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brevi biografie di autori e autrici del novecento italiano, Appunti di Letteratura

brevi biografie di autori e autrici del novecento italiano, analisi delle correnti letterarie e delle loro opere principali

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 04/02/2023

ariannadiponzio
ariannadiponzio 🇮🇹

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Scarica brevi biografie di autori e autrici del novecento italiano e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! ELSA MORANTE Nasce a Roma nel 1912, ci sono dei legami con la Sicilia, un ramo della sua famiglia è siciliano. Studia a Roma e fin da giovanissima inizia la sua collaborazione con giornali, riviste ed è così che inizia a scrivere i suoi primi racconti. Inizialmente collabora con il Corriere dei piccoli, quindi un giornale dedicato ai più giovani, e questo è un dato importante perché la figura dei giovani, degli adolescenti nei suoi scritti ha sempre un ruolo significativo. In questi racconti giovani, molti critici riconoscono il nuovo dei suoi scritti più importanti. Nel 1942-43 Alberto Moravia, marito della Morante, è accusato di attività antifascista, quindi loro fuggono da Roma e vanno in Ciociaria, da questa esperienza scaturisce il romanza La ciociara di Moravia, ma anche Il soldato siciliano della Morante. Lo scialle andaluso: dopo armistizio- maggio 44 è il periodo in cui i due stanno fuori da Roma, poi arrivano gli alleati. Il racconto è scritto in prima persona, si evoca l’elemento del nemico e dell’amaro viaggio, ma non si fa riferimento esplicito al fascismo; questo anche perché il racconto esce nel 45 e non c’è bisogno di essere espliciti perché tutto conoscono la vicenda. Il contesto sociale è quello rurale, di povertà e di guerra. Di questa notte vengono evocati soprattutto i rumori. Si può notare la differenza di estrazione sociale fra la Morante e la donna che la ospita, la Morante ha un ritegno borghese. Si va a costruire un contrasto fra questo racconto di una famiglia povera in un contesto di guerra, dove però le ragazzette non rinunciano a ridere, e un racconto di famiglia tragicissimo. A differenza del racconto di Fenoglio, qui la pioggia è un elemento amico perché permette di interrompere i bombardamenti anche se per poco. Vi fu nel letto grande qualche moto e un bisbiglio: ci fa capire il buio assoluto. Poi ritornò il silenzio: quello che accade dopo non si capisce bene se accada nella realtà o nel sonno e il silenzio totale ci predispone a questa sospensione della realtà. Da qui comincia quasi un racconto nel racconto. Questo soldato è un soldato dell’esercito ed è un uomo adulto; differisce dai partigiani di Fenoglio che sono ragazzini. Il soldato sembra febbricitante e dice che per alcuni suoi motivi non vuole addormentarsi. Ci si può chiedere che funzione abbiano l’io narrante e lei come personaggio: l’io è depositario di un racconto, lei e la sua estrazione borghese calca la distanza fra lei e questo soldato, distanza accentuata dal fatto che il soldato sta prendendo parte a questa guerra ma da una prospettiva distaccatissima. Noi abbiamo l’autrice, Elsa Morante, che firma questo racconto, ed è il primo livello, c’è poi il secondo livello che è quello dell’io narrante e poi c’è il terzo livello che è quello dell’Elsa Morante personaggio, che si muove all’interno del racconto. Il soldato ci dice che è un soldato dell’esercito che presumibilmente dopo l’armistizio si è unito a delle bande partigiane. Il desiderio di lei di tornare in Sicilia è contrastato dalla certezza di lui che non ci tonerà più da vivo. Il passaggio in cui racconto la sua rabbia che viene sfogata sulla figlia perché lui è solo, fa emergere la consapevolezza dell’uomo ed il suo senso di colpa. Il tragico di Gabriele ed Assunta è che sono due personaggi con pochissimi mezzi dal punto di vista economico e sociale ma estremamente consapevoli. La situazione di Assunta è senza scampo: la madre aveva disonorato la famiglia, il ragazzo che le fa violenza e lei non ha scampo anche se non vuole essere disonorata come la madre, l’impossibilità di tornare a casa dal padre che odia. La società vede colpevolezza nella figura della ragazza che è la più innocente. ORTESE Il mare non bagna Napoli prefazione: il libro viene giudicato contro Napoli, ciò le fa