avevano il controllo di un certo numero di importanti giornali ma non avevano nessuna organizzazione. Ciò che si ci avvicinava di più era lo zemstvo ma le forze politiche stavano ben attenti a non permettere discussioni politiche. Gli unici attori politici al di fuori del governo erano i rivoluzionari. Negli anni sessanta i principali gruppi radicali erano di piccole dimensioni e avevano vita breve. Il 4 aprile 1866 Dmitrij Karakozov, che aveva partecipato per anni agli incontri segreti dei gruppi rivoluzionari, anche se i suoi compagni avevano cercato di dissuaderlo, attentò alla vita dello zar. L’origine della regione del Volga e non straniera dell’attentatore fece capire alla polizia che avevano a che fare con il vero terrorismo, un fenomeno totalmente nuovo nel momento rivoluzionario russo. Karakov era convinto che l’uccisione dello zar avrebbe favorito l’indebolimento del governo o che avrebbe portato ad una rivolta popolare, ma fu il contrario: l’attentato portò ad un rimpasto del governo e alla nomina di diversi ministri meno liberali. Verso il 1870 i radicali capirono che i metodi cospiratori, oltre che essere ripugnanti, non servivano così si organizzarono per diffondere le idee radicali tra il popolo e decisero di dover “andare al popolo” cercando di inserirsi nella vita rurale. Il progetto durò dal 1874 al 1876 quando fu chiaro il suo fallimento, causato dalla diffidenza dei contadini verso i forestieri. Così, nel 1876, i membri del gruppo ancora attivi a San Pietroburgo crearono un’organizzazione vera e propria denominata Zemlja i Volja (Terra e Libertà). L’attività del gruppo non passo inosservata alla polizia che nel 1877 arrestò molti membri e li processò pubblicamente. I processi non andarono a favore del governo perché i rivoluzionari spiegarono le loro ragioni ed ebbero l’appoggio delle giurie e, in più, le condizioni delle prigioni facevano passare i rivoluzionari per martiri. All’inizio del 1878 il generare governatore di San Pietroburgo Trepov fece fustigare fino a far impazzire uno dei prigionieri. Questo scatenò l’ira di una giovane donna, Vera Zasulic, che entrò nell’ufficio del generale e gli sparò, senza però ucciderlo. La giuria non arrivò ad un verdetto unitario e tra un processo e l’altro Vera riuscì a rifugiarsi in Svezia. Da quel momento il governo evitò il sistema dei tribunali e si rivolse direttamente alla corte marziale. Questo avvenimento fu anche l’inizio di uno straordinario duello tra rivoluzionari e polizia destinato a durare tre anno e mezzo. La maggior parte dei rivoluzionari era ormai convinta che la rivoluzione sociale non si potesse compiere senza il crollo dell’autocrazia. Incanalarono le loro energie non più nella diffusione delle loro idee sociali progressiste ma nella propaganda della rivoluzione politica e in un programma di terrore contro lo stato. I bersagli degli atti terroristici non erano persone comuni ma funzionari statali conservatori, soprattutto i responsabili del controllo politico e della repressione. La campagna di terrore produsse una spaccatura all’interno del movimento: la maggioranza favorevole alla violenza diede vita ad una nuova organizzazione chiamata Narodnaja Volja (Volontà del popolo – volja ha il duplice significato di libertà e di volontà), e una minoranza che preferì aderire alla vecchia politica di agitazione e propaganda che mantenne lo stesso nome Zemlja i Volja. Narodnaja Volja cominciò una campagna del terrore che si concentrò sempre di più sulla persona dello zar. Ma Alessandro continuò a comportarsi come sempre senza reagire prontamente alla campagna, la sua attenzione era concentrata sull’attuvità di governo e sulla sua vita privata. Nel 1880 era morta la moglie e quindi poteva finalmente sposarsi con l’amante e riconoscere i suoi figli prima illeggittimi. All’inizio del 1880, Stepan Chalturin, travestito da fabbro riesce ad entrare nel Palazzo d’Inverno e far esplodere una bomba che uccise delle guardie ma non lo zar. Un piccolo gruppo di rivoluzionari era riuscito a provocare una crisi dello stato, troppo antiquato per Il boom industriale degli anni novanta. Per la prima volta l’industria pesante si poneva al pari dell’industria leggera. Il Donbass divenne a pieno titolo una delle regioni cardine per il carbone e l’acciaio. Era la grande epoca della tecnologia dei metalli e non solo in Russia. A San Pietroburgo le tecnologie più avanzate appartenevano a filiali europee o americane, nel settore industriale leggero e nel bancario, invece, prevalevano imprenditori russi. Questo boom fu il prodotto del ciclo economico, non del governo, anche se il ministero delle Finanze diretto dal conte Witte offrì senza dubbio un prezioso contributo. Nel 1897 introdusse in Russia il sistema aureo, che rafforzò a livello internazionale la posizione del paese. Il più grande successo del ministro fu la costruzione da parte dello stato della Transiberiana, già iniziata nel 1891. Nel 1905 la lunga strada ferrata era stata in gran parte completata, anche se a binario unico in alcuni segmenti e con un unico difetto che nel 1904 provocò l’attacco del Giappone: Witte aveva fatto passare la ferrovia attraverso la Manciuria anziché all’interno dei confini russi. Nel 1900 la Russia conobbe il suo primo grande periodo di recessione causata principalmente dal crollo del mercato azionario e da una grave crisi finanziaria; furono colpite soprattutto le industrie pesanti. Naturalmente la Rivoluzione del 1905 ebbe conseguenze devastanti nell’economia come nella politica ma, quando il governo ristabilì la propria autorità nel 1907, la prosperità economica ritornò rapidamente, poiché la recessione era finita. Gli anni precedenti la Grande Guerra furono caratterizzati da un rinnovato benessere e da un’ulteriore modernizzazione della vita urbana. A parte San Pietroburgo anche Mosca, Varsavia, Odessa e Kiev assunsero in gran parte l’aspetto di centri urbani molto simili a quelli europei. Ristoranti, caffè e alberghi divennero importanti centri di aggregazione sociale e sostituirono i club aristocratici del passato. A rendere la Russia un paese arretrato rispetto gli standard europei, se non addirittura dell’Asia, erano i villaggi, pressoché immutati e comunque scarsamente toccati dalla modernizzazione. Dopo il 1907, il primo ministro Stolypin propose il progetto di formare delle imprese agricole indipendenti senza vincoli con le comunità di villaggio. Pochi contadini aderirono al progetto che venne accolto con ferocie ostilità fino al 1914. Un cambiamento più promettente nella vita rurale ci fu con la migrazione di contadini in Siberia e nelle steppe del Kazakhistan, in Asia centrale, dove sorsero aziende agricole indipendenti e senza conflitti con preesistenti comunità di villaggio. Al di là degli Urali la popolazione indigena era molto esigua e tali conflitti sorsero raramente, tanto che alla vigilia della guerra la Siberia sembrava affermare per la prima volta ina propria identità, non solo come terra di giacimenti minerari e di lavori forzati ma anche come territorio di insediamento rurale, con settori industriali in crescita e città in piena espansione. Anche la regione degli Urali stava vivendo un periodo di rapida crescita. Nessuno di questi cambiamenti rurali riuscì a cambiare il modello generale della società russa: un mare di terre agricole arretrate, costellato qua e là da isole più o meno grandi in cui si andavano sviluppando un’industria e una società a passo coi tempi. Il cambiamento sociale e le donne. Nei decenni dei grandi cambiamenti, dal 1861 al 1914, il governo non aveva rinunciato al vecchio sistema di classificazione sociale – nobili, mercanti, cittadini e contadini – anche se i mutamenti avvenuti nella società rendevano le distinzioni sempre meno rilevanti. L’inteligencija aveva rappresentanti di quasi ogni gruppo sociale. Lo sviluppo economico rimescolò la composizione nazionale dell’impero: ai molti gruppi etnici di San Pietroburgo si aggiunse una folta