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Brunelleschi, Masaccio, Donatello, Appunti di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

Appunti arricchiti con immagini inerenti alle opere descritte, con approfondimento aggiuntivo sul David e sulla prospettiva del primo rinascimento

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 20/04/2022

alessia-maffi-18
alessia-maffi-18 🇮🇹

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11 documenti

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Scarica Brunelleschi, Masaccio, Donatello e più Appunti in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! IL PRIMO RINASCIMENTO Il Rinascimento è forse il periodo più conosciuto della storia dell’arte. Inizia nel 1401, con un concorso che cerca di far ripartire l’arte dopo un secolo di guerre e pestilenze, e finisce circa a metà del Cinquecento. È difficile stabilire una fine vera e propria dato che qualcuno pensa alla morte di Raffaello mentre qualcuno a quella di Michelangelo che però modifica il suo stile già nei primi anni del 1500. In ogni caso, si divide in due fasi: il Primo Rinascimento (1401-1473) e il Secondo Rinascimento, che inizia con le prime opere di Leonardo, le quali rendono l’arte più “matura”. Il termine ‘rinascimento’ viene usato per la prima nel 1860 in un’opera di Jacob Burckhardt, mentre Giorgio Vasari nella sua opera aveva parlato di ‘rinascita’. Come in tutti i campi (politica, società, letteratura) l’uomo diventa il centro del mondo superando la mentalità religiosa medievale e rendendosi conto di essere un individuo pensante, degno e razionale. Nei primi anni del Quattrocento, vengono scoperti i testi latini e greci e ricompaiono conoscenze dimenticate nei secoli precedenti (es. i trattati di ottica grazie ai quali si iniziano ad applicare la geometria e la matematica alle opere). È anche il periodo in cui si riscopre il Classicismo, per cui gli artisti vogliono fare le cose perfette come erano durante il periodo greco ma, al contrario, vogliono distinguersi tra di loro e trovano il loro modo di dipingere e di scolpire → nasce qui il concetto di artista e di architetto. Le novità principali sono l’invenzione della prospettiva, il recupero dell’antichità, del realismo e del naturalismo (=i committenti si fanno rappresentare come sono, senza essere idealizzati). In quanto al recupero dell’antichità, vengono riprese la sezione aurea (che ritroviamo nella Gioconda o nella volta della Sistina) e le forme greche (il Doriforo è il punto di partenza per il David di Michelangelo). Senza dubbio, le forme diventano più attuali ma la ripresa delle tecniche e degli stili è positivamente evidente. Vengono recuperati anche lo stiacciato (utilizzato da Raffaello) e la fusione a cera persa. Inoltre, l’artista viene pagato e messo sotto contratto, per cui deve rispettare ciò che il committente vuole. Alcuni di questi artisti diventano più residenziali nelle corti (es. Michelangelo nelle corti papali o Mantegna a Mantova) ma non sono fissi e girano sempre per tutto il territorio italiano ed europeo. Il Primo Rinascimento parte da Brunelleschi, Donatello e Masaccio che rappresentano rispettivamente l’architettura, la scultura e la pittura. Siccome questi tre artisti sono solo agli inizi delle riscoperte, tendono ad essere più rigidi e a stare più nei canoni, ma con il Secondo Rinascimento anche l’arte sarà più libera. Nel 1401 viene quindi bandito il concorso per cercare un artista pronto a realizzare la porta nord del Battistero di Firenze. È un concorso molto importante perché è il primo dopo più di cinquant’anni, dato che il secolo precedente non si era più interessati a dipingere o a scolpire a causa delle guerre e della peste, e perché per la prima volta vediamo Brunelleschi che introduce le prime novità. Al concorso hanno partecipato decine di scultori ma alla fine la scelta rimane tra la formella di Brunelleschi e quella di