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Capire l'arte: dal Neoclassicismo a oggi (Dorfles), Sintesi del corso di Storia Dell'arte

Riassunto approfondito dell'intero manuale CAPIRE L'ARTE: dal Neoclassicismo a oggi (edizione Atlas, 2016), utile al conseguimento dell'esame di storia dell'arte contemporanea.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Scarica Capire l'arte: dal Neoclassicismo a oggi (Dorfles) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! CAPIRE L’ARTE DAL NEOCLASSICISMO A OGGI A. L’età dei lumi 1. L’arte neoclassica > Il Neoclassicismo fu lo stile dominante della seconda metà del Settecento, cioè della fase culminante della cultura illuminista, di cui condivise impegno morale e uno spirito di riforma che cercava di costruire un mondo governato dalle leggi della ragione, attraverso il progresso scientifico e il recupero della semplicità e della purezza primitiva. L’arte era intesa come massima espressione di armonia e perfezione, fondata su principi immutabili derivanti dalla classicità, considerata modello insuperabile di qualità estetica e morale. La critica ai valori della società operata dagli illuministi si risolse in una reazione all’ornata frivolezza e ai virtuosismi del Rococò, espressione dell’Ancien Régime. - L’antichità classica fu riscoperta nella metà del secolo in seguito ai ritrovamenti archeologici di Ercolano (1738) e Pompei (1748). La passione archeologica e il culto per l’antico si allargarono alla Grecia e ai luoghi che conservavano tracce di cultura classiche; ci furono numerose pubblicazioni in cui si descrivevano i reperti con apparati di disegni e incisioni (es. Hamilton, Piranesi) e questi ebbero una grande diffusione e influenzarono gli artisti del periodo, contribuendo alla formazione di uno stile internazionale. Italia e Grecia divennero mete principali del Gran Tour. - Fasi dell’arte neoclassica:  (1750-1780) archeologica: ritorno all’ordine e al rigore  (1780-1769) della Rivoluzione: nel richiamo al mondo greco e romano nei contenuti e nella forma, l’arte si fa portatrice di valori civili e sociali e delle istanze repubblicane della Rivoluzione francese. Lo stile predilige semplicità, rigore, simmetria e armonia, linee scultoree nette e qualità dei contorni.  (1796-1814) napoleonica: il decorativismo tende a prevalere sulla ricerca di essenzialità e severità formale. Funzione celebrativa e propagandistica a favore dell’impero.  (1815-1830) Restaurazione: arte espressione dell’alta società conservatrice. Il mondo classico diventa maniera fastosa, svuotata di idee e senza funzioni riguardo al presente. - Carattere artistico omogeneo in cui si preferì tendenzialmente dare spazio a soggetti storici edificanti che fossero esempi di virtù essenziali. La ricerca formale rifiutava il modellato sinuoso e la brillantezza dei colori a favore di uno stile severo e sobrio; si privilegiavano disegno lineare dai contorni netti e scarni, stesure piatte di colori tendenti ai toni primari. Sul piano compositivo si optava per schemi prospettici semplici e vedute frontali. > Furono principalmente due personalità a definire la poetica neoclassica:  Winckelmann, archeologo e storico dell’arte Nelle sue opere Storia dell’arte dell’antichità e Pensieri sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura evidenzia le sue idee estetiche che possono riassumersi con tre concetti chiave: i. Bellezza ideale: il bello è modello ideale di perfezione, esso si ottiene operando una sintesi superiore di aspetti già presenti in natura. L’immagine mentale origina dalla realtà, filtrandola e trascendendola attraverso una selezione. ii. Imitazione: l’arte greca è vista come modello da imitare comprendendone in profondità il modello, al fine di restituirne lo spirito. Essa presuppone capacità inventive. iii. “Nobile semplicità” e “quieta grandezza”: ideale di perfezione estetica i cui caratteri fondamentali sono dignità, grazia, serenità e compostezza. Il controllo razionale deve prevalere sui sensi e sui tratti espressivi che rivelano stati d’animo drammatici. L’adesione ai modelli classici deve coincidere con le istanze di chiarezza e linearità della ragione. I più alti esempi sono il Lacoonte, la Venere dei Medici e l’Apollo del Belvedere.  Anton Raphael Mengs, pittore e scrittore Nella sua opera Pensieri sulla bellezza e sul gusto nella pittura, sostiene che la bellezza fosse l’unico riflesso della perfezione divina accessibile all’uomo. L’artista doveva imitare i grandi maestri che lo avevano preceduto nel cammino vs il bello ideale e che avevano lasciato modelli di forma perfetta. Oltre alle opere classiche, considerava i grandi del Rinascimento: Raffaello che si era avvicinato all’idea di perfezione nel campo della composizione, Tiziano per l’uso del colore, Correggio nell’espressione del sentimento. Parnaso (1760-61): affresco nella volta della galleria di Villa Albani a Roma. Ispirazione dell’Apollo del Belvedere come modello del dio al centro del dipinto; le danzatrici sono riferimenti ai dipinti di Pompei. La scelta del soggetto e il piano della composizione sono rimandi all’omonimo affresco di Raffaello in Vaticano. Evita effetti coloristici e prospettive in profondità, attenendosi ai modelli di statuaria classica. 1 > Jacques-Louis David (1748-1825) Dopo un’esperienza rococò, soggiornò a Roma tra il 1775-1780 e venne a contatto con l’arte rinascimentale, in particolar modo con la scultura antica, maturando rigore e nitidezza formale. Il giuramento degli Orazi (1784-85) Divenne summa dell’estetica repubblicana. Formalmente il linguaggio è forte e conciso: una luce laterale intensa illumina la scena, i colori sono brillanti e hanno una stesura compatta che procede per contrasti. I vuoti si alternano drammaticamente ai pieni. La composizione è limpida ed essenziale, l’ambiente è un atrio cubico ottenuto tramite prospettiva centralizzata, resa evidente dalle fasce bicrome della pavimentazione e dalle fughe dei conci delle pareti. Le figure sono poste sotto la linea dell’orizzonte, in orizzontale e per gruppi come in un fregio antico. La triplice arcata di fondo ne sottolinea la tripartizione logica (donne, padre, figli). Il punto focale e il nucleo emotivo sono le mani dei figli protese vs quelle del padre, enfatizzate dal vuoto dell’arcata di mezzo. La chiarezza della composizione è rafforzata dalla contrapposizione tra la disperazione delle donne e la volontà delle figure maschili: passioni semplice, idealismo e moralità fondata sulla fede nella ragione, supremazia dei valori civili sugli aspetti familiari. La morte di Marat (1793) Allo scoppio della rivoluzione francese, David abbracciò la causa giacobina. In questi anni si volse a un’arte impegnata a sostegno della Repubblica, esaltando i valori della libertà, dell’uguaglianza, dei diritti collettivi su quelli individuali. Non più lavori ispirati a vicende antiche ma a storie della contemporaneità, come Il giuramento della sala della Pallacorda. La morte di Marat diventa simbolo della rivoluzione. Dipinto durante il regime del terrore, rappresenta in modo essenziale l’assassinio di un uomo politico tra i protagonisti della rivoluzione, ucciso da Charlotte Corday, controrivoluzionaria girondina. La scena è semplice e organizzata geometricamente. I colori caldi accentuano la realtà cruda delle cose. Il fondo oscuro fa sembrare che il corpo giaccia abbandonato nel nulla, rafforzando il nucleo tematico dell’opera. L’essenzialità compositiva è lo strumento attraverso cui si svuota l’evocazione dell’avvenimento di cronaca per rendere la narrazione un fatto carico di simbolismo. Non vi sono tracce di violenza, sul volto c’è quasi un sorriso. Le poche cose rimandano alla dimensione morale del soggetto: la povertà dell’uomo politico (cassetta di legno), generosità (assegno per gli orfani), dedizione alla politica e alla verità (calamaio), martirio (coltello). La scena, inserita in una dimensione metafisica, trasforma Marat in una figura cristica che rimanda all’iconografia della pietà; in particolare alle Deposizioni di Caravaggio e Raffaello e alla Pietà di Baccio Bandinelli e Michelangello. Assolutizzazione di un episodio laico. Le Sabine (1799) Cessa di celebrare il sacrificio di sé, volgendosi a esaltare le ragioni della vita e della pace: le donne che si interpongono tra i loro uomini e i Romani mostrando i figli per far deporre le armi, diventano invito alla riconciliazione nazionale. Alla svolta ideologica si accompagna una svolta stilistica: limpidezza formale che sublima i drammi; non vi sono più contrapposizioni cromatiche forti o cesure compositive severe. I guerrieri nudi sono il risultato di un orientamento vs il recupero della purezza del linguaggio greco, così come era stata teorizzata da Winckelmann. Napoleone valica il Gran San Bernardo (1802) David vide in Napoleone l’uomo capace di realizzare un nuovo progetto politico senza tradire i principi del 1789. Si rivolse perciò alla pittura celebrativa a carattere propagandistico. In questo ritratto idealizzato si celebra il condottiero calcando le orme dei grandi del passato (da Annibale a Carlo Magno, i cui nomi si leggono sulla roccia della montagna). Il mantello, il cavallo impennato e il gesto sicuro fissano il mito di un’azione fulminea e titanica. > Antonio Canova (1757-1822) La scultura occupò un ruolo di primo piano nell’estetica neoclassica, perché in essa si individuavano le forme principali dell’ideale di bellezza greco. Per Winckelmann essa era la forma d’arte più alta perché era imitazione di ciò che era più bello: il corpo umano. Anche in questo caso dominavano ideali di purificazione e semplificazione che si traducevano in grazia, armonia e compostezza formale. Canova elaborò un linguaggio plastico che per la qualità dei suoi risultati influenzò per molto la cultura figurativa occidentale. La sua opera si fonda su uno studio dei modelli classici che gli permise di aprirsi a sperimentazioni sul 2 Piazza del Popolo (1793-1816) Al tempo era il principale ingresso in città da nord, le si imputava una mancanza di fisionomia omogenea, sebbene già vi fossero l’obelisco egizio e le due chiese gemelle del Rainaldi e la Porta del Popolo. Dopo alcune vicende progettuali assunse la forma della grande ellisse con l’asse trasversale al flusso del traffico, aperta sul Pincio da un lato, vs il Tevere dall’altro. Il verde ha un ruolo preciso dal punto di vista di definizione spaziale. Nel 1816, infine, i due emicicli furono delimitati da due muraglie. 3. Verso il romanticismo > Negli ultimi decenni del Settecento oltre all’affermazione del Neoclassicismo nell’ambito della cultura illuministica, si sviluppa di pari passo l’emergere di esperienze artistiche e culturali che privilegiano sensibilità, immaginazione, interiorità, libertà espressiva. Questa tendenza anticipa quello che sarà poi il Romanticismo nell’estetica e nelle tematiche, alcuni la definiscono infatti Preromanticismo, e intende l’arte come analisi introspettiva, espressione dei sentimenti e delle passioni. - Fu il filosofo Jean-Jacques Rousseau ad aprire questa strada nell’ambito del pensiero illuministico; secondo lui la dimensione qualificante degli esseri umani risiedeva infatti nel sentimento e nell’interiorità della coscienza. Recuperare l’identità originaria dell’uomo significava indagare il mondo delle emozioni e delle dimensioni dell’io ignote e irrazionali. Anche Lessing individuava nell’espressività ciò che dava valore alle arti figurative: lo provava il Lacoonte, in cui non erano rappresentate solo le forme armoniche, ma anche l’aspetto psicologico di un dramma. > Un momento fondamentale all’interno del dibattito sulla natura della bellezza e sul legame con l’arte fu quello della pubblicazione del saggio Inchiesta sul bello e il sublime, del 1756, ad opera di Edmund Burke. Recuperando l’idea classica del sublime, intesa come proprietà dell’arte di indurre in uno stato emotivo di piacere ed estasi, Burke aggiorna il concetto evidenziandone la rilevanza per l’esperienza estetica: esso è l’intensa emozione, a metà tra paura e piacere, che l’uomo prova di fronte a uno spettacolo naturale grandioso, terribile, insolito. Il bello è armonia e serenità, misura, il sublime è invece legato all’immensità, alla dismisura. Burke apriva così la strada in arte alla dimensione irrazionale dell’animo umano, attribuendo all’immaginazione un’importanza nuova e diversa, in quanto facoltà in cui ingegno e fantasia si fondono. Quest’idea sarà poi rielaborata dal punto di vista artistico dal Romanticismo, e in particolar modo dalla pittura che si apre alle rappresentazioni di varie forme naturali. > Johann Heinrich Fussli (1741-1825) Pittore svizzero, interprete della tendenza protoromantica. Condivide con la sua epoca la passione per l’antichità classica, ma ricerca il Bello sublime, in antitesi con il Bello ideale di Winckelmann in cui prevalevano “quieta nobiltà e serena grandezza”. La sua arte è espressiva e carica di pathos, fondata su forti contrasti di sentimenti, luci e ombre e proporzioni, coi quali evidenzia i conflitti interiori più profondi, sondando la dimensione oscura della personalità degli esseri umani. L’incubo (1781) Dedicò più versioni a questo tema. Rappresenta la persona che sogna e il contenuto del sogno, in una dimensione irreale che sfugge a coordinate spazio-temporali. La teatralità della scena è resa dal corpo della donna, riversa sul letto con testa e braccia abbandonate all’indietro. Su di lei vi è una creatura che personifica l’incubo, da una cortina si affaccia un muso spettrale di un cavallo dalle pupille cieche. > William Blake (1757-1827) Il linguaggio artistico del pittore inglese è visionario, antinaturalistico, ricco di simboli e allegorie. Al dominio della ragione, oppone la fantasia come recupero dell’autentica e originaria natura dell’uomo. Più che rappresentare voleva esprimere. Trae dai testi letterari i soggetti per i suoi dipinti. Illustrò con incisioni a rilievo e acquerelli la Divina Commedia, il Paradiso perduto di Milton, la Bibbia e alcuni suoi libri poetici. > Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1867) La sua pittura si pone come sintesi tra Neoclassicismo e Romanticismo. Allievo di David, si forma in Italia dove assorbe la lezione classica e quella rinascimentale, soprattutto quella di Raffaello. 5 Il Neoclassicismo si può vedere nella fedeltà ai valori di purezza, equilibrio e chiarezza della linea. Ma i suoi colori sono pallidi e delicati, la composizione plastica e complessa, la profondità è quasi assente e i moduli della rappresentazione realistica convivono con quelli di una rappresentazione idealizzata. Edipo e la Sfinge (1808) Il mondo classico al quale si rivolge non è un passato edenico e idealizzato (Winckelmann) o portatore di valori etici e passioni semplici (David). Qui il tema classico è affrontato secondo i modelli dello stile neoclassico nel purismo arcaico dei disegni e nella bidimensionalità tipica dei bassorilievi, ma l’episodio non comunica alcuna verità di carattere universale o etica. Si toccano aspetti inquietanti dell’animo umano. - La sua antichità è fatta di ombre, divinità cupe, domande esistenziali. Il superamento del classicismo è rinvenibile nei nudi femminili da lui dipinti: La grande Odalisca del 1814, l’Odalisca con schiava del 1839 o il Bagno turco del 1862. Qui mancano la sublimazione degli elementi naturalistici, l’innocenza e l’idealità dei nudi neoclassici. Rimane aderente ai canoni di semplicità, essenzialità e perfezione della tradizione classica ma introduce un grado di naturalezza e sensualità, inseriti in una totale purezza formale. L’arte è ricerca della perfezione formale: non si ricerca il Bello ideale neoclassico, trascendente e immutabile, ma il Bello determinato dalla realtà del soggetto che si sceglieva di rappresentare, ridotto a chiarezza formale. Il significato dell’opera non risiede nei contenuti ma nella forma in cui esso è rappresentato, intesa come sintesi di linea, colore, luce e volume. La bagnante di Valpincon (1808) In questo caso il nudo di donna è svincolato da riferimenti letterari, storici o mitologici. L’immagine è vista di spalle e con un turbante che rimanda alla Fornarina di Raffaello. Lo sfondo è grigio, l’ambiente non riconoscibile. La donna è plastica e netta; il contorno delinea forme ampie e morbide, concepite volumetricamente. La torsione del corpo è resa tramite l’uso del colore e della luce, modulati attraverso attenti chiaroscuri. La forma del disegno e la tonalità coloristica si integrano. Monsieur Bertin (1832) Il genere preferito di Ingres fu il ritratto: in questi lavori coniugò precisione realistica e comprensione psicologica. Nel ritratto di Monsieur Bertin, ricco uomo d’affari, ci offre un’immagine sintetica della società borghese della prima metà dell’Ottocento. Si concentra sui particolari. La luce colpisce il modello da sinistra. Sono assenti precisazioni spaziali, ad esclusione di una poltrona; lo spazio è occupato solo dall’uomo che ha una posa di taglio fotografico. > Francisco Goya (1746-1828) La sua pittura è in una posizione eccentrica rispetto alle esperienze coeve. Erede della tradizione del ‘600 (Velasquez, Rembrandt, Tiepolo), aderisce criticamente ai modelli neoclassici sia negli schemi compositivi frontali, che nell’uso dello spazio bidimensionale e nella stilizzazione delle immagini. Una svolta radicale si ebbe negli anni ’90 di fine ‘700, quando elaborò una pittura fondata sulla centralità del mondo interiore e sulla libertà espressiva. L’arte ha funzione conoscitiva, dipingere significa rappresentare una visione soggettiva del mondo, riproducendone non la forma, ma lo spunto di un evento, di un essere, etc. Aderisce alle istanze razionaliste dell’Illuminismo, ma allo stesso tempo vede nella ragione lo strumento per rivelare gli abissi di ognuno, dando forma all’irrazionalità, all’inquietante, alla bestialità e all’istinto. Il sonno della ragione genera mostri Di questa idea sono esempio i Capricci, una raccolta di 80 incisioni di acquaforte accompagnate da didascalie, realizzate tra il 1797-98. Il tema sono le menzogne, l’ignoranza, i pregiudizi e le superstizioni della società. Quello considerato è il 43. Il termine spagnolo che indica “sonno” è traducibile anche come “sogno”: la ragione produce quindi idee, ma anche incubi e angosce. Un uomo sprofondato nel sonno è sul tavolo, assediato da un gatto, civette, pipistrelli, etc., cioè mostri. La rinuncia alla rappresentazione della realtà visibile si traduce in rinuncia alle regole e le convenzioni: non vi sono coordinate spaziali, le figure umane sono trasformate, non vi sono criteri verosimili di adesione alla legge di gravità. Il clima è allucinato. Il 3 maggio 1308 a Madrid: fucilazioni alla Montagna del Principe Pio (1814) Questa tela è ispirata all’episodio quando, durante la campagna di Napoleone in Spagna, il generale Murat diede l’ordine di catturare e fucilare i popolani che nelle strade di Madrid si erano ribellati all’invasione francese. La guerra è priva di grandezza e idealità. Rappresenta un massacro. 6 La composizione ha una struttura a fregio, orizzontale: le figure sono disposte quasi senza soluzione di continuità. La drammaticità è resa dalla contrapposizione tra il gruppo dei soldati e quello dei condannati, che risalta luminoso sullo sfondo appena accennato in ombra. Le vittime sono dinamiche, mentre i fucilieri sono una compatta e ordinata teorie di figure viste di spalle, senza volto e uguali. La prospettiva ha il punto di fuga a dx. Nella tonalità scura predominante, i due gruppi sono illuminati da una lampada che da terra proietta una luce a fascia sull’evento centrale, facendo emergere i dati più emozionanti della scena. I contrasti cromatici forti e le opposizioni luci-ombra/immobilità-movimento/indifferenza-terrore esprimono angoscia, pathos e assurdità. La vittima è assimilata a Cristo, ma nell’opera il dramma rimane oscuro e incomprensibile, non giustificato. > Goya si può dire che da un lato sia il pittore di camera del re che esegue ritratti per la corte e il suo pubblico, uomo calato nella realtà del suo tempo; dall’altro la dimensione privata, isolata e sofferente, lo distanzia dai contemporanei. Questa frattura interiore si riflette in pittura, in cui abbiamo due filoni diversi: o La pittura chiara, legata alla realtà dai colori luminosi, conforme alla tradizione e aperta al gusto del pubblico. - Ne fanno parte: Il parasole (1777) Tratti distintivi di tale pittura: tema della giovinezza, nei suoi aspetti gioiosi e seducenti, paesaggio di sfondo luminoso, gusto realistico per la riproduzione di abiti e gesti, segno veloce e sciolto della pennellata che dà vita a figure luminose; raffinatezza cromatica e grazia del ’700. Maja desnuda e Maja vestida (1800, 1800-08) Affronta il tema della bellezza presentando due immagini complementari della stessa donna. Si rifà a Tiziano e Velazquez, volendo rappresentare una Venera contemporanea che abbia caratteri e portamento “moderni”, spogliata di significati sublimi, mitologici, arcaizzanti. Il tema sono la sensualità e la vita. La vitalità prorompente sfidava la Spagna dell’epoca che vedeva la nudità come tabù. Lo scandalo spinse il pittore a dipingere la seconda versione, vestita, ma più voluttuosa. o Punto di incontro tra i due filoni: Majas al balcone (1800-1810) Donne in abiti colorati, illuminate, che appartengono al mondo festoso della vita delle sensazioni e apparenze, ma alle loro spalle vi sono nell’ombra le sagome sinistre e minacciose dei protettori. Convivono le due dimensioni dell’essere umano: quella visibile e cosciente e quella inconscia e irrazionale. o La pittura nera, rivolta all’analisi del profondo e tesa a cogliere le forme dell’immaginazione. A questo filone appartengono album di disegni, i Quaderni di Madrid, e le tele sul tema dell’incubo, della follia e delle superstizioni popolari. - Ne fanno parte 14 pannelli di grande formato ad olio su intonaco, dipinti per la sua casa in campagna senza un progetto iconografico sistematico. I temi ricorrenti sono accentuati nella componente fantastica e psichica, affrontati con diversi registri stilistici: stregoneria, grottesco, rapporto tra Eros e Thanatos. Saturno che divora un figlio (1820-23) Sabba (1820-23) Su uno sfondo scuro sono sovrapposte tonalità medie e chiare: la figura del caprone in primo piano è realizzata facendo trasparire lo sfondo nero della parete, mentre le streghe che lo circondano sono ottenute tramite pennellate monocrome e mezzi toni disegnano figure tra loro collegate e imprecise, semplificate e appena accennate. ________________________________________________________________________________________________ B. La stagione del Romanticismo 1. L’arte romantica > Gli ideali della rivoluzione francese erano falliti, come testimoniano l’affermazione dell’Impero napoleonico e gli esiti del Congresso di Vienna del 1815. Ai principi di universalità affermati dall’Illuminismo, si sostituirono la restaurazione dei regimi monarchici e la riaffermazione di una politica nazionalistica. Ai progressi scientifici si affiancavano problemi sociali, determinati dalla maggiore conflittualità tra borghesia e nascente classe operaia. Il Romanticismo si fece interprete delle inquietudini e delle tensioni sociali, elaborando una visione antilluminista e anticlassica che privilegiava la soggettività, il sentimento e la fantasia rispetto al culto della ragione. - L’arte non è un sistema omogeneo e coerente, ma è caratterizzata da stili individuali. Caratterizzata da un’accentuata varietà di stili, esiti e tecniche. 7  La pittura di storia (Géricault, Delacroix) > Théodore Géricault (1791-1824) Momento decisivo di passaggio dal Neoclassicismo al Romanticismo, di cui l’artista incarna le caratteristiche formali e lo spirito emotivo. L’arte scuote i sentimenti. Le sue opere trasmettono energia, spinta alla drammaticità, sensibilità per le sofferenze, passione per la realtà e tensione vs l’assoluto. L’ufficiale dei cavalleggeri della guardia imperiale alla carica (1812) Dominano il movimento e la tensione drammatica. Il cavaliere napoleonico si lancia in battaglia su un cavallo, mentre si gira vs i soldati per incaricarli alla carica. L’energia è aggiunta da una complessa struttura compositiva in cui le principali linee di direzione attraversano il quadro da un angolo all’altro incontrandosi nel punto in cui il cavaliere siede sul destriero. Tensione data dal cavaliere che si gira indietro con una forte torsione corporea, mentre il cavallo si spinge in senso opposto; il cavallo va in galoppo vs la profondità del quadro mentre il braccio del cavaliere si dirige vs l’osservatore. Dinamismo compositivo dato anche dalla diversità del trattamento pittorico delle parti: ufficiale e cavallo nitidi, sfondo generico. La zattera della medusa (1818) Il pittore si interessa alla realtà contemporanea e agli uomini travolti dalla storia in lavori dedicati alla sconfitta napoleonica, alla misera nuova realtà sociale nata con la rivoluzione industriale o a fatti di cronaca. In questo caso si rappresenta l tragico episodio che si era verificato nel 1816 al largo dell’Africa occidentale: il naufragio della nave Medusa, con la salita conseguente di 150 persone su una zattera che poi andò alla deriva e fu salvata dalla nave Argo che recuperò solo 15 superstiti. Sceglie di rappresentare il momento di forte tensione psicologica e drammatica, quando i naufraghi credono di poter essere salvati. L’opera è l’esito di numerosi disegni preparatori, studi preliminari e analisi in dettaglio. L’intento è quello di imprimere un carattere universale, raggiungendo una sintesi tra fedeltà al vero e intento ideale. Realizza così un equilibrio compositivo in cui accentua insieme orrore e pathos. Le dimensioni enormi del dipinto e lo stile epico, fino ad allora destinati a soggetti eroici o grandiosi, vengono per la prima volta usati per rappresentare sofferenze della gente comune. La scena diventa metafora romantica della vita dell’uomo che lotta vs le avversità e il destino. La scena è costruita su un sistema di diagonali che convergono vs due apici a formare due piramidi: la prima ha il vertice sulla cima dell’albero della zattera, la seconda sulla camicia che agita un naufrago. Il movimento è una tensione vs la linea dell’orizzonte dove si allontana la nave della salvezza, il vento però soffia nella direzione opposta. Sul mare i riflessi rossastri caricano la scena di valori simbolici. Il dipinto è romantico negli intenti e nei contenuti, ma sul piano formale rimanda a modelli michelangioleschi, caravaggeschi e classici! Il disegno definisce con contorni netti le figure, il chiaroscuro rende il dinamismo dei personaggi i cui corpi ricordano busti di atleti ed eroi antichi. Il torso nudo dell’uomo al vertice della piramide rimanda al Torso del Belvedere. Alienata con monomania del gioco (1822-23) L’interesse per gli oppressi della nuova società è alla base di un gruppo di 12 litografie realizzate durante un soggiorno in Inghilterra, e dei 10 ritratti di alienati dipinti per incarico di un amico e medico parigino. In questa serie l’introspezione romantica di uno stato d’animo si fonde con l’osservazione realistica delle fisionomie dei malati, i cui ritratti definiscono il turbamento, la solitudine, la sofferenza. Gli alienati non hanno gli atteggiamenti eccessivi di Goya: esprimono con lo sguardo mitezza e sensibilità, mantenendo la propria dignità umana. Comunica così un senso di comprensione intima per i destini di persone instabili ed emarginate. > Eugène Delacroix (1798-1863) È il caposcuola della pittura romantica francese. Nella sua ricerca vi è la volontà di coinvolgere lo spettatore dal punto di vista emotivo con composizioni dinamiche, un ritmo inquieto delle forme, soggetti fortemente espressivi, colori accesi e vibranti. La pittura di Delacroix per la passionalità di cui si fa espressione e per la capacità di sottolineare l’individualità dell’artista, a scapito di schemi tradizionali, fu sconvolgente per la Parigi del tempo, abituata al classicismo e da personalità come Ingres, caratterizzate da decoro e compostezza. 10 La barca di Dante (1822) Quadro di esordio. Omaggio alla Zattera della Medusa per il trattamento classicheggiante dei nudi e la struttura compositiva a piramide. Il soggetto è romantico: Medioevo fantastico, visionario e spirituale; esso è rappresentato con animosità e intensità. L’immediatezza della scena è resa con espressioni di sorpresa, orrore, con gesti istintivi. Il clima infermale è esasperato da toni violenti di colore, vampate e iridescenze che illuminano lo Stige. La scena turbolenta e drammatica rimanda anche al Giudizio universale di Michelangelo e ai moti curvilinei in Rubens. Il massacro di Scio (1824) Oltre a temi letterari, anche Delacroix tratta vicende a lui contemporanee che assumono nelle sue tele carattere universale. Questo episodio tratta della strage della popolazione locale e la distruzione del villaggio di Scio durante il periodo della lotta di indipendenza del popolo greco contro i Turchi. La vivacità della rappresentazione fornisce allo spettatore la sensazione di un episodio visto dal vivo, ma il trattamento pittorico trascende la cronaca e fa dell’opera un’immagine della condizione di sofferenza e ingiustizia umane. Dal punto di vista compositivo e spaziale, il dipinto infrange le regole prospettiche e simmetriche tradizionali: non c’è un asse centrale e le figure sono tagliate dalla superficie del dipinto, come se gli elementi fossero disposti arbitrariamente. Su questa precaria disposizione strutturale domina uno spazio aperto e desolato, infinito. La morte di Sardanapalo (1827) È un soggetto biblico che viene riletto attraverso l’omonima tragedia di Byron: il mondo della Bibbia appare selvaggio, primordiale e autorizza l’artista a creare caricature ed effetti eccessivi. I criteri pittorici tradizionali sono sconvolti da una scena sensuale e drammatica in cui una massa caotica di personaggi e dettagli è organizzata spazialmente da una fuga prospettica il cui vertice è il volto impassibile del protagonista. Il colore è anticonvenzionale: sono accumulati elementi contrastanti. Le forme sono fluide e complesse. Riferimento a Rubens nell’esuberanza delle linee sinuose per le donne e in quelle forti per gli uomini. La Libertà guida il popolo (1830) Fa riferimento alle giornate parigine del 1830 che dopo la Restaurazione portarono all’abbattimento della monarchia borbonica e all’avvento di quella costituzionale di Luigi Filippo d’Orléans. Non si mette in scena la realtà ma la passione politica che viene affermata come idea di lotta per la libertà. I rivoltosi che avanzano vs lo spettatore, capeggiati da una donna popolana, allegoria della libertà e della Francia, comunica una forte intensità sentimentale. Il tema del popolo è elemento politico fondamentale: si mette in evidenza la partecipazione corale dei parigini di ogni età e condizione sociale. L’opera fu giudicata sovversiva. Anche in questo caso abbiamo una struttura piramidale: il vertice coincide con la mano dell’allegoria della Libertà. La base è costituita dai cadaveri, il fucile del borghese e la posizione del giovane tracciano invece i due lati. Il richiamo alla Zattera della medusa è chiaro ma se nella prima la spinta dei corpi si rivolge all’interno del quadro, in questo caso, in planimetria, i 4 personaggi in verticale si rivolgono vs l’esterno, nella realtà dell’osservatore. Anche l’orizzonte alto è della Zattera. La scena è in controluce: la luce dietro la bandiera illumina prima la donna e la bandiera, poi gli altri personaggi e i cadaveri. Essa è forse generata da un incendio o dal levarsi del sole. Si creano così 2 zone di luce delimitate dalla diagonale. Il colore è applicato con pennellate rapide e morbide, prediligendo effetti cromatici e luministici con contrasti di tinte e torni, vs ogni convenzionalismo accademico e la pittura classica.  Il Romanticismo in Italia (Il Piccio, Hayez) In Italia il Romanticismo coincide con la fase storica del Risorgimento, il lungo periodo di rivolte vs l’occupazione straniera della penisola che tra il 1820 e il 1860 ebbe come esito l’unificazione del territorio e la nascita dello Stato italiano. La storia contemporanea, coi suoi ideali di libertà, autodeterminazione e affermazione di identità nazionale, diventa così protagonista delle arti, che danno forma ai valori risorgimentali, promuovendone lo spirito per una tensione tra civile e ideale. Qui le istanze romantiche tardarono a prevalere su quelle classiciste, la pittura di storia fu tra i generi prediletti. L’altro elemento cardine della poetica romantica, il rapporto uomo-natura, si espresse nel genere del paesaggio in cui eccelse Giovanni Carnovali, detto il Piccio. 11 > Francesco Hayez (1791-1882) Lavorò principalmente a Milano, centro del dibattito teorico-critico sulle nuove tendenze dell’arte del periodo. Si ispira a quadri di soggetto storico ispirati alla storia nazionale e alla letteratura, con forza drammatica e sentimentale, tanto che tende verso la teatralità melodrammatica. Pietro Rossi prigioniero degli Scaglieri (1818-20) Dopo gli inizi di carattere neoclassico, in questo quadro è il soggetto tratto dalla storia medievale (e non antica) e il chiaro significato politico a costituire gli elementi innovativi. Il protagonista è assunto a modello di virtù civili, riconosciute nel passato storico d’Italia, per auspicare un rinnovamento del presente. Manzoni (1840-41) La ritrattistica fu un altro genere al quale l’artista si dedicò, facendo emergere l’immagine della classe aristocratica e intellettuale dell’epoca. Nei quadri troviamo resa della realtà e indagine psicologica. A differenza di suoi coevi, che inserivano i soggetti negli ambienti quotidiani per definirne lo stato sociale, Hayez si concentra sul soggetto ritratto isolandolo su uno sfondo neutro. Dipinse vari protagonisti del Risorgimento italiano e personaggi emblematici della società del tempo: Rossini (1870), Cavour (1864), che divennero esempi di dignità, nobiltà e fermezza. I ritratti avevano funzione civile. Il bacio (1859) In quest’opera sono sintetizzati: suggestioni letterarie, impegno patriottico, Medioevo e sentimentalismo. Fa parte del filone sentimentale e letterario in voga al tempo. L’ambientazione medievale e il tema amoroso ricordano figure come Francesca da Rimini e Giulietta. La lettura in chiave sentimentale non esaurisce il senso dell’opera: realizzata nell’anno della seconda Guerra di indipendenza, essa nasconde un significato politico e patriottico; è, infatti, parafrasi del commiato del milite prima di partire volontario per la guerra. L’opera ebbe grande fortuna, diventando icona dello spirito risorgimentale (es. nel Senso di Luchino Visconti, 1954). L’efficacia esemplare dipende dai valori formali: essenzialità della rappresentazione, intreccio lineare che unisce i due amanti e soluzioni cromatiche di contrasto tra toni freddi e caldi.  Il tardo romanticismo dei Preraffaelliti > In Inghilterra il Romanticismo è rappresentato dalla Confraternita Preraffaellita fondata nel 1848 da alcuni giovani artisti il cui intento era quello di rinnovare la pittura inglese dalle artificiosità di quella accademica. Tra i componenti: il leader Dante Gabriel Rossetti, Hunt, Millais, Burne-Jones. Questi trovarono i loro modelli nella pittura italiana del Quattrocento anteriore a Raffaello e in quella del ‘400 fiammingo, sostenuti dal critico d’arte Ruskin che interpretava il Rinascimento come un periodo di decadenza. Temi e soggetti erano della letteratura medievale e religiosa. - Il recupero del passato diventava atto di protesta vs la società che, dopo la Rivoluzione industriale, si era adeguata alle leggi del mercato perdendo i valori della bellezza e dell’artigianato, a favore del prodotto in serie e del principio di utilità. A questo gli artisti contrapponevano i contenuti di un Medioevo ideale, intriso di sentimento, immaginazione, erotismo e spiritualità. Questo mondo arcaico in cui vi erano significati arcani e che era impregnato da onirismo, era reso con un realismo basato su forme e colori essenziali, sull’attenzione ai dettagli e sulla cura virtuosistica di ciò che è ritenuto difficile da imitare: chiome di capelli, velluti, ricami, iridescenze luminose. L’arte anticipa l’esperienza simbolista e il gusto decorativo di fine secolo. 2. L’architettura romantica > Architettura neogotica: i Romantici aspettavano del gotico il fatto che fosse visto come specchio della natura, per le sue linee che rimandavano alle foreste e agli alberi secolari; era ammirato per l’aspetto tecnico ed ingegneristico; era simbolo di religiosità cristiana ed era fattore di identità storica e culturale, in Francia e in GB. Si sentiva la necessità che gli edifici suscitassero emozioni e sentimenti, più che applicassero norme astratte. Perciò si diffuse l’esigenza di allontanarsi dalla semplicità, dalla gravità e dal rigore a favore di: spontaneità, originalità, autenticità e sincerità. L’architettura doveva comunicare una sensazione di religioso mistero, la natura, la tensione vs Dio, il movimento drammatico e la propria identità storica.  Neogotico in Inghilterra > Lunga tradizione del revival gotico fin dal ‘600. Nel ‘700 lo stile fu indirizzato a ottenere effetti emozionali in relazione all’ambiente e fu applicato nella progettazione di castelli, case di campagna e giardini. - Una nuova fioritura tra il 1740 e il 1840 si ebbe quando furono pubblicate una serie di opere sull’architettura medievale ad opera di Carter e Pugin. Gli studiosi sostenevano che il Gotico fosse superiore rispetto al classico perché esprimeva un concetto puro di architettura, la vera fede (cattolicesimo romano) e il genio del popolo inglese. 12 Ricco di una solida formazione classica, fondata sui valori di composizione e disegno, si rivolse allo studio della resa plastica della luce e a un uso delle variazioni tonali tese alla restituzione dell’impressione visiva. La fedeltà alle impressioni è per lui fondamento di un’arte sincera e capace di esprimere sintonia affettiva tra realtà interiore e quella della natura. Il suo metodo di lavoro era basato sull’osservazione diretta e la pratica en plein air per poter penetrare in modo realistico l’immagine, e la successiva rifinitura in atelier, che si connotava come momento di creatività. La cattedrale di Chartres (1830) Il pittore crea uno spazio figurativo unitario dove le varie forme si organizzano in un sistema cromatico fondato sul contrasto di singole variazioni tonali e sulla brillantezza. La gamma delle tinte dall’azzurro, al verde e al giallo, ha un ampio ventaglio intermedio di colori tonali. Gli alberi e l’edificio, così come lo spazio, sono definiti con chiarezza: la composizione contrappone linee architettoniche della facciata gotica al monticello opaco e con poca erba attraversato da una strada tagliata al bordo del dipinto. Le pennellate sono visibili.  I pittori del Realismo in Francia (Millet, Courbet, Daumier) > Jean-Francois Millet (1814-1875) Tra gli artisti della scuola di Barbizon, poi sviluppò una ricerca autonoma rispetto alla poetica del gruppo, divenendo uno degli esponenti principali del Realismo francese. I temi principali della sua opera sono tratti dal mondo contadino della campagna di Barbizon. Il socialismo umanitario emerge nella scelta di rappresentare la vita rurale con realismo, senza artifici, ma con partecipazione umana e senso del sacro. Il seminatore (1850) La figura del contadino unisce in sé il senso evangelico della “buona semina” e quello critico-ideologico riferito alle classi subalterne (l’uomo infatti veste i colori della Francia repubblicana). È rappresentato con un’aura quasi eroica nella solitudine e nella forza espressiva che rimanda all’antica lotta tra uomo e natura. L’Angelus (1857-59) Anche qui tematiche religiose e legame con la terra. Sullo sfondo vi è una campagna desolata e al crepuscolo, le figure monumentali di due contadini in preghiera sono in primo piano. La resa cromatica dell’atmosfera è centrale: predominano i toni caldi e i contrasti tra i colori complementari. La luce del tramonto illumina il terreno, lasciando i due protagonisti in gran parte in ombra. Le spigolatrici (1857) Stessi elementi compositivi e strutturali. Il soggetto è del proletariato rurale: contadine che dopo la mietitura, al tramonto, si recavano nei campi per cogliere le spighe rimaste in terra. Le tre protagoniste sono in primo piano, isolate dallo sfondo. Lo spazio è trattato in modo da aumentare il senso di vastità del paesaggio, che comunica profonda solitudine. L’orizzonte è alzato al di sopra del livello dell’occhio, la testa della donna a destra coincide con la linea, mentre le altre due sono piegate verso il basso e allungano la percezione delle linee di profondità. La vastità spaziale è aumentata tramite l’eliminazione del secondo piano, il punto di vista dell’osservatore è infatti posto poco più in alto rispetto alle donne. Anche la luce radente del crepuscolo aumenta i volumi delle figure, dando alle donne un aspetto scultoreo. Con procedimenti plastici e compositivi, Millet conferisce alle donne il valore di emblema della condizione di lavoro e fatica delle classi umili, riflettendo sul rapporto tra l’uomo e la terra. > Gustave Courbet (1819-1877) Capofila del movimento realista. Nasce a Ornans da genitori contadini, studia a Parigi ma si forma soprattutto autonomamente al Louvre dove riflette sui veneziani, fiamminghi, Vélasquez e Rembrandt. Dopo i primi dipinti romantici, nel 1848 fu testimone dei moti di Parigi, di cui condivideva gli ideali democratici, e fu in questo clima che maturò una pittura che avesse come tema la realtà contemporanea nei suoi aspetti più umili e materiali, espressa in un linguaggio oggettivo, privo di artifici. Il suo realismo non è solo riproduzione mimetica del reale, ma fa emergere la sua visione del mondo: le sue ricerche artistiche hanno come sfondo il socialismo libertario che lo portava a partecipare attivamente alle vicende politiche francesi. 15 Gli spaccapietre (1849) È il suo manifesto visivo, realizzato a pochi mesi dai moti rivoluzionari del ’48. Il quadro raffigura con essenzialità due operai e una cava. La scena è senza abbellimenti, si comunica il senso di un’esistenza anonima, fatta di lavoro massacrante, e lo si fa con indizi oggettivi come lo sforzo di alzare il paniere di pietre o il colpo della mazza verso il basso. Gli indugi emotivi sono evitati tramite una luce chiara e piatta che limita le ombre, definendo i dettagli materiali. La presenza materiale e tangibile dei personaggi è amplificata dalle dimensioni della tela e dallo sfondo costituito dalla terra scura della collina che spinge vs lo spettatore le figure. Un funerale a Ornans (1849) Il dipinto descrive il rito di sepoltura nella città natale dell’artista. Fu rifiutato dall’Esposizione universale per il Salon del 1855. Rottura totale con la tradizione pittorica precedente. Il sottotitolo è “Quadro di figure umane, storico”, dove per storico si intende la necessità di esprimere costumi, idee e aspetti della contemporaneità. L’arte per Courbet doveva essere viva. Il grande formato era riservato a soggetti storici, mitologici etc., mentre qui il soggetto è il funerale di uno sconosciuto di provincia al quale assiste la piccola borghesia rurale. Partendo dalla tradizione del ritratto di gruppo fiammingo, ogni personaggio è individualizzato nell’abito, nel volto e nella gestualità; la volontà di democratizzare l’arte rivolge l’attenzione su coloro che fino a quel momento erano rimasti ai margini della storia. A differenza delle scene di genere dedicate ai poveri fin dal ‘600, qui lo sguardo è onesto e distaccato. La composizione è a 3 fasce orizzontali: in alto il cielo, diviso da masse scure di colline e falesie, al centro la folla, in basso il terreno. I personaggi sono disposti a fregio, definendo un corteo che segue un movimento ondulato, distribuendosi attorno alla fossa. Le verticali e il vuoto della fossa crea una tripartizione anche verticale, che definisce l’ordine dei personaggi secondo la prassi ecclesiastica: sx officianti, centro uomini, dx donne. L’insistenza sul numero tre ha valore simbolico e religioso. Gli espedienti compositivi conferiscono all’intera immagine il senso di movimento della folla in processione. Il taglio fotografico lascia supporre il prolungarsi del corteo, la fossa appena scavata, solo parzialmente visibile, rimanda all’idea di un evento in presa diretta. Anche dal punto di vista cromatico vi sono aspetti non convenzionali: i pochi colori sono trattati con ampia variazione dei valori tonali. La combinazione di tonalità e colori aiuta a cogliere le forme e a individuare la posizione che i personaggi assumono, oltre a drammatizzare la scena. Nella fascia della folla predominano le tonalità scure. La distribuzione cromatica crea corrispondenze che rafforzano l’impianto compositivo: il cielo che passa da scuro a chiaro vs dx fa da contraltare all’andamento cromatico della folla, le figure in rosso delimitano la parte centrale e contrastano quella azzurra sul lato opposto. Le vagliatrici di grano (1854) Democratizzazione dell’arte. Il pubblico reagì con indignazione perché il pittore aveva messo in scena il degrado, al posto della bellezza idealizzata. L’atelier del pittore (1855) Sottotitolo: Allegoria reale che definisce una fase di sette anni della mia vita artistica e morale. Sintesi del percorso artistico e umano di Courbet. La composizione è di 3 parti: a dx committenti e amici del pittore che ne sostenevano l’attività, condividendone le convinzioni politiche, rappresentanti del progresso; a sx il popolo degli sfruttati, i poveri, gli sfruttatori e tutti coloro che “vivono della morte”; al centro l’artista mentre dipinge una veduta di Ornans, con una modella spogliata che allude alla ricerca della “nuda verità” e di un bimbo, simbolo dello sguardo incontaminato dell’infanzia. L’artista è mediatore tra due mondi opposti, ha una funzione sociale. I simboli e le allegorie sono presenti in tutto il quadro: natura morta con cappello piumato, spadino e chitarra che denunciano gli orpelli romantici, dietro la tela un modello maschile e un putto che scarabocchia rimandano all’arte accademica, etc. Il linguaggio è quindi reale e allegorico allo stesso tempo. Il mare in burrasca (1870) L’artista si dedica anche a ritratti, paesaggi marini, scene di caccia, nature morte floreali. Qui il linguaggio realistico si arricchisce di significati sottesi. È evidente il suo contributo all’evoluzione del genere paesaggistico. In questo dipinto sono escluse le presenze umane, vi è un primo piano ravvicinato di forte densità della materia dovuta all’uso della spatola, ne risulta una visione inquietante e intensa delle forze e della sacralità della natura. 16 > Honoré Daumier (1808-1879) Pittore, scultore, disegnatore e litografo. Fu repubblicano e progressista, trovò nella caricatura un linguaggio congeniale a manifestare le proprie idee, additando con spirito satirico, e attribuendovi valenza etica, le contraddizioni della borghesia dell’epoca. Dopo un’importante carriera come caricaturista sui giornali di satira politica e sociale, si dedicò dal ’48 alla pittura, con quadri di piccolo formato in cui la parodia cede il passo alla rappresentazione dell’umanità dolente e senza riscatto dei margini delle nuove metropoli. La lavandaia (1863) Sintesi del linguaggio pittorico: colori smorzati e tenui, sfondo sfumato, forme sintetiche e semplificate definite da una larga pennellata e da un forte risalto plastico ottenuto dalla variazione del chiaroscuro. Il vagone di terza classe (1863-1865) Fissa le nuove forme di vita sociale: in questo caso il pendolarismo. Le nuove masse operaie sono pigiate nelle carrozze, è evidente la distinzione in classi. Daumier descrive l’interno di uno scompartimento fiocamente illuminato. L’angustia dell’ammassamento è resa tramite una prospettiva non rigorosa e dalla parete dello sfondo. Non vi sono sentimentalismi, ma emerge la partecipazione e la solidarietà nei confronti di viaggiatori scavati dalla fatica. Il punto di vista è infatti interno alla scena, come se artista e spettatore fossero seduti in quello scompartimento.  Le vie del Realismo in Italia: i Macchiaioli (Lega, Signorini, Fattori) > I Macchiaioli furono un gruppo di artisti di varia provenienza che tra il 1855-67 si riunirono a Firenze, sviluppando un tipo di pittura fondata sul rapporto dei colori, stesi a “macchie”, potenziati dai contrasti di luci e ombre. Si sentiva l’esigenza di liberarsi dal linguaggio accademico romantico, affrontando la pittura di storia con maggiore realismo. Gli artisti si ritrovavano al Caffè Michelangelo, tra questi ricordiamo: Borrani, Sernesi, Cecioni. Il personaggio catalizzatore fu Diego Martelli, scrittore e critico d’arte aggiornato sulle tendenze d’Oltralpe. Il clima di rinnovamento trovò a Firenze un ambiente adatto per apertura culturale e mecenatismo del Granducato di Toscana, oltre che l’autonomia della tradizione pittorica locale rispetto alle tendenze romantiche dominanti. - Con macchia si intende un’accentuazione del rapporto tra scuro e chiaro attraverso macchie cromatiche elementari. Nella rappresentazione vengono valorizzate la sintesi, la semplificazione, gli effetti di luce e misure compositive equilibrate. La macchia assume il valore del colore e del tono: la luce non modifica il colore ma il tono, facendo sì che si abbiano colori che funzionano come luce e altri che funzionano come ombra. Si privilegia l’impressione determinata dall’azione della luce sulle cose, più che la resa del dettaglio. La struttura del dipinto è ridotta al rapporto di equilibrio tra tali valori, e perciò il disegno scaturisce dalla connessione delle macchie cromatiche e non dalla linea di contorno. Disegno preparatorio e linea di contorno sono infatti considerate astrazioni grafiche che non hanno riscontro né in natura né nella percezione. > Momento principale della storia del movimento fu il 1859: la sperimentazione della macchia si ampliò dal quadro storico a una varietà di soggetti e temi. Tematiche: o Il paesaggio: era reso en plein air, per la presa diretta della luce nelle varietà locali e di atmosfera. I principali ambienti paesaggistici furono quello della Maremma e della campagna limitrofa di Firenze. o Momenti quotidiani di vita rurale: il significato dell’opera scaturiva dal rapporto tra forma e contenuto. Ne emergeva una sorta di umanesimo contadino legato ai ritmi dei lavori stagionali, fedele alle tradizioni e ai valori della famiglia e della solidarietà. o Aspetti della vita domestica della piccola borghesia . Il mondo che ne emerge è tranquillizzante e di valori tradizionali contrapposti al tumulto della vita moderna cittadina. o Quadri di soggetto risorgimentale: episodi bellici delle guerre di indipendenza. I toni non sono celebrativi e retorici, ma privilegiano la dimensione umana e intima dei protagonisti. > Silvestro Lega (1826-95) Ricerca figurativa basata su un’intensa scansione cromatica. Necessità di controllo sulla forma pittorica che con la macchia rischiava la dissoluzione. Recupero delle radici figurative e compositive della pittura quattrocentesca. I suoi temi sono la vita quotidiana borghese, di cui coglie gentilezza, semplicità e umanità antica. La visita (1868) Scena rurale di ricevimento degli ospiti. La struttura è rigorosa e di stampo classico. Il lirismo è dato da un equilibrio cromatico e da gesti naturali. Le zone di colore scandiscono lo spazio. 