lasciare Napoli. La verità sta nella scrittura: la Ortese si auto descrive come una narratrice affetta da quella nevrosi che non è soltanto la sua ma è una nevrosi collettiva. Negli anni in cui si discute moltissimo sul realismo, la Ortese afferma di detestare con tutte le forze la realtà. Dal particolare di Napoli, uscita in pezzi dalla guerra, si passa all’universale, di un malessere generale. Infinita cecità del vivere. Quello che non viene compreso da chi critica questo libro è l’ottica con cui l’Ortese lo fa: bisognerebbe rappresentare con crudezza Napoli ma creando dei corto circuiti. Il mare è uno schermo, un filtro. Un paio di occhiali: l’incipit si basa tutto sull’udito, tanti riferimenti alla voce; la voce dei genitori, nonostante la miseria e tutto, è allegra. Alle voci dei due genitori si oppone quella della zia Annunziata, che è irritata. C’è una fiducia estrema della bambina nei confronti degli occhiali, del dispositivo realistico, una lente che leverà il velo dal buio in cui vive Eugenia. Si può notare quello che la voce esterna aggiunge: le sorelle ci dice che stanno dalle monache e che prenderanno il voro; è quello che sa il narratore, il quale ci parla di due personaggi che non sono nemmeno all’interno della scena e ci aggiunge che hanno capite che è meglio farsi monache perché la vita è un castigo, ci aggiunge questa nota che è quasi in contrasto con l’allegria legata agli occhiali. La bambina già all’esordio rinuncia a rispondere alla zia perché era troppo troppo contenta. LA PRIMA VISIONE: visione in analessi, ci viene raccontato di quando la bambina è stata portata dall’ottico dalla zia per farsi gli occhiali. L’ottico le chiede di guardare in strada e lei è come se vedesse per la prima volta la realtà, ed è una realtà tutta colorata, scintillante e lussuosa, tutto l’opposto della realtà in cui vive la bambina. Ritorna l’antitesi tra ascoltare e vedere: è talmente concentrata sul vedere che non sente niente di quello che la zia e l’ottico si stanno dicendo. La bambina non vuole ascoltare il dialogo, è concentrata su quella vista scintillante e quella miseria alla quale la riporta il dialogo la ferisce. Le manine sudicie riporta alla miseria. Quando l’osservatore esterno descrive la zia dice sempre Nunziata, mentre la bambina usa zi Nunzia, la zia dice il mondo è meglio non vederlo che vederlo. C’è qualcosa che la bambina conosce molto bene ed è il volto dei suoi famigliari, ma perché dormono insieme e quindi il fatto di essere costretti a stare molto vicini le permette di riconoscere il volto dei famigliari. SECONDA VISIONE: seconda visione senza occhiali ma sente i rumori del suo quartiere e li riconosce; c’è l’idea del presentimento di una realtà colorata anche nell’oscurità del suo quartiere. Ci sono comunque i riferimenti ai colori anche nella realtà sfocata, colore al quale lei non appartiene, lei appartiene al grigio e al fango. Incontro con la marchesa: è l’altra che mette in discussione l’utilità degli occhiali e questo innesca la terza visione della bambina e la più importante. TERZA VISIONE: si rifugia sul balcone dove ha la terza visione; anche qui è come se i sensi si escludessero, sta per avere una visione e non sente la marchese che le promette un regalo. L’umanità che abita il suo ambiente sono formiche; questa nuova prospettiva dall’alto le fa perdere speranza e sollievo negli occhiali; anche quando ha gli occhiali non è più allegra e felice, l’illusione che la realtà sia la consolazione viene disillusa, le da il voltastomaco, le precipita tutto addosso. CALVINO La formica argentina: nell’incipit ricorre 9 volte il termine formiche; l’invasione è già evidente. Prima dice non lo sapevamo, poi a pensarci bene che smentisce. La stessa posizione della parola formica stabilisce un contrasto tra un passato in cui si dice di non sapere delle formiche ed un presente in cui questa esistenza è così importante. Delle formiche al centro dà l’importanza e la centralità delle formiche all’interno del racconto. Si riproduce nuovamente questo nuovo binario memorale: allora e ora, quello che è stato un primo contatto con le formiche è qualcosa di sbiadito nell’allora e ora emerge chiaramente. Le visioni di Eugenia nel racconto della Ortese e le scoperte nel racconto di Calvino hanno la stessa funzione all’interno della narrazione, portano all’epilogo, allo