comunità ebraica, la più grande al di fuori della “zona di residenza stanziale ebraica”; masse di contadini e cittadini si riversarono nei nuovi centri industriali di Donbass – russi, ucraini, polacchi, ebrei e molti altri – dando vita ad una zona multietnica seppur di lingua russa; i giacimenti petroliferi di Baku attirarono nelle maggiori città dell’Azerbaijan migliaia di armeni e georgiani. Subì cambiamenti anche la vita delle donne a livello d’istruzione e lavoro. Già negli anni 1858- 1863 alcuni atenei si erano aperti anche al mondo femminile, ma le paure dei conservatori, innescate in parte dal nascente movimento rivoluzionario che si batteva anche per la liberazione della donna, indusse ro il governo a chiudere nuovamente le porte delle università alle ragazze. Allora l’inteligencija liberale nel 1896 aprì corsi universitari privati per le giovani donne. La causa dell’emancipazione femminile era tanto dei rivoluzionari quanto dei liberali perché entrambi vedevano nella famigli tradizionale le radici dell’autocrazia politica che governava il paese. Finalmente nel 1876 il governo autorizzò dei “corsi femminili” che offrivano una formazione universitaria senza riconoscere un titolo, solo in alcune professioni, come l’insegnante e l’ostetrica, ritenute adatte alle donne. Tuttavia i titoli conseguiti all’estero erano riconosciuti nell’impero russo, per cui una donna che aveva frequentato una delle poche università estere che accettavano studentesse poteva vantare un titolo universitario riconosciuto anche in Russia. Le nuove opportunità nel campo dell’istruzione non attirarono solo donne di ceto nobile, ma ad esse si unirono ben presto molte ragazze in genere di classe media. La trasformazione della vita urbana russa creò nuovi impieghi in cui le donne non esitarono a inserirsi. Le donne ricoprivano ruoli come medici, insegnati, dattilografi d’ufficio e nel campo della telefonia; le contadine che si spostavano in città trovavano spesso impieghi come cuoche e cameriere. Tra le donne che lavoravano in città vi era un tasso di analfabetismo superiore rispetto agli uomini e le operaie erano pagate meno dei colleghi maschi. Alla fine, però, le donne della classe operaia avrebbero avuto la loro rivincita: nel marzo del 1917 furono le donne disoccupate a dare inizio alla Rivoluzione che doveva abbattere la monarchia. Una volta che a esse si unirono gli uomini, la dinastia dei Romanov non ebbe scampo. La classe operaia. In ultima analisi, il risultato più rilevante dell’industrializzazione fu la creazione del proletariato. 4 milioni di lavoratori costituivano il nucleo della classe operaia, accanto ai molti lavoratori stagionali e a circa un milione e mezzo di domestici al servizio delle famiglie benestanti. I lavoratori vivevano in “caserme per operai”, ossia baracche vicine alle fabbriche offerte dai proprietari o in “angoli” di scantinati separati da semplici teloni in cui i servizi igienico- sanitari erano ridotti al minimo e l’affollamento era esorbitante. Comunque fosse la città offriva molto di più del villaggio: teatri e sale da ballo a prezzi economici; piccole biblioteche e sale di lettura che determinarono il grande successo della letteratura popolare; primi giornali scandalistici e storie d’avventura a buon mercato. Se il lavoro in città aveva staccato i contadini inurbani dalla secolare routine del villaggio, creò ben presto un altro tipo di esistenza meccanica: una giornata lavorativa di 10 o 12 ore rappresentava la norma, con solo la domenica come giorno libero e poche ore al sabato, i salari erano bassi. Le condizioni non erano molto diverse da quelle europee ma in Russia gli scioperi erano vietati; solo con quello del 1885 negli stabilimenti tessili Morozov, nei pressi di Mosca, aveva portato ad una nuova legislazione di fabbrica che imponeva almeno ai responsabili di pagare i lavoratori nei tempio stabiliti; lo stato effettuava una scarsa supervisione dei posti di lavoro, l’Ispettorato delle Fabbriche non aveva abbastanza potere amministrativo per poter garantire un ambiente di lavoro adeguato. I populisti degli anni sessanta avevano già tentato di reclutare i lavoratori ma la loro grande speranza era riposta nei contadini e non negli operai delle grandi città. La comparsa del marxismo negli anni ottanta – sotto la guida di Plechanov – mutò decisamente l’oggetto dell’attenzione. Plechanov respinse tutta l’eredità di Cernysevskij secondo cui il capitalismo industriale in Russia non era che uno sviluppo artificioso, mero risultato della politica economica dell’aristocrazia. Secondo i populisti, una volta abbattuto il potere autocratico, il capitalismo sarebbe scomparso e i contadini avrebbero edificato il socialismo sulla base delle comunità di villaggio e di laboratori d’artigianato collettivo. Come marxista, Plechanov era invece convinto che la crescita del capitalismo in Russia fosse inevitabile. Il nuovo ordine economico rappresentava una crescita che avrebbe creato una classe operaia, ovvero quel proletariato che era “la classe chiamata a liberale l’umanità” e a realizzare il socialismo. Fu il boom industriale degli anni novanta a fornire ai marxisti la loro occasione: piccoli gruppi marxisti apparvero nelle grandi città, guidati da giovani uomini e donne provenienti dall’ inteligencija come Lenin e Martov, impegnati a distribuire volantini e organizzare gruppi di lettura per diffondere le loro idee. Nel 1898 riuscirono a fondare a Minsk una vera organizzazione politica: il partito dei lavoratori socialdemocratici russi (Rsdrp). Accanto ai marxisti riprese vita la tendenza populista del movimento rivoluzionario russo, da cui nacquero una serie di gruppi che continuavano a credere in linea teorica ad una rivoluzione contadina ma che facevano propaganda tra gli operai delle città. La vecchia idea del potenziale socialista della comunità di villaggio si combinava con l’idea marxista che i lavoratori avrebbero organizzato il socialismo nelle città industriali. Buona parte della loro attività deviò verso il terrorismo (che i marxisti rifiutavano) ma alla fine anche i populisti furono in grado di fondare nel 1901-1902 una loro formazione politica: il Partito dei socialisti-rivoluzionari, i cui membri (chiamati esery dalle iniziali SR) sarebbero entrati presto in competizione con i marxisti. L’industrializzazione della Russia aveva creato due nuove realtà sociali: i capitalisti, che detenevano la proprietà e la direzione delle industrie, e il proletariato, che lavorava duramente nelle fabbriche. In definitiva, però, la modernizzazione aveva dato vita a quelle forze sociali che avrebbero portato la società russa a una fatale deflagrazione. L’età aurea della cultura russa (capitolo 13) Lo sviluppo della società e di quasi ogni ambito del pensiero e della creatività, portò la prima grande stagione della cultura russa. Verso gli anni ottanta la Russia faceva parte del mondo non solo come potenza politica ma anche come illustre creatrice di successi artistici e scientifici. La scienza. Negli anni di Nicola I la scienza non conobbe grandi sviluppi; le università e le scuole tecniche erano piccole e inadeguate con solo professori stranieri. Dopo la guerra di Crimea il governo si rese conto che il livello scientifico del paese doveva essere innalzato; quindi il ministero della Pubblica istruzione stabilì l’ampliamento dei dipartimenti di scienze naturali delle università. Altrettanto importanti furono i provvedimenti del ministero delle Finanze che sovvenzionarono la riorganizzazione dell’Istituto tecnico-pratico di San Pietroburgo. Una moderna scuola di ingegneria era fondamentale per i piani di industrializzazione, ma il nuovo piano di studio ebbe un risultato inatteso e di portata mondiale. Molti studiosi come Mendeleev (mentre stava scrivendo un libro abbastanza soddisfacente di chimica per l’università dove era docente, riflettendo sul modo migliore per spiegare le reazioni tra gli elementi chimici esistenti in natura, si rese