17 La composizione è divisa diagonalmente in due dal corpo della donna: nella parte inferiore tonalità chiare, superiore molto scure. La dialettica dei contrasti è resa anche dagli accostamenti tra toni caldi e freddi. La luce è frontale ed elimina il chiaroscuro appiattendo la prospettiva. Le pennellate larghe e sommarie creano contrasti tra zone ampie di colore piatto, rifiutando la rifinitura e accentuando le potenzialità cromatiche. Il mazzo di fiori è già impressionista. Il bar delle Folies-Bergère (1881-1882) Periodo in cui frequenta maggiormente gli Impressionisti, anche se non partecipa mai alle loro esposizioni. Frequenta Argenteuil, cittadina di campagna vicino Parigi, dove Monet si recava spesso con Renoir. Qui si converte all’Impressionismo appassionandosi allo studio della luce, alla tecnica della pennellata spezzata e a una tavolozza molto chiara. Le suggestioni sono evidenti nella sua produzione finale. La critica reputa quest’opera la più completa dichiarazione della poetica dell’artista. Ambientata in un bar, sintetizza elementi della sua pittura: sguardo realistico alla società, amore per la natura morta, approfondimento psicologico. La struttura è simmetrica e impostata sul taglio orizzontale: il primo piano è occupato dalla natura morta degli oggetti del banco; il piano intermedio dalla figura della cameriera e lo sfondo è costituito dal riflesso della sala nello specchio, che copre quasi l’intera superficie della tela. La profondità è data dalla sovrapposizione di piani prospettici. I piani sono diversificati dal tipo di pennellata: ampia e solida per gli oggetti e la donna, frantumata vs il fondo. Il dipinto può essere letto come riflessione sulla pittura, legata al tema dello specchio e dello sguardo. Vi sono infatti sguardi incrociati: lo specchio riflette ciò che la ragazza vede davanti a sé, si arriva alla fusione tra il dipinto e il riflesso, tra il reale e l’apparenza. L’equivalenza tra il mondo e la sua immagine, alla base dell’illusione pittorica, è contraddetta però dal punto di vista dello spettatore: la posizione frontale della ragazza, infatti, implica il punto di vista centrale, ma vi è il riflesso della schiena della donna e dell’uomo col quale essa parla, che dovrebbe di conseguenza starle davanti, coprendola alla vista. Il pittore e l’osservatore dovrebbero perciò occupare successivamente o simultaneamente due posizioni diverse: una centrale, una di lato. La prospettiva è incerta e offre molteplici punti di vista, contenendo personaggi che nello spazio reale non esistono. In questo modo, Manet mette in crisi il concetto di arte come imitazione del reale, inaugurando quello di pittura-oggetto, secondo cui il quadro si riduce alla sua materialità, come sola rappresentazione di macchie, luce e forme. (Foucault) > Edgar Degas (1834-1917) Rappresenta la linea realistica dell’Impressionismo: la volontà di dipingere ciò che si vede dal vero si unisce in Degas a quella di ottenere l’effetto della visione momentanea, dando colpo all’impressione della percezione di una figura o di una scena. Egli sceglie di rappresentare temi legati alla società dell’epoca, facendo attenzione ai vari tipi umani e alle loro psicologie. L’assenzio (1873) Esempio di fusione tra realismo e impressionismo. Il pittore si colloca come osservatore diretto e distaccato di una realtà di solitudine e sofferenza: quella di due avventori di un caffè parigino, una prostituta e un clochard. La scena non è dipinta dal vivo, non ci sono studi preparatori sulla luce nei caffè: il quadro è risultato di ripensamenti e correzioni dell’impianto compositivo che rivela la volontà di realizzare dipinti di grande controllo formale. La composizione è sbilanciata a destra per dare l’idea di una visione improvvisa, fortuita; ma l’immagine è rigorosa, risultato della somma della prospettiva inclinata, che per la particolare disposizione dei tavoli determina un andamento spezzato in profondità, e il taglio fotografico che estende l’immagine oltre il quadro. Il tavolo in primo piano apre lo spazio vs chi lo guada, mentre a dx la posizione dell’uomo amplia il campo visivo, rendendo la percezione della transitorietà. Lo sbilanciamento della composizione serve per rafforzare l’isolamento delle figure. La lezione di ballo (1871-74) Per Degas il paesaggio è uno spazio di forme in movimento. Lo sperimenta soprattutto nella serie di dipinti ispirati alle corse dei cavalli e in quelli che ritraggono il mondo della danza e del teatro. In questo caso l’impressione è quella del momento in cui il maestro di danza controlla i passi di una ballerina, alla presenza di altre allieve. La scena è ripresa dal buco della serratura, è strutturata secondo un taglio fotografico. Il senso di naturalezza è dato dai singoli gesti e dagli atteggiamenti dei personaggi. Degas non rifiuta il disegno, né l’uso del bianco e del nero. L’atmosfera è resa da una luce soffusa che rende i tutù evanescenti e dinamici, resi con la tecnica che avvicina il pittore agli impressionisti. Piccola danzatrice di 14 anni (1878-81) 20 Nella scultura produce figure di ballerine e cavalli modellati prevalentemente in cera, attraverso cui studia i movimenti dei soggetti in funzione della produzione pittorica. Alla mostra del 1881, espose questa scultura in cera dipinta, successivamente fusa in bronzo. La figura è completata da capelli veri, tutù di tulle bianco e scarpe di raso, e anticipa le tecniche di assemblage dell’arte novecentesca. Serie di nudi di donne che fanno il bagno, si lavano, si asciugano, si strofinano con l’asciugamano, si fanno pettinare (1886) Degas rifiuta l’etichetta di impressionista, pur stando vicino alla causa dei membri del gruppo. Nel 1874 partecipò alla prima mostra con dieci quadri, restò fedele al movimento fino all’ultima esposizione del 1886, in quest’occasione presentò questa serie di pastelli. In questi lavori Degas ferma in un’istantanea immagini di soggetti a loro insaputa: dimensione fotografica che diventa strumento distruttivo dello spazio pittorico tradizionale, nonché modo diverso di intendere il rapporto tra l’artista e il mondo. La tinozza (1886) Qui il punto di vista è molto alto, determina uno scarto percettivo tra la mensola a dx e la stanza che acquisisce così profondità. Le due parti sembrano osservate da puti di vista diversi: si scardina l’unicità della visione. Il profilo del corpo della giovane ha una movenza che rimanda alla forma circolare della tinozza, dalla quale si distacca per un contrasto cromatico. Il pastello conferisce all’insieme un effetto intenso e vibrante. Anche le ombre sono costituite da tratteggi incrociati che costruiscono volumi, una linea blu percorre i contorni sottolineando l’effetto di controluce. A livello iconografico i pastelli propongono una nuova concezione estetica della bellezza femminile, che si rivela in modo oggettivo nella verosimiglianza anatomica e dei gesti quotidiani. Le due stiratrici (1884-86), Ballerine in rosa e verde (1890) Nella fase finale della sua carriera, limita la pittura a olio per una grave carenza alla vista. Perciò realizza opere con pastelli a cera e a olio, e sculture. Nei pastelli si avvicina molto agli Impressionisti, con immagini più granulari e spezzate, che accentuano la sintesi delle forme, intensificandone sfumature e luminosità. > Claude Monet (1840-1926) È l’artista più consapevole e radicale nel conseguire gli obiettivi stilistici del gruppo. È fedele programmaticamente al paesaggismo e alla pittura dal vero. Concentrò la sua ricerca nella resa della percezione istantanea dell’immagine fuggevole, nello studio della luce riflessa e nella tecnica coloristica. Di primaria importanza la visione dell’artista, non l’oggetto di tale visione; il modo di dipingere, non la cosa dipinta. Fin da subito, le sue tele sono caratterizzate da luminosità e studio dell’atmosfera, soggetto che sviluppo per tutta la carriera facendo uso di colori puri accostati ai complementari. Le forme sono sintetiche, le pennellate libere. Nelle opere giovanili lo spazio è delineato con piani orizzontali, percorsi da lunghe prospettive, mentre nella maturità si privilegiano effetti atmosferici e luministici, così che la profondità appaia più evanescente e indefinita. La Grenouillère (1869) Momento fondamentale del percorso vs la definizione della pittura impressionista furono i soggiorni a Bougival quando dipinse il paesaggio circostante con Renoir, ottenendo uno stile capace di catturare forme e colori sfuggenti dei riflessi della luce e degli alberi sull’acqua in movimento continuo. L’esito maturo di tale ricerca sono i dipinti en plein air dal 1872 al 1878 ad Argenteuil. A Bougival i due artisti andarono nell’estate 1868, più volte si recarono a dipingere la Grenouillère che era un caffè all’aperto con una forma galleggiante sulla senna, luogo di ritrovo della borghesia parigina. Gli artisti si dedicarono alla ricerca di innovazioni formali della pittura en plein air, al fine di evidenziare le percezioni dei riflessi di luce. I due pittori sperimentano una pittura di strati di colore piatti, stesi in pennellate ricche di pigmento, spezzate e brevi che accostano, senza fondere, i colori. Monet: Si concentra sulla resa di un continuo movimento cromatico della scena. La piattaforma è allontanata in modo prospettico con un punto di vista ribassato. I personaggi sono cifre di colore. Parti luminose e in ombra conferiscono profondità all’immagine. Lo sfondo è trattato in maniera innovativa: l’ocra sintetizza una fila di alberi. Renoir: La sua tela trasmette maggiore allegria e vitalità. C’è più interesse alla resa dei personaggi e dei loro atteggiamenti e abiti. La resa del movimento dell’acqua e dei riflessi è differente: i tocchi del pennello sono soffusi, indistinti, direzionati in modo diverso, l’impasto è chiaro, e frantumano la luce in piccole macchie di colore. Impressione, sole nascente (1872) 21 È il quadro paradigmatico del movimento: eseguito a Le Havre all’alba, esposto alla prima mostra del gruppo. L’intenzione è quella di rappresentare l’effetto luminoso, è la luce della natura che diventa il soggetto del quadro. Boulevard des Capucines (1873-74) Si avvicina alla resa della vita moderna della metropoli nello stesso modo in cui rende i paesaggi naturali. In questo caso il soggetto del quadro è il movimento della folla sul selciato bagnato. La stazione Saint-Lazare (1877) Interessato alle variazioni della luce, la dipinge in più versioni. Per rendere il fumo, gli oggetti in lontananza, il movimento dei passeggeri e dei lavoratori, inventa una nuova tessitura di pennellate di materia densa, irregolari e distese uniformemente su tutta la composizione senza distinzioni di forma. Quest’opera apre l’esperimento delle serie pittoriche dagli inizi degli anni ’90: il soggetto è articolato nelle diverse e mutevoli condizioni di luce, con le attenzioni cromatiche generate sulle superfici I Covoni (1891) Perdita di interesso per il soggetto, ci si rivolge solo agli effetti di luce sulle forme. Le forme diventano arbitrarie, dinamiche, mutevoli. La precisione è rivelativa perché dipende al momento in cui un’opera è dipinta: è solo la luce che plasma e colora. Come la forma, i colori sono privi di una realtà di fatto. La forza della pittura pura sconvolse figure come Kandinskij che, dopo aver visto questi quadri nel 1905, concepì un nuovo modo di fare arte figurativa. La Cattedrale di Rouen (1892-93) Circa 50 dipinti del portale medievale della cattedrale. Il tema è la luce che investe la superficie della facciata gotica, riflettendo e frantumandosi nei rilievi scolpiti, nelle guglie e nelle statue. La stessa forma architettonica, ravvicinata e privata del consueto rapporto con lo sfondo, sembra dissolversi. Ninfee (1914-26) Dal 1890 lo Stagno con ninfee è il tema preferito di Monet, ripreso in oltre 250 dipinti: nel giardino di casa sua a Giverny, fa costruire un lago artificiale protetto da alberi frondosi e circondato da un’enorme varietà di piante, così da poterlo dipingere in tutte le condizioni di luce, colore, atmosfera. L’obiettivo è quello di ritrarre quel soggetto naturale che diventa metafora della vita e della sua varietà fenomenica. Vengono meno gli oggetti e le forme nelle loro volumetrie solide e riconoscibili plasticamente. Se all’inizio del suo percorso, lo scopo era quello di rappresentare l’unicità di un attimo, con le serie Monet vuole cogliere il cambiamento e il continuo fluire. Il dissolvimento percettivo delle ultime opere fa sì che la forma si dissolva verso l’autonomia espressiva della materia cromatica. Nel progetto decorativo Ninfee, pannelli di grandi dimensioni pensati per costituire una continuità visiva che avvolgeva lo spettatore nelle sale ellittiche dell’Orangerie, il giardino invernale diventa una sorta di opera d’arte totale. Si richiede la partecipazione alle sensazioni che il dipinto genera. Dal 1914 si dedica al progetto con la volontà di cogliere la variabilità del reale e la tensione vs l’infinito. Il metodo pittorico consiste nell’isolare un frammento piccolo dello stagno e riprodurlo a grandezza naturale su una tela delle stesse dimensioni del soggetto. L’effetto finale nega l’idea di realtà, inaugurando un nuovo senso dello spazio, che proietta la pittura vs l’arte astratta. Volumi trascurati a vantaggio di effetti tattili e luminosi; pennellata leggera, fluida; tonalità dominante fredda; impasto pittorico grumoso e denso. > Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) Rappresentò la festosa partecipazione al mondo del suo tempo e la gioia di vivere. Il momento decisivo coincide con quello di Monet nel 1869 a Bougival: il suo linguaggio si definisce nell’indeterminatezza delle pennellate brevi e leggere, nei colori caldi e luminosi; il soggetto si dissolve nelle macchie cromatiche che danno alla scena un senso di vitalità e felicità. Ballo al Moulin de la Galette (1876) Le intuizioni figurative di Bougival vengono poi approfondite in opere che esaltano la bellezza del corpo, l’emozione della natura e la felicità di vivere. In questo caso la scena è di vita moderna e si svolge nel giardino di un popolare locale di Montmartre. Ritrae amici che conversano sullo sfondo di una folla di giovani che ballano, la scena diventa occasione per riprodurre un’atmosfera festosa e spensierata di ritrovo. L’immagine sembra osservata dal vero per la naturalezza dei personaggi in diverse situazioni e psicologie. L’interesse è la resa degli effetti luministici, filtrati attraverso le fronde degli alberi, determinando una vibrazione cromatica che il pittore registra con tocchi diffusi di colore. 22 Le pennellate sono fitte e diverse per ogni parte del quadro: per l’erba sono a tratti incrociati, tocchi morbidi nel cielo, orizzontali nell’acqua; queste sono pensate in un secondo momento per accentuare l’effetto d vibrazione della luce sul paesaggio a contrasto con le figure statiche. La Grande Jatte (1884-86) Fénéon, tra i primi giornalisti e critici d’arte del movimento, intuì la portata innovativa di questo dipinto, esposto all’ultima mostra impressionista del 1886, e per l’occasione coniò il termine Neoimpressionismo che evidenziava la matrice impressionista nell’interesse per la luce e la percezione, pur ribadendo il nuovo orientamento per cui essa era concepita come entità da analizzare e scindere sulla tela, attraverso un approccio obiettivo e scientifico di rientro in atelier. In questo caso non è il tono azzurro dell’acqua a inquadrare la scena, ma il verde piatto del prato, alternato in zone astratte più chiare o più scure. La folla non è spontanea: le figure sono collocate a coppie, a gruppi di tre, da sole; sono o di spalle o di profilo, sedute ad angolo retto, distese orizzontalmente o in piedi, rigorosamente verticali, come delle colonne. Più che persone, sembrano manichini inseriti in uno scenario teatrale. La disposizione sacrale rimanda anche in questo caso a Piero della Francesca: ma vi è di fondo un’ironia per una società troppo formale. La composizione è pensata e realizzata in studio, c’è però un’ampia raccolta di disegni, schizzi e tavole a olio che testimonia studi dal vero. Ci sono anomalie prospettiche. Al centro del dipinto ci sono le uniche due figure in posizione frontale, lo sguardo della bambina è l’unico rivolto allo spettatore. Les Poseuses (1888) Emerge qui un altro aspetto del suo lavoro: la consapevolezza dell’autonomia della pittura dalla fotografia e dalla realtà. Le tre figure sono statiche ed evocano il modello classico delle Tre Grazie. La scena segue il principio della scatola cinese: siamo nello studio del pittore e allo stesso tempo vediamo La Grande Jatte di scorcio sulla sinistra. La cornica è dipinta a puntini e delimita un buio da cui emerge la luminosità del dipinto. > Paul Signac (1863-1935) Approfondì gli studi di Seurat sulla vibrazione luminosa, restituita da mosaici di puntini di colori brillanti. La sua pittura si accompagnò a una densa elaborazione teorica che portò al testo Da Eugène Delacroix al Neoimpressionismo, del 1899, che fu di riferimento sia per gli artisti di quella tendenza che per Matisse. > Paul Cézanne (1839-1906) Dopo una prima adesione al gruppo degli impressionisti, con cui espose nel 1874 e poi nel 1877, intraprese un percorso autonomo. La sua vicenda artistica si svolse quasi interamente in Provenza, lontano dai dibattiti artistici parigini. Il riconoscimento del pubblico arrivò lentamente, potette continuare a dipingere grazie al suo patrimonio familiare: i suoi quadri venivano rifiutati e la sua prima personale arrivò solo nel 1895. La casa dell’impiccato (1873) Dopo una prima fase dai toni cupi, ispirati al Romanticismo e Courbet, in quest’opera si avvicina i colori sono variazioni tra ocra e avorio, verde e azzurro, non ci sono ombre p abitanti; l’interesse è verso la struttura delle cose. Il contributo di Manet e di Pissarro si scorge nell’abbandono dei colori scuri e nell’adozione di una pennellata frammentata. Il quadro è caratterizzato da piani solidi che si incastrano, sagome tridimensionali accentuate dalla pennellata carica di colore. Lo scopo della pittura di Cézanne è dare sostanza e solidità alle cose: partiva dipingendo dal vero, cogliendo quella che definiva “piccola sensazione”, per poi depurare l’immagine dall’aspetto momentaneo, studiando in profondità il soggetto, al fine di superare l’apparenza delle cose. Per questo si affidava alle forme geometriche pure, per lui “tutto in natura è formato da sfera, cilindro e cono”. La mente umana percepisce la natura secondo griglie geometriche regolari, dalle quali si parte per la composizione del dipinto. Si dedicò principalmente a tre generi di soggetti: nature morte, figure e paesaggi. Bagnante (1885) Soggetti tipici della tradizione ai quali Cézanne dà vita attorno agli anni ’70. In questo caso il giovane ritratto che si incammina verso di noi presenta una pratica nuova per il tempo: il modello non è osservato dal vero, ma è una fotografia da cui dipinge in studio. Il nudo è lontano dalle pose eroiche e dalle forme degli atleti, anzi è fragile e incerto. I giocatori di carte (1890-95) È una delle 5 versioni di questo soggetto studiato mentre era in Provenza. L’interesse è rivolto alla logica del gioco, che si intreccia nel rigore della rappresentazione pittorica. 25 La prima opera prevedeva 5 figure con un’ampia gamma di colori e una profusione di linee curve, ora ci si concentra sulla partita a due. Lo schema geometrico conferisce una dignità classica. Lo spazio è costruito su griglie orizzontali e verticali, l’immagine appare lievemente fuori centro perché sia il tavolo che il riflesso della bottiglia, che ha la funzione di asse ideale, risultano spostati a dx. la finestra a sx bilancia la composizione. L’opera è tutta basata sulla simmetria e la specularità: il giocatore di sx è fatto di cilindri rigidi, ha una giacca blu e pantaloni gialli, quello a destra e fatto da piramidi flosce e ha giacca gialla e pantaloni blu. L’unico altro colore è il bruno-ocra, con cui Cézanne disegna il tavolo, la tovaglia, l’infisso della finestra e i due volti. Tutto il dipinto è costruito su abbassamenti di tono di tre colori fondamentali: blu, giallo e rosso. Tutto il quadro parla di una relazione tra uomini che è anche scambio e opposizione. È dipinto il senso dell’azione e la sua logica. Montagna Sainte-Victoire (1892-95) poi (1904-06) Questo soggetto fu fonte continua di ispirazione e ricerca: la dipinse ogni volta da prospettive lievemente diverse e con diverse soluzioni tecniche, per raggiungere progressivamente una sintesi strutturale che ne cogliesse l’essenza. Nel primo quadro la montagna è sullo sfondo, in primo piano le case sono volumi senza finestre e una linea orizzontale divide in 2 il dipinto. I colori sono ocra, verde e azzurro e permettono di percepire il paesaggio e la vegetazione. Nel secondo dipinto la montagna è un’apparizione, una vetta azzurra irraggiungibile, i contorni sono sfumati, le macchie di colore sommarie. La superficie è quasi astratta e antinaturalistica. La mostra retrospettiva del 1907, fatta a un anno dalla morte di Cézanne, segnava il punto di partenza ideale per Picasso e Matisse. Donna con caffettiera (1895) Anche nei ritratti Cézanne ha un atteggiamento di analisi minuziosa. La lentezza della pennellata era frutto di uno studio accurato del soggetto. Il colore è spesso opaco. La costruzione architettonica della figura prevale sull’aspetto narrativo ed emotivo dei personaggi, e anche sui colori che si riducono a verde, ocra e azzurro. I ritratti sono in tutto circa trenta. In questo caso la donna è una montagna blu dall’impalcatura solida, piantata nella stanza con una ruvida espressione. A destra una caffettiera che diventa sospesa su un tavolino piatto e senza prospettiva, forme solide e lineari che bilanciano quelle morbide e circolari oltre l’asse ideale della figura: i fiori della carta da parati. Natura morta con mele e arance (1899) Ciclo di sei composizioni di respiro monumentale. Mele e arance sono sfere colorate, solidi su piani inclinati, paesaggi mentali che superano l’intimità domestica. Cerca e fissa il punto di equilibrio, superando la descrizione prospettica tradizionale e fornendo di ogni oggetto punti di vista molteplici. Cèzanne fu fonte di riflessione per gli artisti delle avanguardie. > Vincent Van Gogh (1853-1890) La sua pittura racconta lo squilibrio delle sue emozione, la gioia di fronte alla natura, il bisogno di relazioni, il dolore del suo disagio mentale, lo smarrimento e l’eccitazione di ogni uomo di fronte a se stesso. Fu autodidatta con un successivo breve apprendistato dal cugino paesaggista Anton Mauve. I mangiatori di patate (1885) Opera più significativa del primo periodo. Ci sono circa 50 studi preparatori per esprimere la povertà e la durezza della vita dei campi. 5 contadini al tavolo dividono la cena quotidiana: il piatto di patate sprigiona vapore che avvolge l’unica figura di spalle. Sul tavolo non ci sono piatti, solo tazzine con un liquido scuro e denso. La luce della lampada a olio illumina con violenza i visi deformi e grotteschi dei contadini, gli occhi incavati, le labbra grosse e le mani ossute. In una lettera al fratello Theo, l’artista dichiara come l’intento del quadro fosse quello di evocare il lavoro manuale e come quei contadini si fossero guadagnati il cibo onestamente. La camera da letto (1888) Nel 1886 avvenne la svolta: Van Gogh arriva a Parigi ed entra in contatto con gli Impressionisti e con Tolouse-Lautrec, Seurat e Gauguin. Abbandona i toni scuri dei dipinti precedenti e abbraccia i complementari, in particolare la coppia giallo-azzurro. Le pennellate sono energetiche, segue i dipinti delle cose dipinte, a tratti spezzati, inclinati, circolari: il quadro diventa riflesso dell’emotività dell’artista. Si spinge poi in Provenza ad Arles per realizzare il sogno di una comunità di artisti che vive e dipinge insieme. Qui dipinge paesaggi pieni di sole e di gioia a contatto con la natura e i suoi celebri girasoli. 26 È qui che dipinge anche questo dipinto: nella sua stanza da letto tutto appare in ordine ma nulla è stabile. La prospettiva è deformata, come se la superficie del dipinto fosse quasi convessa, il letto si dilata vs di noi, i quadri sporgono dalle pareti, i mobili sono schiacciati verso il fondo e mostrano punti di vista diversi. Il colore rimanda alle stampe giapponesi. La convivenza con Gauguin diventa insostenibile e l’epilogo è l’aneddoto per cui Van Gogh fuggì da Arles, mutilandosi l’orecchio. Autoritratti (1887, 1888, 1889) Sono rappresentazioni di come egli percepisce il suo ruolo: un personaggio non integrato nella società, ma capace di vedere oltre i confini consueti, come un veggente o una guida per la società stessa. Nei suoi ritratti descrive i suoi stati d’animo. La stesura pittorica cambia di volta in volta. Seminatore (1889) Fase in cui i suoi soggetti, dai toni cupi, rischiarati da luci livide, si ispirano alla vita contadina descritta da Millet. Quest’opera riprende quella omonima del 1850 del pittore anche nel suo valore morale: il lavoro umile diventa un atto sacro che unisce l’uomo alla terra. La chiesa di Auvers-sur-Oise (1890) Lascia la Provenza nel maggio 1890 e torna a nord di Parigi, ad Auvers-sur-Oise. Qui a giugno dipinge la chiesa come una gemma incastonata in un vibrante e traballante paesaggio. La pittura è fatta di onde, tratti e punti: i due sentieri in primo piano dilatano la composizione e sono resi a piccole pennellate spezzate, le forme sono instabili e vacillano sotto il nostro sguardo. La scena è dominata dal blu. La notte stellata, Campo di grano con mietitore (1889) Ad Arles Van Gogh aveva raggiunto il pieno dominio del colore. La sua consapevolezza compare nella notte stellata di giugno nell’ospedale psichiatrico dove si trovava a seguito di una crisi di nervi, e nella giornata abbagliante dipinta due mesi dopo. I due quadri diventano espressione di due opposti ma identici nell’esaltazione di due stati luminosi. Entrambi i dipinti sono costruiti con la linea ascendente verso destra dell’orizzonte, nella notte il cielo è protagonista, nel giorno è la distesa di grano. Campo e cielo si corrispondono nelle pennellate a vortici. Nella notte sembra che il cielo rappresentato sia in realtà un paesaggio interiore: sull’azzurro si agitano forze contrapposte, vortici che si scontrano; stelle e luna vibrano in aloni concentrici. Lo scontro è cromatico e amplificato da pennellate circolari. Dipinge sia la sua angoscia che la sua adesione alla natura. Nel giorno c’è anche una figura umana: compare con uno scarto dimensionale rispetto alle fascine, ne spiega la simbologia a Theo dicendo che esso rappresenta la morte, ma una morte che non è qualcosa di triste, ma che succede nella piena luce del sole. L’azione del contadino assume un significato esistenziale: al gesto creatore del seminatore che diffonde la vita, si contrappone il taglio del falciatore che porta alla morte. Campo di grano con corvi (1890) A luglio il tema dominante diventa l’oro dei campi, su cui volano corvi neri che indicano il disagio di quei giorni, che si concluderà con il suicidio. > Paul Gauguin (1848-1903) Cresciuto in Perù, trascorse la sua infanzia a Lima e la sua adolescenza come marinaio in giro per il mondo. Si trasferì a Parigi nel 1872, fu impiegato di banca e marito devoto fin quando non fuggì in Bretagna nel 1886. Nel 1888 andò da Van Gogh ad Arles, ma poi tornò prima in Bretagna e poi in Polinesia dove sarebbe morto nel 1903. Il suo ingresso nella pittura fu tardo e da autodidatta: la visione impressionista per lui andava superata attraverso una rappresentazione del mondo interiore. Il mezzo per raggiungere tale visione era il colore o Il periodo bretone Sulla costa della Bretagna si interessò alle antiche tradizione e al folklore del luogo. Diceva di trovarci il selvaggio e il primitivo: fu affascinato dalle cerimonie e dalle forme di devozione popolari, dai costumi, dagli oggetti; traduceva tutto a modo suo in composizioni semplificate circondate da profili neri e riempite di colore piatto acceso e violento secondo una modalità che prende il nome di Sintetismo. La visione dopo il sermone (1888) Contiene tutti gli elementi della poetica di Gauguin. L’artista vuole rappresentare il sentimento che induceva le persone a credere di vedere la lotta di Giacobbe con l’Angelo all’uscita dalla chiesa, dopo averne ascoltato il racconto in un sermone. 27 La commissione del Salon del 1898 la rifiutò. La Cattedrale (1908) Il corpo è fonte continua di ispirazione per Rodin, che lavora anche su parti separate della figura, elaborando una poetica del frammento che avrebbe avuto grande fortuna nel Novecento. Si tratta di frammenti del corpo come elementi autonomi e indipendenti dalla figura, concepiti singolarmente. In questo caso sono accostate due mani destre provenienti da diversi modelli. L’opera è sintesi simbolica e formale di architettura, spazio e figura.  Il Simbolismo Si propose come reazione alla poetica realista e naturalista della cultura europea. Il Simbolismo coinvolse anche la letteratura, dalle influenze di Baudelaire, la musica, elaborando le suggestioni di Wagner. Più che un movimento artistico unitario fu un clima culturale legato alla filosofia, in particolare a figure come Bergson, che attribuivano all’intuizione un ruolo fondamentale, cioè alla comprensione emotiva delle cose, al di là della mediazione della logica. Alla radice vi era la crisi della fiducia nei metodi conoscitivi razionali, i temi preferiti furono il sogno, il mistero, l’erotismo. I precursori furono: > Gustave Moreau (1826-98): usò il mito, le storie bibliche e le leggende medievali per evocare visioni incantate e inquietanti, mondi sotterranei o sospesi, misteriosi o dolenti. > Pierre Puvis de Chavannes (1824-98): si dedicò a cicli di affreschi di ispirazione classica, dai toni freddi e opachi con una gamma limitata di colori. Le sue sono composizioni allegoriche, pacate e malinconiche. Le figure hanno gesti bloccati, sono immerse in una natura immobile, dove regna un senso di attesa indefinibile.  Il Divisionismo In Italia il messaggio simbolista fu recepito da pittori che trassero ispirazione dal Puntinismo di Seurat e Signac, il movimento fu ribattezzato in Divisionismo. La visione scientifica francese era però rifiutata, ci si concentrò invece sulla natura, sui problemi sociali e su pennellate allungate e sovrapposte, anziché giustapposte come nel gruppo francese. Il gruppo fece la sua apparizione ufficiale nella Triennale del 1891 a Milano. > Giovanni Segantini (1858-99) Influenze di Millet: sul quale esempio approfondì il desiderio di una vita appartata, permeata da uno spirito religioso. Nel 1886 si trasferì sulle Alpi. Mezzogiorno sulle Alpi (1891) Interesse preciso per la vita dei pastori e dei contadini e per i valori naturali. La luce divisionista assume un valore simbolico e mistico. Non è presente l’astrazione dei Puntinisti. La pittura si caratterizza per effetti luministici, spesso spettacolari e dipinti en plein air. > Angelo Morbelli (1853-1919) Dipinti improntati a ideali socialisti e alla letteratura verista, resi da contrasti luminosi vibranti. Dal 1883 si dedicò alla vita nel Pio Albergo Trivulzio, un istituto milanese per anziani soli, dove l’artista allestì il proprio studio. Il ciclo fu esposto alla Biennale di Venezia del 1903. > Gaetano Previati (1852-1920) Si formò a Milano nel clima della Scapigliatura. Il suo Divisionismo è fatto di pennellate sottili e filamentose, in aloni luminosi che avrebbero poi suggestionato Boccioni. Maternità (1890-91) L’opera suscitò polemiche alla Triennale di Milano del 1891, per lo stile e per il significato oscuro. Il dipinto gli procurò contatti col Simbolismo europeo. > Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907) Si formò alle Accademie di Milano e Bergamo, ma anche con Fattori a Firenze. La scelta di includere la provenienza nel proprio nome, testimonia l’attaccamento a quella terra contadina in provincia di Alessandria, che lo portò a indagare temi sociali. Il quarto stato (1898-1901) Qui descrive una manifestazione di contadini e operai ambientata a Piazza Malaspina a Volpedo. Le tre figure in primo piano, disposte secondo una linea a cuneo, simboleggiano le componenti della società: la forza lavoro intesa anche come maternità. 30 La linea retta delle ultime teste si contrappone a quella curva dei piedi. L’avanzata delle masse lavoratrici è inevitabile e descritta da una calma onda. Il vuoto in primo piano evoca e suggerisce il senso di avanzamento dei protagonisti. 2. Secessioni e Art Nouveau > Tra l’ultimo ventennio dell’Ottocento e la Prima Guerra Mondiale, negli anni della Belle époque, in Europa e in America si affermarono tendenze artistiche coerenti tra loro dal punto di vista stilistico, contraddistinte dalla contaminazione tra ambiti espressivi e da un gusto raffinato e decorativo: Art Nouveau in francese, Liberty in inglese e in italiano, Modernismo in Spagna, etc. fu il primo stile internazionale di così ampia portata nel mondo moderno. Questa tendenza passò attraverso le Secessioni: movimenti artistici caratterizzati dalla volontà di rottura con l’arte ufficiale, queste si ebbero in Germania e a Vienna.  Le Secessioni in Germania > La Secessione di Monaco fu guidata nel 1892 da Franz von Stuck, pittore e organizzatore culturale, attraverso la rivista “Jugend”. L’artista era influenzato da Arnold Bocklin (1827-1901), interprete del simbolismo che avrebbe poi ispirato anche Ernst e De Chirico. Bocklin concepiva l’antichità come epoca d’oro dell’umanità, il sogno perduto di un’armonia mediterranea in cui uomo e natura vivevano in perfetta fusione. A Firenze dipinse L’isola dei morti (1883), abitata da personaggi misteriosi e inquietanti. Sulla piccola barca una figura fasciata di bianco precede una bara; l’isolotto verso cui si naviga si apre con un’insenatura concava tra le quinte rocciose dove svetta un bosco di cipressi. Von Stuck derivò da quest’arte le visioni simboliste misteriose e notturne, come nel suo quadro Il peccato (1909) che raffigura una moderna Eva. > La Secessione di Berlino, nata ufficialmente nel 1898, ma in atto già dal 1892, anno in cui le autorità chiusero la mostra di Munch, vede tra i suoi protagonisti Max Liebermann e Lovis Corinth. Di Munch i pittori locali non accettavano la tecnica e le scene angosciose, le critiche che gli vennero rivolte si estesero agli artisti secessionisti, che mostravano le crude contemporanee realtà, ispirandosi all’artista norvegese. > Edvard Munch (1863-1944) Fu il più importante artista norvegese, figura di riferimento per i Secessionisti e gli Espressionisti. Partendo da tragici eventi personali, dà voce a questioni universali, svelando le contraddizioni della società moderna e il travaglio esistenziale dell’uomo nella città borghese. Figlio di un medico, fu affascinato dalle tematiche del dolore mentale e fisico e dal modo in cui la società trattava ai marginali: molte suo opere mostrano personaggi solo tra la folla, come prostitute e barboni. Fu per lui significativa anche la filosofia, che dal 1902 iniziò a usare per riprendere infermiere, malati e altre scene in ospedale. L’effetto di sfocatura o di doppia esposizione, errori usati volontariamente, venivano poi rappresentati in pittura con bordi ripassati più volte, macchie di colore annebbiato, figure mosse o dipinte in due fasi di movimento corporeo. Fu un grande viaggiatore ed ebbe modo di conoscere le maggiori correnti artistiche europee: le sue fonti furono la linea curva dell’Art Nouveau e il Simbolismo. Nel 1885 visitò Parigi dove fu colpito da: Tolouse-Lautrec, Degas, Van Gogh e Gauguin, oltre che dai reperti Maya, tra cui una mummia in posizione fetale che avrebbe ispirato i suoi volti scavati come teschi. La bambina malata (1885-86) Prima opera matura e autobiografica. Suscitò scandalo perché, sebbene il tema fosse tradizionale, veniva trattato con una tecnica nervosa ed essenziale. Fu realizzato in 4 versioni e declinato in numerose prove grafiche: inaugurava così la prassi della ripetizione dello stesso soggetto volta a esplorare fino allo stremo la carica emotiva di un evento. Questa pratica si accentuò con l’uso della fotografia. Dal 1892 al 1908 visse a Berlino. Nel 1892 le autorità chiusero la sua prima personale a causa della scabrosità dei soggetti. Veniva criticata la sua tecnica: una pittura libera, con ampi margini lasciati al non finito, a stesure sciatte di colore opaco, in cui erano visibili il gesto della mano e la setola del pennello. La morte nella stanza della malata (1893) Stesso soggetto del primo dipinto: la sorella maggiore Sophie, morta di tubercolosi. In questo caso la ragazza non è più ritratta frontalmente ma è nascosta dalla poltrona. L’atmosfera è di morte: il padre ha il capo chino e si porta le mani al volto, i fratelli hanno gesti sofferti. Solo la sorella minore Inger ha un volto e uno sguardo. La pennellata vibrante del primo dipinto qui è resa da larghe campiture di colore, per rendere uno spazio fluttuante, emotivo più che fisico. 31 Il fregio della vita A Berlino il pittore frequentava circoli intellettuali, in particolare il caffè Al maialino nero, dove affrontava temi esistenziali di psicologia, morte, sesso e Simbolismo, che pervadono le opere di quel periodo. Dal 1892 inizia così a concepire uno Studio per una sequenza: l’amore, poi definito Il fregio della vita, un unico scorrere di immagini, emozioni e ricordi dai colori violenti e stridenti. La mostra fu allestita su quattro pareti, ognuna delle quali aveva un titolo: Nascita dell’amore; Sviluppo e dissoluzione dell’amore; Angoscia di vivere; Morte. Grande precursore dell’Espressionismo, al quale non volle mai aderire, nei suoi quadri la sofferenza è tradotta in soluzioni formali: l’ansia diventa aloni attorno alle teste, la follia il rosso sanguigno del cielo, la paura diagonali improvvise di strade, ponti, tetti etc. Il ciclo aveva un’unità e una dimensione narrativa, perché intendeva esprimere la lotta dell’amore tra l’uomo e la donna, ne fanno parte: o Il bacio (1897) o Madonna (1894-95) La sessualità è raffigurata come ciò che conduce sia alla vita che alla morte. Qui la figura è sensuale e cadaverica. In una prima versione era corredata da una cornice con spermatozoi che si indirizzavano verso un feto. o Vampiro (1893-94) o L’urlo (1893) L’opera rappresenta la perdita dell’armonia tra l’uomo e la natura. L’angoscia è comunicata tramite il soggetto e i colori, ma anche per aspetti compositivi: il protagonista è in basso al centro ma curva leggermente verso destra. Il focus è l’ovale della bocca, che risulta spostato verso il basso. L’andamento labirintico delle curve sopra la testa sembra un prolungamento delle ellissi concentriche della bocca e del viso mummificato dalla paura, delle mani intorno alle orecchie. La natura diventa un prolungamento del sentire del protagonista in un labirinto di linee ondulate. Rispetto alla tradizionale struttura ritrattistica, la figura produce un senso di vertigine o ansia perché il rapporto figura/ sfondo è agli antipodi del rapporto di osmosi tipicamente rinascimentali. Simili impostazioni verranno riprese da registi come Bergman e Dreyer. > James Ensor (1860-1949) Pittore belga e precursore dell’Espressionismo con Munch. Nella sua pittura l’immaginario è inquieto, con personaggi grotteschi le cui fonti erano i pittori fiamminghi come Bruegel il Vecchio. Rivalutò il teatro di strada, il carnevale e il folklore, considerati fino ad allora volgari per la cultura di alto livello. La sua tecnica raffinata e apparente grossolana derideva l’ipocrisia della nuova borghesia: i personaggi sono maschere buffonesche che cercano di farsi notare dalla folla, disperdendosi in essa. L’ingresso di Cristo a Bruxelles nel 1889 (1888) La scena, preceduta da molti studi preparatori, mostra un flusso di persone che costituiscono una sorta di inquietante corteo carnevalesco. Il quadro è una denuncia sociale che rappresenta la società borghese in modo grottesco e meschino, in un’allegoria di macabre maschere senza vita. Lo spazio è reso dall’allinearsi di persone; sono assenti elementi naturali e architettonici. I colori sono stesi violentemente e sommariamente, usando la spatola e il manico rovesciato del pennello, riducendo la gamma cromatica a verde, giallo, rosso e blu. Il disegno è infantile, ridotto al minimo. L’umanità è deludente. Non c’è possibilità di redenzione quest’opera: tra la folla c’è anche il Cristo benedicente, che è autoritratto, il quale accentua l’aspetto di isolamento ed emarginazione dalla volgare parata di una folla vuota. Il dipinto sarebbe stato rifiutato, esposto pubblicamente solo nel 1929.  La Secessione di Vienna > Avvenuta nel 1897, ebbero un ruolo fondamentale Klimt e la Scuola di Arti Applicate, dove insegnava l’architetto Josef Hoffmann, che spingeva gli studenti a un forte rinnovamento. Nel 1903 nacquero i laboratori viennesi di arti applicate, che progettavano un alto artigianato, diffondendo nuovi modi di arredare la casa, indossare oggetti, vestirsi etc. - Il fulcro del gruppo secessionista fu il Padiglione della Secessione progettato tra il 1898-99 da Joseph Maria Olbrich. Qui venne presentata per la prima volta ai Viennesi anche l’arte di avanguardia. La struttura è un’opera d’arte totale in cui si uniscono pittura, architettura e decorazione. 32 sia in paesi autoritari che promuovevano un’arte celebrativa a propagandistica, sia in artisti legati al sociale, che si sentivano vincolati a spinte etiche. 1. L’Espressionismo Non fu una corrente omogenea, coinvolse soprattutto Francia, Germania e Austria. Il motivo comune fu l’esigenza di esprimere stati d’animo, più che nuovi soggetti o fenomeni della visione. La pittura perciò si contrappose a quelle impressionista, e fu da questa opposizione che nacque anche l’etichetta del movimento. o Radici: Van Gogh, Gauguin o Precursori: Ensor, Munch o Estetica: 1. rifiuto dell’idea del bello di stampo classicista, basata sui concetti di ordine, proporzione, simmetria e grazia, e dell’arte come forma di imitazione e idealizzazione del reale. Conseguente interesse per esperienze e fasi artistiche fino a quel momento minori e marginali: - arte primitiva, antica e presente nei popoli extraeuropei che vivevano in uno stadio tribale; - arte gotica, soprattutto tedesca, caratterizzata da forme essenziali, pose e rapporti non naturalistici, asimmetria ed espressività marcata; - arte popolare, cioè opere realizzate da non professionisti; 2. liberazione della forza del colore, esaltato in maniera antinaturalistica al fine di potenziarle l’espressione emotiva 3. distorsione ed esagerazione delle forme 4. eliminazione della prospettiva, semplificazione delle forme  I Fauves: le “belve” di Parigi > A Parigi nel 1905, nel Salon d’Automne in una stanza la mostra comprendeva l’esposizione delle opere di Matisse, Marquet, Derain, De Vlaminck. Il critico d’arte Louis Vauxcelles li etichettò descrivendo la sala come “una gabbia di belve”. Il gruppo non aveva un programma unitario, ma emersero alcuni tratti comuni: li animava un gusto per il vivere e il desiderio di esplorare le emozioni in libertà; le caratteristiche spiccate erano l’antinaturalismo, il rifiuto della prospettiva tradizionale, la negazione del volume e del chiaroscuro. Il quadro non era più specchio della natura, era concepito come organismo autonomo che prescindeva dalla scena ritratta. Era il colore ad avere il dominio assoluto. Ad esempio Maurice de Vlaminck (1876-1958), nell’opera Ristorante La Machine a Bougival (1905) usa scale di rossi spremuti direttamente dal tubetto, la scena è fatta da violenti contrasti. > La sala della mostra del Salon fu l’approdo di un comune percorso di giovani che vedevano in Matisse una guida. André Derain (1880-1954) era tra gli artisti il più giovane, ma fornì comunque un contributo determinante all’elaborazione di una nuova concezione pittorica. Il passaggio decisivo si ebbe nell’estate 1905: da maggio Matisse soggiornava con la moglie a Collioure, cittadina della Francia catalana, dove giunse a luglio Derain. Qui, i due artisti prepararono parte della mostra, ispirati dai colori abbaglianti della costa meridionale. Fu un luogo di sperimentazione. Dai quadri di Derain, come nei Sobborghi di Collioure (1905) o Donna in camicia (1906), emergono tessere di colore puro, le ombre scompaiono. Il colore è disposto secondo il principio delle “disarmonie intenzionali”, cioè accostamenti cromatici volutamente contrastanti e stridenti. La stesura pittorica è campo di sperimentazione: colore steso a tasselli, tratti, macchie, virgole dall’andamento diverso, come se la trama divisionista si fosse sgranata. Anche nei ritratti vengono meno proporzioni e studi anatomici. - Al gruppo rimasero estranei la critica alla società borghese e l’analisi interiore e del disagio di vivere, presenti invece in autori coevi. L’atmosfera nella Francia del tempo era infatti liberale e gioiosa, ma non aggressiva. L’esperienza si esaurì lasciando in eredità ai pittori tedeschi la follia dei colori e ai colleghi francesi la scoperta dell’arte africana, di cui Derain, Vlaminck e Matisse erano stati collezionisti. > Henri Matisse (1869-1954) Vocazione tardiva, ma è ritenuto con Picasso tra i grandi innovatori del linguaggio pittorico. Incominciò a disegnare a 21 anni, durante una malattia che lo costringeva a lunghe soste. Dopo la guarigione si trasferì a Parigi, dove si iscrisse a corsi di decorazione e pittura. Signac fu amico e maestro, come dimostra il quadro divisionista Lusso, calma e voluttà (1904), una composizione che associa il tema delle bagnanti a quello mondano del picnic tipico di impressionisti e post-impressionisti. 35 I viaggi in Corsica, sul Mediterraneo e la visione di Turner a Londra lo indirizzarono verso un’intensa luminosità che lo rese il perno attorno al quale ruotavano le “belve selvagge”. A Collioure maturò la visione a larghe tessere distanziate di colore, un tappeto luminoso dove si accostano rosa, verdi e toni violacei. La tavola imbandita (1897) e La stanza rossa (armonia in rosso) 1908 I due quadri sono composti a 11 anni di distanza e sono una riflessione sullo stesso tema: la preparazione di una tavola. Gli elementi nel secondo quadro sono presenti anche nel primo, ma si è ormai compiuto un processo di semplificazione estrema e di accentuazione del ruolo del colore, che diventa l’unico veicolo della luce. La seconda opera è una campitura rosso scuro interrotta a sx da un rettangolo verde. L’area è attraversata da arabeschi blu con fiori al centro, volute simmetriche che simulano decorazioni di stoffe. L’accoppiamento blu-rosso, che connota l’interno, è meno luminoso del verde-blu dell’esterno. Nel primo quadro il disegno non è visibile: la stesura dei colori e frammentaria, secondo i suggerimenti del Puntinismo; nel secondo le superfici sono piatte e il disegno, molto sintetizzato, è evidenziato da contorni neri. Nella prima opera l’interesse è per la luce sugli oggetti, nella seconda il colore. La costruzione spaziale pure è differente: nel dipinto del 1908 ciò che suggerisce lo sfondamento in profondità è il succedersi di piani colorati in modo diverso, il primo piano è segnato dal giallo dell’impagliatura della sedia, il secondo dal rosso, il terzo dal verde della finestra, a sua volta diviso dal verde della siepe, dagli alberi bianchi e poi dall’azzurro del cielo. Gli oggetti però appiattiscono la scena. La prospettiva è contraddittoria: delle due fruttiere è più grande quella più lontana, la continuità tra la tovaglia e la tappezzeria poi suggeriscono un andirivieni tra una lettura bidimensionale e una tridimensionale. Tra le due opere, Matisse scopre la decorazione: ciò che ne trae è la sapienza nell’accostare i colori e la capacità di considerare tutta la superficie dipinta come importante. La pittura diventa per lui espressione di emozioni rese attraverso il colore. La gioia di vivere (1905-06) Dimensioni molto ampie. È una visione che dichiara la dimensione emotiva della pittura, l’adesione vitalistica alla natura, espresse tramite la gioia di sperimentare accostamenti di colore. Quest’opera costituisce uno snodo significativo nella carriera artistica di Matisse: è il risultato di un’elaborazione nata a Collioure e terminata poi a Parigi. Le figure sono studiate separatamente e poi incollate sulla superficie: il risultato è un montaggio con anomalie prospettiche. Ci sono numerose citazioni di arte e scultura precedenti: Ermafrodito del Louvre, Baccanali di Tiziano, lo Schiavo morente di Michelangelo, il Bagno turco di Ingres e le Bagnanti di Cézanne. La storia dell’arte occidentale è tradotta in un mondo felice e atemporale in cui ognuno compie gesti di amore e di appagamento. Lo spazio è piatto e flessuoso, il mondo è senza ombre, né paura: si compie una perfetta fusione tra uomo e natura. Anche qui ci sono scarti dimensionali, prospettiva sovvertita e scelte innovative dei colori. Picasso darà la sua risposta a questo dipinto con le Demoiselles d’Avignon nel 1907. Dal punto di vista dello stile la forma circolare e la ripetizione ritmica, sempre associate a sentimenti di vitalità primordiale, sono due costanti dell’opera di Matisse. La danza (1909-19), opera murale La danza (1932-33) Riprende il girotondo che compare al centro dell’opera precedente, rendendolo soggetto autonomo. Cinque corpi rosso-arancio si stagliano su un fondo verde e blu, creando un cerchio di figure nude in un girotondo vorticoso. La velocità è resa dal disegno e dalle associazioni violente di colore. La lunga riflessione sul tema della danza scaturì anche nell’opera murale per Albert Barnes, industriale americano che possedeva una cospicua collezione di arte contemporanea europea. L’artista decora l’intera parete, inserendo le danzatrici nelle cornici di tre lunette tra loro collegate. L’energia è trattenuta dall’impianto architettonico. Figura decorativa su sfondo ornamentale (1925-26) Nel 1906 in Algeria, nel 1912-13 in Marocco: da questi viaggi Matisse si portò idoli di legno, sete, maioliche, narghilè, e altri oggetti. Questi e l’arte islamica lo influenzarono significativamente. La tessitura decorativa e la linea ornamentale dei disegni descrivono quella che venne definita estetica dell’accecamento, in cui i colori hanno un ritmo pulsante. In questo caso la figura femminile è rigida e semplificata, incastonata in uno sfarfallio decorativo in un unico piano, senza profondità né stacco tra pavimento, pareti e soffitto. Si riconosce uno specchio veneziano e il vaso in maiolica dell’artista. Papiers découpés (carte ritagliate) Svolta artistica dal ’41, a più di settant’anni. Fu costretto nuovamente a una lunga degenza e diede vita a nuove forme: ritagliava fogli di colore puro e piatto che poi disponeva su superfici sempre più ampie. 36 La forma è decantata fino all’essenziale. Nudi blu (1952) Serie di quattro opere: corpi a pezzi in forme appuntite e connesse con linee evidenti di separazione. Aveva più di 80 anni. Non volle raggiungere l’astrazione vera e propria, per i suoi ultimi lavori egli stesso parla di un’astrazione che affonda le sue radici nella realtà”. Queste figure gli consentivano di deformare il reale fino all’esasperazione.  L’Espressionismo tedesco > In Germania si agitavano tensioni politiche e sociali molto forti. Il dominio della monarchia di Guglielmo II favoriva lo sviluppo di classi militari e nobili ed esercitava un rigido controllo sulla popolazione. L’arte ufficiale celebrava la casa regnante. In questo contesto ci fu la ribellione degli artisti più giovani cui conseguirono le Secessioni. Le città divennero centri attivi dell’Espressionismo: mentre in Francia le energie creative si concentravano a Parigi, in Germania le città emergenti furono molte. - Le caratteristiche degli espressionisti tedeschi furono: un’aggressività sia figurativa che morale, un uso violento del colore, un’emotività esasperata, un desiderio di provocazione e di polemica sociale, o di fuga mistica della realtà. a. A Monaco: Der Blaue Reiter “Il cavaliere azzurro” (vedi in Astrattismo) b. A Dresda e Berlino: Die Brucke “Il ponte” > A Dresda nel 1906 ci fu la prima esposizione del gruppo di artisti il cui nucleo si era costituito un anno prima grazie a 4 studenti di architettura, 3 dei quali si dedicarono alla pittura. Kirchner, Heckel e Schmidt-Rottluff. A questi si unirono Pechstein, Nolde, Muller e altri. Heckel aveva suggerito ai compagni di definirsi artisti del “ponte”, citando l’opera Così parlò Zarathustra, dove il ponte è simbolo della tendenza dell’uomo alla creazione e alla trasformazione. In questo caso il ponte era idealmente lanciato vs un futuro dalla volontà di potenza, dalla forza d’animo vs chiunque imponesse vecchi moralismi. - Per gli artisti, l’arte poteva giocare un ruolo determinante nel ricondurre l’uomo moderno a valori meno corrotti di quelli a cui la nuova società urbana lo forzava. In realtà, le reazioni furono di disprezzo e indifferenza. - Il loro stile di vita era erede dello Sturm und Drang ottocentesco e dei miti bohémiens: nottate fuori casa, sessualità disinibita e droghe. Gli anni centrali furono dal 1907 al 1910. In questa fase emerse il tema della natura incontaminata e selvaggia, libera dai falsi miti moderni. Nei dipinti la figura nuda in ambienti naturali divenne tema ricorrente. Si definì anche uno stile di gruppo unitario basato su forti contrasti cromatici, forme semplificate, pennellate caotiche. > Nel 1911 il gruppo iniziò a frequentare Berlino, dove si potevano visitare mostre cubiste e futuriste. Qui si generarono nuove idee. Si stabilirono contatti con gli artisti del Blaue Reiter e furono invitati a una mostra di Colonia. In quell’anno, però il gruppo si disarticolò in percorsi autonomi, sciogliendosi definitivamente nel 1913. > Le fonti: o Van Gogh e Munch, che potevano essere osservati in galleria private a Dresda; o Sculture degli abitanti dell’isola di Palau nel Pacifico e oggetti africani che ammiravano nel museo etnografico; o Pittura tedesca del cinquecento fino al gotico, che portò alla riscoperta di tecniche ormai inconsuete, come la xilografia. > Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938) Nel 1911 a Berlino volle istituire con Pechstein una scuola di pittura moderna, dove insegnare e riflettere sui nuovi approcci dell’arte visiva, ma ebbe poco successo. La chiusura dell’esperienza del gruppo Brucke fu sancita dalla redazione della sua Cronaca del Brucke, che costituì una frattura definitiva tra i vari componenti. Tra il 1913-15 ritrasse Berlino e la sua energia, oltre che i suoi abitanti, ridotti a manichini grotteschi. Soffrì di depressione, allo scoppio della Prima guerra mondiale, partito come volontario, fu congedato per instabilità mentale. Nel 1916 era in Svizzera, dove rimase per due anni per curarsi; sulle Alpi dipinse vedute di paesaggi montani e di aria aperta. Nei tardi anni Venti raggiunse il successo che gli portò anche l’invito alla Biennale di Venezia del 1928. Nel ‘38 si tolse la vita, poco dopo la mostra voluta da Hitler sull’arte degenerata. Franzi davanti a una sedia intagliata, Marcella (1910) Lavora sulla deformazione della figura umana, influenzato dalla semplificazione formale delle maschere africane e dalle statuette oceaniche. Le figure sono distorte nelle linee dei contorni, semplificate in forme piatte e sommarie, percorse da segni neri e avvolte in colori acidi e innaturali. Questi ritratti sono di una bambina di 9 anni che faceva da modella per diversi artisti del Brucke; essi sono sottoposti a inediti tagli della figura e al fuoco di colori sulfurei. Il viso è angoloso e lo sguardo intenso, ambiguo. L’immagine non è delicata né infantile, anzi ambigua. Le scene sono costruite su forti contrasti cromatici, accostando i complementari. 37 o Sono introdotte nuove tecniche di collage e bricolage: la realtà entra nel quadro. > Pablo Picasso (1881-1973) Aveva studiato col padre, un pittore, e giunse a 13 anni a Barcellona, da Malaga, sua città natale. Da adolescente già dipingeva come un maestro, risalgono a quel periodo (attorno al 1890) prove accademiche notevoli di soggetti sacri o ispirati a un realismo sociale. Frequentò la Scuola di Belle arti e l’Avanguardia catalana dove si discuteva di novità espressioniste. o 1901-1904 Periodo Blu Nel 1901 si stabilì definitivamente a Parigi, a Montmartre; qui fu influenzato da alcune mostre su Seurat, Van Gogh, Gauguin e Tolouse-Lautrec. Queste suggestioni di unirono a ciò che vedeva per strada e che dipingeva con vena malinconica. In questi quadri prevale un’umanità povera, cupa, marginale. Ci sono spesso citazioni di Degas, i cui soggetti sono però vestiti di soli stracci. L’essenzialità passa attraverso le scelte cromatiche: la tavolozza è ridotta ai toni del blu, come nella famiglia di poveri in riva al mare, individui chiusi nella loro disperazione, incapaci di comunicare. La tragedia. Poveri in riva al mare (1903) o 1904-06 Periodo Rosa In questa fase i toni sono gessosi, tra rosa, beige, marroni e bianchi. A riscattare la povertà restano i legami affettivi, ci sono numerose rappresentazioni di teatranti di strada e del circo. La figura del giullare, simbolo di libertà dalle regole sociali, di anarchia e di protesta pacifica, torna in opere cariche di poesia e simbolismo. Acrobata sulla palla (1905) I due fratelli (1906) o 1906-17 Cubismo Picasso si avvia a rinunciare al naturalismo accademico. Il suo scopo era quello di allontanarsi dalla maniera meccanica della pittura e dai suoi virtuosismi, per abbracciare una pittura che fosse mentale. Ritratto di Gertrude Stein (1905-06) Quest’opera rappresenta una svolta: Picasso interruppe il ritratto e tornò in Spagna, sui Pirenei. Iniziava a sentire l’esigenza di una riduzione cromatica e di una semplificazione, che condussero al Cubismo. Le suggestioni di quel periodo furono molteplici: i rilievi iberici di Osuna che aveva ammirato al Louvre, due teste arcaiche scoperte in Andalusia. Si accostò tramite i Fauves alla semplificazione dell’arte africana. Inoltre, osservò l’arte africana anche nel Museo Etnografico del Trocadero. La conclusione del ritratto della collezionista, la quale fu costretta a circa 80 sedute, mostra l’approdo delle nuove ricerche. La donna è una montagna possente, una massa monocroma che riempie quasi tutto il quadro. I toni delle mani e della camicia rimandano al periodo rosa ma la testa intagliata in profili aguzzi e crudi preannunciano le riflessioni future. Les Demoiselles d’Avignon (1907) Il soggetto riprende un bordello di Barcellona: 5 ragazze nude e in posa davanti a un pittore, appaiono sfigurate da lineamenti asimmetrici. I visi e i corpi sono taglienti, segnati da angoli acuti. I nasi sono aguzzi e i seni acuminati. Non ci sono ombre, trucchi prospettici o vuoto. I piani sono tra loro incastrati. La ragazza di sx ricorda l’arte egizia, le due di destra maschere africane. C’è una semplificazione formale estrema, i colori sono solo ocra e blu. Le ragazze sono disposte quasi in una scena teatrale, come suggerisce la scena-sipario a sinistra, come se si offrissero al cliente che è in questo caso lo spettatore, che entra nel quadro grazie all’inserimento della quarta dimensione, quella temporale, all’interno dell’opera. L’opera è frutto di una lunga gestazione e di 806 bozzetti preparatori: il nodo saliente è l’incrocio tra la tradizione pittorica del nudo femminile, e il tema prosaico del bordello. Riferimenti: 1. Il bagno turco di Ingres; 2. Le bagnanti di Cézanne; 3. Donne ritratte da Tolouse-Lautrec e Degas; 4. Scultura egizia; 5. La Venere di Milo; 6. Lo schiavo morente di Michelangelo.  Cubismo analitico (1909-11) 40 Negli anni successivi al 1907, Picasso iniziò a lavorare con Braque. Nel 1909 i dipinti dei due artisti diventano sempre più complessi: i piani delle figure si spezzano in molti segmenti che le rendono irriconoscibili, i molteplici punti di vista si sovrappongono e si intersecano simultaneamente; i piani sono scomposti e ricomposti. Negli stessi anni i due artisti tentano di trovare soluzioni per superare le visioni quasi astratte che derivano dalle scomposizioni delle forme, che rischiavano di intellettualizzare eccessivamente il linguaggio. Per questo nei quadri appaiono lettere dell’alfabeto e numeri, richiami alla vita quotidiana e alla realtà concreta, sulla scorta di un’idea che venne a Braque osservando le iscrizioni dei dipinti medievali e quelle sulle vetrine dei caffè. Il portoghese (1911-12), Braque Evidente transizione verso il Cubismo analitico: doppia immagine di un uomo a cui si sovrappone un manifesto pubblicitario che annuncia una serata danzante. Le lettere aiutano a decodificare la scena. La chitarra è ancora riconoscibile. Si legge “BAL” preceduto da una “D”, una &, “CO” e alcuni numeri. Riferimenti quotidiani sfruttati per una stesura piatta. Donna con chitarra (1911-12), Picasso La figura femminile perde il proprio strumento, la griglia cubista assorbe l’intera figura. Testa e corpo vagano ma sono idealmente incluse in una struttura piramidale. Si scorgono alcune figure come un piede in basso a dx, a sinistra forme circolari rimandano alla cassa armonica dello strumento. L’unica certezza sono le parole “MA JOLIE” e la chiave di violino in basso  Cubismo sintetico (1912-17) Gli artisti sentono poi la necessità di una ricomposizione dell’oggetto, è Juan Gris a dichiarare come l’analisi si sia tramutata in sintesi. La realtà entra nell’opera coi collage: si imitano venature del legno e del marmo, fogli di giornale su tela, corde al posto di cornici, etc. Chitarra, spartito musicale, bicchiere (1912) Vicino allo strumento musicale, incolla un pezzo del quotidiano che racconta l’inizio della guerra dei Balcani. Inizia a terminare la parabola cubista in senso stretto. Il collage è ottenuto da tela cerata, carta e corda. Questa innovazione apre le frontiere novecentesche verso nuove ricerche ed esiti innovativi. Natura morta con sedia impagliata (1912) Formato insolito ovale che mostra un tavolo dove sono disposte cose di ogni giorno, un giornale, un limone, un bicchiere, e sotto la seduta di una sedia in paglia di Vienna con la sua decorazione. Il collage include qualsiasi frammento di vita quotidiana che diventa parte del quadro, si aggiunge la dimensione della profondità al dipinto. L’oggetto incollato, però, (tela cerata) non è ciò che sembra: non è attaccato il frammento di una sedia ma una sua imitazione, si allude così al rapporto tra imitazione e realtà. La sovrapposizione dei significati si amplifica con le parole, il giornale è descritto dalle lettere prima che dal dipinto. Due parti simmetriche, quella dipinta superiore e quella incollata inferiore, raccontano in modo diverso il reale. o 1917-37 Classicismo e Surrealismo Dal 1914 si esauriscono le ricerche cubiste, la guerra costituisce uno spartiacque: Braque viene ferito gravemente. Un viaggio in Italia portò Picasso a un linguaggio purista e classicista: studiò figure femminili monumentali e cariche di dolcezza. A queste suggestioni si sommarono quelle del nascente Surrealismo. Si dedicò a ritratti, ad esempio quelli per la fotografa croata Dora Maar, dipinta come una bellezza dolente e tragica dai profili aguzzi. Due donne che corrono sulla spiaggia (1922) Ragazza allo specchio (1932) Ritratto di Dora Maar (1937)  1935-40 L’impegno civile e il capolavoro della maturità Questi anni furono segnati in Europa dalla discesa vs la dittatura e la guerra. Le opere di Picasso si fanno segno tangibile di un tempo che obbligava a prendere una posizione nella storia. Guernica (1937) È connessa al bombardamento tedesco della città basca, rasa al suolo il 26 aprile del ’37. Nella Spagna della guerra civile, Picasso divenne un rappresentante d’eccezione del governo repubblicano che gli affidò la direzione del Prado e gli chiese una tela per l’Esposizione universale di Parigi di luglio di quell’anno, commissione che fu all’origine dell’opera manifesto contro la dittatura franchista. L’opera è dunque concepita come la descrizione di un dramma locale che diventa manifesto universale vs la forza cieca della guerra che travolge la popolazione inerme. 41 Essa si configura come summa dei risultati delle maniere alle quali era giunto il pittore: la visione simultanea, la riduzione del colore al monocromo, l’annullamento prospettico, la giustapposizione di rappresentazioni piatte e di figure con volume, il ribaltamento dei piani. Le immagini si spingono vs lo spettatore. Lo spazio è quello di un interno sventrato dai bombardamenti. Si vedono: una madre con un bimbo morto in braccio, che è chiaramente un gruppo sacro che rimanda il Cristo morto della prima Pietà michelangiolesca o il braccio di Marat di David; un toro che è citazione delle tauromachie dipinte da Picasso stesso; un uomo caduto; un cavallo, che sembra un proseguimento per l’incisione della Minotauromachia, fonte del toro già citato, dove appare come segno della forza addomesticata dell’intelligenza; una donna che porta una lampada a olio; una donna che si trascina in avanti e un uomo in fiamme, che ricorda le posizioni della Maddalena nelle crocifissioni, ritratta sempre in termini di spettacolare disperazione, e anche una figura analoga dell’Incendio di Borgo di Raffaello. Bestie e uomini sono accomunati dallo stesso tragico destino. La lampada casalinga emana raggi che rimandano alle fiamme della guerra. A destra lingue di fuoco richiamano letteralmente la lingua del cavallo che urla. Dopo quasi 100 studi e varianti, Picasso suddivide la scena in parti, come i polittici medievali e i quadri di storia. Ogni elemento rappresentato è rafforzato da una linea verticale che dipende da esso: il collo dal toro, il bastone dal cavallo, la lampada dalla donna, il braccio dall’uomo che urla. Il raggruppamento delle figure crea un triangolo isoscele centrale, evidenziato dal colore chiaro. Il vertice è nel polso della donna, mentre i lati si chiudono sulle parti basse della tela col braccio del caduto di sinistra e il ginocchio della donna a destra. In questo modo, le parti chiare sembrano frammenti di un’esplosione che parte dal centro. Tutte le figure sono inoltre descritte come se fossero spinte vs sinistra da una sorta di vento che rimanda alla forza d’urto delle bombe. L’opera è un’allegoria del dolore in ogni sua forma fisica e morale.  1946-73 Attività creativa rivolta anche alla scultura, la ceramica e la grafica Trasferitosi in Provenza nel 1946, si avvicina alla ceramica e fino al ’53 vi condusse un’intensa attività da ceramista. Lavorò come incisore e illustratore tra Provenza e Costa Azzurra. Si dedicò anche alla reinterpretazione di opere di David, Courbet, Delacroix, Velasquez, Goya, Manet, Van Gogh coi cosiddetti d’apres, ispirati a dipinti celebri (ad es. il Seminatore di Van Gogh, reinterpretazione di quello di Millet; o i pixel colorati di Lichtenstein, traduzione della pittura di Monet). L’ultima parte della sua produzione ruotò attorno al rapporto tra modella e pittore, e a una riflessione sull’identità e sul ruolo dell’artista. Morì a Mougins e fu seppellito in un castello medievale di sua proprietà a Vauvenargue, vicino Sainte-Victoire (montagna di Cézanne). 44 versioni di Las Meninas di Velasquez (1957) > Georges Braque (1882-1963) Inizialmente a Parigi, affiancatosi a Matisse, fu attratto dai Fauve. Nudo di schiena (1907-08) Dipinto suggestionato dall’opera di Picasso a cui rinviano la semplificazione formale del corpo che effettua una torsione, la superficie dello sfondo a scaglie di colore e la riduzione dei toni quasi a monocromo. Lo stile personale e la formazione fauve emergono invece nelle aree mobili del colore del fondo; le membra non hanno la durezza di Picasso. Pur scomponendo la figura in piani, inoltre, è ancora presente una linea fluida e decorativa. > Fernand Léger (1881-1955) Fu definito “tubista”, per l’apparenza di tubi e moduli geometrici e cilindrici delle sue figure. Nudi nella foresta (1909-11) Pittura di volumi tesa a suggerire il movimento. I colori sono misti e impuri. Dopo la partecipazione alla Prima guerra mondiale prevalsero la staticità e il colore puro nelle sue opere, incentrate sull’avanzare della modernità. L’opera si apre al rapporto col pubblico e alla società e raggiunge anche dimensioni ambientali, fu fondamentale la collaborazione con Les Corbusier che dal ’25 lo chiamò a decorare i suoi edifici.  Il Cubismo orfico > Questo gruppo di artisti tentò di conciliare cromatismo e movimento, mentre Picasso e Braque avevano messo da parte il colore deciso dei Fauves. L’obiettivo era quello di costruire quadri fondati su rapporti geometrici senza rinunciare alle vivacità cromatiche. - Il gruppo si presentò al pubblico nel 1912, e presero il nome di Section d’Or, titolo della rivista ufficiale e del Salon. 42 o Componenti anarchiche, antiborghesi. o Ideale risorgimentale dell’Italia incompiuta, mito della guerra. Il periodo di pace seguito alla guerra franco- prussiana e le tensioni fra le nazioni europee avevano reso la guerra un ideale romantico, astratto e patriottico. - Rapporto col Cubismo: Severini, allievo di Balla radiato dalle scuole italiane e trasferitosi in Francia, sollecitò i colleghi a un viaggio di aggiornamento a Parigi. Ogni esponente ne trasse spunti personali, elaborando una poetica autonoma. Il Cubismo insegnò a infrangere gli oggetti rappresentati, liberandosi dal puntinismo e trattando il colore in modo più smorzato. Ci furono però significative differenze: i Futuristi concepivano gli oggetti in modo metaforico, i temi avevano spessore simbolico, eredità del Simbolismo divisionista; la forza del movimento, intesa sia come dinamismo degli oggetti che gli stati d’animo dei soggetti che lo recepiscono, era assente nella ricerca cubista, più interessata a immagini statiche, come ritratti e nature morte; i Futuristi erano inoltre un gruppo di artisti il cui scopo era rivoluzionare il mondo, diversamente dal lavoro schivo di Picasso e Braque. > Umberto Boccioni (1882-1916) Nato a Reggio Calabria da una famiglia romagnola, visse in varie città; la sua formazione avvenne prevalentemente a Roma dove con Balla si avvicinò al Divisionismo. Qui conobbe Severini e venne in contatto con le Avanguardie letterarie locali. Dal 1906 andò a Milano dove si avvicinò al Divisionismo simbolista di Previati, da cui deriva il tratto a filamenti colorati giustapposti. Fu interessato anche a Munch. Il suo stile attraversò varie fasi fino all’approdo futurista del 1909, condiviso con Carrà. I suoi principi pittorici sono espressi anche nel libro Pittura scultura futuriste: dinamismo plastico, del 1914. 1. Nudo di spalle (1909), 2. Materia (1912) e 3. Antigrazioso (1912-13) Nel corso della sua carriera artistica ritorna spesso il riferimento alla madre, con tecniche, titoli e linguaggi diversi. 1. Nel primo caso la donna è rappresentata con pastelli morbidi che rimandano all’esperienza divisionista: ritratta di spalle, nei raggi luminosi, ci si concentra sullo scorrere della luce e sui toni cangianti. La madre è salda al centro del quadro. 2. Nel secondo dipinto il passaggio al Futurismo si è ultimato: il titolo è una comunanza lessicale tra i termini simbolici “madre”, “materia” e “matrice”. Le mani sono il fulcro da cui partono vibrazioni concentriche ma anche l’elemento spaziale più avanzato. È una contraddizione ai principi della prospettiva perché solitamente al centro del quadro vi era il punto di fuga, idealmente più lontano dallo spettatore. Le braccia creano un cerchio su cui si poggia la testa cubista, con rappresentazioni simultanee. Spalle e schiena sono poggiate a un balcone, a sinistra c’è un cavallo e sulla destra una figura maschile che rimanda al Nudo che scende le scale n. 2 di Duchamp. L’intera opera è compenetrazione tra spazio interno, figura e spazio esterno. 3. Boccioni sperimentò la forma tridimensionale dal 1912. Una delle sue prime opere ritrae la madre in gesso dipinto. Il titolo si riferisce alla volontà di rompere coi topoi tradizionali: la grazia intima del volto materno è sostituita da un ritratto dinamico, aperto a molteplici e simultanee visioni. La città che sale (1910) Rappresenta un cantiere della periferia milanese. Il titolo allude alla nascita di nuovi quartieri che cambiano lo skyline cittadino, portando però l’attenzione sulle periferie, luogo simbolico della modernità. Sullo sfondo palazzi in costruzione, in primo piano scontri di forze di cui si vedono le linee di tensione: cavalli in corsa che travolgono figure umane in un’unica catena, sintesi di movimento. I colori sono a contrasto e coinvolgono lo spettatore. Ambiente e figure sono un tutt’uno. Il quadro introduce alcuni motivi che saranno centrali nella poetica di Boccioni: l’opera come sintesi di ciò che si vede e si ricorda, la messa a punto di un fuoco centrale da cui si genera un vortice di colore ed energia (qui la testa del cavallo che si piega verso di noi). Stati d’animo (1911) Due cicli composti da tre quadri intitolati: Gli addii, Quelli che vanno, Quelli che restano. Sono studi sui temi della partenza e degli stati d’animo che ne derivano, spiegando che a ogni emozione corrisponde un’analogia forma-colore. I quadri sono ambienti emotivi. Nei due Addii a confronto si nota che se nella prima versione il linguaggio è quello espressionista e ricorda le vibrazioni emotive di Munch, descritto dall’alto, ultimo abbraccio di chi si sta lasciando, volti e mani si distinguono tra le onde sinuose di una folla in partenza; nella seconda sono chiare le conquiste cubiste: sensazioni e immagini interiori ora sono sintetizzate in forme geometriche, il centro è ora occupato da una locomotiva e da un numero. Forme uniche della continuità nello spazio (1913) 45 È un bronzo che rappresenta un atleta suggerendone una marcia che si configura come un avanzare eroico, secondo un forte simbolismo. La scultura è basata sulla mobilità della linea curva: il corpo umano è privo di braccia e rimanda a L’uomo che cammina di Rodin (1907). Si usano concavi e convessi, tradotti dalla fusione in bronzo lucidato, i quali accentuano i blocchi plastici e il dinamismo delle forme. I dati anatomici si fondono con lo spazio: lo scopo è quello di rappresentare una costante osmosi tra società e persona. L’incedere in avanti ha fatto accostare l’opera alla Nike di Samotracia ma Boccioni ammise come unica influenza quella dello sfaldarsi dei rapporti tra esterno e interno di Medardo Rosso. La scultura nel complesso ricorre ancora a un linguaggio dipendente da quello del monumento commemorativo e utilizza un materiale tradizionale. Il rinnovamento reale, oltre a quello di una certa tensione vs la sintesi astratta, è l’aver rotto il basamento unitario, statico e celebrativo, in due distinti supporti. > Gino Severini (1883-1966) Visse la sua maturità a Parigi, dialogo con le altre Avanguardie e maggiore indipendenza da Marinetti. Nelle sue opere ci sono cromatismi felici e strutture animate, ma non aggressive. Una caratteristica del suo stile è la simultaneità sinestetica rispetto a quella plastica dinamica degli altri Futuristi: nei suoi dipinti sono infatti inseriti dati provenienti da altri sensi, quali udito e tatto. Protagoniste ricorrenti sono le ballerine dei locali notturni (es. Dinamismo di una bellerina, Ballerina blu del 1912), ritratte in onde di colore, curvilinee o coniche, distribuite attorno ai corpi che risultano scomposti in pose e gesti dinamici. Dal 1913 studia fenomeni dinamici come la danza e il flusso delle onde luminose, sommando i due temi della ricerca in opere basate sul principio della compenetrazione dei piani. mare=ballerina (1913-14) Le onde del corpo di una danzatrice si confondono col mare in un sovrapporsi e fondersi di campi cromatici. Colori e forme sono un tutt’uno, le pennellate sono spezzate e luminose: ispirate a Seurat e alle ricerche sul colore del Cubismo orfico di Delaunay. Il titolo senza maiuscola o articoli, con un simbolo matematico, si propone come un’equazione che rimanda al legame tra l’arte e la dimensione fisica della luce e del colore: persone e cose fanno parte di un unico flusso di energia e di un’unica esperienza percettiva multisensoriale. Nel 1916 torna a uno stile tradizionale. > Carlo Carrà (1881-1966) Si interessò al Divisionismo a Milano, unito ad altri spunti dei viaggi a Parigi e Londra. La sua fase futurista fu di breve durata (1911-15) perché poi si sarebbe dedicato alla Metafisica. La Galleria di Milano (1912) Nei primi anni ’10 si dedicò all’analisi della vita borghese a Milano. In quest’opera omaggia la Galleria Vittorio Emanuele II, simbolo della borghesia e dei ceti colti. Il dipinto si basa sui principi futuristi di tensione tra linee di forza e compenetrazione tra figure e sfondo. La composizione è strutturata attorno a un’asse verticale, bipartita sul piano orizzontale: in alto un’architettura che converge nella cupola, in basso un movimento caotico che rimanda all’incontro tra persone, ristoranti, vetrine. La tensione si concentra ai poli del quadro, escludendo il centro che non ha valore narrativo: sconvolgimento dell’impianto prospettico tradizionale. I colori sono ridotti al minimo come i Cubisti, i profili neri evidenziano i piani scomposti. La dinamicità e la soggettività sono invece ottenute dalle sfumature e dal chiaroscuro vibrante di matrice divisionista. Manifestazione interventista (1914) Questo collage è la sua opera più innovativa dal punto di vista tecnico. Voleva rappresentare i volantini lanciati nell’area su Piazza Duomo a Milano. Dal punto di vista formale l’opera è un vortice centrifugo di segni in cui la si ha la sovrapposizione a una spirale di una disposizione a raggiera di linee rette. Convivono due figure geometriche. Cromaticamente si ribadisce l’espansione: i toni, dal nero che prevale al centro, si espandono in dischi successivi verso i toni giallastri e rosati. In basso ci sono due bandiere italiane. La superficie del collage esalta la piattezza bidimensionale: si usano ritagli di scritte e sovrapposizioni a tempera. Sono slogan successivi all’evento che diede inizio alla Prima guerra mondiale, l’attentato di Sarajevo. L’opera fu eseguita a pochi giorni di distanza dall’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando e fu riprodotta sulla rivista “Lacerba” il giorno dopo in cui la Germania dichiarò guerra alla Russia (1 agosto 1914). 46 Il titolo era Dipinto parolibero (Festa patriottica) e assunse in seguito quello col quale è conosciuto, relativo all’interventismo irredentistico. L’origine dell’opera sono quindi le tavole parolibere di Marinetti: in alto a sx compare “Zang Tumb Tuum”. L’importanza di quest’opera è fondamentale perché precede i collage astratti, quelli di Picasso e Braque infatti erano figurativi. > Giacomo Balla (1871-1958) Fu il membro più anziano del gruppo, legato alla matrice divisionista. Subì minori influenze dalla pittura cubista perché non si recò mai a Parigi; stabilitosi a Roma ebbe una prima ampia produzione dedicata a temi sociali, rappresentati con tecnica divisionista ispirata a Pellizza da Volpedo e Segantini. Si interessò poi fortemente allo studio della luce, indagandone riflessi e rappresentandone le diverse forme che è in grado di assumere (es. Lampada ad arco 1910-11). Dal 1912 si dedicò esclusivamente al Futurismo. Nei decenni successivi quando si concluse la fase storica del Futurismo, Balla fu protagonista della seconda stagione futurista, con Depero e Prampolini. Col primo scriverà nel 1915 Ricostruzione futurista dell’universo, manifesto di un’arte totale che fu obiettivo di tutte le Avanguardie e che vedeva nei due artisti terreno fertile per la loro versatilità interdisciplinare. Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912) Riproduce una sequenza di movimenti di un cane tenuto al guinzaglio dalla padrona, di cui si vedono solo piedi e vestito. La dinamica dello spostamento è resa dalla giustapposizione di fotogrammi, sagome nere su un fondo astratto e chiaro, che rendono energia e velocità. Compenetrazioni iridescenti (1912-14) Indagine accurata sui fenomeni dinamici, approfondimento degli studi ottico-percettivi che lo conducono all’abbandono della figurazione a favore di uno sguardo esclusivo vs gli effetti della luce, unica protagonista dei suoi quadri. In queste composizioni astratte, basate sullo sviluppo del triangolo con motivi radianti, cunei, rombi o combinazioni geometriche di colore, le pennellate non sono più frante e brillanti, ma diventano un ordinato caleidoscopio, un sistema di moduli intersecati. Analizza il raggio luminoso, scomposto nei colori che lo compongono. Questi studi sulle variabili percettive e sull’accostamento “scientifico” dei colori allacciano gli esordi divisionisti all’Astrattismo geometrico a cui non aderì mai esplicitamente, ponendo le basi per una ricerca sulle reazioni ottiche. Linee andamentali (1913) Attenzione focalizzata sulla velocità delle automobili o sul volo degli uccelli. In questi dipinti i movimenti dell’oggetto e del soggetto si saldano insieme in un’unica composizione dinamica. La rappresentazione sintetica e sequenziale mostra poi prospettive invertite in cui il centro della scena, luogo tradizionalmente di focus per la prospettiva, diventa confuso e lontano. > Antonio Sant’Elia (1888-1916) Architetto formatosi all’Accademia di Brera e suggestionato, in fase giovanile, dall’Art Nouveau. Lasciò quasi esclusivamente progetti e scritti programmatici, il suo lavoro ebbe un notevole impatto influenzando architetti come Le Corbusier e Terragni, anticipando aspetti salienti del Costruttivismo russo. La sua intenzione significativa fu quella relativa al ruolo dei nuovi materiali e alla futura architettura pubblica, destinata a mutare i suoi soggetti nell’epoca dell’industria e del flusso dalla campagna alla città. Pubblicò sulla rivista “Lacerba” il Manifesto dell’architettura futurista del 1914. Nel suo progetto Città nuova, del 1913, anteriore all’adesione al Futurismo, si scatenò la sua fantasia nutrita da suggestioni americane. Preferiva linee ellittiche, oblique, rispetto alle ortogonali, abbandonò l’ornato, valorizzò il materiale grezzo, teorizzò l’interdipendenza tra meccanica e architettura, si interessò ad avanzamenti tecnologici per cui la città ideale doveva esprimersi in torri di cemento, vetro e ferro. 