scioglimento finale. Prima scoperta provvisoria: non è più solo una sensazione è il solletico fastidioso, è la sensazione che si accompagna alla definizione di qualcosa che prima era vuoto. C’è un tentativo di sminuire il male da parte dell’io maschile. Nel momento in cui si pensa di non vederne più da una ne diventano molte, è invasivo. Cerca di pensare se esistano delle forme di resistenza possibili. Prendere contatto con il male e accettare di vivere con esso, il mare è un’immagine contrastivo, strumento per difendersi e per accettare il male. La nuvola di smog: Calvino in risposta a Boselli, l’idea del saggio cancellato, la forma breve che ha quel contenuto filosofico e di portata universale ma che attraverso la forma narrativa fa scomparire la struttura di riflessione saggistica. Nella quarta di copertina si legge che la nuvola di smog è un racconto che sta tra trasfigurazione simbolica, attualità colta dal vero, sfogo d’umore e poema in prosa. L’immagine da cui parte il racconto è la nuvola di smog, l’immagine del male è la polvere in tutte le sue manifestazioni, ma quello che fa il protagonista è cercare un’immagine da contrapporre ad un’altra immagine. Amore: già nel primo paragrafo vengono introdotti i tre personaggi; viene descritta principalmente la donna, non è un racconto in prima persona ma la focalizzazione sembra essere sull’innamorato. La descrizione della donna non è quella di una donna non bellissima o angelicata. La prima frase dei racconti sembra essere una vecchia rubrica. Salti temporali indefiniti. Su di lei una focalizzazione pura nel racconto non c’è mai. Sono storie molto autobiografiche e la prospettiva è quasi sempre maschile. Nella figura maschile c’è una continuità, mentre quella femminile ha subito un’interruzione, ed il fatto che il sogno di ballerina sia stato sopito da matrimonio anticipa il finale della storia. Il dolore e i piccoli segnali di turbamento ci fanno intendere che c’è qualcosa che non va. Il dialogo riporta dei temi che ci erano stati anticipati. Mito di amore e psiche, penìa e poros, per cui l’amore eros sarebbe figlio di penìa e poros, cioè della povertà e dell’espediente. Quindi l’amore eros è figlio di una mancanza e del desiderio molto forte di voler colmare questa mancanza. Nella descrizione del marito c’è una grandissima influenza della descrizione che Tolstoj fa del marito quando Anna lo rivede dopo che ha incontrato Vronskij. Nei sillabari le descrizioni degli essere umani come animali è molto presente. C’è un contrasto tra il fatto che lei è innamorata ed il fatto che non vuole rompere il matrimonio. Il fatto che l’uomo non si autolimita e lei si fa sì che lei provi invidi dell’uomo che non deve autolimitarsi e le genera rabbia e offesa per la frase che lui dice. Il marito è animalesco, non parla. Dolorosi e danzanti, pochi elementi che tornano sempre. Una scena onirica con questa bambina che dorme, è come se lui prendesse congedo da lei. Gioventù: ogni volta che compare lei compare con il colore bianco o nero. C’è un addensamento di luoghi e una densità della parola irrequieto e poi c’è una pagina intera di malattia. Da un punto di vista di immagine le donne sono trasparenti, opache e fredde, ciò suscita interesse e curiosità. Maria invece ha la pelle scura, ha una carnalità anche sporca, non perfetta. Lui associa l’odore del sangue ad un’idea di carnalità di istintualità. Lui è un uomo indiretto, lei possiede un autonomia animale. Da una parte c’è una ragione storica perché sono intellettuali e vedono nel femminile l’elemento risolto in natura. NATALIA GINZBURG Nel caso della Ginzburg la forma beve è al confine tra la forma saggio e una forma di narrazione breve che sfida il lettore. Le piccole virtù: ricostruire le date e i luoghi in cui i racconti sono stati scritti, c’è quindi un diario e l’ordine di raccolta non sempre rispecchia quello di scrittura. Non usa mai la prima persona singolare, ma c’è un noi che ripercorre la casa e la sua relazione con l’esistenza dall’infanzia all’età adulta, ciò prende forma da dei punti cardinali che sono i rapporti umani e lo spazio interno ed esterno in cui si sviluppano questi rapporti. Il noi è la generazione della Ginzburg stessa, una generazione di adulti che sente la distanza dalla generazione precedente di padri, ma sente anche la propria intermediazione rispetto ai figli, che sono stati trascinati nell’orrore della guerra, sono figli più vicini agli adulti a cui la Ginzburg si rivolge. È un noi che si sente legato alla popolazione ebraica. È un saggio in cui si possono riconoscere delle fasi dell’esistenza. Prospettiva quasi universale. L’opacità delle parole degli adulti è il primo aspetto con cui il noi si deve confrontare, percependo il contenuto delle parole degli adulti è importante il modo in cui queste si manifestano sia nella casa ma anche nelle liti. L’adolescente decodifica le parole degli adulti ma ha perso interesse per queste. Lo sguardo del compagno di classe che è il migliore fa sì che il noi si metta su un piano inferiore. Lo snodo è il passaggio dalla casa dei genitori alla casa con la persona giusta. CENT’ANNI DI LETTERATURA P 80-91: l’opera di Pirandello nasce dalla percezione di una trasformazione epocale. Il vecchio mondo fondato sulla certezza positivistica e sulla fiducia per la scienza e la tecnologia è messo in discussione dai cambiamenti del nuovo secolo; questi cambiamenti portano alla nascita del relativismo culturale e del pensiero irrazionale. Pirandello ha ripensato le forme del romanzo moderno e si lega ai temi più strettamente esistenziali. 1934 vince il premio Nobel. I temi che attraversano la sua opera come il problema dell’identità, del molteplice, del rapporto che la forma intrattiene con la fluidità della vita segnano il distacco dal verismo siciliano e dal naturalismo francese e aprono la strada ad un’inedita riflessione che troverà poi corrispondenza nel modernismo europeo. Pirandello mette al centro delle sue opere l’uomo moderno investito dalla trasformazione materiale della società, dai cambiamenti della modernità che ne mettono in dubbio la centralità. Il personaggio-uomo perde la posizione solida che gli apparteneva nel realismo ottocentesco, nel quale era raffigurato da un narratore eterodiegetico e onnisciente. Ora il nuovo personaggio prende la parola e cerca di spiegare la realtà, riflette sull’esistenza e si racconta come un personaggio in divenire, dimostrando così di aver perduto il proprio privilegio di autorevolezza. Due sono gli esempi che Pirandello estrapola come modelli: il personaggio di Tristam Shandy di Sterne, perché racconta la propria vita a frammenti, in un’autobiografia che sembra allontanare con la scrittura la morte e la fine del libro, e l’Amleto di Shakespeare per il suo spirito moderno e dubbioso. Pirandello predilige una letteratura imperfetta e da costruire con il lettore, che superi le convenzioni sociali e assuma l’assenza di forma come istanza di vita. Coesistenza di comico e tragico: esempio figura di Don Abbondio e di Don Chisciotte, il primo dovrebbe far provare disprezzo, il secondo dovrebbe risultare ridicolo, in realtà siamo indotti al compatimento e alla simpatia per Don Abbondio e ad un sentimento di tenerezza per Don Chisciotte. Questo è il valore del sentimento del contrario. E infatti la poetica dell’umorismo va intesa come un processo che relativizza la visione delle cose e produce proprio in antitesi al positivismo un costante sdoppiamento che va di pari passo con un’inedita filosofia di vita. Per Pirandello l’arte o conoscenza, comprensione del mondo, decostruzione dei modelli sociali e culturali vigenti, al fine di cogliere la realtà come flusso costante dentro cui l’uomo abita e da cui è necessario attingere la durata. L’esistenza scorre al di sotto delle strutture rigide imposte dall’uomo come identità, nome, famiglia, religione o ideali. Nelle novelle per un anno non vi è un unico narratore, ma tanti narratori quante sono le diverse e possibili esperienze che la modernità accorda, prendono la parola per raccontare una realtà fatta di frammenti, percezioni, assenza di modelli forti. Il lettore si trova da solo. P 143-152: secondo dopoguerra e anni 50 si ha il passaggio dagli entusiasmi per la ricostruzione, la voglia di ricostruire, ma anche l’inizio di un movimento opposto. Il lavoro intellettuale si intreccia alla discussione politica e al dibattito sociali, con al centro due classi, la borghesia e il proletariato. Un altro fattore importante da cui partire è che l’Italia si mostra in tutti i suoi aspetti che erano rimasti nascosti: il mondo della provincia e della campagna, i luoghi del sud, la povertà delle periferie, la precarietà