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Canto V,VI,VII,VIII,IX, Appunti di Letteratura Italiana

riassunto canti V,VI,VII,VIII,IX

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 22/06/2021

eureka_kink
eureka_kink 🇮🇹

4.4

(5)

52 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Canto V,VI,VII,VIII,IX e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Il Dante autore è la scissione di una perfezione massima che nella letteratura è rarissima, non ci sono altri casi di una così perfetta delineazione e sdoppiamento tra l’autore e il personaggio. Il Dante-autore scrive quando il viaggio è finito, al resoconto finale ma è capace di restituirci nella sua figura, parlando di sé, dell’io che si perde nella selva, che sviene, dell’io che si commuove vedendo queste due anime così, è capace anche di descrivere quello che pensa il personaggio. Noi seguiamo questo Dante personaggio e sembra che questo viaggio lo stia compiendo dinanzi ai nostri occhi perché è quello che vuole ottenere Dante soprattutto il percorso di maturazione che il personaggio (Dante, lui stesso) compie. In verità se potessimo dare una definizione moderna di questo viaggio di Dante diremmo che questo è un romanzo di formazione. Nel romanzo di formazione per esempio prendiamo David Copperfield, Dickens, Oliver Twist si prende un personaggio da bambino e lo si segue fino al momento in cui diventando adulto non ha più bisogno che il narratore ci racconti avventure. Sia Copperfield sia O. Twist vengono colti dall’infanzia fino al processo di formazione. Il romanzo di formazione può essere più limitato. Se prendiamo ad esempio i Promessi Sposi vi è una sorta di romanzo di formazione di Renzo, nel senso che lui all’inizio è un giovanotto tutto irruento che si vuole fare giustizia da solo, poi passa all’avventura dei tumulti di Milano, dopodichè scappa da quest’avventura e va dal cugino a Bergamo, gli danno una taglia insomma ne combina di tutti colori, la peste. Vede altre cose finchè non trova Padre Cristoforo e trova il suo nemico, don Rodrigo, che ha determinato la sua vita e alla fine lo perdona. Il momento del perdono è il passaggio di Renzo dall’infanzia alla maturità, Renzo diventa un uomo. Quindi anche qui il personaggio di Renzo è costruito come una sorta di romanzo di formazione perché si prende un giovane immaturo e lo si porta alla maturità. Il viaggio di Dante è una sorta di romanzo di formazione perché il personaggio è perso nella selva e deve compiere tutto il viaggio fino all’orrore dell’inferno per poi salire gradatamente i gradini del Purgatorio. Per diventare un altro bisogna fare un percorso e il percorso è attraverso il peccato. Quelli che sono i peccati che Dante vede nei dannati, alcuni di più, alcuni di meno, sono sottolineati dalle reazioni del personaggio Dante; sono i peccati che anche lui potrebbe commettere. La prima situazione, quella del limbo, nella quale riconosce alla fine del III canto quando lui sviene per il fatto delle persone che non sanno decidere, è una situazione di peccato che può toccare a tutti perché chissà quanti di non scelgono, non prendono delle decisioni. Il primo sentimento, di fronte all’inferno, è quello di essere coinvolto fino al punto di dire questo è anche un mio rischio. Lui sviene di fronte a Francesca perché quello è un suo rischio, il fatto di amare fino a tramutare la propria vita da farne un destino totalizzante. Il peccato, il viaggio di purificazione avviene attraverso la coscienza del peccato, in senso allegorico-cristiano, la coscienza della colpa. O meglio, se vogliamo dirla in termini moderni, la coscienza dei propri limiti. Dante si forma e matura come uomo toccando con mano la coscienza dei propri limiti e capendo poi alla fine del percorso che l'unica cosa che vale la pena per gli uomini è amare, ma amare dell'amore universale che muove il sole e l'altre stelle cioè dell'amore e riflettere nella creatura terrena la creatura immortale che è Dio, cioè l'amore universale. Quindi l'unica cosa che vale la pena nella vita, visto che la vita è