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Migrazioni in Europa: Motivi, Conseguenze e Politiche - Prof. Ioele, Dispense di Diritto del Lavoro

Sui movimenti migratori in europa dal xix secolo ad oggi, i fattori che li hanno causati, le loro conseguenze e le politiche adottate da vari stati per gestirli. Le migrazioni volontarie e forzate, la natura temporanea o definitiva di queste ultime, e il ruolo dei fattori economici e politici. Vengono anche analizzate le politiche di promozione e controllo dell'immigrazione, e i diversi interessi dei paesi di immigrazione e emigrazione.

Tipologia: Dispense

2012/2013

Caricato il 18/06/2013

MemY190988
MemY190988 🇮🇹

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Scarica Migrazioni in Europa: Motivi, Conseguenze e Politiche - Prof. Ioele e più Dispense in PDF di Diritto del Lavoro solo su Docsity! 1. Il fenomeno migratorio nei suoi aspetti storico-giuridici diff. fenomeno emigratorio e migrazione - il fenomeno migratorio e' limitato alla connessione tra l'immigrazione e l'inserimento dello straniero nel territorio d'arrivo con la ricerca di stabilità o dell' acquisto della cittadinanza straniera; - la migrazione ha un significato più ampio perche' si riferisce ad una ricerca di maggiore libertà con la volontà di mantenere più salda la propria identità (riceca di minore stabilità ed inserimento nel territorio). Il fenomeno migratorio non è un fenomeno recente e rappresenta una realtà complessa avendo risvolti sia sul piano storico-politico che su quello socio-giuridico. .Gia' nelle civiltà antiche, numerosi sono stati gli stranieri che hanno contribuito, con la loro forza lavoro, allo sviluppo della vita economica di territori e città. . Agli inizi del XIX secolo i Paesi dell'Europa sono stati interessati da movimenti migratori, poiche' i poveri di tutta Europa hanno cercato fortuna in luoghi lontani in direzione dell' America del nord o del sud, o dell'Oceania. . Nella seconda metà del XIX secolo -inizio del XX secolo i flussi migratori son avvenuti all'interno del continente europeo verso gli Stati piu' industrializzati dell'Europa occidentale, a cagione della disoccupazione verificatasi dopo il 1930. .Dopo la seconda guerra mondiale le emigrazioni provengono dai Paesi del Terzo Mondo e si dirigono verso i Paesi industrializzati dell'Europa. Altre emigrazioni internazionali dai Paesi che si affacciano sul mediterraneo portano la manodopera turca, greca, ex jugoslava, italiana, spagnola portoghese. -Tali emigrazioni hanno sono state a carattere volontario o a carattere forzato (provocate da guerre, da rivoluzioni o da persecuzioni: es.la Rivoluzione d'ottobre del 1917 per in Russia; il nazismo in Germania) -Le stesse hanno avuto natura temporanea (ed essere accompagnate, allora, da "uno spirito di ritorno"), o definitiva (quando vi e' stata una decisa volontà di staccarsi dal Paese d'origine e di stabilirsi nel Paese di accoglienza, con la speranza di acquistarne la nazionalità. 2. I FATTORI (Le cause) delle emigrazioni internazionali Diverse sono le cause delle emigrazioni internazionali e le connotazioni che esse vengono ad assumere nei vari contesti sociali ed economici: Le emigrazioni per ragioni di lavoro costituiscono dei "movimenti di persone" ("catena migratoria") e dipendono da vari fattori: a. il fattore demografico: Le emigrazioni sono determinate da uno squilibrio tra sviluppo economico e popolazione attiva: il livello dell'occupazione di un Paese e', infatti, un elemento fondamentale per il suo sviluppo, la sua prospetrita' e stabilita'. Tale squilibrio riguarda, sotto diversi aspetti, sia i Paesi industrializzati che quelli emergenti: -Nei Paesi più avanzati si assiste ad una riduzione della natalità e della mortalità (ed aumento della popolazione anziana rispetto a quella attiva) L'attuale trend demografico ("dependency ratio") e' in controtendenza rispetto al dopoguerra ed e' uno dei principali fattori di crisi dei sistemi di sicurezza sociali vigenti nei vari Paesi industrializzati L'effetto del binomio "invecchiamento-denatalità" altera l'equilibrio fra lavoratori attivi e pensionati, mettendo in crisi del sistema pensionistico. Cio' perche' gli attuali sistemi di sicurezza sociali danno buona parte delle prestazioni verso classi in età non lavorativa (giovani da O e 14 anni ed anziani di età superiore ai 65 anni) che non versano contributivi, con conseguente inevitabile incremento della spesa pubblica. La riduzione delle nascite in futuro porterà alla diminuzione della spesa pubblica per le classi più giovani ma non permetterà di compensare l'incremento della spesa sociale