della vita quotidiana, le prime avvisaglie dell’urbanizzazione e della trasformazione del paesaggio. Questi fenomeni coinvolgono la generazione di scrittori che, nati negli anni 20, hanno partecipato alla Resistenza e hanno conosciuto i drammi della fine del fascismo. Gli anni che seguono sono quelli in cui si deve ricostruire un paese tenendo conto che l’ultima fase del fascismo ha creato una vera guerra civile, una guerra interna alla società fra i sostenitori e gli oppositori al regime. Bisogna prestare attenzione al film del neorealismo, dove emerge l’Italia povera delle periferie, opere a metà tra saggio e racconto come Cristo si è fermato ad Eboli di Levi, ma anche discussioni intellettuali che portano dal Politecnico di Vettorini a Officina di Pasolini, e l’intenzione con cui le case editrici cominciano a diffondere una serie di opere secondo una precisa progettualità. Calvino vuole individuare quale sia il personaggio romanzesco adatto a rappresentare la nuova epoca, e sostituire l’io lirico autobiografico della poesia ermetica che ha dominato anche nella narrativa della resistenza. Non c’è più bisogno di trascendenza né di drammi interiori, tanto meno di irrazionalismo o di crudeltà, non è adatto il dialetto né quell’uso squisito del materiale linguistico plebeo. Calvino non pensa ad uno scrittore che voglia rappresentare la realtà, ma ad uno scrittore che sappia agire nella storia in modo attivo, guardando al futuro, compiendo un’educazione educativa e morale. Parlando del protagonista di Nuvola di smog Calvino dice che il suo personaggio vuole guardare il grigiore, vuole entrare in rapporto con una realtà storica ed esistenziale che l’immagine della nuvola sintetizza. Nella diversità assoluta di linguaggi espressivi, Calvino e Pasolini iniziano a prendere atto, verso la metà del decennio si una serie di disastri storici incipienti. La loro appartenenza ad un pensiero di origine marxista non impedisce la loro presa di distanza dal partito. P 191- 204: nella sua prima opera organica, Cinque storie ferraresi, Bassani inventa una voce collettiva che parla, descrive, commenta, senza mostrare un'individualità specifica. Il narratore è colui che ha raccolto questo insieme di voci e le usa per mettere a fuoco i particolari che di volta in volta sembrano necessari per procedere nel racconto. Ne derivano frasi molto lavorate, ricche di incisi, di parentesi, di subordinate, come se le voci venissero riunite in un flusso che le tiene insieme. p 302-308: il primo dei tratti caratteristici dello stile della Ginzburg è la capacità di guardare il centro come se stesse ai margini, pur essendovi in realtà immersa. A differenza della Morante e dell’Ortese, che trovano una stanza tutta per sé nei sortilegi dell’immaginazione, la Ginzburg resta ancorata ad un posto dove è tutto chiaro, inesorabile e reale, invadendo di continuo il territorio nel quale il canone dominante maschile è più forte e inattaccabile, ovvero il realismo. Ginzburg si serve di altri due elementi che definiscono il suo stile: una poetica degli oggetti che lega la scrittura all’hic et nunc del proprio tempo, e una tensione morale che apre dentro l’orizzonte del presente una breccia verso il dovere essere di un universo differente dallo scenario opaco dell’oggi. p 384-387: in Parise, ricchezza sensoriale molto esplicita, avidità dei sensi, atmosfere rarefatte ai limiti dell’onirico. Parise è uno scrittore che deve cogliere gli aspetti del mondo, li deve fissare, rendere assoluti e combinare senza che ci sia bisogno di analisi intellettuale e di spiegazione. Per Parise non è la testa che guida la scrittura e la ordina ma sono i sensi che pensano e creano il testo secondo una logica di flussi di particelle che si associano e costruiscono l’insieme. I personaggi sono quasi sempre indistinti, la loro età è indicata spesso con una stagione della loro vita, eppure vengono subito identificati attraverso essenziali tratti fisici. Il sentimento o la sensazione che dà il titolo al racconto non sempre è facilmente identificabile, ma bisogna creare una specie di analogia tra titolo e fatti che leggiamo. Parise spesso agisce così: dice una piccola cosa per alludere a un mondo sommerso e indecifrabile. Quello che rende esplicito è solo un particolare dell’inespresso.
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