passeggera, non è altro che quello di perseguire il bene per se stessi e per l'umanità ma prendendo parte, cioè facendo delle scelte precise. Quindi il viaggio di maturazione di Dante avviene attraverso questo, non può essere un viaggio che si compie nella solitudine, né nell’astrattezza. Deve essere per forza sottolineato da questa avventura, cioè bisogna per forza scendere all'inferno, bisogna per forza salire gradatamente il Purgatorio. È un viaggio educativo, pedagogico Fatemi perché lui attraverso questa visione impara innanzitutto ad essere se stesso e impara il valore della vita e questo è universale, cioè l'amore, il valore della vita universale, che Dante acquista grazie alla Grazia perché in verità, in questa selva, gli viene in mente la cosa più importante della sua vita, cioè l'amore della sua gioventù, l'incontro con questa donna salvifica ma è un incontro vero perché questa è la grande acquisizione che ci da Dante. Non c'è niente di puramente imitativo nel Dante che noi conosciamo, Dante rinnova completamente tutto il sapere dei suoi tempi, tutto quello che ha. Però tutto questo avviene perché lui si smarrisce in una selva che è simbolica di tante cose: simbolica del suo smarrimento personale, nel suo smarrimento come scrittore. Lui sta scrivendo il Convivio, quando comincia a scrivere la Divina Commedia. È un'opera dottrinale dove vuole dimostrare alcune cose però si rende conto che anche il sapere così è gratuito, non approda da nessuna parte. Bisogna trasmettere il sapere in un modo diverso, deve diventare un possesso personale ma universale, quindi tutta questa acquisizione avviene perché quando lui è nella massima crisi personale, quando si sente completamente disperato gli appare la mirabile visione di questa donna che ha amato in gioventù. È stato ed è un amore non come quello di Francesca, che non ha avuto un risvolto passionale, avrebbe potuto averlo ma non l'ha avuto ed è un amore che gli appare in tutta il suo splendore; dice quella è la strada del bene assoluto che gli viene indicato da un’esperienza biografica. Questa cosa è fondante nella Divina Commedia. Un critico, Francesco Torraca, ha cercato a lungo la prima radice di alcune degli episodi poetici più importanti. Per esempio, rispetto a Francesca Torraca ci dice che in verità forse la grandezza di questo episodio di Francesca, che è un episodio storico ma il cui unico storico è Dante perché non si trova nelle fonti, forse va ricercata nel fatto che quando Paolo Malatesta faceva il capitano del popolo, lui lo vide di persona quindi forse la prima radice anche quella in un'esperienza della biografia, della storia di Dante. Il rinnovamento della poesia che porta Dante a scrivere le cose. La Divina Commedia ci porta nel vivo del tempo di Dante, con Dante che esprime giudizi nettissimi rispetto alla sua contemporaneità e la sua contemporaneità è la prima radice di questa sua poesia, cioè la sua autobiografia, non soltanto l'autobiografia interiore ma l'autobiografia con i fatti che avvengono nella autobiografia, nella vita di ciascuno di noi. Rimettere in ordine i fatti della propria vita secondo Torraca è uno degli scopi della propria vita, quindi della propria storia del proprio tempo è uno delle considerazioni principali che fa Dante nel viaggio nell'aldilà. Soltanto un altro romanzo dei nostri tempi ha la capacità di intervenire contemporaneamente sulla propria vita e nella storia ed è “La ricerca del tempo perduto” di Proust. Anch’egli quando recupera quando recupera la sua infanzia, adolescenza attraverso questo sapore della Madeleine intinta nel te, non soltanto parla di sé, non avrebbe scritto 8 volumi ma parla della società che lo circonda, della Francia del suo tempo, della borghesia francese del suo tempo. Parla di un io in relazione ad una società che è quella che lo ha circondato nell'infanzia e che lo circonda nella maturità. L'universo di Dante rappresenta anche questo risvolto della storia ma non esiste nessuno che abbia avuto la capacità di imitarlo fino a questo punto. A quel tempo Dante è il solo che pratica