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CAPITOLO PER CAPITOLO DON CHISCIOTTE DELLA MANCHA, Appunti di Letteratura Spagnola

Analisi dei capitoli della prima e seconda parte del don quijote. Sono ben fatti, se ci sono refusi è dovuto al fatto che sono stati preparati in brevissimo tempo.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 23/06/2021

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Scarica CAPITOLO PER CAPITOLO DON CHISCIOTTE DELLA MANCHA e più Appunti in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! PRIMA PARTE PRIMO CAPITOLO En un lugar de la Mancha de cuyo nombre no quiero acordarme […] los que compuso el famoso Feliciano de Silva”. Il libro inizia con un’intertestualità e con un’incertezza: il verso è preso da una composizione del Romancero, viene preso dal suo contesto poetico e collocato come prime parole del romanzo. Il primo capitolo tratta delle condizioni, dell'indole e delle abitudini del nobiluomo Don Alonso Quijana, che viveva in luogo impreciso della Mancia. Con lui vivevamo una governante, una nipote di 20 anni e un domestico. Don Chisciotte era un uomo sulla cinquantina, corporatura vigorosa, secco col viso asciutto, Prima abbiamo, quindi, la definizione sociale di questo hidalgo attraverso alcune armi antiche, cavallo e cane. Poi passa alla tavola perché questa definisce lo status economico e sociale di una persona. “Una olla de algo más vaca que carnero” usa carne di vacca e non di montone perché quella di vacca è più economica. La maggior parte delle sere mangia “salpicón”, carne cruda con spezie, è un tipo dicarne economica. “Duelos y quebrantos” è una metafora: pezzetti di lardo fritti e uova fritte, significa di condizioni umili. Mangia lenticchie il venerdì perché rispetta l’astinenza e un tipo di carne più raffinata come la colomba la domenica (colomba o qualche altro uccello), questi alimenti più delicati, costosi li mangia quindi la domenica. Abbiamo dunque una tavola modesta ma abbondante e ricca di carne. Passa poi al vestiario. Si veste decorosamente, utilizza un “sayo de velarte” che è una tela, pantaloni e pantofole di velluto e durante la settimana, per non rovinare il vestito della domenica, indossa un altro panno di lana. Questo hidalgo ha quasi 50 anni, c’è poi una descrizione: si alza molto presto e va a caccia e si Questo è quello che faceva prima. Passa poi al problema del soprannome: l’autore ci dice qui per la prima volta che sta usando materiale già scritto, “los autores que deste caso escriben”. Questi autori non sono d’accordo circa il nome dell’hidalgo, alcuni lo chiamano Quijada, altri Quesada o Quejana, abbiamo tre possibilità. Era un appassionato della caccia; ma soprattutto era un appassionato lettore di romanzi cavallereschi: passava gran parte del suo tempo leggendo romanzi cavallereschi. Tale passione si trasformò in una vera ossessione, e così dal troppo leggere gli si prosciugò il cervello e perdette il giudizio. . Decise così di imitare le gesta dei personaggi che tanto amava, facendosi cavaliere errante; decise di andare in giro per il mondo con la missione di sconfiggere i prepotenti, di aiutare i bisognosi, di rinnovare le gesta dei cavalieri erranti, per acquistare onore e fama eterna. Sistemò così alcune vecchie armi, ribattezzò il suo malconcio ronzino in Ronzinante ( cioé "primo fra tutti i ronzini del mondo") rocìn-antes. Può significare “prima era rocìn, ora è il mio cavallo” o anche Rocinante nel senso che “va più avanti degli altri”, “il primo rocìn”. È quindi un nome significativo, con valore ironico ma comunque con valore., si battezzò Don Chisciotte della Mancia per onorare la sua patria e porre in evidenza il suo lignaggio, Don Quijote si ricorda poi che Amadís de Gaula, grande eroe, aveva aggiunto al suo nome anche quello della sua patria, decide quindi di aggiunge al suo “de la Mancha” e per ultimo si scelse una dama a cui dedicare le sue imprese: Aldonza Lorenzo, una contadina del Toboso da lui ribattezzata Dulcinea del Toboso SECONDO CAPITOLO > OSTERIA Fatti tutti i preparativi e preoccupato per i danni che poteva procurare al mondo tardando a partire, si mise in viaggio senza esser visto da nessuno. Ma non appena si vide in aperta campagna lo assalì un terribile pensiero: cioè che non era stato armato cavaliere e quindi, secondo le leggi della cavalleria, non poteva prendere le armi contro alcun cavaliere, e inoltre quand'anche fosse stato cavaliere, avrebbe dovuto come novizio portare armi bianche (cioè senza insegna sullo scudo) finché non la guadagnasse col suo valore. Decise così di farsi armare cavaliere dal primo che capitava, imitando molti personaggi dei libri che aveva letto. E così proseguì il suo viaggio, guidato dal suo cavallo ( in ciò consiste, secondo lui, la fatalità delle sue avventure). Viaggiò tutto il dì parlando e imitando le espressioni che aveva letto nei suoi libri, senza che gli succedesse nulla di degno. Alla sera, ormai stanco e affamato, vide una locanda che scambiò per un castello; davanti alla locanda c'erano due donne di "vita libera" che lui scambiò per due dame squisite. Queste prostitute vedendo Don Quijote armato e vestito in quel modo si spaventano, lui per tranquillizzarle parla a loro ma in uno spagnolo arcaizzante (tipico dei libri di cavalleria) che inventa. prima di arrivare alla locanda Don Quijote immagina come sarà il libro che si scriverà su di lui, ha ansia di gloria, inizia a scrivere lui il primo paragrafo che è caratterizzato da un registro alto. Cervantes per la narrazione usa invece un registro normale. Alla locanda abbiamo la prima avventura Il locandiere, che a lui sembrò un castellano, lo invitò ad entrare. Quando il locandiere vede Don Quijote vestito in quel modo sta per ridere ma poi decide di accoglierlo dignitosamente. Don Quijote gli chiede del padrone del castello parlandogli in versi, il locandiere capisce che in lui c’è qualcosa che non va ma decide di assecondarlo. Gli offre di cenare e lo servono le due prostitute, lui non si toglie il casco e lo fanno mangiare attraverso quello, sono gesti ridicoli. Lì Don Chisciotte non riuscì a liberarsi della celata perchè la aveva annodata al collo e per toglierla andava tagliato il legaccio, e poiché si oppose, fu costretto a mangiare facendosi imboccare dalle due prostitute che lui credeva due grandi dame, e bevve solo grazie ad una cannuccia che fece il proprietario,che potè inserire nella celata. Don Chisciotte crede proprio di essere servito e riverito in un grande castello, e perciò vede positivamente l'inizio del suo viaggio, e pensa con trepidazione al momento in cui verrà fatto cavaliere perchè così inizieranno a tutti gli effetti le grande avventure a cui è destinato. TERZO CAPITOLO > ARMATO CAVALIERE Don Chisciotte decide di non perdere altro tempo con quella cena, e perciò si mette in disparte con l'oste, che lui crede il castellano del castello, e gli dice che passerà la notte a fare la veglia nella chiesetta del castello e che lui il giorno dopo lo armerà cavaliere, così potrà iniziare le sue gesta. L'oste che aveva già intuito che Don Chiscotte fosse pazzo,s e ne convince del tutto e decide di assecondare la pazzia dell'uomo, dicendo che anche lui in gioventù aveva agito girando per il mondo, e che ora che si era fermato nel suo errare dava asilo a tutti i cavalieri erranti come lui, a patto che dividessero ciò che avevano per ripagarlo in un qual modo, e che non c'era chiesetta nel castello perchè l'aveva da poco fatta demolire per costruirne una nuova ma che poteva in alternativa fare la veglia in un andito del castello. Gli chiese poi se portava con se denaro, ma Don Chisciotte disse di no, perchè nei libri non aveva mai letto che i cavalieri portassero con se delle ricchezze. Allora l'oste gli chiarisce che gli autori lo davano come sottinteso che i cavalieri portassero con loro, unguenti per le ferite nelle battaglie, soldi, biancheria e altro, che davano al loro scudiero. Don Chisciotte promise di procurarsi quanto doveva, intanto nella notte inizia la veglia vicino al pozzo del cortile dell'osteria, e mette in prossimità del pozzo la sua armatura e altro, intanto l'oste dice agli ospiti della pazzia di Don Chisciotte e lo spiano indisturbati dalle finestre. Nel frattempo, uno degli ospiti > un mulattiere della locanda che deve abbeverare i suoi muli, si avvicina al pozzo, e deve spostare la roba di Don Chisciotte, che lo prende per il primo nemico che si mette sul suo cammino. Allora lo avverte prima verbalmente, ma l'uomo lo ignora, al che Don Chisciotte appellandosi alla sua amata Dulcinea lo colpisce in testa con la lancia e lo fa stramazzare al suolo quasi morto stecchito, e riprende la veglia come se nulla fosse. Intanto poco dopo arriva un altro uomo sempre per far bere i muli, e Don Chisciotte colpisce anche lui quasi a morte. A questo punto gli ospiti che lo spiavano escono arrabbiati, e iniziano a colpirlo a sassate, Don Chisciotte si ripara meglio che può con lo scudo, e l'Oste tenta di farli smettere poiché li aveva avvisati che era pazzo e come tale era inutile prendersela con lui. Don Chisciotte intanto urla che non si trattano così i cavalieri erranti e altre baggianate, alla fine gli ospiti si convincono a smettere, e l'oste decide di armare cavaliere Don Chisciotte per evitare che si creino altri problemi. Prese perciò un testo dove registrava fieno e orzo che dava agli ospiti, prese una candela, più le 2 prostitute di prima e fece inginocchiare Don Chisciotte. Finita la cerimonia, Don Chisciotte si fece presentare le 2 prostitute,e le nominò Donna Molinara e Donna Tolosa. Ora che era cavaliere Don Chisciotte decide di non aspettare un attimo di più e di partire per le sue avventure, e sellato Ronzinante si avvia. QUARTO CAPITOLO > RITORNO A CASA > VICENDA DEL CONTADINO E DEI MERCANTI OTTAVO CAPITOLO >CAMPO DI MONTIEL MULINI A VENTO > PORTO LAPICE I 2 FRATI E IL BISCAGLINO Sancio e Don Chisciotte vedono in lontananza una serie di mulini a vento in un campo. E Don Chisciotte li scambia per dei giganti, e le pale dei mulini, ai suoi occhi sembrano le loro gigantesche braccia. Sancio cerca di metterlo in guardia, che sono dei mulini e non dei giganti come crede lui, ma Don Chisciotte che ormai è partito per la tangente, gli dice che se ha paura di farsi da parte, e al galoppo arriva vicino a uno dei mulini e cerca di infilzarlo con la lancia, che le pale del mulino mosse dal vento, distruggono in mille pezzi, facendo ruzzolare all'indietro anche Ronzinante e Don Chisciotte, accorre subito Sancio per soccorrerlo. Questa avventura DQ la interpreta attraverso la teoria della Metamorfosi: gli esseri si trasformano non hanno sempre la stessa essenza, lo stesso aspetto. I giganti possono trasformarsi in mulini, per togliergli l’onore e la fama. Nel mondo della cavalleria c’è la magia, che può provare metamorfosi, ed è stata la magia ad aver trasformato i giganti in mulini. Il mondo è in continua trasformazione e lui stesso è esempio di una metamorfosi. A questo punto Don Chisciotte “rinsavisce” e si accorge che sono proprio dei mulini, e si giustifica sostenendo che il mago incantatore ha trasformato i giganti in mulini affinchè Don Chisciotte non potesse averla vinta. Riprendono il cammino anche se Don Chisciotte è ferito non può lamentarsi perchè così dice l'ordine dei cavalieri -.- e avverte Sancio che se troveranno un albero di quercia, ne vorrà tagliare un pezzo fortissimo così da farne una lancia di legno -.- Trascorsero la notte nel bosco, e qui staccò un pezzo di legno da un albero al quale attaccò la ferraglia che gli rimaneva della vecchia lancia per farne una specie di arma. Riprendono il cammino il giorno dopo e arrivano a Porto Lapice, dove Don Chisciotte avverte Sancio che lui potrà intervenire nelle ipotetiche lotte solo se ad attaccarli è gente vile, ma quando si tratta di cavalieri, Don Chisciotte deve agire da solo in quanto cavaliere. Mentre procedono incontrano 2 frati a dorso di mule, e subito dietro di loro c'era una donna dentro una carrozza. I due gruppi andavano ognuno per conto loro, anche se camminando vicini nella stessa direzione sembrò a Don Chisciotte che facessero parte della stessa comitiva. Tanto che li scambiò per 2 incantantori che avevano rapito una fanciulla -.- e anche se Sancio lo mise in guardia, Don Chisciotte lo ignora perchè dice che lui non era pratico di avventure e al galoppo di Ronzinante si avvicina per colpire uno dei frati/incantatori con la lancia. Il frate per evitare il colpo si getta a terra dalla mula, e l'altro frate vedendo la scena scappa al galoppo. A questo punto Sancio si avvicina al frate a terra e inizia spogliarlo, poichè lo considera bottino che si è guadagnato Don Chisciotte avendo vinto quella battaglia. Sopraggiungono i 2 servi dei frati, e malmenano Sancio, poi fanno risalire il frate sulla mula e se ne vanno. Nel frattempo Don Chisciotte stava parlando con la donna della carrozza -.- dicendole che l'aveva salvata in onore della sua amata Dulcinea, e che sarebbe onorato se si recasse da lei per dirgli come Don Chisciotte ha operato bene per liberarla. Uno dei guerrieri che seguiva il cocchio, sentendo che Don Chisciotte non vuole farli proseguire, ma vuole farli andare da Dulcinea, lo minaccia di morte e di farli passare senza rompere oltre. A questo punto Don Chisciotte lo sfida a duello, e parte alla carica sguainando la spada. Il guerriero che se lo vede arrivare così di corsa davanti, prese dalla carrozza un cuscinetto che usò come scudo, ferì Don Chisciotte alla spalla in modo lieve solo perchè si coprì con lo scudo, poi si trovano entrambi con le spade sguainate a mezz'aria pronte a colpire mentre la donna della carrozza e gli altri si allontanano guardando la scena e pregando. CAPITOLO 9 > RITROVAMENTO DI FOGLI PRESSO UN MERCANTE > CONTINUO DEL DUELLO DEL BISCAGLINO La storia è così sospesa e sembra non continuare in nessun modo. Però a questo punto l'autore inserisce il racconto di come ha trovato i fogli dove è scritto il continuo del racconto. Ovvero che si trovò a trovare da un mercante dei fogliacci scritti in arabo, ma poiché non li capiva, se li fece tradurre da un uomo, e quando lo aprì e lo lesse vide che era il Don Chisciotte tradotto da Cide Hamete Ben Engeli storico arabo, così l'autore compra i fogli dal venditore di sete, e grazie all'aiuto del traduttore, dopo un mese e mezzo ottiene la traduzione. Nella prima parte dei fogli è raccontata la battaglia con il guerriero, che era rimasta in sospeso. Quindi le spade erano a mezz'aria e il primo a scagliare il colpo è il guerriero, che colpirà Don Chisciotte, ma la spada si piega e gli scopre l'omero e un orecchio, a questo punto Don Chisciotte vedendo che era stato ferito, non ci vede più dalla rabbia e inizia a colpire il guerriero a caso con ferocia, tanto che inizia a sgorgargli il sangue dal naso, dalla bocca, e la mula spaventata scappa, e alla fine cade facendo cadere anche il guerriero. Don Chisciotte allora si avvicina e sta per dare il colpo di grazia al guerriero a meno che non si arrenda, a questo punto tutto gli altri che avevano assistito senza fiatare intervengono, e dicono a Don Chisciotte di risparmiarlo, e lui decide di assecondarli facendosi promettere che andranno da Dulcinea e la onoreranno raccontandogli le gesta del suo amato Don Chisciotte,e loro senza chiedere neanche chi sia questa persona promettono e Don Chisciotte li lascia andare. CAPITOLO 10 SANCHO PENSA CHE DQ ABBIA CONQUISTATO UN REGNO > IL BALSAMO MIRACOLOSO > NON TROVARONO UNA LOCANDA PER RIPOSARE > RIPOSARONO IN UNA CAPANNA DI CAPRAI. Sancio stava ancora stremato a terra per le percosse ricevute, e vedendo che la battaglia era finita pensa che forse finalmente Don Chisciotte avrà conquistato una terra, e che allora diventerà governatore. Va perciò vicino a Don Chisciotte e lo aiuta a risalire su Ronzinante e gli dice che qualsiasi terra abbia vinto con questa battaglia, lui la governerà benissimo, ma Don Chisciotte gli svela che non ha vinto assolutamente nessuna terra, che queste battaglie sono fatte solo per combattere e che prossimamente forse conquisteranno qualche terra e lui come promesso avrà un titolo ben più alto di governatore. Quindi Sancio bacia la mano di Don Chisciotte, e rincuorato dalle promesse, consiglia che si nascondano, perchè il guerriero che nella lotta è stato picchiato potrebbe rivolgersi alla santa confraternita (incaricata di punire i malfattori) e potrebbero arrestarli. Qui Don Chisciotte gli dice di non temere, perchè non si è mai visto che un cavaliere venga arrestato per le sue lotte -.- Sancio Pancia allora decide di lasciarlo blaterare, e gli dice che è il caso di curarsi l'orecchio che sanguina dalla battaglia e vuole medicarlo con un unguento. Ma Don Chisciotte gli dice che lui conosce a memoria la ricetta di un balsamo che solo 2 gocce possono far guarire qualsiasi ferita, e che se vieni tagliato in 2,basta ricomporre le due parti insieme e poi bere questo balsamo per tornare insieme -.- allora Sancho decide di rinunciare all'isola e all'idea di diventare governatore e dice a Don Chisciotte che quello che vuole è sapere la ricetta di questo balsamo, perchè vendendolo potrebbe diventare ricco. Don Chisciotte gli dice che a tempo debito gliela dirà e che per ora può medicarlo con l'unguento che ha. Mentre lo curava, Don Chisciotte vede che la sua celata si è rotta nel combattimento, e quasi da di matto -.- finchè Sancho non lo fa ragionare, e allora Don Chisciotte promette a se stesso di conquistare con la forza una celata come quella da qualche cavaliere. Ma Sancho anche qui cerca di farlo ragionare, dicendo che comunque potrebbero non incontrare qualcuno con una celata per chissà quanti giorni dato che lì passano solo poveracci. Ma Don Chisciote lo tranquillizza vaneggiando come al solito, si fermano per rifocillarsi e poi decisero di ripartire alla ricerca di un castello in cui dormire e in cui poter fare l'unguento di cui Don Chisciotte sosteneva di sapere la ricetta a memoria, ma non trovarono un posto dove passare la notte, allora alla fine stanchi si fermano a riposare in una capanna di caprai. CAPITOLO 11 > MANGIANO CON PASTORI > ORATORE UMANISTICO> ETA’ DELL’ORO E DEL FERRO. Sancho stava sistemando il cavallo e l’asino e iniziò a sentire l’odore di capra arrosto e così si avvicinò e vide dei pastori intorno all’animale. Tali pastori offrirono vitto e alloggio a Don Quijote ed a Sancho, il quale rifiuta la cena, ma la mangia costretto da DQ. Nel mentre DQ mangia ghiande ricorda di quanto prima fosse tutto migliore. Stavano tutti mangiando quando apparve un amico dei pastori recitando un romanzo. Alla fine uno di loro curò l’orecchio di DQ con una foglia particolare. Andarono a dormire. In questa avventura DQ QUI non ha allucinazione, vede la realtà per la prima volta, grazie a Sancho. Sancho Panza fa una lista delle buone maniere a tavola che conosce ma non rispetta. Dopo aver mangiato la carne, mangiano delle ghiande (bellotas), e a DQ viene in mente l’età dell’Oro, e fa un lungo discorso ai pastori, per la prima volta DQ è un autore di una oratio umanistica, conosce perfettamente l’età dell’Oro. nel secolo d’Oro non esisteva la proprietà privata, per questo non esisteva “ciò che era mio e ciò che era tuo”). CONTRASTO TRA SECOLO D’ORO E ETA’ DEL FERRO: DQ vive nell’età del ferro mentre il secolo d’Oro è già passato. In quest’età non c’è bisogno di lavorare ai campi, gli alberi davano frutti in maniera naturale e soprattutto c’è più libertà e rispetto, le donne possono stare nei campi e passeggiare senza il pericolo di essere violentate. le donne ora non sono più sicure, anche se si chiudono nel labirinto di Creta. Per questo motivo nasce l’ordine cavalleresco, a cui DQ appartiene. L’autore afferma che questo è un discorso inutile perché il pubblico non capisce, andava fatto ad un pubblico di classe più alta. Dopo cena vi è uno spettacolo di musica, primo momento di musica in tutta l’opera. Momento di felicità campestre: i pastori cantano una sorta di storielle accompagnandosi con uno strumento Rabel, ma dopo si prepara a una tragedia: Capitolo 12 muore un pastore fittizio. > PRIMA NOVELA INTERCALADA CAPITOLO 12 > STORIA DI MARCELA E GRISOSTOMO Marcela > figlia di un contadino ricco Il capitolo si apre con l’annuncio da parte di un pastore, riguardante un pastore morto a causa di un triste amore, quello per Marcela. Quijote che non ne sapeva niente chiese di farsi racontare tale storia e cosi fu. Il pastore racconta Crisostomo il quale era figlio di un ricco contadino, ma si spogliò dei suoi abiti per seguire la bella Marcela. Marcela era figlia di un ricco contadino il quale morì a seguito della morte di sua moglie, M. fu affidata al suo zio sacerdote. All’età di 14/15 anni nonostante lo zio la tenesse rinchiusa con molto riguardo, i miglior partiti supplicavano lo zio affinchè gliela desse in moglie. Lo zio pur desideroso di sistemarla, non lo fece perché aspettava il consenso della bella Marcela. Nonostante lo zio riferisse alla nipote ogni proposta lei rispondeva che al momento non aveva intenzione di maritarsi e he si sentiva troppo giovane per sostenere il peso del matrimonio. Di fronte a tali ragioni apparentemente valide, lo zio cessava di farle domande, sperando che una volta cresciuta scegliesse il compagno che le fosse piaciuto, perché sosteneva che i genitori non devono obbligare i figli a sposarsi contro il loro volere. Ma un bel giorno, improvvisamente, la bella Marcela diventa pastora e senza dare ascolto a nessuno se ne va con le altre pastorelle a pascolare il suo gregge. Non appena apparve in pubblico e mostrò la sua bellezza molti se ne innamoravano compreso il giovane morto, ma Marcela nonostante non schivasse la compagnia altrui non aveva mai fatto intendere a nessuno di poter soddisfare i loro desideri amorosi, questo suo atteggiamento causò molti danni : poiché con la sua indifferenza e il suo rifiuto conduce alla disperazione e al suicidio e non sapendo cos’altro dirle le gridano che è crudele e ingrata. Gli dice che il giorno dopo ci sarebbe stata la sepoltura ma di non perdersi il funerale, poiché ne varrà la pena, poiché Crisostomo ha molti amici e il luogo dove vuole essere seppellito non dista molto da lì. Grisóstomo è anche lui un falso pastore, è figlio di proprietari ricchi della Mancha. Questa ricchezza gli aveva permesso di studiare a Salamanca, aveva un titolo universitario. È un altro personaggio predisposto alla pazzia avendo studiato ma senza avere una posizione sociale. Grisóstomo ha studiato astronomia e cerca di applicare questi studi alla propria vita per il progresso della sua famiglia. Nel libro la storia è presentata aposteriori: sappiamo prima del suo suicidio e poi il racconto degli amici. Il gruppo, composto da don Quijote, Sancho e i caprai, si stanno recando alla montagna dove è accaduto il suicidio proprio per il funerale del ragazzo. Com’è logico, essendo suicida, non poteva essere sepolto nel cimitero cattolico ma aveva lasciato scritto di voler essere sepolto nello stesso posto dove si era innamorato della ragazza che era anche lo stesso posto dove lei gli aveva detto di no. (lo incontrano nel capitolo 13). CAPITOLO 13 > CAMMINO VERSO LA SEPOLTURA Si mettono in marcia e nel cammino incontrano anche un uomo colto, Vivaldo, che li accompagna. Conversazione fra DQ ed i pastori, nel cammino verso la sepoltura. I pastori chiesero a Quijote il perché andasse in giro così armato per terre così tranquille. Spiegò di essere un cavaliere che invece di dedicare le sue vittorie a Dio, le dedicava alla sua amata, anche perché tutti i cavalieri andanti avevano bisogno di un’amata. Loro pensarono fosse pazzo. Arrivati sul posto videro che al funerale vi erano un sacco di pastori fra cui Crisónomo, il morto, in un baule pieno di carte. Uno dei pastori prese uno di questi biglietti con gli ultimi versi di Crisónomo. Nel momento in cui raggiungono il defunto questo è presentato come uno divincolarsi il gioco non gli piacque e scaricó un pugno sulle mascelle di don quijote tanto da riempirgli tutta la bocca di sangue e ancora gli salì in piedi sulle costole, passeggiandovi sopra. Il letto che era instabile e poco solido, non potendo sostenere anche il peso del mulattiere non resse e cadde a terra insieme a loro. Ci fu un tale rumore che svegliò il locandiera, il quale intuì subito che c'entrava Maritornes, ma chiamandola a voce alta, non rispondeva e andò a controllare. La ragazza udendo entrare il padrone, spaventata e conoscendo il carattere terribile del padrone, si rifugiò nel letto di Sancho Panza e si rannicchió facendosi piccola come un gomitolo . Il locandiera gridava e chiedeva dove fosse M. Sancho si sveglió e sentendo quel peso addosso pensò ad un incubo e iniziò a dare pugni a casaccio e ne diede alcuni a M., la quale risentita gliene diede altri. Sancho trattato in quel modo e senza sapere da chi, si alzó come meglio poté e iniziò tra loro una zuffa. Quando il mulattiere alla luce del locandiera vide la sua donna maltrattata, corse a darle una mano. Fece lo stesso il locandiere con l'intenzione di punirla credendo che fosse lei il male di tutta quella situazione. Tutti si malmenavano. Il bello fu quando al mulattiere si spense il lume e rimasti al buio se ne diedero senza pietà. Quella notte, nell' osteria alloggiata per caso una guardia di quelle che chiamano della Santa Confraternita, il quale udendo il baccano si muní del suo mezzo bastone e della scatola contenente i suoi documenti ed entró nello stanzone buio, chiedendogli di fermarsi in nome della giustizia. Vedendo che colui che tratteneva non si muoveva pensandolo morto e che gli altri fossero I suoi assassini aumentó il tono di voce dicendo di non muoversi perché avevano ammazzato un uomo. Tale grido spaventò tutti e ognuno lasciò ciò che stava facendo per andare nella sua stanza, intanto l'uomo uscì a prendere un lume per catturare i delinquenti ma non lo trovò perché il locandiera