4. L’Astrattismo Movimento tra il 1910 e il 1915 che funge da vero e proprio spartiacque nella storia dell’arte europea. 47 > Kazimir Malevic (1878-1935) Leader del movimento artistico moscovita, organizzò due delle mostre più importanti del tempo: Tramvai V e 0.10 (San Pietroburgo, 1915). Nello stesso anno pubblicò il testo Dal Cubismo al Suprematismo, in cui chiariva l’evoluzione del suo stile. All’inizio il suo lavoro fu improntato a una rigorosa partizione geometrica cubista e a uno studio su colore e movimento di derivazione futurista. Con Suprematismo Malevic intendeva astrattismo geometrico. Il termine sanciva la distanza rispetto al naturalismo e il contatto dell’arte con una sovrarealtà: l’esperienza delle opere non doveva essere disturbata da elementi figurativi ma doveva tendere ad elevare lo spirito suscitando emozioni. I dipinti tra il 1915 e il 1927, sono oggetti in sé che suscitano sensazioni superiori a quelle dei sensi fisici. Le forme geometriche semplici e piatte sono correlate da rapporti armonici, le forme rappresentano un mondo interiore. L’elemento simbolico è estremo e rimandano alla sintesi estrema delle decorazioni artigianali e delle icone della Russia ortodossa. Dopo la guerra concepì una dilatazione tridimensionale dei suoi quadri: progetti di architetture abitative sopraelevate, in forma di aereo, o da collocarsi anche nello spazio. Lo scopo era garantire una sensibilità umana vibrante. Questo sfondo utopico e spiritualista non fu gradito, dopo l’ascesa di Stalin le opere accettate furono solo quelle di matrice socialista, dal ’35 al ’62 le sue opere furono messe all’indice e i quadri dell’ultima produzione tornarono in una forma di realismo classicista. Quadrato nero su fondo bianco (1915, riprodotta nel 1923) Il quadro fu esposto nella mostra 0.10 a San Pietroburgo. Era posizionato nell’angolo tra soffitto e pareti, dove tradizionalmente nelle case venivano messe le icone sacre, che proteggevano l’abitazione fungendo da legame tra terra e cielo. La pittura a icone rimane identica a se stessa nel corso del tempo. Malevic ne conserva il fine: le sue immagini sono elementi di congiunzione tra la terra e lo spirito. Alle icone rimandano il contrasto tra figura e sfondo e il processo di semplificazione formale: il quadrato nero identifica un elemento umano che eclissa la luce naturale e per estensione quella divina delle figure sacre. Alla sua prima comparsa, come scenografia della Vittoria sul Sole che narrava la cacciata del Sole, simbolo della vecchia energia, a opera di uomini nuovi, affrancati dalla dipendenza dalla natura per l’uso della tecnologia, il quadrato si presentava come un nuovo sole artificiale, fonte di energia fisica e spirituale. Il quadrato come nuovo sole fu scelto perché è la forma più semplice costruita dall’uomo, mentre in natura vi sono sfere e cerchi, l’uomo domina angoli e segmenti. Il significato è quindi provocatorio. Dal punto di vista formale indicava la fine della pittura in sé, ormai assorbita dall’immateriale.  Il Costruttivismo e l’arte della Rivoluzione Rivoluzione d’ottobre del 1917: colse gli intellettuali russi nel momento del loro massimo fervore, in contatto coi colleghi occidentali e orientati ad applicare le loro innovazioni al nuovo mondo da costruire. Il paese pur essendosi rapidamente industrializzato, rimaneva legato alla cultura rurale. In mancanza di bronzo e di marmi si dette vita a un’arte a basso costo, con una produzione di manifesti, slogan e dipinti su treni e battelli. Fu il Costruttivismo a includere nel rinnovamento anche l’industria pesante. > Vladimir Tatlin (1885-1953) A Parigi aveva visitato l’atelier di Picasso. Lì i collage funsero da spunto per la nuova arte russa, secondo Tatlin chiamata a esprimere le inedite possibilità tecniche del tempo. Voleva fare ciò che Picasso aveva fatto in pittura in scultura, combinando i materiali e rompendo con la tradizione accademica, pur conservando i lati popolari della produzione artigianale. Monumento alla Terza Internazionale (1919-29) L’arte non deve più essere rappresentativa, ma può proporsi come strumento di informazione e progresso. Qui Tatlin immagina una torre proletaria, emblema della fusione tra architettura e scultura. La intese come un monumento profetico all’informazione e alla comunicazione, alla sommità infatti vi sarebbe stata una ricetrasmittente. Si ispirava alla Torre di Babele raffigurata da Peter Bruegel il Vecchio nel 1563 e alla Colonna di Traiano a Roma, come oggetto in cui si inscrive la storia, oltre che a esempi orientali di architetture decrescenti. La forma a spirale ha da sempre rappresentato un simbolo dell’evoluzione umana. 50 L’artista aveva previsto la costruzione di una torre inclinata più alta della torre Eiffel. L’opera diventa metafora di una concezione lineare e progressiva della storia del pensiero occidentale moderno e del dinamismo e del materialismo dialettico alla base del pensiero di Marx. Riprendendo l’idea delle torri dell’orologio e dei campanili che segnavano il tempo, l’opera doveva avere interni tutti in costante movimento: la base avrebbe ruotato di un grado ogni 24 ore, sopra un cilindro avrebbe ruotato completamente una volta al mese, poi una piramide avrebbe percorso un giro intero ogni giorno, infine una cupola e un meccanismo inserito in due gabbie esterne diagonali per consentire al tutto di muoversi. Mai costruita per carenza di acciaio e vetro.  De Stijl > Rivista fondata da Mondrian e dall’architetto Theo van Doesburg nel 1917 a Leida. La rivista voleva diffondere l’Astrattismo in pittura e un atteggiamento razionale nel design e nell’architettura. La nuova coscienza degli artisti doveva basarsi sull’orientamento dell’universale, conseguente all’abbandono dell’individualismo. Bisognava perseguire un’ottica di benessere collettivo, connotato da principi di armonia e funzionalità da applicarsi alla fabbricazione degli oggetti e dell’architettura. - Verso il 1919 si accostò al gruppo anche l’architetto e designer Rietveld, capace di lavorare il legno. La sua Poltrona rossa e blu, concepita nel 1918 monocroma, poi laccata con colori primari nel ’23, sintetizza lo spirito di De Stijl, portando l’arte negli ambienti vissuti e applicando le teorie neoplastiche.  Il Bauhaus > Nell’aprile 1919 a Weimar fu diffuso un volantino per lanciare una scuola d’arte di concezione interamente nuova, esso recitava che la forma architettonica andava conosciuta e capita nella sua complessità e nella totalità delle sue parti. La figura professionale che doveva emergere dalla scuola era quella di un nuovo collaboratore per l’industria, per i mestieri e per la costruzione, che avesse contemporaneamente competenze tecniche e di forma.  Weimar (1919-25) Il fondatore e primo direttore del gruppo fino al 1928 fu Walter Gropius, un architetto che concepì l’istituto come fusione tra una scuola di artigianato artistico e un’accademia di belle arti. Il nome è l’inversione della parola tedesca Hausbau “costruzione di case” e vuole sottolineare l’intento di non scindere aspetti della produzione artistica, riunificando architettura, progettazione e belle arti secondo gli auspici che erano già stati espressi dalle Secessioni. Tutti gli studenti dovevano seguire un corso semestrale propedeutico di teoria della forma e del colore, dove interagivano con numerosi materiali ed erano incoraggiati a trovare la propria via creativa. Per il corso preliminare furono chiamati l’astrattista svizzero Johannes Itten e poi Josef Albers, che insegnò anche in singoli corsi disciplinari. Dopo il semestre alcuni studenti selezionati accedevano ai laboratori su legno, metallo, vetro, tipografia; tra i maestri della forma che si occupavano di dettare le linee teoriche vi furono Klee, Kandinskij, l’americano Feininger che introdusse la xilografia. Tema di fondo della scuola era l’apertura interdisciplinare e la volontà di abolire le distinzioni tradizionali tra generi e materie artistiche.  Dessau (1925-32) Con l’avanzare delle forze politiche conservatrici, la scuola fu spostata a Dessau dove fu costruito un nuovo edificio. La nuova sede nasce in un’area messa a disposizione dal sindaco della città appositamente per il Nuovo Bauhaus e le abitazioni dei docenti, seguì la commissione del quartiere operaio di Torten. L’opera è occasione di sperimentazione per il corpo docente e per gli studenti, coinvolti direttamente nelle fasi esecutive del progetto e nell’arredamento del complesso. Gropius vi applica il principio cubista della scomposizione dell’oggetto nella molteplicità dei punti di vista: senza facciata principale, il complesso non privilegia alcun affaccio, si articola in 3 corpi uniti ma distinti e orientati in direzioni diverse. Composto da volumi differenziati, è una sorta di cittadella della conoscenza dove ogni blocco assolve funzioni diverse ed è individuabile per il diverso trattamento delle facciate. Qui aumentò anche lo spazio dato al design e nacquero oggetti come la sedia Vasilij di Marcel Breuer, in stoffa e tubolari di ferro. Il dipartimento di architettura fu istituito solo nel ’27 e il primo docente fu lo svizzero Meyer, che succedette a Gropius ritiratosi nel ’28 per tensioni politiche. La direzione di Meyer fu caratterizzata da una forte adesione all’ideologia comunista. L’aspetto pratico della scuola si accentuò. 51  Berlino (1932-33) La direzione passò a Van der Rohe. Le idee come l’integrazione tra arte e vita e la diffusione a livello popolare delle più elevate scoperte dello spirito, sopravvivevano risultando fastidiose al Nazionalsocialismo. Nel ’33 fu sequestrata la sede dell’istituto. Gli artisti migrarono negli USA. I lasciti furono: l’invito a concepire l’arte come scelta democratica, l’adesione a una continua sperimentazione interdisciplinare, la concezione dell’arte come entità globale. 5. Il Dadaismo > La più radicale tra le Avanguardie storiche. Nasce nel periodo della guerra e per questo si proclamò contro la guerra e contro la cultura che l’aveva generata, comprese le avanguardie artistiche precedenti. Il Dada si poneva a favore di una radicale antiarte. Preannuncia alcune delle tecniche che poi furono alla base dei maggiori sviluppi artistici novecenteschi: le performance, la scultura fatta i oggetti, il fotomontaggio etc. - Uno dei principali tratti del movimento fu l’interesse per il caso: il progresso conduce a forme di vita diverse che non sono per forza migliori; la storia è un susseguirsi caotico di eventi e non più un flusso verso il bene. Sul piano ideologico i rappresentanti furono antiborghesi e avversi al potere costituito, ma ostili ai fanatismi.  Zurigo > Oasi per rifugiati, perseguitati e antimilitaristi, intellettuali pacifisti, esuli poliglotti, tra cui il poeta Tristan Tzara (1896-1963) e l’architetto Marcel Janco (1895-1984). L’imprenditore teatrale e poeta tedesco, disertore, Hugo Ball aprì un ritrovo chiamato Cabaret Voltaire. Qui si recitavano poesie apparentemente senza senso, alternate a rumori cacofonici, si cantava, si suonava jazz e si improvvisavano spettacoli teatrali. Nel 1916 il gruppo inventò il termine Dada, volutamente indefinibile, che rimandava alla tendenza artistica i cui margini erano altrettanto sfumati. Alla vaghezza era associata la convinzione che ogni credenza etica, politica o estetica fosse relativa e discutibile: non ci si proponeva come rivelatori di nuove verità, ma come portatori di un modo di fare e di conoscere fondato sul dubbio e sulla perdita di fiducia in qualunque sistema. - Tra gli artisti di Zurigo Hans Arp, alsaziano che scrisse le sue poesie in francese e in tedesco e quella che divenne lì sua moglie, Sophie Tauber, tessitrice, pittrice e arredatrice di interni. Arp era entusiasta del caso e faceva cadere pezzi di carta per fissarli nel modo in cui erano caduti a terra, da qui derivò composizioni astratte. Creò opere di legno, marmo, polimateriche, che rimandavano a forme viventi come cellule o organismi acquatici. - È evidente il debito del Dadaismo zurighese al Futurismo: nel Manifesto Dada del 1918, pubblicato da Tzara, si riscontra l tono esaltato e il rifiuto delle tradizionali cariche artistiche tipici dei futuristi. D’altra parte questi artisti sono estranei alla fiducia nella storia e all’esaltazione della guerra, essendo invece caratterizzati da forte scetticismo.  Germania Qui la corrente assume accentuate connotazioni politiche in relazione alla situazione del paese segnato da tensioni sociali, dalla debolezza politica della Repubblica di Weimar e dalla progressiva affermazione del partito nazionalsocialista di Hitler. i. Berlino (1917): Sotto l’etichetta di Club Dada, il gruppo era caratterizzato da un’attitudine polemica innervata su un esplicito impegno sociale e politico, che sfociò nell’adesione al partito comunista. Bersaglio di questi artisti fu la classe dirigente capitalista e militarista, ritratta in composizioni grottesche, deformi, tragiche. Le tecniche furono quelle innovative o rinnovate del fotomontaggio e dei collage. Artisti: Hannah Hoch, complesse costruzioni di ritagli tragicomici in cui i politici assumono le sembianze di giocolieri; Raoul Hausmann che lavorava sulle fotografie; John Heartfield che introdusse il sistematico uso del fotomontaggio, definito “montatore Dada”; Otto Dix e George Grosz inseriti poi nella corrente della Nuova Oggettività. ii. Colonia (1919): con Hans Arp e Max Ernst si perfezionò la tecnica del fotomontaggio con l’uso di frottage e collage. Nacquero opere collettive. iii. Hannover (1919): Kurt Schwitzer il termine che scelse per definire la sua opera fu merz, usato come sostantivo e come verbo. La parola derivava da commerzbank, una scritta ritagliata a caso, lo scopo era quello di riabilitare in termini poetici il caso, i rifiuti e i frammenti. La sua opera più significativa fu Merzbau (costruzione merz), opera ambientale. L’artista dilata il suo quadro in tutta la stanza che lo ospita. Partì dall’occupare il suo studio con una colonna, poi con 2 e così via. L’ambiente divenne in vent’anni una sorta di autoritratto in cui l’artista depositava i propri gesti e i propri oggetti più cari. La struttura crebbe in maniera imprevista, diventando una rappresentazione della mente dell’autore. Fu poi raso al suolo da un ordigno bellico. 52 L’enigma dell’oracolo (1910) Il tema dell’enigma, stabilitosi a Firenze nel 1910, divenne ricorrente nella sua pittura. In questo caso la figura di Ulisse è isolata e di spalle, al centro c’è un muro impenetrabile; a dx una tenda da cui appare la testa di una statua che ricorda le chiese greche ortodosse dove tende o tramezzi celavano le divinità. L’opera è chiara citazione di Ulisse e Calipso di Bocklin. Piazze d’Italia Sempre a Firenze De Chirico avvia anche il soggetto delle piazze italiane, luoghi deserti e inquietanti. Spazi teatrali con prospettive multiple dai punti di fuga incongruenti. L’enigma dell’ora (1911) La tecnica a campiture piatte è semplificata. Manca il movimento e il tempo è sospeso e fermo, il luogo è silenzioso e misterioso. L’architettura è classica ma non è databile o riferibile a un luogo preciso, al centro della composizione un orologio scandisce un tempo cristallizzato. Tre elementi creano disagio: la figura bianca a sx, la vasca al centro e la figura scura nel portico sulla dx. Canto d’amore (1914) Da quando arrivò a Parigi, nel 1911, De Chirico iniziò a riorganizzare tutte le sue suggestioni. Inizia ad apparire un repertorio di elementi spiazzanti, incongrui e decontestualizzati: strumenti e utensili disparati, calchi di strutture classiche, frutta, guanti di gomma, carciofi, biscotti, giocattoli, statue, frammenti di architetture, treni, orologi. I titoli delle opere annunciano mistero, enigma, malinconia e solitudine; il campo pittorico è invaso da ombre oblique, zone scure in primo piano e apparizioni. Le muse inquietanti (1916) Dal ’14 iniziò ad affrontare il tema del manichino, forse influenzato dagli ovoidi di Brancusi. Il luogo aperto occupa gran parte del quadro. Sullo sfondo il Castello Estense di Ferrara, una fabbrica con 2 ciminiere e altri caseggiati. A dx una sagoma di un palazzo che rimanda a un’architettura classica. In primo piano due figure immobili: quella in piedi, con la testa da manichino, oppone una schiena muscolosa che rimanda alla statuaria classica, la veste sembra una colonna dorica; quella seduta è priva della testa che è invece accostata alle gambe. A terra ci sono vari oggetti. I colori sono accesi, predominante è quello del laterizio, tipico di Ferrara. Il cielo è verde e le ombre allungate rimandano a un crepuscolo estivo. Ogni oggetto ha una scala di rappresentazione e segue una prospettiva indipendente che lo isola dagli altri. I riferimenti sono vari e risultano tra loro inconciliabili. I riferimenti della storia dell’arte sono fusi a quelli della vita quotidiana. Il piano dell’orizzonte è troppo alto e fa assumere alla piazza l’aspetto di un palcoscenico. Tutto questo contribuisce a rendere lo spazio urbano inquietante e inospitale. L’effetto è di irrealtà, silenzio e tempo sospeso. > Alberto Savinio (1891-1952) Nel 1910 intraprese l’attività letteraria che influenzò la corrente metafisica: dalle poesie derivano le figure dell’uomo senza volto che poi sarebbe stato tramutato in manichino. Dal 1925 si dedica alla pittura in modo non episodico. I suoi motivi ricorrenti sono animali fantastici e figure deformate con scarti dimensionali che racchiudono giganti in piccole scatole o proiettano esterni all’interno, ribaltando le coordinate spaziali. Annunciazione (1932) Mette in scena l’accettazione di Maria, che ha la testa di tacchino o pellicano, mentre dalla finestra appare un gigantesco arcangelo Gabriele. > Carlo Carrà Idolo ermafrodito (1917) Riprende le tematiche del manichino, dell’uomo senza tempo e della mitologia. Si osserva un fantoccio di pezza sproporzionato volutamente, collocato in un ambiente opprimente. Il soggetto evoca per la mancanza di genitali e per il saluto benedicente la figura di un angelo. L’allusione alla sfera divina e all’atto dell’Annunciazione si oppene alla dimessa atmosfera dell’ambiente. > Giorgio Morandi (1890-1964) Emiliano, non viaggiò né teorizzò in forma scritta la propria opera. Entra in contatto con De Chirico e Carrà nel 1918, al tempo della collaborazione con la rivista “Valori plastici” che proponeva un ritorno alla costruzione della forma e al mestiere, dopo le rivoluzioni delle Avanguardie. Il transito vs la Metafisica si esprimeva precisando l’interesse per l’oggetto quotidiano. 55 I dipinti di Morandi furono sempre di piccole dimensioni e rappresentano continui aggiustamenti di una poetica che doveva molto sia all’incomunicabilità della Metafisica che agli studi di Cézanne sulla Montagna Sainte-Victoire, interesse quindi del rapporto percettivo tra oggetto e soggetto. Il suo scopo era quello di ritrarre le cose così come tendono a strutturarsi geometricamente nella retina, per non essere distratto dai temi figurativi, rappresentando così sempre gli stessi soggetti ma depurati di orpelli decorativi. Nelle sue opere gli uomini non compaiono mai. Per la tecnica, la pittura degli esordi fu piatta, poi la pennellata si fece più gestuale e pastosa, con colori che componeva per ottenere toni bassi. Natura morta metafisica (1918) Venuta meno la figura umana, emerge il mondo degli oggetti disposti ritmicamente in composizioni calibrate per forme e cromatismi. La pittura è levigata, oggetti familiari perdono il loro senso d’uso tramutandosi in forme pure e assolute. 7. Il Surrealismo > Movimento dagli anni ’20 fino al Secondo dopoguerra. La tendenza si sviluppò in ambito letterario sul finire degli anni ’10, quando furono portate alle estreme conseguenze le suggestioni di Mallarmé e Rimbaud, e nacquero le prime poesie e i primi testi basati su incontri incongrui di immagini e parole. Da lì si estese al cinema e alle arti visive. Alla base della corrente surrealista vi era la lotta contro ogni tipo di logica e l’indagine di ciò che va oltre la realtà oggettiva e visibile, mediante l’accettazione degli aspetti dell’irrazionale, dalla magia al gioco, al caso, all’assurdo. L’inconscio diventa la base di ogni espressione artistica. - Tra i temi fondamentali: o Amore/eros come fulcro della vita; o Sogno, follia e ricerca di contenuti inconsci come mezzi di fuga dalla razionalità; o Polemica vs la centralità del pensiero logico, frutto della tradizione del Razionalismo seicentesco, evolutasi nell’Idealismo di inizio ‘800 e poi nel Positivismo e nel culto del progresso; o Liberazione dell’individuo dalle convenzioni sociali, con conseguente rinnovamento politico antiborghese. - Influenze del Dadaismo e della Metafisica. Furono considerati anche mezzi del Cubismo e del Dadaismo, come collage, fotomontaggi, assemblaggi di oggetti, manipolazioni di pellicole cinematografiche. > Il teorico e organizzatore del movimento fu André Breton (1896-1966), poeta e romanziere. Al 1924 risale il primo Manifesto in cui veniva precisato il termine Surrealismo, inteso come Puro automatismo psichico attraverso cui si esprime verbalmente, con la scrittura o con qualsiasi metodo, il vero funzionamento della mente. Fondamentale per la teorizzazione del movimento fu l’incontro che Breton ebbe con Freud, dal quale però si allontanò in quanto quest’ultimo riteneva che i malati di mente fossero da curare, mentre il teorico voleva salvaguardarli per assecondare i loro poteri creativi. Nel ’29 redasse un secondo Manifesto il cui obiettivo era quello di coniugare la ribellione morale del pensiero psicanalitico a quella sociale di Marx. - I contenuti inconsci della mente erano ottenuti ad esempio attraverso la pratica dei cadavres exquis: il gruppo si disponeva intorno a un tavolo, un membro iniziava a disegnare su un foglio che poi ripiegava passando al vicino senza che questi sapesse cosa vi fosse stato disegnato in precedenza. Da questa pratica risultavano immagini frutto del caso e dell’atmosfera psicologica generale del gruppo. > Queste premesse si espressero in 2 filoni differenti: da un lato una pittura condotta con mezzi tradizionali usati per dar forma a soggetti onirici e rappresentazioni incongrue; dall’altra l’adozione di tecniche non tradizionali per favorire l’accesso a contenuti inconsci. > Mostre: o Novembre 1925, la prima fu alla Galleria Pierre di Parigi. Vi esposero: Hans Arp, Ernst, Mirò, Man Ray, Picasso, De Chirico, Klee. o Quelle coordinate da Duchamp: nel 1938 a Parigi e nel 1942 a New York. Le mostre si ponevano come organismi unitari i cui allestimenti erano fondamentali. > Max Ernst (1891-1976) Amante dell’occulto e dell’ignoto, studiò filosofia e psichiatria. Partecipò anche al Dadaismo, dal ’22 si unì ai surrealisti. Nella sua opera sono associati elementi disparati che fanno emergere implicazioni erotiche, magiche e dissacratorie; ci sono elementi che rimandano a De Chirico come il manichino in L’elefante di Célebs (1921). 56 Fu anche un innovatore tecnico, utilizzando pratiche che si generavano in modo automatico. Dal ’25 introdusse i frottage (strofinamento) consistente nello strofinare una matita o un pastello su un foglio appoggiato a una superficie ruvida: ne emergevano superfici screziate molto evocative. Nel ’26 approdò con Mirò al grattage in cui il colore fresco sulla tela veniva graffiato con spatole per ottenere segni e impronte. Sfruttò anche la decalcomania, ottenuta comprimendo grumi di colore tra due fogli. Nel ’41 si trasferì negli USA, fu sposato per breve tempo con Peggy Guggenheim. Si dedicò anche alla scultura creando esseri totemici prevalentemente in bronzo, ispirati sia a figure comuni, come gli scacchi, che a immagini di culti esotici. La vestizione della sposa (1939-40) Alla base del dipinto vi è l’idea della contaminazione tra diverse sfere del mondo vivente attraverso l’erotismo. Nell’opera si alternano parti a frottage su corteccia, come i capelli e parti col pennello morbido. La sposa ha un aspetto da civetta, è resa mostruosa dal mantello. L’uccello notturno è secondo il sapere esoterico simbolo di chi vede nel buio, la dea Minerva, e dunque è simbolo di saggezza e giustizia. L’amore fisico avvicina la sposa alle leggi universali, il quadro è così una sorta di rito di iniziazione alla saggezza, di passaggio vs uno stadio superiore del sapere. A dx una damigella nuda, simbolo della verginità, è scacciata dalla sposa con una mano e guarda indietro vs il passato. La fuga prospettica del pavimento a scacchi conferisce profondità alla scena. In basso a dx la figura verdastra che si asciuga le lacrime è un idolo della fertilità: 4 seni, ventre gonfio, genitali maschili e piedi palmati; è il simbolo dell’unione tra maschio e femmina. Il dolore per la colpa che la moralità borghese annette alla sessualità qui è trasfigurato nei termini dell’inquietudine del cercare un’alleanza con l’altro sesso dopo la perdita dell’originaria unità. Un uccello antropomorfo, simbolo del maschio, ha una lancia spezzata in mano (figure simili rimandano agli Sposalizi della Vergine, in particolare quello di Raffaello), simbolo della castità che sta per essere perduta. Alle spalle un dipinto nel dipinto che ritrae la sposa quasi identica ma in un paesaggio naturale. > Joan Mirò (1893-1938) Giunge a Parigi da Barcellona nel 1920, avvicinandosi al Surrealismo e modificando il suo primo stile cubo-realista, iniziando a dipingere secondo modalità infantili, reputate manifestazioni fertili della mente non ancora condizionata dalle sovrastrutture sociali. Alcuni oggetti ricorrono nelle sue opere: la scala che rimanda al volo e all’evasione; la sfera che rappresenta il globo terrestre; il triangolo che rimanda alla Torre Eiffel (nel Carnevale di Arlecchino del 1924-25). 1. Terra arata e 2. Il cacciatore (o Paesaggio catalano) (1923-24) 1. L’opera fa parte della fase detta particolarista, cioè descritta con precisione calligrafica. Già risente del clima surrealista. Qui difende l’entità politica e culturale della sua terra madre, la Catalogna, dipingendo il paesaggio attorno alla fattoria della sua famiglia. La narrazione procede per schemi e si appoggia a forme e simboli. Al centro il motivo ondulato indica la terra arata, su uno spazio privo di profondità si innestano una pianta grassa che sembra animata e le bandiere simbolo di dove si svolse la sua vita (Francia, Spagna e Catalogna). Nel cielo volano uccelli ridotti a segni ma ancora naturalistici, affiancati da traduzioni surrealiste: il corpo come una nuvola, linee, forma rossa sulla testa. A dx un pino dalla chioma ovale, uno zoo fantastico che rimanda ai dipinti rupestri delle Grotte di Altamira; elementi accostati senza ordine. Ci sono anche un occhio e un orecchio e un frammento di giornale “JOUR” che rimanda all’arte cubista. 2. Nel secondo dipinto sono presenti elementi del quadro precedente ma ripresi con un segno ormai del tutto surrealista. Sul fondo ci sono due fasce cromatiche piatte. L’area è ricca di forme animali e antropomorfe, strutture geometriche, forme astratte e oggetti animali. Al posto della pianta grassa c’è la figura del cacciatore con la testa a triangolo, un orecchio dilatato e la pipa fumante; in basso un pesce che è una sorta di sardina coi baffi, a dx lettere “sard”; le bandiere sono qui legate a oggetti incomprensibili tra cui la scala, che diverrà motivo costante dei suoi dipinti. L’effetto generale è di innocente e vitale allegria, cifra costante di Mirò che si differenzia dall’inquietudine dei suoi colleghi. La nascita del mondo (1925) e Blu (1961) Nella prima opera lo sfondo diventa spazio primordiale in cui sono inserite poche forme con precisioni. Il dipinto è il risultato della combinazione tra geometria e casualità. La creazione artistica diventa quella dell’universo: il colore è in parte a pennello, sgocciolato e sparso con uno straccio. 57 8. L’arte tra le due guerre > Il primo conflitto mondiale aveva provocato una dispersione dei gruppi delle Avanguardie e il recupero di soluzioni realiste variamente condotte fino agli anni ’40, quando la seconda guerra mondiale portò nuove censure. Nell’arte tra le due guerre convissero quindi soluzioni espressive tra loro contrastanti. Tra quelli che furono gli artefici del Ritorno all’ordine, vi furono spesso i fautori delle Avanguardie storiche. - La conversione al realismo ebbe tratti comuni: interessò tutte le aree in cui precedentemente si erano affermate le Avanguardie e fu del tutto spontanea nel propugnare una visione del mondo apparentemente serena ma in realtà inquieta e malinconica, che prescindeva da interessi politici ed era legata all’interesse per la sola arte. Le forme di realismo furono:  Realismo magico: il quotidiano assume aspetti inconsueti, poetici e inquietanti. In Italia nel 1916, nel pieno della guerra, presero piede due opposte tendenze come il nichilismo dada e il recupero di Giotto, si inserisce il ritorno all’ordine/al mestiere. Fu Carlo Carrà che innescò il ritorno ai classici con la Parlata su Giotto e Paolo Uccello costruttore pubblicato sulla rivista “La voce”. Tra le due guerre poi si tornò a studiare la tradizione dell’arte occidentale, fino a quella antica, trovando in essa regole e misure da adottare. Negli anni ’20 si diffuse l’esperienza di Novecento italiano, la corrente era aperta ad artisti di tendenze disparate: Carrà, Casorati, De Chirico, Depero, Severini, accomunati dalla saldezza compositiva, da un certo realismo e dal recupero della tradizione. Tra gli artisti gli esponenti erano Futuristi, Cubisti, Divisionisti, Simbolisti ed esponenti del Realismo Magico. Una parte della pittura fu definita Realismo magico (termine coniato da Bontempelli) a partire dalla pubblicazione nel 1925 del saggio Postimpressionismo, Realismo magico. Problemi della nuova pittura europea, ad opera del critico Franz Roh. L’espressione si riferiva alla pittura nitida, precisa, solida ma allucinata ed inquietante: interni, ritratti, gruppi familiari privi di calore; il soggetto è colto da uno sguardo ossessivo che si traduce in pitture levigate. Le figure sono isolate e distanti dal reale. Nei quadri compaiono libri aperti enigmatici, ombre, specchi, architetture vuote e stranianti. Piero della Francesca e la Grecia classica sembrano essere sempre presenti, ma provocano uno spiazzamento percettivo. Fu Longhi nel ’27 a dare alle stampe il saggio sull’artista, per le edizioni di “Valori plastici”. Negli anni ’30 la compattezza della figura novecentista si sgretolò in visioni vaporose e quasi deliranti.  Realismo sociale: impegno politico e tentativo di comunicare al grande pubblico. Nel 1933 fu eletto presidente Roosevelt che dovette fronteggiare l’emergenza della crisi economica con misure di emergenza: il New Deal. Lo stato interveniva con ingenti investimenti nei lavori pubblici. In questo contesto nacque il Federal art project of the works progress administration (1935-43) per cui furono commissionate 5000 opere ad artisti, artigiani, fotografi e disegnatori. Lo scopo era quello di avvicinare l’arte alle masse: furono così commissionati dipinti murali, sculture pubbliche, illustrazioni per libri. Ebbero successo le opere realiste. Furono realizzati oltre 2500 murali che impostarono l’attitudine americana a opere di dimensioni ambientali, aprendo la strada ad artisti come De Kooning, Rothko, Pollock.  Realismo espressionista: denuncia sociale con linguaggio satirico e grottesco. Nel 1925 in Germania si diffuse la Nuova Oggettività, così definita in relazione alla mostra così intitolata organizzata da Hartlaub. Le radici di questa corrente sono da ricercare nell’Espressionismo tedesco e nella furia nichilista dada. Preponderante era l’impronta politica: si criticava aspramente la società della Repubblica di Weimar. > Otto Dix negli anni ’20 condusse una lunga riflessione sul Rinascimento che lo portò a un soggiorno in Italia e all’elaborazione di una nuova tecnica esecutiva basata su una miscela all’olio e tempera all’uovo con vernice trasparente, che gli consentiva un forte controllo sulla stesura. Nelle sue tele sono frequenti donne dai tratti deformati (prostitute, anziane, incinte) ai quali sono associati simboli della morte. Ritrae Berlino, la concentrazione innaturale di esseri umani ammassati. Famoso è il suo Ritratto della giornalista Sylvia Von Harden (1926) in cui si inscena il lato grottesco della società attraverso degli atteggiamenti esasperati della donna, che assume quasi i tratti di una parodia: triste, nervosa, il corpo ne denuncia la fragilità esistenziale, ostenta in modo patetico emancipazione attraverso un taglio di capelli al tempo solo maschile, il trucco eccessivo, il monocolo, il fumo. La rappresentazione è nitida, fredda e distaccata. > George Grosz raffigura in modo grottesco la borghesia tedesca, con ironia. 60 > Max Beckmann è un grafico satirico dai toni aspri e moralisti. Spesso la sua analitica e cruda visione del reale si traduce in autoritratti.  Realismo verista: la pittura diventa specchio del reale. Negli USA, a seguito del crollo di Wall Street nel ’29 e della lunga Depressione economica che ne conseguì, il Realismo si ispirò alla rappresentazione del presente. Ci si riferisce al fenomeno nei tempi di Regionalismo, una tendenza che ebbe in alcuni casi caratteristiche tecniche talmente meticolose da essere quasi fotografiche, facendo perciò parlare i critici di Precisionismo. Il Regionalismo fu dal punto di vista stilistico la fusione tra realismo e accenti encomiastici, con una vena polemica antiavanguardista e antieuropea. Si sentiva l’esigenza di elaborare un’immagine dell’America che ne celebrasse miti e identità, individuando nello spirito costruttivo e tenace del popolo lo strumento per poter migliorare. > Grant Wood è esempio di tale tendenza. Nella sua opera Gotico americano (1930) sono condensati in pochi tratti la storia, l’eredità culturale e la forza morale del popolo americano. I due soggetti vestono abiti della tradizione americana Midwest, la fissità e il nitore rimandano alla pittura fiamminga, ammirata in un precedente viaggio in Europa. Il dipinto ebbe molto successo perché gli Americani vi si riconobbero nei valori di vita rurale e nel motivo morale. > Edward Hopper raffigurava invece immagini di un’America vuota. Interni rarefatti in luce metafisica, paesaggi senza vita. Un’America senza trionfi, parate. Il tema principale era la sensazione di spaesamento dell’uomo nei nuovi spazi urbani: le architetture sono pretenziose, caffè notturni e distributori di benzina diventano emblemi di spazi dilatati e poco accoglienti. Le figure umane sembrano immerse in palcoscenici che rimandano a De Chirico, visto a Parigi. La vita è sospesa. I suoi quadri sono frutto di costruzioni mentali: alla pittura dal vero si sostituiscono disegni, schizzi, studi preparatori. Si vuole astrarre la realtà, epurandola attraverso uno sguardo meditato e interiore. Gas (1940), Nottambuli (1942).  Realismo epico messicano: il governo supportò un’arte politica e nazionale. Il Messico rimase neutrale durante la seconda guerra mondiale, per questo divenne meta di espatriati europei come Breton. Tra i maggiori artisti del movimento Diego Rivera, formatosi a Parigi, conosceva la pittura murale antica italiana e le Avanguardie. Eseguì murales sia a Mexico City che a New York. Il movimento al quale aderiva sentiva la necessità di darsi un Manifesto come quello redatto dalle Avanguardie europee: nel 1921 furono pubblicati Tre Appelli. Si maturava la convinzione che l’arte avesse una funzione sociale e che dovesse avere dimensioni ambientali e monumentali, in contrapposizione al quadro da cavalletto di fruizione borghese. La pittura dei Muralisti si espresse in opere narrative ed eroiche in cui il protagonista era il popolo messicano, dalla conquista spagnola all’oppressione economica dei gringos statunitensi. Le influenze furono quelle di Picasso, del Surrealismo figurativo, Giotto e Masaccio. Tra i protagonisti anche Frida Kahlo, la quale non aderì esplicitamente al movimento, eseguendo autoritratti tesi a descrivere il suo stato di sofferenza fisica e mentale. Gli aspetti fondamentali della sua opera erano il corpo femminile, non più visto da uno sguardo maschile, e la capacità di difendere le caratteristiche del proprio popolo fondendo il folklore locale a un autobiografismo visionario. 9. Architettura Razionalista > Alla fine della seconda guerra mondiale proposte urbanistiche, progettazione architettonica e design assunsero centralità politica, legandosi a implicazioni e obiettivi sociali oltre che a valenze estetiche ed etiche. L’obiettivo comune è la riorganizzazione e la modernizzazione di sistemi insediativi e produttivi che non possono eludere il rapporto uomo città e l’attenzione alla qualità dello spazio abitato. - Le risposte progettuali sono: o Strumenti urbanistici per controllare l’espansione urbana; o La pianificazione della distribuzione dei servizi e delle infrastrutture; o La sperimentazione di nuove tipologie abitative e le loro aggregazione; o L’applicazione di sistemi standardizzati nell’edilizia e nell’arredamento. Si arrivò alla metamorfosi del linguaggio architettonico. La nuova poetica era legata ai nuovi materiali e alle nuove fonti energetiche: vetro, acciaio, cemento armato ed elettricità; l’estetica era legata invece a chiarezza strutturale, 61 essenzialità formale e sintesi degli elementi, efficienza funzionale. La comune tendenza del Movimento Moderno è il culto per la logica e la razionalità. > Il primo Congresso Internazionale dell’Architettura Moderna (CIAM) si svolse nel ’28 in Svizzera, tra gli animatori Le Corbusier. Vi aderirono 22 architetti tra cui Gropius, Loos, Wagner. I congressi fissavano obiettivi concreti sui quali ci si sarebbe confrontati gli anni seguenti, riguardarono: - L’abitazione per il minimo vitale, 1929 a Francoforte; - Metodi costruttivi razionali, 1930 a Bruxelles; - La città funzionale, 1933 da Marsiglia ad Atene. Tenutosi in viaggio, sottolineava la continuità ideale tra la modernità e la classicità antica, fu redatta a posteriori la Carta d’Atene in cui si fissavano le linee guida per la pianificazione urbanistica in cui si proponeva una zonizzazione (aree distinte dalla loro funzione) e l’uso di tipologie standardizzate per l’edilizia residenziale); - Abitazione e tempo libero, 1937 a Parigi. - Ne seguirono altri fino al ’59, che riguardò un dibattito sulla ricostruzione dei centri storici, della funzione dell’architetto e della qualità della vita: si superavano posizioni più funzionaliste, a favore di un’architettura più vicina ai luoghi della storia e alla città intesa come “comunità”. > Le Corbusier (1887-1965) Contribuì alla teorizzazione e alla diffusione del movimento. Formatosi alla scuola d’arte, allievo di Hoffmann a Vienna, di Perret a Parigi e di Behrens a Berlino, fin da subito emergono le costanti delle sue ricerche: il rapporto tra architettura e industrializzazione, il nesso tra la produzione in serie di elementi semplici e la complessità dell’abitare. Negli anni ’20 i suoi interessi si estendono alla città e alla riflessione sulla vivibilità dello spazio urbano del mondo moderno. Costruisce immagini di città del futuro in base a principi di efficienza, igiene e bellezza. Affronta il tema della città moderna in modo radicale, come totale alternativa a quella antica. I presupposti teorici sono: o La convinzione che la città moderna meriti una visibilità di carattere monumentale; o La struttura della città influenza il grado di democrazia, da cui discende anche il controllo sui fenomeni speculativi della produzione edilizia; o L’attenzione per il traffico automobilistico; o L’individuazione nella città di zone funzionali che distinguono gli spazi dedicati al lavoro e ai servizi dalle aree residenziali e per il tempo libero. Alla base della concezione architettonica di Le Corbusier vi sono le possibilità del cemento armato: 1. I pilotis: pilastri in cemento armato grazie ai quali la casa può essere sollevata dal terreno. 2. Il tetto-giardino: calpestabili, leggermente concavi per raccogliere acqua piovana, dotati di giardino per favorire la coibentazione. 3. La pianta libera: i muri non sono portanti, la distribuzione spaziale è libera. 4. La facciata libera: svincolata dai pilastri portanti, che possono arretrare. 5. La finestra a nastro: continua da un capo all’altro della facciata. Applicazione dei 5 punti della nuova architettura è nella Villa Savoye (1929-31). > Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969) Di Aquisgrana, qui fu addetto alla manutenzione della cattedrale romanica, si specializzò a Berlino come disegnatore nell’Accademia di Belle arti. Nel 1908 è assunto nello studio Behrens dove incontra Gropius e Le Corbusier. Dopo i primi lavori per la realizzazione di residenze di pregio della borghesia berlinese, si afferma come progettista a livello nazionale, partecipando al dibattito del tempo e avvicinandosi a De Stijl, Dada e i costruttivisti. Agli anni ’20 risalgono i progetti teorici per concorsi ed esposizioni: grattacieli in acciaio e vetro, edifici per uffici in cemento armato, case di campagna in cemento e mattoni. La priorità assoluta è per lui legata al problema del costruttivo e formale, rispetto a quello funzionale. I telai strutturali proposti per i grattacieli sono sostituiti dai setti murari in cui le aperture possono essere praticate liberamente: così facendo la planimetria della casa diventa un insieme di ortogonali che non si toccano o intersecano ma indicano direzioni creando una spazialità continua e aperta. È ciò che avviene nel Padiglione tedesco per l’Esposizione internazionale di Barcellona (1929), architettura effimera smontata e ricostruita nell’89. Lo spazio è completamente aperta. Ci sono applicati alcuni principi fondamentali dell’architettura razionalista: 62 o Nuove tecniche pittoriche: il dripping di Pollock, che fa cadere il colore dai barattoli o dai pennelli, pittura all over in cui non c’è un centro privilegiato o parti marginali del dipinto. > Jackson Pollock (1912-50) Dopo disegni giovanili ispirati a Michelangelo, nei suoi quadri apparvero brandelli di corpi, di natura e presenze totemiche. Attratto dall’arte degli indiani d’America. Nel ’47 iniziò a usare rotoli di cotone da vela come supporti, smalti industriali e vernici direttamente dal barattolo, servendosi di pennelli consunti e rigidi. L’azione e il corpo determinavano le linee compositive. La tela non era più uno spazio da progettare ma un luogo dove lasciar agire l’inconscio, il ritmo vitale, gestendoli attraverso una sorta di automatismo corporeo e mentale che si rispecchia poi nell’andamento della composizione. Pollock dipingeva accompagnato dalla musica e il suo lavoro si presentava come interpretazione di brani musicali. Numero 27 (1950) > Willem de Kooning (1904-97) Gestualità ossessiva. La figura nel suo caso non fu mai abolita, la precisione dei suoi modelli naturali di riferimento, i pittori fiamminghi e olandesi, assunse nel suo lavoro il carattere del ritornare al già fatto. I suoi quadri erano da lui reputati sempre incompleti, andavano continuamente trasformati. Fu influenzato anche dalla carne tormentata e dai bagliori di Soutine. I colori sono mescolati rozzamente sulla tela, i contorni tracciati col nero, spesso poi cancellati per ripensamenti. La tela viene aggredita e trasmette inquietudine e solitudine. Il metodo di pittura, che non traccia schizzi preparatori sulle sue opere, si risolve dipingendo direttamente sulla tela con impasti di colori su cui interviene in un processo creativo continuo. Woman I (1950-52) Gotham News (1955)  Color Field: opere come campi colorati con campiture uniformi, piatte e liquide che mirano a un effetto ipnotico. Caratteristiche principali: o Grandi dimensioni delle opere; o Pittura come “oggetto da meditare”, l’opera è uno spazio in cui l’osservatore si immerge totalmente; o Eliminazione della tradizionale distinzione tra soggetto e sfondo. > Mark Rothko (1903-70) Dal ’45 dopo anni in ambito surrealista, si concentra su stesure monocrome rotte da 3 o 4 fasce dai margini sfumati. La figurazione è ritenuta superflua perché i rapporti cromatici e i fondi rivelavano un afflato spirituale ed emotivo. Il colore è opaco, diverso per spessore da zona a zona e suggerisce la sensazione che le forme si muovano, avanzando o arretrando. Le parti chiare hanno l’aspetto di bagliori e teofanie. Le dimensioni sono molto grandi, solitamente verticali; la cura esecutiva si risolve in una sintesi estrema che coinvolge in una sorta di meditazione chi osserva. Il senso di religiosità è contrapposto all’agitazione di Pollock. Per questo motivo fu chiamato a dipingere un’intera cappella dedicata a tutti i culti religiosi in Texas. Dopo l’esecuzione, si uccise.  In Europa, Informale L’arte veniva vista come uno spazio concreto di azione del soggetto, traccia visibile della sua esistenza ed espressività individuale invece che un’attività di valore universale volta a riprodurre la realtà o a coglierne il senso profondo. L’informale diventa la somma di ricerche eterogenee in cui l’abbandono del controllo raziocinante si tradusse nell’abbandono della forma. Il termine fu coniato dal critico francese Tapié. Rispetto alle opere americane, quelle europee sono più contenute e di impronta maggiormente drammatica dovuta al vissuto e all’interesse per la materia e per gli oggetti comuni.  Gestuale-segnico: Wols, Mathieu, Hartung, Emilio Vedova.  Informale materico: valorizzazione dei rifiuti, gli scarti. Arnaldo Pomodoro mise a punto per opere in bronzo un segno astratto, corroso, che svela il tormento interno della materia. > Alberto Burri (1915-95) Laureato in medicina e convertitosi alla pittura durante la detenzione in un campo di prigionia in Texas nel ’43. Il suo lavoro procede per cicli: 1. Catrami (1948-49), quadri neri; 2. Muffe (1950-51); 65 3. Sacchi (dal ‘52): la tela non è più supporto ma parte integrante dell’opera. Brandelli di juta incolori uniti da grossi punti di sutura; la stoffa è povera, diventa una sorta di pelle da cui emerge pittura nera o rossa che sembrano ferite o bruciature. 4. Combustioni, Ferri, Legni, Cellotex: artifici espressivi ottenuti da materie naturali e artificiali animate da fenomeni di degradazione. 5. Plastiche: dagli anni ’60 ciclo in cui la plastica si liquefà col fuoco della fiamma ossidrica. Si rompe definitivamente il sistema tradizionale di rappresentazione. L’azione è assertiva e distruttiva perché pur consumando la materia si creano nuove forme con nuove spazialità, spessore e colore. Ciò che ne emerge sembra sempre un qualcosa di vivo e organico. Il quadro, tradizionalmente bidimensionale, diventa così un rilievo che mostra anche dimensioni interne. 6. Cretti (anni ’80): una superficie monocroma di alto spessore viene lasciata asciugare come terra al sole. I critici vi hanno individuato risvolti esistenziali. > Lucio Fontana (1899-1968) Fece parte dell’astrattismo lombardo e collaborò anche coi maggiori architetti milanesi alla decorazione di edifici pubblici. Continuò inoltre per tutta la vita a produrre sculture, terrecotte e disegni figurativi. Durante la seconda guerra mondiale tornò in Argentina, dove era nato e redasse con alcuni allievi il Manifesto Bianco (1946) in cui riprendeva la vocazione futurista all’apertura vs mezzi tecnici che fossero al passo con le incalzanti scoperte scientifiche. Il testo fu la premessa per la fondazione, rientrato in Italia per lo Spazialismo, in omaggio all’esplorazione dello spazio che stava iniziando al tempo. Alla pittura arrivò dalla scultura e ciò spiega l’attenzione per gli effetti che muovono la superficie del quadro: per le sue opere concepì la definizione di concetti spaziali. Buchi (1947) Rapporti tra il bianco della materia e il nero del vuoto. Crateri irregolari sulle superficie, il gesto sfregiava il supporto tradizionale col solo obiettivo di portare oltre la tela lo sguardo dello spettatore. Furono creati anche quadri ampi di pittura a olio in cui lo spessore era così alto da dare ai bordi dei crateri un tono vitale, barocco. Il fondo può essere di un solo colore o ospitare pietre, lustrini, sfumature che movimentano un paesaggio astratto. Scalone d’onore della Triennale di Milano (1951) Si dedicò a installazioni ambientali. In questo caso piegò un tubo al neon disegnando un grande arabesco di luce che ricordava i movimenti dei corpi nello spazio. La fine di dio (1963-64) Si tratta di un ciclo di 38 tele dai colori accesi e ovoidali ricoperte da squarci e fori. Il senso spaziale è diverso da quello della tela bidimensionale, che è bucata dal retro così che gli orli risultino aggettanti. I diversi modi in cui la tela è squarciata provocano diversi effetti di luci e ombre, l’opera è così proiettata vs una dimensione che è ricondotta all’infinitezza del cosmo. La tela allude e nega allo stesso tempo uno spazio sacrale, evocato nella forma e nel colore, ma distrutto dagli squarci nella materia. Tagli (1964-65) I Buchi interpretavano la sensibilità del clima informale, qui invece la forma è ancora più depurata, è essenzialità minimale. L’artista taglia la tela a volte al centro, altre eseguendola più volte. Il fondo è bianco o colorato. I limiti tra pittura, scultura e decorazione sono superati: il segno diventa origine di un ritmo lirico, cadenzato. Queste semplificazioni correvano di pari passo con una sorta di ascesi che condusse l’artista a privilegiare la stesura monocroma che stemperava la violenza dell’atto di lacerazione del supporto. > Francis Bacon (1909-92) Non può essere inserito in nessun movimento, pur condividendo in generale il clima dell’immediato dopoguerra. È considerato il maggior pittore inglese del secolo. Tre studi per figure alla base di una crocifissione (1944) In questo trittico l’iconografia sacra è riletta attraverso figure urlanti e mostruose. Da questo momento inizia un processo di degradazione del corpo umano, ispirato alle fotografie in movimento di Muybridge, e autobiografico: sono numerosi gli autoritratti. La forma del trittico, di derivazione religiosa, è scelta recuperandone la simmetria dei pannelli laterali rispetto a quello centrale: la figura è la stessa ma i quadri laterali la ritraggono da punti di vista diversi e convergenti vs quella frontale 66 del pannello centrale. Richiamandosi alla pittura sacra, ne rovescia i contenuti e dichiara la rinuncia ai valori della trascendenza per svelare come la vita sia di fondo insensata. La tecnica pittorica gioca su una compenetrazione di ordine e disordine: i fondi sono uniformi, le figure sono invece ottenute da grumi di colore mescolato sulla tela o lanciato usando le dita.  L’evoluzione della scultura Con le tecniche pittoriche per cui si perdeva la bidimensionalità, la tradizionale distinzione tra pittura e scultura iniziò a venir meno. Il linguaggio specifico della scultura abbandonò forme e materiali più aulici e il suo aspetto celebrativo con ritmi più lenti. > Henry Moore (1898-1986) Inglese, influenze surrealiste e astrattiste. Tra i suoi temi tradizionali quello della donna sdraiata, della madre col figlio o del volto, rinnovati in opere di grandi dimensioni in cui la materia è assecondata e lavorata come fa la natura, che smussa angoli ed escrescenze in piccoli ciottoli. Usava materiali come legno di olmo o bronzo perché consentivano di essere lavorati in grandi dimensioni, esaltando il dinamismo di forme e volumi. Spesso gli artisti delle Avanguardie avevano affrontato il tema del rapporto tra opera e ambiente, giungendo a considerare lo spazio esterno come un elemento costitutivo della scultura. Moore crea opere che mutano a seconda del punto di vista: non tanto per effetti chiaroscurali, ma per l’essenza del vuoto e del pieno: lo spazio ha una connotazione formale, è parte integrante dell’opera. La scala monumentale non prescinde inoltre dall’ambiente circostante. > Alexander Calder (1898-1976) Con lui si parla della fine della forma stabile e dell’impianto monumentale. A Parigi entrò in contatto con Mirò. I suoi lavori sono strutture ramificate senza base, definite da Arp Stabiles, e composizioni aeree definite da Duchamp Mobiles, in ferro colorato, concepite come uno sviluppo di fogliame, appese al soffitto. Le superfici piatte e larghe sono libere di muoversi e sono colorate secondo il fare di Mondrian. Innovazione notevole perché per la prima volta la scultura si stacca dalla propria base, prendendo forma dall’alto e non dal basso. Persa la sua forma fissa, la scultura non è più celebrativa di valori etici immutabili. 2. Happening, New Dada, Nouveau Réalisme > Negli anni ’50 si diffusero tutti quei beni materiali che fino ad allora erano inesistenti e che divennero all’improvviso fondamentali, che si proposero come nuovi status symbol della società democratica: frigoriferi, lavatrici, cibo in scatola, bevande confezionate etc. A questa diffusione corrispose quella di opere d’arte incentrate sugli oggetti, rappresentati o inclusi nell’opera. Il realismo aveva assunto una nuova forma nella società del capitalismo avanzato. La realtà smise di essere rappresentata, per essere anzi modificata, prelevata, inserita nell’opera.  Happening: l’opera come evento > Il termine fu coniato da Kaprow nel ’58 e indicava una forma d’arte basata non sulla produzione di oggetti ma sull’azione improvvisata di più soggetti in ambienti non convenzionali. Gli elementi fondamentali furono: o Il coinvolgimento del pubblico, che doveva interagire con l’ambiente inserendo aspetti di imprevedibilità e indeterminatezza; o La transitorietà dell’evento, che nasce in contesto preciso e ha una durata limitata nel tempo; o La fusione tra ambiti espressivi tradizionalmente distinti (arti visive, musica, danza, teatro); o La ridefinizione dell’idea di opera, che da esperienza emotiva o mentale, diventa totale, in grado di coinvolgere i partecipanti e modificare la realtà attraverso un processo dinamico. - Le influenze furono le performance dei Futuristi, l’interesse dadaista per il caso, l’idea di arte come processo di azione. > John Cage (1912-92) Modificò gli strumenti tradizionali come i pianoforti, aggiungendo viti, chiodi, cartoni, gomme. Nella sua opera 4’33’’ (1952) dava ruolo al silenzio come contenitore di suoni fluidi. L’esecutore si sedeva al piano, alzava le mani per tot tempo e in quel lasso di tempo il suono diventava il brusio del pubblico e dell’ambiente. 67 - Secondo Lawrence Alloway, principale difensore della tendenza, le caratteristiche sono: o Immagine della realtà trasmessa dai mass media; o Esplorazione del gusto popolare e del kitsch; o Rappresentazione di personaggi-culto, come divi del cinema, cantanti, politici; o Tecniche di riproduzione meccaniche, soprattutto la serigrafia; o Esaltazione dell’oggetto di produzione industriale e di uso comune; o Tecnica a stesure di colore piatto e brillante; o Uso dell’assemblage di origine dada-surrealista.  La Pop Art inglese > La Pop art nasce in Gran Bretagna con la mostra This is Tomorrow a Londra nel 1956 grazie all’attività dell’Independent Group. Nella mostra c’erano 12 sezioni dedicate a temi e oggetti della cultura popolare. L’arte riproduceva lo spirito della Londa mondana degli anni ’50 e ’60. > Richard Hamilton Il manifesto della corrente fu il collage Just what is it that makes today’s homes so different, so appealing? (1956) che sintetizzava l’intero vocabolario del genere. In un soggiorno borghese di città ci sono una cameriera, un body- builder e una donna sensuale. La cameriera e l’ambientazione fanno capire di che classe sociale si tratta. Un registratore, un’aspirapolvere e un televisore sottolineano la modernità. Lo stile di vita è confermato dal tavolino su cui poggia un prosciutto in scatola. Su un porta lampada c’è il marchio Ford. Alla parete un ritratto classico e un’immagine tratta dal mondo dei fumetti; altre forme di intrattenimento di massa sono i cartelli e le insegne luminose fuori dalla finestra. > David Hockney (1937) Si distaccò poi dalla pop art per acquisire uno stile personale che lo fece rientrare nella pittura figurativa. Nelle sue Scene domestiche l’artista affronta il tema delle relazioni tra amici e familiari in interni, evidenziandone le incomunicabilità. Altri temi ricorrenti sono il riferimento a relazioni omosessuali, l’attrazione per la vita americana, concepita come libera e aperta, celebrata in vedute piatte e piscine californiane. Molte immagini derivano da fotografie di riviste o scattate da lui. Usava l’acrilico al posto dell’olio per ottenere campiture fredde e lisce.  La Pop Art americana Successo internazionale notevole, sancito dalla Biennale di Venezia del ’64. I soggetti venivano manipolati secondo differenti strategie. > Claes Oldenburg (1929) Si concentra sul culto dell’oggetto quotidiano e sul tradimento delle sue funzioni: presentava cibi di gesso la cui colorazione era accentuata per renderli artificiali e disgustosi. Riprodusse oggetti come water, telefoni, macchine da scrivere, ingigantiti e di plastica molle e sgonfia. > Roy Lichtenstein (1923-1997) Indagò il rapporto tra cultura visiva “alta” e “bassa”, servendosi del linguaggio del fumetto di cui isolava un’unica scena che diventava indipendente dal punto di vista della composizione e della narrazione. La vignetta era poi riprodotta a mano a olio, ripetendo i puntini della stampa e i colori assumevano toni brillanti. L’immagine era ingigantita fino alle dimensioni di un quadro. > Andy Warhol (1928-87) A New York esordì come pubblicitario di successo. Poi dagli anni ’60 edificò la Factory: un centro di produzione artistica non lontano dalle botteghe medievali in cui viveva con allievi indicando loro cosa dovevano fare. Creò anche film sperimentali come Sleep (1963) in cui un poeta dorme per 6 ore; Empire (1964) che ritrae per 8 ore l’immagine del grattacielo; Chelsea Girls (1966) centrato sul voyeurismo sessuale. In collaborazione col gruppo Velvet Underground disegnò la loro copertina del disco con la banana gialla nel ’67. La sua produzione artistica va letta alla luce del suo interesse per la vita mondana, per i giornali, gli oggetti e le persone, considerate immagini viventi e prodotti della società dei consumi e dello spettacolo. Indagò l’evoluzione del mondo della comunicazione, senza assumere posizioni etiche. Le sue opere sono ripetute in una serialità che è la stessa con cui i beni di consumo sono presentati negli scaffali. Dipingeva ciò che si vedeva ogni giorno e ciò che diventava oggetto di adorazione o di ossessione collettiva. I temi principali sono: - i Disasters, incidenti, patologie mentali, catastrofi naturali; 70 - oggetti di consumo diventati idoli contemporanei come la Coca Cola o i barattoli di zuppa Campbell; - personaggi famosi come Marilyn Monroe, Marlon Brando, Mao Zedong. Il procedimento utilizzato era quello della serigrafia: i volti erano tolti dai segni del tempo specifico e trasformati in icone con lineamenti semplificati. Le immagini erano serigrafate col procedimento della quadricromia, usato dalle riviste, e nei vari passaggi si accentuava l’effetto del “fuori registro”: i contorni non coincidevano con le aree colorate, per mettere in evidenza come ciò che si riproduceva era l’immagine pubblica di una persona, e non la persona stessa. La partecipazione emotiva era ridotta al minimo. Lui stesso divenne un mito. Negli anni ’70 si dedicò a nuove sperimentazioni con tele che riproducevano foto ingigantite di ombre, nella serie Oxidation Paintings invece le superfici erano cosparse di pittura a base di rame con elementi organici come urina. Si dedicò anche alla rilettura di capolavori rinascimentali.  La Pop Art in Italia > Questo linguaggio si affermò dopo la Biennale di Venezia del ’64 dove avevano esposto gli artisti americani. Il ritardo è legato allo specifico contesto socio-economico della penisola, in cui si affermarono lentamente il consumismo e l’industria dei mass-media. La massima espressione di questo movimento si ebbe a Roma, dove erano diretti i contatti con la capitale. Nelle tecniche e nel taglio delle immagini si conservò una tendenza all’equilibrio formale, vicina alla tradizione classica, lontana dalla crudezza anglosassone. > Mario Schifano (1934-97) Fu il più rappresentativo del gruppo romano. Conoscitore dell’arte antica, in maturità scelse soggetti come i frammenti dei marchi come Esso e Coca Cola. Li dipingeva su monocromi sgocciolanti. Alla meccanicità ripetitiva delle scritte e al contorno geometrico opponeva la manualità, soggettiva e parziale; al generale del bene di consumo nella sua opera si opponeva il particolare della persona che lo fa proprio. > Michelangelo Pistoletto (1933) Nelle sue opere ci sono autoritratti di spalle su fondi lucidi da sembrare riflettenti. Poi le figure sarebbero state incollate su lastre di acciaio specchiante e avrebbero cessato di essere autoritratti. Un personaggio del presente così si ritrova nel quadro attorniato dalle immagini trasmesse dall’artista: l’immagine non è fissa, si aggiorna nel tempo. > Pino Pascali (1935-68) Formatosi nell’ambito della scenografia cinematografica, abbracciò l’arte in modo ironico e pungente. Vs l’infantilismo di ogni guerra, costruì armi false in scala reale, assemblando pezzi di macchine agricole e industriali e coprendoli di una patina grigio-verde. Vedova blu (1968) Un ragno in materiale sintetico nei toni della plastica che penetrava nelle case tra i nuovi oggetti domestici. 4. Le Neoavanguardie degli anni ’60 e ‘70 > Il successo dell’Espressionismo astratto prima e della Pop art in seguito, favorì la nascita di tendenze contrapposte che si erano appropriate delle aperture tecniche della Pop art, come la serialità, ma ne criticavano l’aspetto commerciale e l’indifferenza vs il consumismo. Queste presero il nome di Neoavanguardie, avendo sviluppato l’eredità delle Avanguardie storiche. Nei vari movimenti i tratti comuni sono: o Attenzione alle condizioni preliminari che determinano l’opera, analisi del metodo, dell’idea, del processo; o Aperta protesta vs il sistema commerciale vs la trasformazione delle opere in merce di lusso; o Rifiuto degli ambienti tipici dell’arte, musei e gallerie, e dei metodi consueti di allestimento, oltre che dei materiali tradizionali delle opere stesse; o Contaminazioni con altri ambiti creativi (danza, teatro, musica); o Realizzazione manuale dell’opera affidata ad altri: artigiani, falegnami, tecnici. Il compito dell’autore si ferma alla fase progettuale; o Il concetto di creatività di conseguenza è svincolato dall’abilità manuale, dipende solo dal progetto, come avviene per architetti, compositori musicali, registi cinematografici. 71  Il Minimalismo > Nasce come fenomeno americano e può essere considerato il primo atteggiamento di semplificazione e di analisi del processo artistico, che abbandona le espressioni soggettive autobiografiche e ogni descrizione emotiva, a vantaggio della ripetizione di forme essenziali. Nel 1965 è il filosofo inglese Wollheim a coniare il termine, l’appellativo indica un’arte fondata sull’uso di forme e materie primarie, ispirate dal mondo della produzione industriale e sviluppate in sequenze ripetitive. - Le radici sono state variamente individuate nel Costruttivismo russo, De Stijl, Bauhaus; a queste vanno aggiunti lo sviluppo della produzione industriale in serie, l’influenza della forma geometrica regolare delle città americane e l’evoluzione scientifica. - Si oppongono sia all’espressionismo che al realismo, ispirandosi ad algoritmi combinatori che generano forme complesse partendo da basi semplici, si parla perciò del linguaggio della geometria solida e piana. La prima mostra del gruppo fu nel ’66 al Museo ebraico di NY, a cura di McShine, il titolo era Primary Structures. > Frank Stella (1936) Fu lui a sancire il passaggio dall’Espressionismo astratto alla costruzione di strutture primarie. Il dipinto è considerato un oggetto fisico, una superficie piatta con sopra pittura, non una metafora o un simbolo: la struttura è ridotta a ciò che può essere visto, usò smalti metallici e montò le opere su alti telai che le rendevano quasi oggetti tridimensionali. > Sol LeWitt (1928-2007) La sua cifra stilistica fu l’arte della combinazione, giocando su forme semplici come linee o cubi, fino alla sua produzione tarda più complessa fatta di ripetizioni ossessive e ricorrenti. Divenne celebre per i suoi interventi ambientali denominati Wall Drawings: muri dipinti costituiti da moduli geometrici adattati alle strutture che li accoglievano. > Carl Andre (1935): lavorò sull’idea del modulo che si ripete e che può essere montato e rimontato (mattoni, pavimenti etc.); > Donald Judd (1928-94): progettò sculture con materiali levigati come rame, acciaio, plexiglas, nell’intenzione di mettere in evidenza le loro potenzialità visive, tattili e sensoriali; > Dan Flavin (1933-96): si concentrò su fenomeni luminosi generati da tubi al neon, i tubi erano segni, la luce colori (citato anche per gli Enviroments); > Robert Morris (1931) Non solo quest’ambito ma anche performance, land art, process art. Le sue opere si proponevano di distruggere la forma ordinata e statica, parte del suo lavoro fu perciò definita Antiform. In alcune opere il pavimento è coperto di specchi e stracci. Fece sculture d’ambiente esterno e di feltro. L’opera è sempre qualcosa di non definitivo.  L’arte concettuale > L’espressione può essere accolta o in un’accezione ristretta, relativa al gruppo di artisti che a NY hanno assunto un atteggiamento analitico nei confronti del linguaggio dell’arte, tra cui Weiner e Kosuth, oppure come tendenza più generale del periodo tra gli anni ’60 e ‘70. Nel secondo caso basta pensare ad alcune mostre come Live in your head – when attitudes become form (Berna, 1969) e Information (NY, 1970), che testimoniano come molti artisti operavano centrando l’attenzione sui processi, sugli atteggiamenti, sulle idee più che sul risultato; Lucy Lippard definì questa tendenza “arte smaterializzata”, cioè sempre meno dipendente dalla manualità. - Il problema centrale era analizzare cosa fosse l’opera, come si forma, secondo quali procedimenti e consuetudini, cosa si può trattenere della tradizione e cosa no. Tali posizioni fecero sì che l’arte visiva diventasse sempre meno comunicativa, adatta a un circolo ristretto di amatori; ciò si lega al fatto che l’invenzione di immagini dirette alla gente comune, per intrattenimento etc., era ormai dei pubblicitari, dei registi, dei fotografi e degli illustratori. Gli artisti non dovevano più decorare e fare propaganda, perciò il loro ruolo si avvicinò al pensiero filosofico, sui problemi della vita e del linguaggio. La prima conseguenza fu il distacco dall’esecuzione tecnica. Le regole di Weiner riassumono la rilevanza dell’aspetto mentale: 1. l’artista può costruire l’opera; 2. l’opera può essere fabbricata; 3. non è necessario che l’opera venga realizzata. Il distacco dalla tecnica a favore dell’idea si lega all’influenza di Duchamp di cui fu ripreso il rifiuto dell’opera d’arte come qualcosa di bello e ben fatto, in favore del suo contributo in termini di pensiero, e il riconoscere l’importanza del fruitore e del contesto in cui l’opera viene esposta. 72 - Tratti comuni degli artisti: o Insistenza sull’energia primaria come fonte di ogni creatività e la valorizzazione delle attitudini individuali; o Riflessione sulle condizioni prime dell’esistenza; o Centralità dell’oggetto e della materia; o Recupero di materiali, oggetti, processi esecutivi, scelte estetiche e simbolismi che rinviano al periodo preindustriale; o Critica all’estetica, all’etica e alla politica dominanti. > Paolini, precursore dell’arte concettuale; > Pistoletto, dopo un’esperienza pop, si interessò a materiali come stracci, palle di carta di giornali, compensato, lavorò sull’arte come rispecchiamento del reale; > Boetti che eseguì disegni per ricami poi fatti eseguire da donne afghane, sulle quali vi erano modi di dire, citazioni, proverbi e poesie; > Merz che lavorava sui fondamenti della vita intesa come processo storico e biologico; > altri: Penone; Fabro; Anselmo; Zorio; De Dominicis.  Poetiche postmoderne > Gli ultimi anni ’70 furono connotati da un diffuso ritorno a linguaggi che includevano la manualità e le tecniche tradizionali della pittura e della scultura. Il decennio precedente aveva sviluppato l’eredità del Dadaismo, ora invece, tra il 1978-85 furono il Surrealismo e l’Espressionismo a passare al vaglio dei più giovani artisti. - Il problema però non era quale Avanguardia rivisitare, quanto se avesse realmente senso pensare a un lineare sviluppo dall’uno all’altro movimento. L’idea di Avanguardia era infatti basata su una concezione positiva della storia, mentre ormai la convinzione che il percorso umano fosse di progresso, era ormai considerata una lontana illusione. Alla fine del ‘900 le idee militari di conquista e successo erano ormai tramontate. La società occidentale si interrogò mettendo in discussione i capisaldi della modernità: le Avanguardie avevano dato voce al Modernismo, si parla ora invece di spirito postmoderno. Il fenomeno a livello artistico si sviluppò soprattutto in Italia, Germania e USA:  La Transavanguardia > Il primo paese in cui si manifestò quel genere di sensibilità fu proprio l’Italia dove Achille Bonito Oliva coniò il termine Transavanguardia per indicare la sostituzione di quello classico di avanzamento con uno di attraversamento. Gli aspetti salienti della sua teoria furono: o Ideologia del traditore: la tendenza a liberarsi da qualunque norma o convinzione ideologica, compresa la tendenza a opporsi frontalmente al potere; o Passo dello strabismo: l’estensione dello sguardo ai fenomeni laterali, inattesi, alle arti minori, al disimpegno vs la politica attiva; o Genius loci: la riscoperta delle radici locali e popolari degli artisti. - Gli artisti furono 5: Sandro Chia; Enzo Cucchi; Nicola De Maria; Francesco Clemente; Mimmo Paladino, il quale sintetizza in quadri e sculture l’iconologia classica e quella popolare, simbologie dell’Italia meridionale ma allo stesso tempo universale.  Il Neoespressionismo in Germania > Sull’onda dell’esperienza italiana in Germania tornarono artisti che operavano nel solco dell’Espressionismo manifestando la crisi della modernità: Baselitz, Kiefer (nelle cui opere c’è una visione allucinata del disfacimento morale della Germania postbellica), Richter (le cui fonti sono invece foto di giornali, suoi scatti amatoriali, motivi astratti etc., la tecnica pittorica mima la sfocatura e il tipo di grigio delle foto originarie emulate; la sua opera è apparentemente indifferente al mondo circostante).  Graffitismo e Street Art negli USA > A riguardo sono ancora aperti interrogativi se questi siano da considerare arte, illustrazione, vandalismo, fenomeno popolare o espressività di nicchia. Artisti: Banksy (inglese), Haring. 5. L’architettura del secondo Novecento > Fino agli anni ’60 il dibattito architettonico si concentra soprattutto sui temi legati alla ricostruzione. Parallelamente si matura l’esigenza di rivedere l’eredità del Movimento Moderno. Nell’immediato Dopoguerra gli USA, vittoriosi e leader sul piano politico ed economico, si affermano come protagonisti su quello culturale e artistico: la presenza di intellettuali europei alimentò la sperimentazione architettonica, favorita dal benessere e dal minor impatto di aspetti storici e ideologici. 75  L’eredità del Movimento Moderno: 1. New Brutalism, 2. Purismo, 3. Architettura organica 1. New Brutalism: In parallelo con l’arte informale, il New Brutalism non si propone come radicale distacco da concezioni razionaliste, opta per materiali grezzi con una critica antiborghese per la comodità e il gusto tattile per ciottoli, mattoni, tubi nei soffitti, cemento a vista. Le costruzioni sono nude e senza decorazioni che nascondono la struttura. Architetti: Alison, Peter Smithson, Rudolph, Kenzo Tange (influenzato da Le Corbusier, nesso costante tra architettura e urbanistica, basato sulla tecnologizzazione e sul superamento dell’omologazione, opere di forte equilibrio ortogonale). > Louis Kahn (1901-74) Accostato al New Brutalism ma purista ed eclettico. Autore di opere di grande impatto e visionaria monumentalità. Recupera archetipi quali la torre e la colonna che viene trasformata in una cavità abitabile. Usa il calcestruzzo armato nella soluzione della parete continua, lasciato poi a vista. L’essenzialità diventa quasi metafisica. 2. Il Purismo: 5 architetti furono battezzati The New York Five, da una mostra che fu loro dedicata al MoMA nel ’69, Eisenman, Graves, Hejduk, Gwathmey e Meier. Si rifacevano al Razionalismo degli anni ’20 e ’30 e a una radice neoplasticista e purista. Chiamati anche The Whites per le loro costruzioni bianche, simbolo di purezza e perfezione. Il più famoso è Meier, archistar degli anni ’80, architetto del Museo dell’Ara Pacis (2006). 3. Architettura organica: in risposta al dilagare di costruzioni stereotipate, emergono proposte ispirate al Razionalismo organico di Wright, allo stile nordico di Alvar Aalto e alle poetiche espressioniste. Promossa da Zevi nel ’45, in Italia si traduce nell’opera di Scarpa, Michelucci e Nervi. - In Italia gli architetti furono chiamati a operare in un contesto di arretratezza e forti squilibri economici e sociali, dividendosi tra obiettivi etici e sperimentazioni eclettiche e marginali rispetto alla scena mondiale. I principi ricorrenti furono il dialogo con l’ambiente e il recupero della storia. La ricostruzione privilegiò però l’incentivo all’impresa artigiana più che all’industrializzazione edilizia, che fu perciò affidata maggiormente agli ingegneri. Tra gli anni ’50 e ’60 con le spinte speculative dell’iniziativa privata, le città principali furono perciò ricostruite senza rispettare le regole e senza progetti complessivi e qualificati.  1. High Tech e 2. Postmoderno negli anni ’70 e ‘80 1. High Tech: Tendenza che alimentò nuove espressioni architettoniche: la prima età industriale era stata caratterizzata da trasparenza, modularità e flessibilità; ora invece si parla di edifici-macchina che esibiscono impianti e strutture costruttive di forte impatto estetico. Gli anni ’60 sono un punto di svolta, nel clima di imprese spaziali e di forte fiducia nella tecnologia, l’architettura intraprende un percorso utopico e visionario. I protagonisti furono Foster, Roger e Renzo Piano. 2. Postmoderno: Negli anni ’70 ci fu la fine della fase della spinta postbellica, con la crisi petrolifera del ’73, le contestazioni studentesche operaie, l’affermarsi dei diritti civili e di genere, ci si concentrò sui limiti dello sviluppo. L’architettura si fece perciò interprete della cultura post-industriale: discontinuità, instabilità, frammento ed effimero sostituirono le certezze del Movimento Moderno. Con gli anni ’80 al movimento aderirono gli americani Venturi, Johnson e Graves; in Italia il fenomeno ebbe risvolti soprattutto nell’ambito del design in gruppi coma Alchimia, in architettura fu interpretato da Portoghesi e Rossi, con posizioni orientate vs i temi della storia e della memoria, dei rapporti tra progetto e contesto.  Verso il nuovo millennio  Regionalismo critico In un saggio del 1984 Frampton definì tale un modo di pensare l’architettura che caratterizzava progetti che aderivano agli ideali della modernità arricchita dall’attenzione alla geografia e alle tradizioni dei luoghi. Ne fece parte Mario Botta, della Scuola ticinese che reinterpretava progetti moderni in chiave identitaria.  Architettura decostruttiva Alla fine del secolo breve la ricerca di stabilità, la standardizzazione e la razionalità lasciarono spazio all’individualizzazione delle narrazioni e alla precarizzazione delle esperienze. Nel 1988 al MoMA ci fu la mostra dell’architettura decostruttiva di Eisenman, Gehry, Zaha Hadid, i quali decostruivano i tradizionali principi compositivi per riorganizzarli in forme inedite, grazie al disegno computerizzato.  Minimalismo Non è una scuola o un movimento, si richiama al movimento artistico degli anni ’70, unisce posizione variegate ripensate in chiave etica e sintetica, più che progressista. 76 Architetture silenti ed essenziali, che ricercano la forma pura. Architetti: Siza, Ferrater, De Meuron. ________________________________________________________________________________________________ G: Il nuovo millennio 1. L’arte: proposte per il nuovo millennio > Tecniche poliedriche: pittura, scultura, video, film, mezzi digitali utilizzati insieme in un linguaggio senza confini. Tutto ciò convive anche col ritorno a tecniche tradizionali di contesti locali, come l’uso del vetro, della ceramica, in un’ottica di recupero del passato.  Il Neopop americano > I secondi anni ’80 hanno conosciuto l’ultimo tratto del benessere caratteristico dell’Occidente del secondo novecento. In un contesto economico florido, gli artisti hanno percepito il potenziale di cambiamento del periodo. Negli USA molti artisti si occuparono delle contraddizioni del consumismo: il tema veniva affrontato con tecniche diverse, dalla scultura oggettuale che riproduceva i beni di consumo ma senza che avessero un’utilità specifica, all’uso di schermi a led elettronici (Times Square), fino a scelte grafiche che riecheggiano quelle pubblicitarie o delle installazioni ambientali. In questo caso la poetica pop degli anni ’60 emerge con una presa di posizione critica e con maggiore inquietudine. > Jeff Koons (1955) Le sue opere consistono in fusioni di acciaio inossidabile, porcellana, legno, statuette, giocattoli kitsch. Il lavoro sottolineava o trattava in termini artistici materiali simbolo della società del benessere e dei consumi e il nuovo immaginario di massa, che assumevano un tenore eroico, in quanto trasformate in opere d’arte. Negli ultimi lavori riprende le forme di opere della grande tradizione artistica e le modifica nei materiali o inserendo oggetti essenziali e simbolici: gioca con l’arte del passato e risignifica la cultura alta, mettendo l’accento sulle radici del gusto di massa contemporaneo, già indagato nelle ricerche sul farsi oggetto di consumo dell’arte stessa. > Haim Steinbach posa oggetti quotidiani su mensole colorate, altari come quelli dove si poggiano gli oggetti di culto domestico; Jenny Holzer; Barbara Kruger; Robert Gober; Cindy Sherman.  La fine dell’utopia in Europa > In Europa si insistette meno sull’aspetto dell’acquisto compulsivo, mettendo in evidenza ossessioni personali e collettive che includevano anche il senso di lutto e la perdita. L’attitudine è legata al peso che ebbero gli ideali del XIX e XX secolo: l’idea di Nazione, il Comunismo, la rivoluzione del ’68. > Schutte (1954) nei suoi dipinti e sculture celebra eroi improbabili con umorismo venato di tragedia; > Ilya Kabakov (1933) nata in Ucraina e vissuta nell’URSS concepisce installazioni ambientali, quadri e disegni con uno stile derivante dall’illustrazione per bambini, con spirito ironico ribalta l’innocenza per svelare i dolori punti della vita sovietica; > Cragg, Dinos e Chapmann infine trasformarono il linguaggio della scultura in oggetti che riflettessero la frammentarietà della vita.  L’arte interattiva > Arte che coinvolge il pubblico non solo nella veste di spettatore, dagli anni ’90 si estese l’uso del video: Barney, Bill Viola. Altri artisti, come Eliasson, Parreno hanno improntato il loro lavoro alla Public art nello spazio urbano e a quella che è stata definita estetica relazionale, cioè la volontà di generare relazioni umane tra spettatori tramite le opere: gli spettatori partecipano e collaborano ad esempio prendendo parti dell’opera, dolcetti, fogli, o simulando ambienti in cui il sole cala e sale. - La riscoperta di tematiche come il rapporto con la natura e gli animali è legata al lavoro del maggiore artista francese del 2000, Pierre Huyghe (1962). ________________________________________________________________________________________________ 77
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