questa strada. Non vuole il poema epico ma in fondo questa è una storia narrata quindi ha qualcosa di romanzesco e di epico; l'epopea di Dante. Non vuole un una rappresentazione teatrale però poi nei dialoghi la drammaticità, la plasticità di questi personaggi ci restituisce anche la vivezza dei dialoghi che possono avvenire. Quindi prende qualcosa dal teatro, non vuole un'opera lirica però quando parla Francesca siamo di fronte al puro lirismo. Siamo di fronte a una poesia che detta dei versi universalmente riconoscibili e riconosciuti. Bisogna riflettere sulla poesia di Dante ma anche in termini di totale modernità perché poi alla fine è vero noi non sappiamo come è nata questa poesia, non sappiamo se Dante veramente ha conosciuto Paolo Malatesta come ipotizza per esempio Torraca; però Francesca è un personaggio che ha le caratteristiche di un personaggio vivo. È un'anima, uno spirito però è un personaggio vivo che con la sua voce ci conduce nel centro della sua tragica esistenza e anche nel centro della sua dannazione. I personaggi dell'inferno sono più vicini esteticamente al nostro universo, ci piacciono di più proprio perché sono tragici. La loro colpa è la loro dannazione e quindi sono totalizzanti rispetto alla loro colpa, non usciranno mai dall'inferno; questa è la loro tragedia. Sono lì e questa tragedia ci attrae dal punto di vista estetico perché sappiamo che il destino di questi personaggi non può migliorare. Questa è una grande risorsa per la poesia: sapere che una cosa è tragica. In Titanic l'amore dei due rimane universale, pure se lei ha avuto figli e tutto il resto perché c’è la tragedia di lui, cioè uno ritorna su quell'unica tragedia e quello è il fascino. Una tragedia contemporanea dove si narra un ultimo sprazzo della vita per recuperare quello che era la vita del passato e per recuperare il sacrificio che avviene da parte dell'amante. L’amore si sacrifica, quello è un episodio che rimane come l'unico episodio forse della vita di quella donna alla fine, cioè l'unico episodio sul quale conviene ritornare perché è finito tragicamente. Gli amori tragici hanno questo che restano incollati romanticamente ad un universo di amore e morte come direbbe Leopardi. Così questi personaggi dell'inferno ci affascinano perché sono ancora pieni di passioni e di passioni tragiche proprio perché noi sappiamo che non usciranno mai. Il processo di maturazione di Dante certamente ci porta attraverso Purgatorio e Paradiso a una totale leggerezza. Quando arriviamo in Purgatorio c'è la luce, c’è l'alba, il tremolar della marina, c’è la poesia della terra che è anche una poesia idillica, cioè piena di verde tant’è vero che l'approdo è il paradiso terrestre dove ci sta la perduta, sono un'anima cattiva) e non sono sola perché tutte queste che stanno vicino a me, subiscono tutti questa condanna per il loro peccato di gola e più non fece parola”. Nel Purgatorio questi peccati ci saranno tutti quanti ma saranno attenuati dal pentimento quindi i dannati sono così perché sono assolutizzati della colpa, non hanno mai mostrato nessun pentimento. Dai vizi si può uscire fuori, basta pentirsi e chiedere perdono, avere consapevolezza che sono vizi e secondo l'ordinamento cattolico peccati. Dante si commuove rispetto alla vista dei dannati e alla fine di questo percorso non si commuoverà poichè capirà fino in fondo quali sono i loro limiti. Così non perde l'occasione per chiedergli le cose che gli premono sulla città di Firenze. “Ma dimmi se tu lo sai a che conclusione verranno i cittadini della città partita (divisa in partiti), dimmi ancora se c'è qualcuno giusto e dimmi la ragione per cui è arrivata a questa guerra civile”. Gli chiede così di fare una profezia sulle 3 domande che gli preme di conoscere e Ciacco risponde in sequenza ad esse. Dopo lunga tensione, lunga guerra per questa divisione tra i cerchi e i donati, cioè tra le due fazioni della città di Firenze; queste due fazioni arriveranno alla battaglia e la parte selvaggia, la parte della città forse vicino al contado caccerà l'altra con molta