Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Capitolo 6 STORIA ROMANA Livio Zerbini, Dispense di Storia Romana

"Lo scontro tra ottimati e popolari: Mario e Silla", capitolo 6 del manuale di LIVIO ZERBINI

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 04/05/2021

francescagioia02
francescagioia02 🇮🇹

4.5

(2)

20 documenti

1 / 5

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Capitolo 6 STORIA ROMANA Livio Zerbini e più Dispense in PDF di Storia Romana solo su Docsity! Capitolo 6: MARIO E SILLA Al fallimento dei Gracchi corrispose un incremento del potere della nobiltà. Per i ceti popolari furono mantenute solo quelle concessioni, come le leggi frumentarie, che servivano per tenerli sotto controllo ma non fu trovata alcuna soluzione alla crisi sociale e politica. Gli affari dello Stato interessavano solo la classe nobiliare, i cui componenti gareggiavano tra loro per il primato. Questa competizione divenne sempre più selvaggia e violenta e coinvolse anche i ceti medi e inferiori, in quanto dipendenti da familiae senatorie. Di conseguenza, l’intera società romana venne turbata da questi conflitti. La vita politica a partire dagli ultimi decenni del II secolo a.C. fu quindi caratterizzata dallo scontro tra due partiti dell’aristocrazia senatoria: quello degli optimates, contrari a ogni cambiamento costituzionale, e quello dei populares, che invece erano favorevoli. Tutte le tensioni sociali e politiche divennero sempre più manifeste in occasione della guerra contro Giugurta. Dopo la creazione della provincia d’Africa, Roma controllava indirettamente la Numidia, un regno vicino alleato. Alla morte di MICIPSA, re della Numidia, il nipote GIUGURTA ereditò il regno insieme ai due figli del sovrano, IEMPSALE e ADERBALE, alleati dei Romani, che fece uccidere per proclamarsi unico re della Numidia. Egli, inoltre, si rese responsabile del massacro di numerosi commercianti italici e romani che si trovavano in città. Il senato, corrotto da Giugurta, esitava a intervenire ma, in seguito alle pressioni dei cavalieri, speranzosi di trarre vantaggio da un’eventuale riduzione a provincia di quel ricco territorio, Roma decise di reagire dichiarando guerra al re numida nel 112 a.C. L’intervento militare contro Giugurta non diede risultati positivi perché generali e soldati romani si lasciarono corrompere: era stata dimostrata l’incapacità politica e militare dello Stato romano. L’uomo che pose fine alla guerra contro Giugurta fu GAIO MARIO, che subito dimostrò particolari abilità militari e una sorprendente capacità di guadagnarsi la simpatia del popolo. Mario, nato nel 157 a.C. nei pressi di Arpino da una famiglia di modeste condizioni sociali, era un homo novus: si fece avanti nella vita pubblica grazie all’appoggio della potente famiglia dei Metelli. Dopo aver combattuto valorosamente nell’esercito di Scipione Emiliano in Spagna, egli aveva preso le cariche pubbliche usuali, guadagnandosi una certa notorietà come avversario della grande nobiltà. Ottenne vari successi come comandante della cavalleria nella guerra giugurtina che gli permisero, con il suo grande seguito popolare, di venire eletto console nel 107 a.C. Dopo l’elezione a console, Mario ottenne il comando della guerra contro Giugurta e per prima cosa promosse una riforma dell’esercito, al fine di consentire l’arruolamento a tutti i cittadini romani, anche se nullatenenti. I legionari, dopo aver militato per 16 anni, avrebbero ricevuto un appezzamento agricolo. L’esercito si trasformava così in un esercito professionale, con soldati regolarmente pagati. Durante il servizio militare i soldati erano equipaggiati dallo Stato, vivevano in accampamenti lontani dalla vita civile. In questo modo, non solo si trovò una soluzione momentanea al problema agrario e sociale, ma l’esercito romano riuscì a ingrandirsi e a guadagnare compattezza. La riforma mariana diede subito i suoi frutti  con un esercito più imponente Mario riuscì a dare una svolta decisiva alla guerra contro Giugurta già due anni dopo, nel 105 a.C. Il re della Numidia fu catturato grazie all’astuzia del questore LUCIO CORNELIO SILLA, luogotenente e rivale politico di Mario. Giugurta finì i suoi giorni a Roma, giustiziato in carcere. Mario divenne l’idolo del popolo e il capo dei popolari, Silla diventò il campione degli ottimati. Dopo la vittoria sul re numida, Gaio Mario fu eletto cinque volte console, senza intervallo tra le cariche  il motivo non era solo la sua popolarità ma anche e soprattutto una grave minaccia per lo Stato: la migrazione verso sud delle potenti tribù germaniche dei CIMBRI e dei TEUTONI. Queste due tribù germaniche seminavano il terrore tra la penisola iberica e la Gallia meridionale; dopo aver sconfitto nel 105 i Romani in