per gli anziani (di due/ quattro volte più elevata). Il problema potrebbe essere mitigato dai flussi migratori (quelli legali) provenienti dal Sud e dall'Est dell'Europa. -Nei Paesi meno avanzati, viceversa, si riduce la mortalità con il diffondersi delle tecnologie contro le malattie e per il sostegno agli anziani, ma è ancora graduale e lento il processo di riduzione della natalità per il tendenziale rifiuto di adottare le tecniche per il controllo delle nascite Attualmente la manodopera effettiva supera le possibilita' d'impiego. b. Il fattore economico: -Nei Paesi meno avanzati all' accrescimento della popolazione attiva non si e' accompagnato uno sviluppo economico. Negli ultimi anni, anzi, si e' assistito ad un incremento dell'area dei paesi poveri con conseguente ampliamento del divario tra il Nord ed Sud del mondo. Di poi, la crescita della popolazione attiva si e', purtroppo, registrata proprio nei Paesi che sono alla periferia del mercato internazionale del lavoro dove non vi sono le condizioni necessarie per offrire lavoro a tutta la popolazione attiva. -Nei Paesi maggiormente industrializzati alla crescita economica corrisponde una riduzione della popolazione attiva. E' nata la necessità di mano d'opera (di solito con bassa qualificazione) che provenga dai Paesi meno industrializzati. c. altri fattori: possono indurre alcuni cittadini ad abbandonare la loro Patria per rifugiarsi in altri Paesi, altri fattori: - la forte domanda da parte dei Paesi d'immigrazione. Le emigrazioni che hanno interessato l'Europa sono state determinate dalla penuria di manodopera interna (per lavori normalmente a bassa qualificazione o particolarmente faticosi) ma di alto costo se si utilizzassero operai ad es.italiani). -le politiche salariali di alcuni settori produttivi: La mancanza poi di regole comuni dettate dalle fonti internazionali e comunitarie nei confronti dei Paesi terzi ha determinato il sorgere di legislazioni nazionali differenti spesso discriminatorie per razza o sesso. 4. In particolare, la politica d'incitamento al ritorno: il caso della Francia In Francia sono state adottate politiche d'incitamento al ritorno spingendo gli immigrati a partire per liberare posti di lavoro, nel tentativo di regolamentazione del movimento migratorio. I diversi interessi dei Paesi d'immigrazione e di emigrazione: -Nei Paesi di accoglienza esiste un interesse primario a che l'immigrazione sia temporanea, anche se di lunga durata e non permanente. Cio' al fine non perdere forza lavoro qualificata. In conseguenza gli emigrati dimostrano una tendenza a depauperare la loro qualificazione professionale, accettando anche occupazioni non adeguate alle loro capacità. - I Paesi di emigrazione, quindi, spingono perché i Paesi di accoglienza adottino politiche di qualificazione della manodopera immigrata. - I Paesi d'immigrazione, invece, tendono ad usufruire di manodopera a basso costo e flessibile ma anche ad eliminarla nei momenti di crisi mentre si è riscontrata una considerevole resistenza degli immigrati al ritorno anche in periodi di crisi economiche come quelle degli anni 1966-1967 e quella successiva alla crisi petrolifera del 1973 28. Un esempio di politica di ritorno si ritrova nel rapporto Francia-Algeria: -Nel 1974, l'Algeria le indirizzava verso i lavoratori specializzati dell'industria richiedendo che la Francia migliorasse la formazione degli immigrati, -Nel 1977, la Francia incoraggiava i lavoratori stranieri alle dimissioni (a lasciare i loro impieghi) ed a ritornare nel loro Paese d'origine attraverso aiuti finanziari; il Consiglio di Stato francese ha annullato la nota informativa dell'ufficio della popolazione e dei migranti, fissando le condizioni e la procedura per ottenerlo. Di fatto, solo 45.000 hanno richiesto le dimissioni, poiche nel ritorno il lavoratore doveva accompagnato dalla sua famiglia. Anzi, gli emigrati che non intendevano rientrare si affrettarono a portare nei paesi di accoglienza le loro famiglie prima che fossero imposte ulteriori restrizioni, causando così anche una diminuzione delle rimesse nei Paesi d'origine. Tutti questi fattori hanno limitato le misure di aiuto per il ritorno. -Nel 1980 la Francia ha creato un nuovo sistema di aiuto al reinserimento destinato unicamente ai lavoratori stranieri colpiti da licenziamenti per motivi economici. Esso consisteva di tre elementi: un aiuto pubblico, un finanziamento fatto dall'impresa, un aiuto complementare corrispondente all'indennità di disoccupazione. 