offesa. La parte selvaggia è quella dei cerchi. Siamo di fronte a quella fazione, cerchi e donati, dei Guelfi bianchi e Guelfi neri. Così cacceranno i guelfi a cui appartiene Dante dalla città con (molta offesa) gravi conseguenze. Racconta quello che accade a Firenze: prima i bianchi mandano fuori neri dopo tre soli cambia, cioè dopo 3 anni solari i neri vincono su quella parte bianca tenendo l'altra sotto gravi pesi. In questa situazione nel v. 69 il tal è stato interpretato come Bonifacio VIII, cioè che i neri poi vinceranno sull'altra fazione appoggiati dal papà che mandò a Firenze diciamo Carlo di Valois e quindi in questo senso potrebbe essere interpretata questa profezia. Le fronti signoreggeranno per lungo tempo, questa parte dei neri e manderà via i nemici senza curarsi delle conseguenze, li terrà sotto gravi pesi senza che di ciò si penta o che ne abbia vergogna. Questa profezia è del tutto impossibile da sciogliere perché Ciacco, riportando le parole che pensa Dante ovviamente, indica in due soltanto personalità, le personalità dei giusti. Non siamo certi di poter interpretare chi sono questi due giusti. Potrebbe anche essere un modo di Dante per dire che non è rimasto quasi nessuno tra i giusti. La superbia, l'invidia, l'avarizia sono le motivazioni cioè che hanno portato a questa terribile conseguenza della guerra civile all'interno di Firenze. Così lui risponde alle 3 domande che ha fatto Dante e quindi si fa dire la profezia che nel 1301 prima sopravanzano i neri poi dopo tre anni riprendono il controllo della città grazie alla discesa di Carlo di Valois inviato da Bonifacio VIII. Poi risponde all'altra domanda di Dante se c'è qualcuno giusto e lui dice sono solo due, ma non sono compresi e poi l'ultima domanda è per quale motivo la città arrivata a questo punto e qui risponde superbia, invidia e avarizia. Qui pose fine alle parole lacrimevoli perché sono annuncio del disastro futuro e vuole che gli dica ancora di più parole, è curioso il personaggio Dante di sapere le cose che succederanno. Farinata, Tegghiaio, Iacopo Rusticucci, Arrigo il Mosca e tutti gli altri che ha ben far posero il loro insegno dimmi dove sono e fai in modo che io li riconosca perché gran desiderio mi stringe di sapere se il cielo gli addolcisce o sei l'inferno li atossica, li rende più scuri. E allora Ciacco gli risponde che li ritroverà nelle anime più nere, ancora più giù perché per varie colpe sono più giù nell'inferno. “E se tu poi scendi ancora più sotto li potrai vedere però mi raccomando quando tornerai nel dolce mondo” per cui Ciacco si rende conto che Dante è ancora vivo “ti prego che tu porti il ricordo di me agli altri e non ti dico più altro e più non rispondo”. Ciacco ci fa comprendere che nello scopo di Dante non c'è tanto quello di parlare della colpa di questi dannati perché la loro colpa è già lì per questo personaggio ma ci sono delle cose che anche i dannati sono rispettabili in questo universo dantesco, nel senso che è da rifiutare la loro colpa, la loro dannazione ma tuttavia la loro colpa non li rende meno interessanti rispetto alla loro esperienza biografica. Ciacco viene ritenuto un profeta di quelle sventure che attanagliano Firenze e che coinvolgeranno Dante stesso; quindi è rispettabile quello che lui dice rispetto alla profezia, cioè è un informatore rispettabile nonostante che sia nell'inferno. Poi Ciacco gli chiede di essere ricordato nel mondo, forse questo è l'omaggio che lui fa questo personaggio che domani avremo del tutto dimenticato se non fosse stato qua. “Tramutò gli occhi verso di me fino ad allora diritti come se si arrabbiò ripensando probabilmente al dolce mondo, mi guardo un po' e poi chinò la testa e cadde insieme alla testa giù nel fango a par degli altri ciechi che sono ciechi perché immersi nel fango. Questo guardarmi un poco sembra che Ciacco voglia aggiungere qualcosa al suo discorso ma si trattiene e ricade giù nella melma. Quando Ciacco ripiomba nel suo Virgilio è pronto a spiegare. Lui che è ripiombato non si desterà più fino a quando non sentirà il suono