aveva spento di proposito la lampada dell'entrata. Capitolo 17 > SVENTURA DI DON QUIJOTE ALLA LOCANDA Don quijote dopo tutte quelle bastonate, si era ripreso dallo svenimento e rivolgendosi a Sancho gli dice che quel castello è incantato e xhe gli avrebbe detto una cosa che avrebbe dovuto mantenere segreta. Racconta che quella notte gli era accaduto una cosa strana. Dice che poco fa era venuta la figlia del signore di quel castello e che era la più avvenente donzellache si potesse trovare sulla terra. E che le altre qualità le lasciava passare sotto silenzio perché lui era fedele all impareggiabile Dulcinea. Egli fisse che il cielo era invidioso della fortuna che aveva tra le mani o forse che quel castello era incantato tanto che mentre lui si intratteneva con lei sopraggiunse una mano attaccata a un braccio di qualche terribile gigante e senza che lui lo vedesse, gli scaricó un grosso pugno sulle mascelle, che dice di avere ancora tutte insanguinate. Quindi, dice di star peggio del giorno prima quando i mulattieri per colpa di Ronzinante gli fecero quell affronto. Così dedusse, che il tesoro della bellezza di quella donzella fosse sorvegliato da qualche moro stregato e che non era a lui destinato. Sancho gli spiega che anche lui era stato picchiato, probabilmente allora da 400 mori. A questo punto don quijote gli dice di non affliggersi perché gli avrebbe preparto il prezioso bálsamo con il quale si sarebbe ridtabiliti velocemente. Intanto la guardia, dopo essere riuscita ad accederemos il lume, entró per vedere colui che credeva morto. Sancho appena lo vide entrare in camicia e con un fazzoletto in testa un lume in mano domandò a don chisciotte se fosse lui il moro incantato. Don CHisciotte disse che non poteva essere lui perché gli stregati non si fanno vedere da nessuno. Arrivò la guarda e vedendoli che si intratteneva in una tranquilla conversazione restó interdetto. La guardia si rivolse a don chisciotte chiedendogli come andasse e rivolgendosi a lui dicendo buon uomo. Don chisciotte gli rispose che era un villano per parlare così con un cavaliere errante. La guardia non poté sopportare vedersi trattato in quel modo così alzó il lume e lo diede in testa a don vhisicotte e approfittato del buio se ne andò. Sancho disse che senza dubbio era il moro. Don chisciotte rispose che era così e che non bisognava prendersela in queste faccende di incantesimi poiché essendo invisibili non avrebbero nessuno con cui vendicarsi. A questo punto don chisciotte disse a sancho di alzarsi e di chiedere al castellano un po' di olio, vino ,sale e rosmarino per preparare il balsamo salutare perché ne aveva bisogno. Sancho si alzò e incontrò la guardia che intanto stava origliando e gli disse di fargli la grazia di dargli rosmarino, sale e vino poiché ne aveva bisogno per curare il migliore dei cavalieri erranti, il quale giaceva in quel letto ferito dal moro stregato. La guarda al sentire queste parole pensò di trovarsi davanti ad un uomo privo di senso, e jntanto si recò dal curato per dirgli ciò che occorreva ai due. Sancho ritornò con i suoi ingredienti, ne fece un composto, mescoló tutto e lo fece cuocere per un bel po'. Lo versò in una stagnina, vi recitò dei paternostri e avemarie e altre preghiere per benedirlo. Conclusa questa Operazione, don Chisciotte subito ne bevve mezzo boccale del preparato, ma non appena lo bevve iniziò a vomitare. Lo lasciarono a dormire . Al risveglio si sentí alleggerito di corpo che pensò di aver trovato un balsamo miracoloso. Sancho Panza pensando che il miglioramento del padrone fosse frutto di un miracolo gli pregó di dargli il balsamo ancora rimasto nella pentola. Così lo bevve. Sancho si sentí così male, tanto da avere nausee, sudori e svenimenti così don quijote nel vederlo in quello stato gli disse che probabilmente funzionava solo con i cavalieri erranti. Sancho iniziò a vomitare e questo trambusto duró 2 ore, al termine del quale non si sentí sollevato ma non capace di reggersi in piedi. Don chisicotte sentendosi meglio voleva subito partire per nuove avventure, così aiuto sancho a vestirsi per partire. Don quijote ringraziò il locandiere dicendogli che sarebbe stato al uo servizio se avesse avuto bisogno che qualcuno lo vendicasse. A questo punto il locandiere risponde che non ne aveva bisogno ma desiderava solo che gli pagasse il danno fatto quella notte . A questo punto don quijote gli chiese cosa stesse dicendo, poiché lui non la credeva una locanda ma un castello, dicendo che non avrebbe potuto pagarli perché le regole della cavalleria errante gli imponeva di non pagare né alloggio né altro nelle locande in cui sostaavano. Poiché era loro diritto e privilegui ricevere un buon trattamento in cambio della fatica cercando avventure. Il locandiere rispose che a lui non interessava. Don quijote lo definì stupido e spero ronzinante per andar via senza guardare se il suo scudiero lo stesse seguendo. Il locandiere che ki vide andar via senza aver pagato, corse a farsi pagare da sancho panza il quale gli dessero xhe siccome il suo padrone non aveva voluto pagare, non lo avrebbe fatto nemmeno lui. Poiché era lo scudiero del suo padrone quelle regole valevano anche per lui. A questo punto il locandiere si innervosí dicendogli che se non lo avesse pagato lo avrebbe ripagato in un modo che non gli sarebbe piaciuto. Il destino svenutarato di Sancho volle che jn quell osteria ci fosse gente briccona e burlona, i quali fecero smontare sancho dall asino, poi uno di essi andarono a prendere la coperta del letto del locandiere e ve lo avvolgere dentro. Alzando gli occhi si resero conto xhe il soffitto era troppo basso per ciò che avevano intenzione di fare e decisero quindi di andare in cortile. Misero sancho al centro della coperta, cominciarono a lanciarlo in aria e a spassarsela con lui. Le grida del povero sancho erano così acute che arrivarono fino all'orecchio del padrone, il quale inizialmente pensava che stesse per arrivare qualche prima avventurarsi fino a che non si rese conto che chi gridava era il suo scudiero. Allora tornó alla locanda, ma trovandola chiusa ci girò intorno cercando qualche entrata. Non arrivó nemmeno al muro di cinta del cortile, quando scoprì il brutto gioco che facevano con il suo scudiero. Lo vide andare giù e su, provó a salire sul suo cavallo per salire sul muro ma non ci riuscì, ridotto in quel modo non riuscì nemmeno a scendere dal cavallo e iniziò a dire ingiurie contro coloro. Nonostante ciò, continuarono quel gioco fino a quando non furono stanchi. Dopodiché lo caricarono sul suo asino, intanto Maritornes vedendolo così affannato lo soccorse con un boccale d'acqua. Intanto, sancho sentí ciò che gridava il suo padrone, il quale gli disse di non bere l'acqua perché lo avrebbe ucciso, mostrandogli il balsamo che invece lo avrebbe salvato. Sancho lo rifiutò ricordandovi che non era un cavaliere. Intanto bevve l'acqua ma chiese del vino, cosa che lei fece volentieri pagandolo di tasca proprio. Dopo aver bevuto sancho spronó l'asino e andó via. CAPITOLO 18 Quando hanno lasciato la vendita insieme, Don Chisciotte dice a Sancho di essere convinto che il castello sia infestato e che coloro che lo hanno tenuto siano fantasmi. Aggiunge anche che non poteva scendere da Rocinante per aiutarlo perché ne era felicissimo. Sancho non è d'accordo e crede che siano uomini in carne e ossa. Un po' scoraggiato da quanto accaduto, dice a Don Chisciotte: " E quello che ottengo da tutto questo è che queste avventure che stiamo cercando, alla fine, devono portarci così tante disgrazie, che non sappiamo quale sia il nostro piede destro. E cosa sarebbe meglio e di maggior successo , secondo me poca comprensione, se non tornare al nostro posto, ora che è tempo di raccogliere e capire in hacienda, lasciandoci camminare dalla menta alla Mecca e dalla zoca alla colondra, come si suol dire ”.Don Chisciotte risponde che non sa molto di cavalleria e che non c'è piacere più grande al mondo che vincere una battaglia. Sancho risponde che non hanno vinto nessuna battaglia e che tutto è stato "bastoni e ancora bastoni, manciate e ancora manciate". Continuano a parlare finché Don Chisciotte vede una nuvola di polvere sulla strada e pensa che provenga da due eserciti, ma in realtà sono due greggi di pecore e montoni. Sancho, tuttavia, crede a Don Chisciotte quando gli dice che sono gli eserciti dell'imperatore Alifanfarón, signore dell'isola di Trapobana, e del suo nemico Pentapolín del Arremangado Brazo, il re dei Garamanta . Prima di entrare in battaglia con le mandrie, Don Chisciotte spiega a Sancio con dovizia di particolari chi sono i principali cavalieri degli eserciti. L'esercito pagano è composto da asiatici e africani e quello cristiano da cavalieri della penisola iberica . Dopo questa lunga spiegazione, la voce di Cervantes entra ad esprimere il suo parere sui libri cavallereschi: "Dio mi benedica, e quante province ha detto, quante nazioni ha nominato, dando a ciascuna, con mirabile alacrità, gli attributi che apparteneva a lui, tutto assorbito e intriso di ciò che aveva letto nei suoi libri bugiardi!». Sancio ascolta Don Chisciotte, ma confessa di non vedere nessun gentiluomo o gigante, a cui Don Chisciotte risponde che è perché la paura ha turbato i suoi sensi. Il suo padrone non perde altro tempo e con la lancia pronta, avanza verso le mandrie. In questo Sancho cerca di fargli ragionare urlandogli: « Tornate, vostra grazia, don Chisciotte, faccio voto a Dio che attaccherà montoni e pecore! Tornate, disgraziato padre che mi ha generato! Che follia è questa? Guarda, non c'è nessun gigante o gentiluomo, niente gatti, niente armi, niente scudi rotti o interi, o vederti blu o diabolico ." Don Chisciotte lo ignora e si scaglia contro le pecore. I pastori gli urlano contro e gli lanciano pietre. Dopo aver ricevuto il primo colpo di pietra, Don Chisciotte cerca di curarsi e beve il suo balsamo ma con il secondo forte colpo cade da Rocinante. I pastori pensano che sia morto, quindi raccolgono rapidamente gli animali morti e se ne vanno. Don Chisciotte insiste che erano eserciti e che un saggio nemico li trasformò in greggi di pecore. Dopo la battaglia, Sancio guarda la bocca del suo padrone per vedere quanti denti mancano e vede un liquido rosso che non è sangue ma balsamo, ma è così disgustato che vomita su Don Chisciotte e giura a se stesso di smettere di avventurarsi. andare a casa. Poco dopo, Don Chisciotte vede che Sancio è triste e cerca di consolarlo. A peggiorare le cose, Sancho ha lasciato in vendita le bisacce, così non hanno niente da mangiare. Mentre parlano, Sancio gli dice che è un predicatore migliore di un cavaliere errante, e Don Chisciotte gli ricorda che nei secoli passati era importante che i cavalieri potessero tenere discorsi come se fossero laureati dell'Università di Parigi "da cui si deduce che la lancia non ha mai smussato la penna, né la penna la lancia, "riferendosi al gentiluomo ideale che è abile nelle lettere quanto lo è nelle armi. Si sta facendo tardi e Don Chisciotte dice a Sancho di scegliere la locanda dove passare la notte. CAPITOLO 19> ENCAMISADOS > IL CAVALIERE DELLA TRISTE FIGURA Sancio dice a Don Chisciotte che sospetta che la sua sfortuna sia dovuta al non aver adempiuto al giuramento che aveva fatto in precedenza di "non mangiare pane sulle tovaglie, né di intrattenersi con la regina. Don Chisciotte è d'accordo. Cala la notte e proseguono lungo la strada alla ricerca di una locanda. All'improvviso vedono in lontananza una moltitudine di luci che si muovono. Quando si avvicinano, Don Chisciotte e Sancio vedono che ci sono una ventina di "encamisados" ovvero uomini incamiciati di bianco montati su muli e con asce illuminate. ("Encamisados" sono militari con camicie tirate sui vestiti per differenziarsi dai loro nemici in un assalto a sorpresa, di solito di notte.) Portano una lettiga coperta di lutto. Mormorano tra di loro con voce bassa e compassionevole. Don Chisciotte immagina che stiano prendendo un cavaliere morto o ferito e che la sua vendetta corrisponda a lui, quindi esige che si parte, ma il barbiere colto di sprovvista si lascia cadere dall'asino, e vedendo che Don Chisciotte vuole aggredirlo, scappa correndo e nella corsa gli cade la bacinella d'ottone, perciò Don Chisciotte si ritiene soddisfatto. La indossa, e Sancho si accorge che è una bacinella e gli viene da ridere, allora Don Chisciotte gli spiega che probabilmente la persona a cui apparteneva quell'elmo aveva la testa molto grande, e che in cerca di soldi facili ne abbia sciolto le due metà di oro purissimo, e quindi ecco perchè ora l'elmo ha la forma di una bacinella, e che comunque la porterà da un fabbro che saprà farlo anche migliore di così -.- A questo punto Sancho decide di sostituire il suo asino vecchio, con l'asino che il barbiere scappando ha lasciato lì, e siccome Don Chisciotte non era sicuro che le leggi della cavalleria gli permettessero di fare questo scambio alla fine nel dubbio lo autorizza. Comunque riprendono il cammino dopo essersi rifocillati, e a questo punto Sancho dice a Don Chisciotte che secondo lui loro non devono più girovagare senza senso in cerca di avventure, ma che devono andare alla corte di qualche Re, e così stando ai suoi servizi, diventeranno famosi e qualcuno scriverà delle loro gesta, perchè così, restando nell'anonimato nessuno darà importanza alle loro avventure. Don Chisciotte dice a Sancho che effettivamente ha ragione, e che lui sa perfettamente che quello che devono fare è di andare i servizi di un Re, salvare il Regno partendo per qualche missione di guerra, sposarne la figlia, il Re morirà, e il cavalierei in poche mosse diventa Re. E che perciò l'unica cosa che devono fare, è trovare un Re, che abbia una guerra aperta, e con una bella figlia, ma che prima di tutto devono ancora succedere altre gesta prima che lui possa andare in qualche Regno, inoltre la cosa che gli manca per poter far accadere tutto ciò,è la nobiltà di sangue e che il Re ipotetico non accetterebbe mai di far sposare la propria figlia con qualcuno che non sia nobile anche se le sue avventure sono famose in tutto il mondo, anche se conviene Don Chisciotte, alla fine la ragazza si innamorerà comunque di lui, e in barba alla famiglia deciderà comunque di sposarlo. Sancho però ribatte che comunque, se lui scapperà con la futura moglie, il povero scudiero rimarrebbe a bocca asciutta, a a meno che la futura regina non avesse una dama di compagnia anche per lui. E Don Chisciotte gli dice che comunque gli potrà dare dei titoli, tipo di signore o altro, e che però dovrà radersi la barba piu spesso così non riconosceranno che è di basso lignaggio. Allora Sancho gli dice che per quello assumerebbe a tempo pieno un barbiere che lo segua tutto il tempo, come fanno i cavallerizzi. Allora Don Chisciotte gli chiede come fa a sapere che i cavallerizzi ti seguono tutto il tempo? E Sancho gli dice che per un periodo era stato a corte, e aveva visto un uomo minuto che aveva un uomo che lo seguiva dappertutto, gli stava sempre dietro e lo seguiva. Allora quando Sancho chiese chi era, gli risposero a corte che era un cavallerizzo. E Sancho non dimenticò mai questa cosa, e allora Don Chisciotte appreso questo gli disse che allora assolutamente avrebbe potuto anche lui farsi seguire sempre dal suo barbiere -.- A questo punto Don Chisciotte alzò gli occhi e so trovò davanti quello che accade nel capitolo successivo. CAPITOLO 22 GALEOTTI > GINES DE PASAMONTE All'inizio del capitolo, Cervantes attribuita la paternità di nuovo il cronista immaginario: "Cide Hamete, autore arabica e manchego, in questa gravissima, altisonante, minima, dolce e immaginato la storia, [...]". La storia che segue inizia quando don Chisciotte vede lungo la strada sono 12 uomini ammanettati e incatenati, due uomini a cavallo con pistole e due cabine con freccette e spade. Sancho racconta don Chisciotte che sono galeotti, gli uomini per i loro crimini sono stati condannati a servire il re nelle galere. Don Chisciotte crede che sia suo dovere aiutarli e chiede a una delle guardie quali reati hanno commesso per meritarsi una simile punizione. La guardia suggerisce di indirizzare la tua domanda agli stessi schiavi della galera. Don Quijote comincia a farle questa domanda ai galeotti e viene a sapere che molti erano stati torturati a confessare i loro crimini e che gli altri era stato arrestato per reati minori. Uno è stato accusato di essere un magnaccia, e su questo argomento don Chisciotte dice: "Anche se so che non gli incantesimi al mondo in grado di spostare o costringere la volontà di qualche semplice pensare, che la nostra volontà è libera, e ci Yerba né fascino che ti costringe ". Uno degli schiavi della galera è più incatenato degli altri con una catena ai piedi e due anelli intorno al collo attaccati alle catene. La guardia spiega a don Chisciotte che ha commesso più crimini e che è più audace degli altri. È il famoso Ginés de Pasamonte, noto anche come Ginesillo de Parapilla. Dice a don Chisciotte che ha scritto la sua storia in un libro intitolatoLa vita di Ginés de Pasamonte. Lui stesso aveva scritto la sua storia, ma ha lasciato il libro in carcere e impegnato per 200 reali. Gines dice di volerlo recuperare, dicendo che è molto importante che supera anche il Lazarillo, successivamente zittirà il comandante. In questo, il commissario alza il bastone per battere Gines, ma don Chisciotte lo difende e dice che è una punizione sufficiente essere incatenato così e poi chiede delle guardie signori e al Commissario di essere liberati questi uomini: "[...] perché sembra custodia rigida per rendere schiavi di coloro che Dio e la natura hanno reso libero più, signori guardie --añadió Don Quijote--, questi poveretti non hanno fatto nulla contro di voi non ci sarebbe ciascuno con il loro peccato .. Dio c'è in cielo, che non trascura di punire il male, né di ricompensare il bene [...] ". Stupito, il commissario afferma che in nessun modo può liberarli e aggiunge: "Vattene, signore, Norabuena la sua strada in avanti, e raddrizzare la bacinella che porta in testa e non andare alla ricerca di tre piedi su un gatto." In risposta, don Chisciotte lo investì con tanta furia e velocità che lo stese a terra ferito. Intanto le altre guardie assalirno Don Quijote e il commissario non ha il tempo per difendere ciò che cade a terra ferito dalla lancia. Le altre guardie si scagliano contro Don Chisciotte, ma nel frattempo gli schiavi delle galere riescono a scatenarsi. Gines rimuove la spada e il fucile dal commissario e le guardie fuggono. Poi Don Chisciotte chiede ai galeotti, in segno di gratitudine, andare in città a comparire davanti Dulcinea Toboso parte del suo gentiluomo e di dirti ogni dettaglio di quello che è successo. Ginés risponde che non possono perché devono dividersi per non essere trovati dalla Santa Confraternita. Don Chisciotte si arrabbia e gli schiavi della galera iniziano a lanciare sassi contro di lui e contro Sancho. Don Chisciotte cade da Ronzinante, e uno dei galeotes toglie il bacino della testa e utilizzato per picchiarlo finché non si rompe. Anche gli schiavi delle galere tolgono diversi indumenti, lasciando Sancho quasi nudo e scappando con i resti della battaglia. CAPITOLO 23 SIERRA MORENA> ASINO RUBATO> Il CAPRAIO RACCONTA LA STORIA DI CARDENIO In questo capitolo ci viene detto come don Chisciotte e Sancio si rifugiano nella Sierra Morena per sfuggire alla Santa Confraternita che li perseguitava. Mentre Don Chisciotte e Sancio stavano dormendo uno dei prigionieri del capitolo precedente (Gines) si avvicina loro e ruba l'asino di Sancho per guadagnare qualche moneta, lasciando stare Rocinante che non ne sarebbe valsa manco una. Dopo che Don Chisciotte aveva consolato il povero Sancho promettendogli di avere altri cinque asini, entrambi i personaggi cominciarono a camminare attraverso quella stretta Sierra in cerca di nuove avventure. Poco dopo questo sfortunato incidente, Don Chisciotte e Sancho Sulla loro strada trovano una vecchio baule contenente camicie e altri oggetti di tela, alcune monete d'oro e un quaderno. Don Chisciotte prende il quaderno e lascia che Sancho tenga monete e vestiti. Aprì il quaderno per scoprire di chi fosse la valigia e trova un sonetto che tratta di amori e dolori. Don Chisciotte dice a Sancio di sapere di più sulla poesia di quanto non immaginasse, dal momento che tutti i grandi cavalieri sono stati trovatori o musicisti. Trovano anche nel taccuino una lettera e altri scritti che rivelano che l'autore è un amante disdegnato. Continuano lungo la strada e improvvisamente vedono un uomo quasi nudo( indossava solo un paio di calzoni di velluto giallastro, stracciati a tal punto di mostrare la carne. Aveva molti capelli che portava legati, i piedi scalzi e le gambe scoperte) con una folta barba che salta oltre le rocce. Don Quijote vuole seguirlo per vedere se possiede il baule. Sancho è contrario perché non vuole restituire le monete, ma il suo padrone gli dice che hanno l'obbligo di cercarlo. Accanto a un ruscello trovano un mulo morto. Poi vedono un vecchio pastore con il suo gregge di capre e don Chisciotte gli chiede se sa di chi è quel baule. Il pastore dice loro che sei mesi fa un ragazzo gentile è arrivato su quello stesso mulo e con la valigia trovata. Il giovane gli chiese quale fosse la zona più selvaggia della Sierra e si diresse verso il punto indicato. Non lo rivedero più fino a pochi giorni dopo, quando attaccò uno dei pastori per togliersi il pane e il formaggio. Quando trovarono il giovane uomo, bloccato nel cavo di un albero con i vestiti rotti e il viso sfigurato, li salutò docilmente e cortesemente. Ha spiegato che stava scontando una penitenza per i suoi peccati, ma non voleva dirgli chi fosse. Chiese perdono per gli assalti e i pastori si offrirono di dargli da mangiare in modo che non avrebbe dovuto rubarlo. Per il loro modo di parlare, i pastori si sono resi conto che era un uomo benestante e cortigiano, ma che era impazzito perché improvvisamente, ha cambiato il suo carattere e attaccato molto ferocemente uno dei pastori e ha detto: "Ah! Ferdinando Fernando! Ecco, qui mi pagherai per l'ingiustizia che mi hai causato [...] ". Gli altri pastori aiutarono il loro amico prima che il giovane lo uccidesse e poi fuggì. Da queste parole i pastori dedussero che la pazzia gli veniva a tratti e qualcuno che si chiamava Fernando aveva dovuto fare qualche cattiva azione contro di lui. Da allora l'hanno visto quando esce per cercare cibo. A volte chiede ai pastori molto educatamente e altre volte, quando è pazzo, lo strappa. Perciò i pastori avevano deciso di cercarlo, fermarlo e portarlo nella città più vicina, Almodóvar, per essere guarito dalla follia e avvertire la sua famiglia della sua disgrazia. Dopo aver ascoltato questa storia, Don Chisciotte propone di cercare il pazzo, ma prima che possa intraprendere questa nuova avventura, il giovane appare e li saluta con molta cortesia. Don Chisciotte scende da Rocinante e, come se lo conoscesse, dà un grande abbraccio al giovane, che il narratore chiama Straccione dalla brutta figura e lo lascia parlare CAPITOLO 24 > CARDENIO RACCONTA LA SUA STORIA MA VIENE INTERROTTO DA DON QUIJOTE Sebbene il giovane non conosca Don Chisciotte, lo ringrazia per la sua cortesia, che lo vorrebbe ricambiare con qualcosa di più ma la cattiva sorte gli permette di ricambiare le buone azioni che riceve solo col ben volere. Don Chisciotte gli dice che il suo volere e quello di servirlo e vorrebbe aiutarlo per cercare di capire se c’è rimedio al suo dolore. Il giovane, che il narratore ora chiama il "Cavaliere della foresta", gli chiede di dargli da mangiare prima. Dopo aver mangiato, il giovane li indirizza verso un piccolo prato, si siedono tutti sull'erba, e il giovane inizia a raccontare loro la sua storia, ma prima li avverte che non devono interromperlo con domande. Dice loro che il suo nome è Cardenio e che proviene da una famiglia ricca e nobile dell'Andalusia, ma il denaro non ha potuto rimediare ai suoi problemi. In tenera età si era innamorato di una fanciulla di nome Luscinda, anche lei di famiglia benestante, e lei ricambiava il suo amore. I loro genitori non si opposero a questo amore e ben sapevano che un giorno sarebbero convolati a nozze. Erano così innamorati che, nonostante le loro intenzioni di sposarsi, suo padre, come giusto che era secondo le convenzioni, non gli permetteva di entrare in casa sua. L’amore si infiammò ancor di più tanto che iniziarono a scambiarsi delle lettere. Allora Cardenio andò a chiedere la mano di Luscinda, chiese la sua mano al padre della fanciulla, il quale gli disse che era il padre di Cardenio aveva il diritto di fare quella richiesta. Quando Cardenio venne a parlare con suo padre, seppe che il duca Ricardo (probabilmente si riferisce al duca di Osuna) gli aveva mandato una lettera per chiedere che Cardenio fosse compagno del figlio maggiore e che in due giorni doveva partire per fare la volontà del duca. Quando Cardenio arrivò a casa del duca, il primogenito e il secondo figlio, di nome Fernando, lo trattarono molto bene, soprattutto quest'ultimo. Fernando gli disse che era innamorato di una contadina, vassalla di suo padre, e che aveva intenzione di prometterle il matrimonio per conquistarla. Cardenio cercò di dissuaderlo, ma non ci riuscì, così lo disse a suo padre, il duca Ricardo. Fernando iniziò a diffidare di Cardenio e decise di ingannarlo. Le disse che non conosceva rimedio migliore per il suo crepacuore dell'assenza e suggerì che i due andassero a trascorrere del tempo a casa del padre di Cardenio. Cardenio era contento perché avrebbe potuto rivedere Luscinda, tuttavia Fernando aveva già avuto rapporti con il contadino e, dopo averla conquistata, aveva perso interesse per lei. Cardenio de Luscinda le parlò così tanto che anche Fernando volle conoscerla, e una notte Fernando la vide dalla finestra e se ne innamorò. Cardenio e Lucinda intanto continuavano a scriversi lettere d’amore, un giorno Fernando trovò uun biglietto di lei, indirizzato a Cardenio , in cui lo esortava a chiedere la sua mano al padre. Successivamente Fernando continuava a lodare Lucinda, a tal punto che Cardenio iniziò a temerlo perché voleva in ogni momento che parlassero di Lucinda. Don Fernando trovava sempre il modo di leggere le lettere che C. spediva, dicendosi ammirato del loro comportamento giudizioso. Un giorno Lucinda chiese a Cardenio chiesto un libro cavalleresco, Amadís de Gaula, e quando Don Chisciotte lo sente, interrompe Cardenio per dirgli che solo sapendo che gli piace quel libro, capisce la grandezza della sua bellezza. Cardenio inizia a parlare di un personaggio di Amadís de Gaula( il maestro Elisabat, che Cardenio sostiene fosse l’amante [...] ho nascosto un pugnale che potrà ostacolare maggiormente certe forze, finendo la mia vita e cominciando che tu conosca la volontà che ho avuto ed ho per te”. Cardenio ha risposto che porta una spada per proteggerla e si uccide se non riescono a impedire il matrimonio. Dopo che Luscinda entrò in casa, Don Fernando entrò non visto e si nascose dietro alcuni arazzi. Ha assistito all'intera cerimonia, ma invece di protestare o tirare fuori il pugnale, Luscinda ha detto di sì e immediatamente ha perso conoscenza. Quando sua madre le sbottonò il vestito per dargli aria, trovò un biglietto. Dopo aver letto la nota, Don Fernando era pensieroso. In mezzo a tutto il trambusto, Cardenio lasciò la casa disperato, salì sul suo mulo e si diresse verso le montagne. Il suo mulo è morto e da allora vive nella cavità di un albero e mangia ciò che gli lasciano i pastori. Alla fine del capitolo, Cervantes attribuisce nuovamente la storia a Cide Hamete Benengeli. CAPITOLO 28 > DOROTEA Quando il Cardenio ebbe finito di raccontare la sua storia al prete e al barbiere, rimasero immobili e in silenzio finché improvvisamente si udirono delle voci provenire dalla montagna. Il prete incuriosito decide di andare a vedere chi era il proprietario delle voci e si scopre che si tratta di una figura umana che si sta facendo la doccia in un ruscello. " Dio mio! Se è possibile che io abbia trovato un luogo che possa servire come luogo di sepoltura nascosto per il pesante fardello di questo corpo che tengo così contro la mia volontà! " (Pag. 274, Dorothea) Questa è la prima frase di Dorothea che mostra il suo dolore e la sfortuna che le è venuta fino ad allora. Cervantes usa sempre la figura del personaggio con rabbia e malinconia. Il prete e il barbiere insieme a Cardenio si imbattono in una bella donna che all'inizio sembra un uomo ma è solo travestita per coprire la sua identità. In questo modo conoscono e amichevolmente la donna di nome Dorotea inizia a raccontare la sua vita a questi tre uomini, in modo simile a quando Cardenio raccontò la sua vita. Questa donna ha affermato di essere chiamata Dorotea e ha detto che era lì da quando un uomo di nome don Fernando aveva promesso il suo matrimonio ma lui l'ha lasciata dopo aver raggiunto i suoi scopi, giorni dopo aveva saputo che questo Don Fernando stava per sposare Luscinda ma al momento del matrimonio era svenuta, trovando nel suo vestito un biglietto che diceva di amare Cardenio ma aveva detto che se non disobbediva ai suoi genitori e che aveva intenzione di uccidersi se non l'avessero lasciata stare con Cardenio, cosa è stato confermata dopo aver trovato anche un pugnale nel suo vestito. Dopo questo evento, Fernando si arrabbiò e tentò di uccidere Luscinda proprio lì, ma gli ospiti lo fermarono. Dorotea in modo tale che andò nella città dove si sposarono don Fernando e Luscinda e vi arrivò, e non trovando nulla, andò in montagna con un giovane dove lasciò la sua vita finché non trovò una soluzione al dolore che aveva . "La musica compone gli spiriti decomposti e allevia le opere che nascono dallo spirito". (Pag. 279, Dorotea) La musica è un tema di grande importanza nel romanzo, così come la rappresentazione di Cervantes nel suo romanzo di includere personaggi femminili volitivi. CAPITOLO 29 > MICOMICONA Quando Dorotea finisce di raccontare la sua storia , Cardenio le chiede: "Comunque, signora, cosa sei tu la bella Dorotea, l'unica figlia del ricco Clenardo?" Dorotea è sorpresa di sentire Cardenio menzionare suo padre e poi il giovane rivela che è l'uomo che Luscinda stava per sposare. Le racconta la sua storia e conclude: "Perché, supponendo che Luscinda non possa sposare don Fernando, perché è mia, o don Fernando con lei, perché è tua, e lei lo ha così manifestamente dichiarato, possiamo ben sperare che il cielo ripristinare ciò che è nostro…”. Sancio arriva e dice loro di aver trovato don Chisciotte quasi nudo, magro, giallo e affamato, e che gli ha detto che non voleva vedere Dulcinea finché non avesse compiuto grandi gesta che lo avrebbero reso degno della loro grazia. Il prete dice a Dorothea e Cardenio cosa avevano in programma per far scendere Don Chisciotte dalla montagna e Dorothea si offre di interpretare il ruolo della fanciulla bisognosa, come farebbe meglio del barbiere. Dorothea indossa un vestito di stoffa pregiata e gioielli che portava con sé, e tutti ammirano la sua bellezza quando la vedono vestita da gran dama, specialmente Sancio. Quando lo scudiero la vede, chiede al prete chi sia e lui risponde che è la principessa Micomicona, che sta cercando Don Chisciotte per vendicarsi di un gigante. Sancio chiede al prete di convincere don Chisciotte a sposare la principessa Micomicona affinché non voglia fare l'arcivescovo «perché sono inutile alla Chiesa», dice. Il prete risponde che farà quello che può e si rende conto che anche Sancho crede in tutta questa fantasia. Dorothea, montata sulla mula del prete, e il barbiere, travestito da una barba positiva ricavata dalla coda del bue, chiedono a Sancio di portarli da don Chisciotte, mentre il prete e Cardenio restano indietro. All'arrivo, Dorothea scende dalla mula, si inginocchia davanti a Don Chisciotte e gli dice: "Non mi alzerò di qui, o cavaliere valoroso e valoroso, è meraviglioso che la tua gentilezza e cortesia mi faccia un dono". . Gli chiede di aiutarla a vendicarsi di un traditore che ha usurpato il suo regno, e Don Chisciotte promette di difenderla, dopodiché prende le armi, sale a Rocinante e si prepara a lasciare le montagne. Sancho è felice perché crede che ora il suo padrone sposerà la principessa e diventerà come minimo il re di Micomicón. Ma il signorotto pensa che sia una terra africana così comincia a chiedersi se tutti i suoi vassalli saranno neri e gli viene in mente che potrebbe portarli in Spagna e venderli per così tanti soldi da poter spendere il resto della sua vita riposando. Intanto il prete taglia la barba a Cardenio e gli dona alcuni dei suoi vestiti affinché Don Chisciotte non lo riconosca. Quando il prete e Cardenio incontrano Don Chisciotte, il prete lo saluta a braccia aperte e lo chiama "Don Chisciotte della Mancia" invece di Alonso Quijano, il suo vero nome. Mentre discutono se il prete debba andare o meno a piedi, il barbiere cade dal mulo e di conseguenza gli cade la barba finta e deve coprirsi il viso con le mani per non essere riconosciuto. Il prete viene in suo aiuto e si rimette velocemente la barba, borbottando parole che dice essere una specie di incantesimo.. Don Chisciotte è molto impressionato e pensa che sia un miracolo, quindi chiede al prete di insegnargli questo incantesimo, poiché deve avere più applicazioni che incollare le barbe. Il prete promette di mostrarglielo. Dopo questo episodio, Don Chisciotte chiede al prete quale ragione lo abbia portato da quelle parti senza servi e con così poche cose. Il prete gli spiega che lui e il barbiere, mastro Nicolás, stavano andando a Siviglia quando li hanno derubati lungo la strada, rimuovendo tutto, anche le loro barbe, ed è per questo che il barbiere ha dovuto metterne una finta. Inoltre, aggiunge che i ladri non erano né più né meno che dei galeotti che qualcuno aveva liberato: «E il bello è che la fama è pubblica per tutti questi contorni che quelli che ci hanno saltato sono dei galeotti che dicono che lui liberò, quasi in questo stesso luogo, un uomo così coraggioso che, nonostante il commissario e le guardie, li liberò tutti; e, senza dubbio, doveva essere fuori di testa, o doveva essere un grande furfante come loro, o qualche uomo senz'anima e senza coscienza...». In precedenza, Sancio aveva raccontato al prete dei galeotti e ora il prete ne fa cenno per vedere come reagisce Don Chisciotte. Il cavaliere impallidisce e non ammette di essere stato lui a liberarli. CAPITOLO 30 > STORIA DI MICOMICONA> RITROVAMENTO DELL’ASINO Sebbene Don Chisciotte non voglia ammettere di avere qualcosa a che fare con i galeotti , che avrebbero rubato al prete e al barbiere, Sancio non esita a sciogliere la lingua e dice loro che è stato proprio il suo padrone a liberarli e che lui l'aveva avvertita che era una cattiva idea. Risponde don Chisciotte: "Gli stolti [...] cavalieri erranti non devono scoprire se gli afflitti, incatenati e oppressi che incontrano per le strade vanno per quella strada, o sono in quell'angoscia, a causa delle loro colpe, o per le sue grazie; deve solo aiutarli in quanto bisognosi, mettendo gli occhi sui loro dolori, e non sul loro male ". Vedendo Don Chisciotte così arrabbiato, Dorothea cerca di calmarlo e gli ricorda che ha un'altra avventura in sospeso. Il cavaliere chiede maggiori dettagli sulla sua disgrazia e Dorothea inizia a raccontare la sua storia. Cardenio e il barbiere si avvicinano per sentire cosa inventerà. All'inizio dimentica il suo nome fittizio, ma il prete lo aiuta a ricordare quel dettaglio importante. Dorotea gli dice di essere la principessa Micomicona, figlia del re Tinacrio el Sabidor (un incantatore che compare in diversi libri cavallereschi). Conoscendo qualcosa delle arti magiche, suo padre sapeva che lui e sua madre sarebbero morti, lei sarebbe rimasta orfana e un gigante di un'isola vicina gli avrebbe portato via il regno, a meno che la principessa non avesse accettato di sposarlo. Suo padre le disse che un cavaliere errante di nome Don Azote o Don Gigote poteva aiutarla. Sancho la interrompe per dire che si riferisce sicuramente a Don Chisciotte. Dorothea aggiunge di aver sentito tante storie su di lui appena sbarcato ad Osuna, a cui Don Chisciotte chiede come sia approdato lì se non è un porto o ha una costa. Il prete lo corregge e afferma che intendeva Malaga, non Osuna. Dorothea aggiunge che secondo la profezia, una volta che Don Chisciotte decapita il gigante, avrebbe sposato il cavaliere che l’avrebbe salvata. Sancho si emoziona, prende le redini del mulo di Dorotea per fermarla e si inginocchia davanti a lei per baciarle le mani. Don Chisciotte promette a Dorothea che la seguirà fino alla fine del mondo per mantenere la sua promessa di vendicarsi del gigante, ma che non può sposarla. Sancho protesta e gli dice che è fuori processo e che Dulcinea non raggiunge nemmeno la scarpa della principessa Micomicona. Quando don Chisciotte sente queste bestemmie contro Dulcinea, lo sgrida, tira fuori il suo cicerello e dà due bastoni a Sancio e lo scudiero cade a terra. Sancho risponde che se non sposa la principessa, che tipo di favori può farle? E per errore aggiunge che non sa quanto sia bella Dulcinea perché non l'ha mai vista, motivo per cui Don Chisciotte si arrabbia ancora di più e chiede come sia possibile se viene a darle un messaggio. Sancho risponde che non l'ha vista molto bene e il suo padrone lo perdona. Mentre discutevano videro giungere un uomo a cavalloo di un asino, Sancho si rese conto che era Gines e si rese conto che montava sul suo asino, Gines si era vestito da gitano per evitare di farsi riconoscere. Appena lo vide gli disse di lasciare il suo tesoro e di scappare. Alle prime parole di Sancho, Gines era già sceso dall’asino iniziando a trottare velocemente e scomparse dalla vista altrui. Sancho si avvicinò al suo asino e baciandolo e avvarezzandolo gli disse che era il suo compagno fedele.Dorothea consiglia a Sancio di baciare le mani di Don Chisciotte, di chiedergli perdono e di non parlare mai più male di Dulcinea. Nel frattempo, il prete e Cardenio parlano di quanto sia strano vedere con quanta facilità l'hidalgo creda a tutte queste storie. Tornando alla conversazione tra il cavaliere e il suo scudiero, Don Chisciotte chiede a Sancio maggiori dettagli sulla sua visita a Dulcinea. Sancho gli dice che non ha potuto consegnare la lettera perché l'ha dimenticata accidentalmente nel libro, ma che conosceva la lettera a memoria. Don Chisciotte gli chiede se ricorda ancora la lettera e Sancio risponde: "Se qualcosa mi ricorda, è quello della sobajada , voglio dire, della sovrana signora , e l'ultima cosa: tua fino alla morte, il Cavaliere della Triste Figura . E tra queste due cose metto più di trecento anime, e la mia vita e i miei occhi”. CAPITOLO 31 DQ e SP PARLANO DELLA LETTERA A DULCINEA + INTERVENTO DI ANDRES All'inizio del capitolo, Don Chisciotte chiede a Sancho di raccontargli maggiori dettagli sulla sua visita con Dulcinea. Il cavaliere suppone che Sancio l'abbia trovata a infilare perle o a ricamare con l'oro filato, ma il suo scudiero gli dice che stava solo facendo il grano. E quando chiede se ha fatto qualcosa di speciale con la lettera quando gliel'ha consegnata, come baciarla, Sancio risponde che gli ha semplicemente detto di lasciarla su un sacco fino a quando non ha finito il suo lavoro. Anche così, le risposte di Sancio non cambiano l'immagine di Don Chisciotte di Dulcinea e il cavaliere risponde: "Signora discreta! [...] Sarà perché lo ha letto lentamente e si è divertito con esso". Allora don Chisciotte le domandò se annusasse fragranze aromatiche, al che Sancio rispose che sentiva un "odore un po' virile; e doveva essere che lei, con molto esercizio, era sudata e un po' coriacea". Don Chisciotte non gli crede e gli dice che forse si stava annusando. Più tardi, quando Don Chisciotte vuole sapere cosa ha fatto quando ha letto la lettera, Sancio gli dice che non l'ha letta perché non sa leggere né scrivere, ma che era soddisfatto di ciò che Sancio gli ha detto sul suo contenuto e che davvero vuole vedere il suo cavaliere. Don Chisciotte gli chiede anche se gli ha regalato dei gioielli quando ha salutato, poiché è un'usanza molto antica nel mondo della cavalleria, ma gli ha dato solo pane e formaggio . Don Chisciotte suppone che sia andata così perché non aveva gioielli a portata di mano. L'unica cosa che sembra strana al cavaliere è che Sancio ha impiegato poco più di tre giorni per andare e venire, e Toboso è molto lontano. Tuttavia, ancora una volta Don Chisciotte aggiusta la storia in modo che non vi sia discrepanza tra la sua fantasia e la realtà, e suggerisce che un mago lo abbia aiutato a camminare più velocemente. La conversazione si sposta sulla Principessa Micomicona e Don Chisciotte dice a Sancho che intende mantenere la sua parola e tagliare la testa al gigante in modo che possa riconquistare il suo regno, ma che subito dopo andrà a trovare Dulcinea. Il suo scudiero pensa che debba essere fuori di testa perché vuole perdere l'opportunità di sposare la principessa ed ereditare il suo regno, ma Don Chisciotte gli composto per Clori, ma Camilla lungi dall’essere gelosa perché era a conoscenza del loro piano. Camila racconta tutto alla sua cameriera Leonela che usa queste informazioni per portare in casa di Camila ogni notte il suo amante, sapendo che se Camila avesse detto qualcosa ad Anselmo, lei gli avrebbe raccontato tutto del vero amore di Lotario per Camila. Un giorno Lotario vide uscire di casa di Camila un uomo e fin da subito pensò che si trattasse di un uomo che andava li per Camila, nulla gli avveva fatto pensare che si trattasse di Leonela. A questo punto, Lotario decide di vendicarsi e di raccontare la verità ad Anselmo. A questo punto Lotario gli propone un piano: di assentarsi due o tre giorni e nascondersi nel suo salottino dove vedrà Camila tradirlo, finalmente lui si sarebbe potuto vendicare. Infine, Lotario, pensò di informare Camilla, la quale gli disse che quell’uomo non era lì per lei ma per Leonela ed era molto triste per la sfrontatezza della sua governante. Quando Lotario e Camila si ritrovano di nuovo soli, lei gli racconta dell'amante di Leonela, e lui si rende conto del suo errore e le dice cosa ha detto ad Anselmo e cosa farà. Quindi escogita un piano per tradire suo marito. Quando Lotario appare nella stanza di Camila, lei, sapendo che suo marito si nasconde, fa un discorso in cui si lamenta di credere di aver fatto disonorare l'amico di suo marito con le sue affermazioni. Poi finge di voler scagliarsi contro Lotario con il pugnale, e infine si trafigge con il pugnale, facendo una ferita superficiale. Lotario è sorpreso dalla sua performance, ma è rassicurato vedendo che la ferita non è profonda. Anselmo rimane convinto della lealtà di Camila e sente anche nelle parole di Leonela che la ferita non è grave. CAPITOLO 30 > 5 VICENDA DEGLI OTRI > FINE DELLA STORIA DEL INDAGATORE INOPPORTUNO > POCO PLAUSIBILE All'inizio del capitolo, Sancho si precipitò fuori dalla soffitta dove riposava Don Chisciotte e interruppe la lettura del romanzo per annunciare che il suo padrone aveva pugnalato e decapitato il gigante, nemico della principessa Micomicona. Entrano tutti nella stanza e trovano Don Chisciotte vestito solo con una camicia e un berretto da notte, e sonnambulo, ma non con un gigante, ma con otri di vino. Il loro contenuto era stato sparso per tutta la stanza e, di conseguenza, l'oste si arrabbiò e colpì Don Chisciotte, che non si svegliò finché il barbiere non gli versò addosso una pentola di acqua fredda. Sancho non riesce a trovare la testa del gigante ma vedere il sangue che era sul pavimento, e conclude che la locanda è infestata. L'oste cerca di spiegargli che non era sangue, ma vino versato dagli , ma Sancio non vede ragione e può pensare solo alla contea che non erediterà se non trova la testa del gigante. Sancho da sveglio si trovava in condizioni peggiori del suo padrone addromentato: le promesse fattegli dal suo padrone lo avevano ridotto in uno stato di disordine mentale. Don Chisciotte crede di aver mantenuto la sua promessa, si inginocchia davanti alla principessa Micomicona (Dorotea) e le dice che il gigante non potrà più fargli del male. Tutti ridono tranne l'oste e sua moglie, che sono arrabbiati per tutto ciò che è costato loro il soggiorno di Don Chisciotte e Sancio, tra gli otri e la prima visita quando si sono rifiutati di pagare il loro alloggio. Il curato placò gli animi, dicendogli che lo avrebbe ripagato di tutti i danni. Dorotea cercò di consolare Sancho, dicendogli che se fosse vero che il suo padrone avrebbe tagliato la testa al gigante, lei una volta a casa gli avrebbe regalato una grande contea. Dopo questo episodio, il sacerdote torna a leggere il romanzo dell’Indagatore inopportuno. Dopo che Camila finge di tentare il suicidio, Anselmo crede di avere una moglie onesta e Lotario smette di visitare la coppia. Una notte, Anselmo sente dei rumori dalla camera di Leonela, e quando entra per vedere cosa sta succedendo, l'amante della cameriera scappa dalla finestra. Anselmo minaccia Leonela con un pugnale e, per salvarsi dalla sua ira, Leonela promette di raccontarle cose la mattina dopo che potrebbero interessarla molto. Senza immaginare che questa informazione possa riguardare Camila, Anselmo racconta alla moglie l'accaduto e Camila inizia a temere che Leonela gli racconti della sua infedeltà. Ha tanta paura che quando il marito si addormenta, scappa di casa e va da Lotario per chiedergli di nasconderla. Lotario la lascia in un monastero e lascia la città. La mattina dopo Anselmo si sveglia e non trova né Leonela, scappata dalla finestra, né sua moglie. Quando scopre che Camila indossava i suoi gioielli, comincia a rendersi conto che Camila non è così onesta e va in cerca di Lotario per raccontargli cosa è successo ma lui non c'è, e i suoi servi gli dicono che è uscito di notte portando con sé tutti i suoi i soldi. Tornato a casa, scopre che tutti i suoi servi se ne sono andati, si rende conto di aver perso tutto e inizia a perdere la testa. Anselmo va nel paese dell'amico e per strada incontra un uomo che gli racconta i pettegolezzi della città: quel Lotario è scappato con Camila. Stanco e malato, quando arriva alla casa del villaggio, va in camera e va a letto. Poche ore dopo, entra il padrone di casa e trova Anselmo morto con la penna in mano e un foglio su cui aveva scritto: «Un desiderio sciocco e impertinente mi ha tolto la vita. sappiate che la perdono, perché non era obbligata a fare miracoli, né avevo bisogno di volerli che li facesse; e siccome sono stato io l'artefice della mia disgrazia, non c'è ragione...». Poco dopo, Lotario muore sul campo di battaglia e Camila muore in convento. Alla fine del romanzo, il prete dice che la storia gli sembra buona, ma poco credibile: "[...] Non riesco a convincermi che sia vero; se è falso, l'autore ha fatto finta male, perché tu non può immaginare che un marito così sciocco, che vuole fare un'esperienza così costosa come Anselmo”. CAPITOLO 36> INCONTRO TRA LUCINDA, CARDENIO, DON FERNANDO E DOROTEA In mezzo a tutte le sciocchezze, arrivarono 4 uomini a cavallo e con targhe militari, con loro c’era una donna vestita di bianco, che l'oste gentilmente ricevette come una fortuna del destino. Man mano che questi si avvicinavano, si creò un'atmosfera di curiosità tra coloro che erano già alla locanda quando osservarono lo strano aspetto che avevano. Gli uomini scesero da cavallo, mostrano un bell’aspetto e garbate maniere e andarono ad aiutare la donna a scendere dalla sua cavalcatura, intanto Cardenio era andato a nascondersi. In tutto questo tempo gli uomini non avevano tolto le mascherine né avevano proferito parola, solo la donna, una volta seduta, emise un profondo sospiro e lasciò cadere le braccia, come persona malata e affaticata. Quando il curato vide ciò, impaziente di sapere chi fossero quelle persone, andò nella stalla a chiedere informazioni ad un garzone, il quale rispose che non sapeva chi fossero, ma sapeva soltanto che gli sembravano delle persone molto importanti in particolare colui che ha preso in braccio quella donna, diceva questo perch tutti gli altri gli portano rispetto e seguono i suoi ordini. Perciò il prete ancora più curioso gli chiese chi fosse la strana donna che era venuta con loro e il garzone gli diede la seguente descrizione: nemmeno questo sapeva dirgli, perché non le aveva mai visto il volo, ma durante tutto il viaggio sospirò molte volte e anche emetteva gemiti come se fosse sul punto di morire. La descrizione che il garzone fa della donna è misteriosa e strana poiché non dice nulla di concreto solo che appare in pessime condizioni. Intanto, Dorotea si avvicinò alla donna chiedendole di che male soffrisse, ma la donna non le rispondeva, soltanto emetteva sospiri profondi, fino a quando intervenne colui a cui tutti gli altri davano ascolto dicendogli di non prendersi fastidio, perché questa donna aveva la caratteristica di non apprezzare nulla che gli venisse offerto e di non cercare di avere qualche risposta da lei perché non potrebbe che ricavare delle menzogne. La donna a sua volta rispose che mai le aveva dette e anzi proprio per essere stata lontana dai raggiri ora si ritrovava in questa disgrazia. Cardenio udì le parole molto chiaramente e appena le ascoltò non credeva a ciò che stava udendo. A queste grida la signora si voltò tutta agitate non potendo vedere chi aveva parlato, si alzò in piedi e fece per aprire la porta ma non appena il cavaliere si rese conto delle sue intenzioni la fermò. A causa del turbamento e dell’agitazione , alla donna cadde il taffettà che le copriva il volto, mostrando una bellezza incomparabile e un viso meraviglioso, sebbene pallido e spaventato. Il cavaliere stringendole forte le spalle, la teneva bloccata e avendo le mani impegnate non riuscì atrattenere la maschera che gli cadde. Dorotea nel vederlo svenne completamente nelle braccia del barbiere. Don fernando non appena la videe la riconobbe con il volto scoperto restò come morto, ma nonostante ciò non allentò la presa su Lucinda . Cardenio fu subito riconosciuto da don Fernando e intanto i tre restarono sconcertati dall’accaduto. ed è così che inspiegabilmente queste storie di tali personaggi si sono unite in questa locanda in cui si sono verificate e si verificheranno molte situazioni. In questo modo l'episodio si conclude con l'incontro dei personaggi e la loro lunga conversazione che hanno in cui si disputano il loro passato e le disgrazie che ognuno ha causato a tutti. CAPITOLO 37 SP SCOPRE CHE MICOMICONA NON ESISTE > INIZIO DISCORSO ARMI E LETTERE Sancho Panza è deluso perché si rende conto che la principessa Micomicona è in realtà Dorothea e tutte le aspettative sul suo futuro svaniscono. Quando Don Chisciotte si sveglia, gli spiega la situazione confusa. Mentre indossa la sua armatura, il prete racconta a Don Fernando ea quelli con lui le follie dell'hidalgo e il piano che avevano escogitato per tirarlo fuori dalla sua penitenza in montagna. Dice loro anche che ora dovranno pensare a un nuovo piano, ma Fernando si oppone e chiede a Dorothea di continuare a recitare il ruolo della principessa fino a quando non riusciranno a riportare a casa l'hidalgo. Don Chisciotte si presenta nel suo vestito pazzo e racconta a Dorothea ciò che il suo scudiero gli ha rivelato. Spiega anche che se suo padre ha cambiato la sua identità per paura, deve sapere che non è un compito difficile per lui sconfiggere un gigante. Dorotea risponde che non ha smesso di essere quella che era, anche se è vero che le sono accaduti degli eventi favorevoli e propone che il giorno dopo riprendano il viaggio. Don Chisciotte si arrabbia con Sancio e cerca di spiegargli che ha rotto gli otri quando pensava di combattere con il gigante, ma non gli crede. Don Fernando termina