conto che essi rispondevano ad un determinato modello, individuò alcuni vuoti nella periodicità e predisse che in un futuro si sarebbero colmati con la scoperta di nuovi elementi), o Dokucaev (il creatore della moderna pedologia, che capì che il suolo doveva essere considerato come uno strato geologico, mentre sia a farli conoscere al grande pubblico. Pietroburgo non aveva niente di simile, anche se lo zar Alessandro III aveva acquistato numerosi dipinti, tra cui molte opere degli Itineranti; il museo d’arte russa a San Pietroburgo si istituì solo nel 1895. Come soggetti dei dipinti gli Itineranti sceglievano il paesaggio russo, scene tratte dalla vita contadina e ritratti di scrittori e artisti del tempo, ma anche degli uomini d’affari divenuti loro mecenati. Il più importante tra gli Itineranti fu Repin; i suoi lavori più famosi sono degli anni ottanta con soggetti che lasciavano intendere una blanda critica all’ordine costituito. Si cimentò anche in soggetti storici come il ritratto Ivan il Terribile e suo figlio Ivan il 16 novembre 1518 , che rappresenta un tragico crimine (il padre che uccide il figlio) e del conseguente pentimento, anche se molti gli diedero un significato più politico. L’Accademia non appariva più così minacciosa poiché erano apparsi salon e studi e al tempo stesso nuovi mecenati. Alessandro III, profondamente colpito dall’arte di Repin, acquistò sempre più dipinti degli Itineranti, gli studenti che si erano ribellati all’Accademia avevano trovarono un sostenitore dove meno se lo aspettavano. La pittura non acquisì mai all’estero la stessa fama della musica e della letteratura russa. I pittori russi produssero un ritratto della Russia, del suo popolo, della sua storia e della sua terra. La letteratura. Il pubblico della letteratura in Russia non era concentrato nelle città ma era ancora l’aristocrazia e la classe imprenditoriale arricchita e colta come i membri dell’intelligencija. La letteratura fu il fiore all’occhiello dell’età aurea della cultura russa. Ivan Sergeevic Turgenev!gli eroi dei suoi romanzi erano per lo più nobili di campagna che trascorrevano il tempo cercando di decifrare il significato dei cambiamenti in corso in Russia e nel mondo e di capire quale potesse essere il loro ruolo in essi. Turgenev rappresentava varie possibilità senza soddisfare nessuno schieramento politico ma guadagnando un vasto pubblico di ammiratori. La sua amicizia con vari scrittori francesi favorì le pubblicazioni dei suoi testi in Europa, così la letteratura russa ebbe per la prima volta un posto di rilievo nella più vasta cultura europea. Fedor Michajlovic Dostoevskij!durante la detenzione cominciò a mutare la sua visione del mondo, abbandonando il socialismo utopistico in quanto troppo lontano dalle masse e volgendosi all’ortodossia, che vedeva come la vera religione “del popolo”. Al ritorno dagli anni di servizio militare come soldato semplice dopo la detenzione pubblicò le Memorie da una casa di morti, racconto della straziante vita carceraria che trovò piena risonanza con gli uomini dell’età della grande riforma, anche se molti non colsero il chiaro accenno alla redenzione religiosa. Dostoevskij lottò tutta la vita contro i problemi economici e questo lo portò a scrivere tantissimo. Tra il 1861 e il 1865 fondò due giornali, che però non ebbero successo; su queste pagine abbracciava una variante dello slavofilismo che auspicava il ritorno alle tradizioni del popolo russo: ortodossia e rispetto per lo zar. Un viaggio in Europa gli confermò la sua sempre più negativa della società moderna intesa come individualista, irreligiosa e preda dell’avidità. Il suo primo grande successo fu Delitto e castigo pubblicato nel 1866 sulla rivista “Russkij vestnik” (il messaggero russo), edita dal conservatore Katkov. La vicenda dello studente che, spinto dal bisogno di denaro, uccide una vecchia usuraia sentendosi al di sopra delle normali regole morali, catturò l’immaginazione dei contemporanei. Con I demoni (1871-1872) sferrò un attacco contro i liberali e i radicali dell’epoca ritratti come inetti sognatori intenti a giocare col fuoco o come fanatici amorali e assetati di potere. Nei personaggi unisce le figure del rivoluzionario Necaev (convince i membri del suo gruppo di agire in nome di un comando centrale dei rivoluzionari che esiste solo nella sua testa; accusa un membro del gruppo di essere una spia della polizia e convince gli altri ad ucciderlo, con le indagini sull’omicidio la Polizia scopre l’esistenza del gruppo segreto, lui scappa e lascia i suoi compagni in prigione) e di Petrasevskij, del cui circolo egli stesso faceva parte negli anni quaranta. Nel 1872 iniziò a frequentare il salotto politico di Mescerskij, amico del futuro zar Alessandro III. Erano tutti conservatori, appoggiavano una forma di statalismo conservatore, incentrato sul sovrano, nazionalista e ortodosso ma estraneo alle dottrine sulla comunità di villaggio e sull’unità spirituale della nazione. Mescerskij aveva da poco fondato il giornale ultraconservatore “Grazdanin” (il cittadino) e chiese a Dostoevskij di diventarne il direttore. Parte del suo contributo fu la rubrica Il diario di uno scrittore dove colse la sua occasione per criticare la Russia dopo le riforme, a sollevare le sue ire era soprattutto il sistema giudiziario e il fatto che il verdetto spettasse ad una giuria. Il suo giornalismo era pregno di un intenso nazionalismo, che glorificava i successi militari della Russia nella guerra russo-turca e la guerra stessa. Si scagliava inoltre contro polacchi, ucraini ed ebrei, che nella sua mente rappresentavano l’incarnazione stessa della brama di possesso. Lev Nikolaevic Tolsoj!nato nel 1828 in una famiglia di agiati proprietari terrieri che non frequentavano l’aristocrazia di San Pietroburgo. Allo scoppio della guerra di Crimea partecipò sul famoso quarto bastione di Sebastopoli assediata. Alla fine della guerra visse alcuni anni a San Pietroburgo e Mosca litigando con quasi tutti gli esponenti letterari del tempo. Fondamentalmente non era in sintonia con l loro idee, reputava la maggior parte dei letterati individui grezzi o egoisti, o entrambe le cose. Negli stesi anni fece anche un viaggio in Europa e la vide come un continente che vantava un progresso fatto solo di materialismo, avidità e vuoto spirituale. Tolstoj non nutriva grande rispetto per l’autocrazia e ai gravi dilemmi europei non proponeva una soluzione russa come, invece, faceva Dostoevskij. Il suo progetto successivo fu la creazione, nella tenuta della sua famiglia, di una scuola per i figli dei contadini basata sulla pedagogia di Russeau: assenza di qualsiasi costrizione, nessuna punizione corporale, progetti di lavoro comune e uno sforzo deciso per interessare gli alunni alla materia. La scuola ebbe successo molto probabilmente solo grazie alla grane personalità di Tolstoj. Fece poi un altro viaggio per studiare il sistema scolastico europeo e lo trovò deprimente, militarizzato e fortemente legato all’apprendimento mnemonico. Nel 1861, tornato nel suo governatorato di Tula, ricevette l’incarico funzionario e giudice di pace; doveva risolvere le controversie tra i nobili e i contadini appena liberati. Le sue posizioni eccessivamente condiscendenti verso i contadini, secondo i nobili, gli valsero dei problemi con la Terza Sezione che nel 1862 iniziarono ad indagare senza, però, trovare niente di compromettente. Tolstoj scrisse allo zar indignato di questi controlli che offendevano il suo onore e la sua reputazione, in risposta ricevette assicurazioni dai vari ministeri che non vi sarebbero state conseguenze. Né i nobili né il governo sapevano bene cosa fare di lui. Nei venti anni seguenti si dedicò alla sua famiglia, alla scuola, al compito di giudice di pace e alla scrittura, pubblicando a puntate, tra il 1865 e il 1869, sul giornale “Russkij vestnik” Guerra e pace. Il romanzo dedicato alla guerra contro Napoleone si concentra soprattutto sullo scontro del 1812. Benché