Ghiberti. Il bando di concorso diceva infatti che i partecipanti avrebbero dovuto realizzare una formella che rappresentasse il sacrificio di Isacco. All’interno doveva quindi esserci Isacco, suo padre, un angelo, l’ariete e un cavallo con due servitori. Nella formella di Brunelleschi, Isacco sta al centro e l’angelo ferma la mano di Abramo, che sta tenendo fermo il collo del figlio, il quale è in una posizione contorta, come se volesse scappare. In quella di Ghiberti, invece, l’angelo arriva per fermare Abramo ma non lo blocca fisicamente e Isacco è fermo mentre offre il collo per aiutare il padre a ucciderlo. Brunelleschi mette tanta emotività ed espressività nella sua formella (es. si nota come i servitori non siano interessati a ciò che succede) e prende ispirazione da una figura ellenistica per rappresentare il corpo di Isacco ma il riferimento era talmente nascosto che non è stato notato. Al contrario, Ghiberti rappresenta il corpo di Isacco in maniera anatomicamente perfetta (anche se irrealistica perché era ancora un adolescente e non avrebbe potuto avere quel corpo). Alla fine vince la formella di Ghiberti perché secondo la giuria l’artista era riuscito a contenere tutti i personaggi all’interno in modo armonico, a mettere dei riferimenti al Classico sia nel corpo di Isacco che nell’altare, con i girali di acanto, e a dividere la scena santa da quella dove ci sono i servi. Nonostante la sconfitta, abbiamo anche la formella di Brunelleschi (unica sua opera scultorea ancora esistente) perché uno dei membri della giuria era Giovanni Bicci de’ Medici, capostipite della famiglia, il quale intuisce le novità che stanno per arrivare e compra la formella di Brunelleschi per tenerla come decorazione nella sua casa → di solito quelle che perdevano venivano rifuse per recuperare il bronzo. Filippo Brunelleschi nasce a Firenze da una famiglia nobile: il padre era notaio e appassionato di orologi, quindi iscrive il figlio presso la bottega di un orafo per introdurlo ai materiali e alla scultura, anche se fin da subito aveva capito quanto più gli interessassero i meccanismi rispetto all’estetica. Dopo la sconfitta al concorso ci rimane talmente male che decide di abbandonare la scultura e andare a Roma con Donatello, dove studia gli edifici antichi e cerca di capire come i Romani li avevano costruiti. Dopo qualche anno torna a Firenze con un bagaglio di conoscenze che userà per l’architettura dei suoi edifici. Nel suo primo periodo a Roma riscopre i mattoni a spina di pesce e l’uso del calcestruzzo. Nel 1412 l’Arte della Seta gli commissiona la costruzione dello Spedale degli Innocenti. Gli artisti non avevano una corporazione a parte che li rappresentasse e si distinguevano in base ai materiali che usavano; Brunelleschi, dato che usava l’oro in quanto orafo, faceva parte dell’Arte della Seta, che usava l’oro per i fili dei tessuti. Lo Spedale degli Innocenti (=bambini abbandonati) era un orfanotrofio e l’architetto lo costruisce recuperando molte delle cose apprese dagli antichi, come i capitelli corinzi (dimenticati in Età Medievale) e l’idea del modulo e della simmetria (=edificio proporzionato dal punto di vista matematico). In questo edificio utilizza due moduli: quello primario è il diametro della colonna mentre quello secondario è l’altezza delle colonne, che sono composte da 9 volte dal modulo primario. L’altezza della colonna è uguale anche alla distanza tra le due colonne, quindi il portico è composto da 9 spazi cubici coperti da volte a vela (=volta a pennacchi senza lunette). Le colonne sono sopraelevate da una scala composta da 9 gradini e sopra gli archi ci sono delle finestre timpanate con decorazione triangolare (tipica del Rinascimento). Tutto questo stabilisce proporzione e rende di nuovo armonici - nel senso classico del termine - gli edifici. Nonostante questo Brunelleschi si ricollega ancora alla simbologia medievale, dato che si era formato in