della tromba angelica che annuncerà il Giudizio Universale, la nemica podesta. Dio è nemico a questi dannati ma per loro è sempre Dio e quindi ciascuno di questi dannati rivedrà la sua triste tomba, triste perché sono dannati, riprenderà il suo corpo e unirà in eterno quello che sarà il loro castigo, cioè la tromba che rimbomba del giudizio universale. Così continuiamo a camminare su questa mistura di fango e di anime a passi lenti, immaginando quella che sarà la vita dopo il Giudizio Universale. Per questo motivo maestro spiegami perché questi tormenti cresceranno dopo la sentenza del giudizio universale o diventeranno minori o saranno ancora più aspri e un po’ lo sgrida, dicendogli di ritornare alla sua scienza e cercare di essere un poco più prudente quando fa le domande. Ritorna alla consapevolezza che vuole che quando più una cosa è perfetta più sente il bene ma anche più sente il dolore più sente la doglianza, il male. Poiché questa gente è maledetta non andrà mai nella vera perfezione aspetta questo giudizio universale in modo indifferente rispetto a quello che sarà; non lo attende perché il suo dolore sicuramente sarà cresciuto ma sono dannati già da adesso e la loro dannazione non fa che aumentare nel momento del giudizio universale. Poi fanno tutto il girone dell'inferno ancora chiacchierando più molto di più di quanto Io non ridico qui-> qui c'è proprio lo sdoppiamento del Dante autore e del Dante personaggio. Il Dante personaggio continua a camminare con Virgilio chiacchierando, il Dante autore non riferisce tutto il loro colloquio, ne riferisce soltanto la somma. Così giungono al punto in cui questo girone si digrada, cioè scende verso il sotto dove trovano il grande nemico Pluto, altra creatura infernale. Pluto prende le sembianze del quel personaggio infernale che era Dite per gli antichi ed è ammesso a guardia del girone successivo dove Dante troverà le anime dannate che seguono. Lla spiegazione di Virgilio su questa gente maledetta è invera in quanto secondo Dante i corpi dei dannati irrisolti non sono soggetti allo spirito, ma al contrario è come se volesse dirci di Dante che la loro anima sarà carnale essa stessa e quindi avranno punizioni più gravi e più terribili nonostante che già questa immagine dell'inferno dantesco. Già le anime sopportano una punizione terribile cioè già le anime sono gravate da una punizione. Quindi l'idea è che il Giudizio Universale porti questi dannati a riprendere il corpo e a sopportare ancora più atrocemente le punizioni dell'inferno. Nel canto VII pone la pena del peccato dell'avarizia, del vizio della prodigalità e del dimonio Pluto. Il canto comincia con queste parole di Pluto “pape satàn pape satàn aleppe”. Che queste parole sono prive di senso è opinione moderna. Qualcuno dice che sia pape, che sia ammira, esprime l’ammirazione per Satana. Questa potrebbe essere un'interpretazione ma ce ne sono altre. “…cominciò Pluto con la voce chioccia, non aver paura lo sostiene Virgilio. In questo canto incontriamo e siamo nel girone del IV cerchio dell'Inferno, nel girone dove si puniscono gli avari e i prodighi. Tutte le anime che incontrano sono anime di ecclesiastici quindi è un canto che ha tanto affascinato soprattutto gli anticlericali. Il canto finisce sempre con questo giro, c'è sempre questa idea della discesa all'interno dell'imbuto dell'inferno, “così girammo dalla lorda pozza grand’arco tra la ripa secca e il mezzo con gli occhi volti a chi del fango ingozza e venimmo al pied d’una torre al da sezzo. Poi comincia il canto VIII ove si tratta del V cerchio dell'Inferno alquanto del sesto del peccato dell'ira, massimamente in persona di un cavaliere fiorentino chiamato Messer Filippo Argenti e del dimonio Flegiàs della Palude di Stige e del pervenire alla città di inferno di Dite. Si trova di fronte a questa città e incontra Flegiàs. C’è sempre un impedimento di queste creature infernali rispetto al viaggio di Dante che arriva in carne ed ossa e anche in questo canto si incontra un personaggio iroso della città di Firenze, questo tale Filippo