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canto 10 inferno dante, Prove d'esame di Letteratura Italiana

parafrasi e commento del canto 10 dell'inferno di dante alighieri

Tipologia: Prove d'esame

2018/2019

Caricato il 04/02/2019

Mari.Bi
Mari.Bi 🇮🇹

4.5

(55)

41 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica canto 10 inferno dante e più Prove d'esame in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Inferno: CANTO X Il mio maestro ora se ne va per un sentiero angusto, tra il muro della città e i sepolcri, e io dietro le sue spalle. (v.3) Si noti l’andamento narrativo piano di tutta la terzina in contrasto con tutto il canto. “oh (maestro) di ogni più alta virtù che mi guidi per i gironi pieni di empiezza”, cominciai, “come a te piace, parlami, e soddisfa i miei desideri. Si può vedere la gente che giace nei sepolcri? Sono già stati tolti tutti i coperchi e nessuno ne fa la guardia”. (v. 9) Inizia qui l’innalzamento del tono stilistico come possibile esempio di oratoria politica. L’apostrofe al mastro è solenne premessa alla domanda dei versi 7 e 8. Dante qui chiede se si possono vedere coloro che sono sepolti in quanto i coperchi sono aperti e nessuno ne fa la guardia in modo generico senza fare allusioni al fatto che lui vuole vedere una persona in particolare, Farinata degli Uberti. E lui a me: “quando le anime torneranno coi loro corpi dalla valle di Giosafat, dove saranno riunite per il giudizio universale, tutti i sepolcri si chiuderanno in eterno. A loro è riserva questa parte di cimitero, Epicuro e tutti gli epicurei, che considerano l’anima muoia insieme al corpo. Però alla domanda che mi fai e al desiderio che ancora non mi dici, in questo stesso cerchio e tra poco ti si darà soddisfazione”. (v. 18) Virgilio risponde a dante che le anime si possono vedere in quanto le tombe in cui sono sepolti sono aperte e verranno chiuse in eterno ‘quando di Iosafat qui torneranno coi corpi che lassù hanno lasciati’ ovvero il giorno del Giudizio Universale. Giosafat è una valle della Palestina dove si riuniranno gli uomini per il Giudizio. In questo cerchio sono condannati gli epicurei, non i seguaci di Epicuro, ma i negatori dell’immortalità dell’anima ovvero coloro che fondavano la visione della vita solo sulla dimensione terrena. Ma comunque alla domanda di dante Virgilio dice che le verrà soddisfatta, anche quella che nasconde, ovvero di vedere Farinata. Epicuro era un filosofo secondo cui dall’unione e dalla disunione casuale degli atomi si formano e muoiono le cose, anche l’anima. E io: “Mia cara guida, non tengo nascosto a te il mio desiderio se non per parlare poco, e non solo ora mi hai indotto a fare ciò”. (v.21) Dante risponde di non aver parlato del desiderio di vedere Farinata in quanto più volte la sua curiosità è stata ripresa e frenata dal maestro. “o Toscano che te ne vai vivo per la città di fuoco (inferno) parlando in modo così decoroso, non ti dispiaccia di fermarti in questo luogo. Il tuo modo di parlare mostra che sei nato in quella nobile patria (Firenze) alla quale io fui forse troppo nocivo (si riferisce alla battaglia di Montaperti del 1260)”. Improvvisamente questo suono uscì da una tomba; perciò mi accostai tremando un po’ di più alla mia guida. Ed egli mi disse “girati! Cosa fai? Guarda là Farinata che si è alzato: dalla cintura in su lo vedi tutto”. Io avevo già in mio sguardo conficcato nel suo; e lui si ergeva con il petto e con la fronte con l’aria di uno che disprezza l’inferno. E le mani pronte e che danno animo (incoraggianti) di Virgilio mi spinsero tra le sepolture verso di lui (Farinata), dicendo “conviene che le tue parole siano nobili”. Quando io fui ai piedi della sua tomba, mi guardò per un po’ e dopo, con una sorta di sdegno, mi domandò: “chi furono in tuoi antenati?”. (v.42) Con un improvviso mutamento di scena Farinata invita dante a fermarsi, avendo riconosciuto dalla voce che è fiorentino. Farinata nacque a Firenze nel XIII secolo. A capo della consorteria ghibellina, fu determinante per la sconfitta dei guelfi nel 1248. Quest’ultimi nel 1251 tornarono a Firenze e pochi anni dopo vinsero, esulando gran parte delle famiglie ghibelline tre cui gli Uberti. Farinata riorganizzò le forze grazie all’appoggio dell’esercito d Manfredi e fu l’artefice della sconfitta dei guelfi alla battaglia di Montaperti del 1261. Dopo la morte di Farinata avvenuta nel1264, i guelfi bandirono definitivamente gli Uberti da Firenze. Nelle sue parole possiamo riscontrare tutto il magnanimo e fiero ghibellino: l’amore profondo per la patria, il rammarico di aver dovuto ricorrere alla forza delle armi conto di lei. L’uso del linguaggio è alto e solenne, quale si conviene al personaggio. Ma anche dalla posizione, dante scrive infatti che si alza maestoso. I tratti fisici di questo personaggio contribuiscono a farne un ritratto morale anche. Farinata si erge infatti come una statua gigantesca, e ‘col petto a co la fronte’, cioè le parti più nobili del corpo umano, contribuisce a dare alla figura un quadro di eccezionalità. A questa notazione fisico-morale si unisce quella del tutto spirituale del ‘dispitto’ verso le pene infernali. Ma la figura di Farinata verrà arricchita man mano che si prosegue nel canto. Farinata chiede quindi a dante quali siano stati i suoi antenati. Io ubbidii per cortesia (per educazione), non glielo nascosi e gli rilevai tutto; ed egli aggrottò le ciglia in su; poi disse “fieramente furono avversi a me, ai miei antenati, e alla mia fazione, tanto che per due volte vi ho cacciati”. E io risposi: “se essi furono cacciati, seppero anche ritornare sia l’una che l’altra volta; ma i vostri (intende nello specifico gli Uberti) non seppero imparare quest’arte (di ritornare)”. (v.51) Dante risponde dichiarandosi pronto ad ubbidire non per inferiorità ma per cortesia e rispetto verso un concittadino che sa aver posto l’ingegno per fare del bene. Dante risponde a Farinata chi furono i suoi antenati e questo alzò le ciglia in su, atteggiamento che va interpretato alla luce di tutto il suo atteggiamento precedente. Un gesto di disappunto in quanto dichiara che furono suoi avversari ma estendendo anche agli avi e alla fazione in modo tale da far assumere maggior forza alla frase. Dice inoltre che li cacciò da Firenze due volte, durante le due vittorie ghibelline nel 1248 e 1260 di cui fu l’artefice proprio Farinata, ecco il perché del verbo in prima quando il futuro non esisterà e tutto sarà eternamente immutabile e diventeranno completamente ciechi. Dante ne parla solo qui di questo fatto quindi si potrebbe pensare che tale pena sia riservata solo agli epicurei, che fosse il giusto contrappasso per chi, come costoro, ha negato la vita ultraterrena. Ma poiché non mancano altri casi di dannati che sembra non abbiano conoscenza del presente, la legge può valere per tutto l’inferno. Allora, mortificato per la mia colpa, dissi “ora direte a Cavalcante che suo figlio è ancora tra i vivi; e se rimasi, prima, in silenzio invece di rispondere, fategli sapere che lo feci perché riflettevo sul dubbio che voi mi avete risolto”. (v.114) Dante prega perciò Farinata di dire a Cavalcante che suo figlio è ancora vivo e che quell’attimo di esitazione che egli ha avuto è stato determinato dal dubbio che ora è risolto. E già Virgilio mi richiamava; per cui pregai lo spirito più alla svelta che mi dicesse chi con lui stava. Mi disse: “qui giaccio con moltissimi: qui dentro si trova Federico II e il Cardinale (Ottaviano degli Ubaldini); e taccio riguardo agli altri”. (v.120) Richiesto di dire chi sta con lui, Farinata menziona solo Federico II ed il cardinale Ottaviano degli Ubaldini. Poi scompare nel sepolcro. Federico II di Svevia, molto ammirato da Danta, fu imperatore e re di Napoli. La chiesa e i guelfi lo accusarono di eresia per ragioni politiche. Pur con tutta la sua ammirazione, dante inclina all’opinione comune e condanna l’imperatore. Il cardinale Ottaviano degli Ubaldi era di famiglia ghibellina, fu eletto cardinale nel 1244. Fu zio dell’arcivescovo Ruggieri che dante mette nell’inferno nel cerchio dei traditori. Seppur fosse di parte ghibellina, combatté per il papa contro Federico II, come partigiano quindi della parte guelfa. Ecco perché dante lo ha collocato qui tra gli increduli. Allora sparì alla vista; e io volsi i passi verso l’antico poeta, ripensando alle parole di Farinata che mi sembravano ostili (si riferisce alla profezia). Egli iniziò a camminare; e poi, camminando, mi disse: “perché sei così turbato?”. E io risposi alla sua domanda. “la tua memoria conservi ciò che ha udito riguardo a ciò che accadrà nei tuoi confronti”, e drizzò il dito: “quando sarai davanti allo sguardo luminoso di colei che con gli occhi vede tutto (Beatrice), da lei saprai il viaggio della tua vita”. Mosse più velocemente il passo come fa solitamente: lasciammo il muro e andammo verso la parte mediana del cerchio, per un sentiero che attraversa il cerchio e termina all’orlo di quello seguente, che fin lassù si riusciva a sentirne la puzza. (v.136) Dante, turbato dalla predizione di Farinata, riprende il cammino pensieroso. Virgilio, saputo il perché del suo smarrimento, lo conforta dicendogli di ricordare ciò che ha udito, ma di attendere il momento in cui Beatrice gli svelerà gli avvenimenti futuri della sua vita. Dopo di che i due poeti attraversano il cerchio giungendo all’orlo di quello sottostante. Il ‘viaggio della sua vita’ in realtà gli verrà narrato da Cacciaguida nel diciassettesimo canto del paradiso. Si può pensare dunque che all’inizio dante pensasse di farsi dire il futuro da Beatrice per poi cambiare idea. La commedia è un’opera che si evolve e si arricchisce via via nel tempo della sua stesura, anche se il pensiero fondamentale etico-politico e religioso, che forma la base di essa, era già ben chiaro e definito all’inizio.
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