Età Gotica, con la presenza del 9 che è multiplo di 3, ovvero ciò che simboleggia la trinità. Infine, azzera completamente la decorazione tipica dell’architettura gotica per tornare alla semplicità, in cui l'unica decorazione è data dalla pietra serena grigia che sottolinea gli elementi architettonici e dall’intonaco bianco. Sopra gli archi ci sono anche dei tondi che però sono stati aggiunti dopo da Luca della Robbia (=la sua famiglia era specializzata in tondi di terracotta invetriata) e rappresentano dei bambini per ricordare la funzione dell’edificio. Con la costruzione di questo edificio Brunelleschi inizia a farsi un nome e gli viene commissionata da Bicci de’ Medici la Sagrestia Vecchia della Basilica di San Lorenzo a Firenze. Inizialmente la funzione di questo luogo era di cappella per la sepoltura di Bicci e sua moglie ma negli anni è diventata una sagrestia per i sacerdoti. Annessa alla chiesa c’è anche la Sagrestia Nuova, realizzata un secolo dopo da Michelangelo. La chiesa era esistente già prima della costruzione della Sagrestia Vecchia ed era una basilica paleocristiana, ma dopo qualche anno dalla commissione della sagrestia Bicci decide di restaurarla internamente e di farla diventare la chiesa di famiglia, oltre a prendere sotto la sua e l’espressività (=anticlassico). Donatello nasce a Firenze nel 1386 e le sue prime opere risalgono agli anni dieci del Quattrocento, in cui si possono vedere ancora le tracce del Gotico. L’opera che porta al passaggio al Rinascimento è il San Giovanni Evangelista, una delle sculture che furono realizzate per la facciata del Duomo di Firenze, ma mai usate. Questa scultura presenta ancora elementi gotici, come il verticalismo (sia nel corpo che nel viso), le pieghe grosse del vestito con il chiaroscuro abbondante e la simmetria della barba, ma ha anche delle novità, che sono il dinamismo, con la posizione contrapposta (=contrappunto), l’espressività del volto, che sembra stia guardando qualcosa che ha colto la sua attenzione e l’ha portato ad avere uno sguardo severo. Un’altra scultura fondamentale nel passaggio al Rinascimento è l’Abacuc, un profeta eremita nel deserto rappresentato in tutto il suo realismo. Si vede quindi quanto sia trasandato e la scultura è oggettivamente “brutta”, per cui veniva anche chiamata lo zuccone. L’artista rinascimentale però rappresenta le figure nel modo più coerente alla realtà, non solo in modo perfetto come si faceva nel periodo greco e Donatello è proprio un esempio di questo perché pensa che attraverso l'aspetto esteriore delle figure colui che le guarda deve capire quello che hanno passato nella vita. Si ritrovano anche in questa scultura le pieghe larghe tipiche del gotico ma ci sono anche il realismo e l'espressività. Queste due sculture rappresentano la fase iniziale dell’arte di Donatello. La Cantoria del Duomo di Firenze, scolpita tra il 1433 e il 1440, è una sorta di balconata lunga quasi 6 metri e profonda 3.5 metri. Si chiama cantoria perché ci andavano i cantori a cantare i salmi e si trovava all’interno del Duomo vicino all’altare. Di fronte c’era anche quella di Luca della Robbia ma oggi tutte le cantorie sono state rimosse. La cantoria di Donatello viene definita l’apice del suo classicismo perché riprende le tecniche antiche del classico: il mosaico, la lavorazione del bronzo e la decorazione puntinata (=fori all’interno del marmo riempiti di pasta vitrea per renderli luminosi). La decorazione floreale e quella con gli ovuli ricordano l’arte greca, mentre la decorazione con le anfore e quella con le conchiglie il paleocristiano. Le colonne ricordano il porticato di un tempio greco/romano e il rilievo dà l'idea di un fregio (=rilievo che continua senza interruzioni). Il rilievo rappresenta degli angeli senza ali che danzano e corrono, cosa che porta dinamismo, che si vede anche nell’effetto illuministico della pasta vitrea. Donatello ha quindi ripreso molti