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La Guerra di Giugurta: Mario, Silla e la Cittadinanza Romana, Appunti di Storia Romana

La guerra di giugurta in numidia (112-105 a.c.) e la figura di mario e silla, due console romani che la combatterono. Il testo illustra come la guerra si svolse, i motivi della loro candidatura al consolato, la fine della guerra e la questione della cittadinanza romana. Inoltre, vengono trattate le conseguenze politiche di questi eventi, come la guerra sociale (91-89 a.c.) e la guerra civile (83-82 a.c.).

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 20/12/2023

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Scarica La Guerra di Giugurta: Mario, Silla e la Cittadinanza Romana e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! CAPITOLO 6: Lo scontro tra ottimati e popolari (Mario e Silla) 6.1 OTTIMATI E POPOLARI La vita politica a partire dagli ultimi decenni del II secolo a.C. fu pertanto caratterizzata dallo scontro tra due partiti dell'aristocrazia senatoria: quello degli optimates, gli ottimati, contrari a ogni cam -biamento costituzionale, e quello dei populares, i popolari, che erano invece favorevoli alla mobilità sociale e ai cambiamenti istituzionali. Entrambe le fazioni potevano contare sul sostegno di gruppi di ca valieri e di plebei, a loro legati da rapporti clientelari. 6.2 MARIO E SILLA Dopo la creazione della PROVINCIA d’Africa nei territori un tempo soggetti a Cartagine, Roma controllava indirettamente la Numidia, il regno vicino e alleato, considerato un’area NEVRALGICA per il CONTROLLO dei traffici commerciali nel Mediterraneo occidentale. (GIUGURTA RE DI NUMIDIA) Massinissa, re di Numidia, muore nel 148 a.C., senza vedere la fine di Cartagine e presumibilmente anche irritato con i romani, perché l’intervento romano in Africa, nella terza guerra punica, non gli era andato a genio. Egli lascia come erede al trono il figlio Micipsia che come lui, resta alleato di Roma e nell’arco di trent’anni di regno NON cambia niente. Nel 118 a.C Micipsia muore, ma aveva già preso l’infausta decisione di assegnare il comando ai suoi due figli Aderbale e Iempsale e al nipote (di sangue), nonché figlio adottivo Giugurta. Dunque, almeno in teoria il regno avrebbe dovuto essere diviso in tre parti, eppure Giugurta (al fine di proclamarsi UNICO re) fa fuori Iempsale e caccia Aderbale dal regno. Quest’ultimo fa appello a Roma, che stabilisce un ARBITRO e decide che il regno di Numidia (regione ad Ovest di Cartagine) debba essere DIVISO in: -Numidia OCCIDENTALE (più o meno l’odierno Marocco) viene attribuita a GIUGURTA; -Numidia ORIENTALE (più o meno l’odierna Tunisia) viene attribuita ad ADERBALE. Giugurta finge che l’accordo gli stia bene, in realtà non vuole accontentarsi, a maggior ragione se la regione ORIENTALE è più fertile; così, nel 112 a.C. riprende a far guerra contro Aderbale e assedia la città di Cirta (capitale della parte di regno di Aderbale, attuale Algeria), inoltre diventa responsabile del massacro di numerosi commercianti italici e romani che si trovavano nella città. Il senato, corrotto da Giugurta, esitava ad intervenire, ma in seguito alle pressioni dei cavalieri, Roma decise, nel 112 a.C., di dichiarare guerra al re numida, per due motivi: -vendicare l’affronto; -per la messa in pericolo delle attività finanziare (che si svolgevano tra l’Italia e l’Africa). Dal canto suo Giugurta non nutre un atteggiamento ostile nei confronti dei romani, il cui intervento non diede i risultati attesi. Sallustio, decenni dopo, accuserà la classe politica e militare dello Stato di essere completamente succube della corruzione di Giugurta. (L’INIZIO DELLA GUERRA CONTRO GIUGURTA) Una prima svolta alla guerra, viene impressa nel 109 a.C., dall’arrivo in Africa del console Quinto Cecilio Metello, che infligge a Giugurta una serie di sconfitte. Tra gli ufficiali di Metello, figura un personaggio interessante, le cui capacità militari si rivelano sin da subito impressionanti e la sua carica è quella di legatus, cioè luogotenente. N.B. In un esercito, c’è il capo, cioè il MAGISTRATO CUM IMPERIO, poi lo stato maggiore che si compone di LUOGOTENENTI…uno tra questi era Gaio Mario. (GAIO MARIO HOMO NOVUS) Gaio Mario nato ad Arpino nel 157, era un cittadino romano, ma non romano di nascita, che senza antenati illustri, si era fatto avanti nella vita pubblica come homo novus, appoggiato dalla potente famiglia dei Metelli (di cui è cliente). (VEDI FONTE 6.1 PAG.77) Mario percorre i primi gradini del cursus honorum sino alla pretura; cariche che ottiene un po’ dopo la prassi, siccome, essendo homo novus, non godeva dei privilegi che un giovane nobile poteva avere. Comandante della cavalleria nella guerra giugurtina, Mario ottenne vari successi, in modo particolare nella battaglia del fiume Muthul nel 109, eppure la resistenza dei Numidi non diminuiva e la guerra, sanguinosa per i romani, si prolungava. (MARIO ELETTO CONSOLE 107) Così, pur senza il permesso di Cecilio Metello (suo capo e protettore) raggiunge Roma per presentare la propria candidatura per il consolato, sciogliendo il legame di fides che c’era tra patronus e cliens e nel 107 a.C. viene eletto console e si assicura, per un voto del popolo, il comando della guerra contro Mitridate. (LA RIFORMA DELL’ESERCITO) Dopo l’elezione, Mario per prima cosa promuove una riforma dell’esercito, al fine di consentire l’arruolamento a tutti i cittadini romani che si fossero offerti come volontari, anche se nullatenenti. Gli storici tendono a considerare quest’iniziativa di Mario come una riforma rivoluzionaria: il censo della quinta classe era stato abbassato da più di 12000 a 1500 assi per inglobare anche i più poveri nell’esercito. In principio, infatti, per essere arruolati era necessario un censo minimo e Mario, di tutta risposta a Tiberio Gracco, promuove il proletariato, una massa di gente nullatenente desiderosa di trovare lavoro. L’esercito si trasformava così in un esercito professionale, con soldati regolarmente pagati con uno stipendium e in servizio permanente, finché all’atto di congedo dopo aver militato per 16 anni i legionari avrebbero ricevuto un appezzamento agricolo. VEDI FOCUS 6.2 PAG. 84 E 85. Durante il servizio militare, i soldati erano equipaggiati dallo Stato, vivevano in accampamenti, rimanevano lontani dalla vita civile e anche i loro diritti civili erano momentaneamente sospesi, per esempio non si potevano sposare. L’esercito romano, dalla riforma militare di Gaio Mario in poi, diventerà sempre più lo strumento d’affermazione del potere di generali ambiziosi, che arruolano i soldati, li guidano in battaglia, distribuiscono bottini e premi e che li congedano. Legame interpersonale che corre tutti i rischi del caso, visto che, i comandanti con migliaia di uomini armati alle loro dipendenze, avrebbero potuto usufruirne per interessi personali. (LA FINE DELLA GUERRA CONTRO GIUGURTA 105) La riforma mariana diede subito i suoi frutti e grazie ai nuovi arruolamenti e ad un esercito più imponente Mario riuscì a dare una svolta decisiva alla guerra contro Giugurta già due anni dopo, nel 105 a.C. Una corrente di pensiero dell’epoca afferma però che, a vincere Giugurta, in realtà, era stato un questore di Mario. A ovest della Numidia, c’era un altro regno, noto come Mauretiana (più o meno l’odierno Marocco), il cui sovrano, Brocco, alleato di Giugurta lo tradisce e lo consegna al questore di Mario, Lucio Cornelio Silla, appartenente a una delle famiglie della più alta nobiltà romana. FOCUS 6.2 PAG.92. Mario, che è console, deve prendere una posizione e lo fa, si dichiara contro Saturnino e Glaucia. Viene emesso un Senatus Consultus Ultimum che impegna i consoli alla difesa dello Stato e Mario NON può sottrarsi…Saturnino e Glaucia vengono braccati, trovano rifugio nella sede del senato e lì si asserragliano, mentre un gruppo di facinorosi si arrampica sul tetto, lo scoperchiano a colpi di pietra e li fanno fuori. In questo modo si conclude il consolato di Mario, con un’altra repressione violenta (la TERZA e la SECONDA decisa dallo Stato). Il consolato di Mario si chiude in maniera ingloriosa, perché in fin dei conti questi sovversivi che sono stati uccisi, sono anche coloro i quali Mario ha dato il suo sostegno politico per l'intero anno 100. Quindi Mario, chiude l'anno essendo oggetto di una doppia ostilità, sia quella degli ottimati (che si schierano di nuovo contro di lui), ma anche dei popolari, i quali, lo accusano di aver tradito all'ultimo momento la causa popolare. Dunque, Mario passa, nel giro di un anno, da essere l'uomo più amato di Roma a uno dei più detestati e ritiene opportuno ritirarsi dalla politica e lasciare Roma. L'eclissi di Mario sarà transitoria. Nel frattempo, Silla ottenne il consolato e da questo momento in poi, la vita pubblica fu dominata dalla violenza. Contestualmente, altri problemi si affacciarono. La componente più moderata del ceto nobiliare si scontrava con il problema degli Italici. I rappresentanti più influenti dell’aristocrazia italica premevano per ottenere la cittadinanza romana e la possibilità di partecipare al governo; intollerabili erano per loro l’obbligo di versare pesanti tributi militari e l’esclusione dalle distribuzioni di terre e grano a prezzo politico. Da parte loro, i romani, tranne una parte illuminata, si rifiutano. E le ragioni del rifiuto sono differenziate; la plebe urbana, ad esempio, pensa che se aumenta il numero dei cittadini romani, aumenta il numero degli aventi diritto a certi provvedimenti e di conseguenza otterrebbero porzioni sempre più ridotte di privilegi. (LA QUESTIONE DELLA CITTADINANZA ROMANA) Nel 95 a.C venne approvata una legge che stabilì che si facessero indagini nella città di Roma per stabilire quanti italici vi risiedessero sotto falso nome romano (dicendo di essere cittadini romani), evidentemente per approfittare di dispositivi come la lex frumentaria. La legge disponeva che, una volta trovati gli eventuali residenti abusivi, essi venissero cacciati da Roma. Gli italici militavano da secoli nell’esercito romano e si erano fatti via via sempre più numerosi rispetto ai militanti romani. (L’UCCISIONE DEL TRIBUNO MARCO LIVIO DRUSO NEL 91) Nel 91 a.C il tribuno della plebe Marco Livio Druso propone un pacchetto di proposte di legge. Personaggio di famiglia nobilissima, discende da Livio Salinatore: tra i suoi antenati c’erano anche Scipione l’Africano e Scipione Emiliano, nonché il vincitore della III guerra macedonica Lucio Emilio Paolo. E’ una figura assai complessa e molto discussa nella storiografia antica. C’era una fonte che lo definiva “uomo nobilissimo, eloquentissimo e santissimo” e un’altra che, giudicandolo con una frase, diceva che fu “un tribuno sovversivo che rinnovò per Roma le tragedie dei tempi de gracchi”, insomma su di lui le fonti antiche formulano giudizi estremamente discordanti. Dunque egli propone un pacchetto di riforme e già gli antichi discutono non solo sulla necessità di queste riforme ma anche su quale di queste leggi fosse per lui la priorità. Tra le varie fonti, leggiamo quella di Appiano il quale è tra tutti lo storico che mostra maggiormente una certa comprensione per le ragioni degli italici: Appiano, Le guerre civili, 1.35. 155-159 “Anche il tribuno Livio Druso, uomo di stirpe nobilissima, promise agli alleati italici, che insistevano nella loro richiesta, di proporre nuovamente una legge per la concessione della cittadinanza, Costoro infatti la desideravano ardentemente innanzitutto per passare, con questo solo atto, da sudditi che erano a signori dell'impero. Druso, avendo di mira questo progetto, si mise a guadagnare alla propria causa dapprima il popolo romano con la deduzione di molte colonie in Italia e in Sicilia che, votate da molto tempo, non erano ancora state realizzate. Cercava anche di riavvicinare con una legge imparziale il senato e il ceto equestre, che allora erano nel massimo contrasto a causa dei tribunali e, non potendo apertamente trasferire di nuovo al senato le corti giudicanti, appresto questo compromesso tra le due parti, Poiché i senatori a causa delle rivoluzioni arrivavano a mala pena a trecento, propose che ne venissero aggiunti altrettanti scelti per merito tra i cavalieri e che in seguito le corti giudicanti fossero reclutate tra tutti costoro. Egli proponeva altresi che questi giudici potessero essere sottoposti ad accuse di corruzione: processi di questo tipo erano ormai sconosciuti per essere divenuta la corruzione sfacciatamente abituale. Druso con tale progetto aveva di mira il vantaggio dì ambedue le classi. Ma raggiunse il contrario dei suoi scopi.” Esistevano dei tribunali dove si giudicavano i reati di concussione, reati di cui si rendevano spesso colpevoli i governatori delle province. In questi tribunali come membri delle giurie in origine sedevano dei senatori, nel 123 Gaio Gracco con una legge aveva sostituito il compito di giudizio non più ai senatori ma ai cavalieri (ciò di cui parla Appiano per la questione dei tribunali per la quale i senatori e i cavalieri erano in contrasto). L’idea di Druso è quella di superare il contrasto tra senatori e cavalieri immettendo i cavalieri in senato per un totale di 600 membri del senato (300 senatori e 300 cavalieri). Sono citate 4 proposte di legge: -una riguardante la concessione della cittadinanza romana agli italici; -una legge coloniaria, la deduzione di colonie in questa fase avrebbe potuto essere anche uno strumento di pacificazione sociale; -legge giudiziaria, nuova attribuzione dei tribunali ai senatori, apertura dei tribunali ai senatori e non più soltanto ai cavalieri; -la IV legge consiste nel raddoppiare il numero di senatori con l’aggiunta di 300 cavalieri; Con la ricostruzione che fa Appiano egli ci dice che per Druso la più importante legge fosse quella sulla cittadinanza e ci dice che questa proposta di legge fu presentata per ultima: Appiano ce lo fa capire con una frase “Druso, avendo di mira questo progetto, si mise a guadagnare alla propria causa dapprima il popolo romano con la deduzione di molte colonie in Italia e in Sicilia che, votate da molto tempo, non erano ancora state realizzate.” Se la ricostruzione di Appiano è corretta, Livio Druso ha in mente di proporre la legge sulla cittadinanza ma sa, vista l’esperienza del 123/22 che il popolo nella maggioranza è contrario; dunque Druso propone leggi che non coinvolgono gli italici ma che dovrebbero essere gradite un po’a tutti. Nell’ultima parte Appiano afferma che Druso raggiunse il contrario dei suoi scopi perché ne’ i senatori né i cavalieri accettavano questa doppia riforma perché temevano per i loro profitti. Nel momento in cui i cavalieri andavano a giudicare le malversazioni compiute in provincia lasciavano campo libero ai pubblicani, perché le loro società ne avrebbero tratto profitto. Da parte loro, i senatori temevano il raddoppiamento del loro numero. Quanto più si amplia un’assemblea, tanto più si riduce il potere dei singoli membri e ed è difficile accordarsi per prendere decisioni; quindi alla fine dell’anno Livio Druso si trovò di fronte alle ostilità sia dei senatori sia dei cavalieri. Le sue leggi vennero abrogate (annullate) per vizio di forma (qualcuno disse che non potevano essere presentate tutte assieme) LA CONIURATIO DEGLI ITALICI A questo punto gli italici si resero conto di aver perso ancora una volta. Dunque cominciò a circolare un giuramento tra le varie tribù italiche: Diodoro Siculo, Biblioteca storica, 37.11 «Giuro per Giove Capitolino, per Vesta dea di Roma, per Marte divinità patria dell'Urbe, per il Sole Indigete, per la Terra benefattrice di animali e di piante, e inoltre per i semidei che hanno fondato Roma e per gli eroi che hanno contribuito ad accrescere il suo impero, che l'amico e il nemico di Druso saranno il mio amico e il mio nemico, che non risparmierò ne la mia vita né quella di ligli e genitori se non per il bene comune di Druso e di coloro che pronunciano questo giuramento. Se diventerò cittadino romano grazie alla legge di Druso, Roma sarà per me la mia patria e Druso il più grande benefattore. E questo giuramento lo trasmetterà a molti altri miei concittadini, quanti più riuscirò a raggiungerne. I se giuro lealmente possa io acquistare il bene; se giuro il falso, il contrario» Livio Druso non voleva essere idolatrato come un agitatore di masse, la sua idea era stata quella di una transizione concorde e pacifica verso la concessione della cittadinanza che appariva inevitabile. Non immaginava una reazione di chiusura del genere né probabilmente immaginava che gli italici, avuta notizia di questa decisione, diffondesse una coniuratio (un giuramento). Il giuramento degli italici si trasformò ben presto in quella che noi intendiamo come congiura. Avvenne un fatto eclatante a Roma: Livio Druso fu assassinato (una fonte dell’età imperiale dice che si suicidò ma secondo la versione ufficiale venne assassinato) Questa notizia si sparse rapidamente e nel tardo autunno del 91 a.C, nella città di Ascoli (Piceno), tutti i romani residenti in città vennero massacrati: era il segnale per la rivolta che si estese rapidissimamente e che coinvolse numerosi popoli italici (Piceni, vestini, Marrucini, Frentani, Paretuttii, Marsi, Peligni, Irpini, Sanniti, Apuli, Lucani) prevalentemente adriatici e appenninici che erano stati irriducibili nemici dei romani. Ancora una volta i latini e gli etruschi non si uniscono ai ribelli. Recentemente degli storici hanno affermato che il motivo della guerra fosse la volontà di indipendenza e non la richiesta della cittadinanza; in realtà non è vero, in quanto il motivo di questa ribellione è complesso e non può essere risolto con la spiegazione di unico fattore. Un fattore assoluto che viene affermato da tutte le fonti è sicuramente la questione della cittadinanza; per altri popoli si aggiungeva il rancore di storie di guerra passate e anche per il fatto che militavano per l’esercito romano e morivano per esso. (LA GUERRA SOCIALE 91-89 A.C) Iniziò così la cosiddetta guerra sociale, da socii, ossia "alleati", in riferimento agli Italici, che si rivelò particolarmente impegnativa e difficile per l'esercito romano, in quanto combattuta contro popolazioni che ben conoscevano le tecniche militari dei Romani. Come al tempo di Annibale, Roma si trovò a combattere sul suolo stesso dell'Italia. La guerra scoppiò ad Ascoli, nel Piceno, nel 91 a.C., quando vennero uccisi alcuni Romani, tra cui il pretore Quinto Servilio Cepione; da li si estese poi alle popolazioni marsiche, peligne, osche, sannitiche, irpine e lucane. (LA CONFEDERAZIONE ITALICA) Intorno ai due nuclei principali dei Marsi e dei Sanniti, tutte le altre popolazioni italiche del Centro e del Sud si unirono in uno Stato federale che dura tutto il periodo della guerra (91-88). Lo stato si fonda sulla capitale Corfinium che viene ribattezzata sotto il nome di Italia/Italica. Nominano dei magistrati, lo stato è retto da 2 magistrati (come i consoli) e da 12 magistrati minori (paragonabili ai pretori). E’ uno stato che nasce per esigenze belliche, che si estende verso tutto l’appennino (dalle marche odierne fino alla puglia). Hanno un senato, assemblea di 500 membri che inizialmente si riuniscono a Corfinium e infine hanno una loro moneta d’argento (come i romani hanno il denario). Per loro sarebbe stato impossibile immaginarsi non nei confronti delle società singole ma di Roma stessa. La situazione nella provincia d’Asia dunque risulta potenzialmente esplosiva. Mitridate si presenta come colui che può liberare l’Asia minore dall’oppressone romana; in questo caso gli asiatici ci credono. (L’INIZIO DELLA GUERRA CONTRO MITRIDATE) Succede che nell’89 Mitridate attacca la provincia d’Asia. I romani dispongono di poche truppe in quanto in Italia sul campo 16 legioni sono impegnate in Italia nella guerra civile. Mitridate vince facilmente; tra gli ufficiali romani ricordiamo Manio Aquilio, Mitridate riesce a catturarlo e lo fa sfilare nelle principali città dell’Asia e alla fine lo fa uccidere violentemente con dell’oro fuso versato in gola. Questo tipo di supplizio è altamente simbolico perchè era stata proprio la rapacità di denaro da parte dei pubblicani a suscitare quella stizza da parte dei provinciali d’asia. Mitridate conosce le arti della propaganda e questo tipo di supplizio è evidentemente studiato a beneficio delle popolazioni greche dell’asia. Mitridate viene accolto dalle città d’Asia come un trionfatore e liberatore ma, non contento, organizza un colpo di mano in tutte le città dell’Asia. Nello stesso giorno le popolazioni locali in tutte le città dell’Asia uccidono i cittadini romani e italici residenti; ne muoiono 80.000. Sono state date molte spiegazioni riguardo la scelta di Mitridate di farne un genocidio; egli sa, in quanto greco periferico della Grecia, che i Greci sono di fatto un popolo inaffidabile e volubile (un giorno sono amici e l’altro si fanno la guerra) è una storia che si trascina da secoli. Quindi, probabilmente Mitridate decide questo gesto estremo per legare a sé le città greche d’Asia. E’ l’88 e anche l’ultimo anno della guerra civile. Occorre che i romani facciano guerra a Mitridate e i due candidati a comando della guerra sono Lucio Cornelio Silla e Quinto Cornelio Rufo ma dei due nessuno dubita del nome del vero candidato: a fare la guerra contro Mitridate bisogna mandare Silla. LUCIO CORNELIO SILLA Ha circa 50 anni, è patrizio e ha passato una giovinezza povera non tipica di un ragazzo della nobilitas romana. Si racconta che avesse delle abitudini anticonformiste rispetto alla nobiltà comune: gli piaceva il teatro e le attrici ed è una cosa ritenuta abbastanza sconveniente, nel senso che una parte della nobiltà romana aveva una certa immagine del mos maiorum, cioè del modo in cui un uomo politico doveva comportarsi in pubblico e ciò escludeva la possibilità di uscire con delle attrici. Lui, da povero, divenne ricco divenendo l’amante di una liberta molto più anziana di lui per cui morì lasciandogli tutto l’ingente patrimonio che aveva da parte. In seguito entra in politica e apparentemente cambia abitudini, finisce coll’essere il membro della cosiddetta aristocrazia tradizionalista, dell’ala conservatrice della nobilitas. Gode dell’appoggio della famiglia dei Metelli a cui si lega sposando Cecilia Metella (lui è al suo 3 matrimonio). E’ soprattutto la guerra sociale che gli conferisce prestigio, in quanto è il console che sconfigge i sanniti nell’88 in quello che è l’ultimo atto della guerra sociale. Viene disposto il conferimento del comando dal senatus consultus a Silla il quale si prepara a partire per l’oriente. (LA SITUAZIONE A ROMA) A Roma la tensione è altissima e, nel’88, ad alimentare queste tensioni è il tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo che presenta alcune proposte di legge fortemente osteggiate dalla maggior parte della nobilitas. In questo clima di tensione in città, Silla lascia Roma dirigendosi verso Nola in cui ci sono le truppe che lo attendono delle quali lui deve prendere il comando traghettandole in Asia. Appena Silla lascia la città Sulpicio, con un voto dei comizi tributi (in modo illegale, perché i comizi tributi non sono tenuti a fare questo), fa conferire il comando della guerra mitridatica a Gaio Mario che si era ritirato da Roma nel 100. Dietro Rufo c’erano gli equites. Il timore era che mandare un console che non faceva parte dell’ala dei populares (in questo caso Silla) avrebbe potuto in qualche modo pregiudicare gli interessi dei cavalieri; non solo, con un altro voto dei comizi Suplicio fa desituire Quinto Pompeo Rufo, altro console dell’88; è un voto palesemente illegale. Pompeo Rufo scappa da Silla. A Nola vengono inviati due sottoufficiali che hanno il compito di comunicare all’esercito romano che il loro nuovo capo è Mario e i soldati lapidano i due messaggeri. Silla d’accordo con l’altro console che è stato illegalmente esautorato, decide di compiere un atto illegale: entra in città con le truppe varcando il sacro poemerium. Suplicio viene ucciso violando la sacrosantitas e la legalità viene ripristinata; gli altri esponenti della fazione anti-sillana scappano. L’ultimo atto dell’88 vede la partenza di Silla nuovamente per la campagna, e prima della partenza, l’elezione dei due consoli dell’87. I consoli dell’88 erano Silla e Quinto Pompeo Rufo, come consoli per l’anno 87 vengono eletti Gneo Ottavio e Lucio Cornelio Cinna. A dimostrazione del fatto che Silla non ha intenzione di imporre un suo dominio in questa fase, in quanto Cinna fa parte della fazione dei populares che non è quella di Silla. Cinna era un populares (convenzione ciceroniana), molto più moderato di altri, mentre Gneo Ottavio viene definito da Cassio Dione un ‘lento’ di mente, incapace. Ottavio viene eletto console in un momento esplosivo in cui occorrevano persone di polso, perché: Silla parte e gli scontri continuano tra i due consoli; il motivo è che Cinna vuole che tutti gli italici vengano iscritti in tutte e 35 le tribù e Gneo Ottavio gli si oppone. La tensione si era accentuata a seguito della guerra sociale, perché anche se il conflitto era terminato, le tensioni continuavano. 88- ANNO DELLA MARCIA SU ROMA DI SILLA (APPROFONDIRE DAL LIBRO) 87- MARIO E CINNA MARCIANO SU ROMA Dopo questo atto di forza con la marcia su Roma, Silla instaurò un governo aristocratico, ma apparentemente legale. Poi nell'87 a.C. si diresse con l'esercito in Oriente per porre un freno all'espansionismo di Mitridate. Poco tempo dopo, il partito dei populares riconquistò il potere con una vera e propria guerra civile. Infatti, sempre nell'anno 87 a.C., Lucio Cornelio Cinna, schierato dalla parte dei mariani, vale a dire i sostenitori di Gaio Mario, dopo essere stato deposto con la forza e cacciato da Roma, si rifugiò in Campania, dove venne raggiunto dal vecchio generale: insieme essi marciarono su Roma, che per la seconda volta fu espugnata da un comandante romano. Invece di sviluppare un programma politico, Mario sembrò soprattutto preoccuparsi di vendette sanguinarie e della più brutale re pressione, come testimoniano gli scritti di Plutarco e Appiano. NB: I mariani tagliano le teste ai senatori uccisi e le mettono sui rostri, addirittura senza paura degli dei e della vendetta, uccidendo senza pietà. Il popolo assiste con un certo macabro compiacimento e con una curiosità cruda a queste azioni, per cui le atrocità facevano paura, ma se non ti toccavano diventavano uno spettacolo da cui non riuscivi a staccare lo sguardo (nell’87). Il motivo per cui tagliavano la testa era che, essendoci qualche vita nell’aldilà e conservando l’immagine del corpo, se gli si mozzava la testa, lo status nell’aldilà veniva infamato. Il rispetto per i cadaveri era legato alla necessità dei vivi di commemorare i defunti, ma anche di assicurare ai defunti un aldilà più dignitoso. Nel caso delle teste tagliate si esprimeva un forte odio. Tutti gli amici dello stesso Silla vennero uccisi, i suoi beni confiscati e la sua casa abbattuta, ed egli stesso considerato nemico dello stato (hostis publicus), e se si veniva considerato hostis, vieni considerato nemico, non hai più i privilegi del cittadino romano e puoi essere ammazzato impunemente e sua moglie e i suoi figli riuscirono a fuggire. Eletto console per la settima volta, Gaio Mario morì dopo due settimane, il 17 gennaio dell'86 a.C., lasciando così il suo partito senza un capo autorevole. Poco tempo dopo venne ucciso anche il suo successore, il console Lucio Cornelio. Malgrado i suoi fallimenti politici, Mario fu un geniale capo militare, meritevole di essere ricordato per aver salvato Roma in alcuni dei suoi momenti più drammatici. La sua principale realizzazione, destinata a durare nel tempo, rimane quella riforma militare che avrebbe poi profondamente influito sulle vicende politiche. (SILLA SI DIRIGE IN ORIENTE) Nel frattempo Silla combatteva con successo il re del Ponto. La campagna orientale mostrò appieno le capacità del console romano come valente generale. Con circa 30.000 soldati egli affrontò l'esercito nemico forte di oltre 200.000 uomini, però eterogenei e divisi tra vari comandanti. Dopo aver invaso l'Epiro e la Tessaglia, Silla marciò contro la città ribelle di Atene, che disponeva di notevoli fortificazioni, estese per circa undici chilometri. Il generale romano concentrò lo sforzo bellico proprio verso le mura, tagliando in due la difesa. Il 1° marzo dell'86 a.C. l'esercito sillano entrò in Atene, facendo in città una vera e propria strage. Mentre la guarnigione ribelle dell'Acropoli veniva cinta d'assedio, Silla attaccò con decisione il porto del Pireo, che fu conquistato e bruciato. Poco tempo dopo capitolò anche l'Acropoli. La repressione fu durissima. Le forze di Mitridate, che godevano di una grande superiorità numerica, si concentrarono successivamente in Beozia, Nondimeno, l'esercito orientale era composito, indisciplinato e disarticolato. Il comando era diviso tra vari generali, tra i quali Archelao, Tassile e Dorileo, la cui fiducia nella vittoria li aveva resi meno prudenti. Silla seppe sfruttare a proprio vantaggio tutto ciò, e con un attacco a sor presa schiacciò l'esercito nemico a Cheronea. mica. delle Io sono risciacquo aurò Avendo ripreso il controllo della Grecia e della Macedonia, Silla puni con crudeltà i ribelli e ne trasse un ingente bottino di guerra; il generale romano riorganizzò poi le province romane e continuò energicamente la pressione contro i nemici nel bacino dell'Egeo. Nel con tempo incoraggiava tutte le defezioni nel campo di Mitridate: sola mente le città che ritornavano dalla parte di Roma potevano sperare in un atto di clemenza; conseguentemente molte comunità elleniche si ribellarono contro il re del Ponto. Con il loro appoggio la flotta romana, ormai ripristinata, riconquistava il dominio sull'Egeo. (LA PACE CON MITRIDATE) Malgrado le sue vittorie, Silla, preoccupato del nuovo governo dei populares instauratosi a Roma, stipulò nell'agosto del 85 a.C. la pace con Mitridate a Dardano, nella Troade. Il re del Ponto perdeva tutte le sue conquiste, ma conservava il suo regno. La dominazione romana sull'Asia Minore venne ristabilita integralmente. Invece di distruggere definitivamente questo irriducibile nemico di Roma, colpevole di aver commesso tanti orrori, il generale romano preferì limitarsi a ripristinare lo status quo. NB: - La guerra è finita, siamo nell’85: Silla scrive al senato (i proconsoli hanno il dovere di scrivere a Roma un rendiconto del loro operato) in quanto sentiva ancora il ruolo che aveva avuto, ma Roma non risponde e Silla invia una nuova lettera in cui ricorda le sue benemerenze per Roma, lamentandosi per il comportamento dello stato. - Silla intende tornare in Italia per riprendere i suoi beni e il suo onore, poiché era forte il concetto di dignità; in Italia iniziano così ad avere paura di Silla. - Silla non torna subito in Italia, poiché aspetta di regolare i conti con le città dell’Asia (provincia d’Asia) passate dalla parte di Mitridate: alle città che si sono ribellate Silla impone il pagamento delle spese di guerra, moltiplicato (indennità di guerra). Le città d’Asia dall’89 non avevano più pagato le tasse; da questo momento in poi viene imposto il pagamento di 5 anni di tasse arretrate, le città si indebitano con i banchieri e gli usurai, i quali fanno parte degli equites, peggiorando così la loro situazione. In Italia nel frattempo Cinna è stato rieletto: nell’84 Cinna decide che per evitare un bagno di sangue conviene riorganizzare l’esercito e portarsi in Grecia (quello che succederà anni dopo a Cesare e Pompeo).
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