Gallia, precisamente ad Aurasio, intendevano calare in Italia. I Cimbri e i Teutoni, all’incirca 200.000 uomini con le loro tribù, si trovarono di fronte ben sette legioni ma fu un disastro totale: il numero dei soldati romani uccisi nella battaglia superò anche quello della strage di Canne. La rovinosa sconfitta di Aurasio fu un colpo terribile per i Romani. L’Italia temeva una possibile invasione ma Mario dimostrò, ancora una volta, il suo grande genio militare  i Germani avanzarono suddivisi in due grandi colonne: i CIMBRI provenivano dall’Austria, i TEUTONI dalla Gallia meridionale. Così i Romani poterono affrontarli separatamente. L’esercito di Mario lasciò che i Teutoni si spingessero verso le Alpi, per poi attaccarli di sorpresa alle spalle. La battaglia decisiva avvenne ad Aquae Sextiae nel 102 a.C. Intanto, Mario inviò un distaccamento per poterli attaccare alle spalle. Il giorno successivo la massa dei Teutoni attaccò disordinatamente il campo fortificato romano che resistesse molto bene all’assalto; nello stesso tempo i nemici furono colpiti di sorpresa anche dal distaccamento. I Teutoni furono completamente schiacciati e per Mario fu una grande vittoria. Mario, dopo aver sbaragliato i Teutoni, venne chiamato a Roma, affinché celebrasse il trionfo che già gli era stato decretato dal senato ma il console, consapevole che la guerra con fosse ancora finita, non volle ancora accettare quest’onore. Mario, di ritorno dalla Gallia, passò il fiume Po con le sue truppe e cercò di contenere i barbari nel territorio padano. I CIMBRI non vollero attaccare battaglia sino a quando non si fossero congiunti con i TEUTONI ma quando vennero a sapere della loro disfatta ad Aquae Sextiae, resisi conto di quanto avvenuto, cercarono di raggiungere un accordo con Mario, ma il generale romano in modo irremovibile rifiutò e si arrivò allo scontro tra i due eserciti. La battaglia si concluse nel 101 a.C. ai Campi Raudii, presso Vercellae, dove per i Cimbri ci fu una vera e propria ecatombe: 120.000 caddero sul campo di battaglia e 60.000 furono fatti prigionieri. Per i Cimbri fu la fine e quel giorno scomparvero dalla storia. Il popolo romano celebrò grandemente Mario. Il generale, al culmine della sua gloria militare, venne onorato come nuovo fondatore e salvatore di Roma. Tuttavia, Gaio Mario non fu capace di gestire la crisi politica del 101 a.C., quando alcuni dei suoi seguaci, guidati da Gaio Servilio Glaucia e Lucio Apuleio Saturnino, cercarono di ottenere il consolato ricorrendo all’assassinio di un avversario  Mario represse l’agitazione e punì i colpevoli ma la sua popolarità ne uscì incrinata, costringendolo a dimettersi. Nel frattempo Silla ottenne il consolato, dando inizio a un periodo di violenza. Si presentarono nuovi problemi: i rappresentanti più influenti dell’aristocrazia italica premevano per ottenere la cittadinanza romana e la possibilità di partecipare al governo. Ad allarmare gli Italici fu soprattutto la riforma militare di Mario perché temevano di essere esclusi dai benefici riservati ai veterani di Roma. L’unica soluzione per gli Italici era ottenere la cittadinanza romana. Soltanto con MARCO LIVIO DRUSO, eletto tribuno della plebe nel 91 a.C., la questione italica venne affrontata. La sua uccisione, però, provocò la reazione degli Italici che, comprendendo che il senato non avrebbe mai accettato le loro richieste, decisero di entrare in guerra. Iniziò così la cosiddetta guerra sociale con gli Italici che si rivelò particolarmente impegnativa per i Romani perché combattuta contro popoli che conoscevano bene le tecniche militari dell’esercito romano. La guerra scoppiò ad Ascoli nel 91 a.C., quando vennero uccisi alcuni Romani; da lì si estese poi alle popolazioni marsiche, peligne, osche, sannitiche, irpine e lucane. Intorno ai Marsi e i Sanniti, tutte le altre popolazioni italiche del Centro e del Sud si unirono in uno Stato federale, retto da un consiglio e dotato di un esercito. Il nuovo Stato si diede anche una capitale, Corfinium, nel territorio dei Peligni, subito ribattezzata Italica. Rimasero fedeli a Roma solo l’Etruria e l’Umbria, le città greche e le colonie latine. Questa volta i popoli italici riuscirono a coalizzarsi contro i Romani per fondare uno Stato separato. Le lotte furono violente e tutta l’Italia centrale ne soffrì molto. Protagonisti furono ancora GAIO MARIO e LUCIO CORNELIO SILLA. Per evitare che il conflitto si espandesse, il senato decise di concedere la cittadinanza romana a tutti i socii:  nel 90 a.C., su proposta del console LUCIO GIULIO CESARE, con la lex Iulia de civitate venne concessa la cittadinanza agli alleati rimasti fedeli, alle colonie e alle comunità che avrebbero deposto le armi
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved