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Canto III dell'Inferno della Divina Commedia, Appunti di Italiano

Dettagliata spiegazione del Canto III dell'Inferno della Divina Commedia. Profilo in costante aggiornamento, nuovi canti e altre materie.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 16/05/2023

camilla-giangreco
camilla-giangreco 🇮🇹

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Scarica Canto III dell'Inferno della Divina Commedia e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Canto III Dante arriva finalmente nell'Oltretomba e, ad accoglierlo, trova la porta infernale che segna l’ingresso vero e proprio all’interno della tematica infernale non permette ad alcuna anima di tornare indietro una volta varcata la sua soglia. Il luogo di ambientazione, nello specifico, è quello dell’Antinferno (anche detto Vestibolo), caratterizzato dall’oscurità e dal terribile riecheggiare di lamenti, urla e pianti: qui si trovano gli ignavi, coloro cioè che nella vita non sono stati in grado di prendere posizione, macchiandosi così irrimediabilmente di viltà. Pur non essendo dentro all’Inferno essi sono condannati ad una severa pena. Non si tratta, però, delle uniche anime che incontriamo all’interno del terzo Canto dell’Inferno: vi sono, infatti, anche i dannati che attendono sulla riva dell’Acheronte di essere trasportati verso l’Inferno vero e proprio. A traghettarli è Caronte, figura demoniaca di reminiscenza virgiliana.   Varcata la soglia, Dante è travolto da un terribile mescolarsi di pianti, voci, lamenti, urla; Virgilio gli spiega che ad emettere quei suoni sono gli ignavi. La loro punizione è quella di correre continuamente dietro a un’insegna senza significato ed essere punzecchiati senza sosta da vespe e mosconi: il sangue che esce dai loro volti viene raccolto da orripilanti vermi. Tra queste anime, Dante scorge quella di «colui che fece per viltade il gran rifiuto» (Celestino V).  Dante scorge poi altre anime, ammassate sulla riva di un fiume: si tratta delle anime dannate che, disposte lungo l’Acheronte, aspettano di essere portate verso l’altra sponda, laddove comincia l’Inferno. A traghettarle c’è Caronte, il nocchiero che appare a Dante in tutta la sua vecchiaia e che intima il poeta di andar via, rivolgendogli parole ingiuriose. È Virgilio a zittire il demone, ricordandogli che il viaggio di Dante è voluto da Dio; tanto basta a calmare Caronte. L’incontro con le anime degli ignavi, per cui Dante nutre profondissimo disprezzo, al punto tale che – oltre alla descrizione della loro colpa e della loro pena – non è dato loro alcuno spazio di intervento e di interazione. Il disprezzo di Dante per le anime degli ignavi è totale: essi sono venuti meno ad una prerogativa morale dell’uomo che riguarda tanto la sfera teologica (la scelta tra il Bene e il Male) quanto quella politico-sociale (lo schieramento politico e la vita attiva all’interno del Comune). Oltre a Dante e Virgilio, l’unico personaggio a cui, nel terzo Canto dell’Inferno, l’autore ritaglia uno spazio considerevole è Caronte, il traghettatore delle anime dannate attraverso il fiume Acheronte. Dante lo sceglie, con ogni probabilità, facendo riferimento al più illustre precedente in tal senso, cioè quello di Virgilio, il quale inserisce la figura di Caronte nell’Eneide, in occasione della discesa agli inferi di Enea. Dante, però, ne accentua i tratti demoniaci, lo rende più aggressivo nel suo rivolgersi alle anime, donandogli una connotazione molto meno neutrale. 
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