particolari e tecniche dell’arte antica ma ha creato allo stesso tempo un’opera moderna e completamente aggiornata. Al contrario, la cantoria di Luca della Robbia ricorda molto di più un’opera greca anche a prima vista, siccome mancano i colori, sembra tutto più impostato, come se ognuno degli elementi avesse il suo spazio nella struttura e le colonne sono delle lesene (quelle della cantoria di Donatello sono colonne tridimensionali che non toccano il fregio dietro). Tra il 1447 e il 1453 Donatello si trasferisce a Padova, dove vive per otto anni. Il linguaggio dell’artista inizia a diffondersi con i suoi spostamenti e in città lascia molte delle sue opere, permettendo poi ad altri di studiarle → il Rinascimento veneto deve tanto al soggiorno di Donatello. Una delle due opere più importanti è il Monumento equestre al Gattamelata, che ha un valore innovativo perché per la prima volta dopo l’epoca dei Romani si scolpisce un monumento equestre e perché per la prima volta in assoluto non è dedicato ad un imperatore o a qualcuno di importante, ma ad un condottiero, quasi una persona qualsiasi. Il Gattamelata, infatti, è il soprannome dato a Erasmo da Narni, un condottiero che veniva dall’Italia centrale ma che aveva combattuto per la Repubblica di Venezia e aveva salvato e liberato la città di Padova. Viene chiamato così perché nonostante fosse un grande condottiero era in grado di essere umano nei confronti dei suoi sottoposti e Padova decide di onorarlo sostenendo economicamente la famiglia, che aveva proposto per prima una statua in suo onore: non era stato facile ottenere la realizzazione di questo monumento perché non era usuale che una persona del genere fosse onorata in modo così evidente. Dato che solitamente questo tipo di monumento andava a decorare i sepolcri, viene l’idea di usarlo come cenotafio (=luogo di sepoltura), quindi il basamento è molto alto e con una porta perché sarebbe dovuto essere la camera funeraria, nonostante poi l’uomo viene seppellito dentro la Basilica di Sant’Antonio. Un’altra novità riportata in voga da Donatello è l’utilizzo della tecnica della fusione a cera persa. Erasmo viene rappresentato con la sua corazza e con le gambe bardate all’interno di una struttura di metallo, ha gli speroni e anche il suo cavallo ha la sella → condottiero rinascimentale. In una mano tiene la spada, mentre nell’altra il bastone di comando, che lo identifica come condottiero. La zampa anteriore sinistra del cavallo è appoggiata su una sfera (sostegno), che potrebbe ricordare una sorta di arma o un globo, per rappresentare la vittoria del condottiero e il suo dominio sul “mondo”, e si capisce che è in battaglia proprio dalla zampa alzata (tradizione che parte dal Marco Aurelio). Il volto del Gattamelata è una conferma del naturalismo di Donatello, che non ha realizzato un volto idealizzato ma reale (con la maschera funeraria di Erasmo per rappresentarlo con le sue esatte fattezze): viene rappresentato stempiato, con le orecchie a punta e con le rughe, ha le labbra sottili e la fronte aggrottata, come un condottiero forte e serio. L’altra opera è l’Altare di Sant’Antonio, su cui sono presenti sette sculture, un crocifisso e cinque bassorilievi in bronzo (tutto fatto con la fusione a cera persa). Alla base del crocifisso c’è la Vergine col bambino, la statua che fa da fulcro all’altare e che rappresenta appunto la Vergine con in braccio Gesù, che viene esposto e mostrato a tutti i fedeli. Accanto a lei sono presenti altri sei personaggi, che sono tutti santi e leggermente più piccoli rispetto alla Vergine, per cui la proporzione gerarchica è ancora presente ma solamente per la volontà dei committenti. Il volto della Vergine è idealizzato, mentre quelli degli altri santi sono realistici, e la donna è frontale mentre i santi guardano tutti in direzioni diverse → Donatello aveva composto l’altare in un altro modo ma poi è stato ricomposto, cosa che ha fatto