sicuramente patriota, Tolstoj non era certo un nazionalista. Odiava Napoleone, non i francesi, e la sua visione della Russi aera tutt’altro che rosea, tanto da ritrarre lo zar, la corte e il governo come degli inetti fuori dalla realtà della vita e della guerra, l’unico vero eroe è il generale Kutuzov. Anche se il libro si conclude con considerazioni sulla storia, Tolstoj era particolarmente irritato dall’idea che fossero i “grandi uomini” a determinare il corso della storia, il romanzo riguarda l’essere umano e il suo destino, non gli eventi del 1812. Per Tolstoj i veri problemi della vita non erano politici ma morali. Il personaggio di Pierre Bezuchov, e in particolare il suo viaggio spirituale, incarna il desiderio di agire secondo la vera legge morele e di trovare il vero significato nascosto dietro la frenesia della vita di tutti i giorni e la cieca accettazione dei valori e istituzioni ereditati dal passato. Il principe Andrej Bolkonskij, al contrario, è colui che vuole analizzare con lucida razionalità la guerra, gli eventi storici e il comportamento umano. In definitiva è Pierre che trova la felicità. Dopo il successo di Guerra e pace Tolstoj si rivolse di nuovo alla pedagogia e a diversi progetti per nuovi romanzi. Il risultato fu Anna Karenina, scritto nel 1875-77, la contrapposizione della vita di Anna, alle prese con il marito e l’amante, e di Kitty e suo marito che conducono una felice vita familiare. Durante la sua vita Tolstoj fu ossessionato dal senso della vita e della morte, subito aveva fatto riferimento all’ortodossia ma questa fede non riuscì a soddisfarlo, disdegnava l’incontrastato sostegno che la Chiesa garantiva allo stato e ad ogni sua azione: la guerra, l’oppressione, la pena capitale, tutte ugualmente inaccettabili. Nel 1879-1880 iniziò un’intensa lettura della Bibbia giungendo alla conclusione che il nucleo dell’insegnamento di Cristo fu la non resistenza al male, ciò significava che lo stato nella sua lotta alla criminalità o contro i nemici stranieri era profondamente anticristiano, e che l’unica opposizione era un pacifismo radicale, una sorta di anarchismo cristiano. Egli sviluppò queste idee in alcuni scritti tra cui le Confessioni, inutile dire che furono proibite le pubblicazioni. Le opinioni di Tolstoj crearono problemi con la Chiesa, lo stato e la sua stesa famiglia. La rivoluzione del 1905 fu un momento difficile anche per lui, in quanto contrario all’autocrazia ma non nutriva alcuna fede nell’uso della violenza contro di essa, e meno ancora nella violenza dello stato contro scioperanti, rivoluzionari e contadini ribelli. Morì nel 1910, all’età di 82 anni, nel viaggio per intraprendere una vita monastica, stroncato dal freddo. Tolstoj fu l’ultimo superstite della più grande stagione della letteratura russa, e forse della cultura russa in generale. Per la prima volta, l’immenso Impero russo era conosciuto per qualcosa di diverso dalla vastità del suo territorio e della sua potenza militare. La Russia come Impero (capitolo 14) I confini dell’Impero russo erano vasti e difficili da controllare. Nicola I sul Caucaso aveva cercato di sottomettere le popolazioni già all’interno dell’Impero, in Asia centrale l’esercito si era limitato a fortificare i confini e nei Balcani aveva attuato una politica di mantenimento dello status quo. La pace di Parigi dopo la guerra di Crimea aveva reso sostanzialmente passiva la politica europea russa. Gli anni sessanta videro un periodo di pace durante il quale la Russia poté fare le sue riforme, avanzare tecnologicamente e riorganizzare l’esercito. Però la crisi nei Balcani creò nuovi problemi. 1875!i serbi di Bosnia insorsero difendendo la loro libertà per diversi mesi fino a quando l’esercito turco perpetrò il più grande genocidio della storia prima della Grande Guerra. 1876!rivoluzione bulgara, i turchi sterminarono interi villaggi, tanto che persino l’opinione pubblica inglese iniziò a vacillare nel suo sostegno alla Sublime Porta. 1877!la Russia propose ai turchi la creazione di una regione autonoma nei territori ribelli ma gli ottomani non accettarono e i russi dichiararono guerra. 1878!dopo una serie di sanguinosi assalti ai forti turchi i russi arrivarono quasi a Istanbul quindi si arrivò a un trattato: si riconosceva la Bulgaria come il principale stato slavo dei Balcani, destinato a diventare un protettorato russo. Questo trattato spaventò le potenze europee, il risultato fu il trattato di Berlino, deciso da Bismark cancelliere della Prussia, che dava origine a una Bulgaria più piccola, governata da un sovrano tedesco, e concedeva all’Austria di estendere il suo protettorato sulla Bosnia. Questo trattato era un fallimento per la Russia e per i suoi soldati che avevano lottato così valorosamente. Sul confine occidentale i problemi erano legati principalmente alla nazionalità. Per motivi molto diversi, né polacchi né ebrei trovavano una collocazione adatta nella struttura discriminazione giuridica e sociale contro gli ebrei, e i partiti ebraici divennero sempre più radicali. Nonostante una politica avversa agli ebrei l’evoluzione dell’economia e della società russa favorì l’ingresso degli ebrei nella società, e l’emergere della politica di massa nel 1905 li avrebbe portati al centro della scena in molti modi, alcuni dei quali altamente esplosivi. Gli ucraini. Prima della guerra di Crimea i territori “ucraini” erano tali solo sulla base della nazionalità dei contadini; invece, nei territori sulla riva del Dnepr, dell’ex etmanato di Char’kov la nobiltà discendeva dagli ufficiali di Chmel’nickij, e mantenne vive le tradizioni storiche locali insieme ad una modesta letteratura regionale in russo e occasionalmente in ucraino. Le attività ucraine di questa nobiltà erano viste bene da San Pietroburgo in contrapposizione ai movimenti politici polacchi. La figura dominante della cultura ucraina, tuttavia, fu un servo della gleba che venne liberato grazie alle sue capacità pittoriche: Taras Shevchenko; i suoi volumi di poesia attirarono più delle sue opere d’arte. A Kiev si unì ad altri intellettuali locali che coltivavano il sogno di un federalismo slavo; scoperto venne destinato all’esilio nella fortezza di Orsk per dieci anni. Dopo la guerra di Crimea i cambiamenti della società russa e della politica governativa ebbero forti ripercussioni sulla piccola intelligencija ucraina, i cui rappresentanti iniziarono a pubblicare a San Pietroburgo un giornale in ucraino che venne chiuso nel 1864. Intanto nelle province ucraine erano nati piccoli gruppi intellettuali con un orientamento culturale chiaramente ucraino ma con un impatto sociale ancora limitato. La prima fonte di preoccupazione per l’Impero russo era il movimento ucraino in Galizia, oltre il confine austriaco, dove la politica elettorale rendeva possibile una grande varietà di partiti ucraini, la maggior parte dei quali tutt’altro che ben disposta nei confronti degli autocrati russi. Comunque nell’Impero, fino alla Rivoluzione del 1905, il movimento ucraino non si diffuse al di là della ristretta intelligencija ucraina. Il Caucaso. La Russia iniziò ad avanzare oltre il confine stabilito nel XVI secolo solo alla fine del XVIII, annettendo il Caucaso settentrionale e la Transcaucasica. A sud della catena montuosa fu instaurata un’amministrazione gestita da funzionari russi e da nobili georgiani e armeni disposti a cooperare. Sotto l’aspetto geopolitico il Caucaso e la Transcaucasica avevano un immenso valore strategico come frontiera meridionale contro la Sublime Porta. Però, i popoli montanari delle pendici settentrionali del Caucaso non si lasciarono conquistare facilmente: il risultato fu la guerra. I conflitti caucasici del XIX secolo si combatterono su due fronti e in due fasi. Un fronte era sull’estremità occidentale della catena e sulla parte pedemontana, dove gli avversari principali erano i circassi; l’altro era più a est, nel Dagestan e in aree della Crimea. 