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capitolo X "TOTALITARISMI", Prove d'esame di Storia Delle Dottrine Politiche

Arendt descrive i due regimi totalitari, le condizioni della loro nascita e la loro organizzazione.

Tipologia: Prove d'esame

2018/2019

Caricato il 17/02/2019

Rossella.D_Ambrosio
Rossella.D_Ambrosio 🇮🇹

5

(1)

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica capitolo X "TOTALITARISMI" e più Prove d'esame in PDF di Storia Delle Dottrine Politiche solo su Docsity! Ne “Le origini del totalitarismo” (1951), Hannah Arendt analizza il fenomeno totalitario prendendo in considerazione quelli che secondo lei sono stati gli unici casi caratterizzati da tale sistema: la Germania nazista e l’Unione Sovietica di Stalin. Infatti nonostante i due sistemi siano fondati su ideologie opposte, la loro struttura e i loro obiettivi furono sostanzialmente gli stessi. Il testo è diviso in tre parti – ANTISEMITISMO; - IMPERIALISMO; TOTALITARISMO dove la Arendt prende in analisi le condizioni che hanno favorito la nascita dei regimi totalitari, la loro organizzazione e gli strumenti di cui si sono serviti per rimanere al potere come ad esempio l’ideologia e il terrore. CAP. 10 IL TRAMONTO DELLA SOCIETà CLASSISTA 1. Le masse Un tratto caratteristico dei movimenti totalitari riguarda la facilità con la quale i loro capi vengono sostituiti e dimenticati. Ciò ha a che fare con la tipica incostanza delle masse alle quali è affidata la fama e rivela come i regimi totalitari si muovano soltanto finché hanno il potere di mobilitare l’intera società. Che i capi vengano obliati è un omaggio delle masse a questi stessi capi perché testimonia che il virus totalitario è ancora vivo, considerato che questo ha come tipici tratti l’adattabilità e lo stato di mobilitazione in cui tali regimi tentano di mantenere le masse. Infatti finche i regimi totalitari e i loro capi restano in vita, possono disporre dell’appoggio popolare. Se il potere dei dittatori totalitari risulta effimero, essi però hanno il consenso delle masse sino al giorno della loro caduta. La popolarità dei capi non è soltanto il frutto della propaganda – la quale non esita a proclamare i crimini passati e quelli futuri – ma deriva da un elemento sconcertante del totalitarismo ovvero la totale abnegazione dei suoi seguaci che, non solo fa tollerare i crimini compiuti contro i nemici, ma anche quelli contro i propri sodali o contro la propria persona. Questa fede non è legata all’idealismo il quale nasce da una decisione individuale e conduce a una convinzione che è legata all’esperienza e al ragionamento. E’ invece fanatismo totalitario che ha come elementi l’identificazione con il movimento e il conformismo assoluto. I movimenti totalitari mirano ad organizzare le masse, non le classi come fanno i partiti. Essi fanno leva sulla forza numerica. Tant’è che in Italia, Romania, Polonia, Stati baltici, Ungheria, Portogallo e Spagna non crebbe un vero totalitarismo ma la dittatura del partito unico. Nei piccoli paesi europei i regimi non totalitari erano stati preceduti da movimenti totalitari, i quali, una volta giunti al potere, si erano limitati alla dittatura di classe o di partito perché, a causa della popolazione poco numerosa, non avrebbero potuto sostituire con nuovi uomini i morti che l’apparato totalitario avrebbe richiesto. Mussolini cercò di rimediare conquistando l’Etiopia, ma ottenne soprattutto l’ostilità dell’Inghilterra. I tiranni dei piccoli paesi perseguirono una linea di moderazione per non perdere il consenso della popolazione su cui governavano. Anche la Germania non essendo sufficientemente popolata, non intraprese subito con radicalità la via del totalitarismo. Fu solo dopo la conquista dei territori a Est, con la creazione dei campi di sterminio, che la Germania instaurò un regime veramente totalitario. Ecco quindi perché i regimi semitotalitari acquisirono una linea moderata perché il totalitarismo è possibile sono dove vi sia una sovrabbondanza di masse umane sacrificabili senza disastrosi affetti demografici. I movimenti totalitari trovano terreno fertile quando ci sono delle masse che, per un motivo o per l’altro, si sentono spinte all’organizzazione politica pur non avendo una coscienza di classe e benché prive di interessi comuni. Il termine massa si riferisce soltanto gruppi che, per entità numerica o per indifferenza verso gli affari pubblici o per entrambe le ragioni, non possono inserirsi in una organizzazione fondata sulla comunanza di interessi, in un partito politico. Fatto caratteristico, i movimenti totalitari reclutarono i loro membri da questa massa di gente manifestamente indifferente, che tutti gli altri partiti avevano lasciata da parte perché troppo apatica o troppo stupida. Il risultato fu che in maggioranza essi furono composti da persone che non