perdere il senso che Donatello gli aveva dato. Inizialmente infatti doveva essere una struttura a porticato, con la Vergine e due santi al centro, due santi alla sua sinistra e altri due alla sua destra, cosa che fa pensare che potevano stare discutendo sul mistero di Cristo (=sacra conversazione). Questa ipotesi viene anche dallo studio di un’opera di Mantegna, la Pala di San Zeno a Verona, da cui si capisce l’ispirazione che viene da Donatello. A partire da questo altare le pieghe tornano ad essere come erano nella Grecia classica, quindi molto ravvicinate e con l’effetto bagnato, con cui si riesce a rendere molto meglio l’idea del movimento perché si intravede il corpo sotto alla veste. Quindi quest’opera segna il passaggio dal Donatello gotico a quello rinascimentale. L’ultima opera di Donatello che vediamo è la Maddalena penitente, un’opera in legno parzialmente dorato del 1455. È una delle ultime opere di Donatello e ha sempre suscitato scalpore a causa del suo estremo realismo (in più conserva ancora il colore originale e gli occhi dipinti). È molto alta e magrissima, ha i capelli lunghi e sciolti, che ricordano il suo lavoro da prostituta e sembra che si trasformino nell'abito. Dopo aver incontrato la fede abbandona la sua professione, peregrina e vive di stenti per dedicarsi alla trasmissione della parola di Dio, e ciò si può vedere dagli abiti poveri, dal volto scavato quasi scheletrico, dalla bocca che sembra non avere denti e dalla muscolatura esile. Questa scultura si ricollega all’Abacuc e al discorso del brutto, ovvero opere che fanno capire l’esistenza delle persone attraverso il loro aspetto. L’opera, oltre a essere naturalistica, è quindi realistica perché l’artista vuole dire qualcosa (anche socialmente), non solo rappresentare la realtà delle cose → gli artisti realisti sono molto pochi, tra cui Donatello o Caravaggio. Masaccio, soprannome di Tommaso di ser Giovanni Cassai, nasce nella Val d’Arno nel 1401, perde il padre in giovane età e ha un fratello pittore chiamato lo Scheggia. Nel 1420 si trasferisce a Firenze ed entra nella cerchia di Masolino di Panicale, un pittore della generazione precedente a Masaccio, di cui facevano parte anche Brunelleschi e Donatello. I due pittori collaborano, nonostante per molto tempo si era pensato che tra loro ci fosse un rapporto di maestro e discepolo, fino alla morte di Masaccio a Roma a soli 27 anni. Masaccio è considerato il primo pittore rinascimentale e colui che riscopre e perfeziona la pittura gotica nonostante abbia dipinto soltanto per sette anni e i suoi maestri sono Giotto (pittura), Brunelleschi (prospettiva e classicismo) e Donatello (dinamismo ed espressività). Il suo primo intervento lo vediamo sulla Pala di Sant’Anna Metterza (=messa come terza), un’opera commissionata a Masolino, aiutato nella realizzazione da Masaccio. Nell’opera ci sono ancora molti elementi appartenenti al Gotico, come il cielo dorato e le aureole non frontali, a causa della presenza di Masolino, ma ci sono anche tante novità, come il volume della figura della Vergine dato dai giochi di luce e dalle pieghe strette del vestito o il chiaroscuro delicato dell’angelo in alto a destra (dipinto da Masaccio; qualcuno pensa che anche l’angelo in alto sia stato dipinto da lui per la posizione prospettica). Un’altra cosa che fa vedere la presenza di due pittori diversi nella decorazione dell’opera sono i volti di Anna e della Vergine, differenti dal punto di vista chiaroscurale. Inoltre, con la posizione delle mani della Vergine si forma una sorta di cerchio, in cui capisce grazie alla testa di Golia che si trova ai piedi di Davide ma anche grazie alla fionda appoggiata alla testa di Golia con il sacco conficcato nella sua fronte. Alla fine l’opera non è stata posizionata alla base della cupola perché era troppo piccola e non si riusciva a vedere bene, quindi i Medici decidono di posizionarla davanti a Palazzo Vecchio. Donatello realizza un altro David nel 1440 su commissione di Cosimo de’ Medici, che voleva esporlo nel cortile del suo palazzo. Questa volta lo fa in bronzo con la fusione a cera persa - per la prima volta in Età Moderna. Con questa scultura inizia la fase classica di Donatello → la posizione è chiastica, c’è la ponderazione ed è il primo nudo integrale dopo molti secoli (=cura dell’anatomia, con un fisico non scolpito e la muscolatura non evidente di un ragazzino). Il momento in cui è rappresentato è quello successivo alla vittoria, perché si vede la testa di Golia coperta dall’elmo, la spada nella mano destra e il sasso nella mano sinistra. Viene rappresentato solo con dei calzari e un cappello con la falda a punta, ed è una scelta particolare perché non c’è riferimento nella storia a questi due indumenti ma il cappello era molto diffuso al tempo e lo rende più contemporaneo. Si vede come nel giro di 30 anni Donatello abbia completamente ripulito il suo linguaggio ed eliminato qualsiasi elemento gotico dato che il volto non è idealizzato e rappresenta un ragazzo quindicenne con i suoi difetti - ha una fossetta sul mento, il naso diritto e i ricci scompigliati. L'espressione sembra di soddisfazione, quindi questo David non è atarassico, e la posa è molto elegante mentre mostra con orgoglio le due armi utilizzate. Il David più famoso è quello di Michelangelo, detto anche Il Gigante (senza il basamento è alto 5 metri). Giorgio Vasari si esprime su quest’opera dicendo che ha tolto il grido a tutte le sculture moderne, antiche, greche o latine. Viene scolpito tra il 1501 e il 1504, è una delle opere giovanili di Michelangelo, un artista promettente che già a 26 anni aveva lasciato due sculture a Roma che erano diventate un punto di riferimento. Questo David viene commissionato per motivi religiosi, perché rappresenta un eroe biblico, ovvero per metterlo alla base della Cupola di Brunelleschi, ma non verrà mai posizionato lì perché quando Pier Francesco Soderini, il gonfaloniere della Repubblica fiorentina, lo vede lo ritiene un simbolo politico e sociale e lo fa mettere davanti a Palazzo Vecchio al posto del David di Donatello. Le cronache raccontano che la statua è stata trasportata su un carro chiuso da una squadra di uomini dal Duomo a Palazzo Vecchio in quattro giorni e durante questo trasferimento è stata danneggiata perché presa a sassate da persone che volevano il ritorno dei Medici in città. Questo David è rappresentato prima della battaglia, con la fionda e un sasso in mano, mentre guarda Golia e si prepara a colpirlo → ha uno sguardo concentrato, come colui che sa cosa deve fare e guarda il nemico con tutta la determinazione possibile. Soderini ha visto la determinazione dello sguardo come quella della Repubblica che vuole rimanere al potere. Michelangelo dà attenzione agli occhi, con i capelli che creano un’ombra sul viso e le pupille forate per renderle più reali. Il corpo e il viso non sono quelli di un ragazzo, ma di un giovane adulto perché Michelangelo diverge dalla storia originale. Il collo è un po’ allungato perché la statua doveva essere messa in alto e le mani sono più grandi rispetto al resto del corpo perché sono messe in evidenza, dato che sono lo strumento con cui Davide ha vinto su Golia. Dietro c’è un tronco che serve per dare sostegno perché la scultura è molto alta e abbastanza stretta → doveva avere uno sviluppo verticale e Michelangelo aveva utilizzato un blocco di marmo che era già stato scolpito precedentemente da altri artisti a cui era stato assegnato il compito di fare una scultura per la cupola, come Agostino di Duccio (unica scultura per cui non ha scelto personalmente il blocco di marmo). È perfettamente definito da tutti i lati e per tutti i particolari anche se è stato fatto per essere visto frontalmente. Il David di Bernini (massimo esponente del Barocco) è l’ultimo che vediamo. Viene commissionato da Scipione Borghese, un cardinale