la discussione e decide che il giorno dopo tutti accompagneranno l'hidalgo nel viaggio. Poi viene alla locanda un uomo, i cui vestiti sembrano provenire dalle terre dei Mori, con una donna con il volto coperto e abiti moreschi. Alla locanda le dicono che non c'è posto per loro dove stare, ma Dorothea, vedendo il dolore della donna, le dice che può condividere la sua stanza con lei e Luscinda. Lei ringrazia con un gesto e ma non parla, quindi le donne danno per scontato che non parli “cristiano”. Il prigioniero, l'uomo che l'accompagna, dice loro che non parla la loro lingua. Luscinda spiega che le hanno offerto la loro compagnia e parte della stanza dove andranno a dormire, e che lo hanno fatto a causa dell'obbligo di servire gli stranieri che si trovano in situazioni sfavorevoli. Il prigioniero ti ringrazia molto. Dorothea gli chiede a quale religione appartiene la donna e lui risponde che è moresca, ma che ha un grande desiderio di essere cristiano. Poi chiede alla donna di scoprirsi il viso e il prigioniero lo traduce in arabo. La mora lo fa ei presenti sono sorpresi dalla bellezza del suo viso. Fernando chiede alla donna il suo nome e lei, sentendo che il prigioniero risponde "Zoraida ”, lo nega ed esclama che il suo nome è María. Luscinda l'abbraccia e si siedono tutti a mangiare allo stesso tavolo. Mentre cenano, Don Chisciotte è motivato e vuole parlare, come ha fatto nell'occasione in cui ha mangiato con i pastori, e inizia un discorso su armi e lettere. Afferma che i primi sono superiori ai secondi, e che coloro che dicono il contrario sono confusi, credendo che l'esercizio dell'uno sia corporale e l'altro sia spirituale. Spiega che per sconfiggere i nemici hai bisogno di più della forza del corpo, quindi l'esercizio delle braccia richiede anche lo spirito. Poi mette a confronto gli scopi perseguiti dalle armi e dalle lettere, limitando quest'ultime a quanto attiene al diritto. Coloro che affermano che le lettere sono superiori alle armi non sanno ciò che dicono. I testi cercano di comprendere le leggi e farle rispettare, mentre le armi perseguono un fine più alto degno di lode: la pace, che è il bene più grande che gli esseri umani possano desiderare. Mette a confronto anche gli sforzi fisici a cui deve sottostare chi esercita l'una e l'altra attività. Chi ascolta è curioso del discorso di Don Chisciotte e nessuno crede che siano le parole di un pazzo. Poi inizia a parlare della vita degli studenti (che si dedicano alle lettere), mostrando i sacrifici a cui li conduce la povertà, come la mancanza di cibo, il poco vestiario e lo scarso riscaldamento, sebbene molti di loro, grazie a i loro studi, raggiungono una vita piena di agi e lussi. CAPITOLO 38> IL DISCORSO SULLE ARMI E SULLE LETTERE Don Chisciotte continua il suo intervento confrontando la professione dei soldati con quella degli avvocati. Inizia descrivendo le terribili condizioni di vita a cui sono sottoposti i primi, anche peggiori di quelle degli avvocati, che aveva descritto in precedenza. Oltre a morire di fame, essere esposti alle peggiori condizioni atmosferiche e dover dormire per terra, rischiano la vita e gli arti in ogni battaglia. Inoltre, spesso, quando le battaglie sono finite, la loro ricchezza non aumenta. D'altra parte, sebbene i difensori delle lettere sostengano che anche le guerre hanno bisogno delle loro leggi, le leggi si sostengono in definitiva con le armi, poiché con esse si difendono repubbliche, regni e città. Inoltre, sostiene don Chisciotte, la paura che i soldati soffrano quando rischiano di perdere la vita non può essere paragonata a quella che può avere uno studente a causa delle loro deficienze. E inoltre, è un fatto appurato quello di avere in grande considerazione qualcosa che ci è costato sacrifici: riuscire a ottenere un grado elevato nelle lettere costa molto tempo e sacrifici; ma riuscire a diventare, con i propri mezzi, un soldato di prim’ordine è altrettanto faticoso, e in misura ancor maggiore perché c0è il rischio di morire in battaglia. finge di essere svenuta e lui finge di tenerla. Il padre arriva e crede che sua figlia si sia ammalata a causa dell'incidente con i turchi. Entrano in casa e il prigioniero viene lasciato a ispezionare il giardino e gli ingressi e le uscite della casa, fingendo di cercare le erbe. Il venerdì sera concordato, il prigioniero arriva in giardino ei cristiani lo attendono, nascosti, che andranno a remare sulla barca, proprio come hanno concordato. Il rinnegato, con l'aiuto dei cristiani, lega i mori che erano con lui nella barca e li costringe al silenzio. Poi il prigioniero con il rinnegato e alcuni cristiani entrano nella casa di Agi Morato. Zoraida li aspetta e dice loro che suo padre sta dormendo e di non fargli niente, ma Agi Morato si sveglia e sono costretti a legarlo e portarlo con loro sulla barca. Spiegano a Zoraida che lo libereranno nella prima terra cristiana che raggiungeranno e lei rimane soddisfatta. Avanzano in barca con condizioni sfavorevoli e dicono ai Mori e ad Agi Morato che non sono prigionieri e che li libereranno. Il padre di Zoraida piange e si stupisce nel vedere che sua figlia è vestita bene e piena di gioielli. Il rinnegato gli dice che è una cristiana e che è lì di sua spontanea volontà. Lei lo conferma e il padre, deluso, si getta in mare, ma gli uomini riescono a salvarlo. Quindi arrivano in una baia e liberano i Mori e il padre di Zoraida. Maledice sua figlia, si lamenta e infine la prega di tornare. Zoraida è molto dispiaciuta ma rimane ferma nel suo proposito. La barca si allontana dalla costa. Poi attraversano una barca francese e quelli che ci vanno chiedono chi sono. Il rinnegato dice a coloro che vanno con lui di non rispondere, perché teme che gli altri siano corsari. Di fronte al loro silenzio, i francesi iniziano a sparare e la barca si rompe e comincia ad affondare. I francesi salgono su una barca per aiutarli e poi prendono i loro gioielli e lasciano che continuino il loro viaggio con quella barca. Finalmente arrivano in Spagna. Un pastore vede i costumi moreschi che hanno Zoraida e il rinnegato e grida di allarme. Arriva la cavalleria dalla costa e uno di quelli che sono venuti con il prigioniero riconosce un suo zio tra i cavalieri. Si butta ad abbracciarlo perché lo credeva morto. Sono accolti felicemente nel villaggio. Allora Zoraida e il prigioniero vanno alla casa di suo padre. Il prigioniero non sa quali notizie troverà nella sua terra, dal momento che da anni non ha più notizie dei suoi parenti. CAPITOLO 42: Che riguarda cos'altro è successo alla locanda e molte altre cose che vale la pena sapere Don Fernando esprime ammirazione per la storia del capitano prigioniero. Allora tutti offrono il loro aiuto e il figlio del duca gli dice che suo fratello Marchese potrebbe essere il padrino del battesimo di Zoraida . Il prigioniero lo ringrazia ma rifiuta l'offerta. Poi viene messo in vendita un ascoltatore. Nonostante non ci siano più posti letto disponibili, l'oste lo riceve lo stesso, perché lui porta il suo, e lei gli darà la sua stanza. Arriva con una bellissima giovane donna, che è sua figlia. Viene deciso che dormirà nella stanza con le altre donne. Il prigioniero crede di riconoscere suo fratello nell'oidor e lo conferma quando i suoi servi gli dicono che si chiama Juan Pérez de Viedma ed è originario delle montagne di León. Il prigioniero chiede consiglio a don Fernando, Cardenio e al prete, per vedere come presentarsi. Poi il prete si offre di presentarli. Mentre cenano, il sacerdote racconta all'Oidor che a Costantinopoli aveva incontrato un capitano con lo stesso cognome, Ruy Pérez de Viedma , che era molto coraggioso e aveva perso la libertà nella battaglia di Lepanto. Poi racconta la stessa storia che il prigioniero aveva precedentemente raccontato loro, fino al momento in cui la nave francese assalta i fuggitivi. Mentre parla, il prigioniero guarda da vicino suo fratello. Dopo che il prete finisce la storia, l'ascoltatore, con le lacrime agli occhi, gli dice che il capitano è suo fratello. Racconta brevemente cosa è successo a lui ea suo fratello in quel momento. Aveva fatto una grande fortuna in Perù e aveva inviato loro dei soldi. Aveva potuto dedicarsi agli studi e aveva raggiunto la posizione di ascoltatore. Dice anche che suo padre prega continuamente Dio che la morte non chiuda gli occhi prima di aver visto vivo il figlio maggiore. L'oidor è sorpreso che suo fratello non abbia scritto loro, perché la sua famiglia avrebbe potuto pagare i soldi per il suo riscatto e si rammarica di non aver più avuto sue notizie e di non essere a conoscenza del suo destino. È anche grato a Zoraida, per il bene che ha fatto a suo fratello. Il prete va poi a cercare Zoraida e il prigioniero, e li presenta all'ascoltatore dicendogli che sono suo fratello e sua cognata. L'ascoltatore guarda attentamente il fratello e, dopo averlo riconosciuto, lo abbraccia e dice tante parole che dimostrano il suo affetto. Abbraccia anche Zoraida e offre a entrambi la sua fattoria. Il prigioniero e suo fratello decidono che andranno a Siviglia e comunicheranno al padre che ci saranno le nozze e il battesimo di Zoraida. Vanno tutti a letto e Don Chisciotte si offre di custodire le porte di quello che pensa sia un castello. Chi lo conosce lo ringrazia e poi racconta all'oidor la follia dell'hidalgo. CAPITOLO 43: Dove viene raccontata la piacevole storia del conduttore di muli, con altri strani eventi nella vendita avvenuta Prima dell'alba, la voce di chi canta molto bene arriva alle orecchie delle donne. Cardenio va alla porta della loro stanza per suggerire di ascoltare il canto di un mulattiere, e Dorothea gli dice che stanno già ascoltando. Il cameriere mulo canta una canzone in cui confronta la sua storia d'amore con la vela sul mare e la sua amata con una stella splendente. Dorotea sveglia Clara per ascoltare la canzone, ma se ne pente perché conosce il musicista. Spiega che non è un conduttore di muli ma un signore feudale, ed entrambi sono innamorati l'uno dell'altro. Il musicista canta una nuova canzone d'amore e Clara si copre le orecchie e comincia a singhiozzare. Dorothea chiede cosa sta succedendo e lei, parlandogli all'orecchio, risponde che il musicista è un cavaliere del regno d'Aragona, che abitava davanti alla casa del padre. Le aveva mostrato di essere innamorato, ma non avevano mai avuto la possibilità di parlare. Un giorno il padre decide di partire e lei parte senza poter salutare il giovane. Poi fugge dalla casa paterna e la segue travestito da mulattiere. Dorothea dice a Clara che all'alba l'aiuterà a risolvere la faccenda, ma non crede che sia possibile poiché il padre del gentiluomo è un uomo molto ricco e non permetterebbe al figlio di sposarla. Intanto la figlia dell'oste e Maritornes vogliono prendersi gioco di Don Chisciotte, che fa la guardia all'ingresso della locanda, a cavallo e con indosso la sua armatura. Si trovano nel foro nel muro del fienile attraverso il quale passa la paglia, che conduce all'ingresso della vendita. Da lì sentono l'hidalgo, dando sospiri, proclamare il suo amore per Dulcinea. Poi la figlia dell'oste lo chiama. Don ChisciotteSi avvicina al buco, pensando che sia una finestra e, credendo che quella che lo chiama sia la figlia del proprietario del castello, la stessa che l'aveva visitata l'ultima volta nella sua stanza, gli dice che non è possibile ricambiare il suo amore, perché è fidanzato con Dulcinea. Maritornes le chiede di dargli la mano e, mentre lui sta sulla sella di Rocinante per alzare la mano alla buca, lei va alla stalla e prende la corda con cui è legato l'asino di Sancho Panza. Quindi lega il polso del signore con un'estremità di quella corda e fissa l'altra alla porta della stalla. Lei e la figlia del locandiere partono e lasciano legato Don Chisciotte. Si immagina incantato e si maledice per essere tornato in quel castello. All'alba quattro uomini a cavallo arrivano alla vendita e bussano alla porta. Don Chisciotte, che è ancora di guardia, dice loro con arroganza di andarsene, poiché la fortezza non apre le sue porte se non più tardi. Discutono con l'hidalgo se il posto è un castello o una locanda, e poi continuano a bussare alla porta finché il locandiere non li apre. In quel momento, uno dei cavalli degli uomini si avvicina a Rocinante, e lui, annusandolo, si allontana e lascia cadere il suo padrone. Don Chisciotte è sospeso in aria, tenuto per il polso. CAPITOLO 44: Dove continuano gli eventi inauditi della locanda Don Chisciotte si mette a urlare e Maritornes va al pagliaio e lo slega. L'oste e gli altri uomini che erano lì vanno a vedere cosa succede e l'hidalgo sfida chiunque neghi di essere stato incantato. L'oste spiega loro la follia dell'hidalgo. Chiedono un giovane di non più di quindici anni vestito da mulattiere. Il locandiere non ricorda di averlo visto, ma gli uomini sanno che è lì, perché riconoscono l'auto dell'ascoltatore che sanno che il giovane sta seguendo. L'hidalgo è furioso perché gli uomini hanno ignorato la sua sfida. Uno degli uomini trova il giovane nel recinto che dorme accanto a un mulattiere e anche lui vestito da mulattiere. Lo sveglia e gli parla di "Don Luis". Gli dice che suo padre è sconvolto per la sua assenza e che lo riporteranno a casa. Il mulattiere che gli sta accanto, visto che è trattato come un "don", va alla vendita e racconta a chi è lì tutto quello che è successo. Dorotea racconta a Cardenio la storia del musicista e di Clara. Poi gli uomini con Don Luis vanno in vendita. L'oidor chiede loro cosa stia succedendo e uno degli uomini, riconoscendolo come suo vicino, lo informa che Don Luis è scappato di casa indossando abiti inadatti al suo rango. L'oidor riconosce il giovane, lo abbraccia e lo porta in un luogo appartato per chiedergli cosa gli sia successo. Nel frattempo, l'oste iniziò a litigare con alcuni ospiti che volevano andarsene senza pagare. L'oste e sua figlia chiedono aiuto a Don Chisciotte, ma questi si rifiuta di agire fino a quando non ottiene l'autorizzazione dalla principessa Micomicona. Lei accetta e l'hidalgo si prepara a combattere gli uomini, ma poi si rende conto che non può combattere contro di loro perché non sono cavalieri e chiede loro di chiamare il suo scudiero. Maritornes, l'oste e sua figlia si disperano per questa situazione. Don Luis dice all'oidor che è lì perché ama sua figlia e vuole sposarla. L'ascoltatore è sorpreso e gli dice di non tornare a casa fino a domani, e che cercherà di risolvere la questione nel miglior modo possibile. Gli ospiti, persuasi dal signore, pagano il padrone di casa per il loro soggiorno. Venne allora alla vendita il barbiere al quale don Chisciotte aveva preso il catino e Sancio Panza, il sartiame dell'asino. Quando entra nella stalla, trova quest'ultimo e, trattandolo come un ladro, gli chiede di restituire le sue cose. Lo colpisce con il pugno in bocca e il barbiere inizia a gridare aiuto. Sancho gli dice che il suo padrone ha vinto il suo bottino in una "buona guerra" e Don Chisciotte, che lo ascolta, è stupito e si propone di farlo cavaliere non appena ne ha la possibilità. Il barbiere spiega che il suo pacchetto e la bacinella sono stati rubati. Don Chisciotte nega questo, dicendo che gli ha tolto l'elmo di Mambrino in una guerra giusta, e che ha autorizzato il suo scudiero a tenere i finimenti del suo cavallo, anche se non sa come sono diventati un branco. Per confermare le sue parole, chiede a Sancho di portare l'elmo. Lo fa con sospetto. Don Chisciotte prende il catino e dichiara che è l'elmo che ha vinto. Il suo scudiero lo sostiene, e afferma che il "basiyelmo" difendeva l'hidalgo dalle pietre di quelli in catene. CAPITOLO 45: Dove è stata appena scoperta la questione dell'elmo di Mambrino e del branco, e altre avventure accadute, in tutta verità Il barbiere chiede a coloro che sono presenti alla vendita cosa pensano di ciò che afferma il signore, credendo con tutta evidenza che sia sbagliato. Don Chisciotte sfida chi lo contraddice. Il barbiere che è amico di questo, e che è presente alla vendita, conoscendo la follia del signore, sostiene il suo punto di vista per divertimento. Così fanno gli altri. Riguardo al pacchetto, Don Chisciotte non nega che lo sia e afferma che in quella vendita si verificano incantesimi, quindi non osa affermare nulla sulle cose in esso contenute. Si decide di fare un voto tra i presenti sulla natura dell'oggetto, e la maggioranza sostiene che il branco è un haez. Tre quadriglieri vanno in vendita. Uno dei servi del padre di don Luis esprime il suo stupore per quanto deciso nella votazione perché vede chiaramente il contrario. Uno della squadra lo difende e Don Chisciotte lo insulta e cerca di colpirlo alla testa con il suo cicerello. Quindi gli altri della banda di Santa Hermandad e l'oste affrontano l'hidalgo e coloro che lo difendono, e ne consegue un grande caos. Don Chisciotte chiede a tutti di calmarsi, ripete che la vendita è incantata e dice all'ascoltatore e al prete di fare pace. Lo fanno. Quando tutti sono tranquilli, l'oidor parla con Don Fernando, Cardenio e il prete chiedendo loro di consigliarlo su cosa fare della vicenda di Don Luis. Don Fernando propone di portare Don Luis in Andalusia, in modo che possa vedere suo fratello, il marchese. Uno dei membri dell'equipaggio conferma che Don Chisciotte è l'uomo che la Sacra Confraternita aveva mandato ad arrestare per il rilascio degli schiavi della galera. Poi lo prende per il collo e lo accusa di essere un bandito. Don Chisciotte a sua volta afferra la squadra per il collo ed entrambi rimangono così finché Don Fernando non li separa. I membri della banda lo accusano nuovamente di rapina in autostrada e lui ride, li tratta come ignoranti per non conoscere le regole della cavalleria errante, e li chiama "rapinatori di autostrada autorizzati dalla Santa Confraternita" (p. 339). CAPITOLO 46: Della straordinaria avventura dei quadrilleros e della grande ferocia del nostro buon cavaliere Don Chisciotte. Il prete spiega ai membri della banda che l'hidalgo è pazzo e riesce a convincerli a non arrestarlo. Essi, come membri della Giustizia, mediano nella causa di Sancio e del barbiere e riescono a lasciarli soddisfatti. Il prete dà al barbiere otto reales come pagamento per il catino, senza che Don Chisciotte lo sapesse. Anche la questione tra Dona Clara e Don Luis è risolta. Tre dei servi del padre tornano a casa sua e viene deciso che il quarto accompagnerà Don Luis in Andalusia. Il locandiere chiede il pagamento delle pelli rotte dall'hidalgo e del vino sprecato, e Don Fernando paga il debito. Quindi, tutti rimangono calmi. Don Chisciotte vuole partire di lì per mantenere la promessa che ha fatto alla principessa Micomicona, e le dice di chiederle di non ritardare più nella vendita. Lei è d'accordo ed è pronto a partire, quando Sancho afferma che la presunta principessa non è tale e che l'ha vista baciarsi segretamente con uno degli uomini Critica anche la composizione di questi libri, perché i loro elementi non formano un'unità coerente, e li confronta con una chimera, un mostro mitologico la cui testa era quella di un leone, il busto di una capra e la coda di un drago. Nella sua argomentazione possiamo vedere uno dei principi estetici che vengono enunciati nell'Arte Poetica di Horacio: “insomma, qualunque cosa tu stia cercando di fare è almeno semplice e unica” (v. 23, p. 21); «Il mezzo non differisca dal principio e la fine dal mezzo» (v. 152, p. 33). Ciò a sua volta riprende un'idea presente nella Poetica di Aristotele (1451a): la favola deve rappresentare un'azione, un tutto completo, con i suoi vari incidenti così strettamente correlati che la trasposizione o l'eliminazione di uno di essi distorce o disloca il tutto. In effetti, anche in Don Chisciotte , parodia dei libri cavallereschi, vediamo che molte storie si alternano, il che sfugge al precetto di rappresentare una singola azione. Il capitolo 48 presenta una discussione sulle commedie. Il canone critica che nella nuova commedia le unità di tempo e luogo, stabilite nella Poetica, non siano rispettatedi Aristotele. La prima di esse, l'unità di tempo, fissava lo svolgimento dell'azione in un tempo massimo di ventiquattro ore. Il secondo indicava che l'azione doveva svolgersi in un unico spazio. Riguardo al primo, il canone dice: "Perché quale più grande sciocchezza può essere nel soggetto che stiamo cercando di fare che lasciare un bambino nelle coperte nella prima scena del primo atto, e nel secondo uscire già barbuto uomo?" (pag. 355). E riguardo al secondo: “Che dire, allora, dell'osservanza che osservano nei tempi in cui le azioni che rappresentano possono o potrebbero accadere, ma ho visto commedie che il primo giorno è iniziato in Europa, il secondo in Asia il terzo finiva in Africa, e anche, se fosse stato di quattro giorni, il quarto sarebbe finito in America, e, quindi, sarebbe stato fatto in tutte e quattro le parti del mondo?" (pag. 355). In questo, il canonico concorda con le critiche dei precettisti neo-aristotelici del tempo di Cervantes, che condannavano la mancata osservanza delle unità aristoteliche nelle nuove commedie. Allo stesso modo, il canone critica la mancanza di adattamento dei personaggi alle regole del decoro, cioè l'adattamento del comportamento dei personaggi alle loro rispettive condizioni: lacchè retorico, un paggio consigliere, un re ganapan e una principessa mop? " (pag. 355). Lope de Vega, contemporaneo di Cervantes e con il quale ebbe una nota rivalità, è uno dei drammaturghi che rifiutarono questi precetti. Così lo vediamo nel suo saggio New Art of Making Comedies in This Time, presentato nel 1609. Lì stabilisce nuove regole per fare teatro, ritenendole più appropriate per il suo tempo. Inoltre, si confronta apertamente con il precetto delle tre unità aristoteliche. Rifiuta soprattutto di rispettare le unità di tempo e di luogo, poiché per lui l'azione non può essere contenuta nella ristrettezza di un solo giorno e di un solo luogo. Lope propone anche che gli argomenti e le loro evoluzioni siano quelli che segnano il genere dell'opera (commedia o tragedia) e non il rango sociale dei suoi personaggi, che va contro le regole del decoro. È sorprendente che tra le opere eccezionali citate dal canone vi sia Ingratitude Avenged di Lope de Vega. Donald McGrady sostiene che questa potrebbe essere “una delle sue più feroci punture” (p. 128) contro il suo rivale, poiché quest'opera ha elementi chiaramente autobiografici che mostrano una visione negativa dello stesso Lope de Vega. Così, il canone dice dell'opera: "Sì, l' ingratitudine vendicata non era una sciocchezza " (p. 355). Il canone cita anche tra le opere di spicco una tragedia dello stesso Cervantes: Numanci CAPITOLO 49: Dove si tratta della discreta conversazione che Sancho Panza ebbe con il suo signore Don Chisciotte? Sancho spiega a Don Chisciotte che se fosse incantato non avrebbe i bisogni che ha, e risponde che i tipi di incantesimo cambiano nel tempo. Lo scudiero insiste e gli suggerisce di cercare di uscire dalla gabbia. L'hidalgo accetta, e poi il primo parla con il prete per liberarlo, spiegandogli che il suo padrone deve liberarsi. Il prete acconsente e lo rilasciano. La prima cosa che fa Don Chisciotte è stendersi e andare a parlare con il suo cavallo Rocinante. Il canonico, meravigliandosi della follia dell'hidalgo, gli chiede come sia stato possibile che i libri cavallereschi lo abbiano portato allo stato in cui si trova e come possa esserci comprensione umana che crea le bugie che questi libri contengono. Aggiunge anche che quando si rende conto del contenuto di quei libri ha voglia di bruciarli, e che meritano quella punizione per essere falsi e far credere agli ignoranti tante sciocchezze. Infine, ti consiglia di cambiare la lettura di questi libri con altri più utili. Don Chisciotte lo ascolta con attenzione e mostra di comprendere punto per punto ciò che gli dice il canone. Tuttavia, lo accusa di mancanza di giudizio per le bestemmie che ha pronunciato contro i libri cavallereschi. Afferma anche che non c'è ingegno al mondo che possa pensare che le storie che contengono siano una menzogna, e che meriterebbero la stessa punizione che darebbe ai libri per negarlo. Quindi fa un lungo elenco di personaggi e imprese, alcuni dei quali sono finzioni e altri sono reali. Il canonico è sorpreso dal modo in cui Don Chisciotte mescola i fatti fittizi con quelli reali e spiega quali cose crede siano vere e quali no. Alla fine gli dice che non approva che un uomo onesto come lui e di così buona intelligenza creda che tutte le sciocchezze che raccontano i libri cavallereschi siano vere. CAPITOLO 50: Dei discreti alterchi che ebbero Don Chisciotte e il Canonico, con altri eventi Don Chisciotte continua la sua difesa dei libri cavallereschi davanti al canonico. In primo luogo, si noti che sono stampati con la licenza dei re e che vengono letti da persone di tutte le età e classi sociali. Poi si chiede se il loro contenuto possa essere falso, poiché narrano punto per punto le vite e le gesta dei cavalieri. Narra poi la possibile trama di un libro cavalleresco, con descrizioni dettagliate. Immagina che il cavaliere attraversi un lago bollente, oltre il quale c'è un luogo tranquillo, delle fanciulle e un castello dove siede a mangiare leccornie e dove dimora una fanciulla incantata. Quindi raccomanda al canonico di leggere questi libri e gli dice che l'esercizio della cavalleria errante lo ha reso più virtuoso. Dice anche che in breve tempo spera di essere re, per mostrare la sua gratitudine e liberalità. Sottolinea inoltre che il povero non può mostrare liberalità, anche se la possiede, né può fare cose in segno di gratitudine, e che desidera essere imperatore per fare del bene ai suoi amici, specialmente a Sancho Panza, a cui vuole dare alla contea quello che ha promesso. Sancho afferma che saprà come governare la contea, o che la affitterà a qualcuno che la governi per lui, e poi ignorerà tutto e si godrà l'affitto. Il canonico lo avverte che può lasciare l'amministrazione nelle mani di un altro, ma non la giustizia, e per questo è importante avere abilità e buon senso. Sancio risponde che non capisce la filosofia, ma che ha anima e corpo per governare come chiunque altro, che essendo re farà le cose che vuole, sarà felice e non avrà altro da desiderare. Don Chisciotte aggiunge di essere guidato da ciò che fece Amadís de Gaula, che fece contare il suo scudiero su un'isola. Il canonico è sorpreso dalle sciocchezze che dicono Don Chisciotte e il suo scudiero. Poi tutti si siedono a mangiare sull'erba all'ombra di alcuni alberi. Sentono dei rumori, e una bella capra esce dal sottobosco. Un pastore la segue e le ordina di fermarsi e tornare dove si trova la mandria. La capra arriva dove stanno mangiando gli altri e si ferma. Il capraio la prende per le corna e le parla, chiamandola "Macchiata", e come se l'animale capisse. Gli dice che poiché è una donna, non ha pace, perché è così che è la sua condizione. Il canonico lo rassicura e gli offre da mangiare e da bere. Ringrazia e dice loro che non vuole essere preso per matto, e che sebbene sia "rustico", sa come trattare uomini e animali. Il sacerdote dice di sapere per esperienza «che i monti allevano sapienti e le capanne dei pastori contengono filosofi» (p. 368). Poi il capraio si offre di raccontare loro la sua storia. Sancho va a mangiare in un luogo appartato, dove c'è un ruscello, e gli altri si preparano ad ascoltare la storia. Il pastore dice a Manchada di sedersi, e lei sembra capirlo, si siede e lo guarda attentamente. CAPITOLO 51: Si tratta di ciò che il pastore ha detto a tutti coloro che trasportavano il coraggioso Don Chisciotte Eugenio , il capraio, racconta che a tre leghe di là c'è un villaggio dove abitava un contadino molto ricco e onorato, che aveva una figlia bella e virtuosa di cui era orgoglioso. La sua bellezza era famosa in quelle terre. Gli uomini venivano da ogni parte per vedere sua figlia, Leandra , e fingevano di sposarla. Il capraio era uno dei suoi corteggiatori e sperava di ottenere l'approvazione del padre della giovane, perché lo conosceva e sapeva che era originario dello stesso paese, “puro di sangue” (cioè senza un misto di razza, né ebrea né moresca), giovane, molto ricca e intraprendente. Ma c'era un altro corteggiatore con le stesse condizioni, Anselmo, e quindi il padre lascia la scelta alla figlia. Il figlio di un povero contadino, Vicente de la Roca , aveva lasciato il villaggio all'età di dodici anni con un capitano, ed era tornato dodici anni dopo indossando abiti da soldato ostentati, che sebbene sembravano essere molti, in realtà non esistevano più. di tre, combinati in modi diversi. Si sedeva in piazza raccontando storie esagerate delle sue imprese, trattando "tu" ai suoi coetanei, suonando la chitarra strimpellandola e componendo poesie su argomenti banali. Leandra lo guardò da una finestra che dava sulla piazza, si innamorò delle sue apparenze, e un giorno lasciò il paese con lui, lasciando tutti perplessi. I suoi parenti hanno chiesto giustizia e l'hanno cercata. Dopo tre giorni la trovarono in una grotta in una montagna, seminuda, e senza i soldi né i gioielli che aveva preso da casa sua. Poi racconta loro che Vicente l'ha portata fuori di casa, dandole la sua parola di essere suo marito e promettendole che l'avrebbe portata nella città più ricca e lussuosa del mondo, che era Napoli. Tuttavia, la portò in una grotta, non la maltrattava, ma le prese tutti i soldi e se ne andò. Il padre di Leandra la porta in un monastero e da allora è lì. Anselmo ed Eugenio furono rattristati e decisero di lasciare il paese dove abitavano e di dirigersi verso la valle dove si trovano ora. Da allora hanno trascorso le loro giornate tra gli alberi, pascolando i loro greggi, cantando e sospirando per Leandra. Anche altri suoi corteggiatori, ad imitazione di lui e di Anselmo, sono andati in quella valle e si sono dedicati alla stessa, tanto che il luogo sembra una "Arcadia pastorale". Tutti parlano di Leandra e il suo nome risuona ovunque. Tra tutti Anselmo è il più giudizioso. Suona mirabilmente un rabel e compone canzoni che dimostrano la sua buona comprensione, mentre Eugenio si lamenta del comportamento delle donne, della loro incostanza e della loro leggerezza. Così finisce la sua storia il capraio, dicendo che questo è il motivo per cui aveva parlato alla sua capra in quel modo, e che poiché è femmina, la congedò. Infine offre cibo gustoso ai suoi ascoltatori. CAPITOLO 52: Della lite che ebbe don Chisciotte con il capraio, con la rara avventura dei disciplinari, ai quali diede lieto fine a costo del suo sudore A tutti gli ascoltatori piace la storia del capraio, soprattutto al canonico, il quale si accorge che nel suo modo di raccontarla sembra più un discreto cortigiano che un contadino capraio, e per questo dice che aveva ragione il prete ad affermare che “il montagne hanno sollevato letterati ”(p. 374). Don Chisciotte Dice a Eugenio che se non fosse incantato, si offrirebbe di aiutarlo a far uscire Leandra dal monastero, e che è obbligato a farlo dalla sua professione, che consiste nel favorire i bisognosi. Il capraio è sorpreso di come parla l'uomo che sembra molto brutto e chiede al barbiere chi è. Risponde dicendo che è "il famoso Don Chisciotte della Mancia, smascheratore di rimostranze" (p. 374), e menziona altre sue qualità. Eugenio riconosce la somiglianza con la descrizione dei cavalieri erranti e lascia intendere che l'hidalgo è pazzo. Lo insulta e gli getta violentemente il pane in faccia. Allora Eugenio comincia a picchiarlo finché Sancio arriva in difesa dell'hidalgo e comincia a picchiare il capraio. Poi il capraio e l'hidalgo continuano a combattere, mentre gli altri si divertono, tranne Sancho che vuole aiutare il suo padrone, Poi sentono un triste suono di tromba e Don Chisciotte chiede una tregua al capraio perché gli sembra che sia un invito a una nuova avventura. Eugenio accetta e Don Chisciotte vede alcuni uomini vestiti di bianco come disciplinari nelle vicinanze. In quella regione non pioveva da molto tempo ei disciplinari si recavano in processione in un eremo per pregare Dio che piovesse. Poiché gli uomini indossavano un'immagine ricoperta di segni di lutto, Don Chisciotte pensa che sia una signora che portano a forza, e salendo a Rocinante annuncia a coloro che sono con lui che gli darà la libertà. I tentativi del prete, del barbiere e del canonico non riescono a fermarlo. Sancho avverte il suo padrone che gli uomini stanno disciplinando e che ciò che portano è l'immagine della Vergine, ma l'hidalgo continua a galoppare finché non raggiunge la processione e costringe gli uomini ad ascoltarlo. Uno dei sacerdoti gli chiede di sbrigarsi e Don Chisciotte li esorta in linguaggio cavalleresco a liberare la signora. Poi gli uomini lo considerano pazzo e iniziano a ridere. Don Chisciotte si scaglia contro uno di loro e a sua volta lo colpisce con forza sulla spalla. L'hidalgo cade a terra e Sancho va ad aiutarlo, dicendo agli uomini che il suo padrone è un gentiluomo e non ha mai fatto del male a nessuno. Il chierico, vedendo che Don Chisciotte non si muove, lo crede morto e fugge. Allora tutti quelli che erano con l'hidalgo si avvicinano e quelli che marciavano in processione si preparano a difendersi brandendo funi e candelieri. Sancio si getta sul corpo del suo padrone e si lamenta, credendolo morto. Con le voci e i gemiti di Sancio, Don Chisciotte si rianima e dice al suo scudiero di portarlo al carro incantato, perché non può più cavalcare. Sancho suggerisce di tornare al loro villaggio e suggerisce di fare una nuova gita da lì, più redditizia e degna di fama. Don Chisciotte accetta. I disciplinari continuano la loro processione, il capraio saluta, i membri della banda lasciano la marcia accanto al carro e il canonico prosegue per la sua strada. sacra; perché deve essere vera , e dove c'è la verità, c'è Dio, in termini di verità, ma nonostante questo, c'è chi compone e lancia libri di sé come se fossero ciambelle”. A questo Sansone risponde: "Non c'è libro così cattivo che non abbia qualcosa di buono". La conversazione tra Don Chisciotte e Sansone continua sulla letteratura e affrontano il tema dell'Inquisizione e alcuni dei difetti del libro su Don Chisciotte, come non aver spiegato chi ha rubato l’asino a Sancio e cosa ne ha fatto Sanci o delle monete trovato nel baule. Sancho sente questo e lo scapolo promette di dirgli tutto quello che vuole sapere, ma dopo aver mangiato. CAPITOLO 4 Nel capitolo precedente, lo scapolo voleva sapere chi fosse l'autore del furto del rucio de Sancho. Era andato a casa senza dirlo. Quando tornò, disse allo scapolo che l'autore della rapina era Ginés de Pasamonte. L'ha rubato una notte mentre dormivano in Sierra Morena, dopo che si erano nascosti, quando erano fuggiti dalla Santa Confraternita. Lo ha recuperato mentre accompagnava la principessa Mitomicona. Ginés stava cavalcando nel grigio travestito da zingaro. Riguardo alla seconda domanda che fece lo scapolo: che ne fosse degli scudi che Sancio trovò, rispose che li spendeva in favore di sé, della moglie e dei figliuoli, in cambio dei tanti bastoni che riceveva; ragionando, poi, che «ognuno si metta la mano sul petto e non giudichi bianco per nero e nero per bianco, che ciascuno è come Dio l'ha fatto, e molte volte anche peggio» Don Chisciotte volle sapere se ci sarebbe stata una seconda parte, Sansone rispose che alcuni credevano che “le seconde non fossero mai buone” , mentre altri l'aspettavano; tuttavia, spinto dall'interesse, se l'autore ha trovato materiale per la sua storia, lo scriverà sicuramente. Sancio, che lo udì, gli disse che se cercava danaro, gli sarebbe stato difficile farlo bene, perché «i lavori che si fanno presto non si finiscono mai con la perfezione che richiedono»; Continua dicendo che l'autore fa attenzione a ciò che scrive, che gli darebbero motivo di scrivere, perché se pensa che “ci addormentiamo qui sulle cannucce” (non facciamo nulla), “stai fermo quando sbagliamo e vedrai cosa solletichiamo" (Conoscici e vedrai chi siamo). Quindi chiede a Don Chisciotte di uscire di nuovo e riprendere le avventure. Rocinante nitrì e, prendendolo come un buon auspicio, don Chisciotte chiese il parere dello scapolo sul posto migliore dove andare. Quest'ultimo rispose che a Saragozza, dove si tenne una giostra in cui "potrebbe guadagnare grande fama tra tutti i gentiluomini aragonesi, che sarebbe vincerla tra tutti quelli del mondo". Poi l'ha elogiata per la sua determinazione ad andare e le ha detto di prendersi cura di se stessa, poiché la sua vita apparteneva ai tanti bisognosi. Sancio, prendendo come riferimento la frase che aveva udito da don Chisciotte: "tra gli estremi del codardo e dello sconsiderato c'è il mezzo del coraggio" , fece notare che il suo signore era stato troppo audace nelle sue avventure e doveva essere più moderato. Avverte don Chisciotte che se si degna di portarlo con sé, si limiterà ad essere per lui un buon scudiero e ad accudirlo, ma non a combattere contro nessuno. Se in fondo gli dai un'isola, lui l'accoglierà, perché "quando ti danno la giovenca, corri con la corda" e "quando viene il bene, mettila in casa tua"(Dicono entrambi la stessa cosa: bisogna approfittare delle occasioni in cui si presentano). Dopo che lo scapolo lo loda per come parla bene, gli dice che Don Chisciotte non gli darà un'isola, ma un regno. Sancio risponde che "Il resto è tanto quanto meno" (È tanto brutto esagerare quanto non essere all'altezza), sebbene sarebbe sempre Sancio; a questo lo scapolo risponde che "i mestieri cambiano i costumi, e può darsi che vedendoti, governatore, tu non conosca la madre che ti ha partorito". Infine, Don Chisciotte chiede allo scapolo di comporre alcuni versi che trattano dell'addio che intendeva dare a Dulcinea del Toboso. Ti chiede di non dire niente a nessuno, perché sarebbe uscito tra pochi giorni. Sancho partì per preparare le cose necessarie per la partenza. CAPITOLO 5> CONVERSAZIONE TRA TERESA PANZA E SANCHO PANZA SUL FUTURO DI MARIA PANZA In questo capitolo, traduttore di questa storia dice di considerarlo apocrifo, in quanto in esso Sancho Panza parla con uno stile diverso da quello che si sarebbe aspettato dal suo poco ingegno e dice cose tanto argute che non sembra possibile potesse saperle. Sancho ha un'intensa conversazione con sua moglie, Teresa, su come lui e Don Chisciotte torneranno alle avventure e che Don Chisciotte aveva rinnovato la sua promessa di dargli un'Isola alla fine delle sue avventure. Durante il resto del capitolo Sancho e sua moglie discutono sul fatto che quando Sancho sarà re dell'isola, sua figlia dovrebbe sposare un uomo tanto illustre, tanto da doverla chiamare vostra signoria quando si rivolgeranno a lei. Teresa Panza dice di no, di farla sposare con un suo pari, che è la cosa migliore: perché farla passare dalla modestia al lusso la povera Maria non ci capirà nulla e ad ogni passo commetterà mille errori. Sancho le dice di stare zitta e che basterà abituarsi per due o tre anni e l’eleganza gli calzerà a pennello. A questo punto Teresa Panza gli dice di non provare a salire troppo in alto e aggiunge un proverbio. Gli dice di pensare a portare i soldi che poi a mariatrla ci avrebbe pensato lei . Sancho inizia ad innervosirsi e le chiede perché vuole impedirgli di sposare sua figlia. In conclusione, Sancho obbedisce alla moglie, che si è messa a piangere, e gli dice che chiamerà sua figlia contessa il più tardi possibile. Dopo la conversazione, Sancio andò con Don Chisciotte a definire i dettagli della sua partenza. CAPITOLO 6 DISCORSO TRA DON QUIJOTE E SUA NIPOTE SUI CAVALIERI ERRANTI E CAVALIERI CORTIGIANI La nipote e la governante di Don Chisciotte, temendo che don Chisciotte tornasse alle sue vecchie abitudini, cominciarono a dirgli che sarebbe stato meglio se avesse servito il re e smesso di essere un cavaliere errante. Don Chisciotte, sentendo ciò, cominciò a paragonare i cavalieri erranti con i cavalieri cortigiani. Le dice che non tutti i cavalieri possono essere cortigiani e c’è molta differenza tra gli uni e gli altri. Perché i cortigiani senza abbandonare le loro stanze o varcare le soglie della corte, possono girare il mondo intero guardando una carta geografica, senza che ciò gli costi nulla, evitando di patire il cado e il freddo, la fame o la sete; mentre i cavalieri erranti misurano tutta la terra con i loro piedi, al caldo, al freddo, al vento, di notte e giorno, sia a piedi che a cavallo, e i loro nemici non li conoscono solo di fama ma li vedono in carne ed ossa, li affrontano senza dare troppa importanza alle regole dei duelli. Un’altra cosa che dice che dovrebbe sapere è che un bravo cavaliere errante anche se si imbatte in dieci giganti le cui teste superano le nuvole non deve provare alcuna paura anzi con cuore intrepido deve affrontarli e se gli è possibile vincerli e annientarli. Nel frattempo, sua nipote ha cercato di convincerlo che i cavalieri non sono altro che sciocchezze, e che quanto dice dei cavalieri erranti appartiene al mondo delle favole le loro storie dovrebbero essere segnate da un marchio per poterle riconoscere come opere infami. Ciò scatenò l’ira di DQ che le disse che se non fosse stata sua nipote, avrebbe dovuto infliggerle un castigo degno di nota. La nipote dice a don Chisciotte che un altro motivo per cui don Chisciotte non poteva essere un cavaliere era perché era povero e solo l'hidalgos e solo i ricchi potrebbero essere cavalieri. Don Chisciotte cominciò a spiegarle che coloro che vogliono diventare ricchi e onorati hanno davanti a sé solo due strade : le armi e le lettere. Lui dice di essere predisposto più per le armi che per le lettere e poiché è incline alle armi è nato sotto l'influenza del pianeta Marte: quindi era quasi costretto a seguire la sua strada e intendeva percorrerla fino in fondo e sarà inutile provare a convincerlo del contrario e soprattutto di non volere ciò che il cielo vuole, ciò che la fortuna ordina e la ragione chiede e ciò che la sua volontà desidera. Presto apparve Sancho e don Chisciotte lo accolse con grandi abbracci e si chiuse a chiave con lui nella sua stanza. CAPITOLO 7 Appena la governante di Don Chisciotte vide entrare Sancho, andò a cercare il Bachiller per impedire la partenza di Don Chisciotte e Sancio. Quando il Bachiller ascoltò ciò che la donna gli aveva detto, gli disse di calmarsi e andare a casa che in seguito sarebbe andato. Quando Sancho era solo con Don Chisciotte, gli chiese, su consiglio di sua moglie, di chiedere un salario poiché non poteva mantenere la famiglia. Don Chisciotte gli disse che era tradizione che gli scudieri mantenessero la misericordia del loro signore e che non fosse preparato a rompere qualsiasi tradizione cavalleresca. Don Chisciotte disse a Sancio che se non voleva continuare a essere il suo scudiero, avrebbe trovato un altro scudiero. Poco dopo il Bachelor apparve con la governante e nipote di Don Chisciotte. Il bachiller si avvicinò a Don Chisciotte e lo incoraggiò a continuare la sua avventura offrendo persino di essere il suo scudiero. Quando Sancho sentì questo, cominciò a piangere e gli disse che avrebbe continuato a essere il suo scudiero e che aveva solo chiesto il suo stipendio per compiacere sua moglie. Dopo questo Sancio e Don Chisciotte accettarono che la partenza sarebbe stata di tre giorni. Dopo questo, la governante e la nipote erano stupiti e disperati nel vedere che il Bachiller era dalla parte di Don Chisciotte e non la loro. Sancho riuscì a calmare sua moglie e don Chisciotte sua nipote e la governante. Tre giorni dopo partirono per Toboso, ma questa volta Sancho portava un sacco di soldi che don Chisciotte gli aveva dato per coprire le spese che gli venivano presentate. CAPITOLO 8 Don Chisciotte, prima di iniziare le sue avventure, decide di andare a vedere Dulcinea al Toboso per ricevere il suo permesso e la sua benedizione per intraprendere le sue avventure. Sancho lo avverte che l'ultima volta che vide Dulcinea stava raccogliendo grano, ma Don Chisciotte attribuiva questo comportamento agli incantesimi. Sancho inizia a fare congetture sul fatto che lo scrittore del libro lo abbia trattato bene nonostante i suoi difetti. Nel frattempo Don Chisciotte inizia a manifestare il suo desiderio di raggiungere la fama e finisce per spiegare come i cavalieri erranti sono in grado di dominare i peccati mortali. Sancho dice a don Chisciotte che se vuole raggiungere la fama sarebbe meglio dedicarsi alla vita santa, dal momento che rende un buon frate più famoso di un grande cavaliere errante. All'imbrunire arrivarono a El Toboso e Don Chisciotte decise di entrare una volta che era notte, quindi si riposarono per un po’ vicino alle querce. Sancho era preoccupato perché non aveva mai visto Dulcinea e stava cercando il suo padrone per mandarla a chiamare. CAPITOLO 9 Don Chisciotte e Sancio entrarono nel Toboso a mezzanotte per cercare il palazzo di Dulcinea, che non trovarono poiché non esisteva. Dopo un po' di ricerche arrivarono alla conclusione che nessuno dei due conosceva Dulcinea perché Don Chisciotte si era innamorato di lei a causa della sua buona reputazione e Sancho l'aveva anche vista a causa dei suoi commenti. Dopo un lungo periodo di ricerca, Sancho decide di convincere Don Chisciotte in modo che sia lasciato ad aspettare in un bosco di lecci finché Sancho non trova Dulcinea e gli dice che il suo amato signore lo sta aspettando in un vicino boschetto di querce. CAPITOLO 10 Don chisciotte non appena si fu addentrato nel bosco ordinò a Sancho di riandare in città e di non ripresentarsi senza aver parlato con Dulcinea. Dopo un lungo soliloquio con sé stesso sancho concluse xhe a tutto c'era un rimedi, meno che alla morte. Dice di essersi reso conto che il suo padrone era pazzo da legare, sostenendo di essere più mentecatti di lui. Considerando che è pazzo, di una pazzia che scambia una cosa per un'altra, pensò che non sarebbe stato difficile fargli credere xhe una contadina qualunque era Dulcinea. Con questi pensieri, sancho si sentí sollevato e quindi aspettò fino a sera, in modo da far credere a DQ di aver passato tutto quel tempo a cercare Dulcinea. Egli vide che dal Toboso venivano su tre asinelli delle contadine, così subito andò alla ricerca di don chisciotte e gli dice di uscire all'aperto e vedere Dulcinea accompagnata da due donzelle. Don chisciotte allungó lo sguardo e non vide altro tre contadine e si turbó chiedendo a dq se avesse lasciato Dulcinea fuori dalla città. Sancho gli chiede com'era possibile che non le vedesse. Dq gli disse che l'unica cosa che vedeva erano tre campagnole con tre somarelle. Sancho si diresse verso di loro e le chiese se volevano ricevere il loro cavaliere. Le contadine gli dicevano di togliersi e di lasciarle passare. Al sentire le lodi di DQ, le contadine pensarono che si stessero prendendo gioco di loro. E gli dissero di andare via. La contadinella, che doveva essere Dulcinea andò via spronando la somara, la quale la fece cadere. Don Chisicotte voleva aiutarla ma lei prese la rincorsa e salí sull'asina. Andate via, don chisciptte disse che era così malvoluto dagli incantatori e disse a sancho di vedere fin dove arrivava la loro malignità e invidia. Capitolo 11 Quando Don Chisciotte e Sancio andarono a Saragozza, parlando in silenzio, un carro apparve loro con personaggi terrificanti come la morte accompagnati da personaggi terrificanti e malvagi. Dato il timore apparente di Don Chisciotte e Sancio hanno confessato questi personaggi appartengono a una compagnia teatrale che aveva appena giocato "Il Cortes della morte" in una città vicina e non aveva ancora avuto il suo cavallo, senza riuscire a smuovere. Così don quijote attaccò il cavaliere, facendolo godere a terra. Sancho così vedendo scese dal supero e don quijote per capire se il cavaliere fosse morto o per farlo respirare in casso fosse vivo gli alzó la celata . La storia diceva che vide lo stesso corpo, lo stesso volto, lo stesso aspetto e fisionomia del bacelliere sanson Carrasco. Don chisciotte chiamò sancho per mostrargli di cosa erano capaci gli incantatori. Sancho, rivolgendosi a don quijote disse che avrebbe dovuto infilzargli la spada così avrebbe ucciso uno dei suoi nemici. Proprio mentre stava per farlo, arrivò lo scudiero del cavaliere, senza quel naso che lo rendeva brutto, dicendogli di badare bene a ciò che faceva. Gli disse che era il bacellierw sanson carrasco w che lui era il suo scudiero. Sancho vedendolo, gli chiese dove fosse finito il suo naso. Lo scudiero gli rispose che lo aveva in tasca. A forza di guardalo sancho capì che si trattava di Tommaso Cecial suo compaesano e compare. Egli rispose che era proprio lui e disse che gli avrebbe spiegato a causa di quali inganni era lì. Ma intanto pregava di non far del male a sanson carrasco. Intanto il cavaliere degli specchi tornó in sé e don quijote disse che avrebbe dovuto che l impareggiabile Dulcinea superava la sua Casilidea e poi sarebbe dovuto recarsi nella città del Toboso per presentarsi davanti a lì a suo nome affinché lei decida cosa farne di lui e se lo avrebbe lasciato libero doveva andarlo a cercare. Il cavaliere fece le.sue promesse. Fine della storia. CAPITOLO 15 > IDENTITA’ DEL CAVALIERE DEGLI SPECCHI > PIANO PER RIPORTARE DQ A CASA FALLITO Don Chisciotte se ne andava particolarmente fiero e contento per aver battuto il Cavaliere degli Specchi, dal qual si aspettava che avrebbe mantenuto la parola e sarebbe andato a riferire tutto all’impareggiabile Dulcinea. La storia racconta che Sanson Carrasco era d'accordo con il prete e il barbiere per incoraggiare Don Chisciotte a fare la sua terza uscita e che in questo modo quando Sansone gli si sarebbe presentato dinnanzi come un cavaliere errante e con un pretesto qualunque, lo avrebbe sfidato in battagli e lo avrebbe sconfitto, pensando che ciò sarebbe stata una cosa facile e che avrebbe concluso un patto che una volta sconfitto DQ il bacellier cavalier gli avrebbe imposto di tornare a casa e di non uscire più di lì per due anni o fino a quando non gli avessero ordinato diversamente costrizione che DQ avrebbe sicuramente accettato. Carrasco accettò e gli fu offerto come scudiero Tommaso Cecial comoare e paesano di Sancho , uomo allegro e buontempone. Sanson si armò a cavaliere e Tommaso applicò al suo naso naturale quello finto di maschera per non farsi riconoscere dal suo compare. Avevano ritrovato DQ e sancho nel bosco dove è stato battuto il cavaliere e se non fosse stato per le singolari teorie di DQ, che si era messo in testa che il bacelliere non era il vero bacelliere, egli non sarebbe più riuscito a conseguire il titolo di dottore. Tommaso Cecial vedendo falliti i suoi propositi e la brutta conclusione decide di tornare a casa e smettere di comportarsi come un pazzo, mentre Sanson Carrasco gli risponde che c’è differenza tra due tipologie di pazzo: quelli involontario lo sarà per sempre, quello volontario potrà smettere di esserlo quando vuole e intanto manifesta chiaramente il suo desiderio di uscire e battere Don Chisciotte come vendetta. CAPITOLO 16> INCONTRO CON DON DIEGO DE LA MIRANDA Don Chisciotte fu molto felice dopo la sua recente vittoria, tanto da non preoccuparsi più degli incantesimi, delle bastonate ricevute in passato, delle sassate che gli avevano ridotto metà dei denti. Intanto Sancho Panza dubitava ancora su quella vicenda e gli sembrava strano che quel cavaliere e il suo scudiero assomigliassero a Sanson Carrasco e il suo vicino Tommaso Cecial. DQ cerca di fargli capire che era tutto frutto di un incantesimo, di un trucco e di una macchinazione dei maghi malvagi che lo perseguitavano, i quali prevedendo la sua vittoria avevano fatto in modo che il Cavaliere degli Specchi, prendesse le sembianze di Sanson Carrasco, affinché l’amicizia che DQ gli portava potesse fermarlo dallo sconfiggerlo. A Sancho tutto ciò non convinceva, in virtù del fatto che sapeva che la trasformazione di Dulcinea era stata un suo trucco e una sua macchinazione, ma non volle replicare per non lasciarsi sfuggire qualche parola che scoprisse il suo inganno. Mentre erano occupati da questi ragionamenti, furono raggiunti da un uomo, che stava cavalcando una cavalla. Andava in groppa di una bella cavalla storna, indossava un gabbano di fine panno verde, con i bordi di velluto rossastro e in testa un berretto alla cacciatora dello stesso velluto; i finimenti della cavalcatura anch’essi di due colori, verde e violetto, erano di quelli usati per il campo e per le lunghe distanze. Quando Don Chisciotte lo vide, propose di fare la strada insieme. L’uomo vestito di verde, guardando DQ pensò che non aveva mai visto un uomo di quell’aspetto: lo stupì la sua notevole statura, la magrezza e il pallore del viso. Dq si rese conto dell’attenzione rivoltagli e inizò a parlare prima che lui potesse fargli alcuna domanda: gli dice di essere un cavaliere, partito dal suo paese natale, di aver dato in pegno i suoi bene e di essersi consegnato nelle braccia della Fortuna. Ha voluto resuscitare l’ormai morta cavalleria errante e da un po’ ha realizzato gran parte dei suoi desideri proteggendo le donzelle, le donne maritate orfani e pupilli…e quindi grazie alle sue imprese dice di essersi meritato di esser pubblicato in tutte le nazioni del mondo. Lo informa di chiamarsi Don Chisciotte della Mancha o detto il Cavaliere della Triste Figura. L'uomo che ascolta le avventure raccontate da don Chisciotte, il quale sostiene siano veritiere le storie di cavalleria, si rende conto che non è molto dotato di cervello, prima di addentrarsi in altre discussioni DQ gli chiese chi fosse. L'uomo disse che si chiamava Don Diego de Miranda e che era un uomo ricco che passava0 il suo tempo in compagnia di sua moglie, dei suoi figli e amici, i suoi passatempi preferiti erano la caccia e la pesca. Aveva circa sei dozzine di libri, alcuni in volgare e altri in latino, certi di storia e altri di religione; quelli di cavalleria non avevano ancora varcato casa sua. Sfogliava più libri profani che i sacri, purchè fossero di onesto intrattenimento, offrissero svago e stupissero. Si diletta ad intrattenersi con buone azioni e organizza pranzi ordinati in casa sua, invitando amici. Odiava il pettegolezzi e non vuole sentirne in sua presenza. Ascoltava ogni giorno la messa e divideva una parte dei suoi beni con i poveri, cercava di mettere pace tra le persone che sono in discordia, era devoto alla Vergine Maria e confidava nella misericordia di Dio. DQ chiese a Diego della Miranda quanti figli avesse, quando don Diego ha chiesto su questo ha detto che la famiglia non era molto felice perché suo figlio, che era appena tornato da studi di diritto presso l'Università di Salamanca non voleva continuare a studiare legge perché era assorto in poesia. Quando Don Chisciotte lo sentì, gli disse che un padre non avrebbe mai frustrato i desideri di un figlio, i figli andavano amati buono o cattivi che fossero. Ai genitori toccava condurli per sentieri della virtù, della buona educazione e delle buone e sane usanze cristiane, affinchè una volta grandi siano il bastone della vecchiaia dei genitori e costringerli a studiare quella o questa scienza non è una saggia decisione, DQ era del parere di lasciarlo seguire quella scienza che più desidera e alla quale sembra più portato. Della poesia dice che era una fanciulla giovane, tenera e bella, di cui bisogna prendersi cura, per arricchirla, lustrarla e adornarla. Si deve servire di tutte le altre fanciulle ovvero le altre scienze e tutte loro devono acquistare prestigio grazie a lei, ma questa fanciulla non vuole essere toccata, né trascinata per le strada. Ella è formata da un’alchimia così virtuosa che solo chi saprà trattarla nel modo giusto riuscirà a trasformarla in oro purissimo di inestimabile valore, chi la possiede deve avere cura senza lasciarla cadere in satire e insulsi sonetti, non deve essere messa in nessun modo, a meno che non si tratti di poemi eroici, non deve intrattenersi coi buffoni, né col volgo ignorante incapace di apprezzare i tesori che lei custodisce. e che la poesia non aveva nulla di sbagliato in essa. DQ sottolinea che non chiama volgo solo la gente plebea ma chiunque non sia dotato di istruzione. Diego della Miranda ammirò il ragionamento di DQ, tanto da abbandonare l’opinione che si era fatta su di lui. Dopo un po' videro che un carro con molte bandiere reali si stava avvicinando alla strada, Don Chisciotte si rese conto che stava affrontando una nuova avventura. BREVE ANALISI Da ricordare anche Don Diego de Miranda, detto il Cavaliere del Gabán Verde , e suo figlio Don Lorenzo, poeta glossista [] . Don Diego è un hidalgo, nella cui casa non ci sono romanzi cavallereschi, ma ci sono libri di onesto spettacolo . Per Bataillon, è un personaggio equilibrato che, con la sua "aurea meschinità", simboleggia la sanità mentale e risponde all'ideale dell'uomo Erasmiano ; più negativa, invece, è l'interpretazione di Castro, per il quale rappresenta la morale accomodante della società contemporanea , che non fa nulla per cambiare la situazione delle cose, con un atteggiamento inattivo opposto a quello di Don Chisciotte, che esce in il mondo in cerca di avventure cavalleresche. Suo figlio Don Lorenzo vuole fare il poeta , e questa decisione, che non piace al padre, è la circostanza che dà a Don Chisciotte l'occasione per riflettere sull'educazione dei suoi figli (consiglia di non forzarli e di lasciarli seguire liberamente i suoi inclinazione) e declamare un bel discorso in cui elogia la poesia come la più importante di tutte le scienze . Don Lorenzo, inoltre, offre un'accurata descrizione della follia di don Chisciotte qualificandolo, come abbiamo già indicato in un'altra voce, come "un pazzo confuso, pieno di lucidi intervalli" CAPITOLO 17 > I DUE LEONI L'uomo dal gabbano verde vide arrivare un carro che si dirigeva verso di loro con due o tre bandiere che gli fecero dedurre che il carro trasportava moneta di sua maestà e lo disse a don chisciotte. Nel frattempo chiese la celata a sancho, nel quale aveva messo delle ricottw prese da pastori. Don quijote la.mise e se la mise in testa e le ricette schiacciate iniziarono a a far scorrere il siero sul viso. Don quijote impaurito chiese a Sancho cosa gli stesse succedendo, poi he sembrava che il suo cervello si stesse rammollendo. Lo prese come.un cattivo presagio. Don quijote si rese conto poi che era delle ricotte e se la prese con il suo scudiero. Sancho gli dice che non era stato lui perché le avrebbe mangiate, erano stati gli incantatori. Don quijote intanto guardava la scena con molto stupore. Intanto era arrivato il carro con le bandierine dove si trovavano solo il carrettiere delle mule e un uomo seduto sulla parte anteriore. Don quijote gli chiese dove fossero diretti e cosa significava quelle bandierine. Il correttiere disse xhe lì dentro c'erano due leoni ingabbiati inviati dal generale di orano alla corte come regalo di sua maestà e le bandierine erano simbolo che si stava trasportando qualcosa di sua proprietà. Don quijote chiese se erano grandi i leoni. Egli rispose di sì e gli disse di farsi da parte perché oggi non avevano ancora mangiato e quindi dovevano arrivare al più presto per farli mangiare. Don quijote gli dice di aprire le gabbie e far uscire quelle bestie e farà vedere loro xhi era don chisciotte delle mancha a dispetto degli incantatori che glieli avevano mandate. Sancho cercò di dissuadere il suo padre. Dopo una breve discussione il carrettiere mise in salvo le sue mule e furono decisi ad aprire le gabbie. Don quijote nel doverli affrontare pensò fosse meglio farlo a piedi poiché ronzinate poteva impaurirsi, sguainó la spada e si posizionó do fronte la gabbia. Il guardiano spalancó la.prima gabbia . La prima.cosa che fece fu rivoltarsi.nella gabbia in cui stava, stwnder le zampe, poi fece uno sbadiglio e con la lingua si tolse la.polvere dagli occhi e si ripulí la faccia. Don quijote lo fissava con attenzione desiderando che saltasse giù dal carro. Ma il generoso leone dopo essersi guardato intorno voltò le spalle mostrando le sue parti posteriori a don quijote dopodiché torno a sdraiarsi. Don quijote chiese di dargli delle bastonate per aizzarlo ma rispose che non lo avrebbe mai fatto. Il guardiano gli dice di accontentarsi di ciò che aveva fatto, poiché aveva mostrato il suo coraggio. Dicendo che il leone aveva la porta aperta e stava a lui decidere se uscire o meno e se fino ad allora non lo aveva fatto non lo avrebbe fatto per tutto il resto della giornata. Dicendogli che ormai la grandezza del suo cuore w del suo coraggio erano evidenti. In battaglia se l'avversario non si presenta a lui resta linfamia e colui che resta in attesa conquista la vittoria. Don quijote disse di essere d'accordo e di poter chiudere la gabbia. Don quijote una volta finita la vicenda, rivolgendosi al carrettiere gli disse xhe se sua maestà avesse voluto sapere chi era stato a compiere quell.impresa avrebbe dovuto dirgli che era stato il Cavaliere dei Leoni. In tutto ciò don Diego de la miranda non aveva proferito parola, al quale don quijote gli sembrava un saggio pazzo o un pazzo saggio. CAPITOLO 18> A CASA DI DON DIEGO A mezzogiorno Don Chisciotte, Sancho e Don Diego arrivarono a casa di quest'ultimo dove rimasero per alcuni giorni. DQ trovò la casa di Don Diego spaziosa, come sono quelle di paese, sul portone d’ingresso c’era lo stemma di famiglia. La signora di casa che si chiamava Don Cristina, lo accolse mostrandosi molto garbata e cortese, e don Chisciotte le offrì i suoi servigi con parole gentili. Gli stessi omaggi li offrì poi allo studente, il qaule a DQ parve giudizioso e acuto. Fecero entrare Dq in una sala, dove Sancho gli tole l’armatura, lasciandolo con i calzoni e la giubba. In seguito DQ passò in un’altra sala, dove lo stava aspettando lo studente per fargli compagnia mentre vebniva apparecchiata la tavola. Don Lorenzo intanto chiese a suo padre cosa sapeva dirgli di quest’uomo, il quale aveva lasciato perplesso lui e sua madre. Don Diego gli risponde che non sapeva cosa dirgli, ma aveva visto far cose tra le più folli al mondo e, al contempo fare dei discorsi così assennati da cancellare e smentire le sue azioni, a questo punto Don notte in un villaggio dove don Chisciotte comprò cento braccia di corda per scendere dalla grotta di Montesinos. Alle due del pomeriggio arrivarono alla grotta di Montesinos, lo studente e Sancho legarono saldamente don Chisciotte per non lasciarlo andare e iniziarono a tirarlo giù. Quando don Chisciotte scese all'ingresso della grotta entrò, dopo aver tagliato le erbacce che si trovavano all'ingresso.Lo ritirarono. Fino a ottanta braccia di corda non cominciarono a notare il peso sulla corda e quando a dieci braccia vedevano don Chisciotte si tranquillizzarono solo che don Chisciotte dormiva. Dopo essersi svegliato cominciò a raccontare alcune storie, che secondo lui gli erano successe, che Sancho non arrivò mai a crederle. CAPITOLO 23 > MONTESINOS Sancho e Don Chisciotte trascorsero tre giorni con gli sposi, durante I quali furono trattati e serviti come re in persona. Don Chisciotte chiese al laureato schermitore di firnigli una guida che lo dirigesse alla grotta di Montesinos,poiché aveva un grande desiderio di entrarvi a vedere coi propri occhi, se erano vere le meraviglie che si raccontavabo al riguardo. I l laureato disse che gli avrebbe messo a disposizione un suo cugino, famoso studente e appassionato lettore di libri di cavalleria, il quale lo avrebbe condotto volentieri fino all'entrata della grotta e gli avrebbe mostrato le lagune di Ruidera, famose non solo in Manca ma in tutta la Spagna. Il cugino arrivò in groppa a una somarella gravida. Congebdanfosi da tutti, sancho e don quijote si misero in cammino. Durante il cammino Don Chisciotte chiese al cugino di che genere fossero i suoi studi e le sue occupazioni e lui gli rispose che la sua occupazione era quella umanista e che le sue occupazioni consistevano nel comporre libri destinati alle stampe. Ne segue una divertente conversazione, di notte si fermarono in un piccolo paesino che era poco distante dalla grotta di Montesinos, il cugino disse a dq che se era intenzionato a entrarvi doveva munirsi di corde per calarsi in quelle profondità. Don Chisciotte disse che voleva vedere dove finiva, quindi comprarne quasi 100 braccia di corda e il giorno dopo alle 2 del pomeriggio giunsero alla grotta, la cui bocca era ampia e spaziosa, ma piena di arbusti spinosi così fitti da chiuderla e coprirla completamente. Nel vederla, sancho e il cugino legarono don quijote con le corde e mente lo facevano sancho gli disse di fare attenzione poiché non toccava a lui essere l'esploratore di quella che sembra essere peggio di una prigione sotterranea. La guida gli disse di guardare bene ciò che c'era lì dentro, forse c'erano cose che avrebbe potuto inserire nel suo libro delle Trasformazioni. Intanto, prima di entrare don quijote si affidó a Dio e alla sua amata Dulcinea. Si avvicinò alla voragine e si rese conto che non era possibile calarsi né aprirsi un varco, se non con l'aiuto di un oggetto tagliente. Così prese la spada e iniziò a recidere la sterpaglie, al che uscirono xorvi e cornacchie. Sancho e il cugino pregarono per lui, intanto avanzava e continuava a gridare che gli dessero corda, ma loro gliela davano poco a poco e quando le voci che uscivano dalla caverna smisero di udirsi, loro avevano già mandato giù le 100 braccia di corda e furono del parare del farlo risalire, non potendo dargliene altra. Fecero passare un'altra mezz'ora, dopodiché iniziarono a ritirare su la corda con molta fatica e senza alcun peso e da ciò dedussero che don quijote era rimasto lì dentro. Sancho convinto di ciò iniziò a piangere e tirava con fretta nella speranza di essersi sbagliato. Ad un certo punto sentirono il peso e se ne rallegrarono. Alla fine, videro don quijote e sancho gridò dandogli il bentornato, ma don quijote non rispondeva e non disse nemmeno una parola. Quando lo tirarne fuori del tutto, si accorsero che aveva gli occhi chiusi come addormentato. Lo stesero al suolo, lo slegato ma non si svegliava, a forza di girarlo e rigirarlo dopo un bel po' tornó in sé e disse che gli amici lo avevano strappato dalla più piacevole vita e vista che un uomo abbia mai vissuto e visto. Intanto, il cugino è sancho lo supplicarono di spiegare cosa intendesse dire e di raccontare cosa aveva visto in quell'inferno. Don quijote si infastidi nel sentire che lo chiamavano inferno, dicendo che non dovevano chiamarlo così perché non lo meritava e che presto se ne sarebbero accorti. Chiese da mangiare perché aveva molta fame. Dopo aver mangiato iniziò a raccontare. CAPITOLO 24 > DON QUIJOTE RACCONA CIO’ CHE VIDE NELLA GROTTA DI MONTESINOS Erano le 4 del pomeriggio quando don quijote si prestava a raccontare ai suoi due illustri spettatori quanto aveva visto. Disse che nella profondità di quella prigione sotterranea, sulla destra, si apriva una cavità e uno spazio capace di contenere un grosso carro con tutte le sue mule. Dice di aver scorto questa cavità quando era ormai stanco e scoraggiato di vedersi sospeso a una corda, avanzando decise di entrare e riposarsi un poco. Si mise a raccogliere la corda xhe loro ancora facevano cadere e fatta e un mucchio vi ci sedette e intanto ragionava su come poteva fare per calarsi fino in fondo ora che non aveva più nessuno che lo sostenesse. Mentre si trovava in questo stato di confusione e preoccupazione gli colse un sonno profondissimo senza volerlo e senza nemmeno sapere come si risvegliò in mezzo al più bello. Il più piacevole prato che potesse creare la natura o immaginare la fantasia umana. Intanto sbattendo gli occhi si rese conto che non stava dormendo. Si tocca per assicurarsi di ciò, ma il tatto, i sensi e gli assegnati ragionamenti gli confermavano che era sveglio. Si offrí alla sua vista un sontuoso palazzo, le cui pareti sembravano fatte di un chiaro cristallo, si aprirono due grandi porte e vide dirigersi verso di sé un anziano con una veste viola che strisciava per terra. Una stola verde gli cingeva le spalle e il petto e aveva la barba bianchissima che gli scendeva oltre la cintola. In mano aveva un rosario con i grani più grandi di noci comuni. Tutto ciò lo colpì. Egli abbracciò don quijote e gli disse che coloro che si ritrovano incantati da lungo tempo in quei luoghi deserti aspettavano di vederlo, affinché lui potesse informare il mondo di ciò che nasconde la grotta di Montesinos, impresa che poteva essere intrapresa solo dal suo invincibile cuore. Gli dice di seguirlo perché voleva mostrargli le meraviglie che si celavano in quella fortezza di cui lui era governatore e alto custode, poiché diceva di essere Montesinos in persona, da cui prendeva il nome la grotta. Sapendo ciò, don quijote gli chiese se era vera ciò che dicevano sul suo conto ovvero che aveva estratto i cuore di Durandarte e lo aveva portato alla Signora Belerma. Disse che era tutta verità. Don quijote racconta che il vecchio lo fece entrare nel palazzo dove in una sala, vi era un sepolcro di marmo sul quale vide un cavaliere disteso, il quale era in carne e ossa. Montesinos gli disse che era il suo amico Durandarte, e che lo teneva incantato lì insieme ad altri Merlino,incantatore francese che dicono sia figlio del diavolo. Il motivo per il quale li tenesse incantati non lo sapevano ma lo avrebbero saputo al momento giusto . Dice di essere certo che D. Finí i suoi giorni tra le sue braccia e che una volta morto gli estrasse kl cuore. Stando così le cose, Montesinos però non si spiega perché, essendo morto, egli di tanto in tanto si lamentava e sospirata come vivo. A questo punto D. Lanciò un grido e nel sentire ciò Montesinos gli disse xhe aveva già compiuto ciò che gli xhiese in quel giorno della sua rovina: estraendo il cuore nel miglior modo possibile il quale è partito poi per la Francia. Gli versò un po' di sale affinché non emanarsi un cattivo odore e arrivasse disseccato al cospetto di Belerma, la quale insieme a voi e altri è incantata. Poi gli dice che aveva al suo cospetto quel grande cavaliere su cui Merlino aveva fatto tante profezie, colui che ha fatto rinascere la cavalleria errante, xon il suo aiuto forse dice che sarebbero riusciti a cancellare l'incantesimo. Intanto si udirono delle urla strazianti e dei pianti, don quijote voltandosi vide che stava passando una processione di due fila di fanciulle, tutte vestite a lutto. Alla fine delle due file camminava una signora anche lei vestita a lutto. Aveva le sopracciglia unite e il naso schiacciato, la bocca grande e le labbra rosse. Tra le mani aveva un fazzoletto bianco che conteneva un cuore di carne mummificTa. Montesinos gli spiegò che tutta quella gente in processione era al servizio di D. E Belerma, la quale insieme alle sue donzelle 4 giorni alla settimana facevano quella processione e gli disse che se la vedeva bruttina e non bella come aveva fama di essere era a causa delle notti passate in quell incantesimo. Don quijote chiede da quanto tempo era sceso e sancho gli dice che era sceso da poco più di 1 ora. Don quijote sosteneva che non era possibile perché mentre era lì calò la notte e si fece giorno e tornó a calar notte e fare giorno per ben 3 volte. Sancho attribuisce ciò a un incantesimo. Sancho gli chiede cosa aveva mangiato e don quijote risponde che non aveva mangiato né aveva fame. Il cugino chiede cosa mangiavano gli incNtati e don quijote rispose che non mangiavano né andavano in bagno. Don quijote dice che tra le.meraviglie mostrategli da Montesinos c'erano tre campagnole xhe andavano per i campi saltellando e quando le vide riconobbe tra loro Dulcinea e nelle altre due quelle contadine che lui e Sancho videro nel Toboso. Montesinos non le conosceva ma che secondo lui dovevano essere delle nobili dame incantate che erano apparse da qualche giorno in quei prati. Quando Sancho udí le parole del suo padrone, credette di impazzire dal momento che conosceva la verità sul finto incantesimo di Dulcinea essendo stato lui il provocatore di qurll episodio e si convinse definitivamente che kl suo padrone aveva perso il senno e gli disse che il signor Montesinos lo aveva ridotto in quelle condizioni, stava così bene lassù, pieno di giudizio, mentre ora raccontava grosse assurdità. Sancho gli chiede come aveva fatto a riconoscere Dulcinea e don quijote gli dice che l'aveva riconosciuta perché indossava gli stessi vestiti che aveva quando Sancho gliela mostró. Dice che le parlò ma gli voltò le spalle fuggendo via. Voleva inseguirla ma Montesinos gli consiglio di non farlo. Gli disse che col tempo sarebbe stato informato di come sarebbero stati sciolti gli incantesimi lui, Belerma e D. Insieme a tutti quelli che stavano lì. Mentre parlava Montesinos, don quijote racconta che gli si avvicinò una delle donzelle che stava con Dulcinea e con occhi pieni di lacrime gli disse che Dulcinea voleva fargli sapere come sta e lgli chiede xhe lui accosenta affinché le presti una dozzina di reali, data la situazione in cui si trova, offrendogli in pegno una gonnellino e gli dava la parola di restituirgli tutto. A questo punto don quijote sorpreso, chiese a Montesinos se gli incantati potessero patire il bisogno. Rispose che il bisogno non risparmiata nessuno. Don quijote dice di averli dati ed erano quelli che Sancho gli diede il giorno prima per fare l'elemosina ai poveri. Sancho dice a don quijote che era folle e che doveva pensare a se stesso. CAPITOLO 25 > RAGLIO > IL BURATTINAIO Nel frattempo giunsero alla locanda e don quijote chiese all' oste dell'uomo con le lance. Gli raccontó che un giorno nella città in cui viveva un assessore comunale a causa dell'inganno della sua governante perse un asino. Un giorno si recò alla piazza del paese, in cui c'era un altro assessore gli disse che aveva visto il suo asino nel bosco senza sella né finimenti molto magro. Voleva portarlo ma era così scontroso che appena si avvicinó a lui scappó. Gli disse che potevano ritornare lì insieme per riportarlo a casa. I due assessori si recarono nel bosco insieme. Cercarono per.molto tempo senza teovarvi l'asino. Ad un certo punto, all'assessore che lo aveva visto venne in mente un'idea, disse che sapeva ragliare meravigliosamente e se lui lo avesse fatto almeno un po' lo avrebbero trovato. I due iniziarono a ragliare quasi contemporaneamente e, ingannati ciascuno dal raglio dell'altro, corsero a cercarsi pensando che l'asino fosse ricomparso. I due capirono che avevano ragliato così bene da aver confuso il raglio dell'altro con quello dell'asino . I due così continuarono a ragliare ma sarebbe stato impossibile recuperare l'asino poiché i trovavo in un luogo del Bosco divorato dai lupi. Sconsolati e rauchi se ne tornarono al loro paese e raccontarono a tutti wuella vicenda e questo si seppe in tutti i paesi vicini. La gente dei paesi vicini iniziò a rivolgersi a questi altri con un raglio per prendersi gioco di loro. Fino a quando quelli del raglio ben armati andarono a dar battaglia contro i beffatori perciò quell'uomo andava armato perché pensava che nei giorni seguenti quelli del raglio sarebbero andati in un altro paese a combattere. Intanto, nella locanda entró un uomo vestito di pelle di camoscio, calze, calzoni, aveva l'occhio sinistro e gran parte della guancia coperti con una benda di taffetá verde e a voce alta disse xhe lì c'era la scimmia indovina e il teatro della.liberazione di Melisandra. L'oste disse che era arrivato il signor Mastro Don Pedro. Don quijote chiese all'oste chi fosse. L oste gli disse che era mastro don Pedro il burattinaio e che da molto tempo andava in giro da quelle parti per la.mancha aragonese, mettendo in scena la storia di Mwlisandra liberata da don Gaiferos. Disse che portava con sé una scimmia dotata della capacità di prevedere le cose passate ma meno le future. Vuole due reali per ogni domanda. Una volta tornato mastro don Pedro, don quijote gli chiese che cosa ne sarebbe stato di loro, il burattinaio gli spiegò he quell'anima non dava informazioni sulle cose future. Ma sapeva qualcosa delle passate e presenti. Sancho disse xhe non avrebbe pagato per farsi dire cose che già sapeva, ma gli chiese cosa stava facendo sua moglie in quel momento. Mastro don Pedro iniziò a decantare lodi in onore di don quijote e sancho panza , dicendo che sua moglie stava bene stava cardando una libbra di lino e intanto beveva del.vino. Don quijote non credeva che quella scimmia non potesse indovinare le.cose future quindi disse a sancho che secondo lui mastro don Pedro aveva fatto un accordo con il demonio. Successivamente gli chiesero se ciò che aveva visto nella grotta era vero o meno. La scimmia rispose che parte delle cose vissute nella grotta erano false e parte verosimili. Intanto mastro don Pedro stava preparano il teatrino. Poi si rivolse a don chisciotte e gli chiese chi gli aveva messo in testa l'idea del cavaliere errante e gli disse che per il suo bene doveva tornarsene a casa e che doveva smetterla di andare in giro per il mondo. Disse che non esistevano cavalieri erranti ancora oggi etc. CAPITOLO 32. > SANCHO RACCONTA LA VERITÀ SULL INCANATAMENTO DI DULCINEA > GROTTA DI MONTESINOS con aspetto adirato e stravolto don Chisciotte rispose che per il rispetto che aveva per i togati (letterari , ecclesiastici, avvocati) così come per le donne non avrebbe dimostrato la sua ira. A questo punto si adira per il modo in cui gli erano state dette quelle cose soprattutto perché dette in pubblico, oltrepassando ogni limite. Sancho panza, intervenne dicendogli di non aggiungere nient'altro. L'ecclesiasto a questo punto gli chiese se era lui quel sancho panza? Sancho rispose affermativamente dicendo che al suo signore non sarebbero mancati imperi da comandare e a lui isole da governare. Il duca rispose che in nome di don chisciotte lo investiva a titolo di governare di un'isola che lui aveva libera. Sancho si inginocchiò e l ecclesiastico andò via. Mentre si susseguirono altre vicende divertenti, la duchessa pregó don Chisciotte di delinerale e descriverle la bellezza e le fattezze di Dulcinea, poiché immaginava dovesse essere molto bella. Don quijote rispose che gli era impossibile descrivere punto per punto la bellezza dell impareggiabile Dulcinea. E che la disgrazia che gli era capitato tempo fa gliel aveva cancellata dalla mente, dicendo di essere più incline a piangere che a descriverla. Dicendogli che durante la terza uscita l ha trovata cambiata e trasformata incantata, diversa da quella che cercava. Il duca chiese chibera stato a ridurla in tal modo e don quijote rispose che erano stati gli incantatori. La duchessa gli risponde che si deduce dalla sua storia che non ha mai visto la sua signora e che è una signora immaginaria, generata da don quijote. Don Chisciotte risponde che solo Dio solo sa se è immaginaria o no. Dicendo che non ha generato la sua signora. Quando ebbe termina la conversazione, don quijote andó a fare una siesta, mentre la duchessa chiese a Sancho di passare il pomeriggio con lei. Sancho axcomsentí. CAPITOLO 33 >SANCHO E LA DUCHESSA PARLANO DELL’INCANTAMENTO Durante quel pomeriggio, la duchessa rivolgendosi a Sancho voleva che gli venissero sciolti alcuni dubbi che aveva in merito alla storia che circolava del don quijote: ovvero se sancho avesse mai visto Dulcinea e se le ha mai consegnato la lettera dal momento che rimase nel libricino delle memorie in Sierra Morena, chiedendogli come si era permesso di mentire a don quijote, tutte cose che non si addixevano a un buon scudiero. Sancho disse che considerava il suo padrone pazzo da legare anche se a volte diceva cose sagge, ma che si era convinto che era un mentecatto. Perciò avendo questa idea, rischio di dire cose che non erano successe come l incantamenti di Dulcinea. Alla duchessa a questo punto sorge un dubbio se Don quijote era pazzo, sancho doveva esserlo ancor di più se credeva nelle sue promesse. Sancho dice di non riuscire ad abbandonare il suo signore poiché gli voleva bene e lui gli era fedele. La contessa gli dice che in realtà la bugia di Sancho fu idea degli incantatore, che misero in testa questa idea a Sancho. Sancho rispose che poteva essere e che ora allora poteva credere a ciò che diceva il suo padrone in merito alla grotta di Montesinos e di aver visto Dulcinea. Dopo aver ascoltato la storia della grotta, la duchessa disse che si poteva dedurre che era Dulcinea e che c'erano in giro degli incantatori furbi e svegli. CAPITOLO 34 > BURLA A DON CHISCIOTTE> II CARRI I DUCHI erano decisi ad architetture qualche burla preso spunto da ciò che gli avevano raccontato. Portarono don quijote ad una caccia grossa, diedero a don quijote un vestito da caccia e a sancho un vestito di panno verde, ma dq non volle indossarlo. Smontarono dai cavalli e misero piede a terra , si disposero ad ala con altri servi, quando videro arrivare un grosso cinghiale inseguito dai cacciatori. Don Chisciotte imbracció lo scudo e la spada e avanzo a riceverlo. Così fece il duca e la duchessa. Sancho si mise a correre quanto più poté cercando di salire su un' alta quercia. Un ramo si spezzó e cadde. Intanto l'animale venne trafitto da molte lame e lance. Don quijote tiró giù sancho. Dopo si diressero verso il bosco, arrivò la notte e iniziarono a sentire dei rumore, un'infinità di cornette e altri strumenti da guerra, suonarono trombe , rullante tamburi. Tutti restarono stupiti e impauriti. Arrivó un corriere a cavallo vestito da demonio. Il duca gli chiese dove fosse diretto e chi era quella gente armata che attraversava il bosco. Il corriere rispose che era il diavolo in cerca di Don Chisciotte della Mancha e dice che la gente che si stava avvicinando con 6 truppe di incantatori su un carro trionfale trasportano Dulcinea del Toboso. Dice che era incantata e veniva con Montesinos per dare istruzioni su come disincantare Dulcinea. Arrivó il carro trainato da buoi ricoperti di paramenti neri, sulla quale vi era seduto un venerabile vecchio con una barba più bianca della neve e molto lunga, indossava una veste di tela nera. Il carro lo gridavano due brutti demoni. Quando il carro arrivò il vecchio disse di chiamarsi Lirgandeo. Seguí un altro carro, uguale al primo con un altro vecchio,.il quale ordinò di fermare il carro e diceva di chiamare Alquife. Giunse un altro carro, sul quale vi era seduto sul trono un occasione robusto e disse di essere Arcalus l incantatore. I tre carri si fermarono. CAPITOLO 35 > MAGO MERLINO E LINCIATE DI SANCHO Ad un certo punto videro venire uno di quei carro coperto da un panno bianco, sul quale vi erano dei disciplinati. Su di un trono rialzato sedeva una ninfa vestita di mille veli col volto coperto.accanto a lei vi era una figurato coperta dal velo nero, si tolse il velo e rivelò di essere l'immagine della loro, il quale disse di essere Merlino dicendo che per disincanyare Dulcinea, sancho doveva darsi 3mila e 300 frustate sulle sue antiche. Sancho risponde con fermezza che non voleva darsi le frustate. Don Chisciotte disse che lo avrebbe preso lui, legando a un albero. Merlino udendo ciò disse xhe le frustate che sancho doveva riceve dovevano essere ricevuto con la sua volontà non per forza e nel tempo che lui voleva. Sancho ancora di più si oppone dicendo che non era stato lui a partorire la signora Dulcinea e anzi che a don chisciotte apparteneva, non vuole che le sue antiche i suoi peccati. La ninfa si alzò e iniziò ad insultare sancho Diceva sancho cosa poteva guadagnarci da queste frustate e come intendeva convincerlo insultando così. Il duca dice che l'isola aveva bisogno di un buon governatore e non a un uomo di pietra. Sancho allora chiese dei giorni per pensarci. Merlino disse di no. La duchessa cercò di convincere Sancho. Sancho alla fine disse che visto che molti glielo dicevano decise di accettare di darsi le 3mila 300 frustate a condizione che se le potesse dare quando gli pareva senza che gli venisse data una scadenza. CAPITOLO 36 Sancho mostrò alla duchessa una lettera che aveva programmato di mandare sua moglie in cui gli disse che stava per andare a governare l'isola che il duca gli aveva promesso. Ha anche detto a sua moglie che era disposto ad andare a governare l'isola per vedere se poteva ottenere dei soldi. Sentendo ciò, la Duchessa rispose che era un po' avido e che un buon governatore non doveva essere avido. Dopo questo andarono in giardino a mangiare e mentre stavano mangiando videro un uomo che si faceva chiamare Trifaldin, scudiero della Contessa Trifaldi, che in realtà era il maggiordomo del duca che aveva finto di essere Merlino un paio di capitoli più indietro. Questo personaggio diceva che la contessa Trifaldi stava aspettando fuori e voleva parlare con don Chisciotte perché aveva bisogno di lui per i temi cavallereschi. Don Chisciotte e il Duca acconsentirono a farlo entrare e loro attesero che arrivasse. CAPITOLO 37 Mentre tutti aspettavano la comparsa della contessa Trifaldi, c'è stata una conversazione tra Sancho, doña Rodriguez e la Duchessa in cui ognuno ha espresso la sua opinione sul fatto che questo tipo di donne abbia qualche ruolo in questo mondo o se semplicemente serva per decorare e avere occupato una posizione nella società che poi non serve a nulla e l'unica cosa che fa è spendere soldi pubblici con il suo mantenimento. CAPITOLO 38 Quando apparve il Trifaldi, preceduta da dodici fanciulle, chiese se ci fosse Don Chisciotte della Mancia e il suo scudiero Sancio Panza. Quando arrivarono Don Chisciotte e Sancio, cominciò a raccontare la sua storia, con una voce rauca e inusuale. Aveva aiutato una principessa, Antonomasia, figlia ed erede del re Archipiela e della regina Mayence di Candaya, per ottenere l'amore di un gentiluomo di nome Don Clavijo. A causa delle sue intenzioni, Antonomasia si era donata a Don Clavijo e intendevano sposarsi. CAPITOLO 39 Quando la madre di Antonomasia apprese che sua figlia aveva sposato un uomo di rango inferiore a lei, divenne così arrabbiata che dopo tre giorni morì. Un giorno dopo la sua morte apparve il gigante Malambruno, cugino-fratello della madre di Antonomasia, su un cavallo di legno e per vendicare la morte di sua cugina, trasformò Antonomasia e Don Clavijo in statue di vari metalli. E per culminare la vendetta fece crescere le barbe a tutte le fanciulle del palazzo per vendicare l'intercessione del Trifaldi. Una volta che disse questo e per farsi credere, scoprirono i loro volti e mostrarono come avevano barbe considerevoli. CAPITOLO 40 Dopo aver raccontato la storia a Don Chisciotte, chiese a DQ di combattere con Malambruno il quale disse che avrebbe annullato la maledizone solo se questi avesse accettato la lotat. Quando don Chisciotte accettò il Trifaldi gli disse che Malambruno aveva detto che avrebbe mandato un cavallo di legno, chiamato Clavileño, che avrebbe portato Sancho e Don Chisciotte nel luogo in cui si trovava, che era 3220 leghe nell'aria e in linea retta su Clavileño. CAPITOLO 41 > I CONSIGLI DI SANCHO I duchi andarono avanti con le burle. Il duca disse a Sancho di prepararsi per andare a fare il governatore. Don Chisciotte allora si diresse verso sancho per dargli alcuno consigli. 1. Gli disse di temere Dio perché nel temerlo, è la sapienza 2. Doveva riflettere su chi era , cercando di conoscere se stesso, per evitare di gonfiarsi come una rana ovvero pavoneggiarsi. 3. Dice di dover fare vanto dell umiltà del suo lignaggio e di non vergognarsi di discendere da contadini perché se vedevano che se non se ne vergognava nessuno lo avrebbe additato. 4. Se avesse portato sua moglie con lui, avrebbe dovuto istruirla perché tutto ciò che un governatore acquisisce glielo fa perdere sua moglie. 5. Non doveva farsi mai guidare dall arbitrarietá che suole trovare terreno fertile negli ignoranti. 6. Cercare di scoprire la verità tra i regali e le promesse del ricco. Dice che se seguiva questi precetti lungabsarebbe stata la sua fama. Don quijote gli disse: 1. Per quanto riguardava il governo della sua casa e della sua persona doveva essere pulito e di tagliarsi le unghie 2. Di non camminare sciatto e trasandato 3. Non mangiare aglio e cipolle affinché non si rendano conto delle tue umili origini. 4. Parla con calma CAPITOLO 46 Un giorno, quando Don Chisciotte se ne andò, incontrò Altisidora e un amico, vedendo Don Chisciotte Altisidora finge di svenire, così Don Chisciotte l'avrebbe notata. Quando Don Chisciotte la vide, disse al suo amico che sarebbe rimasto quella notte e avrebbe fatto compagnia. Di notte iniziò a cantare una storia d'amore ad Altisidora in cui gli disse che era solo innamorato di una donna e che i suoi sentimenti non sarebbero cambiati da niente e da nessuno. Nel giardino c'erano i Duchi e altre persone del castello. Da un corridoio vicino al recinto del Don Chisciotte hanno preso un sacco pieno di gatti che, quando sono entrati nella stanza di Don Chisciotte, hanno iniziato a montare un caos così grande che sembrava che la più grande battaglia mai vista fosse combattuta nella stanza. Don Chisciotte pensò che pensava che la stanza fosse piena di incantatori e, dato che era buio, cominciò a sbattere contro i gatti. Poi uno dei gatti si è messo in testa e si è grattato e si è morso la faccia. CAPITOLO 47 > COTINUAZIONE DEL GOVERNO DI SANCHO. Portarono sancho a un sontuoso palazzo, dove in una sala era stata preparata una regale tavola. Fu accolto con della musica. Si fermò la musica, Sancho si sedette a capotavola, accanto a lui in piedi si posizionata il medico con una bacchetta di balena alla mano. Fu presentata una tavola con una grande varietà di prelibatezze. Il paggio mise a Sancho un bavaglino di merletti e gli posendinanzi un piatto di frutta quando quello della bacchetta gli toccò il piatto e glielo tolsero davanti e il maestro di sale gliene porse un altro con una pietanza diversa . Sancho stava per assaggiarlo quando la bacchetta toccò di nuovo il piatto. Sancho ne rimase sorpreso e chiese perché stesse facendo ciò. Il medico rispose di essere un medico e che era molto più attento alla salute del governatore che alla sua poiché era stipendiato per questo. La prima cosa che faceva era assistere ai suoi pranzi e cene facendogli mangiare ciò che gli sembrava conveniente per lui e togliendo ciò che pensava potessero essere dannoso per.lui. Aveva chiesto di togliere la frutta perché troppo umida e l'altra pietanza troppo calda e aveva molte spezie le quali aumentavano la sete. Sancho disse che avrebbe potuto mangiare il piatto di pernici ma il medico gli disse di no. Sancho gli disse di scegliere cosa poteva mangiare indicó diverse pietanze ma il dottore rispondeva sempre di no. Sancho gli disse di togliersi dai piedi e di andare via. Intanto arrivò una lettera da parte del Duca. Il duca gli comunicava di esser venuto a conoscenza che alcuni suoi nemici stavano per dare assalto all'isola dicendogli che conveniva vigilare e stare allerta. Gli comincia xhe era venuto a conoscenza del fatto che delle persone travestite si erano recate lì per togliergli la vita perché avevano paura del suo ingegno, dicendogli di fare attenzione. Sancho ordinò che il re venisse messo in una cella e a lui fosse dato da mangiare ma il maestro di sale gli rispose che già era stato portato tutto via. Al che sancho rispose di dargli al momento un po' di pane e di uva poiché non poteva essere avvelenata. Sancho dice al segretario di rispondere al duca xhe farà ciò che lui comanda e di mandare la sua lettera e un pacchetto a Teresa Panza. Entró un paggio e disse che un contadino commerciante voleva parlare con lui do un affare. Il contadino disse di essere sposato e di avere due figli che studiavano. Dice che era vedovo perché sua moglie morì a causa di un cattivo medico che la.purgó quando era jncinta. Racconta che il suo figlio che studia.per bacelliere si innamoró di una donzella figlia di un ricco contadino. Chiedeva al governatore che lui potesse dargli una lettera di raccomandazione per il suo consulterò affinché il matrimonio si faccia perché in realtà sono uguale e se non tosse per il fatto che suo figlio fosse indemoniato poiché poiché picchiava da solo, sarebbe stato un santo. Sancho gli chiese se voleva altro. Il contadino gli chiese 300 o 600 ducati come contributo alla dote del suo bacelliere, come aiuto per costruirsi casa. Sancho gli chiese se aveva bisogno di altro. Il contadino rispose di no. Il governatore chiamandolo zoticone gli disse di andare via subito da lì. CAPITOLO 48 In una delle notti in cui don Chisciotte dormiva tranquillo, udii qualcuno entrare silenziosamente nella sua stanza. Pensando che fosse Altisidora a voler disturbare la sua onestà, si alzò in piedi sul letto. Entrando la signora Rodriguez vide DQ così ed entrambi si spaventarono. Dopo quello spavento, la signora cominciò a dire a don Chisciotte che aveva bisogno di lui per i temi cavallereschi. La signora cominciò a raccontare a Don Chisciotte la sua storia, in cui diceva di avere una figlia che era stata sedotta dal figlio di un servo del Duca, che aveva chiesto alla povera ragazza di sposarsi. Disse anche a don Chisciotte che in precedenza aveva chiesto al duca di aiutarla, ma non prestò attenzione alla donna perché questo contadino prestava denaro e aggiustava le truffe. CAPITOLO 49 Tornato nell'isola di Sancho, ha insistito per fare un giro di notte per vedere il tipo di persone che camminavano intorno alla sua isola durante la notte e la pulivano, se possibile, da persone cattive. In questo giro vide, prima, un ragazzo che gli disse che nessuno lo avrebbe fatto dormire una notte in carcere, quando Sancho gli chiese se era perché dubitava della sua autorità, il ragazzo gli disse che non era una questione di autorità ma che passerebbe tutta la notte senza dormire. Dopo questo Sancho vide una ragazza vestita da bambino a cui chiese perché era vestita così. La ragazza disse a Sancho che si era camuffata da ragazzo perché suo padre non l'avrebbe lasciata andare da quando sua madre morì. Poi, tra suo fratello e lei, avevano deciso di cambiarsi d'abito in modo che potesse andarsene senza che suo padre se ne accorgesse. Dopo aver sentito questo Sancho ha deciso di portare a casa la ragazza. Dopo questa sera, Sancio continuò a dimostrare a tutti gli abitanti dell'isola la sua grande saggezza e giudizio. CAPITOLO 50 > LETTERE A TERESA PANZA Tornando alla casa dei Duchi ci viene detto che quando Donna Rodriguez uscì dalla propria stanza per recarsi in quella di Don Quisciotte, un’altra governante la sentì e senza farsi vedere la seguì e quando la vide entrare nella stanza di DQ subito lo andò a spifferare alla sua signora. La duchessa lo disse al duca, chiedendogli il permesso di andare a vedere, in compagnia di Altisidora, cosa volesse quella governante da DQ. Così le due donne con grande prudenza giunsero fino alla porta della stanza così vicino da sentire tutto ciò che si dicevano. E quando la sentì ,la duchessa e Altisidora non riuscirono a trattenersi ed entrarono piene di collera e vendetta crivellando DQ e picchiando la governante. La duchessa raccontò al duca ciò che era successo, cosa che lo fece divertire molto e inventa di altre macchinazioni, inviò il paggio che aveva fatto la parte di Dulcinea nella messiscena del suo disincantamento da Teresa Panza, sua moglie, con la lettera del marito e con un’altra sua, oltre a un prezioso filo di coralli in regalo. Il paggio arrivò in paese e chiese di una certa Tersa Panza, moglie di Sancho Panza. Colei che rispose disse di essere proprio la figlia e che lo avrebbe accompagnato in casa. Quando Teresa Panza ha letto la lettera, si è meravigliata di tutto ciò che suo marito stava ricevendo e rapidamente è andato a dirlo a tutti. La duchessa nella lettera le chiedeva delle grosse ghiande, che sapeva potevano trovarsi in paese, Tersa P. dice che gliene avrebbe inviate un quartaro e veramente grandi . Intanto, si rivolge a sua figlia dicendole di trattare bene quel signore che aveva portato quelle notizie e di trattarlo come un principe: di tagliare lardo in abbondanza e prendere delle uova, intanto lei andrà a dare la notizia alle sue vicine. Quando il prete e Sansone apprese che Sancho era il governatore di un'isola, rimasero stupiti e meravigliati di ciò che stava accadendo a Sancho. Chiesero a Teresa chi avesse portato quelle lettere, così Teresa li condusse a casa, dove avrebbero visto il messaggero, un giovane bellissimo che le aveva portato un regalo altrettanto bello. Il curato riguardò i coralli più volte e dopo essersi assicurato che erano pregiato continuò a restare meravigliato. Una volta giunti a casa, i due non riuscivano a capire quella storia del governo di Sancho, soprattutto di un’isola dal momento in cui la maggioranza di quelle del Mediterraneo appartenevano a sua maestà. al che il paggio gli rispose che Sancho Panza era governatore non c’era dubbio, che poi si trattava di un’isola o meno questo non gli riguardava, ma gli diceva che era un paese di più di mille abitanti e in quanto alla faccenda delle ghiande la sua signora era una persona molto semplice. Sottolinenando che le dame aragonesi non erano così artificiose come quelle castigliane. La figlia di Teresa Panza chiese al paggio se sua padre indossava i calzoni legati alla giubba da quando era governatore, quest’ultimo risponde affermativamente. Tersa Panza le dice che tutte queste fortune e anche più grandi gliele aveva preannunciate il suo buon Sancho e che vedrà finchè suo padre non la renderà contessa. Successivamente il bacelliere ancora incredulo chiedeva ancora conferme al peggio dicendogli che nonostante avessero toccato con mano non riuscivano ancora a credere a questa storia. Il paggio risponde di si e che il buon Sancho era un ottimo governatore. Intanto, Tersa Panza doveva scrivere due lettere di risposta, il bacelliere si offrì, ma Tersa non voleva che si impicciasse dei suo fatti, così diuede una focaccia e due uova a un fraticello che sapeva scrivere, il quale gli scrisse due lettere, una per suo marito e l’altra per la duchessa. CAPITOLO 51 Ritornato sull'isola di Sancho, tornò ai suoi doveri di giudice. Gli è stato presentato un caso: Questo era un pezzo di terra diviso da un fiume; il fiume era attraversato da un ponte, alla fine del ponte c'era un'orca e una casa in cui tutti quelli che passavano venivano giudicati in modo che quello che mentiva chiedendo dove stava andando sarebbe stato impiccato. Di solito tutti dicevano la verità, ma un giorno apparve un uomo che disse che era li solo per morire per mano dell'orca. Ma i giudici sapevano cosa fare perché se avessero impiccato l'uomo avrebbe detto la verità e non si sarebbe meritato di morire, ma se lo lasciassero andare l'uomo aveva detto una bugia e meritava di essere impiccato nella balena assassina. Sancho, dopo aver riflettuto attentamente, ricordò qualcosa che aveva detto don Chisciotte, il quale diceva che quando la legge era in dubbio, doveva optare per il lato della povertà e dell'umiltà. Con il quale Sancio disse loro di lasciare andare l'uomo. Alcuni giorni dopo Sancho ricevette una lettera da don Chisciotte in cui don Chisciotte gli diede un nuovo consiglio per governare l'isola. Sancho gli rispose subito commentando il problema che aveva con il dottore e il cibo. CAPITOLO 52 Nella casa dei duchi don Chisciotte disse al duca che avrebbe cercato il contadino che aveva ingannato la figlia del proprietario e che lo avrebbe ucciso se non avesse mantenuto la parola data. Il Duca disse a don Chisciotte che avrebbe dato il messaggio al contadino e gli avrebbe ordinato di andare al castello perché la sfida si svolgesse lì. Pochi giorni dopo le lettere di Teresa Panza tornarono dalla duchessa e da suo marito. Allaa Duchessa le disse che la gioia che in lei aveva fatto governare Sancho, gli diceva anche quanto fosse ansiosa di visitare l'isola di Sancho e chiederle di continuare a scriverle raccontando come stava andando il governo di Sancho. Nella lettera a Sancho, che Don Chisciotte ha aperto, ha detto la stessa cosa e un po' più di intimità, ha anche detto che Sanchica stava passando del tempo. CAPITOLO 53 > FINE DEL GOVERNO DI SANCHO PANZA Sancho mentre trascorreva nel suo letto la settima notte del.giormi del suo governo proprio quando il sonno iniziava a fargli chiudere le palpebre udí un forte frastuono di campane e grida. Uscendo dalla stanza vide un buon numero di uomini con le spade sguainate e le fiaccole accese che dicevano che era entrato un numero infinito di invasori e nemici sull isola. Gli dicono di armalo. Sancho con l armatura non riusciva nemmeno a camminare ma fu esortato dai suoi uomini ad essere coraggioso. Tentò di muoversi ma cadde a terra. Vedendolo a terra quella gente non ne ebbe pietà anzi spense le torce e passarono sul corpo del povero sancho. Quando meno se lo aspettava udí delle voci che proclamavano la vittoria. Lo pulirono, gli portarono del vino e sancho svenne sul letto dalla paura. Tornato in sé, si vestí e si recò in stalla, abbracciò il suo asino e lo bardó e montò su. Rivolgendosi al maggiordomo e agli altri presenti disse di lasciarlo tornare all'antica libertà, poiché non era nato per fare il governatore, ma per arare o zappare e ognuno stava bene facendo il mestiere per il quale era nato. Continuando dice di farlo passare. Il dottore gli promise che gli avrebbe preparato una bevanda contro le cadute e di lasciarlo mangiare in abbondanza. Sancho glinrispose che era troppo tardi e di lasciarlo passare. Il maggiordomo gli disse che lo avrebbero lasciato passare anche se gli era dispiaciuto perderlo. CAPITOLO 54 I Duchi erano consapevoli che il contadino aveva lasciato le loro terre per evitare di essere parenti della signora Rodriguez. Quindi, affinché la sfida potesse essere celebrata, mandarono un servo a soppiantare il contadino e gli diede istruzioni concrete. Nel frattempo don Chisciotte era eccessivamente felice poiché poteva finalmente dimostrare ai duchi quanto arrivava il loro valore. Nel frattempo Sancio tornò alla casa dei Duchi per unirsi a Don Chisciotte alle sue avventure. Sulla strada incontrò alcuni pellegrini tra i quali c'era un suo amico che viveva in precedenza nella città in cui era Sancho. L'amico di Sancho e lui passarono un po' a parlare dell'espulsione che aveva fatto l'amico di Sancho, che era moresco, Don quijote rispose che proprio per quel motivo non avrebbe messo piede a Saragozza così da rendere pubblica la sua menzogna. Don Geronimo disse che a Barcellona c'erano altri tornei e don quijote disse che era quello che pensava di fare. Il giorno dopo partirono. CAPITOLO 60 > ROQUE E CLAUDIA GERONIMA. Sancho e don quijote stavano riposando un una foresta, don quijote prese le redini di Ronzinante con l'intenzione di frustrate sancho per disincNtere Dulcine. Sancho si innervosí facendogli lo sgambetto e lasciandolo supino. Dicendogli che poteva frustrati quando e come.voleva. Per precauzione, sancho si allontanó da don quijote e vide alcuni piedi che scendeva da alcuni alberi. Impaurito chiamò don quijote il quale gli disse di stare tranquillo sibtrattava di alcuni banditi che erano stati impiccati per la giustizia era solita impiccarli da wurlle parti, da ciò dedusse che non erano molto lontani da Barcelona. Al mattino don quijote è sancho furono improvvisamente circondati da banditi, il cui capo si chiamava Roque Guinart. Dopo le presentazione, Roque era contento di aver incontrato don quijote poiché aveva sentito parlare di lui seppur non pensava vere le sue imprese. Dopo un po' udirono un rumore come un branco di cavalli, il quale era solo un cavallo che veniva con tutta furiosa un ragazzo dall apparenza di circa 20 anni. Si presentó, dicendo di essere Claudia Geronima, figlia di un amico di Roque, i quali condividevano lo stesso nemico. Dice che aveva un figlio, il quale la corteggió e lei se ne innamoró di nascosto da suo padre. Egli promise di diventare suo sposo e lei gli diede la sua parola. Dice di aver saputo che si era promesso ad un'altra e che quella.mattina si sarebbe sposato, poiché il padre era fuori paese si vestí da uomo e andó a colpirlo con una pistole e delle carabine. Lasciandolo li a terra se ne andò via. Roque colpito dal coraggio di Claudia gli disse di andare a vedere se fosse morto. ROQUE insieme a Claudia andarono in cerca del ferito. Giunsero in quel luogo ma videro solo sangue. Intorno videro gente che probabilmente trasportavano don Vincente Vivo o morto. Avvicinandosi Claudia si rivolse a don vincente, il quale gli disse che non le aveva arrecato nessun dolore. Claudia gli chiede se era vero che stesse andando a sposarsi. Don vincente rispose di no e qualcuno gli aveva dato quella notizia così lo aveva ucciso . Per confermare questa verità le chiese di accoglierlo come sposo. Claudia cadde svenuta sul sangue e sul petto dell amato. I servitori bagnarono i loro volti, Claudia si riprese ma non don vincente poiché morì. Claudia disse a roque di voler andare in un monastero nel quale pensava di restare fino alla morte. Roque si offrì di accompagnarla. Claudia rifiutò la sua compagnia e si congedó. Roque ritornó dai suoi e dopo aver saputo che don quijote e sancho erano diretti a Barcellona sxrisse una lettera per un suo amico di B. Informandola che era in compagnia del famoso don quijote e glielo avrebbe fatto arrivare sulla spiaggia della città affinché se la potessero spassare con lui. CAPITOLO 61>ROQUE Don Chisciotte trascorse tre giorni e tre notti con Roque: si svegliavano in un posto e mangiavano in un altro, a volte fuggivano senza sapere da chi, e altre volte aspettavano, senza sapere chi. Per strade insolite Don Chisciotte, Roque, Sancho, insieme a sei scudieri partirono per Barcellona. Giunsero sulla spiaggia della città di notte e alla fine dopo avergli dato i dieci scudi promessi, li lasciò. Roque se ne tornò indietro, intanto al salir del mattino, DQ e Sancho spinsero lo sguardo in ogni dove: videro il mare, videro le galere che erano sulla spiaggia. Iniziarono a intravedere un numero infinto di cavalieri che uscivano dalla città in groppa a bellissimi cavalli. I soldati delle galere sparavano una gran quantità di colpi di artiglieri. Intanto quelli con le livree arrivarono di gran carriera nel punto in cui si trovava DQ e uno di loro, quello che era stato avvertito da Roque si rivolse a DQ, dando il benvenuto alla stella, al faro di tutta la cavalleria errante, non il falso, ma il legittimo che ci ha descritto Cide Hamete, il fiore degli storici. Dicono di seguirli, poiché erano i servitori di Roque, così si incamminarono verso la città, all’entrata della quale due bambini incastrarono nella coda di Ronzianante e dell’asino dei mazzetti di ginestre spinose. Al che gli animali fecero finire a terra i loro padroni. Successivamente ripulirono le loro code e continuarono, giunsero a casa della loro guida, una casa signorile degna di un ricco cavaliere. CAPITOLO 62 > ANTONIO MORENO Quel giorno mangiarono con dq alcuni amici di don Antonio e tutti rendevano onore a dq e lo trattavano da cavaliere errante. Sancho intanto, diceva così tante battute che i domestici della casa pendevano dalla sua bocca. Don Antonio gli chiede se è vero che ero ingordo, che andava pazzo per le polpette. Sancho rispose negativamente e che dq ben sapeva che con un pugno di ghiande e noci di solito entrambi ci mangiavano 8 giorni. DQ a sua volta sostiene che era vero che quando mangiava poteva sembrare un po' ingordo ma nel tempo in cui fu governatore imparó a mangiare con raffinatezza. A questo punto, don Antonio chiese se era veramente divenuto governatore. Sancho rispose che era stato governatore di un'isola di nome Barataria per circa 10 giorni, durante i quali perse la tranquillità e imparó a disprezzare tutti i governi presenti al mondo, racconta di essere andato via e di essere caduto in una grotta nella quale pensava di morire e dalla quale è uscito vivo per miracolo. Dq raccontó nel dettaglio la vicenda. La tavola venne sparecchiata e don Antonio insieme a dq entró in una stanza appartata nella quale l'unico ornamento ero una testa che sembrava essere di bronzo. Don Antonio disse a dq che visto che nessuno li sentiva poteva dirgli che voleva raccontargli una stranezza a patto che nulla avesse detto. Dq glielo giuró. Don Antonio prese la mano di dq e gliela fece scorrere sulla testa di bronzo e poi gli disse che quella testa era stata fatta e fabbricata da uno dei più grandi incantatore w stregoni che vi siano stati al mondo. Quest uomo stette in casa sua e dietro il compenso di mille scudi plasmó quella testa che ha la virtù e la proprietà di rispondere a tutto ciò che le si domanda. Quel pomeriggio portarono a spasso dq senza l'armatura e in tenuta da passeggio vestito con un lungo paltó di panno fulvo che in quel periodo dell'anno avrebbe fatto sudare chiunque e senza che se ne accorgesse sulle spalle gli cucirono una pergamena su cui scrissero a grandi lettere QUESTO É DQ DELLA MANCHA. Per strada dq si stupiva nel vedere quante persone lo nominavano e riconoscevano. Mentre dq camminava uno gli disse come aveva fatto ad arrivare fino a lì, senza che lo avessero fatto fuori tutte quelle bastonate che aveva beccato, gli disse che era pazzo e se lo fosse per conto suo sarebbe il male minore, ma aveva la capacità di far ammattire tutti quelli che ti frequentano. Don Antonio lo difese e andarono avanti. Giunse la sera, tornarono a casa, vi fu un ricevimento per signore perché la moglie di don Antonio una bella e allegra signora, invita alcune sue amiche per rendere omaggio al suo ospite. Tra le dame ve ne erano alcune di indole maliziosa quanto basta affinché le burla divertissero senza creare noie. Le damigelle lo corteggiavano furtivamente e lui furtivamente le respingeva.lo fecero ballare fino a sfinirlo, così don Antonio lo portó a letto. Il giorno dopo, don Antonio ritenne che fosse giusto mettere in pratica l'esperimento della testa incantata e si chiuse nella stanza insieme a sancho, dq , altre due donzelle e della moglie. Fatta eccezione per due amici di don Antonio che conoscevano il trucco. Il primo ad avvicinarsi alla testa fu don Antonio e gli chiese quali pensieri aveva in quel momento. E la voce disse che non indovinata i pensieri, gli chiese quanti erano li e lei rispose suscitando la meraviglia dei presenti. Altri risposero fino a quando no nfu il turno di dq e chiese se era verità o sogno ciò che vide nella grotta di Montesinos? Chiese se erano sicuri le frustate dello scudiero e se avrebbe avuto luogo il disincanto di Dulcinea. Per quanto riguarda la prima domanda fu vaga dicendo che c'era tutto, le frustate tarderanno e il disincantamento sarebbe giunta a pena conclusa. Ultimo a chiedere fu sancho chiedendo se avrebbe avuto un altro governo e se sarebbe uscito dalla condizione di scudiero e se sarebbe tornato a vedere la sua famiglia. La testa rispose che avrebbe governato a casa sua e se vi farà ritorno vedrà la sua famiglia e se smetterà di essere uno scudiero smetterà si servire. Sancho dice che sarebbe stato capace di rispondere allo stesso modo. Non ebbe fine lo stupore di tutti tranne gli amici di don Antonio che conoscevano il trucco e che cide hamete volle spiegare. Il piano di tavolo era di legno così come il piede sul quale si poggiava. La testa simile a un' effige era vuota. Il piede del tavolo che faceva da gola e petto alla testa era cavo e comunicava con un' altra stanza che si trovava sotto a quella dove si trovava la testa. Nella stanza di sotto si posizionata quello che doveva rispondere con la bocca attaccata allo stesso tubo. Così non era possibile scoprire il trucco. Un nipote di don Antonio spigliato e intelligente fece da rispknditore ed essendo stato informato dallo zio su quelli che sarebbe entrati seppe rispondere. E alle altre rispose per congettura. Cide dice che questo macchingegno duró circa 10 giorni ma poiché in città sparse la voce temendo che giungesse all'orecchio dei vigili, dopo aver spiegato la faccenda agli inquisitori la distrusse. Don quijote fece una passeggiata xon don Antonio e sancho a piedi, intanto vide su una porta la scritta QUI SI STAMPANO LIBRI e fu molto contento perché non aveva mai visto una stamperia. Entrando fece domande a degli operai chiedendo di cosa si occupasseeo, il primo rispose che si occupava del libro toscano le bagattelle tradotto in castigliano. Passó più avanti e vide che stavano correggendo un libro e gli risposero che si chiamava la seconda parte dell ingegnoso cavaliere don chisciotte della mancha. ,composta da un abitante di tordesillas. Don quijote dice dice aver avuto notizia di questo libro e pensava che fosse stato bruciato e ridotto in polvere con l'attributo di impertinente. Dando segni di irritazione se ne uscí dalla stamperia CAPITOLO 63 Il giorno dopo don Chisciotte e Sancio andarono a visitare le galere dove poterono vedere come venivano trattati gli schiavi della galera che erano lì. Don Chisciotte e Sancio furono in grado di assistere ad una caccia in cui fu catturato un brigantino di corsari da Algeri. Quando catturarono questa barca decisero di impiccare il capitano, ma quando videro che era una donna decisero di dargli l'opportunità di spiegarsi. Doña Ana era la figlia del Ricota moresco, che andò in cerca del tesoro di suo padre. Ana era stata costretta a dare notizie del suo tesoro al re di Berberia che aveva catturato il suo fidanzato Don Gaspar Gregorio, che si era camuffato da donna per nascondersi. Doña Ana era stata costretta a salire su quella nave con i Moriscos che avevano ucciso i due spagnoli, quindi non aveva colpa. Il viceré che era presente decise di perdonare la vita a Doña Ana e mandò il suo fidanzato a Berberia. CAPITOLO 64> CAVALIERE DELLA BIANCA LUNA Una mattina mentre don quijote era uscito a fare una passeggiata sulla spiaggia con addosso tutte le sue armi, vide venire verso di lui un cavaliere , anche lui armato a tutto punto w che sullo scudo portava dipinta una luna splendente. E gli si rivolse a don quijote dicendogli che era il Cavaliere della bianca Luna e che andava a combattere contro di lui allo scopo do fargli riconoscere e confessare che la sua dama era più bella della sua Dulcinea, se lo avesse confessato avrebbe evitato la morte, in caso di sconfitta, gli chiedeva di deporre le armi e di rinchiudersi nel suo paese per un anno senza poter mettere mano alla spada. Se avesse vinto lui, il cavaliere si sarebbe sottomesso alle sue volontà. Dalla città avevano visto il cavaliere della bianca Luna e ne avevano informato il viceré, il quale credeva che fosse qualche nuova avventura architettata da don Antonio Moreno, si recò subito alla spiaggia insieme a don Antonio e a molti altri cavalieri che l’accompagnavano. Quando il viceré vide che i due sembravano sul punto di voltarsi e scontrarsi, si mise nel mezzo e domandó loro il motivo che li induce a scendere in battaglia così d’improvviso. Il viceré chiese a Don Antonio sa sapeva chi fosse quel cavaliere e se si trattava di qualche burla. Don Antonio rispose chenmon sapeva chi fosse, il viceré pensando che si trattava di una burla gli diede il permesso di combattere. I due cavalieri indietreggiarono per prendere un altro po' di campo e sciolsro le redini nello stesso istante. Poiché il cavallo del cavaliere della luna era più veloce lo raggiunse e lo attaccó con molta forza tanto da farlo cadere a terra e mettendogli la lancia sulla visiera gli disse che era stato sconfitto, e morto se non sosteneva che la sua dama fosse la.piu bella. A questo punto don quijote gli disse di spingere dentro la lancia. Il cavaliere gli disse che non lo avrebbe fatto. Gli bastava che sapere che si sarebbe ritirato nel suo paese per un anno. Don quijote disse che avrebbe rispettato l'accordo. CAPITOLO 65 > IDENTITÀ CAVALIERE DELLA BIANCA LUNA. Don Antonio seguí il cavaliere della bianca Luna finché non raggiunse una locanda in città. Il cavaliere gli disse di essere il bacelliere Sanson Carrasco paesano di don quijote w poiché aveva bisogno di riposo dalla sua follia aveva messo in scena quel piano. Gli disse che se era presentato come cavaliere degli specchi ma era stato battuto. E ora considerando che era così leale nel rispettare gli ordini della cavalleria errante farà sicuramente ciò che gli avev detto. Lo supplicava di non svelare la sua identità a don quijote. Don Antonio gli disse che aveva fatto un torto nel voler far diventare saggio un uomo pazzo,poiché poteva divertire il mondo con le sue follie. esser stato incantato come la sua signora e dice che per disincantarlo si sarebbe altre 3mila frustate, come se le sta dando per Dulcinea. Don Alvaro chiede di spiegare questa storia delle frustate. Sancho dice che era una storia lunga ma se avessero fatto strada insieme gliel avrebbe raccontata. Mentre don quijote e Alvaro mangiavano, nella locanda entro per caso il giudice del paese con un suo scrivano e don quijote gli presentó un' istanza con la quale chiedeva come suo diritto che don Alvaro dichiarare dinanzia a lui di non conoscere don chisciotte della mancha, che non era quello che si raccontava nella seconda parte apocrifa composta da un certo Avellaneda nativo di Tordesillas. La dichiarazione fu fatta cosa che tese molto contenti don quijote e sancho. Giunse sera, se ne partirono da quel luogo nel breve tratto di strada che accomunava i percorsi di don quijote e don Alvaro, don quijote gli raccontó la disgrazia della sua sconfitta e dell incantesimo di Dulcinea e questo fece sbalordire don Alvaro. Quella notte sancho concluse tutte le frustate che avrebbe dovuto darsi. Intanto entrarono nel paese. CAPITOLO 73> IL RITORNO A CASA Secondo quanto dice Cide hamete, all'entrata del paese don quijote vide fra le due aie due ragazzini litigare e uno disse l'altro di non affannarsi perché non l'avrebbe vista mai più. Don quijote dice a sancho che applicando quelle parole al suo caso significa che non avrebbe mai più visto Dulcinea. Sancho voleva rispondergli ma lo colpì una lepre che correva per quella campagna inseguita da levriero e cacciatori, la quale impaurita andò a nascondersi dietro le zampe della asino. Sancho l'afferró e la mostró a don quijote. Il quale a sua volta lo vede come un cattivo presagio. E quindi non avrebbe visto Dulcinea. Sancho disse Don Quijote che questi presagi non avevano nulla a che vedere con le loro situazioni e basandosi su ciò che diceva il curato del paese non era da persone intelligenti e cristiane basarsi su queste bambinate. Entrando nel paese incontrarono il curato e il bacelliere che stavano pregando su un prato. Subito dopo si diressero a casa di don chisciotte dove sulla porta c'erano la governante e la nipote ad aspettarlo. Intanto era giunta anche Teresa panza, ancora in camicia da notte corse a vedere suo marito. Gli chiese perché veniva in quel modo, a piedi e disfatto dicendo che avev più l aria di uno sgovernato che un governatore. Sancho zittisce sua moglie, dice di andare a casa ,gli avrebbe raccontato meraviglie. L'importante era che portava con sé del denaro, guadagnato con le sue capacità. Don chisciotte, intanto si appartó con il bacelliere e il curato, e raccontó loro la sconfitta e l obbligo che doveva rispettare di non uscire dal paese. Aggiunse di farsi pastore e di intrattenersi nella solitudine dei campi. Rimasero tutti di stucco nell udire la nuova follia di don quijote ma decisero di acconsentire a tale follia con la speranze di poterlo curare. CAPITOLO 74 > TESTAMENTO DI DON QUIJOTE Poiché a causa della malinconia di vedersi vinto o per disposizione del cielo che così voleva, don quijote venne colto da una febbre che lo tenne per 6 giorni a letto, durante I quali vennero a fargli visita il curato, il bacelliere il barbiere, suoi amici , oltre sancho panza suo scudiero. Questi, pensando che a tenerlo in quello stato fosse la tristezza del vedersi vinto e il non vedere compiuto il suo desiderio di liberare Dulcinea , cercarono si rallegrarlo in tutti i modi possibili: il bacelliere gli diceva di farsi forza per iniziare la vita pastorale ma don quijote non abbandonava le sue tristezze. I suoi amici chiamarono il medico tastandogli il polso si rese conto che la sua salute vacillare e quindi gli disse di preoccuparsi della salute della sua anima perché quella del corpo era in pericolo. Gli amici iniziarono a piangere. Don quijote chiese di lasciarlo solo per dormire e dormí per circa 6 ore tanto che la governante e la nipote pensarono che non si svegliasse più. Invece, si sveglió e destó un grido ringraziando Dio per la sua misericordia e il bene che gli aveva fatto. La nipote, la quale sembrava che quello che diceva era sensato gli chiese spiegazioni rispetto a ciò che diceva. Don quijote disse che era in possesso del suo giudizio , riconoscendo le assurdità e gli inganni che lo attanagliano prima a causa dell amara lettura dei romanzi cavallereschi. Dice alla nipote che sente avvicinarsi la morte e dice che vorrebbe che avvenisse in modo tale da dimostrare che la sua vita non è stata poi così cattiva da meritarsi la reputazione da pazzo. Chiede di chiamargli tutti gli altri. Essi entrarono e don quijote gli dice di fargli i complimenti per he non era più don quijote ma ALONSO QUIJANO,. Adesso grazie alla misericordia di Dio odia le storie cavallereschi. A questo punto pensavano fosse stato colto da qualche altra pazzia, così sanson carrasco fece riferimento al disincantamento di Dulcinea. Don quijote dice che quelle storie sono state un suo danno e dice di chiamarli un confessore e un notaio che faccia il suo testamento. Il curato lo confessò, il bacelliere andò a cercare il notaio e tornó con lui e sancho panza. Il curato dice che veramente era rinsavito e che era il momento di far entrare il notaio. 1. Certi soldi in possesso di sancho panza vuole che non gli si faccia debito e che non gli si chieda alcun conto e se dovesse avanzare qualcosa dopo che sarà stato pagato ciò che gli doveva il resto sarà di sancho. 2. Lascia il contenuto di ogni sua ricchezza a sua nipote. Prima però dovrà essere pagato il salario alla sua governante per il tempo in cui è stata al suo servizio oltre a 20 ducati per il vestito. 3. É sua volontà che se suona nipote voglia sposarsi lo faccia con un uomo sul cui conto si sia prima appurato che non sappia neppure cosa siano i libri di cavalleria e se lo fa perderà tutto ciò che gli lasciava. 4. Supplica i suoi esecutori (curato e carrasco) che se dovessero conoscere l'autore della seconda parte apocrifico di chiedergli di perdonarlo di avergli dato l'occasione di scrivere così tante assurdità. Chiuse il testamento e cadde lungo e dissesto sul letto. Cide hamete scriverà " per me solo nacque don quijote e io per lui". ANALISI Nel DQ trionfa la tesi che sostiene che Dio ha dotato l’essere umano di ragione per comunicare con tutto ciò che è divino, anche se è paradossale che questa comuncazione, in questo caso, abbia avuto come come protagonista qualcuno che aveva perso la ragione e che solo gli insegnamenti più saggi mersero dalle sue labbra. La sanità mentale è evidente a Cervantes; in Don Chisciotte, la perdita. Alla fine dei suoi giorni, Cervantes diede lucidità a Don Chisciotte e chi visse pazzo morì sano di mente. E quando volle morire, per decisione della sua mente sana, Sancio Panza gli ricordò che non c'era follia più grande nell'uomo che lasciarsi morire, “senza più né più, senza che nessuno lo uccida, né altre mani lo finiscano di quelli della malinconia”. È meraviglioso trovare Don Chisciotte che "legifera" bene nei suoi ultimi istanti. Perché nessun altro poteva accompagnarlo in quella rassegna sensata che precede l'ultimo respiro. Solo l'uomo e la sua coscienza. È il momento terribile della confessione introspettiva per raggiungere l'ignoto, alleggerito dalla colpa o dal rimprovero. Cervantes ha fatto bene con questo finale perché, nonostante le avventure fantasiose vissute, Don Chisciotte ha raccolto nel suo testamento alcuni riconoscimenti della migliore condizione umana, come la lealtà. Cervantes non voleva un testamento redatto sotto gli effluvi della follia. Volevo un documento carico di salute e spiritualità. Se quando don Chisciotte pazzo diede a Sancio Panza il governo di un'isola, così "potrebbe ora", dice nel testamento, essendo sano, dargli quello di un regno, darglielo, “In Don Chisciotte trionfa la tesi che indica che Dio ha dotato l'essere umano di ragione per comunicare con tutto ciò che divino, anche se è paradossale che questa comunicazione, in questo caso, abbia avuto per protagonista qualcuno, Don Chisciotte, che aveva perso la ragione e che dalle sue labbra uscissero solo gli insegnamenti più sani”. È l'affermazione postuma di Don Chisciotte de Sancho Panza, che alcuni hanno come figura emblematica del materialismo, in contrasto con l'impronta di Don Chisciotte come idealista per eccellenza. La fedeltà all'amico, la lealtà nonostante gli errori, dà un sigillo di solidarietà con un essere tormentato. È ciò che serve ad apprezzare in Sancho Panza alcune pieghe di grandezza nella sua anima. Nel suo testamento Don Chisciotte rende omaggio anche alla gratitudine, fiore dei nati, mai appassiti. "La prima soddisfazione che si fa voglio che sia pagare lo stipendio che devo per il tempo che la mia padrona mi ha servito." È che nella trance finale i ricordi dei buoni servizi resi senza la dovuta retribuzione si affollano, pensando sempre che la vita possa offrire l'opportunità di realizzare tale punizione prima o poi, ponendo fine al desiderio con il corpo. CAPITOLO 36 A 41 STORIA CONTESSA TRIFALDI Sancho mostrò la lettera alla duchessa. Dopo averla letta, la duchessa gli disse che per due cose stava un po' fuoristrada : in primis, quando dice che quel governo gli era stato concesso per le frustate che doveva darsi quando il duc glielo aveva proposto prima. L'altra è che si dimostra molto avido perché sancho in realtà dice che non aveva trovato una sacca con soldi come l'altra volta ma gli dice che col governo avrebbero risolto tutto. La duchessa, comunque, disse che la lettera andava bene e andarono a mangiare in giardino. Intanto, si udiva una musica malinconica. Avanzó qualcuno vestito di nero, di una zimarra nerissima. Si presentó dicendo di chiamarsi Triffaldino, nonché scudiero della contessa Trifaldi detta la governante addolorata. Chiedeva se in quel castello c'era il gran cavaliere Don Chisciotte della Mancha. Il duca gli rispose che erano a conoscenza di ciò che era successo alla contessa Trifaldi che gli incantatori hanno costretto ad essere chiamata governante addolorata. Gli disse che don quijote era lì presente. Intanto Trifaldi disse che la contessa stava fuori e don quijote e il duca acconsenyirono per farla entrare. CAPITOLO 38 > STORIA DI ANTONOMASIA E CAVICCHIO Arrivava la contessa Trifaldi vestita di finissima flanella nera. Lei dopo essersi inginocchiata disse con voce rauca più che sottile chiese di don quijote e sancho panza. Sancho e don quijote dissero di essere li presenti e sancho le disse di vuotare il sacco e raccontare la sua pena. Raccontó che l infanta Antonomasia fu allevata sotto la sua tutela. Disse che con l'avanzare degli anni, aumentava la sua bellezza così come la sua intelligenza. Ciò fece innamorare un cavaliere comune (cavicchio) che si trovava a corte, il quale volle conquistarsi la benevolenza di Addolorata in modo da permetterle di consegnargli le chiavi della fortezza che custodiva. Egli più volte ebbe la possibilità di trovarsi nella stanza di Antonomasia a titolo di vero sposo. In questa storia c'era un inconveniente ovvero la disparità di rango. Don Cavicchio era un cavaliere comune e Antonomasia erede del regno. Questo intrigo rimase coperto per alcuni giorni finché si accorse cdi un leggero gonfiore del ventre di Antonomasia. Decisero tutti w tre che prima che nascesse il bambino, don cavicchio avrebbe chiesto in sposa Antonomasia. CAPITOLO 39 > IL GIGANTE MALAMBRUNO dopo questo matrimonio, la regina, madre di Antonomasia morì per il dispiacere. Morta la regina, la seppellimento. L avevano appena seppellita quando in groppa a un cavallo di legno apparve sulla sepoltura della regina il gigante Malambruno, che oltre ad essere crudele era anche un incantatore, che con le sue arti per vendicare la morte di sua cugina e punire l'audacia di Cavicchio e la coxxiutaggine di Antonomasia, li lasciò incantati proprio sulla sepoltura. Lei venne trasformata in una scimmia di bronzo e lui in un orribile coccodrillo di metallo. Venne posta anche una lapide commemorativasulla quale sta scritto che non avrebbero ripreso la loro primitiva forma finché il prode Macherio non sarebbe arrivato. Disse he poi fece un incantesimo verso le governanti compresa lei, si alzó il velo insieme alle altre governanti, mostrando che il loro volto era coperto da barbe. CAPITOLO 40> STORIA DI CLAVILEGNO Trifaldi chiese a Don quijote di poter disicantarli. Poiché il gigante disse che avrebbe annullato la maledizione solo se avesse accettato una lotta contro di lui. Don quijote accettó e Trifaldi gli disse che Candaia via terra era molto lontana ma per aria sarebbe stato più veloce. Inoltre, disse che il gigante.le disse che quando il destino l avrebbe fatto incontrare il cavaliere suo liberatore, lui gli avrebbe inviato una cavalcatura assai migliore. Questo cavallo di legno fu lo stesso del valoroso Pierres, il quale si guida grazia a una chiavetta che ha sulla fronte e gli serve da freno e vola per aria con tanta leggerezza. Questo cavallo secondo un' antica leggenda fu costruito da mago Merlino che lo prestò a Pierres. Il bello è che questo cavallo non dorme e non mangia, pur non avendo ali mantiene una buona andatura per aria. Prima del calar della notte Malambruno gli avrebbe fatto arrivare il cavallo. Sancho disse che kon sarebbe mai salito
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