1817!iniziano le guerre 1830!il Dagestan diventa il fulcro della resistenza, con il vessillo dell’islam. 1834!i popoli montanari proclamano loro capo l’imam Samil’. Fu una guerra condotta da piccole unità, con incursioni notturne, tecniche di guerriglia e occasionali massacri, che riuscirono ad irritare i russi ma non a sconfiggerli. Questi ultimi vinsero solo grazie alla costruzione di strade tra le montagne e di aree disboscate. 1859!Samil’ si dovette arrendere davanti a grandi forze russe. Anni sessanta!sulle pendici nord-occidentali del Caucaso la guerra con i circassi finì per la grande emigrazione nei territori ottomani lasciando così sulle pendici delle montagne grandi spazi liberi per i coloni russi. La maggior parte settentrionale del Caucaso rimase sotto amministrazione militare con ufficiali russi, georgiani o armeni, che avevano il compito di sorvegliare le comunità locali, affidate agli anziani dei villaggi. Sul lato meridionale della catena montuosa, invece, la società subì un’evoluzione in risposta all’amministrazione russa. Si creò un’intelligencija georgiana di tendenze liberali, determinata a preservare la cultura georgiana, e negli anni novanta apparvero a Tbilisi e Baku i primi gruppi marxisti georgiani. In modo analogo anche gli armeni diedero vita ad una classe imprenditoriale e a un ceto intellettuale, per i quali i grandi temi erano le condizioni dei connazionali nei possedimenti ottomani e le sempre maggiori pressioni russe sulla Chiesa armena. Il crescente radicalismo nazionalista diede vita a Tbilisi, nel 1890, alla Federazione rivoluzionaria armena (Dashnaktsutiun), un partito nazionalista che aveva come grande nemico la Sublime Porta ma che si inimicò anche gli autocrati russi. I possedimenti dell’Azerbaijan portarono grandi ricchezze all’impero per i giacimenti di petrolio, e fino al 1905 gli azeri dimostrarono scarso interesse politico. L’Asia centrale. Fin dopo la guerra di Crimea la Russia si era limitata a costruire avamposti di frontiera cercando di mantenere un’area d’influenza tra i vari capi delle tribù delle steppe kazache. L’espansione verso l’Asia centrale era dovuta in parte dalla necessità di controllare il Kazakistan e in parte dal timore di un espansione britannica in Afghanistan e nelle regioni circostanti. 1860-64!i russi assunsero il controllo dei forti di Kokand ai margini meridionali della steppa kazaca avanzando a sud verso le città dell’Asia centrale. 1865!i russi occuparono Taskent, base del potere del khanato di Kokand. I khanati centroasiatici di Khiva, Buchara e Kokand, per lo più popolati da uzbeki, erano deboli e ben lontani dalla modernità e caddero presto in mani russe: i primi due come protettorati, l’ultimo, nel 1876 sotto il dominio russo. L’impero russo si estendeva ora fino ai confini dell’Iran e dell’Afghanistan, che separavano i territori russi dalle colonie britanniche. I problemi più seri che i russi dovettero affrontare in queste conquiste furono di logistica, come affrontare il calore estivo e il freddo invernale delle steppe kazache. In tutto questo il Regno Unito era preoccupato dell’espansione russa e la conseguenza fu una “guerra fredda” tra i due imperi, situazione che causò enormi problemi al principe Gorcakov, ministro degli Esteri russo impegnato a mantenere gli equilibri con l’Europa stabili. Gli amministratori russi delle colonie asiatiche centrali cercarono di imitare l’amministrazione inglese nelle proprie colonie: l’Asia centrale andava modernizzata. L’idea era di favorire la coltivazione di cotone per fornire alla russi ala materia prima nell’industria maggiormente sviluppata, quella tessile; idea che diede i suoi frutti solo alla fine del XIX secolo. Questo e altri elementi di modernità – in una delle aree più povere e più arretrate del mondo mussulmano – favorirono la nascita di un esiguo ceto di intellettuali. L’evoluzione dell’intelligencija centroasiatica portò allo sviluppo di diverse ideologie. Una di queste era l’ideologia del panturchismo – avanzata dal tataro di Crimea con origini aristocratiche Gasprinskij – che prevedeva un unione tra tutti i popoli di lingua turca, o affine, in un'unica nazione. Gasprinskij auspicava uno stato e un islam modernizzato, cosa che cercava anche lo Jadidismo che sorse verso la fine del XIX secolo tra i musulmani del Raj britannico, convinti che un islam modernizzato e spogliato dalle aggiunte avvenute nel corso dei secoli corrispondesse meglio all’ispirazione originaria di Maometto. Fin quasi alla caduta dello zarismo, con l’eccezione nel 1898 a Andizan, nell’Uzbekistan orientale, della rivolta islamica, le regioni più interne dell’Asia centrale rimasero tranquille. La scommessa della Manciuria. L’ultimo tentativo di espansione della Russia fu la Manciuria, in Cina. Nella sua corsa verso Vladivostok la Transiberiana voluta da Witte passava direttamente in territorio cinese. Witte. Di fatto, stava creando una piccola Russia moderna in territorio cinese partendo dalla nuova cittadina Harbin, collegamento diretto con Port Arthur, base della flotta navale russa. Tutti questi piani ebbero però fine con la guerra russo-giapponese. Il conflitto vide vincitore il Giappone che si appropriò di Port Arthur, potendo procedere sulla via dello sviluppo e del controllo militare che doveva portare all’ulteriore espansione nipponica in Cina. La Russia, sconfitta, mantenne il controllo della ferrovia ma non riuscì più ad espandere il suo potere in Manciuria, regione troppo lontana al fulcro dell’impero e troppo vicina al Giappone. Il risultato della modernizzazione su un equilibrio instabile di un impero ormai troppo moderno per rimanere un impero di nobili uniti attorno allo zar ma ancora troppo arretrato per sfruttare al massimo le forze sociali che avevano favorito l’integrazione delle minoranze nell’Europa occidentale. L’integrazione delle minoranze non russe che comunque si realizzò fu possibile solo grazie alla normale spinta impressa dal cambiamento sociale, non dalla politica statale o dalla “russificazione”. Nel corso degli anni novanta emersero tra le minoranze etniche gruppi nazionalistici che tuttavia, per il momento, non chiamarono a raccolta i popoli non russi, il loro obbiettivo rimaneva più autonomia all’intero della Russia. Molte minoranze erano più preoccupate l’una dell’altra che dei russi o dello stato imperiale. I popoli baltici vedevano i loro antagonisti principali nei tedeschi; i finlandesi si battevano per la questione linguistica, svedese o finlandese; i movimenti nazionalisti polacchi e ucraini si temevano reciprocamente ed entrambi erano ostili agli ebrei; gli ebrei politicizzanti si rivolgevano sempre di più ai movimenti socialisti ebrei (Bund) o al sionismo. Allo stesso tempo le grandi metropoli, come San Pietroburgo, Mosca e le città del Donbass, divennero potenti forze d’integrazione, attirando migliaia di emigranti tra polacchi, finnici, popoli baltici ed ebrei. Il vero problema dell’Impero russo rimanevano l’opposizione liberale sempre più matura e i gruppi socialisti-rivoluzionari. Il declino dell’autocrazia (capitolo 15) 1865!Alessandro III diventa zar. Inizia un arresto del processo riformista. Alessandro III!frutto di una formazione militare alquanto rigorosa. Gli amici, come Mescerskij e Pobedonoscev (suo insegnante di giurisprudenza), erano uomini di principi altamente conservatori, pieni di disprezzo per la libertà d’espressione, la democrazia e il governo rappresentativo come lo zar e la moglie. Comunque il carattere reazionario del suo regno era evidente nell’assoluta mancanza di risposte ai nuovi mutamenti sociali ed economici in atto. Il governo fu segnato da un nazionalismo ufficiale sempre più acuto, compreso un dichiarato antisemitismo. Anche se si trattava più di un cambiamento di toni che di sostanza. Non mancarono occasionali incursioni nella politica di russificazione, spesso più a parole che nella realtà in quanto l’impero non aveva fondi per avviare una solida attività politica (es: educazione in russo nelle province baltiche invece che in tedesco). Anche la continua miscela etnica nella corte, nell’esercito e nel corpo diplomatico poneva limiti decisivi alla quantità di “russicità” che il governo poteva sperare. Politica estera!negli anni successivi alla guerra di Crimea il principe Gorcakov aveva cercato di mantenere stabile l’amicizia con la Prussia, cercando al tempo stesso di allentare le tensioni con il Regno Unito e la Francia. Però la sempre maggiore vicinanza tra Germania e Austria tese ancora di più i rapporti e nel 1886 la Russia perse il controllo della Bulgaria a favore degli Asburgo, lasciando così la Russia del tutto isolata in Europa. La nuova Germania costruita L’unica soluzione fu la pace a Portsmouth il 23 agosto 1905 con l’intermediazione di Roosevelt. La Russia perse la base a Port Arthur e la metà meridionale dell’isola di Sachalin ma mantiene la ferrovia in Manciuria e gli edifici a Harbin. Tumulti: Operai!solo a San Pietroburgo entrarono in sciopero per periodi più o meno lunghi quasi un milione di lavoratori. Alcuni di questi scioperi erano chiaramente politici, ma la maggior parte chiedevano maggiori salari e soprattutto un trattamento meno rude da parte delle direzioni aziendali. Contadini!confische delle terre e attacchi alle tenute dei nobili raggiunsero un picco durante l’estate e si diffusero in tutta la Russia centrale, Ucraina, Polonia, province baltiche e Caucaso. Georgia!intere zone erano fuori dal controllo del governo e accanto ai contadini comparvero banditi. Baku!violenti scontri tra armeni e azeri in cui rimasero uccise migliaia di persone. Baltico!l’antagonismo etnico tra i nobili tedeschi e i contadini estoni e lettoni innescò violenze particolarmente efferate. Marina!ammutinamento della corazzata Potemkin; i marinai chiedevano migliori condizioni di vita e la fine dell’autocrazia. Conseguenze. Sotto pressione da parte del governo, ad agosto del 1905, Nicola II pubblicò un Manifesto sulle migliorie dell’ordinamento statale in cui concedeva un parlamento rappresentativo ma con poteri molto limitati. Il Manifesto non suscitò gli effetti sperati e in autunno gli scioperi ripresero. Ad ottobre le proteste si trasformarono in uno sciopero generale politico diretto contro l’autocrazia, con la richiesta di instaurare una repubblica democratica. Gli operari di San Pietroburgo iniziarono a formare dei sovet (consigli), prima a livello di fabbrica poi a livello municipale. Il leader più energico del Soviet dei deputati operai di Pietroburgo era Lev Trockij, uno dei principali esponenti dei menscevichi. 17 ottobre 1905!”Manifesto di ottobre”: con un nuovo Manifesto Nicola II concesse al popolo russo un parlamento rappresentativo, denominato Duma di stato, e un abbozzo di costituzione. Il “Manifesto di ottobre” cambiò la politica russa completamente. Witte tornò al potere come primo ministro e insieme ad altri funzionari scrisse una Costituzione conservativa che Nicola avrebbe potuto accettare. 27 aprile 1906!inaugurazione della nuova Duma di stato e annunciazione della Costituzione. Duma di stato!chiamata a proporre leggi che, se approvate dal Consiglio di stato, erano sottoposte allo zar per la sua approvazione, senza la quale non avevano alcuna autorità. Consiglio di stato!si trasformò in una sorta di Camera alta, con membri nominati dallo zar soprattutto tra gli alti dignitari dello stato, ai quali si aggiungevano rappresentanti della nobiltà, del mondo degli affari e dell’Università. Costituzione!legge fondamentale dello stato che proclamava lo zar un autocrate che, tuttavia, doveva ora emanare leggi attraverso la Duma. Comunque riservava allo zar ogni iniziativa di politica estera, il potere di entrare in guerre o concludere una pace, il comando supremo dell’esercito e tutte le nomine dell’apparato amministrativo. Si trattava di una Costituzione fortemente conservativa, benché non così strana nell’Europa del 1906. Sistema elettorale!i deputati erano eletti da un complesso di distretti regionali che esprimevano un voto indiretto attraverso il sistema curiale. Per ogni gruppo sociale (contadini, cittadini, lavoratori e nobili)esisteva una curia e gli elettori si recavano alle urne nella propria curia. La prima Duma di stato eletta nell’inverno tra il 1905 e il 1906 vide vincere i liberali, che credevano che le concessioni fatte dal governo fossero troppo limitate, e i contadini, i quali votarono in favore di qualsiasi provvedimento che concedesse loro dei terreni. Lo zar sciolse la prima Duma di stato nel mese di luglio, Witte si dimesse lasciando il posto a Stolypin, un ex governatore famoso per il suo pugno di ferro ma favorevole alle riforme. Nell’autunno del 1906 promulgò una legge che permetteva ai contadini di poter lasciare la vita di villaggio e creare una propria azienda agricola. La seconda Duma di stato risultò ancora più radicale della prima. Il 3 giugno del 1907 Stolypin sciolse anche questa. Nuove formazioni politiche: Centurie nere! di cui faceva parte, per esempio, l’Unione del popolo russo, era un movimento devoto all’autocrazia e all’ortodossia che denunciava gli ebrei come fonte di tutti i mali della Russia. Fortemente nazionalisti, i suoi membri si opponevano all’uguaglianza delle minoranze etniche ma si scagliarono soprattutto contro gli ebrei con numerosi pogrom, destinati a loro giudizio a porre fine alla Rivoluzione, che ritenevano opera dei polacchi e dell’intelligencija ma principalmente di tutti gli ebrei. Le Centurie nere aggiunsero nella vita politica russa un elemento di violenze e caos. Ottobristi!gli aderenti all’Unione del 17 ottobre, tutti nobili o uomini d’affari, data in cui nel 1905 era apparso il Manifesto dello zar. I Cadetti!nome che deriva dalle due lettere (KD) del Partito costituzional-democratico, denominato ufficialmente Partito della libertà popolare, rappresentavano i liberali. Pensavano che le concessioni del governo fossero troppo limitate (maggiore partito rappresentativo della prima Duma di stato). Trudovik!Partito del lavoro che rappresentava i contadini, che chiedevano la ridistribuzione delle terre. Unione contadina panrussa!nata alla fine del 1905, contava centinaia di migliaia di iscritti che chiedevano la ridistribuzione dei terreni. Cercò di evitare tattiche violente ma nel corso del 1906 i suoi membri erano diventati sempre più radicali e si erano alleati nella Duma con il Partito del lavoro. L’Unione fu soppressa. Il risultato più importante della Rivoluzione era stato il cambiamento radicale avvenuto nella politica russa. Era di fatto scomparsa la censura e le elezioni della Duma, con i suoi lunghi dibattiti, aveva trasferito la politica dalle aule dei tribunali e degli uffici della burocrazia all’opinione pubblica; intere classi sociali iniziarono a pensare in modo diverso: Nobiltà!smise di cercare di accordarsi con i liberali e si ritrovò sotto gli slogan di autocrazia, nazionalismo e mantenimento dell’ordine sociale; Ceto medio urbano e lavoratori!persero la propria passività e cominciarono a partecipare attivamente alla vita politica; Uomini d’affari!formarono dei piccoli partiti e gruppi di pressione; Contadini!davano ora ascolto agli attivisti dell’Unione contadina e ai socialisti-rivoluzionari (esery); Le varie minoranze nazionali avevano ora attivi partiti politici: Georgia!i menscevichi combinarono il socialismo e il nazionalismo diventando la forza politica più forte; Lettonia!i socialdemocratici si allearono con i bolscevichi e conquistarono l’egemonia del partito operaio; Polonia!i nazional-democratici gareggiarono contro i gruppi socialisti conquistandosi l’appoggio della classe operaia; Popoli musulmani!si unirono tatari, baskiri, tatari di Crimea, azeri e popoli montanari del Caucaso settentrionale ed esercitarono pressioni per ottenere uno status paritario con i russi. Si allearono con i Cadetti. I sette anni successivi furono un periodo di pace ma anche un periodo statico in cui le diverse figure che ricoprirono il ruolo di Primo ministro non furono in grado di mettere d’accordo la Duma di stato ed il Consiglio dei ministri. Dopo lo scioglimento della seconda Duma Nicola II cambiò la legge elettorale con una ancora meno liberale: il 50% dei ministri doveva essere nobile e i posti di contadini e rappresentanti di etnie non russe furono fortemente diminuiti. Si aveva, così, una Duma nobiliare conservatrice. Furono anni che videro il paese alla deriva e l’autocrazia sempre più screditata. Mentre i liberali e i conservatori avevano trovato nel nuovo ordinamento semi-costituzionale una vasta arena per l’attività politica, i partirti rivoluzionari erano demoralizzati per la perdita di migliaia di iscritti, soprattutto tra gli intellettuali, e stavano comparendo le prime crepe. La leadership del movimento andò in esilio in Europa dove Trockij aveva abbandonato il principale gruppo menscevico per scrivere un suo giornale a Vienna; i bolscevichi erano particolarmente litigiosi, lacerati da dispute filosofiche e da contrasti in merito alla tattica e all’organizzazione del partito. Solo verso il 1912 le varie fazioni si fusero in gruppi organizzati e ripresero contati in Russia. Nello stesso anno, i bolscevichi, nelle conferenza di Praga, confermarono le tesi di Lenin sulla necessità di un organizzazione clandestina e consolidarono finalmente la struttura e il programma del partito. Nel movimento stava prendendo sempre più importanza un gruppo formato da giovani di origini più plebee che avevano fatto le loro esperienze nella clandestinità e con le continue battaglie contro la polizia, avvicinandosi molto al proletariato. Uno di questi era un bolscevico georgiano, Soso Dzugasvili, soprannominato Koba, figlio d’un calzolaio. Aveva iniziato ben presto a farsi strada nel movimento con uno pseudonimo rivoluzionario: Stalin. In Europa… Nicola II ed il Kaiser, Guglielmo II, avevano cercato di riavvicinarsi ma non ci erano riusciti. Nel 1907 Russia e Regno Unito firmarono un trattato che divideva le reciproche sfere d’influenza in Iran; così finì la lunga “guerra fredda” tra le due nazioni. Inoltre, l’esistenza di un accordo anglo-francese (e l’accordo russo-francese contro la Germania) faceva si che Francia, Inghilterra e Russia si trovassero insieme a fronteggiare Germania e Austria- Ungheria. Le zone di conflitto erano molte ma la più importante era quella dei Balcani. L’Austria nel 1909 annesse la Bosnia-Erzegovina, che dal 1878 era un protettorato russo. Una serie di conflitti locali nel Baltico accrebbero la tensione. La Russia era alleata con la Serbia che sbarrava qualsiasi tentativo di espansione tedesca o austriaca nei Balcani. Poi, nel giugno del 1914, l’erede al trono austroungarico, Francesco Ferdinando, si recò in visita nella nuova provincia bosniaca. Mentre il corteo procedeva a Sarajevo, un giovane nazionalista serbo, Gavrilo Princip, uscì dalla folla ed impugnando una pistola sparò all’arciduca, uccidendolo. Guerra e Rivoluzione (capitolo 16) La Guerra L’altro “governo” era rappresentato dal Soviet di Pietrogrado. Gli operai di quasi tutte le fabbriche della città elessero dei delegati al Soviet della città. Il suo primo atto, denominato Ordine n. 1, precisava che a dirigere l’esercito dovevano essere i Soviet eletti dai soldati, mentre gli ufficiali mantenevano il comando solo durante le operazioni militari. Ad affermare la loro supremazia nel Soviet di Pietrogrado e nella maggior parte delle altre città furono i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, non i bolscevichi. La tattica menscevica era quella di rifiutare ogni sostegno al governo provvisorio, ma, fin da subito, il vero problema era la guerra, e i menscevichi russi non avevano alcun piano per fermare il conflitto. A maggio Miljukov e altri dovettero abbandonare il governo provvisorio per la loro intenzione di spingere la guerra fino ad una vittoria. Il principe L’vov organizzò un nuovo governo con diversi socialisti moderati, tra cui Kerenskij a capo dell’esercito e della marina, che iniziò una nuova offensiva sul fronte (ultima vittoria contro i tedeschi della Grande Guerra). Durante i primi mesi della Rivoluzione i bolscevichi erano rimasti una minoranza nei Soviet. Lenin aveva saputo dell’abdicazione ed era rientrato in russi attraverso la Germania. Arrivato nel suo paese aveva scoperto che i dirigenti bolscevichi, tra cui Stalin, erano tornati dall’esilio e si stavano organizzando. Per Lenin, come scrisse nelle Tesi di aprile, la caduta dello zar segnava la fine della rivoluzione borghese, a cui il partito aveva puntato nel 1905. Nel paese esisteva un duplice potere, quello del governo provvisorio e quello del Soviet di Pietrogrado, l’obiettivo era la presa del potere da parte del proletariato, allo scopo di trasformare la Russia in una società socialista. Lo strumento di tutto ciò dovevano essere i Soviet, in primo luogo quelli degli operai e dei soldati. L’obbiettivo immediato dei bolscevichi, quindi, era di ottenere la maggioranza nel Soviet di Pietrogrado e negli altri. Ascesa dei bolscevichi!gli esery avevano un grosso seguito, sia tra i contadini che tra gli operai, ma si stavano spaccando in due: l’ala sinistra del movimento era contro la guerra, vicina ai bolscevichi, l’altra, al contrario, sosteneva la visione menscevica. I bolscevichi stavano anche loro diventando per la prima volta un partito di massa dove continuavano ad iscriversi soprattutto giovani operai e menscevichi dissidenti, primo tra tutti Trockij, le cui capacità retoriche furono una grande arma per i bolscevichi. All’inizio di luglio i bolscevichi fecero una dimostrazione armata a Pietrogrado e il governo provvisorio, insieme al Soviet, disperse il corteo e arrestò molti dirigenti bolscevichi, tra cui Trockij, Lenin scappò in Finlandia. Come reazione agli eventi Kerenskij divenne primo ministro. La situazione generale continuava a peggiorare, la rete dei trasporti , già indebolita dalla guerra, cominciò a collassare del tutto, come successe a molte industrie e servizi essenziali. Nelle città, i soviet organizzarono le Guardie Rosse. Organizzazioni e gruppi rivoluzionari “espropriarono” interi edifici, un esempio è la scuola femminile Smol’nyj fondata da Elizaveta Petrovna, che divenne il quartier generale bolscevico di Pietrogrado. I contadini espropriavano le terre dei nobili, i quali fuggivano nelle città senza ormai più nessun possedimento. Per le classi medie e alte fu l’inizio dell’anarchia; per i lavoratori era l’alba di un nuovo mondo, caotico ma che apparteneva a loro. Discussioni e riunioni senza fine interrompevano i lavori nelle fabbriche e contribuivano a formare gruppi di opinione pronti ad avanzare richieste sempre più radicali. La vita a Pietrogrado era febbrile; Mosca ribolliva di riunioni, comizi e dimostrazioni; a Kiev, gruppi di intellettuali ed attivisti formarono la Rada (comitato) dell’Ucraina; altri gruppi si formarono nel Baltico e nel Caucaso, anche se nessuno chiedeva ancora un’effettiva indipendenza. Alla fine di agosto il generale Kornilov avanzò verso la capitale con il III Corpo d’Armata di cavalleria – costituito da musulmani del Caucaso settentrionale, soprattutto ceceni e circassi – per ristabilire la disciplina e l’ordine. Di fronte a Questa sfida, Kerenskij si rivolse al Soviet di Pietrogrado che armò gli operai. I bolscevichi, la cui forza era enormemente cresciuta dalle giornate di luglio, erano ora di vitale importanza per sconfiggere il generale quindi, i loro leader uscirono dalle prigioni. L’incapacità di Kerenskij di difendere la Rivoluzione senza essere aiutato dai soviet sferrò l’ultimo colpo al potere del primo ministro. Dopo la sconfitta di Kornilov del 1 settembre il governo provvisorio era ormai alla deriva e i soviet avevano ora mano libera. I bolscevichi si assicurarono finalmente la maggioranza nel Soviet di Pietrogrado e in quello di Mosca. Fu indetto un secondo Congresso dei Soviet (il primo a inizio anno aveva visto la vincita schiacciante