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Canto paradiso numero III, personaggi e sintesi, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Canto paradiso numero III, personaggi e sintesi

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

Caricato il 12/06/2024

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aurora-rossetti-2 🇮🇹

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Scarica Canto paradiso numero III, personaggi e sintesi e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! PARADISO Dante canto III Apparizione delle anime beate (1-33) Beatrice svela a Dante la verità circa l'origine delle macchie lunari, quindi il poeta leva il capo per rivolgersi alla donna, ma un'improvvisa visione attira il suo sguardo e lo distoglie dal suo proposito. Dante vede le figure di spiriti pronti a parlare, talmente evanescenti da sembrargli il riflesso di un'immagine sul pelo dell'acqua, così il poeta cade nell'errore opposto a quello che indusse Narciso a innamorarsi della propria immagine riflessa. Infatti Dante si volta per vedere le figure reali che pensa siano dietro di lui, senza però vedere nulla; poi guarda Beatrice, che sorride. La donna lo invita a non stupirsi del fatto che lei rida e spiega che le figure che vede sono creature reali, si tratta di vere “sustanze” di spiriti relegati nel Cielo della Luna per non avere adempiuto ai voti fatti e lo invita a parlare con loro in quanto la luce di Dio che li illumina non gli consente di allontanarsi dalla verità. Piccarda Donati (34-57) Dante si rivolge all'anima che gli sembra più desiderosa di parlare e le chiede di rivelare il suo nome e la condizione degli altri beati, appellandosi ai raggi di vita eterna che lo spirito fruisce. L'anima risponde con occhi sorridenti e dichiara che la carità che li accende fa sì che rispondano volentieri alle giuste preghiere: rivela dunque di essere stata in vita una suora e se Dante la guarderà meglio, la riconoscerà come Piccarda Donati. Rivela di essere posta lì con gli altri spiriti difettivi e di essere relegata nel Cielo più basso, quello della Luna, benché lei e gli altri gioiscano di partecipare all'ordine voluto da Dio. Essi hanno il grado più basso di beatitudine perché i loro voti furono non adempiuti o trascurati in parte. Spiegazione dei vari gradi di beatitudine (58-90) Dante risponde e spiega a Piccarda che nel loro aspetto risplende qualcosa di divino che li rende diversi da come erano in vita e che questo gli ha impedito di riconoscerla subito, poi chiede se lei o gli altri beati desiderino acquisire un grado più elevato di beatitudine. Piccarda sorride un poco con le altre anime, poi risponde lietamente e spiega che la carità placa ogni loro desiderio e li induce a volere solo ciò che hanno e non altro. Se desiderassero essere in un grado superiore di beatitudine, i loro desideri sarebbero discordi dalla volontà di Dio che li colloca lì, il che è impossibile in Paradiso dove è inevitabile essere in carità. Anzi, aggiunge, l'essere beati comporta necessariamente l'adeguarsi alla volontà divina, per cui la posizione occupata dai beati in Paradiso trova l'approvazione di Dio come di tutti i beati. Questo dà loro la pace, perché Dio è il termine ultimo al quale si muovono tutte le creature dell'Universo. L'inadempienza del voto. Costanza d'Altavilla (91-120) Dante ha compreso il fatto che tutti i beati godono della felicità eterna, anche se in grado diverso, ma se la risposta di Piccarda ha sciolto un suo dubbio ne ha acceso subito un altro, per cui il poeta le chiede quale sia il voto che lei non ha portato a compimento. La beata spiega che un Cielo più alto ospita santa Chiara d'Assisi, fondatrice nel mondo dell'Ordine delle Clarisse alla cui regola molte donne si votano e prendono il velo. Piccarda, da giovinetta, indossò quell'abito e pronunciò i voti monastici, ma degli uomini più avvezzi al male che al bene la rapirono dal convento e la obbligarono a una vita diversa. Piccarda indica poi un'anima splendente alla sua destra, che ha vissuto la stessa esperienza poiché fu suora e le fu tolto forzatamente il velo, anche se in seguito rimase in cuore fedele alla regola monastica: è l'imperatrice Costanza d'Altavilla, che da Enrico VI generò Federico II di Svevia. Sparizione delle anime (121-130) Alla fine delle sue parole, Piccarda intona l'Ave, Maria e pian piano svanisce, come un oggetto che cade nell'acqua profonda. Dante la segue con lo sguardo quanto può, poi torna a osservare Beatrice che però col suo splendore abbaglia la vista del poeta, così che i suoi occhi dapprima non riescono a sopportare tanto fulgore. Questo rende Dante più restio a domandare.
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