erano mai apparse prima sulla scena politica. Ciò consentì l’introduzione di metodi nuovi nella propaganda e un atteggiamento d’indifferenza per gli argomenti degli avversari e non ebbero inoltre la necessità di confutare la propaganda degli altri partiti perché alla persuasione preferirono metodi terroristici. Tali movimenti facevano derivare il dissenso da origini naturali, sociologiche o psicologiche sottratte al vaglio della ragione. Il successo dei movimenti totalitari determina la fine delle due grandi illusioni che abbagliarono i democratici e il sistema dei partiti. La prima era l’idea che la maggioranza del popolo prendesse parte alla vita politica del paese e che gli individui simpatizzassero necessariamente per un partito o per un altro. Invero, i movimenti totalitari mostrarono che le masse indifferenti potevano essere la maggioranza anche in una democrazia e che dunque in certi stati dominava in parlamento una minoranza. L’altra illusione era che le masse, giudicate veramente neutrali, non contassero politicamente. I movimenti totalitari misero invece in luce che gli stati democratici si basavano proprio sul tacito consenso della popolazione inattiva e non solo sulle istituzioni pubbliche organizzate. I movimenti totalitari utilizzano le libertà per poi distruggerle, ma non si tratta di una loro abilità diabolica o di ingenuità delle masse. Le libertà democratiche si basano sull’uguaglianza di fronte alla legge, tuttavia funzionano solo dove gli individui sono inseriti in determinati gruppi da cui sono rappresentati oppure dove vige una gerarchia sociale o politica. Il crollo della stratificazione sociale e politica negli stati europei fu uno dei fatti più drammatici della storia tedesca e diede al nazismo condizioni favorevoli simili a quelle che in Russia avvantaggiarono la presa del potere di Lenin: l’assenza di stratificazione sociale nella sconfinata popolazione russa. L’indifferenza per gli affari pubblici e la neutralità non sono di per sé una causa sufficiente per l’ascesa dei r. totalitari. La società borghese aveva prodotto apatia e ostilità nei confronti della vita pubblica non solo negli strati inferiori esclusi dall’attiva partecipazione al governo del paese, ma soprattutto nelle file della borghesia. La borghesia inizialmente si era accontentata di avere il primato nell’economia lasciando volentieri la gestione della politica all’aristocrazia; successivamente (in età imperiale), constatando l’ostilità delle istituzioni, si era organizzata per prendere il potere. Entrambe le istanze derivano dallo stesso presupposto che fa della borghesia una classe imperniata sul successo individuale nella spietata concorrenza a tal punto da giudicare inutili o dannosi i doveri del cittadino. Questa mentalità favorisce l’avvento dell’uomo forte che prende su di sé la responsabilità degli affari pubblici, ma entra in contrasto con l’ambizione del totalitarismo di eliminare ogni forma di individualismo. Gli stati totalitari furono viceversa i primi ad opporsi radicalmente all’individualismo che caratterizzava la plebe e la borghesia. Le masse sono simili alla plebe solo nel senso che come queste sono estranee ad ogni struttura sociale e alla normale rappresentanza politica. Non ereditano però, come invece fa la plebe, gli atteggiamenti della classe dominante, ma riflettono e gli atteggiamenti e i principi di tutte le classi (e non solo quelli della classe di appartenenza). In altri termini, se la plebe è in un certo senso la caricatura della borghesia, la massa è il prodotto del crollo di ogni classe sociale ingenerato, tra l’altro, dalla disoccupazione e dalla miseria. Nella società classista l’appartenenza a una determinata c lasse era decisa dalla nascita. Lo status sociale era determinante per la partecipazione dell’individuo alla vita politica. L’ascesa di una classe non implicava la partecipazione di tutti i suoi membri alla gestione della cosa pubblica. Solo alcuni, debitamente formati, erano investiti della rappresentanza politica che gestivano al posto di tutti gli altri. Che la maggioranza fosse esclusa dalla vita politica non interessava a nessuno. L’appartenenza ad una classe, i doveri derivati impedivano che si formasse una coscienza politica che facesse sentire ogni cittadino responsabile per il proprio paese. Tale apoliticità venne in luce solo quando il sistema classista crollò e crollò il sistema dei partiti che essendo organizzazione di interessi, non ne avevano più da rappresentare. Le classi tradizionali ebbero così un atteggiamento nostalgico ma persero il consenso dei vecchi simpatizzanti e degli apatici che ora, disorganizzati, viravano in massa verso i movimenti antisistema. La maggioranza dormiente si trasformò in una massa amorfa di individui che avevano in comune
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