e grande collezionista ed è rappresentato nel momento massimo di tensione muscolare. Si vede l’azione, come se avesse fermato l’immagine in un istante, per questo c’è molto dinamismo. Ha la bocca chiusa come se si stesse mordendo i denti e la fronte corrucciata che ci da l’idea del suo sforzo fisico ed è rappresentato in età adulta, essendo un autoritratto di Bernini. La scultura rappresenta David che viene in avanti e nel frattempo si gira su se stesso e la corazza ai suoi piedi è una sorta di sostegno per la scultura che se no sarebbe sbilanciata. APPROFONDIMENTO: LA PROSPETTIVA The linear perspective is an optical technique invented by Filippo Brunelleschi. Giotto knew something about it but his one was only intuitive. Brunelleschi studied the ancient treaties about math and buildings in Rome and figured out how to make an image tridimensional on a bidimensional surface. The horizon line is an imaginary line that corresponds to the eye level of the spectator, the vanishing point is the ideal point of view (usually at the center of the horizon) and it uses orthogonal lines. Un esempio in cui si vede la prospettiva lineare centrica è il San Giorgio di Donatello, una scultura a tutto tondo. Era posizionata all’interno di una nicchia fuori dalla Chiesa di Or San Michele a Firenze, considerata la protettrice delle corporazioni, motivo per cui si decide di decorare l’esterno con i santi protettori delle singole corporazioni → San Giorgio era il protettore dell’Arte dei Corazzai e degli Spadai perché era un cavaliere, infatti nella scultura ha uno scudo e un abbigliamento militare. È stata realizzata nel 1416-17, il volto è idealizzato ma non atarassico perché lo vediamo concentrato e con la fronte corrucciata mentre osserva qualcosa lontano da lui. Donatello rimane qui ancora attaccato al Gotico, con il volto non naturalistico, ma ci sono comunque delle riprese classiche, come la posizione ponderata, la cura dei dettagli della corazza e degli indumenti. La composizione geometrica è molto razionale, tipica del Rinascimento e alcune parti della scultura si possono dividere in triangoli. Sotto la statua c’è un basamento che racconta un episodio della vita del santo, in questo caso San Giorgio che uccide il drago. La storia racconta infatti che San Giorgio era un cavaliere errante che, una volta arrivato in una città nordafricana, trova un villaggio minacciato da un drago, che veniva messo a tacere da vergini sacrificate per estrazione. Il re di questo villaggio, per essere giusto, aveva messo tra i nomi da estrarre anche quello di sua figlia che un giorno viene estratta e proprio mentre viene portata verso la caverna del drago per essere sacrificata arriva San Giorgio, che combatte il drago, lo uccide e salva la principessa. In questo rilievo si parla di prospettiva perché Donatello la applica per la prima volta nella scultura - con il punto di fuga al centro, ma riesce a rendere la profondità utilizzando anche la tecnica scultorea, associando quindi il bassorilievo con lo stiacciato, usato per la foresta in secondo piano. Altri elementi classici in questo rilievo sono le pieghe del vestito della principessa (effetto bagnato) e l’architettura degli edifici (Brunelleschi). Donatello realizza un altro rilievo (questa volta su bronzo) utilizzando la prospettiva lineare centrica, ovvero il Banchetto di Erode, che fa parte della decorazione del fonte battesimale del Battistero di Siena. I rilievi del fonte battesimale raccontano la vita di San Giovanni Battista ed erano stati affidati a diversi artisti, tra cui Donatello che scolpisce il momento in cui la testa del santo viene presentata a Erode. La storia racconta che l’uomo viveva con Erodiade, la quale aveva una figlia di nome Salomè, ragazza bellissima e brava danzatrice. Durante un banchetto Salomè fa una danza e affascina tutti ed Erode rimane talmente affascinato che le propone qualsiasi cosa voglia avere. La