di menscevichi ed esery), di nuovo con delegati provenienti da tutto il paese. In quell’occasione i bolscevichi avevano dalla loro parte la maggioranza degli operai delle città ma erano privi di qualsiasi organizzazione nelle campagne. L’ala sinistra dei socialisti-rivoluzionari si dischiarò pronta ad unirsi ai bolscevichi. Il 10 ottobre Lenin rientra dalla Finlandia e con l’aiuto di Trockij e Stalin i bolscevichi si assicurarono la leadership del Congresso dei Soviet, e il 25 ottobre del 1917 le Guardie Rosse marciarono sul Palazzo d’Inverno per estromettere definitivamente il governo provvisorio. A difendere il palazzo c’erano pochi giovani ufficiali e il Battaglione femminile della morte. Diverse migliaia di Guardie Rosse procedettero velocemente e presero il palazzo facendo poche vittime. I ministri del governo provvisorio furono scortati alla fortezza di Pietro e Paolo. I bolscevichi e gli esery di sinistra presero ora il potere proclamando la Russia una Repubblica sovietica e socialista. I menscevichi e gli esery di destra abbandonarono il Congresso dei Soviet in segno di protesta, mentre Trockij inveiva contro di loro consegnandoli all’”immondezzaio della storia”. Le prime azioni dei Rossi riguardarono l’organizzazione del nuovo governo. Il Congresso dei Soviet elesse il Sovnarkom (Consiglio di commissari del popolo) con Lenin a capo, Trockij come commissario del popolo degli Affari esteri e Stalin come commissario del popolo per le Nazionalità. Il nuovo governo sovietico salì al potere con l’appoggio dei lavoratori e l’opposizione delle vecchie classi alte, dei ceti medi e dell’intelligencija. All’inizio del gennaio del 1918 in altro Congresso dei Soviet dei deputati proclamò il nuovo stato: la Repubblica socialista federativa sovietica russa (Rsfsr), con dichiarazioni sui diritti dei lavoratori, dei contadini e delle minoranze nazionali. La guerra civile e il potere sovietico. Il generale di cavalleria Kaledin formò una sorta di governo cosacco sul Don. I cosacchi erano contadini che combinavano il lavoro nei campi col servizio militare e, ben sicuri di essere i padroni delle loro terre, erano stati i servitori più fedeli dello zar fin dagli anni novanta del XVIII secolo. Proprio loro furono il fulcro della resistenza al potere sovietico. Contemporaneamente a Kiev la Rada annunciò che il consiglio rappresentava il potere supremo in Ucraina. Sembrò formarsi così un fronte unito cosacco-ucraino, pronto a combattere i Rossi nelle regioni meridionali. Per rispondere a tali minacce, già il 20 dicembre 1917, le autorità sovietiche avevano costituito la Ceka, Commissione straordinaria panrussa per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio (nel 1918 la denominazione cambiò in Commissione straordinaria panrussa per la lotta alla controrivoluzione, alle speculazioni e all’abuso di potere), organizzazione in cui la polizia di sicurezza era anche una sorta di esercito politico. La situazione in Russia era catastrofica: la guerra aveva rovinato l’economia; l’inflazione era fuori controllo; le reti dei trasporti e la distribuzione alimentare erano sul punto di collassare del tutto; bande di criminali terrorizzavano molte città. La situazione nelle fabbriche vedeva gli operai mandar via i dirigenti e mettere al loro posto, gruppi di lavoratori eletti che però non avevano le competenze per svolgere quel lavoro allora dalla primavera del 1918 i bolscevichi cominciarono a scegliere singoli manager, ex operai o attivisti del partito a capo delle fabbriche. Questi dirigenti “rossi” dovevano far capo al VSNCh, Consiglio supremo per l’economia, e ai vari Commissariati del popolo. Per il momento la priorità dei bolscevichi era la sopravvivenza, la loro e quella del paese. La guerra!subito dopo la presa del Palazzo D’Inverno il nuovo governo aveva proclamato una tregua con la Germania e i suoi alleati avviando dei negoziamenti. Trockij era partito verso il fronte e arrivato a Brest-Litovsk iniziò le trattative per la pace ma le richieste tedesche erano esorbitanti e Trockij tentennò. I tedeschi reagirono occupando L’ucraina, la Bielorussia e le province baltiche, instaurarono a Kiev un regime fantoccio e i gruppi nazionalisti dei vari paesi proclamarono l’indipendenza. Per cercare di rispondere all’avanzata tedesca il governo mise insieme l’Armata rossa degli operai e contadini ma non era abbastanza forte; il governo si spostò a Mosca, lontano dalle linee nemiche. Nonostante la situazione alcuni leader comunisti e socialisti-rivoluzionari volevano continuare con una “guerra rivoluzionaria” ma Lenin riuscì a convincere la dirigenza a firmare la pace, quali che fossero le condizioni imposte dai tedeschi. La pace fu conclusa a marzo, con il passaggio di tutti i territori occidentali a Germania e Austria con il riconoscimento ufficiale della nuova Repubblica dei Soviet da parte del Kaiser. I socialisti-rivoluzionari di sinistra e quelli contrari alla pace abbandonarono il governo in segno di protesta, i bolscevichi erano ora interamente responsabili del nuovo stato. L’Esercito volontario!i cosacchi si ribellarono nuovamente alleandosi con l’Esercito volontario del generale Alekseev, per lo più formato da ufficiali del vecchio esercito zarista. L’Armata rossa sconfisse i Bianchi sul Don. Legione cecoslovacca!quando ancora c’era lo zar si era formato un esercito chiamato la Legione cecoslovacca, composto da ex soldati austroungarici di nazionalità ceca e slovacca prigionieri di guerra, che volevano combattere con la triplice alleanza. Dopo una serie di scontri con le autorità sovietiche locali (le terre orientali tra Siberia e Giappone) avevano preso il controllo delle ferrovie che dalla Russia europea andavano fino al pacifico. Nella città di Samara, sotto il controllo della Legione, alcuni esery formarono un governo che cercava di mantenere in vita le pratiche della democrazia parlamentare. Riuscì a radunare un Esercito popolare che mosse verso Mosca per combattere i Rossi. Contro la Legione!subito l’Armata Rossa, formata da milizie mal addestrate e guidata da ufficiali inesperti, dovette arretrare davanti all’avanzata della Legione e dell’alleato Esercito popolare. Intervenne Trockij che riorganizzò l’esercito richiamando gli ufficiali e i generali dell’esercito dello zar minacciando le famiglie per assicurarsi la loro lealtà; Trockij si rivelò uno spietato comandante. Grazie alla nuova organizzazione l’Armata Rossa riconquistò velocemente le città sul Volga e sgominò in tempi rapidi l’Esercito popolare, respingendolo verso gli Urali. La famiglia imperiale!in esilio nella città di Tobol’sk, in Siberia, era troppo vicina ai centri di resistenza emergenti, quindi vennero trasferiti a Ekaterinburg, sugli Urali. Nel luglio 1918, mentre i Bianchi si stavano avvicinando, i soviet ordinarono di uccidere tutti i membri della famiglia imperiale, ponendo così fine alla dinastia dei Romanov, che aveva governato la Russia per tre secoli. Nell’autunno del 1918 l’Armata Rossa aveva ormai ripreso il controllo sulle regioni del Volga e degli Urali, e l’Esercito popolare si era ormai sciolto. L’esercito di Kokcak!nel novembre del 1918, a Omsk in Siberia orientale, nacque un nuovo esercito bianco formato da cosacchi siberiani e da un unità di ex ufficiali imperiali che volevano dar battaglia ai Rossi. L’ammiraglio Kolcak si dichiarò capo supremo della Russia ed eliminò quanto ancora restava della leadership socialista rivoluzionaria che aveva partecipato alla Costituzione (governo che si era formato a Samara). Nel frattempo l’11 novembre 1918 la Grande Guerra si era conclusa e alcuni rappresentanti diplomatici alleati – inglesi, francesi, americani e giapponesi – erano arrivati a Omsk. Favorevoli ad una dittatura in Russia non esitarono a dare il loro sostegno a Kolcak, dittatore militare per il quale era ora di porre fine alla democrazia, in cui vedevano il leader dell’opposizione bolscevica.
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