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Capitolo 3 De Brevitate Vitae, Appunti di Latino

Analisi testo del capitolo III del De Brevitate Vitae di Seneca

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 22/01/2022

chiara-fracchioni
chiara-fracchioni 🇮🇹

4.3

(12)

14 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Capitolo 3 De Brevitate Vitae e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! SENECA TERZO CAPITOLO COSTRUZIONE-TRADUZIONE-ANALISI 1) (1) Tutti gli ingegni che mai brillarono si concentrino pure su questa unica questione, non si stupiranno mai abbastanza di questa nebbia che offusca le menti umane: non tollerano che i loro poderi siano occupati da nessuno e, se vi è anche una minima contesa sulla linea di confine, si precipitano alle pietre e alle armi; invece permettono che altri camminino nella loro vita, anzi addirittura, fanno entrare nella loro vita anche coloro che ne diventano proprietari; non si trova nessuno che voglia dividere il proprio denaro, a quanti ciascuno distribuisce la propria vita. Sono avari nel tenersi ben stretto il patrimonio ma, quando si tratta dello spreco del tempo, sono generosissimi nell’unica cosa di cui l’essere avari è una virtù. Licet regge una concessiva In continendo patrimonio è un gerundivo Simul introduce una temporale Analizza il comportamento contraddittorio degli esseri umani, sottolineato da “caliginem”, introdotta da una constatazione generale: l’iperbato “omnia ingenia” sottolinea “tutti” e l’ovvietà di questa constatazione. Il verbo “fuserunt” è in opposizione a “caliginem”: da una parte vi sono i geni dall’altra questa nebbia oscura, che impedisce loro di vedere una verità lampante, contenuta nella frase successiva; è un periodo costruito su un’antitesi doppia, fatta per asindeto e da una perfetta struttura. La contraddizione dell’agire umano è enfatizzata dall’uso di una metafora molto audace, forte (la vita come possedimento materiale). Il comportamento paradossale è sottolineato da “ipsi” (=proprio loro che non permetterebbero a nessuno di occupare un centimetro dei loro territori, permettono a chiunque di passeggiare nella loro vita, e anche i futuri possessori). A sottolineare il comportamento paradossale degli uomini interviene un secondo esempio (che inizia con “Nemo”: un bene materiale, cioè i soldi, è contrapposto a un bene immateriale, cioè la vita; questa antitesi è resa anche più forte dalla struttura chiastica (“nemo pecuniam suam vitam unusquisque”, soggetto oggetto-oggetto soggetto). L’antitesi è fatta per la giusta contrapposizione di due frasi: invece di usare “sed”, le contrappone per asindeto, dunque con l’uso della punteggiatura, in essa vi è anche l’uso metaforico dei due termini “adstricti” e “profusissimi” e si rifà alla metafora della vita come podere, come possedimento materiale. Sono presenti due concetti molto importanti: la IACTURA TEMPORIS, nella quale un sostantivo astratto (che deriva dal verbo “iacto”) vuol dire “gettar via”, concetto del buttar via il tempo; ONESTA AVARITIA (è un ossimoro perché l’avarizia è un vizio, mentre il terminale “onesta” si riferisce a una virtù), sottolinea ancora una volta il paradosso degli uomini. 2) (2) Mi piace a questo punto prendere uno tra la folla degli anziani:" vediamo che sei arrivato al limite estremo della vita umana, hai cento e più anni: suvvia, rifà il conto della vita. Calcola quanto di questo tempo ti ha portato via il creditore, quanto l'amante, quanto il potente, quanto il cliente, quanto le liti con la moglie, quanto la punizione degli schiavi, quanto l'affannato correre qua e là attraverso la città; aggiungi le malattie che ci siamo procurati di nostra mano, aggiungi anche il tempo che è rimasto inutilizzato: vedrai che hai meno anni di quanti ne conti. Ultimum è un superlativo Centesimus è un numerale ordinale Agedum è un'interiezione Il secondo paragrafo si apre con un esempio del tipico periodo senecano, giocato sull’anafora in variatio o poliptoto, secondo la tecnica diatribica, nella quale si rivolge a un estraneo, un anziano, invitandolo a constatare quanto tempo ha realmente vissuto, tirando le somme con termini finanziari. L’imperativo tronco “duc” regge una serie di interrogative indirette introdotte da un’anafora martellante, continuata e resa più forte dall’imperativo “adice, adice” e che sfocia in una conclusione sentenziosa. Questa conclusione contrappone una realtà effettiva (“hai meno anni di quanti ne conti”) al falso immaginario degli uomini che sprecano il tempo, disperdendolo in attività inutili indicate da vari aspetti della vita agiata dei romani. 3) (3) Richiama la memoria con te quando sei stato sicuro della tua decisione, quanti giorni hai trascorso come avevi stabilito, quando l'uso di te è rimasto a te (/quando hai avuto la disponibilità di te stesso), quando il volto è rimasto impassibile, quando il tuo animo è rimasto intrepido, quale azione tu abbia compiuto in una vita così lunga, quanti abbiano saccheggiato la tua vita senza che tu ti accorgessi, perdevi, quanto tempo ti ha sottratto il vano dolore, la stolta gioia, l'avida bramosità, il piacere dei rapporti umani, quanto poco ti sia stato lasciato della tua vita: capirai che muori prima del tempo. Te non sentiente= ablativo assoluto con participio presente Il periodo del terzo paragrafo è giocato su un’anafora in variatio, introdotta da un imperativo, con una serie di interrogative indirette. I motivi prima della Iactura temporis erano situazioni esterne, ora vengono affrontate delle situazioni interne [incertezza, non essere padroni di se stessi (ALIENAZIONE)]. Questo lungo periodo è in parallelo con quello precedente e rappresenta il nodo della tecnica diatribica, partendo da una situazione concreta (sottolineata dai verbi della vista), per poi trarre delle conclusioni, anche qui evidenti (“intelleges” capirai razionalmente, esprime l’evidenza della conclusione). Il non fare nulla, non accorgersene è una colpa, come viene sottolineata.
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