ragazza, su consiglio di sua madre, chiede di avere la testa di San Giovanni, che criticava il rapporto non coniugale di Erode ed Erodiade. Nel rilievo ci sono tre piani di profondità: ● il primo rappresenta Erode inorridito dalla testa presentata su un vassoio, due bambini che sembra che stiano scappando e altre persone che si allontanano spaventate: al centro c’è un vuoto. ● nel piano mediano si vedono dei musici, posizionati per dare il contesto del banchetto. ● in fondo c’è un servitore che mostra la testa di San Giovanni a due donne: viene prima di tutto. C’è grande espressività da parte dei personaggi e tanti elementi classici (archi, lesene, colonne, pieghe sottili dei vestiti). La prospettiva è precisa e lo stiacciato aumenta man mano che si va verso il fondo per far sembrare che lo spazio si restringa. La prima applicazione di prospettiva in architettura si ha invece nella Basilica di San Lorenzo a Firenze, commissionata da Giovanni de’ Medici a Brunelleschi. La basilica è a croce latina, divisa in tre navate e presenta delle piccole cappelle al lato delle navate. Adiacenti alla basilica ci sono la Sagrestia Vecchia (che Brunelleschi aveva già ristrutturato) e quella Nuova e alla fine è presente la Cappella dei Principi. Dato che era già presente l’edificio come paleocristiano, l’architetto ha semplicemente dovuto ristrutturarlo in modo moderno e contemporaneo, con una decorazione essenziale, l’intonaco bianco e la pietra serena grigia. Ci sono diverse indicazioni dell’influenza classica, come i capitelli corinzi e la presenza di un elemento tra il capitello e l’arco, il dado brunelleschiano, creato dall’ispirazione del pulvino bizantino. Assomiglia al fregio, ma sotto c’è una sorta di architrave e la decorazione assomiglia a una trabeazione: è un omaggio al Classico perché ha unito le arcate e la trabeazione e le ha fatte convivere (anche nella Basilica di Santo Spirito). Il pavimento a scacchiera è stato pensato per aiutare il nostro occhio a costruire le linee oblique e arrivare al punto di fuga, che si trova sotto alla scultura dietro l’altare. Per bloccare la corsa del nostro occhio, che va velocemente verso il fondo della chiesa, che sarebbe risultata troppo profonda, Brunelleschi decide di costruire un abside quadrato e non semicircolare. La prospettiva lineare centrica ha però un limite, perché è talmente precisa che funziona solo nel momento in cui assumiamo il punto di osservazione che l’artista ha considerato. Gli artisti però iniziano a usare questo difetto come un vantaggio, facendo nascere altre due prospettive, quella accelerata e quella rallentata. Queste forzano l’occhio a fare qualcosa che già fa nella realtà ma in modo accentuato, perché gli artisti mettono ciò che l’occhio vedrebbe nelle loro opere → uno spazio rettangolare sembra trapezoidale, uno spazio trapezoidale sembra più allungato (inclinazione delle pareti, sollevamento del pavimento e abbassamento del soffitto) in modo tale che l’occhio corra ancora di più verso il punto di fuga. Le due prospettive sono opposte. Un esempio di prospettiva accelerata è il finto coro all’interno della Chiesa di Santa Maria presso San Satiro a Milano, chiamata così perché è dedicata alla Vergine e si trova nel punto dove in Età Carolingia era stata creata una cappella dedicata a San Satiro, inglobata poi all’interno della chiesa progettata da Donato Bramante nel 1476 e commissionata da Gian Galeazzo Visconti. La chiesa ha una planimetria a tao, quindi è composta da tre bracci ma quando si entra sembra che dietro l’altare ci sia un braccio coperto da una volta a botte e lungo quasi 10 metri. In realtà questo spazio è lungo 97 cm e il braccio che vediamo non esiste. Bramante ha applicato i principi della prospettiva, nel senso che ha rimpicciolito tutti gli elementi, come i cassettoni verticali o la trabeazione obliqua e le colonne, che sono
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