5. La condizione sociale dei lavoratori emigranti e l'esigenza di una normativa a più livelli. L'intervento normativo deve essere attuato a livello internazionale per garantire ai lavoratori che emigrano l'accesso al lavoro e condizioni decorose, tendenzialmente paritarie con quelle riconosciute ai cittadini. -Nella Carta internazionale dei diritti dell'uomo si sancisce all' art.13 un diritto di emigrare ma nel contempo non si afferma un parallelo diritto d'immigrare. - L'OIL nelle due convenzioni la n. 97 del 1949 e la n. 143 del 1975 parla dei diritti dei lavoratori migranti subordinati e sono legalmente residenti. - La Convenzione delle Nazioni Unite del 1990 "sulla protezione di tutti i lavoratori migranti e dei loro familiari”, farà riferimento anche ai lavoratori indipendenti o non subordinati. Nella Comunità economica europea, il regime di cooperazione ed integrazione economica, trasforma la liberata' di emigrazione in libertà di circolazione. La normativa deve provvedere a: .la tutela della posizione lavorativa: assicurare al lavoratore emigrante adeguate condizioni di lavoro e di previdenza sociale (soprattutto al fine di evitare qualsiasi forma di sfruttamento e di garantirgli il pieno esercizio dei diritti collegati al rapporto di lavoro, compresi quelli sindacali e di partecipazione). .la protezione del lavoratore come d'individuo. L'emigrante si distacca dal suo ambiente etnico e familiare per inserirsi in un altro diverso, con difficolta' di adattamento dovute alla diversa lingua, alla differenza di abitudini, modi di vivere, cultura, ect. . la predisposizione di un sistema di sicurezza sociale in caso di ritorno degli emigrati negli Stati di appartenenza, con assicurazione della validità della posizione contributiva e previdenziale già conseguita, al fine del ricoscimento della pensione sociale e delle altre provvidenze. .la regolamentazione sia della libertà di emigrazione che di quella d'immigrazione. .la garanzia di elevata qualita' del lavoro dei cittadini che emigrano, e di predisporre iniziative a loro favore. .riconoscimento, in caso di permanenza di lunga durata, all'immigrato di alcuni diritti politici. 6. Movimenti migratori e globalizzazione: la tutela del lavoro Il fenomeno della delocalizzazione della produzione (la fase produttiva di molte imprese nazionali e multinazionali si e' spostata nei Paesi dove c'è maggiore convenienza economica) deriva dalla globalizzazione. Quest'ultima deriva dai bassi salari praticati e dai minor vincoli legislativi in materia di disciplina del lavoro e in materia fiscale esistenti in alcuni paesi sottosviluppati.. Vi e' da rilevare, preliminarmente, l'incapacita' del diritto a fronteggiare le conseguenze della globalizzazione: le problematiche sono affidate non a norme cogenti ma a regole non giuridiche che possono incidere solo se promosse da altri fattori che hanno ripercussioni economiche sui profitti dell'impresa. Le dette norme non bastano a far applicare ai lavoratori immigrati lo stesso trattamento economico e normativo anche minimo con i lavoratori occupati nell' azienda madre situata nei paesi industrializzati. La libera circolazione dei lavoratori nel sistema mondiale è stato fino ad ora uno degli strumenti per riequilibrare l'allocazione delle ricchezze ed infatti la pressione mondiale era ed è quella di predisporre normative aperte e democratiche sull'immograzione basate sul principio della parita' di trattamento e del riconoscimento della pari dignita' sociale. Nei Paesi dell'Ue (cosi' come negli altri Paesi industrializzati) i problemi di cui si tratta trovano la loro soluzione in quell'intreccio tra i livelli normativi a cui si fara' riferimento nei capitoli successivi e nella forza degli organismi di rappresentanza dei lavoratori. La mancata tutela dei lavoratori migranti si colloca, pertanto, nell' aerea del lavoro illegale. Nel caso delle imprese che delocalizzano il lavoro nei Paesi del Sud del mondo, invece, il problema investe le imprese legali in quanto lì è assente un regime di tutela assimilabile a quello dei paesi industrializzati. Pertanto, anche a vedere nell'imposizione di regole di responsabilità sociale un efficace strumento per combattere lo sfruttamento dei lavoratori ed il conseguente dumping sociale dei paesi in via di sviluppo è difficile che queste possano eliminare tutte le disparità e la convenienza alla delocalizzazione. Tuttavia, l'immigrazione nei paesi del Nord del mondo consente l' acquisizione immediata di standars di tutela che vanno ben oltre la garanzia dei diritti fondamentali e consente altresì di beneficiale di un sistema di sviluppo e protezione sociale che i paesi da cui partono i flussi migratori non hanno.
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