Argenti. Anche qui c’è la palude Stige che viene attraversata e quindi continua il viaggio dell'inferno. Nel canto IX si presenta la città di Dite, la città degli Inferi secondo la visione degli antichi che viene posta nel 6^ cerchio dell'Inferno e qui sono puniti gli eretici. In questo canto Virgilio rivela a Dante di aver già fatto questo viaggio all'interno dell'inferno anche per rendere Dante più sicuro di questa guida e infatti Virgilio conosce tutti i segreti dell'inferno. È un viaggio che Virgilio (guida) ha già conosciuto e per cui Dante non si deve fidare soltanto per il fatto che Virgilio è stato mandato a lui per proteggerlo, per tirarlo fuori dalla selva ma si deve fidare che questo viaggio potrà arrivare alla fine nonostante tutte le difficoltà e i pericoli del luogo perché Virgilio questi pericoli li conosce già. Il canto si conclude. Dante si trova di fronte a una sorta di campo di tombe che sono hanno i coperchi di arche, che sono tombe fatte alla maniera degli antichi del periodo tardo antico. Sono arche di marmo con il coperchio di marmo pesantissimo che è spostato così, si possono vedere le anime all'interno e le anime dall'interno danno duri lamenti. Dante chiede chi sono questi dannati seppelliti nelle arche. Qui ci sono seppellite le anime degli eretici, eresiarchi (usato anche in prosa) e sono seppellite con i loro seguaci di ogni setta e ce ne sono molte di più di quanto tu non credi. Ognuno sta con la sua setta e i monumenti sono più o meno recenti (meno caldi->) contengono più o meno persone da poco da poco e da molto morte. I monumenti sono più o meno caldi sono in virtù della pena e della colpa; cioè sono più caldi se l'eresia è più grave, sono meno caldi se l’eresia è meno grave. Poi quando si fu volto verso la parte destra passammo tra le arche delle tombe alle mura della città di Dite. Il canto X tratta del 6^ cerchio dell'Inferno, della pena degli eretici e in forma di indovinare in persona di Messer Farinata predice molte cose di quelle che avverranno a Dante e risolve una questione. Qui c'è la profezia di Farinata rispetto a Dante, prosegue l'interrogativo di Dante rispetto alla sua sorte e alla sorte di Firenze e Farinata gli svela e gli racconta altre cose. Il canto ci presenta non soltanto Farinata ma anche il padre di Guido e ci svela una cosa che Dante non ha capito immediatamente. Svela che i dannati che sono conservati lì hanno la capacità di vedere nel futuro delle cose lontane ma non hanno nessuna conoscenza di quello che accade nel presente ai vivi, cioè non hanno coscienza del mondo dei vivi e quindi di quello che accade nel presente ma hanno soltanto la capacità di intravedere le cose lontane quindi hanno una capacità di vedere le cose future quanto più sono lontane dal loro stato, dal loro presente. Tutte queste loro possibilità, ci spiega Dante, saranno interrotte col Giudizio Universale. Gli eretici che negano l'esistenza di Dio a cominciare da Epicuro, che sono puniti in queste tombe che col giudizio universale saranno per sempre serrate. Quindi il maestro è davanti e se ne va per un po’ per un sentiero segreto, tra il muro della città di Dite e la terra dei Martiri questo luogo dove ci sono le tombe e io gli vado dietro. Virgilio gli ha assicurato di conoscere la strada Dante che non è sempre aperto e fiducioso rispetto alle cose che Virgilio gli presenta. Dante lo segue solo dopo che Virgilio gli ha spiegato che conosce questo sentiero perché già sono stato qui. Questo sentiero segreto viene percorso da Virgilio per primo il quale vede Dante seguirlo sui suoi passi. “O grande virtù”-> Virgilio acquista via via dei meriti, non è più soltanto Duca, maestro, poeta ma viene fuori tutta la sua capacità virtuosa di essere guida. “o virtù somma che mi conduci, mi porti attorno per questi gironi infernali, parlami come a te piace e rispondi alle mie domande, soddisfa i miei desideri. Si potrebbe vedere la gente che giace in questi sepolcri, i coperchi sono tutti levati e nessuno fa la guardia, potrei vedere qualcuno di questi dannati. Virgilio gli risponde con un'altra affermazione dicendogli che tutti questi sepolcri saranno serrati dopo il giudizio universale e qui torneranno con i corpi che hanno lasciato lassù. Iosafat è la valle presso Gerusalemme dove verrà il figlio dell'uomo con la sua maestà secondo quello che ci dice il Vangelo insieme alle schiere degli angeli. E dice che quando ci sarà il Giudizio Universale tutti questi coperchi saranno serrati insieme ai corpi di questi dannati perché da questa parte hanno il loro cimitero tutti i seguaci che dopo Epicuro, tutti quelli eretici che dicono che l'anima e il corpo muoiono insieme, cioè tutti quei seguaci di Epicuro che fanno l'anima morta insieme al corpo. Qui il contrappasso è chiarissimo: sono destinati a rimanere per sempre serrati anima e corpo nelle tombe. All'altra domanda risponde che qui dentro sarai subito soddisfatto e al tuo desiderio prima che io finisca di parlare; evidentemente Virgilio già ha scorto quest'anima che si erge a A metà dal suo sepolcro. Dante si mette zitto e buono e accetta questa spiegazione parziale. “Buon Duca io non nascondo il mio cuore anche se parlo poco e alla domanda che mi hai risposto questo modo di parlare mi dispone ad aspettare quello che accadrà anche se tu non mi stai rispondendo a quel desio.” Farinata interviene immediatamente, Dante è abbastanza sconcertato perché sente queste parole ma deve essere Virgilio a dire voltati. Farinata l'ha sentito parlare e riconosce la favella Toscana; questa voce chiama il poeta che attraversa la città del fuoco da vivo parlando onestamente, cioè facendo domande convenientemente. Qualcuno dei commentatori su questo parlare onesto traduce anche chiaro, nel senso di favella volgare toscana, la voce di un fiorentino ma sembra più riferito al colloquio che Dante ha avuto con Virgilio che è un colloquio di enorme rispetto, questa onestà è più da riferire alla convenienza delle parole di Dante rispetto al suo maestro. “Fermati un attimo, ti piaccia di restare in questo luogo”, restare (significato di restai) cioè di stare fermo. “Il tuo modo di parlare rende visibile che sei nato in quella nobil all’uscita di scena del padre di Guido. “E quindi Dante gli dice mi sembra che voi abbiate una virtù profetica, cioè vediate prima quello che accadrà dopo, però non riuscite a vedere il presente” e quindi Farinata gli risponde “noi vediamo come tutti quelli che sono dannati, che hanno una cattiva illuminazione, vediamo le cose che ci sono lontano. Questo ancora ci fa vedere Dio, “quando invece queste cose si apprestano a noi nel tempo dei vivi o sono, il nostro intelletto è del tutto fallace e se altri non ci apportano le novità non sapremmo nulla del vostro umano stato.” Anche questo luogo è piuttosto complesso dell'idea dell'inferno che ha Dante, chi è che può apportare novità alle anime dell'inferno, forse le anime che arrivano via via che lasciano la terra, che lasciano la vita, chi sono quelli che possono apportare le novità dello stato umano, forse i morti freschi? È un luogo abbastanza complicato anche l'idea che queste anime che sono condannate all'inferno abbiano una qualche virtù profetica, cioè possano vedere quello che succede dopo, una luce in fondo al tunnel che poi perderanno del tutto. Conclude Farinata “perciò puoi capire che la nostra conoscenza poi sarà tutta morta in quel momento in cui del futuro ci sarà del tutto chiusa la porta, cioè nel momento del giudizio universale, quindi le anime non intravedranno più neanche un lumicino in fondo al tunnel. Allora come se mi pentissi di quello che avevo fatto dissi allora adesso direte a quell’anima che è caduta che il suo amato Guido è ancora congiunto con i vivi e se io fui un po' perplesso a quella risposta fategli sapere che lo feci soltanto perché pensavo che lui lo sapesse che era ancora vivo, cioè pensavo che lui potesse vedere che ero ancora vivo ed ero nell'errore che voi mi avete sciolto ma subito il mio maestro mi richiamava per cui pregai lo spirito che stava più avanti di dirmi con quali anime giacevi.” Questo altro spirito ci dice che “giaccio qua dentro con 1000 altre anime tra cui si può riconoscere il l'imperatore Federico II e il cardinale”l'imperatore Federico di Svevia e questo Cardinale, anche questo è un personaggio che ci rimane probabilmente oscuro forse il cardinale potrebbe essere secondo quello che dicono le fonti Ottaviano degli Ubaldini, il cardinale degli Ubaldini anche lui sospettato di ghibellinismo, cioè sono due Ghibellini, eretici che ritengono che non esista Dio e non esista una vita dopo la morte. Del Cardinale Federico II Dante era un appassionato e ammiratore nonostante il suo ghibellinismo, di tutto quello che era stato il mondo dell'impero federiciano, era un grande ammiratore tanto è vero che incontreremo Manfredi, il figlio di Federico nel Purgatorio e incontreremo soprattutto la madre di Federico, Costanza d'Altavilla nel paradiso. “Si nascose e io verso l'antico poeta rivolsi passi ripensando a quella che era stata la profezia di Farinata, quel parlare che era stato nemico nei miei confronti; così il poeta si mosse e andando mi chiese perché sei così smarrito?”. Naturalmente Dante è tutto fisso al pensiero dell'esilio che gli è stato profetizzato e quindi gli risponde “li soddisfeci al suo dimando e il saggio Virgilio gli consiglia di ricordare quello che ha udito su di te e ora aspetta qui, fermati, bada a quello che sto per dire e alza il dito come Fra Cristoforo, lo ammonisce, quando sarai in ansia al dolce occhio, sguardo di Beatrice che vede tutto, saprai il viaggio della tua vita, quello che ti dovrà accadere”. Quindi non stare lì a rimuginare su quello che ti è stato detto perché ci sarà un momento che tutto ti sarà disvelato perciò “poi andò verso la sinistra, i piedi, lasciammo il muro e agimmo verso il centro per un sentiero che conduce ad una valle, per un sentiero che taglia una valle, questa valle che faceva sentire fin lassù il suo odore marcio, il suo olezzo puteolento.” E qui finisce questo canto molto movimentato per quello che accade. È un mondo, questa volta, silenzioso perché ci sono delle tombe, non si sente urlare, non c'è la bufera, non c'è il latrato di Cerbero. In questo canto c'è tutta una visione di tipo statuario, sembra costruita nel senso plastico, quello che prima era udito diventa vista e plasticamente costruita questa immagine di Farinata che si erge da questi sepolcri. È come se fosse tutta una costruzione scultorea, dà l'impressione della plastica nel senso della composizione scultorea di questi dannati. Dante viene fortemente turbato da questo discorso che tra l’altro è più volte interrotto: Dante che parla con Virgilio, Virgilio che dice di aspettare, non essere sempre precipitoso, esce Farinata, accanto a Farinata riconosce il viso di Dante anche il padre di Guido Cavalcanti, gli chiede dov'è il figlio, Dante ha un attimo di esitazione perché dice “ma come quello sa tutto della mia stirpe e questo non sa nulla di quello che viene dopo”. Quindi si intersecano questi discorsi su quello che sarà il futuro, sulla preveggenza; discorsi che riguardano la persona di Dante, con persone che gli stanno intorno e si intersecano con lo sgomento che prende Dante rispetto a questa profezia e per cui Virgilio dice di aspettare, è inutile pensare alle cose che ti sono state dette perché tutto ti sarà di svelato dalla vera guida e luce del tuo viaggio che è Beatrice. Questo canto si chiude con un minimo di illuminazione e con un minimo di luce, un canto disperato ma con un minimo di luce perché questi dannati finché non ci sarà il Giudizio Universale un minimo di luce ancora la vedono nella loro sofferenza che li lega al mondo dei vivi. Dopo non avranno più nessun legame e la loro vita dell'aldilà sarà del tutto spenta perché la loro punizione sarà in eterno e non avranno più legami con né con il mondo dei vivi perché nel giudizio universale vorrà dire che saranno tempi nuovi. Il mondo dei vivi non ci sarà più ma soprattutto non avranno più legami con il mondo dei beati, a qualunque titolo rimarranno nella loro dannazione eterna.
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