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capitolo 5 marazzini, Sintesi del corso di Storia della lingua italiana

riassunto del quinto capitolo del libro

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 28/02/2023

martina-brioschi-1
martina-brioschi-1 🇮🇹

4.7

(3)

16 documenti

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Scarica capitolo 5 marazzini e più Sintesi del corso in PDF di Storia della lingua italiana solo su Docsity! CAPITOLO V 1. DAL LATINO ALL’ITALIANO L’italiano deriva dal latino volgare ed ha la stesa origine delle altre lingue romanze (portoghese, spagnolo, catalano, francese, occitano e rumeno); tutte queste lingue derivano dal latino volgare ed una grande quantità di parole italiane discende da parole latine e trova una corrispondenza in altre zone della Romania. Il concetto di “latino volgare” è concetto fondamentale dei linguisti ed elaborato nel corso di una lunga riflessione da parte degli studiosi. Il concetto di latino volgare viene usato per indicare i diversi livelli linguistici che esistevano nel latino dove le fonti classiche distinguono: • latino letterario vero e proprio da una parte • i sermo plebeius, sermo militaris, sermo rusticus, sermo provincialis (le lingue dei soldati, rustici e provinciali) dall’altra Queste distinzioni rinviano a livelli sociolinguistici differenti e sottolineano che gli illetterati, gli incolti, i “rustici” e provinciali parlavano in modo diverso dalle persone colte e romani istruiti. Il concetto di latino volgare fa anche riferimento ad uno sviluppo diacronico, che vede emergere usi linguistici spesso all’origine degli sviluppi romanzi; il concetto di “latino volgare” mescola due elementi di natura disomogenea: una componente sociolinguistica (sincronica) e una componente diacronica. Il latino mutò nel corso del tempo, tanto che i territori dell’Impero conquistati in epoca diversa ricevettero un latino in parte differente. Emblematico è il caso del tipo PLUS che si sostituì a MAGIS nel comparativo: troviamo il tipo MAGIS in Iberia e in Dacia, il tipo PLUS in Gallia e in Italia (MAGIS nelle aree laterali dell’impero, PLUS in quelle centrali). Il latino non aveva un’unità linguistica assoluta; si tratta di un dato linguistico che può essere assunto a priori, senza necessità di dimostrazione: non esistono lingue diffuse in un’area tanto grande che non risentono di fenomeni di differenziazione geografica e non solo sociolinguistica: Storia delle lingue inglesi, con il plurale, per indicare la varietà con cui tale lingua è parlata da popoli che vivono molto lontani gli uni dagli altri. Il latino non si impose allo stesso modo ovunque, ma la penetrazione fu forte in Iberia, Gallia, Rezia, Norico, Dalmazia, Dacia e una parte dell’Africa Settentrionale. Nella parte orientale dell’impero e in Egitto, Palestina, Macedonia, Grecia, Asia Minore prevalse l’uso del greco, l’unica lingua di cultura di fronte alla quale i romani provassero rispetto; l’atteggiamento dei romani nei confronti delle altre lingue dei popoli con cui venivano a contatto fu solo di disinteresse e disprezzo. Il prestino latino sui popolo sottomessi era fortissimo; il colonialismo romanzo impose il latino assieme alle leggi e alla cultura latina, basti pensare all’afflusso e alla diffusione dei teatri nei territori conquistati, in una capitale internazionalizzata per la convergenza di persone di ogni parte del mondo. Una volta conquistata la Gallia i romani si trovavano i germani come popolo confinante; nei primi anni dell’era volgare, nel 9 d.C. ci fu la disfatta della selva di Teutoburgo, ad opera di Arminio (capo cherusco). Di lui si legge, negli Annali di Tacito, che Arminio insultava i romani gridando dalla sponda di un fiume all’altra e per nel suo discorso mischiava molte parole latine. Si evidenzia che l’esercito romano, anche dal punto di vista linguistico, aveva una grande influenza diffondendo una conoscenza del latono tra coloro che venivano a contatto con esso. La Germania non fu latinizzata e il confine fu fissato sulla sponda del fiume Reno. Secondo Castellani alcune parole latine entrano nelle lingue germaniche occidentali; a partire dal IV sec. Entrarono nel latino i germanismi come per esempio guerra, germanico occidentale *werra che prese il posto di BELLU(M). È importante aggiungere la variabilità sociale, che esiste in ogni lingua e che era presente anche in latino. Nello schema si fa una distinzione tra la lingua scritta e la lingua parlata. Per quanto riguarda la lingua scritta si fa riferimento al latino classico, con una continuità culturale, a cui si avvicina il latino parlato dai ceti aristocratici dell’età repubblicana. Il latino parlato dai ceti colti in età imperiale andò via via avvicinandosi al livello popolare, dando origine al latino parlato/ “volgare” da cui sono nate le lingue romanze. Le frecce verticali indicano i rapporti di reciproca influenza tra il livello letterario e il livello popolare del latino, rapporti che mutano in epoca tardo-imperiale, dal momento in cui il latino parlato influenza solo una lingua regolata dalla normativa dei grammatici. Questo schema mostra l’espansione geografica del latino nel corso dell’età repubblicana, che comportò la nascita di un “latino delle province”, la cui omogeneità fu garantita dalle forze attive lungo il periodo in cui l’impero poté esercitare la forza militare e culturale sui territori occupati. Nel latino si avviò un processo di differenziazione, su cui incisterò le invasioni barbariche; il processo si concluse con la nascita delle lingue romanze. Uno dei mezzi per ricostruire gli elementi del latino volgare è la comparazione tra le lingue neolatine. Quando si riporta una parola al sua etimo latino-volgare, è possibile individuare l’esistenza di una forma lessicale che non è attestata nel latino scritto ma viene indicata con un’asterisco: italiano puzzo può essere riportato al latino parlato *PŪTIU(M), da PUTĒRE, verbo attestato nel latino scritto. Il latino volgare
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